GPII 1988 Insegnamenti - Omelia per la beatificazione di Niels Stensen - Città del Vaticano (Roma)


1. "Ecco, li riconduco dal paese del settentrione" (Jr 31,8).

Le parole del profeta Geremia, riportate nella liturgia odierna sembrano riferirsi in modo particolare all'avvenimento che stiamo vivendo in questa Basilica di San Pietro.

Ecco, viene elevato alla gloria degli altari il servo di Dio Niels Stensen, figlio della Scandinavia, danese di nascita e di nazionalità.

"Ecco, li riconduco dal paese del settentrione e li raduno dall'estremità della terra" (Jr 31,8).

Le parole del profeta si riferiscono ad Israele, il popolo dell'antica alleanza. In esse rileggiamo anche la verità sul popolo della nuova alleanza - sulla Chiesa di Cristo, in cui si radunano i figli e le figlie di tutte le nazioni, da un confine all'altro della terra. Essi infatti camminano nella peregrinazione della fede e si orientano verso la celeste Gerusalemme, verso la grande assemblea della comunione dei santi, dove Dio è tutto in tutti.


2. Tale cammino ha percorso colui che la Chiesa si accinge ad iscrivere oggi nell'albo dei beati: tutta la vita di Niels Stensen è stata un instancabile pellegrinare alla ricerca della verità, di quella scientifica e di quella religiosa, nella convinzione che ogni scoperta, anche modesta, costituisce un passo avanti verso la verità assoluta, verso quel Dio da cui tutto l'universo dipende.

Conoscendo quel meraviglioso itinerario spirituale, che è stata la vita di Niels Stensen, possiamo ben immaginare che egli si sia tante volte identificato col cieco, di cui parla la pagina evangelica dell'odierna liturgia, e che con lui abbia invocato dal Maestro divino la possibilità di vedere, di vederci più chiaro.

Non nel senso fisico, certamente: sappiamo che era un osservatore attento delle caratteristiche delle pietre preziose, a cui il padre lavorava nella sua bottega di orafo; e osservatore acuto egli era pure delle meraviglie del mondo vegetale ed animale, che con dovizia la natura gli poneva di fronte.

Ma l'uomo non è dotato soltanto della facoltà conoscitiva fisica; egli possiede anche la conoscenza intellettiva, assai superiore, perché protesa verso la verità più profonda delle cose. Esiste inoltre nell'essere umano la facoltà che nella Scrittura è detta "conoscenza del cuore", quella visione cioè che procede dal punto più intimo dell'uomo e che abbraccia tutta la sua realtà - intelletto, volontà, vita affettiva - aprendola alla trascendente esperienza dell'incontro personale con Dio.

Tanto nell'una quanto nell'altra forma di conoscenza Niels Stensen si rivelo dotato di particolari talenti: ricercatore appassionato scienziato di primo piano, non soddisfatto mai delle pure ipotesi e sempre alla ricerca della piena certezza, egli tuttavia fu mosso soprattutto dall'anelito verso la scoperta della ragione ultima di ogni cosa: Dio, che non si può trovare neppure con i più sofisticati strumenti della scienza sperimentale; Dio, nella cui intimità si può entrare soltanto mediante la "scienza del cuore".


3. In tale scienza era stato educato fin dalla prima infanzia nella sua famiglia da pii genitori di religione luterana; in essa era stato ulteriormente formato nel corso degli studi presso la Scuola Latina e l'Università di Copenaghen, ove aveva trovato un ambiente nel quale la fede era praticata con convinzione ed autenticità. Quali progressi egli vi abbia fatto è dato intravedere da tutta l'impostazione della sua ricerca scientifica, come anche dalle scelte concrete operate nella sua vita.

Ammirare le meravigliose bellezze del creato e di li risalire alla fonte di ogni bellezza, fu una dimensione fondamentale della sua spiritualità. Lo rivela egli stesso nel proemio alle sue "Demonstrationes anatomicae", nelle quali sono raccolti i frutti delle sue ricerche: "Vero fine dell'anatomia è di procurare che gli osservatori, mediante il capolavoro del corpo si elevino alla dignità dell'anima e, conseguentemente, mediante le meraviglie dell'uno e dell'altra, alla conoscenza e all'amore per il loro Autore" (Niels Stensen "Opera Philosophica", t.II, 254). Fu infatti profondo convincimento dello Stensen che "belle sono le cose che si vedono, più belle quelle che non si possono conoscere" (Niels Stensen "Opera Philosophica", t.II, 254).


