GPII 1988 Insegnamenti - Catechesi all'udienza generale - Città del Vaticano (Roma)

Catechesi all'udienza generale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: I nuovi beati modelli di umanità vera

Testo:

Cari Fratelli e Sorelle.


1. L'udienza odierna rinnova in un clima più familiare, ma non meno intenso e lieto, l'incontro di ieri, nel quale il Signore mi ha dato la gioia di celebrare con voi la cerimonia di beatificazione di Katharine Drexel e di tre figli delle nobili terre di Varese, di Pavia e di Baviera.

Nel salutare voi, cari fratelli italiani e tedeschi e, in primo luogo, gli eccellentissimi Vescovi ed i religiosi francescani, che vi accompagnano, rivolgo la mia parola di benvenuto ai rappresentanti della comunità etiopica, nella cui nazione Samuele Marzorati, Michele Pio Fasoli e Liberat Weiss svolsero la loro missione di annuncio evangelico e di dialogo ecumenico, offrendo le loro vite in unione col sacrificio del Redentore.


2. Questi nuovi beati sono un alto esempio di come ogni cristiano debba realizzare con generosa dedizione il compito di glorificare il Padre misericordioso, di santificarsi e di collaborare alla salvezza di ogni persona umana.

Ben consapevoli che per adempiere questo compito una unica cosa è necessaria: fare la volontà di Dio, i tre beati non esitarono ad obbedire all'invito dei superiori che li destinavano alla rischiosa missione e, senza riserve, misero i loro talenti a disposizione dei fratelli della diletta Etiopia.

In tal modo, pure in essi si compi il mistero di grazia, che unisce la libertà umana alla carità divina, e che dona la forza di amare come ha amato il Redentore: fino alla donazione totale di sè.

La chiamata che Dio rivolse loro attraverso le note, drammatiche circostanze, non fu avvertita dai tre francescani come una limitazione della propria persona, ma come un ampliamento della loro capacità così da divenire con Cristo e come Cristo portatori della lieta verità che Dio ama gli uomini, li perdona e li vuole nella sua famiglia non come servi, ma come figli.


3. I martiri, che oggi ricordiamo, vissero questa vocazione con francescana povertà, vale a dire con una matura adesione al disegno del Padre, in atteggiamento di pieno abbandono alla sua infinita bontà. L'invito che vi rivolgo, carissimi fratelli e sorelle, è di averli cari come modelli di umanità vera, riscoprendo in essi gli aspetti più autentici di quel patrimonio di valori cristiani, che è caratteristico delle vostre terre e che ha trovato in essi una manifestazione tanto alta ed avvincente. Il loro esempio risvegli nelle vostre comunità propositi di generosa coerenza con gli insegnamenti della fede per una vita ricca di reciproca comprensione e di cristiana operosità.

La mia benedizione ottenga a voi e a tutte le persone che rappresentate e che portate nel cuore copiosi favori di luce e di pace.

Rivolgo un saluto fraterno al pregiatissimo Arcivescovo di Vienna, il cardinale Hans Hermann Groer; altrettanto a tutti i pellegrini che sono venuti a Roma per la beatificazione del loro compatriota, padre Liberat Weiss. Le beatificazioni e le santificazioni sono a lode e gloria di Dio, che è "mirabile nella sua santità". Allo stesso tempo esse sono un prezioso dono di Dio alla Chiesa. I beati e i santi sono un invito sempre nuovo ai credenti a seguire Cristo in fedeltà disposti al sacrificio, secondo il loro esempio, per dare testimonianza della buona novella con la nostra vita e per guadagnare il prossimo a lui e al suo Regno. Proprio in ciò il vostro nuovo beato Liberat può essere per voi un esempio convincente. Egli ha seguito con estrema coerenza la chiamata di Dio, fino alla abnegazione. Il suo amore per Dio e per gli uomini lo spinse oltre i confini della sua patria. Egli non temette le fatiche, i sacrifici e neanche le persecuzioni per allargare il Regno di Dio come missionario. Egli resto fedele alla sua missione anche in situazioni apparentemente senza via di uscita, anche quando tutta la sua mobilitazione missionaria, vista umanamente, sembrava un totale insuccesso. Come vittima completamente inerme, egli venne infine lapidato con entrambi i suoi compagni. Come dice l'apostolo Paolo: "La mia potenza si manifesta pienamente nella debolezza" (1Co 12,9). I beati missionari francescani sono per noi tutti una chiamata insistente a sentirci personalmente corresponsabili della realizzazione e diffusione del Regno di Dio nel mondo: nella nostra vita, nella nostra famiglia, nel lavoro, nella società. Cristo, Re e Signore, ha bisogno della nostra collaborazione per estendere su tutti gli uomini la sua signoria regale, affinché il suo Regno diventi sempre più realtà fra noi. perciò seguiamo l'esempio dei nostri beati e santi. Essi stessi siano in questo intercessori per noi e fedeli compagni di cammino. La mia benedizione apostolica rafforzi e accompagni nello stesso tempo voi e tutti i credenti, nei vostri Paesi d'origine, su questa strada di imitazione pronta al sacrificio.

