GPII 1988 Insegnamenti - Ai Vescovi di Papua-Nuova Guinea in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Ai Vescovi di Papua-Nuova Guinea in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nella costruzione di una società più giusta e più pacifica non può e non deve mancare la dimensione morale e religiosa

Testo:

Cari fratelli Vescovi.


1. Vi saluto cordialmente in occasione della vostra visita "ad limina". Sono fiducioso che le vostre preghiere sulle tombe degli apostoli Pietro e Paolo e il vostro incontro fraterno con il successore di Pietro serviranno ad approfondire il mistero di comunione che è la Chiesa. Siete giunti qui da lontano per rendere testimonianza dell'unità del corpo di Cristo e per rafforzare quella "sollecitudine per tutta la Chiesa" (LG 23), che è vostra speciale responsabilità nel Collegio dei Vescovi. Nello stesso tempo, come pastori delle vostre Chiese locali, voi portate nella Chiesa universale una ricca diversità di culture ed esperienze.

Attraverso voi, desidero salutare tutto il clero, i religiosi e il laicato della Papua-Nuova Guinea e delle Isole Salomone e confermarli nella fede.

Ricordo con gioia e gratitudine la mia visita pastorale del 1984, allorché fui personalmente testimone del profondo spirito di fede, speranza e carità, con cui sono benedette le vostre Chiese. Oggi faccio mie le parole di san Paolo ai Colossesi: "Non cessiamo di pregare per voi, e di chiedere che abbiate una conoscenza piena della sua volontà con ogni sapienza e intelligenza spirituale, perché possiate comportarvi in maniera degna del Signore, per piacergli in tutto, portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio" (cfr. Col 1,9-10). Queste parole rivelano la dinamica della vostra vita in Cristo: il Popolo di Dio in Papua-Nuova Guinea e nelle Isole Salomone è pieno di doni dello Spirito Santo così da dare frutti sempre più abbondanti in questo nostro pellegrinaggio terreno.


2. Desidero riflettere oggi brevemente con voi su taluni aspetti della vita della Chiesa nelle vostre diocesi. Come ricordai nel corso della mia visita pastorale, le fondamenta della vostra vita ecclesiale furono gettate dai missionari coraggiosi e pieni di dedizione, che abbandonarono casa e Paese per portare Cristo a coloro che non avevano ancora udito il Vangelo. Rendiamo grazie a Dio per costoro che hanno portato la nuova vita della grazia nelle vostre isole. Alcuni di voi e molti dei vostri sacerdoti e religiosi sono membri di congregazioni missionarie. Siete diventati una cosa sola con il vostro popolo in un autentico vincolo di carità, e avete cercato ardentemente di stargli vicino, affinché - come dice san Paolo - potessero "portar frutto in ogni opera buona e crescere nella conoscenza di Dio" (cfr. Col 1,9-10). So che avete delle difficoltà nel guidare delle comunità che sono disperse qua e là e spesso tra loro isolate, comunità che mancano di personale e risorse finanziarie necessarie per tutti i bisogni.

Tuttavia tutti voi, Vescovi missionari e Vescovi autoctoni portate avanti una grande opera di evangelizzazione, contrassegnata dall'unità e dallo zelo, per la quale desidero lodarvi e ringraziarvi a nome di tutta la Chiesa.

Nello stesso tempo, è naturale che, con il passare degli anni, aumenti la necessità di Vescovi, sacerdoti e religiosi indigeni, poiché la fede si radica e il popolo delle vostre isole cerca una sempre maggiore responsabilità per se stesso e la propria Chiesa locale. Vi incoraggio a continuare nei vostri sforzi per assicurare il sorgere di vocazioni religiose, e una salda formazione spirituale, intellettuale e pastorale per i giovani che svolgeranno un ruolo sempre più importante nelle vostre diocesi come futuri vescovi, sacerdoti e religiosi.


3. Una delle grandi benedizioni del Concilio Vaticano II è la nostra rinnovata consapevolezza del ruolo dei laici nella vita e nella missione della Chiesa.

