GPII 1988 Insegnamenti - Ai Vescovi dell'Australia in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)


1. Come pastori del Popolo di Dio in Australia, siete venuti a Roma per pregare sulle tombe degli apostoli Pietro e Paolo e per fare visita al successore di san Pietro, affinché si rinsaldi l'unità della Chiesa e i vincoli di fede, speranza e carità. Da parte mia, vi accolgo con affezione nel Signore Gesù Cristo. Voglio esprimere la mia gratitudine, stima e incoraggiamento per il vostro lavoro apostolico, e assicurarvi il mio amore fraterno e la mia preghiera. E' per me anche una possibilità di riconoscere la testimonianza fedele del Vangelo data dai cattolici di ciascuna delle vostre diocesi.

Ora che l'Australia celebra il suo bicentenario, possiamo ricordare con gratitudine la profonda fede e lo spirito missionario di coloro che hanno portato la Parola di Dio nella vostra terra. Lo fecero in obbedienza al mandato ricevuto da Cristo: "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato" (Mt 28,19-20).


2. Come successori degli apostoli, voi esercitate la missione di predicare e insegnare in Australia oggi sul solido fondamento posto da quelli che vi hanno preceduto. Il Concilio Vaticano II (cfr. LG 25) dice che i Vescovi sono gli araldi della fede, dottori autentici rivestiti dell'autorità di Cristo.

Essi predicano al popolo loro affidato la fede da credere e da applicare nella pratica della vita. Alla luce dello Spirito Santo, i Vescovi illustrano la fede e la fanno fruttificare. Vegliano per tenere lontano dal loro gregge gli errori che lo minacciano. Per ciascuno di noi questo significa un coinvolgimento diretto e personale nel proclamare il Vangelo, come uomini cui Dio ha affidato il compito di Cristo dottore, sacerdote e profeta. Pur riconoscendo la nostra indegnità per un compito così grande, riconosciamo anche la potenza della Parola di Dio sul cuore e la mente degli uomini nonostante la debolezza dei suoi messaggeri. Noi siamo continuamente chiamati in causa dalla missione dottrinale perché purifichiamo il nostro cuore, cresciamo nell'amore per le cose di Dio e approfondiamo la nostra fede nelle realtà invisibili.

E qual è lo scopo della nostra predicazione e del nostro insegnamento? Con san Paolo possiamo dire: "Figlioli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore finché non sia formato Cristo in voi" (Ga 4,19). Non è forse questo il nostro scopo fondamentale: che attraverso le nostre fatiche Cristo si formi in ogni membro del Popolo di Dio? Questo ministero è come il travaglio del parto, poiché annunciamo il messaggio profetico di un Dio crocifisso e continuamente invitiamo gli uomini a una conversione del cuore. E' un travaglio anche per l'ansia che proviamo nei confronti del gregge a noi affidato. E' infine un atto di amore da parte nostra, poiché il buon pastore offre la vita per le pecore invece di fuggire dal lupo che le rapisce e le disperde (cfr. Jn 10,11-13). Impegnandoci con zelo e coraggio in questo ministero, troveremo la gioia e la pace che viene dall'aver "combattuto la buona battaglia", l'aver "terminato la corsa", l'aver "conservato la fede" (cfr. 2Tm 4,7).


3. Nello stesso tempo sappiamo di non essere soli nel compiere il ministero di maestri nella Chiesa. Anche se il compito di predicare il Vangelo a tutta la Chiesa è stato affidato principalmente al romano Pontefice e al Collegio dei Vescovi, ciascun Vescovo è anche un "moderatore di tutto il ministero della parola" (CIC 756) nella sua diocesi, un ministero che richiede l'impegno attivo degli altri. Come scrive san Paolo: "E' lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri, per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo, affinché arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo" (Ep 4,11-13). Tutto il Popolo di Dio partecipa secondo modalità diverse a questo ufficio di insegnamento della Chiesa. Questo è vero soprattutto per i sacerdoti, nostri "fratelli e amici", che sono "necessari collaboratori e consiglieri" nella funzione di istruire, santificare e governare il gregge di Dio (cfr. PO 7). Questo è vero per i diaconi. E' vero anche per i religiosi e le religiose, che in virtù della loro eonsaerazione danno una speeiale testimonianza delle esigenze radicali del Vangelo. Ed è vero per i laici, che per il Battesimo e la Confermazione sono chiamati ad edificare l'unico corpo di Cristo e ad trasformare il mondo dall'interno.