4. Spinto da questo anelito a trascendere la conoscenza puramente fenomenica e scientifica per avventurarsi nel campo sconfinato della verità accessibile solo alla conoscenza di fede, Niels Stensen estese ed approfondi la sua ricerca teologica e, con il suo acuto spirito di osservazione e la sua serena oggettività, riusci a liberarsi gradualmente da certi pregiudizi contro la religione cattolica dai quali, inconsciamente e in buona fede, era stato influenzato fin dalla gioventù.

Non ci è dato ora di soffermarci in dettaglio sul lungo "iter" spirituale che finalmente lo porto ad abbracciare la fede cattolica. Qui interessa solo registrare il momento in cui superato ormai ogni dubbio ed oscurità, ripieno di gioia interiore disse il suo "si" a ciò che Dio gli aveva dato di comprendere chiaramente.

Come il cieco del Vangelo, egli aveva supplicato: "Figlio di Davide, abbi pietà di me", "Rabbuni, che io veda!", ed anche a lui Gesù aveva detto: "Va, la tua fede ti ha salvato. E subito, acquistata la vista, prese a seguirlo".


5. Era il grande scienziato che riconosceva Dio come Signore supremo, accettando di seguirne l'interiore chiamata a donarsi totalmente a Cristo e a mettere le proprie energie al servizio esclusivo del Vangelo. Fu così che lo Stensen, non accontentandosi dell'impegno apostolico proprio del laico, volle essere sacerdote, convinto che ciò non costituisse una frattura nella sua vita e nel suo itinerario, ma fosse invece un ulteriore passo avanti, verso una donazione più completa di se stesso al bene dell'umanità.

Consacrato in un secondo tempo Vescovo da san Gregorio Barbarigo, egli si avvio verso il Nord-Europa per svolgervi, secondo una esplicita disposizione del Papa, il proprio ministero apostolico. Da allora egli peregrino come pastore di anime ed autentico missionario: Hannover, Monaco, Paderborn, Amburgo e finalmente Schwerin lo videro tutto dedito al bene altrui, dimentico di sé, ricco di amore, anche nella sofferenza, perché appassionato di Cristo crocifisso, sommo sacerdote, "scelto fra gli uomini per il bene degli uomini, per aiutare coloro che sono nell'ignoranza" (He 5,1-3).

Lo stemma da lui scelto, un cuore sormontato dalla croce, chiaramente simboleggia e riassume l'orientamento profondo della sua esistenza. Egli volle porre tutta la sua vita a servizio della croce di Cristo, nella quale vedeva la parola definitiva dell'amore di Dio per l'umanità.

"Io sono la luce del mondo; chi segue me avrà la luce della vita" (Jn 8,12). La convinzione profonda che Cristo era "la luce del mondo" e che solo incontrando lui l'uomo poteva fruire della "luce della vita", fu la molla che spinse Niels Stensen a prodigarsi senza risparmio di energie nell'annuncio del Vangelo. L'anelito missionario del nuovo beato ha qui la sua spiegazione e la sua sorgente.

Piace sottolineare questa caratteristica della sua vita nell'odierna ricorrenza della Giornata Missionaria Universale. Il pensiero va oggi con riconoscenza allo slancio eroico di tante persone che hanno messo generosamente la loro vita a servizio della diffusione della buona novella. Le loro fatiche e le loro rinunce, le loro gioie e le loro speranze, trovano eco nel cuore del Papa, come in quello di tutta la Chiesa. Possano essi sentirsi incoraggiati e sostenuti nel loro lavoro apostolico dalla preghiera e dal contributo fattivo dei fedeli; così che, grazie al loro perseverante impegno, "la Parola del Signore si diffonda e sia glorificata" nel mondo intero (2Th 3,1). L'esempio del nuovo beato sia per loro di stimolo e di conforto.


6. Niels Stensen fu giustamente definito dal suo intimo amico Francesco Redi un "pellegrino del mondo". Nato in Danimarca egli fu spinto dalla sua indole di ricercatore e di scienziato a percorrere le vie dei Paesi d'Europa fino a raggiungere Firenze, amata come sua seconda patria. Diventato sacerdote e Vescovo, egli si rimise nuovamente in cammino, prendendo questa volta la via della Germania, ove si spese dedicandosi interamente ad aiutare gli uomini a conoscere quel Dio che egli aveva incontrato attraverso la scienza e nella fede.

La vita dello Stensen è dunque un esempio luminoso di apertura e di dialogo: la sua missione in un Paese a prevalenza protestante fa comprendere come con la dirittura, congiunta a signorilità e delicatezza, esemplarità di costumi e santità di vita, si possano e si debbano stabilire quei rapporti che facilitano la mutua comprensione, l'amore e l'unità.