Questo comporta un'altra realtà di importanza fondamentale, e cioè il rapporto Chiesa-mondo. Il Concilio dice che "il Popolo di Dio, mosso dalla fede, crede di essere condotto dallo Spirito del Signore, che riempie l'universo, cerca di discernere negli avvenimenti, nelle richieste e nelle aspirazioni, cui prende parte insieme con gli altri uomini del nostro tempo, quali siano i veri segni della presenza o del disegno di Dio. La fede infatti tutto rischiara di una luce nuova, e svela le intenzioni di Dio sulla vocazione integrale dell'uomo, e perciò guida la intelligenza verso soluzioni pienamente umane" (GS 11).

"La fede tutto rischiara di una luce nuova": ogni forma autentica di vita cristiana, nella sua diversità, partecipa dell'unica missione della Chiesa di essere sacramento di salvezza nel mondo e per il mondo (cfr. LG 48).

I laici operano per l'evangelizzazione e la santificazione degli altri per il fatto di essere presenti e attivi nella vita quotidiana, pubblica e privata. Essi illuminano e ordinano la società umana e tutte le realtà temporali in modo di essere rinnovate da Cristo e trasformate in accordo con il disegno di Dio (cfr. GS 40 LG 31).

In Papua-Nuova Guinea e nelle Isole Salomone, e ovunque nella Chiesa, molti sono i modi in cui i laici possono compiere questa missione, soprattutto testimoniando il Vangelo nella vita sociale, economica, politica e culturale. In particolare va ricordato il contributo di quanti sono associati direttamente al ministero della Chiesa in settori come la catechesi, l'educazione, l'impegno sociale e l'assistenza caritativa. C'è poi quella fondamentale testimonianza cristiana cui i laici sono chiamati nel matrimonio e la famiglia. Come cristiani noi crediamo che in Cristo Dio ha confermato, purificato ed elevato la chiamata alla comunione, conducendola a perfezione con il matrimonio sacramento di salvezza (cfr. FC 19). In Cristo, lo sposo, il matrimonio diventa un segno vivente dell'unità della Chiesa, suo corpo, e della pienezza dell'amore che solo in Dio si trova. Il matrimonio cristiano e la famiglia sono la soglia dalla quale i nuovi esseri umani entrano nella razza umana e nella famiglia della fede.

I genitori e i figli imparano gli uni dagli altri come vivere ed agire da esseri umani all'interno di una comunità umana. I semi della fede e dell'amore di Dio vengono piantati e nutriti dentro questa "Chiesa domestica" (cfr. LG 11)

4. Cari fratelli, noi, che siamo stati chiamati da Dio a guidare il gregge affidato alle nostre cure, abbiamo la responsabilità di condurre, guidare ed incoraggiare il nostro popolo nella vita cristiana. Dobbiamo fare il possibile per promuovere una sempre più profonda formazione spirituale e dottrinale dei laici, affinché possano essere efficaci testimoni del Vangelo nella società in cui vivono. Questo comporta, da parte nostra, una cura particolare nel sostenere l'insegnamento della Chiesa sulla santità del matrimonio e della famiglia, attraverso iniziative pastorali di sostegno alle coppie sposate in ogni momento della loro vita comune. Una particolare attenzione va data a quelle in difficoltà o in situazioni irregolari per il divorzio o altri problemi. Sono convinto che la cura pastorale della famiglia è di grandissima importanza, poiché il futuro dell'evangelizzazione dipende largamente dalla "Chiesa domestica" (cfr. FC 65).


5. La difesa del matrimonio e della famiglia - di cui ho parlato - è strettamente legata all'impegno della Chiesa per i diritti inalienabili della persona, creata a immagine e somiglianza di Dio. Essa non può mancare di condannare i delitti contro la vita, come l'omicidio, il genocidio, l'aborto, l'eutanasia, il suicidio; ogni violazione dell'integrità della persona umana, come le torture fisiche e mentali, le pressioni psicologiche, la privazione della libertà religiosa e della libertà di coscienza; tutte le offese alla dignità umana, come la discriminazione razziale, le condizioni di vita e di lavoro sub-umane, gli arbitri della legge ed ogni forma di sfruttamento per motivi economici o altro (cfr. GS 26-27). La difesa della persona umana comporta anche l'impegno positivo, da parte della Chiesa, per promuovere l'autentico sviluppo umano, con la parola e con i fatti. Essa lo fa, in particolare, quando i suoi membri generosamente offrono se stessi e i propri averi per il bene di altri e quando percorrono il cammino del perdono, invece di quello dell'odio e della violenza, se ricevono torto.

