GPII 1988 Insegnamenti - All'Ambasciatore di Danimarca - Città del Vaticano (Roma)

All'Ambasciatore di Danimarca - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Le nazioni devono costruire una civiltà fraterna rispettando la libertà e condividendo le risorse

Testo:

Signor Ambasciatore.

E' davvero una grande gioia riceverla come rappresentante permanente e plenipotenziario della regina Margrethe II presso la Santa Sede. Vostra eccellenza voglia esprimere a sua maestà la mia rispettosa gratitudine per gli auspici formulati a mio riguardo, e la mia viva soddisfazione per la scelta della sua persona per la nobile missione di cui questa cerimonia segna l'inizio.

Nel momento in cui lei inaugura la sua alta missione presso la Santa Sede, sono lieto di vedere, sccellenza, che lei l'inizia nello spirito che dovrebbe animare ogni azione diplomatica.

Le relazioni tra i governi e la Sede apostolica sono tanto più fruttuose quando si basano sulla comune concezione del rispetto integrale di ciascuna persona umana e di ciascun popolo. I fatti troppo spesso hanno dimostrato a quali tragiche conseguenze conduce la dimenticanza o il disprezzo di questo sacro principio. Sono certo, signor Ambasciatore, che, in accordo perfetto con i responsabili della sua nazione, lei opererà - con i mezzi propri della diplomazia - per un ulteriore progresso degli ideali che fanno il valore di ogni civiltà e la vera felicità dell'umanità. Ogni Paese che si impegna per educare i suoi abitanti, ad ogni tappa della loro vita, ai valori morali come il rispetto, la tolleranza, lo spirito di condivisione, la fedeltà agli impegni presi, è un Paese realmente in crescita. Proprio questo capitale morale, più della potenza economica, è per la nazione una ricchezza degna di essere trasmessa alle generazioni future, su cui si fonda la sua influenza al di là delle sue frontiere.

Come potrei non essere sensibile alle parole di sua eccellenza sull'azione perseverante della Santa Sede nel campo del rispetto dei diritti dell'uomo, dell'instaurazione di una giustizia più vera, e della solidarietà con i popoli più diseredati? So che le sue intenzioni, signor Ambasciatore, rispecchiano le convinzioni che ispirano il suo governo e il popolo danese.

La Santa Sede segue con il più grande interesse gli sforzi compiuti da diverse nazioni per far progredire, nonostante gli ostacoli, una civiltà realmente fraterna, nel rispetto effettivo della libertà bene intesa e con una migliore condivisione delle risorse. Sono felice, attraverso la sua persona, di felicitarmi con l'intera Danimarca, che fa parte dei Paesi che devolvono la più alta percentuale del loro reddito nazionale all'aiuto ai Paesi in via di sviluppo.

Ho avuto l'occasione, nel corso della mia recente visita alle istituzioni europee a Strasburgo, di sottolineare che le radici cristiane delle nazioni del vecchio continente costituiscono una fonte essenziale per la concezione dell'uomo, per lo sviluppo della cultura e l'orientamento delle attività pubbliche. La Danimarca ha un' antica tradizione cristiana e il suo contributo bene si inserisce nello sforzo dell'Europa per recuperare la propria identità e per dare il meglio di sé nelle relazioni con tutte le nazioni.

Il mio pensiero di oggi va in particolare alla comunità cattolica in Danimarca; poco numerosa, essa mi è tuttavia molto cara. Ed è motivo di soddisfazione saperla in buoni rapporti con i suoi compatrioti.

Nei prossimi giorni, un avvenimento attirerà l'attenzione di tutti sullo splendore cristiano della sua nazione: la beatificazione di Niels Stensen, dotto uomo di Chiesa danese che sarà onorato come esempio significativo per tutta la Chiesa. Lei stesso ha sottolineato l'importanza di questa azione del successore di Pietro, e me ne rallegro.

Nel suo discorso, ho notato anche un accenno al movimento ecumenico. I suoi compatrioti vi sono molto legati, come pure la Santa Sede lo favorisce, da parte sua. Auspico che il dialogo tra i cristiani delle differenti confessioni continui a svilupparsi, nel suo Paese e dappertutto, nella chiara ricerca della verità, nella reciproca stima, nelle diverse forme di cooperazione oggi possibili sul cammino verso l'unità.

