GPII 1988 Insegnamenti - Ai partecipanti alla veglia della diocesi di Roma - Camminiamo nella luce di Cristo

Ai partecipanti alla veglia della diocesi di Roma - Camminiamo nella luce di Cristo


Testo:

Carissimi fratelli e sorelle, Dieci anni fa la Chiesa di Roma ha ricevuto dalla divina Provvidenza un nuovo Vescovo venuto da lontano. Questo Vescovo vi ha incontrato e salutato per la prima volta con le parole: sia lodato Gesù Cristo. Vuole farlo anche oggi, dopo dieci anni, con lo stesso saluto: sia lodato Gesù Cristo.

Voglio salutare la Chiesa di Roma, tutti i romani e tutti i cristiani riuniti in tutto il mondo attorno alla Chiesa di Roma ed al suo Vescovo. Vi ringrazio di cuore per questa vostra presenza oggi, per questa vostra fiaccolata.

Ringrazio il mio amatissimo fratello, il Cardinale vicario che veramente da dieci anni porta con me tutta la responsabilità della diocesi di Roma e non solamente la porta con me, ma è per me un fratello amatissimo e guida sicura in tutti i problemi della grande città e della grande diocesi di Roma, in tutti questi problemi che insieme dobbiamo incontrare pastoralmente. Lo ringrazio di cuore, come ringrazio anche tutti i carissimi fratelli nell'episcopato, i Vescovi ausiliari di Roma.

Ma voglio allargare questo mio saluto, questo mio ringraziamento a tutta la città, a tutta la diocesi e a tutte le parrocchie romane. Cerco sistematicamente di visitare queste parrocchie, ma sono numerose. Spero che forse in questo anno, decimo del mio Pontificato, potro visitare quasi la metà delle parrocchie. Attraverso queste parrocchie saluto tutte le Chiese domestiche, tutte le famiglie e tutte le persone: i nostri fratelli e sorelle nella fede, come anche coloro che non condividono la nostra fede cattolica. Tutti, nella visione ecclesiologica del Vaticano II, appartengono in qualche modo al Popolo di Dio, perché tutti sono creati dallo stesso Padre creatore, tutti sono redenti dallo stesso Figlio redentore, e in tutti lavora di nascosto, misteriosamente, lo stesso Spirito Santo Paraclito.

La Chiesa di Roma è una Chiesa ricca, ricca di persone, di comunità, ricca di istituzioni. Voglio salutare tutte queste istituzioni cominciando da tante comunità religiose, comunità di fratelli e di sorelle che fanno parte della nostra diocesi e prendono anche parte alla nostra missione pastorale per la diocesi di Roma e naturalmente per la loro missione che è universale. Fin dove giungono i loro fratelli e sorelle nella Chiesa, nella missione della Chiesa, arriva anche la responsabilità di queste case generalizie e di altre che trovano il loro posto nella nostra diocesi.

Istituzioni di grandissima importanza sono le università romane. Penso a tutte, ma soprattutto a quelle pontificie in cui vengono a trovare la scienza teologica tanti studenti, non solamente della nostra diocesi, ma di tutto il mondo. Dentro tutte queste istituzioni di formazione sta quello che si chiama "Pupilla oculis" del Vescovo, il seminario: il seminario romano e altri seminari di Roma che preparano i futuri sacerdoti della nostra diocesi e di altre diocesi, in Italia e fuori Italia.

Voglio abbracciare tutti. In questo abbraccio odierno, come nella prima serata dieci anni fa e come durante tutti questi anni trascorsi, voglio trovarmi vicino specialmente a coloro che soffrono, che sono malati nelle cliniche, negli ospedali, nelle case, a tutti coloro che sono abbandonati, che soffrono non solamente nel fisico, ma anche nello spirito. Vogliamo che trovino posto dentro la nostra comunità, che trovino attraverso questa nostra comunità cristiana, comunità petrina il cuore del Salvatore che è aperto per tutti e specialmente per i sofferenti.

Saluto e abbraccio gli anziani, i giovani, i bambini, i neonati, tutte le età, tutte le generazioni della nostra città e della nostra Chiesa.

Siete venuti qui per la fiaccolata. Portate nelle mani la luce, la stessa luce che si porta durante la veglia pasquale, la stessa luce che si porta durante il Battesimo. Questa luce nelle vostre mani simboleggia Cristo che è luce del mondo, che illumina ogni uomo che viene in questo mondo. Allora, carissimi fratelli e sorelle, vi auguro di cuore, a tutti e a ciascuno e a ciascuna dei romani, che Cristo rimanga sempre la luce della nostra vita e che noi possiamo camminare nella sua luce e così, camminando nella sua luce, non perdere la strada, la strada della vita umana, ma trovare la strada di un profondo significato della vita umana: Cristo. E finalmente di trovare la strada che ci porta alla casa del Padre, del Padre nostro che è nei cieli.