Testimoniando il Vangelo nella propria vita e in quella della società, i fedeli in Papua-Nuova Guinea e nelle Isole Salomone guardano a voi, cari fratelli, in cerca di guida e ispirazione per "soluzioni pienamente umane", radicate nelle "intenzioni di Dio sulla vocazione integrale dell'uomo" (cfr. GS 11). A questa guida e ispirazione voi provvedete non solo come singoli pastori, ma anche agendo insieme per la salvaguardia e la promozione dell'insegnamento della Chiesa o per l'applicazione di tale insegnamento alle concrete situazioni.

Desidero incoraggiarvi a continuare in questo con la pubblicazione, a livello diocesano e nazionale, di lettere pastorali e dichiarazioni come quella sulla libertà religiosa, prima ricordata. Si dovrebbe far uso anche dei mass-media per far conoscere la posizione della Chiesa sui vari problemi di attualità. così la dimensione religiosa e morale - essenziale nell'edificazione di una società più giusta e pacifica -non verrebbe a mancare. Perseverando su questa strada, voi ottempererete all'esortazione della seconda lettera a Timoteo: "Annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina" (2Tm 4,2).


6. La testimonianza cristiana del Vangelo tocca anche gli altri cristiani e tutti gli uomini di buona volontà. So che nelle vostre Chiese locali è pienamente vissuta la dimensione ecumenica. Dobbiamo rendere grazie a Dio per ogni sforzo di comprendere meglio la fede dei nostri fratelli e sorelle non-cattolici e di collaborare con loro in un autentico spirito di carità. In questo modo speriamo di crescere insieme con loro nel cammino verso l'unità. Un autentico spirito ecumenico è anche una sfida a crescere nell'amore e nella comprensione della nostra fede cattolica. Altrimenti possiamo essere tentati di spazzar via differenze gravi di carattere dottrinale, disciplinare o storico, e i nostri sforzi resteranno superficiali e sterili perché non giungeranno alla radice della divisione. Sono fiducioso che, nell'approfondire la conoscenza e la stima della propria fede, alla ricerca di una migliore comprensione della fede degli altri, il popolo cattolico delle vostre isole darà un importante contributo al grande lavoro ecumenico in cui la Chiesa è così fortemente impegnata.


7. Cari fratelli, ciascuna delle vostre Chiese locali sia sempre un segno della comunione d'amore cristiana, un faro di speranza per tutti coloro che cercano soluzioni pienamente umane ai problemi che assillano i singoli e la società, una fonte di incoraggiamento per tutti coloro che cercano di vivere conformi alla volontà di Dio per la nostra salvezza. Possa il Popolo di Dio in Papua-Nuova Guinea e nelle Isole Salomone guidare la società di cui fa parte a una sempre più profonda consapevolezza che la felicità e la realizzazione dell'uomo si trovano in Dio e nel suo disegno su di noi, che è di amore e misericordia per tutti i figli e le figlie del genere umano. In questa gioiosa occasione, invoco su di voi e sul vostro popolo la forza e la pace che vengono dall'alto, e vi imparto di cuore la mia apostolica benedizione.


Data: 1988-10-29 Data estesa: Sabato 29 Ottobre 1988




Al Consiglio Internazionale per la Catechesi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Occorre spiegare all'uomo contemporaneo i motivi di credibilità razionale che possiede il cristianesimo

Testo:


1. Un vivo ringraziamento a lei, signor Cardinale, per le amabili parole, con cui ha introdotto questo incontro, presentando coloro che vi hanno parte: i superiori e gli officiali della Congregazione per il Clero, con speciale riferimento a quelli che si occupano della sezione pastorale-catechistica; e gli illustri componenti il Consiglio Internazionale per la Catechesi, convenuti da ogni parte del mondo per dare un contributo di studio e di esperienze su importanti problemi catechistici del nostro tempo. A tutti il mio cordiale saluto.