Il segreto della sua esistenza sta tutto qui: se egli è famoso per le scoperte fatte nel campo dell'anatomia, ben più importante è ciò che egli ci addita con le sue scelte di vita. Niels Stensen, per mezzo della "scienza del cuore", ha scoperto Dio, creatore di tutto ciò che esiste e salvatore del mondo, e se ne è fatto appassionato banditore in mezzo ai fratelli.


7. Con l'odierna beatificazione si compie un desiderio di molti. Saluto di cuore tutti coloro che partecipano a questa celebrazione, provenienti dalla Danimarca e dalla Repubblica Federale di Germania, dalla Repubblica Democratica Tedesca e dall'Italia, dove Niels Stensen ha vissuto e lavorato. Contemporaneamente il mio saluto va a quanti sono in Danimarca, sua patria, e negli altri Paesi del Nord.

Saluto, inoltre, scienziati e ricercatori, dovunque e in qualunque campo essi siano impegnati.

Tutti coloro che incontrano Niels Stensen - i suoi contemporanei e noi del XX secolo - sono da lui invitati a lasciarsi aprire gli "occhi dello Spirito" per la gloria di Dio, a riconoscere la loro dignità di uomini nella creazione di Dio e a lasciarsi arricchire dei doni di luce della grazia. Con la beatificazione la Chiesa mette questa figura luminosa come esempio sotto gli occhi del nostro tempo. Noi tutti siamo interpellati per mezzo di Niels Stensen, testimone di Cristo. Egli ci mostra che il mondo, con tutte le sue bellezze, non ha in se stesso il suo fine ultimo. Egli ci chiama fuori da un ambiente borghese e indifferente, ci conduce fuori da sistemi ed ideologie chiusi, verso la sfera della verità e della libertà dei figli di Dio. Ci dice che la fede umile dei cristiani non si trova mai in un posto sperduto. In particolare saranno incoraggiati e confortati dal suo esempio i credenti della diaspora. E agli occhi della cristianità divisa egli si presenterà come appassionato promotore di unità.

Con la beatificazione odierna sono particolarmente lieto di aggiungere un nuovo astro a quella costellazione di santi che illumina il passato della Scandinavia: sant'Ansgar, Vescovo di Amburgo-Brema, apostolo del Nord-Europa; san Knud, re e martire, patrono della Danimarca; san Knud Lavard, duca e martire; sant'Erik, re e martire, patrono della Svezia insieme con santa Brigida, grande mistica e fondatrice di un ordine religioso tuttora esistente; sant'Olav, re e martire, patrono di Norvegia; sant'Henrik, Vescovo e martire, patrono della Finlandia; san Thorlak, Vescovo, patrono dell'Islanda.

L'anno prossimo, se Dio vorrà, mi sarà dato di visitare quei Paesi, e la beatificazione odierna assume un particolare significato anche in questa prospettiva.


8. Ecco, dopo secoli di lontananza, giunge a noi da settentrione quasi un grido di tutti quei santi, uomini e donne, le cui morti sono state inscritte nel libro della vita.

Tutti, mediante la loro vita piena dello Spirito di Cristo, uniti al suo mistero pasquale, "camminavano e piangevano / portando la semente da gettare, / ma nel tornare, vengono con giubilo, / portando i loro covoni" (cfr. Ps 126[125],6).

A tutti loro si unisce oggi - dopo secoli - il beato Niels Stensen.

"Grandi cose ha fatto il Signore per noi" (Ps 126[125],3).

Ecco il grido dei santi, e dei beati - figli e figlie del settentrione europeo. In questo grido risuona l'eco del "Magnificat" mariano: "Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente e santo è il suo nome" (Lc 1,49).

Questo grido permane nel cuore della Chiesa. Ritorna sulle sue labbra nei momenti particolarmente solenni, come è questo dell'odierna beatificazione.

Figlio beato della patria danese! Tu ravvivi il coro di quei grandi, che ti hanno preceduto sulla via della santità. Insieme con loro gridi: "Grandi cose ha fatto il Signore per noi".

Questo tuo grido venga ascoltato in cielo e sulla terra. Venga accolto nel cuore dei tuoi fratelli e sorelle di oggi, e susciti in loro abbondanti messi di bene nella fede, nella carità, nella comunione.

"... nel tornare, vengono con giubilo, / portando i loro covoni".

Amen!


Data: 1988-10-23 Data estesa: Domenica 23 Ottobre 1988




Recita dell'"Angelus" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Maria ottenga alla Chiesa un nuovo avvento missionario per il Giubileo del duemila

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle.