Grazie per la vostra presenza.

Voglio ancora invitare il carissimo Cardinale vicario ed i Vescovi presenti ad impartire adesso a tutti i partecipanti alla nostra comune preghiera e a tutti i romani una benedizione apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo.

Buona notte.


Data: 1988-10-16 Data estesa: Domenica 16 Ottobre 1988




Ad alcuni gruppi di pellegrini - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Bernardo Maria di Gesù e Carlo di sant'Andrea devoti imitatori della passione di Cristo

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle.

Ieri, domenica, ho avuto la gioia di elevare all'onore degli altari i due padri passionisti Bernardo Maria di Gesù e Carlo di sant'Andrea. Le letture della liturgia del giorno ben s'adattavano a delineare la loro spiritualità di devoti imitatori della passione di nostro Signore Gesù Cristo. Infatti la pagina tratta dal libro del profeta Isaia ci presentava l'esempio del "Servo di Jahvè", figura del Cristo, ed il Vangelo ci proponeva l'insegnamento dello stesso Maestro divino, il quale ammoniva che chi vuol essere primo, tra i suoi discepoli, deve farsi servitore di tutti. E tale, certamente, è stato l'esempio dei due beati, a cominciare da Bernardo Maria che, alla guida della Congregazione per lunghi anni, si prodigo indefessamente, innanzitutto col proprio personale stile di vita, nel promuovere tra i confratelli l'ardua sequela di Cristo crocifisso secondo la disciplina propria della vita passionista, respingendo decisamente le insidie laiciste e moderniste del suo tempo; similmente, il beato Carlo di sant'Andrea dette testimonianza di generosa disponibilità, a prezzo di sacrifici anche eroici, specialmente nel servizio del confessionale e nell'assistenza ai malati: due attività caritative tanto preziose, ma che nel contempo richiedono in chi le esercita tanta dedizione e un sincero amore al nascondimento. Esse spesso restano inavvertite agli occhi degli uomini, ma sono ben note allo sguardo di Dio, ed attirano le sue benedizioni.

Fratelli e sorelle carissimi! Festeggiamo assieme i beati Bernardo Maria di Gesù e Carlo di sant'Andrea! So che siete venuti per questo e vi ringrazio. I nuovi beati, in cielo, sono certamente lieti della vostra presenza. Tuttavia questo nostro incontro gioioso non rimanga un momento isolato. Esso deve lasciare una traccia.

Da qui deve oggi partire un rinnovato e più fermo proposito di seguire Gesù con maggiore convinzione, con maggiore slancio, il proposito di stargli vicini anche quando ci chiede di partecipare al sacrificio della croce, che è decisivo per la nostra salvezza. Tutta la vita terrena di Gesù, infatti, e tutta la sua azione salvifica ruotano attorno alla croce. Chiediamo a Gesù che essa non ci spaventi e che sempre ci sia data la forza di accettarla serenamente, certi di impegnarci, così, per la nostra e l'altrui salvezza. Vi benedico tutti di cuore.

[Il Santo Padre si rivolge ai pellegrini di espressione neerlandese:] Carissimi fratelli e sorelle in Cristo.

Con piacere mi rivolgo con qualche parola in lingua neerlandese anche ai pellegrini che sono venuti a Roma dai Paesi Bassi e dal Belgio per la beatificazione di padre Carlo di sant'Andrea.

Egli nacque e crebbe nella bella terra del Limburgo, in una regione veramente cattolica ed in una famiglia profondamente credente, in cui la vocazione per la vita religiosa e il sacerdozio poté sbocciare quasi spontaneamente.

Infatti, la famiglia è la terra più naturale e feconda per la nascita di una tale vocazione. In questo senso padre Houben è certamente un esempio e uno stimolo, affinché le famiglie siano autentiche "chiese domestiche", nelle quali i figli quasi da sé imparino a conoscere, amare e vivere la fede.

Il nuovo beato passo la parte più importante della sua vita sacerdotale in Irlanda, dove esercito il suo apostolato in diversi modi, ma soprattutto nel confessionale, in linea con lo spirito della Congregazione dei Passionisti. Il compito principale di questa Congregazione consiste pure nel tenere viva nei cuori dei credenti la memoria della passione del Cristo. Essa è stata la risposta della misericordia e dell'amore infiniti di Dio al peccato dell'uomo. Per mezzo della sofferenza e morte in croce Gesù ha riconciliato gli uomini con il Padre celeste e per conseguenza anche fra di loro. A questo ministero della Riconciliazione padre Houben dedico le sue doti e forze migliori, riportando nel sacramento della Penitenza innumerevoli fedeli a riconciliarsi con Dio e con gli altri uomini. In tal modo ha offerto un esempio e uno stimolo per una nuova valorizzazione di questo sacramento, affinché la sofferenza e la morte del Verbo Incarnato producano frutti ricchi per una convivenza pacifica degli uomini.