2. Il tema di studio prescelto per questa sesta sessione del vostro Consiglio è di capitale importanza per la Chiesa, in quanto la catechesi degli adulti "si rivolge a persone che hanno le più grandi responsabilità e la capacità di vivere il messaggio cristiano nella sua forma pienamente sviluppata" (CTR 43).

Compito non secondario di questa vostra sessione è stato quello di mettere in risalto le condizioni religiose del soggetto adulto, in relazione anche con l'ambiente socio-culturale in cui egli vive e opera.

In realtà, nel corso di questo secolo, si sono avute vaste trasformazioni sociali, mentre un notevole sviluppo culturale, grazie alle conquiste della scienza e della tecnica, si è esteso rapidamente anche a livello di massa. La società in cui è inserito l'adulto di oggi generalmente è dominata dalla civiltà delle immagini (cinema, televisione, rotocalchi) e dalla rapida diffusione di notizie, idee, valori, dati culturali e scientifici, trasmessi con linguaggio facile e incisivo. Per lo più, in questo contesto, non si parla di Dio; la religione è considerata un fatto privato, quando non viene presentata sotto un'angolazione critica o negativa; inoltre i modelli di vita e le interpretazioni della realtà sono molteplici e contrastanti.

Questo è il contesto in cui è cresciuto il credente adulto dei nostri giorni, il quale purtroppo, il più delle volte, ha compiuto soltanto il primo tratto di quell'itinerario catechistico che conduce a una fede compresa e vissuta.

Egli, in genere, è rimasto fermo alla tappa preparatoria della prima Comunione e della Confermazione o alle nozioni apprese sui banchi di scuola; così che, mentre è cresciuto e maturato sotto l'aspetto fisico, psicologico e professionale, di fatto è ancora allo stadio iniziale per quanto riguarda la crescita e la maturazione della fede. Il risultato è una fede non approfondita, debole e fragile al punto che sembra ormai inesistente.

Per un efficace approccio pastorale-catechistico, è necessario che noi sostiamo con responsabile attenzione davanti a questa tipologia dell'adulto, per studiarne la mentalità, il modo di esprimersi, di comunicare e di vivere in pubblico e in privato.


3. Occorre anche chiedersi quali sono le attese e le esigenze più riposte, nell'adulto di oggi, sotto l'aspetto religioso.

Si può affermare che in genere l'adulto contemporaneo, nel suo intimo, ha fame e sete del Dio vivente, e quindi del sacro, per diversi motivi: sia per le istanze immutabili della natura umana, che porta in sé il segno e il richiamo della prima causa, sia per il maggior sviluppo del discernimento di fronte alle dubbie impostazioni ideologiche e pratiche della società terrena; sia infine per quel senso di incertezza, di paura e di vuoto esistenziale, che deriva da una cultura priva del trascendente.

All'adulto di oggi, che solo apparentemente è spensierato o indifferente, occorre anzitutto tornare a spiegare tutti i motivi di credibilità razionale che possiede il cristianesimo, di cui va sempre sottolineato il carattere storico.

Di fatto, è possibile dimostrare che Dio si è rivelato all'uomo per mezzo di Cristo redentore.

Ma nel passare ai contenuti di questa rivelazione, la catechesi odierna deve assumere i toni della vivezza e dell'attualità.

Il cristianesimo infatti è prima di tutto un "Messaggio di vita" (CTR 26), che, ai nostri giorni come agli inizi, va annunciato e ripetuto con gioia: Gesù di Nazaret, Figlio di Dio fatto uomo, è morto e risorto per la nostra redenzione. E "nel mistero della redenzione dell'uomo diviene nuovamente "espresso" e in qualche modo, è nuovamente creato" (RH 10).

L'adulto contemporaneo, che è svilito da una società materialistica e consumistica, gradualmente e con soddisfazione riprenderà coscienza del suo valore e della sua dignità di uomo, grazie all'annuncio del Vangelo e a una catechesi adatta alle esigenze dei nostri giorni.