C'è quindi una diversità di ministeri, ma una unità di missione nella Chiesa (cfr. AA 2). E' importante che tutti i fedeli nelle Chiese locali portino una testimonianza unita a Cristo e al Vangelo in comunione con i loro Vescovi. Questo vale in particolare per i sacerdoti e per l'unità e solidarietà che essi dovrebbero vivere con i Vescovi e reciprocamente.

Costruendo uno spirito di cooperazione ed evitando ogni dannosa divisione, i sacerdoti entrano nella mente e nel cuore di Cristo il maestro, che prego il Padre che i suoi discepoli fossero "una cosa sola, perché il mondo creda" (cfr. Jn 17,21).


4. Questo ci porta a un altro punto essenziale del ministero dottrinale: la Chiesa per sua propria natura è una Chiesa missionaria (cfr. AGD 2). La predicazione e l'insegnamento che formano il Popolo di Dio, lo preparano anche a portare agli altri la buona novella della salvezza in modo da illuminare tutta la vita con la luce del Vangelo. Secondo le parole del Concilio: "La Chiesa... cammina insieme con l'umanità e sperimenta assieme al mondo la medesima sorte terrena, ed è come il fermento e quasi l'anima della società umana, destinata a rinnovarsi in Cristo e a trasformarsi in famiglia di Dio" (GS 40).


5. Ciascun credente ha bisogno di essere istruito e formato in una qualche misura per questa missione, o per svolgerla con più precisione, ciascun credente ha bisogno di essere formato nella vita cristiana conforme con il suo stato di vita.

Per le persone essere cattoliche per il Battsimo è solo l'inizio. La fede deve essere vissuta con perseveranza; bisogna approfondirne la conoscenza; occorre applicarla nelle scelte e azioni personali; aderire alla fede deve suscitare il desiderio di farne partecipi gli altri e di trasformare il mondo conforme al Vangelo. E' essenziale che i cattolici conoscano la dottrina e disciplina, ma come dice Cristo, dopo aver ascoltato la parola, essi devono custodirla con cuore buono e perfetto e produrre frutto con la loro perseveranza (cfr. Lc 8,15).

Oggi si sottolinea molto l'impegno per la formazione del clero, i religiosi e i laici affinché compiano i doveri inerenti al loro stato di vita e partecipino alla missione della Chiesa nel mondo. So che in Australia voi avete lavorato accuratamente per promuovere la lettera e lo spirito della formazione descritta nei vari documenti ecclesiali e nel Codice di Diritto Canonico. Ogni sforzo per la formazione cristiana deve essere segnato da un grande amore per Cristo e la Chiesa. Come dice l'esortazione apostolica "Evangelii Nuntiandi", il Signore si aspetta una tale affezione non solo dai pastori, ma "da ciascun predicatore del Vangelo e da ogni costruttore della Chiesa". Un segno di tale affezione è "la cura di donare la verità e di introdurre nell'unità". Un altro segno è "dedicarsi senza riserve, né sotterfugi all'annuncio di Gesù Cristo".

Altri segni di questo amore sono "il rispetto della situazione religiosa e spirituale" degli altri; una "attenzione a non ferire" quelli che sono deboli nella fede; e infine "lo sforzo di trasmettere ai cristiani, non dubbi e incertezze nati da una erudizione male assimilata, ma alcune certezze solide, perché ancorate nella Parola di Dio" (cfr. Pauli VI EN 79).


