GPII 1988 Insegnamenti - Alla Commissione Migrazioni e Turismo - Città del Vaticano Roma)

Alla Commissione Migrazioni e Turismo - Città del Vaticano Roma)

Titolo: L'unica fede deve essere vissuta e innestata nelle diverse culture

Testo:


1. Sono lieto di accogliere e di salutare voi, membri e consultori della Pontificia Commissione per la pastorale delle migrazioni e del turismo, in occasione dell'Assemblea Plenaria. Ringrazio il Cardinale Bernardin Gantin per le parole amabili, con le quali ha introdotto questo incontro, momento molto importante nella vita della Commissione. Con la vostra esperienza sia di Vescovi di diocesi particolarmente segnate dalla mobilità umana, sia di studiosi di questo fenomeno, voi cercate in questi giorni di mettere a punto la pastorale per i migranti, seguendo il tema che è stato scelto: "Direttive pastorali emanate dalla Santa Sede per la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio religioso e culturale dei rifugiati, dei migranti e di quanti sono coinvolti nel fenomeno della mobilità umana".

La parola "cultura" è fondamentale per comprendere la particolare collocazione del migrante all'interno della Chiesa, poiché fede cristiana e cultura umana sono in stretta connessione: infatti, l'unica fede deve essere vissuta e calata nelle diverse culture. Questo rapporto tra fede e cultura è vitale; deve animare e segnare profondamente la vasta e, talora, drammatica, realtà del mondo dell'emigrazione. Non può perciò restare una nozione astratta, ma deve realizzarsi in un contesto concreto ed esistenziale e raggiungere la promozione spirituale e materiale di ogni uomo specialmente di quello più debole ed emarginato: deve farsi anche accoglienza solidale e fraterna.


2. Per questo la Chiesa non solo si preoccupa di dare un sostegno alla vita di fede, di preghiera ed alla vita sacramentale di quei cristiani, che l'emigrazione porta a vivere fuori dal loro ambiente, ma cerca anche di impedire che il loro modo di sentire e di esprimere la fede, determini una alienazione dall'ambiente cristiano e di conseguenza da vitali esperienze comunitarie; cerca, cioè, di far evitare che l'emigrante si senta sradicato dal contesto ecclesiale.

La questione migratoria fa appello soprattutto alla responabilità dei Vescovi a cui spetta, insieme con i presbiteri, il compito di "armonizzare le diverse mentalità dei fedeli in modo che nessuno, nella comunità dei fedeli, possa sentirsi estraneo" (PO 9).

Alla soluzione di questi problemi devono concorrere sia le Chiese di partenza, sia quelle di arrivo. La preparazione delle Chiese di origine deve tendere ad inculcare il senso dell'unità e della comunione ecclesiale. I Vescovi possono offrire una effettiva testimonianza mettendo a disposizione sacerdoti convenientemente preparati, disposti a farsi migranti con i migranti.

Non c'è dubbio, pero, che ogni soluzione strutturale adeguata trova il suo cardine, come ben sottolinea la disciplina vigente, nella Chiesa di arrivo.

Questa è chiamata ad accogliere ed inserire i migranti nella propria vita comunitaria, aiutandoli a superare le difficoltà che potrebbero sorgere con la comunità locale.

Al fine di valorizzare in modo conveniente la specifica diversità dei migranti nell'ambito dell'unità delle Chiese locali, i Vescovi non mancano di suscitare idonee strutture avvalendosi di sacerdoti "che conoscono bene la lingua dei migranti, e pongono il massimo impegno perché i loro nuovi figli possano sfuggire ai gravi pericoli di qualsiasi genere nella pratica della vita cristiana" ("De Pastorali Migratorum Cura", 31.2).


3. L'istruzione "De Pastorali Migratorum Cura" delinea quattro paradigmi strutturali suggeriti dall'esperienza, che i Vescovi diocesani potranno variamente utilizzare in rapporto alla peculiarità delle situazioni: parrocchie personali, missione con cura d'anime, missione con cura d'anime annessa ad una parrocchia, e l'opera del cappellano o vicario cooperatore. Tra queste forme, la parrocchia personale, resta quella più utile ai fini pastorali sopra indicati, anche perché con la nuova codificazione sono cadute le perplessità d'ordine giuridico.

Desidero qui richiamare quanto ebbi a dire in occasione della visita "ad limina" dei Vescovi della Calabria nel 1981: "Ancora una volta il protagonista e spesso la vittima del complesso e grave fenomeno delle migrazioni è l'uomo. La Chiesa che guida l'uomo, la Chiesa che guarda all'uomo non può non guardare all'emigrazione, come del resto ha fatto e continua a fare da quando il problema si è presentato in tutta la sua gravità e complessità... Per questa ragione la Santa Sede ha costituito nel 1970 una Pontificia Commissione specializzata in tali problemi, per studiarli, seguirli e dare utili indicazioni agli operatori pastorali".


4. Mentre auspico che il vostro lavoro sia fruttuoso, benedico affettuosamente voi tutti e i migranti che qui rappresentate. Che lo Spirito Santo vi sostenga con la sua luce e la sua forza! La Vergine Maria vegli su di voi e su tutti coloro che si mettono in viaggio.