Lo scopo di una tale catechesi è di portare l'adulto sulla strada di una educazione basilare e integrale nella fede. Ma nella progettazione dei contenuti catechistici si terrà conto sia dell'ordine gerarchico delle verità sia della situazione concreta in cui si svolge la catechesi.

Non si dovrà comunque trascurare mai la trattazione accurata dei grandi temi che riguardano Dio "ricco di misericordia", Gesù Cristo "parola viva e sostanziale del Padre", la Chiesa "vivificata dallo Spirito Santo".


4. Nella presentazione delle verità riguardanti la fede e la morale si raccomanda di riservare particolare attenzione alla scelta del linguaggio da usare per l'adulto di oggi. La struttura del linguaggio dev'essere tale da suscitare un vivo interesse nell'adulto moderno, di cui occorre rispettare e usare le migliori forme di comunicazione, compresi i segni, i gesti e i simboli.

La catechesi dovrà servirsi dei grandi progressi, fatti dalla scienza della comunicazione e del linguaggio, per poter trasmettere più efficacemente tutto il proprio contenuto dottrinale, senza alcuna deformazione, specie quando è rivolta a particolari categorie di persone, come gli intellettuali, gli analfabeti, gli handicappati ecc. (cfr. CTR 59).

Il rispetto dovuto all'adulto per la sua maturità esige che, nel fare catechesi, le informazioni siano sempre aggiornate, gli argomenti abbiano una concatenazione logica e il discorso faccia riferimenti anche ai dati dell'esperienza, della cultura e della scienza, che sono più significativi per il nostro tempo. La catechesi degli adulti avrà maggiore successo, se si dimostrerà aperta all'incontro tra fede, cultura e scienza, per una mutua integrazione, rispettosa delle reciproche competenze.


5. Ho appreso con soddisfazione che una parte di questa vostra sesta sessione è stata dedicata allo studio degli itinerari metodologici, che si possono usare nella odierna catechesi degli adulti. Le esigenze delle varie aree geografiche e dei differenti momenti catechistici porteranno a scegliere o combinare i diversi modelli tipici di questa catechesi. Ma in ogni itinerario si cercherà di lasciare sufficiente spazio per il dialogo e per la partecipazione attiva dell'adulto all'atto catechistico.

Si tenga presente infine che catechizzare non vuol dire solo usare il modello catechistico più appropriato, con tutte le tecniche e gli strumenti ad essi collegati, ma è anche saper accogliere e valorizzare le capacità degli adulti, ai quali occorre offrire, nel corso dell'anno la possibilità di partecipare a incontri cordiali e a corsi ben organizzati, preferibilmente nell'ambito di una comunità ecclesiale come la parrocchia, luogo privilegiato, perché in esso la pastorale catechistica si attua in un contesto non solo didascalico, ma anche liturgico, sacramentale e caritativo.

Auspico inoltre che anche per gli adulti siano maggiormente usati molteplici mezzi di comunicazione, poiché favoriscono l'attuazione dei vari tipi di catechesi: da quello di iniziazione a quello di approfondimento, da quello occasionale a quello sistematico e permanente, che tende a fare dell'adulto un cristiano convinto e formato.


6. Desidero infine rivolgere la mia parola di incoraggiamento a voi e a tutti coloro che in ogni parte del mondo, attraverso convegni e pubblicazioni, stanno suscitando un salutare risveglio di interesse e di studio per l'evangelizzazione e la formazione religiosa dell'adulto. Il campo di azione, vasto e complesso, presenta spazio e lavoro per tutti, nel segno della carità e dell'unità. Occorrerà valorizzare, in particolare, i vari movimenti e gruppi ecclesiali, i centri e gli istituti catechistici, come pure le scuole di catechetica per i loro contributi di studio e per la loro funzione educativa sugli operatori catechistici.

Serva di stimolo e conforto il fatto che la Chiesa considera la catechesi degli adulti un "problema centrale" e la "principale forma della catechesi" (CTR 43). Sono gli adulti infatti, padri e madri di famiglia, che, una volta educati alla fede, daranno la prima e fondamentale istruzione religiosa ai propri figli nel sacrario della "Chiesa domestica"; sono gli adulti che possono dare una valida testimonianza cristiana ai giovani nel loro processo di ricerca e di maturazione (AA 12); sono infine essi che, scoperta la valenza della vocazione cristiana radicata nel Battesimo, parteciperanno alla missione salvifica della Chiesa come preziosi soggetti attivi sia nelle comunità ecclesiali sia nelle "realtà temporali di cui sono responsabili" (AA 12).