Per intercessione del beato padre Carlo imploro l'abbondanza della misericordia e della grazia divina su di voi tutti e sulla Chiesa nella vostra patria, affinché essa conosca, grazie alla riconciliazione dei fedeli tra loro, una più profonda compattezza e una nuova fioritura. Per questo imparto di cuore la mia benedizione apostolica.

[Il Santo Padre si rivolge ai pellegrini in lingua inglese:] Cari amici.

Porgo i miei cordiali saluti a tutti coloro che sono venuti per la cerimonia di beatificazione di ieri. In particolare, saluto cordialmente tutti i pellegrini provenienti dai Paesi Bassi, dall'Irlanda e dall'Inghilterra, Paesi benedetti copiosamente da Carlo di sant'Andrea, sacerdote passionista. E' mia fervida speranza che la vostra visita a Roma in questa occasione serva a rinnovarvi nella vocazione cristiana alla santità e all'umile servizio di Dio e del prossimo, secondo l'esempio di padre Carlo.

Il mondo in cui viviamo ha grande bisogno di riconciliazione. Una delle caratteristiche più rilevanti della vita di padre Carlo e del suo ministero sacerdotale è stato l'impegno nel riconciliare gli uomini con Dio nel sacramento della Penitenza. Innumerevoli persone venivano a trovarlo nel monastero passionista del Monte Argus, a Dublino, per ricevere i suoi consigli, la sua benedizione e il perdono dei loro peccati davanti al tribunale della misericordia divina. Il gran numero di persone che venivano a parlare con padre Carlo testimonia il bisogno e il desiderio del cuore umano di essere in pace, riconciliato con Dio, con se stesso e con gli altri. Come padre Carlo, siamo chiamati ad essere araldi del perdono, della pace e della gioia che Cristo ha vinto per noi attraverso la croce. Insieme con padre Carlo, fissiamo il nostro sguardo al mistero salvifico della passione del Signore, e rispondiamo generosamente al suo amore per noi.

Vi assicuro il mio ricordo e la mia preghiera. Vi prego di portare il mio saluto alle vostre comunità religiose, le parrocchie e le famiglie, e a tutti coloro che si affidano all'intercessione del beato Carlo. La grazia e la pace di Gesù Cristo siano con voi.


Data: 1988-10-17 Data estesa: Lunedi 17 Ottobre 1988




Ai Cavalieri di Colombo - Città del Vaticano (Roma)


Cari amici.

E' per me un grande piacere incontrarmi con voi, dirigenti supremi dei Cavalieri di Colombo, in occasione della vostra visita a Roma. Un saluto particolare al cavaliere supremo, Virgil Dechant, agli ufficiali supremi e a tutte le mogli presenti.

I Cavalieri di Colombo sono uno splendido esempio di partecipazione dei laici alla missione della Chiesa. Lungo tutta la vostra storia siete stati conosciuti per il vostro fidato sostegno alla fede cattolica e per l'aiuto finanziario e il lavoro volontario di carità e benevolenza. Nel promuovere il benessere spirituale e materiale degli altri, voi onorate Cristo nel prossimo.

Testimoniando la fede attraverso una retta condotta personale e gli interventi pubblici, voi trasformate la società dall'interno, così da rinnovarla in Cristo e farla diventare la famiglia di Dio.

Desidero esprimere la mia profonda gratitudine per le molte maniere in cui i Cavalieri di Colombo hanno assistito il Papa nel compimento del suo ufficio di successore di san Pietro e pastore della Chiesa universale. Esempi recenti ne sono la vostra generosa risposta alle necessità finanziarie della Santa Sede attraverso la "Vicarius Christi Foundation", che ha raddoppiato il patrimonio, e il fondo per i restauri della Basilica di San Pietro. Voi rendete anche possibile a più persone di ascoltare il Papa e pregare con lui attraverso l'uso delle moderne telecomunicazioni. Avete anche aiutato la nascita della sezione nord-americana dell'lstituto "Giovanni Paolo II" di studi sul matrimonio e la famiglia.

Vi sono profondamente grato per tutti questi degni progetti e anche per molti altri. Pero, la mia espressione di gratitudine sarebbe incompleta se non parlassi dello spirito che ispira le vostre attività. E' uno spirito di amore e di fedeltà per la Chiesa cattolica: fedeltà a quello che essa crede e insegna, al messaggio di amore, libertà e dignità umana che essa cerca di offrire al mondo moderno. Proprio per questo amore e fedeltà sopra ogni cosa desidero lodarvi e ringraziarvi oggi. La più grande gioia e consolazione che date al cuore del Papa sono i risultati del vostro impegno per proteggere la famiglia cristiana e il diritto alla vita dal concepimento alla morte, per promuovere l'evangelizzazione, l'educazione cattolica, la vita parrocchiale e le vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa. I vostri sforzi testimoniano la vostra solida fede e fiducia in Dio e la vostra saggia comprensione della fatica umana che si richiede per "combattere la buona battaglia", come dice san Paolo, "con fede e buona coscienza" (1Tm 1,18-19).