Data: 1988-10-25 Data estesa: Martedi 25 Ottobre 1988









Ai Vescovi del Portorico in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Mostrate senza arbitrari riduzionismi la bellezza del Vangelo per rispondere alle sfide secolaristiche della vostra società

Testo:

Signor Cardinale, cari fratelli nell'episcopato.


1. Sono felice di darvi il mio più cordiale benvenuto a questo incontro, che segue i colloqui privati avuti in occasione della vostra visita "ad limina". Ringrazio per il deferente saluto con cui mi trasmettete anche i sentimenti di vicinanza e affetto dei vostri fedeli diocesani, che formano questa porzione della Chiesa di Dio nel Portorico.

La visita dei Vescovi "ad limina apostolorum", segno di comunione interecclesiale, consiste fondamentalmente, come ben sapete, nel venerare i sepolcri degli apostoli Pietro e Paolo, nel visitare il Papa per informarlo sullo stato delle rispettive diocesi, e anche nel prendere contatto con i dicasteri della Curia romana. Questi incontri senza dubbio aiutano a far crescere l'unità fra le Chiese locali e quella di Roma, sede dell'apostolo Pietro che è il principio ed il fondamento visibile della comunione dei Vescovi e dei fedeli.

Quindi si può affermare che la Cattedra di Pietro tutela le legittime differenze e, allo stesso tempo, vigila affinché le particolarità di ogni Chiesa, lontane dall'essere un ostacolo per l'unità, la arricchiscano. perciò il Papa ha non solo la missione di ottenere il bene comune della Chiesa universale, ma anche quello di ciascuna delle Chiese locali. In questo senso gli incontri privati e collettivi della visita "ad limina" permettono al Vescovo di Roma di conoscere da vicino le necessità e le situazioni locali di ciascuna comunità di credenti.


2. Il consolidamento del senso collegiale nel seno della vostra Conferenza episcopale, contribuirà certamente a dare vigore al vostro ministero, ed a un miglior adattamento alle realtà pastorali. In effetti, se la responsabilità e la competenza del Vescovo ordinario nella propria diocesi sono primarie e insostituibili (cfr. LG 20 LG 23), la stessa Conferenza è un mezzo efficace per riuscire ad ottenere un maggior bene per i fedeli su scala interdiocesana o regionale, poiché quelle problematiche che superano l'ambito di una diocesi, richiedono, in generale, studi e orientamenti allo stesso livello. In questo modo, contando sulla generosa collaborazione di tutti, con prospettiva e programmi unitari, si potrà ottenere una linea comune che sia di aiuto a tutti nell'esercizio della propria funzione pastorale.

In questo compito dovete vivere intensamente la unione fra voi, così come con il successore di Pietro e con tutta la Chiesa. La testimonianza di unità fra voi sarà certamente motivo e stimolo per accrescere ancora di più l'unità con i vostri sacerdoti, con gli operatori della pastorale e con gli altri membri delle vostre Chiese particolari.


3. In vista del V centenario della evangelizzazione dell'America, nel quadro di quella che è stata chiamata "nuova evangelizzazione" - e tenendo presente anche la realtà della Chiesa del Portorico, come avete detto personalmente durante i nostri incontri e nelle relazioni quinquennali - desidero farvi partecipi di alcune riflessioni che possono contribuire a potenziare l'unità operativa e dinamica nel vostro ministero pastorale.

Come Vescovi voi siete la voce di Cristo fra i fedeli. sine maestri della verità, poiché in una Chiesa al servizio della verità siete i primi evangelizzatori, e nessun a!tro impegno potrà esimervi da questa misslone sacra.

Dovete vegliare dunque, affinché le vostre comunità procedano incessantemente nella conoscenza e messa in pratica della Parola di Dio, stimolando e guidando anche coloro che sono vostri collaboratori nell'insegnamento. perciò incoraggiando il legittimo compito dei teologi, che svolgono una missione specifica all'interno della Chiesa, voi dovete prestare allo stesso tempo un servizio permanente nel discernimento della verità, con la fedeltà dovuta al Magistero ecclesiale. E, se fosse necessario, preservando tale verità dalle possibili manipolazioni da parte di magisteri paralleli di persone o gruppi, come segnala il Documento di Puebla ("Puebla", 687).

Come vescovi avete anche una responsabilità ben definita in campo liturgico, in quanto dispensate la grazia e presiedete la comunità in preghiera.

Di conseguenza, dovete ottenere la promozione della liturgia e una fruttuosa amministrazione dei sacramenti, specialmente quello dell'Eucaristia, della quale la Chiesa continuamente vive e cresce" (LG 26). perciò dovete prestare attenzione al fatto che siano rispettate le norme stabilite, soprattutto durante la celebrazione eucaristica, che mai devono dipendere dall'arbitrio o dalle iniziative particolari di persone o gruppi che si discostano dagli orientamenti dati dalla Chiesa.

Siete, amati fratelli, al servizio dell'unità. In effetti, con la potestà sacra di cui siete stati investiti nell'ordinazione episcopale, dovete suscitare fiducia e partecipazione responsabile da parte di tutti, creando un clima di comunione ecclesiale nella diocesi, senza danno per la vostra specifica responsabilità come autorità, per il bene e la salvezza delle anime.