1. Oggi si celebra la Giornata Missionaria Mondiale. La nostra riflessione che precede la preghiera dell'"Angelus" non può non soffermarsi sulla missione universale della Chiesa. Il mandato del Signore risorto: "Andate e fate miei discepoli tutti i popoli" (Mt 18,19) costituisce per la Chiesa la norma fondamentale e permanente del suo servizio a favore degli uomini di tutti i tempi: ma il suo impegno di evangelizzazione è reso più urgente in questo scorcio di secondo millennio dell'era cristiana, di fronte al crescente numero di uomini che non hanno ancora ricevuto il dono della fede in Cristo.


2. La odierna celebrazione missionaria mondiale mi offre l'opportunità di rivolgere un affettuoso saluto e incoraggiamento a tutti i missionari e le missionarie, che spendono la loro vita per l'annuncio del Vangelo: nello stesso tempo, ai pastori e fedeli delle comunità cristiane, sia delle antiche che delle giovani Chiese, rinnovo l'appello ad offrire generosamente la loro collaborazine per l'attività missionaria.

Questa cooperazione si esprime nella preghiera e nell'offerta di aiuti, che specialmente in questa domenica vengono raccolti a favore dei Paesi e delle Chiese di missione, per sovvenire alle loro necessità e situazioni di indigenza.

La Chiesa universale e le Chiese particolari si fanno carico di queste situazioni, distribuendo i frutti della generosità dei fedeli.


3. Ai giovani ripeto l'invito che ho loro rivolto nel mio messaggio missionario: l'esempio di Maria vi spinga ad essere generosi nel dire il vostro "si" alla chiamata del Signore.

Imitate Maria! Si, perché la Chiesa impara da lei a consacrarsi alla missione: nessuna creatura, infatti, si è associata come lei alla persona e all'opera del Salvatore.

Sia Maria, dunque, il modello al quale il Popolo di Dio si ispira per vivere il proprio impegno missionario. E lei preghiamo con fiducia, affinché interceda presso suo Figlio e ottenga alla Chiesa una nuova pentecoste, un nuovo avvento missionario per il Giubileo dell'anno duemila e l'inizio del terzo millennio della fede cristiana.


[Omissis. Seguono i saluti in varie lingue]


Data: 1988-10-23 Data estesa: Domenica 23 Ottobre 1988




Ai fedeli fiorentini - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Una speranza per l'evangelizzazione della cultura e per l'ecumenismo

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Siete giunti numerosi insieme col vostro Arcivescovo, il Cardinale Silvano Piovanelli, per restituirmi la visita che feci alla vostra comunità diocesana nel 1986, e a tale scopo, avete scelto una circostanza molto opportuna: la beatificazione del servo di Dio Niccolo Stenone, matematico e anatomista, che tanto predilesse la vostra bella città. In essa ricevette una particolare grazia divina che lo condusse in seno alla Chiesa cattolica e poi a divenire sacerdote di Cristo.

Vi ringrazio di cuore per aver voluto prendere parte, questa mattina, nella Basilica di San Pietro alla solenne celebrazione liturgica, in cui ho avuto la gioia di decretare l'onore degli altari del nuovo beato, la cui gloria certamente contribuisce ad illustrare anche Firenze, oltre che la nazione danese, sua terra di origine.

Ringrazio vivamente il Cardinale Piovanelli per l'affettuoso indirizzo che, anche a nome dell'intera arcidiocesi, ha voluto ora rivolgermi. Con lui saluto anche il sindaco dottor Massimo Bogianckino. Colgo l'occasione per esprimere ancora i sentimenti d'amicizia e di ammirazione che mi legano all'antica e nobile Chiesa fiorentina, così straordinariamente ricca di vicende storiche, nelle quali la virtù si accompagna alla scienza, la cultura alla santità, la gentilezza dei modi alla nobiltà dello spirito, la bellezza dell'arte all'impegno delle conquiste morali. Firenze è in ciò un faro splendente per tutto il mondo. E il beato Niccolo fu attratto da questa luce. La sua grande anima si senti in spontanea consonanza ed affinità con l'antica anima cristiana dei fiorentini.


2. Firenze fu infatti come una seconda patria per il beato Stenone, le cui spoglie sono custodite nella Basilica di san Lorenzo. Nella vostra città egli maturo quelle decisioni fondamentali di carattere religioso che dovevano dare un indirizzo nuovo a tutto il resto della sua vita, arricchendo la sua personalità, già tanto dotata sul piano culturale, con l'apporto di una nuova e più alta professione di vita, quella del ministro di Cristo, che allarga il cuore di un uomo ad orizzonti ben più vasti e profondi di quelli che possa assicurare la semplice scienza umana, per quanto nobile essa sia.