Ho fiducia che Dio continuerà a benedire tutto quello che fate e a renderlo fecondo nella vita della Chiesa e della società. Maria, Madre della Chiesa, interceda per voi, così che tutti i Cavalieri di Colombo e le vostre famiglie sperimentino la gioia e la pace che viene dalla vita cristiana. Con affezione nel Signore Gesù Cristo vi imparto di cuore la mia apostolica benedizione.


Data: 1988-10-17 Data estesa: Lunedi 17 Ottobre 1988




All'Ambasciatore del Belgio - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La Chiesa deve offrire illuminazioni fondamentali sull'uomo, sulla società, sul senso della storia

Testo:

Signor Ambasciatore.

E' per me una gioia particolare riceverla per la prima volta nella nobile missione a lei affidata recentemente presso la Santa Sede da sua maestà Baldovino I. Saro grato a vostra eccellenza se vorrà esprimere a sua maestà la mia soddisfazione e la mia gratitudine per la designazione della sua persona e se vorrà presentare il mio saluto rispettoso alla regina Fabiola. Il loro comune attaccamento alla Sede di Pietro è molto profondo: ne sono stato a più riprese testimone commosso e felice.

Oggi, signor Ambasciatore, lei prende il suo posto tra le insigni personalità - e penso naturalmente al suo immediato predecessore, il barone Paternotte de la Vaillée - che costituiscono la stirpe degli ambasciatori del Belgio presso la Santa Sede. Voglia gradire le mie congratulazioni e gli auguri più cordiali. Attraverso la sua persona, accolgo sua maestà il re del Belgio e il suo governo, ma anche il buon popolo del Belgio apprezzato in diverse occasioni e più profondamente nel corso della mia visita pastorale nel maggio del 1985. I diversi incontri con i principali gruppi belgi hanno lasciato un ottimo ricordo nella mia mente e una grande speranza nelle risorse morali e spirituali della sua nazione. La ringrazio di averne parlato nel suo gentile indirizzo di saluto.

Il Belgio di oggi, indipendente dal 1830, è un popolo giovane nell'ampio concerto di una Europa alla ricerca di unità, di un nuovo spirito vitale. Le antiche origini etnografiche del suo Paese, il suo notevole sviluppo socioeconomico nel medioevo, nel rinascimento, nei nostri tempi, il suo patrimonio artistico di grande levatura e qualità, la sua cultura generale segnata da una precoce evangelizzazione, sono solide radici che danno oggi al Belgio una fisionomia originale e lo rendono capace di offrire molto all'Europa, al mondo e - aggiungo - alla Chiesa.

Questo nobile Paese vostra eccellenza avrà l'onore e la responsabilità di rappresentare qui, affinché i legami saldamente stabiliti tra il suo governo e la Sede apostolica continuino per il maggior bene delle parti contraenti. Nel rispetto totale delle competenze, queste relazioni continue e cordiali hanno contribuito al dinamismo del Belgio nel suo attaccamento concreto ai valori di una civiltà ispirata al cristianesimo. Lei l'ha sottolineato nell'indirizzo di saluto.

Sono anche convinto che questi rapporti diplomatici hanno favorito la meravigliosa epopea missionaria della Chiesa nel Belgio per tutto il mondo. Questa vitalità del popolo belga ha fatto dire che il mondo era dappertutto nel Belgio e che il Belgio era dappertutto nel mondo.

Signor Ambasciatore, l'alta missione iniziata in questo giorno sarà certamente diversa dalle funzioni diplomatiche da lei finora esercitate. Lei è accreditato presso la Sede apostolica di Roma, intorno alla quale si articolano tutte le diocesi cattoliche del mondo. Lei sarà testimone diretto dell'attività di una Chiesa che ha ricevuto la missione di essere "la luce del mondo e il sale della terra", pur facendo parte della comunità umana, come sottolineava il mio predecessore Giovanni XXIII, in particolare nelle encicliche "Mater et Magistra" e "Pacem in Terris". Per questo la Chiesa - senza in nulla sostituirsi ai governi responsabili - deve offrire illuminazioni fondamentali sull'uomo, sulla società, sul senso della storia. Lungi dal vivere in un ghetto, ella vuole contribuire alla crescente umanizzazione della famiglia umana. Questa è la concezione espressa nella costituzione del Concilio Vaticano II sulla Chiesa nel mondo contemporaneo.