Particolarmente delicata può essere la vostra missione ministeriale, quando occorre orientare i laici nel loro compito di collaboratori nella costruzione della città terrena, ma non bisogna dimenticare che "i pastori, dato che devono preoccuparsi dell'unità, si spoglieranno di qualunque ideologia politico-partitica che possa condizionare i propri criteri e comportamenti" ("Puebla", 526). In questo modo sarete pienamente strumenti di riconciliazione e di convivenza pacifica, guidando la comunità dei fedeli verso obiettivi di maggior giustizia sociale, così come di difesa e promozione dei diritti di ognuno, specialmente dei più poveri e bisognosi.


4. Per portare a termine il vostro compito episcopale la collaborazione dei vostri sacerdoti, religiosi, religiose e operatori della pastorale è meravigliosa e indispensabile. So che a questo proposito il Portorico sta ricevendo aiuto da parte di altre comunità ecclesiali, cosa che è consolante e manifesta la comunione fra le Chiese, ma allo stesso tempo, questo dato rivela la necessità di applicarsi con grande intensità in una pastorale vocazionale convenientemente programmata.

Come ho già avuto occasione di indicare nel discorso inaugurale della Conferenza di Puebla, "ogni comunità deve procurare le proprie vocazioni, anche come segno della propria vitalità e maturità. Bisogna riattivare una intensa azione pastorale che, partendo dalla vocazione cristiana in generale e da una pastorale giovanile entusiasta, dia alla Chiesa i servitori che ha bisogno" ("Allocutio ad Episcopos aperiens III coetum generalem Episcoporum Americae Latinae, in urbe Puebla", IV, die 28 ian. 1979: , II [1979] 210). Sapete bene che è di grandissima importanza il fatto che le diocesi o province ecclesiastiche possano disporre di propri centri in cui siano accolti e formati i candidati al sacerdozio ed alla vita religiosa. E' vero che per questo c'è bisogno di educatori responsabili e ben preparati intellettualmente e spiritualmente, ma state pur sicuri che con l'aiuto di Dio, potrete procurare i formatori competenti che seguano con sollecitudine la preparazione dei vostri seminaristi nei loro ambienti ed in contatto diretto con la problematica pastorale e umana delle comunità che un giorno dovranno servire.

Tutti gli sforzi che farete per la buona formazione dei candidati al sacerdozio ed alla vita religiosa - cominciando dalla promozione delle vocazioni nell'ambito dei centri di insegnamento - saranno di vitale importanza per le vostre comunità ecclesiali.

Ed affinché le vocazioni trovino l'ambiente naturale in cui germogliare e svilupparsi, è imprescindibile curare la pastorale familiare. Insistete ed orientate i vostri sacerdoti perché considerino questo impegno apostolico prioritariamente. Grazie a ciò moltiplicheranno l'efficacia del proprio apostolato, se riusciranno a fare di ogni famiglia una vera Chiesa domestica e un centro propulsore per la evangelizzazione delle altre famiglie (cfr. FC 52-55).


5. Particolare attenzione da parte della vostra sollecitudine di pastori, devono avere i movimenti apostolici, il cui dinamismo deve avere la propria fonte nella forza della fede e nella vita sacramentale.

Sapete bene che "l'apostolato dei laici sgorga dalla stessa essenza della loro vocazione cristiana" (AA 2). Essi, assistiti convenientemente dai sacerdoti, devono operare - individualmente o legittimamente associati - per avvicinare alla Chiesa quei fratelli la cui fede si è indebolita o che da questa si sono allontanati. Allo stesso modo, i laici devono prestare la loro generosa collaborazione nelle attività parrocchiali e diocesane: nella catechesi, nella assistenza caritativa, nella promozione sociale ed umana. Ma, soprattutto, devono offrire testimonianza di vita cristiana affinché le loro famiglie siano - come segnala il Documento di Puebla - il "primo centro di evangelizzazione" ("Puebla", 617).

D'altra parte non vi sfuggono, cari fratelli, i rischi ed i pericoli che minacciano l'istituzione familiare. Fattori di diversa indole hanno contribuito a far si che, nella nostra epoca, certi principi che sono basilari per la stabilità familiare, si vedano seriamente minacciati.

In effetti, una diffusa mentalità a favore del divorzio, che vuole evitare impegni definitivi, così come le riprovevoli pratiche anticoncezionali e la violazione del dono della vita mediante l'aborto, divulgati anche da alcuni mezzi di comunicazione sociale che non sempre promuovono i veri valori umani e dello spirito, fa si che vadano via via aumentando i casi di dolorose situazioni familiari che tanti e così gravi problemi suscitano.

Compito ineludibile della pastorale familiare sarà, di conseguenza, continuare ad insegnare ai coniugi cristiani un rispetto sempre maggiore per il valore della vita, poiché nel generare un figlio, gli sposi devono essere coscienti che stanno collaborando intimamente al piano creatore di Dio. La paternità responsabile che difende la dottrina cattolica, deve essere fonte di orientamento chiaro e di spiritualità cristiana per gli sposi. Tale dottrina non potrà, in nessun caso, essere presentata in senso riduttivo, facendola diventare quasi sinonimo del contrario, cioè come assenza di paternità o maternità. In una parola, il matrimonio cristiano, sacramento istituito da Gesù Cristo, deve significare sempre un "si" alla vita.