Auspicando che Maria, madre della Parola di Dio "fatta carne" nel suo grembo, renda fruttuoso il lavoro vostro e di quanti consacrano se stessi ad annunciare e a spiegare nel nostro tempo la Parola che dà la vita, imparto di cuore a voi tutti la benedizione apostolica.


Data: 1988-10-29 Data estesa: Sabato 29 Ottobre 1988




Ai partecipanti all'incontro per la pace - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Solo la preghiera può sottrarre il mondo alla diffusa logica della violenza

Testo:

E' per me un grande piacere ricevervi e incontrarvi personalmente e potervi esprimere i sensi del mio rispetto e della mia amicizia. Voi state per concludere il secondo incontro, l'uomo e la religione, sul tema: "Uomini di preghiera alla ricerca della pace". In questi giorni trascorsi a Roma, vi siete incontrati in uno spirito di fraterna armonia per discutere, in seminari e conferenze, sulla pace nelle diverse religioni. Soprattutto, in quanto uomini e donne religiosi e di preghiera, avete pregato per la pace. Il momento centrale del "Meeting" è stata, infatti, la giornata di preghiera nella Basilica di Santa Maria in Trastevere e nella piazza adiacente.

A due anni dalla Giornata mondiale di preghiera per la pace di Assisi, a cui alcuni di voi erano presenti, vi siete riuniti per ricordare quell'avvenimento e per approfondire quell'impegno e quello spirito. Parlando ai rappresentanti delle diverse religioni del mondo, io dissi in quella circostanza: "Continuiamo a diffondere il messaggio di pace. Continuiamo a vivere lo spirito di Assisi". Mi congratulo pertanto con la Comunità di Sant'Egidio, che ha organizzato questo incontro a Roma, nello spirito di ospitalità e amicizia che contraddistingue quelli che hanno fatto del dialogo e del servizio il centro della loro vita.

Il grande dono della pace richiede da parte nostra la perseveranza nello spirito di preghiera e di speranza sperimentati ad Assisi. La minaccia di conflitti ancora persiste. Ci sono ancora popoli che soffrono per le conseguenze della guerra. Molti ancora ripongono la fiducia nella forza delle armi come mezzo per risolvere le divergenze fra le nazioni. Le nostre preghiere e la nostra volontà di pace sembrano poca cosa se comparati alla diffusa logica della forza.

Eppure costituiscono una splendida riserva di energie spirituali che salva il mondo dall'assalto della violenza e danno ispirazione e incoraggiamento ai costruttori di pace.

Il mondo ha bisogno di operatori di pace. E vanno trovati tra coloro che mettono la preghiera e il riferimento a Dio al centro della propria vita. Il vostro incontro dimostra la volontà dei credenti di impegnarsi per la pace.

Davvero gli uomini e le donne di preghiera, i credenti sono per vocazione costruttori di pace. Essi sentono "il legame intrinseco tra un atteggiamento autenticamente religioso e il grande bene della pace" ("Allocutio Assisii, in conclusione sollemnis precationis pro pace", 6, die 27 oct. 1986: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, IX, 2 [1986] 1262). Quest'anno voi esprimete questo invito: "Che ogni religioso o religiosa, ogni credente, sia sempre e in ogni sua opera testimone e operatore di pace".