6. La pratica di questo amore si applica a tutti i tipi di attività che costituiscono il ministero della parola. Questo comprende la predicazione e l'istruzione catechistica che hanno una capitale importanza. C'è l'esposizione della dottrina nelle scuole, nelle università, nelle conferenze e convegni di ogni specie. Ci sono poi le pubbliche dichiarazioni con cui la Chiesa prende posizione sui fatti che accadono per mezzo della stampa e degli altri mezzi di comunicazione sociale (cfr. CD 13).

Occorre in particolare ricordare la formazione che i giovani ricevono nelle scuole cattoliche e nei programmi catechistici. I giovani sono alla ricerca di una fede e di ideali per cui vivere. Nel loro desiderio di mettere alla prova l'autorità degli adulti, essi fanno in fretta a cogliere l'eventuale discrepanza tra le parole e le azioni. Per questo la Chiesa è giustamente attenta che gli insegnanti siano eccezionali non solo per la capacità di insegnamento, ma anche per la dottrina e la vita cristiana. Si possono forse applicare qui più che in altri ambiti della formazione le parole del mio predecessore Paolo Vl: "L'uomo moderno ascolta più facilmcnte i testimoni degli insegnanti, e quando ascolta gli insegnanti, lo fa perché sono testimoni" (Pauli VI "Allocutio ad sodales Pontificii Consilii pro Laicis ad Audientiam generalem partecipantes", die 2 oct. 1974: Insegnamenti di Paolo VI, XII [1974] 895s). Se gli insegnanti sono in pace con la loro fede cattolica, questo verrà comunicato agli studenti a maggior vantaggio per la Chiesa. In caso contrario, anche questo lascerà un segno. So che voi cercate modalità per provvedere alla formazione e la cura pastorale dei docenti, affinché essi abbiano le risorse e l'incoraggiamento necessario per essere fedeli testimoni della loro fede cattolica davanti ai loro studenti. A causa dell'aumento delle iscrizioni e la diminuzione delle vocazioni religiose, l'educazione cattolica, in Australia e non solo li, diventa sempre più compito dei laici. Desidero lodare i molti insegnanti delle scuole cattoliche nel vostro Paese, per i quali il lavoro è realmente una forma di apostolato, e incoraggio tutti i Vescovi a continuare negli sforzi per promuovere la formazione cristiana di studenti ed insegnanti.


7. Un altro ambito di lavoro per il ministero della parola sono i mezzi di comunicazione sociale, specialmente la stampa cattolica. I mass-media non servono solo alla comunità cattolica, ma aiutano a formare la pubblica opinione nei confronti della Chiesa e dei suoi insegnamenti. Una stampa cattolica fermamente impegnata a promuovere la fede svolge un servizio insostituibile. Lo fa fornendo una attenta informazione, una opinione ben formata e sforzandosi di dialogare nella fedeltà con gli insegnamenti della Chiesa. I cattolici hanno il diritto di aspettarsi un simile impegno da parte dei media cattolici. Da parte vostra, voi farete certo il possibile non solo per salvaguardare l'integrità della fede e dei principi morali, ma anche perché la fede dei cattolici sia approfondita e fatta conoscere più ampiamente attraverso i media cattolici. Partecipi del ministero della parola, gli operatori dei mezzi di comunicazione sociale hanno diritto alla formazione e alla cura pastorale necessaria per aiutarli a compiere la loro responsabilità fedeli alla Chiesa.

Cari fratelli, come "moderatori" del ministero della parola nelle vostre diocesi, voi siete sempre alla ricerca del modo migliore per promuovere e incoraggiare una solida istruzione e formazione cristiana. Impegnandovi in questo compito con zelo e vigilanza, voi confidate nell'azione perenne dello Spirito Santo che guida e consacra la Chiesa nella verità, così che possa compiere il suo ufficio dottrinale. Possiate voi e i membri delle vostre Chiese locali sempre sperimentare l'abbondanza dei doni dello Spirito per edificare il corpo di Cristo e trasformare il mondo conforme al Vangelo. A ciascuno di voi imparto di cuore la mia apostolica benedizione.


Data: 1988-10-13 Data estesa: Giovedi 13 Ottobre 1988




Messaggio per il Convegno dell'AMCI - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il medico cattolico deve essere autentico difensore e promotore della vita umana

Testo:

Al venerato fratello Fiorenzo Angelini Arcivescovo titolare di Messene.