6. E' innegabile che la promozione e la difesa dei valori morali e dello spirito nell'istituzione familiare, contribuirà anche, fra le altre cose, ad aprire nuovi cammini ed a dare motivi di speranza ad una gioventù che, assediata da una società permissiva e di consumo cerca ciò nonostante ideali nobili che diano senso alle loro legittime aspirazioni ad un mondo più giusto e fraterno. E' Cristo l'unico che può saziare pienamente il cuore del giovane che si apre alla vita.

La formazione religiosa dei bambini e dei giovani deve continuare ad essere oggetto principale della vostra azione pastorale. Vi invito poi, a consacrare alla catechesi "le migliori risorse di uomini e di energie, senza risparmiare sforzi, fatiche e mezzi materiali per meglio organizzarla e per formare un personale qualificato" (CTR 15) Tutto ciò diventa ancor più necessario se teniamo conto di certi fenomeni attuali, segnati da un sottile processo di secolarizzazione, e degli atteggiamenti laicisti e degli orientamenti puramente terreni, fatto che provoca un indebolimento dell'incidenza del messaggio evangelico nella vita dell'uomo e della società.

E' necessario pertanto, raccogliere gli forzi di tutti per rendere realtà la trasmissione di una fede profonda e autentica, che presenti con chiarezza tutta la bellezza del Vangelo, senza riduzionismi dubbiosi ed interpretazioni arbitrarie che creano confusione e sono estranee alla dottrina ed al Magistero della Chiesa.


7. Da questo punto di vista si rende indispensabile la programmazione e messa in pratica di una pastorale organica d'insieme che, approfittando di tutte le forze vive della Chiesa in Portorico, dia impulso ad una evangelizzazione integrale che penetri profondamente nella realtà sociale e culturale persino nel campo economico e politico.

Tale evangelizzazione integrale avrà naturalmente il suo culmine in una intensa vita liturgica che renda le parrocchie delle comunità ecclesiali vive, in cui sia promossa una crescente formazione cristiana dei fedeli e una partecipazione più attiva all'azione assistenziale e caritativa della Chiesa. In una parola: che siano comunità impegnate con un nuovo ed entusiasta dinamismo apostolico.

In questo contesto, anche la religiosità popolare, convenientemente purificata dagli elementi spuri, potrà essere un valido strumento di evangelizzazione e veicolo di una autentica crescita nella fede, che consolidi i fedeli nella loro condizione di figli della Chiesa, di fronte al proselitismo delle sette.

Prima di concludere desidero rinnovarvi amati fratelli, il mio ringraziamento ed il mio affetto. Chiedo al Signore che questo incontro consolidi e confermi la vostra unione mutua come pastori della Chiesa nel Portorico. Con ciò il vostro ministero apostolico guadagnerà in efficacia ed intensità, e ciò non farà altro che bene alle vostre rispettive comunità ecclesiali.

Allo stesso tempo vi affido l'incarico di portare ai vostri sacerdoti, religiosi, religiose, seminaristi, operatori della pastorale ed a tutti i vostri diocesani, il saluto e la benedizione del Papa, che per tutti prega con viva speranza e che conserva nei suoi affetti e nel suo cuore di pastore, il caro ricordo della intensa giornata vissuta con loro in occasione della visita apostolica di quattro anni fa.

Alla intercessione della santissima Vergine raccomando le vostre persone, le vostre intenzioni ed i propositi pastorali, affinché portiate a termine l'incarico di una nuova evangelizzazione. Con questi auguri vi accompagna la mia che prepara i cuori alla venuta preghiera e la mia benedizione apostolica.


Data: 1988-10-27 Data estesa: Giovedi 27 Ottobre 1988




All'Ambasciatore di Nigeria - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Le tragedie del continente africano: disprezzo dei diritti e discriminazione razziale

Testo:

Signor Ambasciatore.

E' per me un piacere ricevere in Vaticano l'eccellenza vostra, come Ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Repubblica Federale di Nigeria presso la Santa Sede. Accetto volentieri le sue lettere credenziali e la prego di trasmettere la mia gratitudine per i cordiali saluti e felicitazioni del suo Presidente, sua eccellenza il generale Ibrahim Badamasi Babangida. Li ricambio con l'assicurazione della mia preghiera per il suo bene e per la pace, l'armonia e la prosperità della sua nazione.

Nell'accoglierla, ho notato con soddisfazione il suo riferimento alla mia visita pastorale in Nigeria del 1982. Fu per me una gioia, in quell'occasione memorabile, sperimentare la calorosa ospitalità del popolo nigeriano e testimoniare le sue nobili qualità. La visita mi consenti di mostrare fraterna solidarietà verso tutto il vostro popolo e anche di manifestare stima per i giusti valori religiosi e culturali che gli stanno a cuore.