In questo documento conciliare è sviluppata una antropologia cristiana che mira ad educare i cristiani - e più ampiamente gli uomini e le donne di buona volontà - a diventare fratelli. Senza monopolizzare la conduzione del mondo, la Chiesa, con i mezzi di cui dispone, si sforza di promuovere senza tregua le basi di una umanità degna di questo nome e conforme al disegno di Dio. Essa esalta i valori umani come il rispetto della vita, la dignità di ciascuna persona e di ciascun popolo, il dialogo per regolare i conflitti o le tensioni, l'equa divisione dei beni, l'opzione per i poveri, la libertà religiosa indispensabile per la pace sociale.

Nel momento di cominciare la sua missione, sono lieto, signor Ambasciatore, di sentirla dichiarare di volersi impegnare profondamente nelle buone relazioni tra il Belgio e la Santa Sede. Sappia che qui lei troverà sempre l'accoglienza, le informazioni, l'appoggio che ha il diritto di sperare. In risposta agli amabili auguri da lei formulati per il decimo anniversario della mia elezione alla Sede di Pietro, ripeto i miei più fervidi auspici per il fecondo compimento della sua missione. I miei voti si estendono a tutto il suo soggiorno romano. Le procuri grande gioia sul piano della vita ecclesiale, della cultura, delle relazioni umane! Invoco sulla sua persona, i suoi collaboratori all'ambasciata del Belgio, la sua famiglia e il suo caro Paese, le più copiose benedizioni del Signore.


Data: 1988-10-17 Data estesa: Lunedi 17 Ottobre 1988




All'Associazione "Pro Petri Sede" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Udienza alla "Pro Petri Sede"

Testo:

Signor presidente, signore e signori.

La vostra visita è per me davvero una grande gioia. So che compite questo passo a nome dei duemilacinquecento aderenti all'Associazione "Pro Petri Sedem" sparsi per tutto il Belgio, il Lussemburgo e i Paesi Bassi. E soprattutto vedo l'attaccamento chiaro e indefettibile di tutti quanti nei confronti del successore di Pietro e del suo ministero particolare. Insieme con molti altri cattolici, voi comprendete che l'evangelizzazione del mondo contemporaneo richiede, da parte della Sede apostolica, una più intensa animazione e coordinamento. Questo avviene attraverso le note congregazioni romane e gli altri organismi creati a partire dal Concilio Vaticano II. Tutte queste realtà di servizio dottrinale, pastorale, caritativo, riorganizzate di recente con la costituzione "Pastor Bonus" nel mese di giugno, hanno assolutamente bisogno di essere sostenute materialmente dal Popolo di Dio. Questo la "Pro Petri Sede" ha il merito e la gioia di fare da più di cent'anni. Ho preso conoscenza con interesse dei vostri statuti, rinnovati nel 1984 e approvati dai tre episcopati del Benelux.

Quanta strada avete fatto a partire dalla prima "Lega dei vecchi Zuavi" fondata a Courtrai nel 1871! E quale impeto ininterrotto di generosità.

Rendo grazie di cuore al Signore per la vostra presenza fedele intorno al successore di Pietro e anche per la magnifica offerta a lui appena consegnata, frutto della colletta del 1987-88. E in questo rendimento di grazie, non posso dimenticare i responsabili e i membri iniziatori o continuatori della vostra opera di solidarietà ecclesiale.

In occasione di questo lieto incontro, desidero ripetere il mio più vivo incoraggiamento, che voi avete la capacità di rendere efficace. L'Associazione "Pro Petri Sede" va bene e continuerà ad andare bene, perché il suo presidente con i collaboratori e monsignor cappellano generale perseguono una pedagogia dell'informazione obiettiva e adattata ai bisogni della Sede apostolica, presso i membri acquisiti all'Associazione o suscettibili di aderirvi. Oggi i fedeli sono generosi nella misura in cui sanno a che cosa le loro offerte vengono destinate. A voi è possibile, grazie alle buone relazioni con i Vescovi del Benelux o con la Curia romana, ricevere le informazioni essenziali che vi permetteranno di far meglio sentire ai cristiani dei vostri Paesi l'importanza degli organismi che aiutano quotidianamente il Papa nella sua missione: organismi che esistono, e vogliono esistere sempre meglio, per la comunione e la vitalità delle Chiese particolari.

Ancora una volta, grazie di cuore per la vostra attiva partecipazione alla vita della Chiesa di Cristo, e fate sapere a tutti i membri dell'Associazione come sono commosso e riconoscente per il loro esemplare attaccamento alla Chiesa.

Che il Signore li ricompensi cento volte! Nel suo nome benedico la grande famiglia della "Pro Petri Sede".