Nella maturazione spirituale del nostro beato molto influirono i contatti con ambienti fiorentini nei quali l'amore per la scienza si sposava armoniosamente con le convinzioni di fede e con la pratica della carità: egli si rese conto che il cattolicesimo non solo non avviliva, ma esaltava quella ardente sete di verità e di conoscenza che negli anni precedenti aveva portato la sua acuta intelligenza a notevoli traguardi nel campo degli studi e delle scoperte scientifiche. Nello stesso tempo, egli rivisse e ripenso queste esperienze umane in una forma del tutto personale, e quindi profondamente libera e responsabile, come è testimoniato da quella famosa illuminazione del due novembre del 1667, con la quale, fugando ogni residua incertezza approdo alla pienezza della fede ed entro nella Chiesa cattolica.


3. Questa sua decisione, che rivoluziono in qualche modo la sua anima non gli fece pero dimenticare i correligionari di un tempo. Tutt'altro! Divenuto Vescovo e vicario apostolico dell'Europa settentrionale, dette prova, nei numerosi contatti con le altre confessioni cristiane, di grande carità e delicatezza conquistandosi così presso di loro una stima universale e divenendo uno dei precursori del movimento ecumenico. Per questo lo invochiamo perché la sua intercessione conduca tutti i discepoli di Cristo all'unità della fede, per la quale il Signore ha pregato: "Ut omnes unum sint" (Jn 17,11).

L'esempio che ci offre il Vescovo Stenone è importante, in particolare, per tutti i pastori della Chiesa: in lui rifulgeva un generoso spirito di servizio che lo rendeva sempre pronto ad andare là dov'era chiamato, anche se l'incarico era difficile ed impegnativo. In ogni occasione egli seppe dar prova di zelo fervente e di instancabile spirito apostolico, conducendo una vita mortificata e povera.

Cari fratelli e sorelle nel ricordare questa esemplare figura di sacerdote e di scienziato proviamo oggi una grande consolazione. Egli è per noi un aiuto presso il Padre, una guida, una luce. Egli costituisce una speranza per l'evangelizzazione della cultura, per animare lo zelo sacerdotale, la fedeltà della Chiesa, le speranze dell'ecumenismo.


4. Questo nostro incontro è significativo, anche perché avviene in concomitanza con i lavori preparatori del vostro Sinodo diocesano, che si svolgerà in tre tappe: vedere la situazione attuale della realtà ecclesiale; valutarla alla luce della Parola di Dio, e decidere in comunione con le indicazioni della Chiesa, ponendo in pratica le esigenze di miglioramento o di mutamento che emergono in base alla valutazione fatta.

Queste tre tappe possono trovare un'ispirazione evangelica nell'episodio dei due discepoli di Emmaus, di cui ci parla san Luca (Lc 24,13-35). In un primo momento Gesù li lascia parlare, "vede" la loro situazione; in un secondo momento, egli interviene e "valuta" il loro comportamento, dando loro opportune direttive; in un terzo momento, i discepoli, illuminati e confortati dal Signore, prendono le opportune decisioni, tornando a Gerusalemme e ricongiungendosi con gli undici e gli altri discepoli.

Mi auguro che il cammino preparatorio, al quale dedicano il loro impegno le varie componenti della comunità diocesana - parrocchie, comunità religiose, associazioni, movimenti e gruppi -sia seguito dalla più vasta partecipazione da parte di tutto il Popolo di Dio che è in Firenze. Da parte mia, desidero assicurarvi che vi seguo con affetto nella preghiera, mentre imparto per questa importante iniziativa una larga benedizione, come pure benedico di cuore tutti voi qui presenti, insieme con i fratelli e le sorelle assenti.


Data: 1988-10-23 Data estesa: Domenica 23 Ottobre 1988




Ai pellegrini di Schwerin - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Santa Messa per i pellegrini della Repubblica Democratica Tedesca

Testo:

Cari fratelli e sorelle.

E' una grande gioia, per me come per voi, celebrare insieme al vostro Vescovo l'Eucaristia.

Lo facciamo con riconoscenza per la giornata di ieri, in cui la Chiesa ci ha donato in Niels Stensen un nuovo beato e intercessore al trono di Dio.

Egli è profondamente legato alla vostra cittadina Schwerin per avervi trascorso il suo ultimo anno di vita ed esservi morto.

Per questo egli è in modo particolare il vostro beato.

I beati e i santi sono delle guide donateci da Dio per il nostro cammino nella vita. Ci indicano la via a Cristo e al suo Regno. Approfondite dunque in voi la vita e l'opera del vostro beato. Attraverso la sua decisiva esperienza durante la processione del "Corpus Domini" di Livorno nel 1669 il beato Niels Stensen ci conduce in modo molto decisivo al Cristo eucaristico.