Un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua inglese venuti a Roma per questa lieta occasione. Saluto in particolare il Cardinale Krol, l'Arcivescovo Bevilacqua e gli altri fratelli Vescovi degli Stati Uniti; un caloroso saluto anche alle suore del Santissimo Sacramento, fondate dalla beata Katharine Drexel che continuano il suo carisma e la sua missione nella Chiesa.

E' davvero giusto che il nostro cuore sia pieno di gioia e di lode per la beatificazione di Katharine Drexel. Nella sua vita di eccezionale servizio apostolico, Dio ha mostrato grandemente la ricchezza della sua grazia e misericordia e la potenza che compie grandi cose nella debolezza umana.

San Paolo dice di Gesù: "da ricco che era si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà" (2Co 8,9). In questo la beata Katharine ha imitato notevolmente Cristo. Nata in una famiglia ricca e influente, scelse di diventare povera per amore di Cristo, di abbracciare la povertà evangelica, perché altri diventassero ricchi di lui. Con amore sempre più grande, accetto negli ultimi anni la povertà dell'infermità corporale, diventando al termine della sua lunga vita un'invalida costretta a letto. Eppure anche questa povertà accetto con fede e offri con carità al Signore per amore del suo Regno.

La Chiesa in tutto il mondo gioisce per la beatificazione di Katharine Drexel. Ma è giusto che la Chiesa degli Stati Uniti trovi particolare letizia e nuovo incoraggiamento in questa donna di Filadelfia che ha avuto un amore tanto grande per il Cristo eucaristico ed il suo corpo, la Chiesa.

La beata Katharine fu chiamata da Dio ad essere missionaria del Vangelo, missionaria nel suo stesso Paese. Non ando ad annunciare la buona novella della salvezza in terre lontane ma impiego i suoi considerevoli talenti e le sue risorse per i poveri e gli oppressi d'America. In questo modo svolse un ruolo autenticamente profetico. Ebbe un amore preferenziale per i negletti della sua società, cercando in ogni persona il volto di Gesù.

Rivolse una grande attenzione a quelli che soffrivano per le gravi conseguenze del razzismo, fondando orfanotrofi e scuole e organizzando l'assistenza, aiutando così gli indiani e i neri americani a superare crudeli ingiustizie sociali.

San Pietro scrisse ai cristiani dei suoi tempi: "Dopo aver santificato le vostre anime con l'obbedienza alla verità, per amarvi sinceramente come fratelli, amatevi intensamente, di vero cuore, gli uni gli altri" (1P 1,22).

Katharine conosceva certo la saggezza di queste parole e cercava di metterle in pratica. Ecco perché era così preoccupata di insegnare la verità nelle scuole e difenderla in pubblico. Questo soprattutto è il motivo per cui trascorreva ore e ore davanti al Santissimo Sacramento, cercando di conformare ogni aspetto della vita alle esigenze del Vangelo. Ella divenne famosa per il sincero amore per i fratelli e sorelle, proprio perché, anzitutto, fu obbediente alla verità, quella verità che viene da Dio ed è rivelata nella sua pienezza in Cristo.

Come Katharine, anche a noi Dio ha dato la grazia e la responsabilità di "essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità" (Ep 1,4). Le beatitudini non sono proprietà esclusiva dei santi. Sono parole di Dio per tutta la famiglia umana. Ogni vocazione, nella Chiesa, è vocazione alla santità, invito a vivere ogni giorno in comunione d'amore con Cristo, e in Cristo gli uni con gli altri.

Prego che la beatificazione di Katharine Drexel sia per tutti voi un'occasione speciale di aiuto e ispirazione. Guardate a lei come esempio di carità formata dalla verità, come modello di giustizia fortificata dalla purezza.

Imparate da lei a fare dell'Eucaristia il centro della vita e del lavoro, la fonte della letizia e della speranza.


Data: 1988-11-21 Data estesa: Lunedi 21 Novembre 1988




All'Assemblea Plenaria di "Co Unum" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "I beni di cui dispone il mondo sono immensi ma la loro distribuzione è crudelmente iniqua"

Testo:

Signor Cardinale, cari fratelli nell'episcopato, cari amici membri del pontificio Consiglio "Co Unum".