Signor Ambasciatore, lei ha cortesemente detto che la Danimarca attende con speranza la mia visita del prossimo anno. Sono lieto di aver presto l'occasione di un contatto diretto con i cattolici di Danimarca, con tutto il popolo danese e con i suoi responsabili; desidero ringraziarli, per suo tramite, di aver favorito il progetto di questo viaggio.

All'inizio della sua missione presso la Sede apostolica, le auguro, eccellenza, di trovarvi le soddisfazioni sperate. Le assicuro la disponibilità dei miei collaboratori nel riceverla e nel facilitare il suo lavoro.

Le sarei obbligato di trasmettere alla regina Margrethe II i deferenti ossequi e auguri a lei, la sua famiglia e tutto il popolo danese. Affido questi voti al Signore e lo prego di benedire la Danimarca.


Data: 1988-10-20 Data estesa: Giovedi 20 Ottobre 1988




Ai Vescovi del Salvador in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il popolo del Salvador ha diritto ad una pace stabile e duratura

Testo:

Amatissimi fratelli Vescovi del Salvador.


1. Con sincero affetto fraterno e gioia nel Signore, vi ricevo in questo incontro collettivo, in seguito ai colloqui personali avuti con ciascuno di voi, a proposito della situazione di ciascuna delle vostre circoscrizioni ecclesiastiche.

So che questa visita collegiale a Roma ha rappresentato per voi non pochi sacrifici, che sono stati comumque superati dal vostro vivo desiderio di rafforzare la vostra comunione con il successore di Pietro e, nello stesso tempo, di farlo partecipe dei vostri aneliti, propositi e speranze.

La visita "ad limina apostolorum", come è stato sottolineato ancora una volta nella costituzione apostolica "Pastor Bonus" non è un incontro sporadico con il Vescovo di Roma, bensi un punto fermo di quella profonda realtà permanente che ci unisce nel vincolo interiore della preghiera, dell'unità nella fede e nell'amore operante.


2. Grazie alle conversazioni avute con voi ed alle relazioni che avete peresentato, ho potuto comprovare che la Chiesa nel vostro Paese si sforza coraggiosamente di compiere il mandato di Cristo di annunciare il suo messaggio di salvezza e riconciliazione a tutte le genti, facendole rinascere in una comunità di vita nuova che rende tutti fratelli e figli dello stesso Padre Dio. In tale compito il Vescovo ha senza dubbio un ruolo centrale come educatore nella fede.

Sapete bene che Cristo vi ha scelti e inviati affinché annunciate all'uomo di oggi il suo messaggio e la sua verità salvifica, con tutta la vostra vita. Dovete perciò conoscere e comprendere quest'uomo nella sua realtà a volte drammatica; dovete cogliere la realtà profonda dell'amare e dell'essere amato che racchiude in sé; dovete valorizzare il suo desiderio di giustizia e di pace.

E poiché solo Cristo conosce il cuore dell'uomo e solamente dalla sua Parola emana la verità dell'amore, quanto profondo dovrà essere il vostro amore per il Signore, e quanto attento e assiduo dovrà essere l'ascolto orante della sua Parola! La vostra missione primaria è quella di essere "araldi della fede" e "dottori autentici" (LG 25) che trasmettono con audacia la fede in Cristo, affinché tutti possano scoprire in ogni evento il disegno di Dio (cfr. AA 4). Tale predicazione della Parola deve rappresentare una testimonianza del vostro incontro personale con Cristo e della vostra fedeltà senza ombre. I pastori non predicano una "saggezza umana", e neppure una semplice erudizione, bensi la Parola di Dio che loro stessi hanno assimilato nella contemplazione (cfr. 1Co 2,6-10).

Il Concilio Vaticano II riafferma che Cristo "è presente nella sua Parola, giacché è lui che parla quando nella Chiesa si legge la Sacra Scrittura" (SC 7). perciò è necessario che i pastori si preoccupino di presentare sempre e con fedeltà, la Parola di Dio, attinta con cura alle "fonti della Sacra Scrittura e della liturgia" (SC 35).

Fate partecipi anche i vostri presbiteri dell'esperienza del vostro cammino spirituale, affinché questi siano allo stesso modo predicatori della Parola di Dio conformemente alla sana dottrina della Chiesa, e possano aiutare allo stesso tempo i loro fedeli a comprendere le grandi verità della nostra fede, trasmettendole con autentico senso ecclesiale. Tutto ciò, senza dubbio, porterà ad una progressiva scoperta della missione di riconciliazione e di solidarietà che devono avere le comunità ecclesiali. Con san Paolo dobbiamo essere persuasi che la predicazione del Vangelo è "potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede" (Rm 1,16); questa è dunque "capace di salvare le vostre anime" (Jc 1,21), poiché "opera in voi che credete" (1Th 2,13).


