GPII 1988 Insegnamenti - All'Ambasciatore di Australia - Città del Vaticano (Roma)

All'Ambasciatore di Australia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Cooperazione internazionale e dialogo tra le nazioni per superare pregiudizi, divisioni ed incomprensioni

Testo:

Signor ambasciatore.

Ricevo con piacere le lettere che accreditano l'eccellenza vostra come ambasciatore straordinario e plenipotenziario di Australia presso la Santa Sede.

Nell'offrirle un cordiale saluto, desidero ringraziarla per gli ossequi presentati da parte del governatore generale, il primo ministro, il governo e il popolo dell'Australia. La prego di ricambiare questi saluti. Nello stesso tempo le assicuro la mia costante preghiera per l'armonia e la prosperità di tutti gli abitanti della nazione australiana.

E' una gioia speciale accoglierla, signor ambasciatore, nell'anno in cui l'Australia celebra il bicentenario della colonizzazione europea. Questa storica ricorrenza è un'occasione per ricordare con soddisfazione con quanto successo popoli con diverse tradizioni etniche, culturali e religiose hanno lavorato insieme per due secoli costruendo una nazione prospera e amante della pace.

Percorrendo questo cammino nella giustizia e nel mutuo rispetto, siete stati testimoni della verità che "la pace è il frutto di rapporti giusti e onesti ad ogni livello della vita umana, ivi compreso il livello sociale, economico, culturale ed etico" ("Allocutio Camberrae, ad Oratores gentium et nationum", 5, die 25 nov. 1986: , IX, 2 [1986] 1611). E' mia fervida speranza che la celebrazione del bicentenario serva a rafforzare i legami di comprensione e collaborazione tra tutti i gruppi etnici che formano la società australiana.

Come sua eccellenza ha notato, l'Australia e la Santa Sede hanno in comune molti obiettivi nell'attuale situazione internazionale. La Santa Sede desidera collaborare pienamente con il suo Paese, e con tutte le nazioni, nella causa della pace, nella promozione dello sviluppo integrale, nella difesa dei diritti umani di ogni individuo, dal momento del concepimento fino alla morte naturale.

La Chiesa si impegna totalmente in questi sforzi per il bene della famiglia umana, perché sono strettamente legati alla sua missione primaria nel mondo: proclamare il Vangelo di Gesù Cristo. Nel momento storico attuale si sente obbligata a un impegno particolare in favore della pace. La pace vera comincia nel cuore e nella mente, nello spirito e nella volontà di ogni persona. E viene dall'amore autentico per Dio e il prossimo, un amore efficace che supera pregiudizi, divisioni e incomprensioni.

In questo la diplomazia ha da svolgere un ruolo fondamentale. E per questo accolgo con favore la dichiarazione di sua eccellenza, nell'accettare la nuova responsabilità, che si impegnerà a lavorare con la Santa Sede per favorire la collaborazione internazionale e un dialogo fecondo tra le nazioni in visita di un mondo più pacifico. C'è davvero una urgente necessità di sottolineare questi obiettivi nelle attuali circostanze storiche. Nel mondo contemporaneo, il dialogo e la collaborazione internazionale sono spesso ostacolati dalle ideologie, che generano sfiducia, ingiustizia e conflitti. Di fronte a queste difficoltà, dobbiamo superare le ideologie e trovare una base comune per il dialogo. Dobbiamo trovare il modo per ricostruire la fiducia e rendere quindi possibile una sempre più efficace e feconda collaborazione tra tutti gli uomini e le donne di buona volontà.

Signor ambasciatore, spero che la sua missione diplomatica favorirà ulteriormente le buone relazioni esistenti tra l'Australia e la Santa Sede. Le assicuro l'assistenza dei diversi dicasteri della Santa Sede nello svolgimento delle sue responsabilità. Il Signore le doni saggezza e forza. Invoco abbondanti benedizioni divine su lei e la sua famiglia, e su tutto l'amato popolo dell'Australia.


Data: 1988-10-31 Data estesa: Lunedi 31 Ottobre 1988




Recita dell'"Angelus" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nel sacrificio della Messa Cristo Gesù si fa intercessore per i vivi e per i defunti

Testo:

Oggi la Chiesa celebra la festa di Tutti i Santi, cioè di tutti i redenti da Cristo - a cominciare da Maria santissima - che ci hanno preceduti in questa vita ed ora godono della visione beatifica di Dio. Essi sono "coloro che - secondo l'espressione dell'Apocalisse - sono passati attraverso la grande tribolazione ed hanno lavato le loro vesti, rendendole candide col sangue dell'Agnello" (Ap 7,14). Queste vesti candide oggi risplendono di mille luci: sono gli innumerevoli riflessi di un'unica luce, che una moltitudine di uomini e donne "di ogni nazione, razza, popolo e lingua" (Ap 7,9) riverbera su tutta la Chiesa.