Ho appreso con piacere che i membri dell'Associazione Medici Cattolici Italiani converranno prossimamente a Firenze, per approfondire un tema centrale della loro attività professionale: la qualità della medicina per la qualità della vita. Tale obiettivo ben s'inquadra nelle finalità del sodalizio, che si avvia a celebrare i cinquant'anni di vita, durante i quali ha sempre cercato di testimoniare quei valori umani e cristiani che devono illuminare, nell'ambito della scienza e della pratica medica, la ricerca e le sue applicazioni a salvaguardia della salute ed a tutela del diritto alla vita.

Di siffatto impegno sono lieto di dare atto all'Associazione, non senza sottolineare l'attenzione costantemente rivolta alla difesa, in particolare, di alcuni principi irrinunciabili di ordine etico, in atteggiamento di rigorosa fedeltà al Magistero della Chiesa.

La recente canonizzazione del medico Giuseppe Moscati e l'imminente beatificazione di Nicolo Stenone, il quale proprio a Firenze offri alla società ed alla Chiesa il tesoro delle sue scoperte e l'esempio delle sue virtù pastorali, attestano il fruttuoso incontro tra scienza e fede in un campo come quello della medicina, che si propone di corrispondere alla "domanda di salute e di vita" che sale dall'umanità. Il richiamo delle loro figure deve ravvivare in tutti gli aderenti all'Associazione il senso della responsabilità che è propria di chi, già professandosi medico cattolico, si impegna a rendere una qualificata testimonianza a Cristo nell'università, nell'ospedale, nella libera professione, sempre a servizio della vita da promuovere, da difendere, da riabilitare.

Nel dedicarsi alla cura del corpo, il medico cattolico non può né deve ignorare i problemi dello spirito, giacché destinatario della sua opera è l'uomo nella sua interezza. Il suo "ministero", pertanto, dovrà essere compiuto non solo con perizia scientifica e professionale, ma anche con personale partecipazione alle situazioni concrete del singolo paziente. Ciò suppone, tra l'altro, una formazione cristiana permanente, che lo farà apparire come autentico difensore e promotore della vita umana.

Nell'affidare a lei, venerato fratello, il compito di recare il mio saluto ai dirigenti nazionali e diocesani e a tutti i componenti della benemerita Associazione, invoco sui lavori del congresso, come anche sui propositi e sulle iniziative che ne scaturiranno, la divina assistenza, ed invio a tutti, mediatrice la Vergine "Salus infirmorum", la benedizione apostolica.

Dal Vaticano, il 14 ottobre dell'anno 1988, decimo di Pontificato.


Data: 1988-10-14 Data estesa: Venerdi 14 Ottobre 1988




Ai Vescovi del Ciad in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Speranze ed impegni pastorali della Chiesa nel Ciad per superare le conseguenze disastrose della guerra

Testo:

Cari fratelli nell'episcopato.


1. Sono lieto di ricevervi qui per la vostra visita "ad limina", e ringrazio di cuore Monsignor Charles Vandame, presidente della Conferenza episcopale del Ciad, di essersi fatto gentilmente vostro portavoce. Salutandovi cordialmente, raggiungo con il pensiero le vostre quattro comunità diocesane di N'Djamena, Moundou, Pala e Sahr, per le quali formulo, nel ministero che ci accomuna, ferventi auspici di speranza, benessere e pace.

Questo pellegrinaggio alle tombe degli apostoli ravvivi ancor di più la vostra fede personale e rinnovi il vostro zelo di pastori al servizio del Popolo di Dio che è nel Ciad! Espressione visibile del movimento vitale tra la Chiesa universale e le Chiese particolari, la visita "ad limina" è un incontro tra i Vescovi di una Chiesa locale e il Vescovo di Roma, ciascuno con una responsabilità insostituibile. In realtà, l'uno e l'altro rappresentno il "noi" della Chiesa, e queste visite segnano un momento privilegiato della comunione che determina profondamente la sua natura.