La Chiesa apprezza l'importanza che il governo attribuisce al suo ruolo nella promozione dello sviluppo del popolo nigeriano. E' vero che l'impegno della Chiesa per lo sviluppo ha una dimensione economica, che si dimostra nei suoi sforzi per migliorare il livello di vita, promuovere l'occupazione e ridurre ogni forma di povertà fisica, ma nello stesso tempo la Chiesa non si limita al progresso economico delle persone e dei popoli. Come ho ricordato nella mia recente enciclica "Sollicitudo Rei Socialis": "Se lo sviluppo ha una necessaria dimensione economica, poiché deve fornire al maggior numero possibile degli abitanti la disponibilità di beni indispensabili per "essere", tuttavia non si esaurisce in tale dimensione. Se viene limitato a questa, esso si ritorce contro quelli che si vorrebbero favorire" (SRS 28).

Una speciale attenzione va data alla dimensione umana dello sviluppo, che "si misura e si orienta secondo questa realtà e vocazione dell'uomo visto nella sua globalità, ossia secondo un suo parametro interiore" (SRS 29). Alcune condizioni che caratterizzano lo sviluppo umano sono un'accresciuta stima per lo sviluppo degli altri, un desiderio di cooperare per il bene comune e una volontà di lavorare per la pace.

Desidero dare riconoscimento alla Nigeria per il suo impegno per la pace e l'armonia di tutte le nazioni del mondo. La pace cui il mondo anela dipende molto dal successo degli sforzi per la solidarietà e cooperazione tra tutte le nazioni del mondo. Comporta anche l'armonia tra tutti i settori della popolazione in ciascun Paese al servizio di un autentico sviluppo.

Come lei è consapevole, signor Ambasciatore, "tutelare e promuovere gli inviolabili diritti dell'uomo è dovere essenziale di ogni potestà civile" (DH 6). E' una grande tragedia che in certe zone del continente africano e altrove non siano ancora pienamente rispettati i diritti fondamentali della persona e che esista il male della discriminazione razziale. La Chiesa insegna che "ogni genere di discriminazione, sia in campo sociale che culturale, in ragione del sesso, della stirpe, del colore, della condizione sociale, della lingua o religione, deve essere superato ed eliminato, come contrario al disegno di Dio" (GS 29). Per favorire i necessari cambiamenti in un mondo indebolito da varie forme di discriminazione, la Chiesa cerca di rendere sicuri di inviolabili diritti di individui e di gruppi, incoraggiando il dialogo e la reciproca comprensione e promuovendo attivamente la giustizia, la solidarietà e l'amore fraterno.

Lei ha ricordato le mie parole ai Vescovi nigeriani sull'importanza che i cristiani e i musulmani lavorino insieme per una coesistenza pacifica. Come lei sa, la Chiesa ha un profondo rispetto per i musulmani, poiché ritiene che il disegno di salvezza abbraccia tutti quelli che riconoscono il Creatore. Questo rispetto comprende la disponibilità a collaborare con loro per il miglioramento dell'umanità, e l'impegno a ricercare insieme l'autentica pace e giustizia.

Similmente, ho detto nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace di quest'anno: "In primo luogo i responsabili delle confessioni religiose sono tenuti a presentare il loro insegnamento senza lasciarsi condizionare da interessi personali, politici e sociali, ed in modi consoni alle esigenze della convivenza e rispettosi della libertà di ciascuno" ("Nuntius ob diem ad pacem fovendam dicatum pro a.D. 1988", 4, die 8 dec. 1987: , X, 3 [1987] 1338). Nel momento in cui lei inizia la sua missione, desidero assicurarle, eccellenza, la piena collaborazione della Santa Sede. E' mia speranza che le amichevoli relazioni già esistenti tra la Nigeria e la Santa Sede riceveranno un ulteriore consolidamento dal suo lavoro. Sulla sua persona, sul Presidente, il governo e il popolo della Nigeria invoco copiose benedizioni da parte di Dio onnipotente.


Data: 1988-10-27 Data estesa: Giovedi 27 Ottobre 1988




Alla Federazione Mondiale delle Città Unite - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La pace non è un tema per ricerche speculative ma un obiettivo da perseguire e da realizzare

Testo:

Signor presidente, signore, signori.


1. Sono felice di ricevervi, in occasione della conferenza internazionale organizzata a Roma dalla Federazione Mondiale delle città unite e città gemellate, su un tema di grande portata: "La città al servizio della pace".

Il vostro presidente, Pierre Maurois, ha spiegato lo spirito in cui si svolgono i vostri incontri; lo ringrazio delle gentili parole che mi ha rivolto, manifestando l'attenzione da voi accordata alla missione del Vescovo di Roma. Un saluto cordiale agli organizzatori del vostro incontro, al presidente della regione Lazio, alla presidente della regione di Roma, al sindaco di Roma, a tutti i delegati delle comunità urbane venuti da diverse parti del mondo.


2. Ci tengo ad esprimere anzitutto la stima che ho per la vostra riunione, perché l'argomento su cui vi siete soffermati in questi giorni ha una grande importanza.

E sono sicuro che le conlusioni del vostro dibattito saranno utili per il progresso sociale e civico dei vostri diversi Paesi. Aggiungo che la scelta di Roma per il vostro incontro di quest'anno ha certamente contribuito alla vostra riflessione: la storia di questa città, presente in tanti resti visibili, invita a trovare le origini del cristianesimo e a prendere coscienza del suo ruolo unico nella cultura d'Europa e del mondo.