Riguardo alla processione si fece strada in lui chiaramente questo pensiero: "O questa ostia è un semplice tozzo di pane, e coloro che gli dimostrano ossequio sono dei folli oppure è veramente il corpo di Cristo e allora perché io non gli dimostro anche amore?". Egli incontro in questa occasione la fede cattolica e dono a Cristo il suo amore nell'Eucaristia attraverso la sua vita intera come prete, Vescovo e messaggero appassionato di fede anche nel vostro Paese.

Insieme a lui, come nostro nuovo santo intercessore, vogliamo anche noi ora mostrare a Cristo in questa celebrazione eucaristica il nostro amore e chiedere con la preghiera il perdono dei nostri peccati.


Data: 1988-10-24 Data estesa: Lunedi 24 Ottobre 1988




A un gruppo di Vescovi USA in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'amore delle coppie cristiane e i consigli evangelici vissuti dalle anime consacrate sono segni dell'amore di Dio per l'umanità

Testo:

Cari fratelli nel Signore Gesù Cristo.


1. Il mio fraterno benvenuto a tutti voi, Vescovi delle province ecclesiastiche di Cincinnati e Detroit; nello stesso tempo estendo il saluto cordiale a tutti i fedeli degli stati del Michigan e dell'Ohio, spiritualmente presenti oggi con voi.

Il Concilio Vaticano II ci ricorda che solo Cristo ha insegnato l'intera verità sull'uomo, e lo ha fatto "rivelando il mistero del Padre e del suo amore" (GS 22). Cristo ha rivelato la grandezza dell'amore del Padre non solo a parole ma attraverso il suo donarsi totalmente in sacrificio. Vedere Cristo è vedere il Padre (cfr. Jn 14,9). Cristo mostra anche che l'amore del Padre è più potente di ogni male che è nell'uomo, nell'umanità o nel mondo (cfr. DM 7). Questo amore è presente nella storia personale di ogni essere umano. Per comprendere la Chiesa del Verbo Incarnato è necessario comprendere l'amore di Dio.


2. Una delle espressioni più importanti di questo amore è l'amore delle coppie cristiane. Dal momento che "Dio è amore" (1Jn 4,8), e dal momento che l'uomo è creato a immagine e somiglianza di Dio, è inscritta nella umanità dell'uomo e della donna la "capacità e la responsabilità dell'amore" (FC 11). L'amore nel suo significato più ricco e profondo comprende la donazione di sé. Cristo, Figlio di Dio e immagine perfetta del Padre (cfr. Col 1,15), diede se stesso totalmente nella pienezza dell'amore attraverso il suo sacrificio redentore. Nel caso del marito e della moglie, l'amore vero si esprime nel reciproco dono di sé, che comprende la possibilità della procreazione. Con le parole della "Gaudium et Spes": "Questo amore è un atto eminentemente umano, essendo diretto da persona a persona con un sentimento che nasce dalla volontà. Quell'amore abbraccia il bene di tutta la persona... Un tale amore, unendo assieme valori umani e divini, conduce gli sposi al libero e mutuo dono di se stessi" (GS 49). "Da persona a persona" ("a persona in personam"): queste semplici parole esprimono una profonda verità sull'amore coniugale, un amore eminentemente interpersonale. E' un amore che comporta il dono di tutta la persona. In questo dono è compresa tutta la sessualità con la sua apertura alla trasmissione della vita.


3. Commemorando il ventesimo anniversario della "profetica" enciclica "Humanae Vitae" di Paolo VI, vediamo con sempre maggiore chiarezza oggi quanto essa sia importante e positiva. Nel suo anniversario desidero ricordare in modo speciale il vostro impegno pastorale per il matrimonio e la famiglia. Ho visto con interesse e gratitudine la Dichiarazione della Riunione Nazionale del Comitato Cattolico Episcopale per l'impegno a favore della vita in commemorazione dell'enciclica.

Come sappiamo bene, il matrimonio non è solo una istituzione sociale; è davvero, secondo le parole di Paolo VI, "la saggia istituzione del Creatore per realizzare nel genere umano il suo disegno di amore" (Pauli VI HV 8).

L'insegnamento della Chiesa sul matrimonio è fondamentale per comprendere le molte dimensioni della relazione matrimoniale, specialmente la dimensione sessuale.

Perché la sessualità non è affatto qualcosa di puramente biologico, ma riguarda l'intimo nucleo della persona umana come tale (cfr. FC 11).