Nella gioia di ricevervi tutti, saluto in particolare i miei fratelli e sorelle delle diverse Chiese e comunità cristiane. Per noi cristiani, per me Vescovo di Roma, l'impegno per la pace è profondamente radicato nella fede in Dio rivelato in Gesù Cristo. Di lui dice l'apostolo Paolo: "Egli è la nostra pace". E proprio nella profondità della fede, non in un vago sentimento, si radica la scelta di dialogo e amicizia con i seguaci delle altre religioni come precisa il Concilio Vaticano II -, per collaborare nello sforzo di promuovere l'unità della famiglia umana, di metter fine ai dolorosi conflitti, di incoraggiare la giustizia e la crescita spirituale dell'umanità. Radicati nella fede cristiana, questo dialogo, questa amicizia e questa collaborazione in favore della pace con i seguaci delle altre religioni non sminuisce affatto la testimonianza fedele che dobbiamo rendere a Cristo che, noi crediamo, è il salvatore di tutti. Questa testimonianza ci viene dalla fede.

Cari fratelli e sorelle che appartenete alle grandi religioni del mondo, voi sapete che nel corso del mio Pontificato - ad Assisi, qui a Roma e nelle mie visite nei vari Paesi del mondo - mi sono incontrato con gli esponenti di molte religioni e ho avuto modo di manifestare rispettosi sentimenti di amicizia. Ho potuto verificare che, nonostante le ovvie differenze, sta crescendo un clima di dialogo e responsabilità comune. La presenza di illustri rappresentanti delle religioni del mondo, come la vostra qui a Roma, mi conferma in questa consolante riflessione.

L'uomo spirituale diventa maturo nella preghiera, nella meditazione e nel distacco da sè e dalle cose vane; trova, o gli viene data, una sapienza che talvolta il mondo deride. Una tale sapienza lo rende critico di fronte all'uso della violenza per risolvere conflitti e difficoltà; lo fa preoccupare per l'esplosione dell'odio. L'uomo spirituale è un testimone della pace; egli cerca di eliminare ovunque le radici dell'amarezza che possono spingere le persone alla violenza e al conflitto. perciò l'uomo spirituale può diventare una riserva di energia morale per tutti quelli che lo avvicinano. E questo tipo di uomo agisce, lo sappiamo, non ricercando l'approvazione degli altri, ma in obbedienza e sottomissione a Dio, che è sopra di lui. Il nostro padre Abramo, di cui parla la Bibbia e che è un modello per tanti credenti, fu chiamato amico di Dio per la sua totale obbedienza a lui; e per questo poté intercedere per la pace degli uomini e donne del mondo.

Nonostante le reali differenze tra le religioni - che noi spesso abbiamo riconosciuto - dobbiamo dire che il dialogo, l'incontro, l'amicizia e l'invito ai membri delle religioni perché approfondiscano il loro impegno di preghiera fanno scaturire profonde energie spirituali. E il vostro incontro ne è un chiaro esempio. Si stanno trovando un nuovo linguaggio di pace e nuove modalità per esprimerla. Questo nuovo clima spezza, o almeno mette in questione, la catena fatale di divisioni ereditata dal passato o generata dalle moderne ideologie, si è aperta un'epoca in cui si fa sentire la voce della saggezza. Ed è chiaro a tutti che la Chiesa cattolica intende partecipare e promuovere questa nuova epoca, continuando per questo "l'impegno ecumenico e l'impegno per il dialogo interreligioso raccomandato e promosso dal Concilio Vaticano II" ("Allocutio ad Patres Cardinales et Praelatos familiae ipsius Domini Papae necnon Romanae Curiae, imminente Nativitate D. N. Iesu Christi coram admissos", die 22 dec. 1986: , IX, 2 [1986] 2019ss).

Mentre esprimo la speranza che tutti voi siate costruttori di pace nei popoli e nei Paesi da cui provenite, permettetemi di ricordare le parole rivolte al mondo dal mio predecessore, Giovanni XXIII, al termine della sua vita, come messaggio di pace e come preghiera a Dio. Le parole conclusive dell'enciclica "Pacem in Terris" sono un'invocazione a colui che solo può suscitare e rafforzare la volontà di pace: "Allontani dal cuore degli uomini ciò che può mettere in pericolo la pace; li trasformi in testimoni della verità, della giustizia e dell'amore fraterno. Illumini i governi perché, oltre alla sollecitudine per il benessere dei cittadini, essi garantiscano e difendano anche il grande dono della pace; tocchi il cuore di tutti così che possano superare le barriere che dividono, aver cari i legami di amore vicendevole, imparare a comprendersi di uni gli altri e a perdonare chi ha fatto loro del male. Per la sua opera possano tutti i popoli della terra diventare come fratelli e sorelle gli uni per gli altri, e possa la pace che essi desiderano fiorire e regnare per sempre tra loro".