L'enunciato stesso del vostro tema, che comprende la nozione di "servizio", mostra la vostra convinzione che occorre stimolare l'impegno costante di ciascuno e per tutti. La pace non è solo un tema di ricerca speculativa, ma è un obiettivo da perseguire e da realizzare concretamente.

A questo proposito, desidero evocare quel grande pensatore e teologo che fu sant'Agostino. Ci ha lasciato, nel trattato "La città di Dio", delle pagine indimenticabili. In esse parla della città degli uomini, dopo aver definito la pace con la celebre formula, "la tranquillità dell'ordine", egli afferma: "La pace della città è la concordia armoniosa degli abitanti quando essi comandano e quando essi obbediscono" (S. Augustini "De Civitate Dei", XIX, 13,1). Egli spiega che, in una simile concordia, l'ordine consiste "anzi tutto nel fatto di non nuocere ad alcuno, poi nel rendersi utili al maggior numero possibile di persone" (S.

Augustini "De Civitate Dei", XIX, 14).

Il concetto di pace, analizzato alle sue radici, si presenta in un quadro globale. La pace non è solo l'eliminazione o la tregua delle armi, inventate disgraziatamente dagli uomini con grande ingegnosità per distruggere ed uccidere; essa non è neppure quella che viene chiamata "pace fredda", che consiste nella "semplice coesistenza di popoli diversi, mantenuta attraverso il mutuo timore e la reciproca disillusione" (Pii XII "Nuntius radiofonicus in Nativitate Domini", 1954). Essa è, al contrario, convivenza nella verità e nell'amore, capace di gettare ponti che uniscono gli uomini, le città, le nazioni, i continenti. Essa riflette uno stato d'animo costante; essa esprime visibilmente ciò che viene dal cuore.


3. La pace ha delle dimensioni internazionali tali da chiamare direttamente in causa la politica estera degli uomini di stato. Ma essa si costruisce concretamente anche a partire dai rapporti umani vissuti dai semplici cittadini nella loro vita quotidiana. Tocca a ciascun cittadino, in effetti, costruire una convivenza positiva, per la promozione dell'uomo e lo sviluppo sociale.

E' così che la città, come comunità più ristretta e strutturata, appare, dopo la famiglia, come il quadro adeguato per l'educazione attiva alla pace, senza la quale il bene comune è una parola priva di senso. La concordia armoniosa della grande comunità nazionale è il risultato degli sforzi coordinati di ciascuna città.

La città è dunque la scuola naturale della pace. Questo impegna i pubblici poteri a tener conto nella loro amministrazione dei bisogni reali della comunità urbana, a eliminare con coraggio e competenza gli ostacoli al bene comune, a esigere dai gruppi e dagli individui le necessarie collaborazioni.

Tutti hanno coscienza delle difficoltà delle città nel mondo contemporaneo, poiché hanno assunto la dimensione di metropoli o megalopoli e diventa sempre più difficile mantenervi delle condizioni di vita a misura d'uomo.

Ma le complessità dei problemi non è un motivo sufficiente per abbandonare questi obiettivi o cadere nell'immobilismo.


4. Signore, signori, sono sicuro, venendo qui, voi desideravate ascoltare una parola ispirata dalla fede e che vi invita a continuare nel vostro impegno con generosità.

Il principio cristiano secondo cui ogni uomo è un fratello priva di fondamento ogni idea di conflitto. Incita all'accordo. Invita alla collaborazione, se non altro per risolvere i problemi dell'amministrazione civile. Per assicurare il bene di tutti, è necessario arrivare a sviluppare uno spirito di aiuto vicendevole.

Auspicando il felice esito del vostro lavoro, formulo per ciascuno di voi, come pure per le città rappresentate, dei voti cordiali, invocando la benedizione di Dio.


Data: 1988-10-28 Data estesa: Venerdi 28 Ottobre 1988




Ai Vescovi del Pacifico in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Siate ministri di riconciliazione per offrire ai paesi in guerra un terreno d'incontro nell'amore

Testo:

Cari fratelli Vescovi.


1. Vi saluto oggi nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, che ci unisce in un autentico spirito di amore e di pace. E' per me una grande gioia incontrarmi con ciascuno di voi in occasione della vostra visita "ad limina" e conoscere le "grandi opere di Dio" nella vita della Chiesa in Micronesia, Melanesia e Polinesia. Noto con piacere che la provincia ecclesiastica di Agana fa parte della vostra Conferenza episcopale. Pregando sulle tombe degli apostoli Pietro e Paolo, voi rappresentate l'omaggio delle vostre Chiese locali alla memoria di queste colonne della Chiesa romana. Con questo omaggio voi vi unite ai tesori spirituali di vita cristiana posseduti dal vostro clero, religiosi e laicato, tesori che condividete con la Chiesa universale attraverso il mistero della comunione ecclesiale.

Tutta la Chiesa gioisce con voi nel ricordare il centesimo e seicentesimo anniversario dell'evangelizzazione cristiana che molte delle vostre Chiese hanno celebrato recentemente o celebreranno nel prossimo futuro. Essa si unisce nel rendere grazie a Dio per la pienezza del Vangelo sperimentato dalle popolazioni del Pacifico. E' piena di fiducia e speranza orante che "la vostra carità si arricchisca sempre più in conoscenza e in ogni genere di discernimento, perché possiate distinguere sempre il meglio ed essere integri e irreprensibili per il giorno di Cristo, ricolmi di quei frutti di giustizia che si ottengono per mezzo di Gesù Cristo a gloria e lode di Dio" (Ph 1,9-11).