3. Il Papa vi ringrazia vivamente, cari fratelli, per l'abnegazione con cui vi donate alle vostre comunità e per la vostra vicinanza e sollecitudine per coloro che soffrono. Osservando la relatà del Salvador, continua ad essere motivo di preoccupazione e pena per il mio cuore di pastore, il panorama di incertezza e di dolore che coinvolge una ampia parte degli abitanti del vostro Paese, dove la violenza non cessa mai di lasciare le sue continue tracce di distruzione e di morte. Effettivamente i lunghi anni di lotta tra fratelli, continuano a coprire di lutti un gran numenro di case salvadoregne, che invocano la pace e che anelano ardentemente ad una patria riconciliata e giusta. perciò desidero in questa occasione rivolgere un appello affinché tutti, leaders politici e sindacali, imprenditori e lavoratori, uomini di cultura e di scienza, padri e madri di famiglia, si impegnino in una rinnovata offensiva morale, perché, con spirito solidale, si possa raggiungere la pace tanto desiderata, stabile e duratura, alla quale il popolo del Salvador aspira ed a cui ha diritto.

Sapete bene come questa Sede apostolica apprezza e nutre speranza per tutte quelle iniziative volte a superare le divisioni e ad ottenere la riconciliazione fra le parti che si fronteggiano. A tale proposito sono encomiabili gli sforzi realizzati dai pastori del Salvador, miranti ad avvicinare le posizioni contrarie, e a creare un clima di comprensione e di tolleranza che possa permettere il dialogo fra le parti in conflitto. In nome del Vangelo ed insieme agli altri episcopati dell'America Centrale, avete fatto sentire ripetutamente la vostra voce, affinché cessi il linguaggio delle armi che insanguinano la vostra terra; nell'ultima riunione del SEDAC (Segretariato episcopale dell'America Centrale e Panama) avete rivolto un appello in cui, fra le altre richieste, chiedevate "a tutte le nazioni coinvolte... di non inviare più armi agli stati centro-americani".


4. Ancora durante la tensione e la lotta, siate sempre "i segni e gli strumenti di comunione" che il Concilio Vaticano II riconosce in voi (LG 4). Non sempre purtroppo si riuscirà ad abbattere i muri che separano gli uomini, ma in virtù del "ministero della riconciliazione che vi è stato affidato" (2Co 5,18) cercate sempre di fare si che la vostra parola sia una profezia della forza del mistero di Cristo ed una incarnazione storica di questo amore che è stato fonte di innumerevoli iniziative e di creatività feconda.

Cristo è anche il centro dal quale attingerete la luce e la forza per essere costruttori della pace. Promuovete una pastorale, inoltre, non solo di riconciliazione come eliminazione degli scontri, ma ancora di più di promozione e di sviluppo del bene comune, convinti che la dialettica della inimicizia può essere vinta dalla civiltà dell'amore (cfr. GS 73).

Anche in questo mirate a Cristo! San Paolo ci dice che Cristo "è la nostra pace: colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l'inimicizia... egli è venuto ad annunziare pace a voi che eravate lontani, e pace a coloro che erano vicini" (Ep 2,14-17).

Il "vangelo della pace" di Cristo, possiede, effettivamente, una forte energia di trasformazione, di comunione. La Chiesa proclama la sua convinzione che il nucleo del Vangelo è l'amore fraterno che sgorga dall'amore di Dio. Proclama inoltre che nessuna violenza può essere accettata come soluzione alla violenza, e che la via per la soluzione di ogni divergenza deve passare attraverso la conversione dei cuori.