Nell'ambito degli incontri a Roma tra i pastori, si realizza uno scambio tra ciò che è particolare e ciò che è universale, dove ciascuna delle parti dà alle altre il beneficio dei suoi doni.


2. Tra i doni da voi portati, c'è la testimonianza dell'attaccamento dei fedeli del Ciad. Ne sono molto colpito, tanto più che conosco le prove attraverso cui è passata la vostra popolazione: i lutti e le distruzioni subite a causa della guerra, la degradazione del tessuto sociale che ne è risultata, per non parlare delle sventure troppo abituali dovute alla siccità cronica, alle invasioni di cavallette e alla carestia.

Tuttavia, oggi rendo grazie a Dio perché dalla vostra ultima visita, il Paese gode di una certa tranquillità e di una pace relativa, dopo gli anni di caos e guerre.

In occasione di questo incontro, vorrei dire a voi e alle vostre comunità una parola di incoraggiamento a credere anzitutto all'amore di Dio per il suo popolo e al suo disegno di pace per gli uomini.

Un primo segno di speranza, cari fratelli, è l'unità della vostra Conferenza episcopale; voi avete tra voi rapporti personali, vi consultate per le iniziative pastorali e vi fate visita malgrado le considerevoli distanze e gli in convenienti del viaggiare in questa parte del mondo. La vostra Conferenza riceve il contributo generoso di tre vostri predecessori, ancora attivamente impegnati, cui rendo fraterno omaggio.

Un altro segno di speranza, è il vostro popolo, il cui atteggiamento aperto al bene è incoraggiante e che dà prova di un vero dinamismo, con grande passione per il lavoro.


3. Si nota una crescita del numero delle vocazioni sacerdotali provenienti dal Ciad e, in misura minore, un inizio di sviluppo della vita religiosa.

Aumenta il numero dei candidati che entrano ogni anno in seminario e me ne rallegro con voi. Certo occorre un giusto discernimento per verificare la rettitudine delle motivazioni, e so che voi curate che restino ristretti i criteri di ammissione. In effetti il bisogno di operai per la mietitura è talmente grande che esiste il rischio di cercare di avere dei sacerdoti ad ogni costo, con il pericolo che ciò avvenga a detrimento della qualità del clero.

Voi sensibilizzate le comunità cristiane sull'importante problema delle vocazioni, e vi sforzate di far scoprire il loro ruolo nella crescita e nel sostegno materiale a quelli che rispondono alla chiamata di Dio. Auspico anche che voi continuiate a educare i sacerdoti a una vita di semplicità evangelica e ad evitare ambiguità, nella formazione data, sulla serietà con cui i seminaristi devono affrontare i problemi della castità nel celibato.

Infine, ho appreso con gioia che tutti i vostri seminaristi grandi saranno presto accolti nel grande seminario san Luca di N'Djamena.


4. Leggendo i vostri rapporti quinquennali, mi pare che due campi dovrebbero ricevere in particolare la vostra sollecitudine pastorale: la famiglia e la formazione dei laici.

Come in altri Paesi africani, la famiglia e il matrimonio conoscono delle difficoltà. Si tratta di istituzioni indebolite a causa di diversi fattori, come l'evoluzione della società, il problema della dote e la comparsa di un nuovo genere di poligamia. Conviene ricordare le esigenze del matrimonio per un cristiano, cercare di collocarle nella linea dei valori del matrimonio riconosciuti dagli africani, come la fedeltà, la fecondità, il rispetto della vita, l'educazione dei figli.

Già nel 1980, voi constatavate, con i Vescovi del Centrafrica e del Congo, la necessità di "ridare pienamente posto alla famiglia nella pastorale".

Desidero incoraggiarvi nella fedele promozione dell'insegnamento della Chiesa sul matrimonio. E' necessario - come dappertutto - far si che nel Ciad si veda nella famiglia una comunità d'amore atta, in maniera unica, a insegnare e trasmettere dei valori culturali, etnici, sociali, spirituali e religiosi essenziali per lo sviluppo dell'uomo.