1. Come ogni anno, sono lieto di ricevervi in occasione della vostra assemblea plenaria, e ringrazio il vostro presidente, il signor Cardinale Roger Etchegaray, della presentazione appena fatta. Apprezzo la vostra fedeltà nel venire a partecipare al lavoro comune del Consiglio, che gode delle vostre diverse competenze e dei frutti dell'esperienza acquisita nelle vostre diverse occupazioni.

Il tema principale da voi approfondito è quello della fame nel mondo. E' un problema fondamentale, direi perfino elementare, perché è in gioco la vita stessa di milioni di uomini. Pertanto proprio su questo dramma ho voluto, su vostra proposta, richiamare l'attenzione di tutta la Chiesa in occasione della prossima Quaresima, in particolare con un messaggio che voi diffonderete ampiamente.


2. Secondo la vocazione stessa del vostro pontificio Consiglio, la riflessione su un fatto così importante, su una mancanza così diffusa nel mondo, su un flagello che causa sofferenze e morte, si svolge secondo diversi aspetti. Voi state raccogliendo gli elementi di un bilancio, al fine di dare una presentazione realistica, scientificamente obiettiva, del problema della fame. E. nello stesso tempo, la vostra preoccupazione è di carattere pastorale, cioè voi portate sui bambini, gli adulti e i vecchi che soffrono la fame lo sguardo di Cristo pastore, lo sguardo dell'amore evangelico universale. E' giusto che voi vi formiate gli strumenti di una analisi precisa del problema, facendolo pero con la sollecitudine chiesta dal Signore ai suoi discepoli per i più "piccoli" dei suoi fratelli. così voi potete dare alla Chiesa i lumi necessari per far progredire tutti i suoi membri nella solidarietà che è un dovere primario.

Qualche mese or sono, con l'enciclica "Sollicitudo Rei Socialis", ho voluto richiamare l'ampiezza della questione sociale e, in particolare, dei problemi dello sviluppo. E' chiaro che la vostra attività si inserisce in modo diretto nel quadro di queste preoccupazioni. E' necessario che i cristiani, e tutti gli uomini di buona volontà, si rendano conto meglio dell'urgenza dell'appello alla solidarietà umana. I beni di cui il mondo dispone sono immensi e la loro distribuzione è crudelmente iniqua. E' in causa la dignità stessa dell'uomo: la dignità di coloro che hanno il diritto di avere di che vivere fisicamente, e anche la dignità di coloro che non potrebbero godere dei loro agi ignorando i fratelli più sfavoriti. A questo prezzo si potrà affrontare uno sviluppo integrale dell'uomo.


3. La vostra assemblea, come l'attività permanente del Segretariato di "Co Unum", è impegnata in un esame dei mezzi necessari per affrontare il problema della fame.

Sono, giustamente, di ordine differente. Si tratta di informare il più gran numero possibile di uomini e donne e convincerli che questo problema li riguarda, che essi hanno la loro parte di responsabilità nella vera e propria battaglia che c'è da compiere, con perseveranza, per vincere la malnutrizione e la carestia. Voi vi preoccupate di coinvolgere, in modo particolare, i giovani. Voi cercate di suscitare il più possibile la conversione dei cuori, di motivare la messa in atto di stili di vita compatibili con una concreta solidarietà. Occorre raggiungere tutte le categorie di persone, a tutti i livelli di responsabilità. Una mobilitazione continua della generosità contribuirà al raggiungimento di decisioni economiche e politiche adeguate al grave problema della fame che riguarda centinaia di milioni di esseri umani.

Desidero con voi riconoscere l'impegno già in atto da parte di numerose organizzazioni, internazionali o nazionali, nei Paesi sviluppati come anche nei Paesi in via di sviluppo, per la promozione di programmi di intervento urgente, quando è necessario, e anche di programmi che tendono a far arrivare popoli interi all'autosufficienza alimentare. E in particolare desidero incoraggiare le organizzazioni cattoliche impegnate da anni, con l'efficace sostegno dei cristiani, per rendere reale e benefica la condivisione dei beni.


4. Inoltre, so che voi state facendo il bilancio di tutto un insieme di attività di "Co Unum", coordinando numerosi organismi da voi rappresentati o collegati con voi. Penso in particolare all'impegno nella lotta contro il flagello della mortalità infantile, cui attribuite grande attenzione, specialmente dopo l'ultima campagna quaresimale su questo tema. Penso anche al coordinamento di numerosi organismi volontari che ha permesso di intervenire efficacemente in occasioni di catastrofi, così numerose quest'anno e così disastrose per intere popolazioni.