Data: 1988-10-18 Data estesa: Martedi 18 Ottobre 1988









Ai Vescovi dell'Honduras in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La missione del sacerdote non è di ordine politico o economico: è testimonianza di fede e guida sicura degli uomini verso Dio

Testo:

Cari fratelli nell'episcopato.


1. "Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano inieme!" (Ps 133[132],1). Con queste parole del salmista desidero dare oggi il mio più cordiale benvenuto ai Vescovi della Chiesa di Dio in Honduras. In questo incontro collettivo della visita "ad limina" desiderate esprimere la vostra comunione con il successore di Pietro, ed allo stesso tempo trasmettere gli aneliti e le speranze di tutto il vostro popolo di fedeli.

Nel mio ricordo sono presenti non solo il vostro impegno pastorale, ma anche le vostre persone e le vostre intenzioni; le difficoltà e le sofferenze tante volte non conosciute dagli altri, che dovete affrontare; i momenti di solitudine o la sensazione di impotenza che, svolgendo il vostro difficile compito, possono forse affiorare nel vostro animo. Sappiate che sono veramente unito a voi, che vi accompagno con affetto fraterno e che questa sollecitudine si traduce in un frequente ricordo nella preghiera, durante la quale presento al Signore le necessità di tutti i membri delle vostre diocesi.

Secondo questo spirito di amore ecclesiale desidero ora condividere con voi alcune riflessioni su alcuni punti che considero opportuni per il bene della Chiesa che cammina verso il Padre nelle ricordate terre honduregne.


2. Grazie ai colloqui con ciascuno di voi ho potuto percepire la realtà ecclesiale e umana in cui svolgete la vostra missione di pastori. Al riguardo, mi rallegra constatare che nonostante gli ancora scarsi mezzi, per quanto riguarda il personale ed i beni materiali, si sta approfondendo l' azione evangelizzatrice, sempre più concorde con gli orientamenti del Concilio Vaticano II e con le Conferenze di Medellin e Puebla.

Nel vostro ministero pastorale vi sforzate di conservare e testimoniare la fedeltà a Cristo, cosa che influisce non poco nella promozione umana del popolo, poiché porta in sé una forza incomparabile per lo sviluppo integrale della persona umana, che favorisce la costruzione di una società animata dalla fraternità. perciò rendo grazie a Dio comprovando che risplende in voi l'amore di Cristo, con senso di responsabilità personale e di corresponsabilità apostolica al servizlo del gregge di cui il Signore vi ha fatto somme guide, maestri e pastori (cfr. CD 12 CD 15-16).

Sono vari e complessi i campi che esigono senza soste la vostra attenzione e la vostra dedizione ministeriale: l'evangelizzazione del mondo della cultura; la presenza della Chiesa nel mondo delle disuguaglianze sociali che bisogna superare, alla ricerca di una società più giusta e fraterna; la presenza sempre più forte delle sette che confondono il popolo semplice e indifeso; le difficoltà particolari della pastorale urbana e rurale; l'adeguato adattamento della catechesi che non autorizza a ridurre la dottrina, né a fare sparire le verità della fede; l'impegno dei laici nella vita della Chiesa e la loro partecipazione alla vita pubblica.


3. Di fronte alla varietà dei temi enunciati, ma tenendo comunque in conto lo scarso n mero di sacerdoti in Honduras, vorrei soffermarmi sulla funzione di formatore dei propri sacerdoti, che è propria di tutti i Vescovi diocesani; dapprima la formazione nel seminario e poi la formazione permanente durante la vita ministeriale.

Il modo di mettere a fuoco la problematica in questo campo, non può differire da quello indicato dallo Spirito di verità e amore. Il sacerdote, "preso fra gli uomini viene costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati" (He 5,1). Pertanto, in cinque direzioni deve svilupparsi la formazione dei sacerdoti: la "selezione" che avviene attraverso la chiamata e la opportuna scelta dei candidati; il servizio per l'uomo nelle cose di Dio; il sacrificio e la riconciliazione. Sarebbe bello e utile affrontare ciascuno di questi punti seguendo gli orientamenti del Concilio Vaticano II; su questi ultimi si basa la definizione di sacerdote, la identità del "padre" come lo si chiama frequentemente fra di voi.

Pero prima di tutto è necessario prendere in considerazione questa formazione dallo stesso momento in cui affiora la vocazione al sacerdozio o alla vita consacrata. La vocazione è, e continua ad essere sempre, un dono di Dio che egli non nega a nessuna comunità; ma è come il buon seme che prospera, cresce ed arriva a fruttificare solo dove trova la "buona terra" (cfr. Mt 13,8).