5. In questo urgente impegno di pacificazione, di perdono e di riconciliazione tra fratelli non siete soli. Contate in primo luogo sulla collaborazione dei vostri presbiteri. Essi, come ci dice il Concilio sono "saggi collaboratori" del Vescovo (cfr. LG 28) servitori dell'annuncio della verità salvifica, maestri e guide responsabili di santità, coordinatori della comunione. Una solida formazione dei presbiteri è il dono più prezioso che possiate fare alle vostre comunità cristiane, che hanno bisogno di trovare in loro "l'immagine di un ministero veramente sacerdotale e pastorale... e la testimonianza della verità e della vita" (LG 28). Al sacerdote viene richiesta un'adeguata formazione dottrinale, spirituale e pastorale. Una formazione dottrinale che dovrà sempre riflettere l'integro messaggio di Cristo, rispondendo alle esigenze del nostro tempo. Ciò sarà possibile se il sacerdote ha una chiara amicizia personale con il Signore e la alimenta con una intensa vita di preghiera, di ascolto della Parola di Dio, di contemplazione; se ha una profonda "ascesi" vissuta come impegno evangelico che contrasta con l'attuale società permissiva. La dimensione contemplativa è inseparabile dalla missione, perché la missione, secondo la nota definizione di san Tommaso, è "contemplata aliis tradere" (S. Thomae II-II 188,1 II-II 188,7).


6. Intimamente in relazione con la vita dei presbiteri, è il problema delle vocazioni sacerdotali e religiose, che mi risulta essere già oggetto di attenzione prioritaria per voi, a causa della trascendenza che riveste per il presente ed il futuro della Chiesa nel vostro Paese.

Effettivamente il seminario è di tale importanza per la vita ecclesiale che con ragione il Vaticano II lo chiama il "cuore della diocesi" (OT 5). In questo deve essere impartita la sana dottrina, e vitando arbitrarie riletture, riduzionismi mutilatori, ambiguità ingannevoli che seminano confusione e minacciano la integrità e la purezza della fede. Come indicano ripetutamente le istruzioni emanate dalla Sede apostolica, il seminario deve essere centro di preparazione integrale della persona, con una solida base spirituale, morale ed intellettuale, con una adeguata disciplina e spirito di sacrificio. Solo così si potrà rispondere alle necessità dei fedeli, che sperano che i loro sacerdoti siano, prima di tutto, maestri nella fede e testimoni dell'amore per il prossimo, Faccio voti affinché il cinquantesimo anniversario del seminario maggiore Centrale "san Josè de la Montana" che state celebrando, costituisca un'occasione di grazia per una pastorala vocazionale più incisiva, e faccia si che quanti compongono la grande famiglia di questo centro, trovino nell'imitazione di Cristo, sommo ed eterno sacerdote, l'ideale della propria attenzione.

Una conseguente pastorale vocazionale deve necessariamente prestare una speciale attenzione alla famiglia, piccola "Chiesa domestica", in cui il seme del Vangelo deve farsi fecondo. Sforzatevi pertanto di proclamare e difendere l'unità e l'indissolubilità del matrimonio. "Pensate alle campagne favorevoli al divorzio, all'uso di pratiche anticoncezionali, all'aborto che distrugge la società" ("Allocutio ad Episcopos aperiens III coetum generalem Episcoporum Americae Latinae, in urbe Puebla", IV a, die 28 ian. 1979: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II [1979] 209).

Un problema particolare che richiede la vostra sollecitudine di pastori, è senza dubbio quello dei figli nati fuori dal matrimonio. Siate coscienti che le grandi sfide alla famiglia nel momento attuale sono, nello stesso tempo, le grandi sfide alla pastorale e devono essere considerate come impegno prioritario affinché il focolare domestico sia realmente "lo spazio in cui il Vangelo è trasmesso e da cui si irradia" (EN 71).


7. Continuando a proposito della famiglia come ambiente per l'educazione alla fede, desidero fare speciale riferimento alla scuola e agli altri centri di educazione che svolgono un così importante ruolo nella formazione della personalità dei bambini e dei giovani. Conosco le particolari difficoltà che vi si presentano in questo campo, ma dovete sempre evitare la pericolosa dicotomia fra la fede vissuta e l'educazione a quella stessa fede. Per questo la presenza dei cattolici nella scuola, nei licei, nell'università, deve essere intelligente e coordinata perché possa essere efficace. Siete coscienti del grave ostacolo che può rappresentare per l'azione evangelica della Chiesa, un orientamento impartito in centri cattolici che pretendono di dissociarsi dalle indicazioni del Magistero o dalle linee tracciate dai legittimi pastori.

La gioventù, che costituisce una percentuale importante della popolazione salvadoregna, deve occupare un posto di rilievo nelle vostre cure pastorali. La Chiesa deve fare tutto ciò che può per offrire speranza e alternative a una gioventù che si sente minacciata dalla insicurezza del futuro, la disoccupazione, la droga, la delinquenza, la scelta della violenza. E' necessario stare vicini ai giovani e dare loro ideali alti e nobili perché sentano che Cristo può soddisfare le ansie dei cuori.