5. Il secondo ambito che dovrebbe attirare la vostra attenzione di pastori è quello della formazione dei laici, per una fede adulta e autentica.

Nel Ciad, la Chiesa è cresciuta piuttosto in fretta senza che, per questo, il messaggio evangelico abbia avuto il tempo di essere assimilato a sufficienza dai battezzati. così, desidero invitarvi a continuare l'annuncio della buona novella nel Paese e, nello stesso tempo, a dare a tutti i fedeli la formazione integrale, ritenuta una priorità pastorale dal Sinodo dei Vescovi dell'anno scorso.

Comprendano i laici sempre meglio la loro vocazione a una vita di santità e sappiano che, ricevendo il Battesimo, la Cresima e l'Eucaristia, si impegnano a seguire Cristo e rendergli testimonianza nella loro vita quotidiana e professionale! Essi faranno in modo che la luce del Vangelo illumini le loro attività secolari, come la politica, la sanità, la cultura, la scienza o i mezzi di comunicazione sociale, e scopriranno la necessità di lavorare con più giustizia, praticando le virtù di onestà e coscienza professionale, nel reciproco rispetto e nella pace! Infine, perché i ciadiani si sentano sempre più a loro agio nella Chiesa, è utile rivolgere l'attenzione pastorale alle tradizioni religiose africane del vostro popolo. Molti cristiani, soprattutto nel momento della prova, sono ancora attirati dalle pratiche della religione tradizionale; così è utile che i messaggeri del Vangelo ne abbiano una conoscenza adeguata per meglio identificare i bisogni spirituali fondamentali delle persone e dar loro una risposta evangelica. Secondo le raccomandazioni del Concilio Vaticano II, vi incoraggio a ricercare in quali modi le consuetudini, la concezione della vita e la struttura sociale possono essere conciliati con il costume espresso nella rivelazione divina (cfr. AGD 22).


6. Tra gli elementi che caratterizzano la mentalità religiosa africana, c'è la visione spirituale della vita e il simbolismo. Non c'è qui forse un invito a sviluppare sempre più una preghiera liturgica di buona qualità, per "far crescere ogni giorno più la vita cristiana tra i fedeli" (cfr. SC 1)? La liturgia, in effetti, rafforza le energie dei battezzati e, alla scuola dello Spirito Santo, forma quei veri adoratori che il Padre cerca. Attraverso una liturgia degnamente celebrata, secondo la disciplina della Chiesa, il popolo cristiano rinnova la sua vitalità. Continuate, cari fratelli, nella vostra qualità di grandi sacerdoti delle comunità di fedeli a voi affidate, a coinvolgere nella preghiera quelli di cui avete la responsabilità: prima di tutto i sacerdoti, cui dovete assicurare le risorse spirituali necessarie; i religiosi e le religiose, che hanno tanto più bisogno della vostra sollecitudine per il fatto che la vita consacrata non è che agli inizi nelle vostre diocesi; infine i laici cristiani, che manifestano il desiderio di una formazione cristiana più solida, in vista di un miglior impegno missionario.


7. Per quanto riguarda il dialogo con i non-cattolici, vi incoraggio a continuare i vostri sforzi per far vivere cristiani e musulmani in piena armonia. Auspico una reale collaborazione al servizio della società, nella mutua comprensione e benevolenza. Le vostre opere cattoliche siano luoghi di incontro, di scoperta dell'altro, perché sia favorita la pace nella nazione e perché il Ciad, che ha fatto la triste esperienza della guerra, diventi costruttore di pace! 8. Sono lieto di constatare i progressi delle relazioni tra Chiesa e stato, come testimonia, tra l'altro, lo statuto delle "Scuole Cattoliche Associate", che permette una positiva collaborazione nell'importante campo dell'educazione. I giovani hanno particolarmente sofferto per la guerra: così la cura della loro educazione è una priorità per dare solide fondamenta alla società ciadiana di domani.

"Una delle caratteristiche della Chiesa nel Ciad - notava monsignor Vandame - è il suo forte impegno per lo sviluppo". Mi rallegro del contributo effettivo dei cattolici a servizio dei loro connazionali, soprattutto nel campo dell'agricoltura e in quello della sanità, e vi incoraggio in questa strada affinché siano superate le conseguenze disastrose della guerra civile.