Essa permette agli sposi di esprimere in modo particolare quell'amore reciproco che li unisce in un accordo permanente, fedele ed esclusivo, e che li conduce alla procreazione.

Il matrimonio è un modo specifico di rapporto e tutte le azioni attraverso cui gli sposi manifestano il reciproco amore sono parte del disegno di Dio e segni del suo amore. Nell'atto sessuale la coppia sposata ha l'occasione di crescere nella grazia, nell'intimità, nella generosità e buona volontà di cooperare con Dio nel mettere in essere nuove creature umane. Ma per rafforzare il loro amore e approfondire la loro unità, gli sposi devono essere condotti ad apprezzare sempre più pienamente "la connessione inscindibile che Dio ha voluto e che l'uomo non può rompere di sua iniziativa, tra i due significati dell'atto coniugale: il significato unitivo e il significato procreativo" (Pauli VI HV 12). In un mondo che spesso riduce il sesso alla ricerca del piacere, e in taluni casi al dominio, la Chiesa ha la missione speciale di collocare il sesso nel contesto dell'amore coniugale e della generosa e responsabile apertura alla procreazione.


4. Come pastori noi dobbiamo incoraggiare le coppie a mantenere un'apertura alla vita e uno spirito di gioiosa condivisione riguardo ai figli. Come ci ha insegnato il Concilio, i figli sono davvero il preziosissimo dono del matrimonio e contribuiscono pure alla santificazione dei genitori (cfr. GS 50 GS 48). Ma concezioni materialistiche ed egoistiche spesso denigrano il valore dei figli. Ogni figlio è una nuova rivelazione dell'amore di Dio e della fedeltà degli sposi. "Ogni bambino è anche una verifica del rispetto per il mistero della vita, nel quale sin dal primo momento del concepimento il Creatore inscrive l'impronta della sua immagine e della sua somiglianza" ("Nuntius radiotelevisificus ex externo Basilicae Vaticanae podio, in sollemnitate Nativitatis Domini Nostri Iesu Christi", 3, die 25 dec. 1979: , II, 2 [1979 1522).

Apprezzo di cuore l'impegno della vostra Conferenza episcopale nel proclamare la santità della vita umana fin dal concepimento. In tutto il mondo assistiamo all'aumento del numero degli aborti e al declino della protezione dei non-ancora nati. I Vescovi degli Stati Uniti si sono fermamente opposti a questa eliminazione della vita umana con programmi educativi, cura pastorale e richiesta di leggi e politiche pubbliche a protezione e sostegno della vita umana, prima e dopo la nascita. Il vostro annuale "Programma di rispetto per la vita" continua l'impegno di creare rispetto per la vita umana ad ogni stadio ed in ogni circostanza.

Questo ventesimo anniversario dell'"Humanae Vitae" ci sfida nuovamente, come pastori, ad intensificare i nostri sforzi per presentare il matrimonio cristiano come vocazione alla santità, e ad aiutare le coppie a comprendere il ruolo della famiglia cristiana nella vita e nella missione della Chiesa. Noi siamo chiamati a fornire agli sposi e ai fidanzati la pienezza dell'insegnamento della Chiesa sulla sessualità, sull'amore coniugale e sulla procreazione responsabile.

Dobbiamo sottolinare la sacralità della vita umana, in quanto dono prezioso di Dio che deve essere protetto con ogni cura, e insieme compiere sforzi più grandi e sistematici nell'istruzione sui metodi naturali di pianificazione familiare. I metodi naturali aiutano le coppie a comprendere il disegno di Dio sulla sessualità, li invitano al dialogo, al rispetto reciproco, alla comune responsabilità, al dominio di sè (cfr. FC 32). La gente ha bisogno di avere una fiducia orante che Dio benedirà e sosterrà i loro sforzi per condurre una vita di santità e per essere testimoni del suo amore nel mondo contemporaneo.


5. Un'altra forma indispensabile di testimonianza di Dio per l'umanità è la pratica dei consigli evangelici nella vita consacrata. La Chiesa ha profonda stima nelle persone consacrate. Si rallegra della loro consacrazione e della loro speciale testimonianza dell'amore. Castità, povertà e obbedienza sono manifestazioni di amore non solo perché sono all'origine di innumerevoli e sublimi opere apostoliche che rispondono ai bisogni dell'umanità, ma soprattutto perché esprimono la potenza del mistero pasquale di Cristo, che vince ogni cosa che si oppone all'amore di Dio. Per comprendere pienamente l'amore, il mondo ha bisogno del segno dell'autentica "contraddizione", dato dalla consacrazione religiosa.