8. Concludendo, desidero incoraggiarvi ad un particolare impegno a favore di un laicato adulto ben formato. Laici cristiani che possano trovare sempre appoggio nei sacerdoti e nei religiosi, ma che possano agire liberamente e responsabilmente nella realtà temporale, nella vita sociale e politica. Sono loro che devono animare i movimenti apostolici poiché, come ci ricorda il Concilio Vaticano II, "l'apostolato dei laici... sgorga dall'essenza stessa della loro vocazione cristiana" (AA 2). Formate perciò un laicato aperto alla grazia divina e capace di trasformare le relazioni sociali e la società stessa secondo i disegni di Dio, che vuole che tutti noi viviamo come fratelli in pace e in armonia.

Esigenza specifica della loro vocazione deve essere un deciso impegno per la giustizia, per il rispetto dei diritti umani, per la moralità e l'onorabilità nella vita pubblica, denunciando tutto ciò che mette in pericolo il bene comune e la pacifica convivenza. Il cristiano non può restare impassibile quando tanti suoi fratelli si dibattono ancora nella povertà. perciò la pace, che è essenzialmente opera della giustizia, troverà il suo cammino di realizzazione in una più equa partecipazione di tutti ai beni della creazione e nella promozione di certe condizioni di vita - spirituale e materiale - che siano più degne dell'uomo, cittadino e figlio di Dio.


9. La religiosità del popolo salvadoregno, così come i numerosi valori che ho potuto apprezzare durante la mia visita di cinque anni fa, ha bisogno della vostra guida dottrinale per poter dare maggior solidità alle sue credenze cristiane, in tempi in cui l'aggressivo proselitismo delle sette di impronta fondamentalista, mette in pericolo la coerenza e l'unità del messaggio evangelico.

So già, cari fratelli, che il vostro compito di pastori è arduo e esigente, ma contate sull'assistenza dello Spirito che guida la sua Chiesa e che le dà la forza e l'entusiasmo apostolico necessario per portare a termine un autentico rinnovamento ecclesiale.

Alla intercessione della santissima Vergine affido le vostre intenzioni e gli aneliti pastorali, mentre con affetto vi impartisco la mia benedizione apostolica, che estendo a quanti collaborano con voi al vostro ministero episcopale: sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli.


Data: 1988-10-21 Data estesa: Venerdi 21 Ottobre 1988




All'inaugurazione del nuovo anno accademico dei Pontifici Atenei Romani -Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il mondo attende lo Spirito di verità e ha bisogno della potenza dell'amore

Testo:


1. "Lo Spirito di verità ... vi guiderà alla verità tutta intera" (Jn 16,13).

"Lo Spirito di verità...".

All'inizio di questo nuovo anno di lavoro negli atenei di Roma, noi - raccolti in questa Basilica e uniti a tutti di altri atenei fuori Roma - ci rivolgiamo allo Spirito di verità.

Cristo parla di lui nel cenacolo, alla vigilia della passione e morte.

Parla come colui che ha ancora molte cose da dire (cfr. Jn 16,12), ma è consapevole che tutte le parole devono cedere all'unica parola definitiva, quella della croce e della risurrezione. Tale parola contiene tutto il resto - l'intero Vangelo del Regno di Dio - e dà inizio a ogni cosa.

E questo inizio lo dà proprio nello Spirito Santo.


2. "Quando... verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sè, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future" (Jn 16,16).

Già Cristo aveva detto ciò che aveva udito da Dio (cfr. Jn 8,40). Lo Spirito farà la stessa cosa. Contemporaneamente, pero, ciò che dirà lo Spirito - inviato in virtù del sacrificio della croce di Cristo come primo "frutto" della redenzione del mondo - verrà anche da Cristo: "Egli prenderà del mio e ve l'annunzierà" (Jn 16,14).

Ciò che è "pneumatologico" è profondamente "cristologico". E, insieme, è "trinitario".

Il discorso di Cristo nel cenacolo è una confessione e una rivelazione.

Egli dice agli apostoli, ai più vicini: Vi ho detto dello Spirito Santo che egli "prenderà del mio e ve l'annunzierà". E ancora: "Tutto quello che il Padre possiede è mio" (Jn 16,15).

perciò, la Parola di Dio, rivelata mediante il linguaggio umano di Cristo, ha il suo avvenire per la Chiesa nell'azione dello Spirito di verità.