Data: 1988-10-29 Data estesa: Sabato 29 Ottobre 1988




Recita dell'"Angelus" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Giovanni XIII avvio la pia consuetudine di questo incontro domenicale per la recita dell'"Angelus""

L'altro ieri abbiamo ricordato l'anniversario della elezione alla sede di Pietro di Papa Giovanni XXIII, avvenuta precisamente il 28 ottobre 1958. Sono passati già trent'anni da quell'evento e la memoria della sua cara immagine paterna resta sempre viva nel cuore di quanti hanno conosciuto ed amato la sua persona affabile e il suo insegnamento sapiente e fedele alla grande Tradizione della Chiesa.

Come risulta dalle sue note autobiografiche, la devozione alla Madonna fu il costante sostegno nell'esercizio del suo ministero come sacerdote zelante, come accorto rappresentante pontificio in varie nazioni come Patriarca di Venezia e infine, a Roma, come successore dell'apostolo Pietro. Tale devozione gli era stata inculcata nell'ambito della famiglia, nella quale si recitava ogni sera il Rosario. A lui, in particolare si deve l'avvio della pia consuetudine di questo incontro domenicale per la recita dell'"Angelus" con i fedeli di Roma e con i pellegrini di ogni parte del mondo.

Diceva: "La cara immagine della Madonna, sotto il titolo di "Ausiliatrice", fu per molti anni familiare ai nostri occhi di fanciullo e di adolescente nella casa dei nostri genitori" ("Discorsi, Messaggi, Colloqui, del Santo Padre Giovanni XXIII", IV, p. 307). In altra circostanza, nell'esortare i fedeli ad una incrollabile fiducia verso la Vergine, aggiungeva: "A null'altro essa tende che a rendere più robusta, pronta e operante la nostra vita: Maria aiuterà tutti, che siamo pellegrini quaggiù; con il suo sostegno supereremo le immancabili tristezze ed avversità e ci abitueremo a guardare il cielo con serenità e letizia" ("Discorsi, Messaggi, Colloqui, del Santo Padre Giovanni XXIII", II, p. 707).

Nell'imminenza del Concilio Vaticano II, memore delle visite che fin da fanciullo era solito fare con i genitori ai Santuari mariani vicini, volle recarsi in pellegrinaggio al Santuario di Loreto per implorare la materna protezione di Maria sui lavori di quella grande assise ecumenica, la cui solenne apertura volle che avvenisse nella festa della Maternità di Maria: l'undici di ottobre 1962.

La devozione al santo Rosario trovo in lui non solo un devoto, ma un apostolo: "Il Rosario -insegnava nella lettera apostolica, intitolata "Il Religioso Convegno" - come esercizio di cristiana devozione tra i fedeli di rito latino... prende posto per gli ecclesiastici, dopo la santa Messa e il breviario, e per i laici dopo la partecipazione ai sacramenti". Negli ultimi anni della sua vita fece la promessa, rinnovata anche all'inizio del Pontificato, e poi sempre osservata, di recitare ogni giorno non solo la terza parte, ma l'intero Rosario: in esso vedeva un "condensato del Vangelo", il patrimonio spirituale di ogni famiglia cristiana. Nella lettera apostolica sopra citata si rivolgeva alla corona del Rosario con questi fervidi accenti: "Quanta dolcezza nel vederti sollevata dalle mani degli innocenti, dei sacerdoti santi, dei giovani e degli anziani... sollevata dalle folle innumeri e pie come emblema, e come vessillo augurale di pace nei cuori e di pace per tutte le genti umane".

Riascoltando oggi questa voce tanto autorevole, perseveriamo anche noi alla scuola della Madonna, Madre della Chiesa e avvocata di ciascuno di noi presso il suo Figlio Gesù.


Data: 1988-10-30 Data estesa: Domenica 30 Ottobre 1988





GPII 1988 Insegnamenti - Ai Vescovi di Papua-Nuova Guinea in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)