Siano ringraziati tutti quanti prendono parte a queste imprese! 5. Alla base delle vostre analisi e dei vostri interventi, si può porre la riflessione su una "catechesi della carità". In effetti è questa virtù teologica, questo precetto evangelico, questo dono di Dio, a ispirare autenticamente il vicendevole aiuto fraterno di cui il mondo ha bisogno. E anche se potrebbe sembrare evidente, è necessario aiutare i cristiani a prendere coscienza con sempre maggiore vivezza delle dimensioni della carità. La fede in Gesù Cristo, Figlio di Dio e salvatore del mondo, ci urge a condurre la nostra esistenza nel suo spirito. Sarebbe inconcepibile cedere alla tentazione di separare la fede dall'esercizio concreto della carità. Certo le vocazioni sono diverse, e le possibilità degli uni e degli altri molto differenti; ma tutti devono entrare nel dinamismo della carità che apre il cuore e le mani verso il prossimo, che conduce ad uno scambio di doni dove chi dà scopre di ricevere molto a sua volta. Come potremmo parlare di comunione senza che quanti partecipano all'Eucaristia condividano ciò che li fa vivere ogni giorno? Occorrerebbe anche comprendere sempre meglio il rapporto tra la carità e la giustizia. Una non elimina l'altra. Instaurare più giustizia nei rapporti sociali e nelle relazioni internazionali non ci dispenserà mai dall'animare questa giustizia con una carità autentica che è tutt'altro che un palliativo alle mancanze di ogni genere. Essa infatti consiste nel rivolgere sul prossimo lo sguardo stesso di Dio, che ha creato il mondo per amore, che ci ha resi capaci di amare a nostra volta, che ci chiama a procedere sempre più in un amore fraterno disinteressato. Allora la giustizia degli uomini avrà più possibilità di essere a immagine della giustizia di Dio! Un altro rapporto essenziale è quello della carità con la pace. Una catechesi cristiana della carità passa evidentemente attraverso la misericordia, il perdono, la riconciliazione: non c'è neppure bisogno di spiegarlo, tanto è chiaro che gli uomini non possono costruire la pace cui aspirano se non accettano di superare i pregiudizi, di perdonare a vicenda le offese, di lasciarsi guidare dagli stessi sentimenti che furono di Cristo. A questo livello, si comprende forse meglio che occorre unire la riflessione teologica e l'animazione spirituale alle azioni concrete, in una autentica pastorale della carità.


6. Per concludere, vorrei con voi rendere grazie per la generosità di tanti uomini e donne nella realizzazione concreta dell'amore fraterno richiesto da Cristo e reso possibile dalla sua azione redentrice. Vi incoraggio a continuare la vostra riflessione e la vostra attività, che hanno per fine lo sviluppo integrale dell'uomo. Prego Dio di sostenere il vostro impegno, di suscitare nuovi progressi e di benedirvi insieme con tutti quelli che contribuiscono alla grande opera della carità.


Data: 1988-11-21 Data estesa: Lunedi 21 Novembre 1988




Messaggio al Patriarca Sfeir in occasione della festa nazionale del Libano - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Non siano rifiutati al Libano i diritti inalienabili di ogni nazione"

Testo:

A sua beatitudine Nasrallah Pierre Sfeir presidente dell'assemblea dei Patriarchi e Vescovi cattolici del Libano.

Nell'anniversario dell'indipendenza nazionale, commemorato dal popolo libanese nella sofferenza, desidero rivolgermi a vostra beatitudine e, per suo tramite, a tutti i cari figli e figlie del Libano.

Voglio ripeterle quanto le sono vicino, dividendo le sue ansie e la sua viva speranza che il suo caro Paese sia preservato da prove ancora più drammatiche. Tale inquietudine e tali speranze sono come riacutizzate da un anniversario che dovrebbe essere occasione di liete celebrazioni.

La situazione del Libano è, in realtà, diventata estremamente, e forse drammaticamente preoccupante. La mancata realizzazione di avvenimenti importanti, da me personalmente ricordati auspicandone lo svolgimento nella legalità e senza pressioni esterne, è stata purtroppo causa di ulteriori problemi e nuovi pericoli.

Numerosi osservatori considerano gravemente minacciati i diritti del Libano all'unità e integrità territoriale, alla sovranità e indipendenza.

Innalzo a Dio onnipotente una fervente e fiduciosa preghiera, perché non permetta che simili diritti, incontestabili per il bene di qualunque nazione, vengano rifiutati al Libano.