Questa azione determina l'identità nel tempo del messaggio rivelato. E benché il tempo porti con sé una mutabilità nell'ambito di ciò che è umano e creato, l'azione dello Spirito di verità assicura l'identità di ciò che è divino: di ciò che è stato rivelato da Dio agli apostoli, alla Chiesa e, nella Chiesa e mediante la Chiesa, all'umanità.


3. Le parole del Vangelo di Giovanni hanno un significato fondamentale per gli apostoli, per Pietro.

Il giorno in cui ascoltavano queste parole, esse erano ancora un preannunzio. Dopo cinquanta giorni dovevano diventare una realtà: nello stesso cenacolo. Pietro fu il primo a sperimentare in se stesso la potenza dello Spirito di verità. Il primo che, grazie a questa potenza, parlo il giorno di Pentecoste.


4. Nella liturgia scelta per l'odierna inaugurazione dell'anno accademico parla soprattutto l'apostolo Giovanni, l'ultimo evangelista.

Le parole che rileggiamo oggi sono state scritte alla prima generazione cristiana. Al tempo stesso, pero, esse si riferiscono alle generazioni seguenti.

Si riferiscono anche a noi nell'anno del Signore 1988/89.

Il testo è dottrinalmente molto "denso" ed insieme "pastoralmente" chiaro.

"Scrivo a voi, figlioli... / Scrivo a voi padri... / Scrivo a voi, giovani" (1Jn 2,12-13).

Padri?... forse siete indicati voi, superiori, professori, educatori, ricercatori e insegnanti.

Giovani?... forse siete voi, studenti e studentesse, sacerdoti e seminaristi, suore e candidate, novizie, infine voi laici, attratti dagli studi teologici e dalla vita "secondo lo Spirito".


5. Di che cosa tratta l'apostolo? Tratta prima di tutto della conoscenza: della conoscenza di "colui che è fin dal principio" (1Jn 2,13-14), della conoscenza del Padre. E nello stesso tempo tratta della potenza che questa conoscenza reca con sé. Tratta della vittoria riportata sul maligno (cfr. 1Jn 2,14), della remissione dei peccati nel nome di Cristo.

"Giovani ... siete forti, e la Parola di Dio dimora in voi e avete vinto il maligno" (1Jn 2,14). A questo insegnamento sintetico riguardante l'antropologia e l'etica cristiane offrono uno sfondo perfetto le parole del salmo 8 circa l'uomo che Dio ha fatto poco meno degli esseri celesti (cfr. Ps 8,6): "Che cosa è l'uomo perché te ne ricordi, / il figlio dell'uomo perché te ne curi? .../ gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, / tutto hai posto sotto i suoi piedi" (Ps 8,5 Ps 8,7).

Non troviamo forse qui, in un abbozzo conciso, il programma di insegnamento per tutti gli atenei cattolici del mondo? Al centro di tutto ciò che dobbiamo continuamente approfondire - anche mediante le varie forme di conoscenza del mondo visibile, dell'universo - non rimane forse l'agostiniano: "noverim te, noverim me?" 6. Ecco il programma degli studi: "Siete forti, e la Parola di Dio dimora in voi".

Ed ecco ad un tempo il programma educativo, poiché si tratta della formazione dell'uomo integrale. La verità deve divenire potenza delle opere. La vittoria, proclamata dall'apostolo, è la vittoria mediante l'amore.

Egli scrive quindi: "Non amate né il mondo, né le cose del mondo! Se uno ama il mondo, l'amore del Padre non è in lui" (1Jn 2,15).

L'apostolo è qui radicale. Ma il suo radicalismo non è forse particolarmente attuale nell'epoca della secolarizzazione, quando il mondo vela Dio agli uomini, invece di svelarlo ed avvicinarlo ad essi? "Non amate...il mondo...tutto quello che è nel mondo, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, non viene dal Padre, ma dal mondo" (1Jn 2,1 1Jn 2,5-16).

Quindi: non amate secondo la misura della triplice concupiscenza, al fine di poter ritrovare quell'amore del mondo, del creato, dell'uomo, che proviene da Dio! Infatti "il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno!" (1Jn 2,17).


7. Questo il programma degli studi. Esso è pero anche il programma della vostra ascesi, cioè dell'educazione dell'uomo, che Dio ha creato a propria immagine e somiglianza.