La fioritura di nuove vocazioni risulterà fruttuosa solo nella misura in cui si procederà con saggezza alla formazione dei "chiamati". Tale formazione è qualcosa di più della mera acquisizione di conoscenze o della formazione accademica; deve essere una formazione integrale della persona, che va dalle doti o qualità umane che bisogna sviluppare o orientare per la missione della Chiesa, fino alla globalità della vita ascetico-spirituale di ciascuno, che serva come base alla dottrina nei vari rami delle scienze sacre giustamente integrate dalle scienze umane, e persino alla preparazione pastorale.

Condivido la vostra preoccupazione per la offerta di una preparazione solida ai futuri sacerdoti, e non posso non sottolineare l'importanza che ha il seminario per arrivare a tale obiettivo. La vita comunitaria in queste istituzioni, così come volle il Concilio Vaticano II, e ha confermato il Codice di Diritto Canonico, continua ad essere una necessità per la preparazione al sacerdozio. Il rinnovamento di cui i seminari possono necessitare per adattarsi ai nuovi tempi, esige da parte di chi lo realizza, tanto l'equilibrio, il buon senso, le dovute qualità, come soprattutto lo spirito evangelico e sacerdotale ben radicato e inserito nella missione della Chiesa.


4. Non si dubiti dunque, al momento di destinare e preparare adeguatamente per questo impegno, come formatori all'interno del seminario, i migliori membri del presbiterio o della famiglia religiosa, anche a costo di privarsi del loro valido aiuto in altri impegni pastorali. Questo lavoro è vitale per il futuro delle comunità. Umanamente parlando è un buon "investimento" che darà i suoi frutti a corto e lungo raggio. La configurazione delle comunità cristiane, siano queste parrocchiali o di altro tipo, come anche quella della stessa comunità diocesana, dipende in grande misura dalla persona e dalle capacità - "strumenti" sempre di Dio, si capisce - dei pastori che le guidano e servono.


5. Conosco bene l'amore in Cristo che avete nei confronti dei sacerdoti del vostro presbiterio, e questo si manifesta anche nella preoccupazione che conducano una vita umanamente degna e socialmente decorosa, anche nell'aspetto materiale.

Desidero incoraggiarvi a continuare secondo questa dedizione preferenziale affinché i vostri diretti collaboratori stiano bene e vivano con letizia e pienezza la loro identità sacerdotale con fedeltà a Dio ed agli uomini, presenti nel mondo senza essere del mondo, come autentici "ambasciatori per Cristo" (cfr. 2Co 5,20).

La formazione che i sacerdoti ricevono nel seminario, alla luce dei decreti conciliari "Optatam Totius" e "Presbyterorum Ordinis", consta di un insieme di virtù, di qualità morali, ascetico-spirituali e pastorali. Tale formazione o dote deve essere rinnovata ed arricchita costantemente affinché non diminuisca nei sacerdoti stessi il "profumo di Cristo" (cfr. 2Co 2,15). Con il fine di difendere il tesoro contenuto nei "vasi di creta" (cfr. 2Co 4,7), costituito da coloro che formano il vostro presbiterio, è di estrema importanza che essi vedano nel loro Vescovo un amico a cui affidare la propria vita, un fratello nel sacerdozio ed un padre nella fede. Senza nulla togliere alla autorità che vi è stata conferita, in ciò dovrà basarsi la disponibilità dei sacerdoti al dialogo che si può intraprendere se è unito all'umanità e alla povertà di spirito, alla collaborazione che esige stima reciproca ed alla obbedienza che presuppone in entrambe le parti una fede viva ed una carità soprannaturale.

Tutto questo faciliterà molto la testimonianza, che apporterà efficacia alla missione: "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avrete amore gli uni per gli altri" (Jn 13,35). Un amore capace di creare unità: "Perché tutti siano una sola cosa... ed il mondo creda" in colui che il Padre invio (cfr. Jn 17,21), il quale a sua volta ha inviato noi.


6. La complessità della realtà in cui viviamo, per poter essere interpretata con i mezzi della salvezza, esige insieme alla testimonianza, l'attuazione di comportamenti e metodi nelle attività pastorali. I campi che devono essere impregnati di spirito evangelico sono molti e vari. Tuttavia il messaggio è unico, semplice, sempre identico e destinato a tutti gli uomini. E' necessario adattarlo in modo equilibrato e saggio alle persone a cui è diretto, sapendo mettere in pratica la norma dell'Apostolo: "Mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno" (1Co 9,22). Dice a questo proposito il Concilio Vaticano II: "Tutti i presbiteri hanno la missione di contribuire a una medesima opera... anche se si occupano di mansioni differenti" (cfr. PO 7-8). Questa opera è fondamentalmente l'attuazione del disegno di Dio "che vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità" (1Tm 2,4). così la missione del sacerdote, all'interno della missione propria della Chiesa, non è di ordine politico, economico e sociale (cfr. GS 42).