Resto ancora fermamente convinto che in tutte le famiglie spirituali del suo Paese esistono, insieme a una profonda speranza, un'ardente volontà e sufficiente coraggio per ricercare prima di tutto la salvezza della patria e il bene di tutti i Libanesi. Per questo gli uni e gli altri cercheranno di evitare atteggiamenti intransigenti o decisioni dalle conseguenze irreparabili, al fine di riscoprire la loro identità nazionale e ricostruire il loro Paese nella libertà e nella dignità.

Nello stesso tempo non credo che questa convinzione e questa fiducia verso i libanesi siano venute meno in coloro che, negli ambienti internazionali, vogliono essere amici del Libano e i difensori dei diritti fondamentali dei popoli. Ad essi rinnovo il mio pressante appello, perché continuino ad aiutare generosamente e lealmente i libanesi in questo momento difficile.

Beatitudine, ribadisco il mio incoraggiamento a continuare la sua azione positiva per favorire la comprensione e l'intesa. Con lei, con tutti i membri della gerarchia cristiana del Paese, con tutti i suoi compatrioti, invoco la protezione di Dio onnipotente e misericordioso sul caro Libano.


Data: 1988-11-22 Data estesa: Martedi 22 Novembre 1988




Messa per la "Consociatio Internationalis Musicae Sacrae" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La musica sacra deve esprimere la fede del popolo cristiano

Testo:

Il sacrificio eucaristico, che oggi ho la gioia di celebrare per voi, amici della musica sacra, è accompagnato dal sacrificio di lode dei vostri canti, la cui bellezza, austera e pur radiosa, suscita nell'animo echi di commossa partecipazione.

Ciò che voi esprimete con la musica deve essere segno di un impegno ben più profondo: quello di accogliere la Parola di Dio nel cuore per meditarla più a fondo e tradurla nella vita. "La voce canta per gioire - osserva quel grande fautore del canto ecclesiastico che fu sant'Ambrogio - mentre la mente si addestra nell'approfondire la fede" (S. Ambrosii "Enarr. in Ps. 1",9).

Il vostro canto sarà così l'annuncio che prepara il cuore ad accogliere la presenza del divin Redentore attraverso le parole di verità e le opere di carità.

Celebrando l'Eucaristia stamane vogliamo particolarmente rendere grazie a Dio, Padre di ogni consolazione, che ha ispirato il Papa Paolo VI a istituzionalizzare un movimento di pensiero e di azione che bene aveva già meritato nel campo della musica sacra. Venticinque anni fa, infatti, egli istitui la "Consociatio Internationalis Musicae Sacrae" col compito di promuovere la pratica attuazione degli orientamenti impartiti dal Concilio Vaticano II nel campo della musica sacra. Di fatto essa, soprattutto mediante la celebrazione di Congressi Internazionali, ha contribuito non poco a illuminare la riflessione e a promuovere nuove opere musicali.

Occorre continuare ad impegnarsi perché compositori ed esecutori si mettano a servizio della Parola di Dio e diano un fattivo contributo all'evangelizzazione con musiche adatte a esprimere la fede del popolo cristiano: una fede che attraverso la musica sottolinei la propria lode e l'incessante supplica, una fede che nella comunicazione musicale tocchi i cuori dell'assemblea orante, contribuisca alla sua santificazione e divenga elemento eminente della glorificazione di Dio.

Per poter partecipare al sacrificio del nostro Salvatore purificati e santificati dallo Spirito Santo, domandiamo al Dio della misericordia perdono per tutti i nostri peccati.


Data: 1988-11-22 Data estesa: Martedi 22 Novembre 1988




Messaggio a sua Santità Dimitrios I per la festa di sant'Andrea - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Diffondere nel popolo cristiano una conoscenza reciproca ispirata alla verità e alla carità

Testo:

A sua Santità Dimitrios I Arcivescovo di Costantinopoli Patriarca ecumenico.

"Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità!" (1Co 13,13).

Queste le parole dell'apostolo Paolo ai fedeli della Chiesa di Corinto quando parla della carità che deve essere caratteristica di ogni comunità cristiana e che riunisce tutte le Chiese locali in una comunione d'amore. Con nel cuore questa raccomandazione apostolica e per approfondire i vincoli di carità che uniscono le Chiese sorelle di Roma e di Costantinopoli, ho inviato a lei una delegazione presieduta da sua eminenza il Cardinale Willebrands, per partecipare alle celebrazioni della festa di sant'Andrea.