Le parole del Vangelo e della lettera di Giovanni hanno una importanza fondamentale per gli apostoli, per i loro successori su tutta la terra, per il successore di Pietro a Roma.

Esse parlano della nostra responsabilità, che condividiamo con voi tutti: rettori, professori, educatori - e con voi, studenti.

E' la responsabilità per i fondamenti stessi e le fonti di guella potenza, che la Chiesa riceve dal Padre, dal Figlio e dallo Spirito Santo per mezzo di Cristo.

Il mondo ha bisogno di questa potenza. Il mondo attende lo Spirito di verità, che Cristo ha dato alla Chiesa.

Tra la molteplicità delle verità che l'uomo attinge dalla conoscenza del mondo - e sono queste verità parziali e non definitive - opera questo Spirito che guida "alla verità tutta intera".

"Veni, Sancte Spiritus!"


Data: 1988-10-21 Data estesa: Venerdi 21 Ottobre 1988




Al Seminario Romano Maggiore - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Per rimanere fedeli alla vocazione collaborate col Donatore che opera in voi

Testo:

Carissimi.

Stiamo terminando la nostra celebrazione eucaristica inaugurale.

Eucaristia vuol dire rendioento di grazia. così ci mettiamo subito dentro il cuore della Vergine che canta: "Grandi cose mi hai fatto, o Signore". Questo è il cantico di lode e di rendimento di grazia, questo è il suo "Magnificat". Stiamo terminando la nostra Eucaristia. Ringraziamo. Ringraziamo per molti motivi, per molti doni che abbiamo ricevuto: stiamo davanti al donatore, a colui che è sorgente suprema e inesauribile di tutti i doni. Mettiamoci davanti a lui insieme con la sua umile serva - ringraziando - per aprirci alla sua benedizione, ad una ulteriore effusione di questi doni che solamente da lui possono venire al cuore umano e possono cambiare questo cuore facendone un "uomo nuovo".

Apriamo allora questo momento ultimo della celebrazione, momento della benedizione, a tutti questi doni di cui ha bisogno il Vescovo di Roma, il suo amatissimo fratello Cardinale vicario, il nuovo rettore della vostra comunità seminaristica, tutti i superiori, professori, e tutti voi, carissimi fratelli e figli qui presenti, tutti voi che portate già nei vostri cuori il primo segno della vocazione divina. Per rimanere fedeli a questo segno della divina chiamata collaborate con questo Donatore invisibile che opera in voi: questo Spirito di verità e di amore che sempre lavora nell'intimo dei nostri cuori e costruisce la Chiesa, costruisce invisibilmente perché sia segno visibile nel mondo - come dice il Vaticano II - o sacramento dell'unione con Dio.

Dentro questo segno universale, questo sacramento universale della salvezza umana, ci sono tanti segni e tutti operano perché mossi dallo stesso Spirito invisibile. E così ci apriamo a questa benedizione perché scenda su di noi, su questo seminario romano, su tutti i seminari della nostra città, della nostra diocesi. Scenda questo invisibile Spirito di verità, di santità, di amore; ci faccia crescere spiritualmente. Solo lui che è Spirito può lasciarci crescere spiritualmente. così si unisce la nostra Eucaristia, il nostro ringraziamento, a questa apertura verso la benedizione.

Alla fine della celebrazione eucaristica viene impartita la benedizione ed io invito il carissimo signor Cardinale vicario a farlo insieme con me per mostrare che Dio è buono e che la sua bontà, la sua grazia, la sua apertura verso di noi è infinita, per approfittare bene di questa sua chiamata a vivere come Maria nell'ambiente dell'Emanuele, "Dio con noi".


Data: 1988-10-22 Data estesa: Sabato 22 Ottobre 1988




A un gruppo di pellegrini danesi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Con linguaggio evangelico ha parlato a molti cuori

Testo:

E' un grande piacere per me ricevervi oggi alla vigilia della cerimonia liturgica della beatificazione di Niels Stensen, mirabile come uomo, come cristiano e come Vescovo. Saluto voi tutti che siete qui venuti, insieme con il caro fratello, il Vescovo di Copenhagen, per onorare un famoso compatriota, un fratello nella fede e un pastore di anime del vostro Paese.

Davvero il beato Niels Stensen è parte della vostra storia, parte del patrimonio spirituale che alimenta la vostra vita, che ne siate o meno consapevoli. Il modo più significativo per voi di venerare questo nuovo beato della Chiesa deve essere l'imitazione, nella vostra vita personale, di uno dei diversi aspetti positivi della sua vita esemplare.