2. Cari fratelli, so che questo è un momento importante per la formazione futura della Chiesa nelle isole del Pacifico. I semi della fede cristiana piantati hanno prodotto un giovane albero che continuerà a crescere forte e dare frutti, se riceverà l'amore e la cura necessaria. In questo momento della vostra storia, l'indipendenza nazionale è ancora uno sviluppo recente per molti dei vostri Paesi mentre l'evangelizzazione e l'edificazione delle Chiese locali resta una esperienza appena iniziata. C'è una crescente consapevolezza nelle vostre popolazioni della propria identità ed eredità culturale all'interno della famiglia umana e della comunione della Chiesa. Sono impazienti di assumersi la responsabilità di se stessi in modo da testimoniare la dignità e l'unicità della loro cultura. In queste circostanze la loro testimonianza del Vangelo rinnova la giovinezza della Chiesa. Incita i fratelli e le sorelle del resto del mondo a cercare quel "rinnovamento della Chiesa che consiste essenzialmente nell'accresciuta fedeltà alla sua nazione" (UR 6). Questa testimonianza incoraggia tutti i popoli delle vostre isole a lavorare per una società giusta e pacifica basata sull'amore a Dio e al prossimo.

La sfida che attende le vostre Chiese è semplicemente questa: penetrare sempre più profondamente le insondabili ricchezze di Cristo così che egli possa condurvi e guidarvi in ogni momento della vita, avanzare con forza in ogni più alta sintesi della fede con la vita, del Vangelo con la cultura. L'esortazione apostolica "Evangelii Nuntiandi" lo puntualizza bene: "Evangelizzare è portare la buona novella in tutti gli strati dell'umanità e, col suo influsso, trasformare dal di dentro, rendere nuova l'umanità stessa... (Il suo scopo) è... convertire la coscienza personale e insieme collettiva degli uomini, l'attività nella quale essi sono impegnati, la vita e l'ambiente concreto loro propri" (Pauli VI EN 18). "Occorre evangelizzare la cultura e le culture dell'uomo... in modo vitale, in profondità e fino alle radici" (Pauli VI EN 20).


3. Come ben sappiamo, questi scopi, così chiaramente enunciati dal mio predecessore Paolo VI, non sono raggiunti una volta per tutte, ma devono essere nuovamente conquistati in ogni epoca. Davvero saggia è l'osservazione che in questo mondo mutevole noi non siamo mai gli stessi; se non camminiamo, inevitabilmente andremo indietro nella nostra lotta per la pienezza come persone e come famiglia umana. Ancor di più, allora, proprio noi, cui è stato detto: "Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste" (Mt 5,48), dovremmo sforzarci sempre di approfondirci ed elevarci nell'edificazione del corpo di Cristo e nella trasformazione del mondo dall'interno.

E' questo un momento particolare nella vostra storia, in cui gli sviluppi politici, economici e culturali richiederanno certamente che si facciano molte scelte sul tipo di società che il vostro popolo desidera per sé e per i propri figli, e sul tipo di contributo da dare all'insieme delle nazioni. Portando testimonianza al Vangelo alle radici della vita politica, economica e culturale, ciascuna delle vostre Chiese locali aiuta a promuovere la pace, che le armi non possono assicurare, la felicità che il denaro non può acquistare, il senso della propria dignità e sicurezza che ogni persona deve trovare in se stessa e non in una superficiale cultura di massa.

In ogni epoca la Chiesa lavora e prega perché, nel formare la loro società e cultura, i popoli siano guidati dall'amore per il bene, per ciò che si accorda con l'umana dignità che viene da Dio stesso. Di più, è sua convinzione che le più profonde aspirazioni dell'uomo trovano risposta solo nell'uomo perfetto, Gesù Cristo, che è "pieno di grazia e di verità" e "dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto" (Jn 1,14-17). Più profondamente le vostre Chiese locali si radicano in questa fede, con maggiore efficacia esse sfideranno gli uomini ad approfondirsi ed elevarsi nello sforzo di compiere la loro vocazione di uomini, che è la comunione con Dio e con gli altri in una "civiltà dell'amore" che è un anticipo terreno, seppure imperfetto, dell'eterna gioia del paradiso.


4. La missione della Chiesa di elevare e approfondire la nostra umanità per mezzo del Vangelo si svolge a molti diversi livelli. Uno dei più importanti è il matrimonio e la famiglia. La fede cristiana che proclama che "Dio è amore" (1Jn 4,8), non può non abbracciare quel profondo livello di amore umano, cioè l'amore coniugale, che è ordinato alla procreazione di nuovi esseri umani, vivo riflesso dell'amore tra gli sposi (cfr. FC 14). L'unione del marito e della moglie costituisce un sacramento di salvezza, segno dell'amore di Cristo per la Chiesa. Le vostre società sono sempre più esposte all'influsso della cultura di massa del mondo contemporaneo; c'è pertanto il pericolo che i valori cristiani del matrimonio e della famiglia siano minati. E' importante che da parte di tutti i popoli del Pacifico ci sia una scelta consapevole per sostenere la dignità del matrimonio e della famiglia, che ha la missione di "salvaguardare, rivelare e comunicare l'amore" (cfr. FC 17). Che cosa c'è di più importante per il futuro dei vostri popoli e per il bene di tutta l'umanità? Ogni sforzo da parte vostra per salvaguardare e promuovere la santità del matrimonio e della famiglia costituisce una sfida al popolo per approfondirsi ed elevarsi nel comprendere e nel vivere queste realtà umane che non devono mai essere separate dalla fonte della vita e dell'amore che è il Creatore.