L'anno in corso è stato segnato da due avvenimenti che hanno mostrato come sta crescendo la carità tra le nostre Chiese. Anzitutto, l'indimenticabile visita della Santità vostra alla Chiesa di Roma nel dicembre del 1987. Fu davvero una grande gioia per me e per la Chiesa di Roma riceverLa e scambiare un bacio fraterno presso la tomba degli apostoli Pietro e Paolo. Questa volontà di procedere nella comunione si è manifestata anche nel lavoro compiuto dalla commissione internazionale di dialogo sul sacramento dell'Ordine, e in particolare sulla successione apostolica nel suo rapporto con la santificazione e l'unità del Popolo d Dio. Ritengo che si tratti di un ulteriore passo che consentirà alla commissione di continuare il lavoro ed affrontare i temi su cui le nostre Chiese si sono divise.

Come abbiamo già ricordato insieme, lo scopo del dialogo è il ristabilimento della piena comunione tra le nostre Chiese. Abbiamo fissato questa meta umilmente, pieni di fiducia nello Spirito Santo che è Spirito di comunione, Spirito che ci guida alla verità tutta intera e che ci farà raggiungere lo scopo che la volontà di Dio consentirà ai nostri sforzi. Con il suo aiuto, coscienti della profonda comunione che già ci unisce, ci impegnamo risolutamente per procedere sulla strada da lui indicata. Non ne siamo ancora arrivati alla fine, e molti sforzi ancora vanno compiuti sia a livello locale che a livello internazionale dalla nostra comune commissione teologica. Purtroppo i secoli durante i quali siamo stati estranei gli uni agli altri hanno provocato una diminuzione della conoscenza e quindi dell'amore vicendevole. così hanno potuto svilupparsi, da una parte e dall'altra, incomprensioni e caricature della fede realmente vissuta dai cattolici o dagli ortodossi. Ancora oggi, una precisa e profonda conoscenza dell'altro sembra mancare in certe zone in cui cattolici e ortodossi vivono insieme. Prendere coscienza di queste difficoltà deve stimolarci ad intensificare gli sforzi per diffondere nel popolo cristiano, con la predicazione, la catechesi, la formazione teologica, una concezione dell'altro ispirata dalla verità e dalla carità e purificata dagli atteggiamenti polemici del passato. Noi ci siamo solennemente riconosciuti come Chiese sorelle in comunione quasi totale (Pauli VI Epist "Tomos Agapis", 283, die 8 febr. 1971). Dobbiamo trarne le conseguenze pratiche negli atteggiamenti concreti da avere gli uni verso gli altri e in ogni nostro rapporto.

Santità, di anno in anno ci rendiamo sempre più conto dell'importanza di questo scambio di delegazioni in occasione della festa patronale delle nostre Chiese, per la continuazione, in stretta collaborazione, del nostro cammino comune verso la piena comunione. così di tutto cuore, cari fratelli, mi unisco alla vostra celebrazione di sant'Andrea e gli chiedo di ottenere dal "Padre della luce, da cui viene ogni dono perfetto" (Jc 1,17), la luce e la forza per procedere in una carità fraterna sempre più profonda.

Dal Vaticano, 23 novembre 1988.


Data: 1988-11-23 Data estesa: Mercoledi 23 Novembre 1988









Le credenziali del nuovo ambasciatore tunisino - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il ruolo della Tunisia in una regione che ha urgente bisogno di pace e di giustizia

Testo:

Signor ambasciatore.

E' per me sempre un piacere ricevere le persone scelte e accreditate presso la Santa Sede come ambasciatori straordinari e plenipotenziari del loro governo. Le sarei grato di ringraziare vivamente sua eccellenza Zine El Abidine Ben Ali, Presidente della Repubblica tunisina, per i deferenti ossequi e i voti cordiali a me espressi, alla mia persona oltre che al mio Pontificato.

I sentimenti e le convinzioni contenuti nel suo nobile indirizzo di saluto mi hanno molto interessato. Le sue prime parole intendevano rispecchiare fedelmente il pensiero del Presidente Ben Ali, cioè il suo vivo desiderio di continuare e rafforzare i legami di intesa cordiale tra la Tunisia e la Sede apostolica di Roma. Me ne rallegro profondamente. A questo riguardo, la storia ci riserva liete sorprese. Nell'XI secolo, un emiro musulmano, re di quella che allora si chiamava Mauritania Setifina, invio al Papa Gregorio VII un sacerdote per essere ordinato all'episcopato.

Gregorio VII ringrazio il re della sua bontà e invito i cristiani e i musulmani a ritrovarsi all'apice della vita spirituale.