Davanti alla Biblioteca Universitaria di Copenhagen c'è una statua in bronzo di Niels Stensen. Porta questa iscrizione: "Anatom Begrunder der Geologie - Knecht Gottes" (Anatomista - Fondatore della Geologia - Cavaliere di Dio). La sua vita ha seguito un duplice binario: è stato un acuto osservatore del corpo umano e della natura inanimata e contemporaneamente un profondo credente che si è messo a disposizione della volontà di Dio in modo umile, deciso e senza paura.

L'iscrizione lo chiama "Cavaliere di Dio", in altre parole, servo di Dio; e in questo modo lo ricollega con i "servi di Dio" del vecchio testamento, con quel titolo messianico che si realizza pienamente nel Signore nostro Gesù Cristo. Niels Stensen, servo di Dio: il che significa che attraverso la sua vita e le sue opere, attraverso la sua fedeltà e perseveranza, egli divenne simile al Signore. così egli è un esempio ispiratore per tutti noi: per questo imploriamo il suo aiuto e la sua intercessione.

Vorrei attirare brevemente l'attenzione su alcuni aspetti della vita di questo grande cristiano del diciassettesimo secolo, aspetti che devono interpellare la nostra coscienza. Con metodo e rigore, Niels Stensen studio le leggi che governano la vita biologica e anche alcuni campi della natura inanimata.

Nel corso di questi studi edi apertamente e sinceramente corresse se stesso e i colleghi riguardo alcune idee in voga, qualora una ricerca più approfondita le avesse dimostrate sbagliate. E noi saremo pronti - come Niels Stensen - a riconoscere senza pregiudizi l'ordine della natura e a rispettarne le leggi, senza fare resistenza o chiudere gli occhi per la paura? Facciamo uso dei vari strumenti della tecnologia secondo le loro leggi e scopi? Rispettiamo i loro limiti? E per quanto riguarda il corpo, mentre desidereremmo tutti godere buona salute, osserviamo quello che dottori e scienziati ci dicono sulle condizioni per una vita sana, evitando abusi o esagerazioni? Niels Stensen ci sfida soprattutto come europeo, credente, cristiano, convertito, pastore di anime e missionario. Con il linguaggio evangelico del cuore, questo famoso figlio di Danimarca si reco ad Amsterdam, a Leyda, a Parigi e Firenze, sua seconda patria. Il suo ministero di Vescovo lo condusse a Hannover, Monaco, Amburgo e Schwerin. In tutti questi luoghi edi fu testimone della stessa verità, la stessa scienza, la stessa volontà di Dio. In tutti questi luoghi egli si incontro con la persona umana, la più drammatica e meravidiosa creatura della terra. E noi guardiamo agli sforzi attuali per costituire l'unità europea in una simile prospettiva, o ci interessa solo l'economia di mercato e il libero scambio? E per quanto riguarda la nostra vita: come cristiani, battezzati forse da piccoli, siete pronti a lavorare per una fede sempre più profonda e matura, che potrebbe perfino portarvi a un cambiamento radicale di vita, come successe a Stensen nella sua conversione, ordinazione a sacerdote e Vescovo, con l'abbandono dell'attività scientifica per amore del Regno di Dio? Quanti sono alcuni dei modi in cui la chiara voce del nuovo "beatus" può raggiungerci anche oggi, se siamo pronti a confrontare la nostra vita con il suo esempio. Forse questo è già accaduto per alcuni di voi nella preparazione della gioiosa beatificazione: accadrà più intensamente in questi giorni solenni. Ma questo è un impegno da portare avanti per tutta la vita.

Per questo invoco con abbondanza su di voi i doni dello Spirito Santo.

Il mio pensiero va anche ai vostri cari a casa e nel vostro Paese, specialmente ai sacerdoti che, per tutto il Nord-Europa, custodiscono la buona novella, spesso nella solitudine e nell'isolamento, come Niels Stensen. Vi assicuro la mia predhiera e vi imparto la mia benedizione apostolica.


Data: 1988-10-22 Data estesa: Sabato 22 Ottobre 1988




Omelia per la beatificazione di Niels Stensen - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Un pellegrino instancabile alla ricerca della verità e delle anime

Testo:


GPII 1988 Insegnamenti - All'Ambasciatore di Danimarca - Città del Vaticano (Roma)