9. Mentre vi assicuro che vi sono vicino nei vostri sforzi pastorali, prego Dio di confermarvi nella fede e benedico di tutto cuore le vostre persone, tutti quelli che collaborano con voi in ciascuna delle vostre diocesi, e tutto intero il popolo del Ciad!


Data: 1988-10-14 Data estesa: Venerdi 14 Ottobre 1988




Ai Capitolari della Congregazione della Passione di Gesù Cristo - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Vi caratterizza il mistero della passione contemplata, vissuta e predicata"

Testo:


1. Sono lieto di accogliere e salutare tutti voi padri capitolari della Congregazione della Passione di Gesù Cristo. Saluto in particolare il Preposito Generale padre Paul Boyle, che ringrazio per le parole ora rivoltemi. Siete riuniti a Roma per il Capitolo Generale. E' un momento particolarmente importante per la vita della vostra Congregazione. Accompagno i vostri lavori con la mia preghiera, affinché il Signore vi illumini, e siate in grado di rispondere ai quesiti e alle esigenze fondamentali riguardanti l'identità dell'lstituto, quale fu concepito dal fondatore ed è stato ripetutamente approvato dalla Chiesa. E' un impegno questo, che va affrontato alla luce degli insegnamenti del Vaticano II il quale nel decreto "Perfectae Caritatis", offre a tutti un autorevole strumento di esame e di confronto, di correzione e di sviluppo. In esso i "principi generali" richiamati per il "rinnovamento della vita religiosa" escludono a priori ogni possibile equivoco ispirato alla mentalità relativistica, tipica dell'attuale cultura talora agnostica e storicistica: la Chiesa concepisce e incoraggia il progresso solo se condizionato ad un "continuo ritorno alle fonti di ogni forma di vita cristiana e allo spirito primitivo degli istituti" (PC 2). E la ragione è evidente se si riflette che, per il Corpo mistico, quel che principalmente vale non è né il "passato" né il "futuro" quali misure d'ogni evento umano; ma il presente della intramontabile vita del Cristo che emerge su tutti i tempi perché "Alfa ed Omega, primo e ultimo, principio e fine" (Ap 22,13).


2. Conosco la serietà con la quale, da secoli, siete stati gelosi del "patrimonio" del vostro Istituto: lo dimostra la stima incondizionata dei fedeli che vi hanno sempre venerati per l'austerità della vita e la generosità della vostra attività missionaria. Inequivocabile, del resto, la conferma offerta dal numero relativamente elevato e dalla meravigliosa statura degli uomini che, fedeli agli esempi del fondatore, godono o sono avviati agli onori degli altari. A tal riguardo, sono lieto di poter annoverare, domenica prossima, nel catalogo dei beati, ben due padri passionisti: Bernardo Maria di Gesù e Carlo di sant'Andrea.


3. La vostra Congregazione si allinea con gli Ordini di vita mista, quelli cioè, come ha indicato il Concilio, che "per regola uniscono strettamente la vita apostolica all'ufficio corale e alle osservanze monastiche" (PC 9).

Secondo il "carisma" dei figli di san Paolo della Croce la "contemplazione" è favorita da una "solitudine" anche geografica che, conferendo ad ogni casa il carattere del "ritiro", garantisce ai religiosi una vita comunitaria scandita da osservanze specificamente monastiche e goduta nel silenzio e nella pace, che condizionano la più "alta astrazione da tutto il creato", come appunto si esprimeva il vostro santo fondatore.

Ma c'è di più. Quel che distingue la vostra vita interiore, finalizzando "solitudine", "povertà" e "penitenza", è quella unione con Dio, mediata da una intensa partecipazione alla passione espiatrice e redentrice di Cristo: perché è nella e per l'umanità crocifissa del Salvatore che - realizzando un pieno distacco dalle creature - potete accedere al "seno del Padre", immergervi nel mistero del suo amore infinito.