Tale consacrazione sarà attuata con autenticità nel vero amore del dono di sé quando i consacrati agiscono in unità con la Chiesa, in conformità con gli insegnamenti e le direttive del Magistero di Pietro e dei pastori in comunione con lui (cfr. "Redemptionis Donum", 14-15).


6. La Chiesa offre al mondo una testimonianza di singolare importanza all'amore di Cristo attraverso il celibato dei suoi sacerdoti. Il celibato comporta il dono totale di sé al Signore per il servizio di tutta la vita nella sua Chiesa, con la rinuncia al matrimonio per amore del Regno di Dio. E' un dono di Dio alla sua Chiesa, che manifesta la carità che la muove. Il Concilio mostro il coraggio della fede riaffermando la disciplina tradizionale del celibato con piena fiducia che Dio non mancherà di continuare ad accordare le grazie necessarie a sostenere questo carisma.

Il celibato dei sacerdoti significa che il sacerdote non è un delegato del popolo o un "funzionario" di Dio, ma un autentico testimone dell'amore di Dio per il suo popolo. La norma del celibato per la Chiesa latina è più di una legge ecclesiastica. Vi sono profonde radici teologiche e dottrinali che confermano il suo valore e mostrano la sua desiderabilità per coloro che sono stati scelti per agire "in persona Christi capitis" (cfr. PO 2 PO 6). L'anno scorso è stato il ventesimo anniversario dell'enciclica "Sacerdotalis Coelibatus".

Possiamo noi tutti, insieme con i nostri sacerdoti, continuare a trovare ispirazione in questo insegnamento mentre ci sforziamo di annunciare l'amore di Dio nella sua pienezza.


7. Le diverse forme di testimonianza dell'amore di Dio per l'umanità sono legate non poco all'amore pastorale dei Vescovi, che insegnano, governano e santificano il Popolo di Dio. Noi tutti conosciamo la profonda realtà cui si riferiva Cristo stesso citando le parole del profeta: "Percuotero il pastore e saranno disperse le pecore del gregge" (Mt 26,31 cfr. Za 13,7). Non dovremmo mai perdere di vista il fatto che in larga misura la felicità eterna e perfino il benessere temporale di innumerevoli persone dipendono dalla nostra fede nella grazia di Cristo.

Certamente noi ci troviamo di fronte a delle difficoltà nell'esercizio della nostra missione di pastori. La paura può assalire i nostri cuori. Saremo capiti? Accetteranno il nostro messaggio? E il mondo, come reagirà? Come ci giudicherà la pubblica opinione? La nostra debolezza impedirà la nostra missione? Proprio in questi momenti noi riconosciamo che il nostro amore, la nostra carità pastorale ancora devono crescere. Con san Giovanni dobbiamo confessare: "Nell'amore non c'è timore, al contrario l'amore perfetto scaccia il timore... chi teme non è perfetto nell'amore" (1Jn 4,18). E poiché l'amore è la vittoria sulla paura, è un trionfo nel nostro ministero.

E' necessario adesso più che mai proclamare al mondo la verità dell'amore, compresa "la pienezza della verità che qualche volta irrita e offende anche se libera sempre" ("Allocutio ad quosdam Episcopos e Statibus Foederatis Americae Septemtrionalis occasione oblata "ad limina" visitationis coram admissos", die 5 sept. 1983: , VI, 2 [1983] 370ss) L'amore dei Vescovi per i loro sacerdoti sarà una espressione e un segno particolarmente efficace dell'amore di Cristo. Con il suo profondo interesse fraterno e paterno, con la comprensione, l'affezione e preoccupazione umana per ogni loro problema - incoraggiandoli a lottare per la santità a dispetto della umana fragilità -, il Vescovo deve aiutare i suoi sacerdoti ad essere testimoni davanti al popolo di quell'amore che è all'origine di ogni apostolato. Attraverso il Vescovo, i sacerdoti dovrebbero poter sperimentare di nuovo la potenza dell'amore di Cristo per tutti gli uomini, così da poter dire con il suo discepolo prediletto: "Noi abbiamo riconosciuto e creduto all'amore che Dio ha per noi" (1Jn 4,16).

Come araldi dell'amore di Cristo ci volgiamo a Maria, sua Madre, "Mater pulchrae dilectionis", per continuare nella preghiera la nostra riflessione su quel grande mistero di amore che sgorga dalla Santissima Trinità e a lei rifluisce - a lei sia gloria nei secoli dei secoli.


Data: 1988-10-24 Data estesa: Lunedi 24 Ottobre 1988





GPII 1988 Insegnamenti - Omelia per la beatificazione di Niels Stensen - Città del Vaticano (Roma)