Il sacerdote - uomo di Chiesa "scelto" fra gli uomini per servirli come dispensatore dei misteri di Dio - deve essere testimone di fede e guida sicura che accompagna gli uomini verso Dio.

perciò una delle funzioni più importanti del Vescovo diocesano consiste appunto nell'essere un formatore permanente dei suoi sacerdoti, uno stimolo per la loro fede, impulso e orientatore per il loro impegno e il loro lavoro pastorale.

Mentre presiede il suo presbiterio, il Vescovo dovrà dimostrarsi illuminato e fermo nel mantenimento della sana dottrina e nell'osservanza delle norme giuridiche, liturgiche e pastorali; allo stesso tempo sempre comprensivo e misericordioso con i suoi sacerdoti, come un buon padre di famiglia, della famiglia sacerdotale.


7. Già a partire da queste considerazioni si inquadra con migliore prospettiva il vasto campo che voi, con i vostri sacerdoti e gli altri protagonisti della pastorale, dovete costantemente affrontare.

In relazione diretta con il tema delle vocazioni c'è la famiglia, cellula basilare della società. Conosco bene le complesse circostanze che nel vostro Paese minacciano tale istituzione primordiale. Fra i fattori che incidono negativamente su di essa, citiamo l'elevato numero di coppie che convivono senza aver ricevuto il sacramento del Matrimonio; la notevole percentuale di bambini nati fuori dal matrimonio stesso, con la conseguente pregiudiziale per la loro educazione e crescita integrale come uomini; a ciò aggiungiamo i casi delle madri nubili, che da sole devono affrontare il peso e la responsabilità della loro maternità (cfr. MD 14).

Da altri ambienti, i valori della famiglia sono attaccati con la diffusione di campagne di controllo delle nascite, a volte quasi imposte come metodo per sanare focolai di povertà, quando in realtà non fanno altro che attaccare il diritto degli sposi di procreare e di decidere il numero dei figli.

Di fronte a questi fatti è senza dubbio urgente che voi, Vescovi dell'Honduras, proponiate, fedelmente al Magistero universale della Chiesa, una chiara dottrina sui valori e i diritti della famiglia. So che già state lavorando in questa direzione, e vi incoraggio in questo ineludibile e improrogabile compito. Senza entrare in conflitto con gli enti pubblici, è necessario esporre con decisione la dottrina cattolica attraverso una catechesi capillare a tutti i livelli.

Con questo obiettivo sarà opportuno istruire previamente i delegati della Parola, così come gli altri operatori della pastorale, affinché nelle loro rispettive comunità diffondano tali insegnamenti. Prima di tutto, sarà necessario aiutare i padri e le madri di famiglia affinché abbiano una coscienza giustamente formata, che rispetti la legge divina. Ciò sarà possibile nella misura in cui si miglioreranno le condizioni pedagogiche e sociali, e si darà una formazione religiosa insieme ad una educazione morale integra (cfr. GS 87).

Solamente nell'ambito delle famiglie formate cristianamente, in cui si rispetta la legge divina e si offre una educazione religiosa ai figli, si potrà creare l'ambiente propizio, la "terra fertile" di cui parla il Vangelo, perché uno dei suoi membri riceva il dono della vocazione, questo dono di Dio che è sempre una benedizione per il "prescelto" e per tutti gli altri.


8. Non dimentico che fra i motivi di preoccupazione per voi, c'è la sorte di tanti rifugiati, a cui fate in modo che non manchi l'assistenza religiosa ed il calore umano, strappati come sono al proprio ambiente naturale, molte volte indipendentemente dalla loro volontà e dalle loro idee politiche. Di fronte a questo problema umanitario, in cui la Chiesa deve sempre essere a favore del più povero e bisognoso, è necessario lavorare perché si attui nell'ambito degli enti pubblici la difesa ed il rispetto dei diritti umani contemplati negli accordi internazionali.


9. Amati fratelli: che queste considerazioni, che sgorgano dal profondo del mio cuore, nella sollecitudine per tutta la Chiesa (cfr. 2Co 11,28), vi servano di incoraggiamento costante per il vostro ministero pastorale perché la società honduregna sia sempre più pacificata, più cristiana e perciò più umana e fraterna, e regnino così in essa l'amore e la pace.

Che nostra Signora di Suyapa, patrona dell'Honduras, aiuti sempre voi, i vostri sacerdoti e i vostri collaboratori, a costruire incessantemente il Regno di Dio. In questo importante incarico vi accompagno sempre con le mie preghiere e la mia benedizione apostolica.


Data: 1988-10-20 Data estesa: Giovedi 20 Ottobre 1988





GPII 1988 Insegnamenti - Ai partecipanti alla veglia della diocesi di Roma - Camminiamo nella luce di Cristo