Ed è tale vita "abscondita cum Christo in Deo" (Col 3,3) che, differenziando la professione contemplativa del "passionista", costituisce come l'anima della sua azione nella Chiesa, il motivo ispiratore dei suoi rapporti col mondo. Ed ecco, appunto, la dimensione apostolica del suo "carisma", caratterizzata anch'essa dal mistero di una passione non solo contemplata e vissuta, ma anche predicata al mondo come "il miracolo dei miracoli dell'amore di Dio" (S. Pauli a Cruce).


4. In occasione del vostro Capitolo generale desidero richiamare tali tipici aspetti della spiritualità passionista, perché sono premesse insostituibili d'ogni riflessione sul passato e di ogni proposta di rinnovamento per l'avvenire della Congregazione.

E' noto a voi tutti come la vostra "personalità di contemplativi e di apostoli del Crocifisso" oggi sia esposta all'urto di correnti di pensiero e di costume disgregatrici; si tratta di spinte che possono disorientare anche i più accorti, perché apparentemente giustificate dagli stessi elementi essenziali della natura dell'Istituto, interpretati in senso riduttivo e - più spesso - avulsi dal contesto che forma la "sintesi" del peculiare modo di pensare e di agire del fondatore e di tanti santi, che hanno onorato la vostra Congregazione.

Vi esorto, dunque, a non cedere alle "tentazioni" del nostro tempo.

Mi riferisco in particolare alla difficile sintesi dei due elementi, quello contemplativo e quello attivo, poiché Paolo della Croce ha fondato un Istituto di contemplativi-apostoli, i quali appunto dalla ricchezza di una maggiore concentrazione in Dio traggono la potenza della espansione nel mondo.

Il mistero della passione vi dà un nome e vi distingue, anche col suggestivo abito religioso, da tutti gli altri Ordini. A nessuno di voi, pertanto, sia lecito non solo esercitare le professioni umane, ma anche far propri movimenti di spiritualità o farsi promotori di esperienze non consentite dalla natura specifica della vocazione professata dal vostro Istituto: sarebbe un tradimento dell'originario carisma del fondatore! 5. Solitudine, povertà e penitenza, disponendo all'unione col Cristo in Dio e modellando in voi la figura del "contemplativo" sollecito della propria santificazione personale, devono accendere in voi lo zelo che irrompe in un'attività missionaria non generica, ma specifica, perché limitata al ministero della parola e banditrice di una "sapienza della croce" assimilata nel silenzio del "ritiro", nelle austerità della vita comune, nel deciso rifiuto di ogni distrazione profana.

Di qui prende luce "la sana tradizione" di alternare periodi di raccoglimento e di riposo "ai piedi del Crocifisso" a periodi di lavoro apostolico condotto secondo ben definite forme di "predicazione straordinaria", che devono la propria irresistibile forza d'urto alla carica contemplativa accumulata nella quiete della vita monastica.

Certamente non potete restare insensibili alle moltiplicate necessità della Chiesa e a svariate richieste di nuove categorie sociali. Ma ciò esige solo di "adattare", non di sopprimere il tradizionale ministero della parola, sostituendolo con forme di attività che costringerebbero a sacrificare la componente contemplativa della vostra vocazione, unico vero segreto d'ogni opera missionaria.

A voi, assai più che ad altri religiosi, il Concilio ripete che "le migliori forme di aggiornamento non potranno avere successo, se non saranno animate da un rinnovamento spirituale, al quale spetta sempre il primo posto anche nelle opere esterne di apostolato" (PC 2c).


6. Mi auguro che queste riflessioni vi siano di stimolo per un processo di rinnovamento capace di rivelare la perenne vitalità dell'Istituto ad un mondo in attesa di uomini intrepidi nel proclamare la "sapienza della croce" con la testimonianza della vita e della parola.

Con questi voti nel cuore vi imparto la mia benedizione, che estendo a tutti i membri della vostra Congregazione.


Data: 1988-10-14 Data estesa: Venerdi 14 Ottobre 1988





GPII 1988 Insegnamenti - Ai Vescovi dell'Australia in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)