5. La stima che abbiamo per il matrimonio cristiano ci conduce anche ad esprimere la nostra stima per il celibato e la verginità consacrata. Solo quando la sessualità viene rispettata come un bene che viene da Dio, allora il celibato e la verginità possono acquistare il significato positivo di una donazione di sé per il Regno dei cieli (cfr. FC 16). Partecipo alla gioia di quelli di voi le cui Chiese locali vedono la nascita di vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa. Questo rappresenta una messe evangelica molto preziosa. E' un segno del fatto che le radici della fede sono ben piantate nelle vostre culture.

Nello stesso tempo, so anche che altri di voi desidererebbero la nascita di un maggior numero di vocazioni nel loro popolo. Vi invito a non scoraggiarvi, ma a continuare a lavorare e a pregare il Signore "perché mandi operai per la sua messe" (Lc 10,2).

In ciascuno stato di vita il cristiano è chiamato ad approfondire e ad elevare tutto quanto è umano. Accogliendo Cristo nell'intimità del matrimonio e della famiglia, o mettendosi totalmente al suo servizio nel sacerdozio o nella vita religiosa, i cristiani contribuiscono in modo diverso a costruire il corpo di Cristo e a trasformare il mondo nella famiglia di Dio.

Vorrei anche rendere grazie insieme a voi per il ministero dei diaconi permanenti nelle vostre Chiese locali: essi si consacrano generosamente al servizio della Parola di Dio, della liturgia e della carità (cfr. LG 29). E non posso mancare di ricordare i numerosi catechisti che svolgono una importante funzione per custodire e approfondire i fondamenti della fede nella vita dei loro fratelli e sorelle.


6. L'opera dei catechisti conduce a ricordare un altro campo di grande importanza per un autentico sviluppo umano e cristiano, cioè l'educazione. Attraverso il suo impegno educativo, la Chiesa cerca di dare, alla luce del Vangelo, una risposta alle attese della persona umana. L'evangelizzazione e l'educazione sono sempre intimamente legate, perché il Vangelo conferma tutto ciò che c'è di bello, di buono e di vero nella ricerca umana del sapere e dello sviluppo di sé. Noi siamo convinti che questa ricerca conduce verso Dio nel Cristo che è "la via, la verità e la vita" (cfr. Jn 14,6). così la Chiesa "con la ricchezza soprannaturale feconda dall'interno, fortifica, completa e restaura in Cristo le qualità spirituali e le doti di ciascun popolo" (GS 58). Ho fiducia nell'impegno delle vostre Chiese locali per dare una buona educazione, fondata su saldi principi cristiani; produrranno frutti abbondanti non solo per la Chiesa ma per il bene di tutta la società del Pacifico.


7. Cari fratelli, il Vangelo ci invita ad essere ministri della riconciliazione; nei numerosi conflitti che dilaniano il mondo contemporaneo, noi dobbiamo cercare un terreno d'incontro più profondo e dobbiamo metterci sul piano più elevato dell'amore fraterno. Ecco anche qui un frutto importante dell'evangelizzazione. Di tutto cuore, vi dico la mia speranza - e per questo prego - che tutti i popoli del Pacifico sappiano vivere in armonia e nella prosperità, che i conflitti si risolvano pacificamente nella giustizia e nel rispetto degli interessi e delle aspirazioni di tutti. C'è un altro aspetto importante del ministero della riconciliazione, ed è il nostro dovere di sanare le ferite delle divisioni tra i cristiani e di cercare una migliore comprensione con i membri delle altre religioni. Vi incoraggio a continuare nel vostro impegno in questi campi, appoggiandovi sul fondamento dei saldi principi dell'ecumenismo e del dialogo insegnati dal Concilio Vaticano II e precisati dopo nella disciplina e nell'insegnamento della Chiesa.


8. Le isole comprese nella vostra Conferenza episcopale hanno ora due grandi testimoni della fede, san Pietro Chanel e il beato Diego Luis di San Vittore.

Possano i vostri Paesi, nonostante la grande dispersione e la diversità delle loro culture, restare nell'unità della fede portata nel Pacifico da questi missionari a prezzo della loro vita. Continui il seme di grano seminato a produrre messe abbondante per la gloria di Dio e per il bene della famiglia umana. Prego perché questi martiri, insieme con nostra Signora, Stella del Mare, intercedano per voi e per i vostri popoli. A tutti voi imparto di cuore la mia apostolica benedizione.


Data: 1988-10-28 Data estesa: Venerdi 28 Ottobre 1988





GPII 1988 Insegnamenti - Alla Commissione Migrazioni e Turismo - Città del Vaticano Roma)