Lei ha anche avuto, signor ambasciatore, la delicatezza di sottolineare l'impegno senza tregua della Santa Sede a favore di obiettivi fondamentali per la felicità autentica dell'uomo e di tutti i popoli: il rispetto assoluto di ogni persona, la distribuzione sempre più equa dei beni, la partecipazione del popolo alla vita pubblica e la formazione che un simile diritto esige, il ricorso al dialogo a livello nazionale o internazionale e l'abbandono dei conflitti cruenti, inutili e disastrosi, la finalità di ogni stato degno di questo nome di essere al servizio del bene di tutti gli abitanti.

E lei ha ricordato - certo per convinzione personale - il pensiero da me espresso di frequente - in particolare nel corso dei miei viaggi apostolici -: il rispetto di ogni essere umano e dei suoi diritti deriva dall'essere creato ad immagine di Dio e del suo destino soprannaturale.

Più precisamente, nel quadro della diplomazia in generale e della sua missione particolare presso la Santa Sede, lei proverà la soddisfazione - lo auguro di cuore a sua eccellenza - di operare per la difesa e promozione dei diritti dell'uomo, senza dimenticare che ogni uomo ha anche dei doveri nei confronti dei suoi simili. In una parola, nella discrezione propria dei diplomatici, lei contribuirà non solo a rafforzare le cordiali relazioni tra il suo governo e la Sede apostolica di Roma, ma anche a operare per il bene più prezioso dell'umanità: la pace nella giustizia e nella fraternità. Sono persuaso che i legami di amicizia instaurati con i membri del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede le saranno graditi e profittevoli. I miei collaboratori si faranno un dovere di accordarle tutto l'appoggio che lei ha il diritto di attendersi da loro.

Al termine di questo incontro, mi consenta, signor ambasciatore, di formulare voti cordiali per il suo Paese, affinché possa conoscere, sotto la guida del presidente, Zine El Abidine Ben Ali, la concordia e la prosperità e possa continuare a procedere verso la conquista e la pratica dei valori morali appena evocati. Possa anche continuare a svolgere un ruolo di mediazione in una regione che ha tanto bisogno di pace giusta e durevole! Infine desidero augurarle un felice svolgimento della sua alta missione presso la Santa Sede. Il suo soggiorno romano, signor ambasciatore, sia fonte di nuove esperienze culturali, le consenta di incontrare punti di vista diversi sul mondo contemporaneo, le dia la gioia di conoscere dall'interno l'attività della Santa Sede e qualcosa del mistero della Chiesa! Affido all'unico Dio, onnipotente e misericordioso, invocato dai nostri fratelli musulmani e dai cristiani, il successo della missione oggi inaugurata, insieme al presente e al futuro del suo caro Paese.


Data: 1988-11-24 Data estesa: Giovedi 24 Novembre 1988




Al Capitolo Generale dell'Ordine Ospedaliero di san Giovanni di Dio - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Servitori dei malati nella fedeltà al carisma

Testo:

Carissimi fratelli.


1. Il mio animo si apre al più cordiale saluto nell'accogliere voi, rappresentanti dell'Ordine Ospedaliero di san Giovanni di Dio, in questa breve pausa dei lavori del vostro Capitolo generale, che si svolge in un momento importante per la storia della sanità nel mondo in cui viviamo.

Ringrazio il vostro nuovo priore generale fratel Brian O' Donnell, per le parole tanto significative, con le quali ha introdotto questo incontro, augurandogli ogni successo nell'espletamento del delicato incarico, a cui è stato chiamato.

Vi auguro che possiate ricavare abbondanti frutti spirituali dai vostri incontri per il bene dell'intera vostra Congregazione, sorta per dare gloria a Dio nel servizio dei fratelli ammalati. Si sa, ogni Capitolo generale è sempre un avvenimento di grande importanza, perché non solo permette di dare uno sguardo sull'andamento complessivo della vita religiosa secondo il proprio carisma di fondazione, ma serve a destare nuovo fervore spirituale e una dedizione più generosa al proprio ideale. Per voi appartenenti al benemerito Ordine, detto popolarmente e significativamente "Fatebenefratelli", si tratta soprattutto di interiorizzare il senso dell'ospitalità cristiana, che ognuno di voi professa con voto particolare nella Chiesa. E' quanto prescrivono le vostre costituzioni là dove raccomandano uno specifico impegno "a difendere e vegliare sui diritti della persona a nascere, a vivere decorosamente, a essere assistita nelle infermità e a morire con dignità", perché "appaia con chiarezza in ogni momento che il centro di interesse è la persona bisognosa o ammalata" ("Constit.", 23).


2. Grandi compiti perciò vi aspettano, cari fratelli, e la Chiesa vi domanda di assolverli nello spirito delle parole del Signore: "Ogni volta che voi avete fatto questo ad uno dei più piccoli di questi miei fratelli, l'avete fatto a me" (Mt 25,31-40). E' in queste parole che deve trovare fondamento la vostra concezione del "servizio".

Il Concilio, particolarmente nella prima parte della "Gaudium et Spes", ha ampiamente sottolineato l'importanza e la dignità del servizio verso gli ammalati. Una teologia del servizio è proponibile nella misura in cui la Chiesa si presenta come una società di discepoli del Cristo che si qualificano e si distinguono per l'aiuto e l'amore vicendevoli.

Nella complessa società contemporanea, dovete compiere la ricerca di un modello di "teologia del servizio" quasi distaccandovi, se necessario, dalle vecchie abitudini, come per un coraggioso salto che vi porti all'invenzione di qualcosa di nuovo. Siete chiamati a ripensare in maniera sempre più rispondente ai tempi la relazione fondamente tra la fede cristiana e le forme del servizio caritatevole.

Il vostro modo di testimoniare la fede sarà tanto più efficace quanto più si fonderà sulla capacità di uscire da sè per aprirsi alla sofferenza, alla povertà e al bisogno degli altri.

Soltanto in questa apertura avrà ragion d'essere il vostro servizio mirante più al concreto aiuto altrui che non ad un formale progetto di intervento.

Penso che non si possa più scindere la riflessione teologica dalla organizzazione pratica del servizio.

Così i malati, i sofferenti e i bisognosi che sono talora per alcuni motivo di disturbo, e quasi di ostacolo, diventano per chi ha fede le persone più care, perché segni viventi della presenza di Dio. Fare posto all'altro, esercitare il carisma dell'ospitalità significherà, in certo qual senso, far posto al Cristo e farlo vivere con voi e in voi.


3. La vostra comunità di fratelli a servizio dei malati si realizza pienamente nella diaconia evangelica che deve sempre animare la vostra vita. Su questa si fonda anche la testimonianza verso i vostri collaboratori laici che dall'ospitalità esercitata come professione possono arrivare al servizio concepito come espressione di amore e di solidarietà cristiana.

Le vostre comunità possono e devono aspirare a costruire quello "spazio sociale" di cui hanno bisogno i nuovi ammalati ai quali non bastano più le grandi tecnologie e non servono più le grosse istituzioni. Penso, per esempio, ai malati di Aids ed ai pazienti oncologici, ovvero ai servizi psichiatrici.

Le vostre comunità devono diventare il punto di riferimento per la salvaguardia dei diritti della persona umana e del rispetto delle libertà individuali. La vostra attività al servizio dei più bisognosi vi ispiri soprattutto una pratica di fede essenziale e rivolta all'unica cosa necessaria, di cui parla Gesù e che è il Regno di Dio, in attesa che il resto vi venga dato in sovrappiù (Mt 6,33).

Gli uomini che soffrono e verso i quali esercitate la vostra "compassione" hanno molto da insegnarvi per trasformare la vostra esistenza di religiosi: il malato sia la vostra università! Testimonierete effettivamente la vostra identità di frati ospedalieri di san Giovanni di Dio se saprete basare qualsiasi programmazione sui bisogni realmente esistenti; se accetterete di preferire chi soffre; se vi guarderete dal confidare unicamente nelle proprie opinioni individuali che non sono in perfetta armonia col carisma originario, che ha suscitato tra le vostre file nobili figure di veri servitori dei malati, e i cui nomi restano davvero in benedizione.

Non posso dimenticare che in questo ideale di servizio, imitando la generosità del vostro fondatore, voi state cercando di portare il vostro modello di ospitalità cristiana anche nei Paesi in via di sviluppo.

Non trascurate le loro culture, impegnatevi nell'ascolto dei loro bisogni reali, portate a tutti, al di là delle differenze etniche, la medesima testimonianza di Cristo morto e risorto.

La Chiesa così potrà nascere, crescere e coesistere anche là dove sono altre religioni ed altri modelli di vita.

Con questa consegna di amore e di solidarietà verso i fratelli più deboli, formulo i migliori voti per una fruttuosa continuazione dei lavori del vostro Capitolo generale, affinché dalle vostre sagge deliberazioni l'intero Ordine attinga il necessario impulso per proseguire nella sua via tanto luminosa e tanto benemerita.

Benedico di cuore voi e tutta la famiglia religiosa.


Data: 1988-11-25 Data estesa: Venerdi 25 Novembre 1988





GPII 1988 Insegnamenti - Catechesi all'udienza generale - Città del Vaticano (Roma)