Sono uomini e donne, che ci mostrano la santità di Dio, incarnata nel volto umano.

I santi sono membra del corpo glorificato di Cristo e formano la Chiesa dei beati.

Ma essi sono pure in comunione con noi, nel vincolo della carità, che non viene mai meno. La carità li fa solidali con noi e solleciti di noi: è questo l'ineffabile mistero della comunione dei santi, per la quale esiste un profondo rapporto tra coloro che sono ancora "pellegrini su questa terra", "quelli che stanno purificandosi" e "quelli che godono della gloria" (cfr. LG 49).

Per questa profonda unità oggi dobbiamo sentirci più vicini a tutti i santi che, prima di noi, hanno creduto tutto quello che noi crediamo, ed ora sono nostri amici e intercessori in cielo.

La festa di Tutti i Santi ci introduce anche alla commemorazione di Tutti i Fedeli Defunti, i quali non si trovano ancora nella luce della completa visione di Dio, ma attendono di diventarne degni mediante la loro misteriosa purificazione. Nel compiere oggi e domani la visita ai cimiteri, mentre sostiamo davanti alle tombe dei nostri cari defunti, eleviamo per essi la nostra preghiera di suffragio, espressione della nostra solidarietà e comunione di spirito, affinché possano entrare presto nella definitiva gloria del Signore. E anche i nostri morti possono, a loro volta, intercedere per noi proprio in virtù della stessa circolazione di carità, di cui ci assicura la Chiesa.

Cerchiamo di trascorrere questi due giorni con sentimenti di pietà cristiana; prendiamo parte al sacrificio della santa Messa, in cui Cristo si fa intercessore per i vivi e per i defunti; raccomandiamo le anime dei trapassati alla Vergine santissima, che invochiamo quale "Regina di Tutti i Santi".

Ella è infatti la "piena di grazia" che, come tale, supera nella santità ogni altra creatura.

Per mezzo di lei, la cui immagine si trova spesso nelle cappelle e sulle tombe dei cimiteri cristiani, noi le affidiamo alla misericordia di Dio.


[Omissis. Segue saluto al movimento "Pro sanctitate"]


Data: 1988-11-01 Data estesa: Martedi 1 Novembre 1988




Omelia della santa Messa al cimitero del Verano - Roma

Titolo: "E' del Signore l'uomo che in tanti cimiteri è affidato alla terra dopo la morte del corpo"

Testo:


1. "Del Signore è la terra e quanto contiene" (Ps 24[23],1).

Con le parole del salmista la Chiesa professa la verità che affonda le sue radici nel mistero della creazione e della redenzione.

"del Signore è... l'universo e i suoi abitanti" (Ps 24[23],1).

Il salmo dell'odierna liturgia trova il suo pieno riflesso nella solennità di Tutti i Santi.

Diversamente risuona qui, nel cimitero dove veniamo questo pomeriggio, pensando al giorno di domani: alla Commemorazione di tutti i Fedeli Defunti. In questo momento, pensiamo ai nostri morti. E tra essi ricordo specialmente Papa Pio XII di cui ricorre quest'anno il XXX anniversario della scomparsa. Il suo monumento, in piazza del Verano ricorda la sua visita in questo luogo in un'occasione tanto dolorosa e drammatica per gli abitanti del quartiere di san Lorenzo.

Del Signore è... l'uomo! 2. Spesso quest'uomo, particolarmente l'uomo dei nostri tempi, ritiene di appartenere soltanto a se stesso, e che a lui appartenga il mondo: i grandi prodotti del suo pensiero creativo, i prodotti che egli trasforma secondo il proprio progetto e a proprio uso.

L'uomo pensa spesso proprio così. Tale è il contenuto della sua vita, delle sue aspirazioni e azioni... fino a questo limite, che è determinato dalla morte. La morte è un termine! Oggi e domani visiteremo i cimiteri: questo cimitero romano del Verano e gli altri della nostra città, nell'"urbe" ed anche "extra urbem": in tutto il mondo! Pellegriniamo forse soltanto nei luoghi della morte? Tutti questi cimiteri testimoniano forse soltanto la fine dell'essere che si chiama "uomo"? Confermano soltanto l'imperativo del ritorno alla terra: "polvere tu sei e in polvere tornerai"? (Gn 3,19).


3. La liturgia ci dice un'altra cosa.

"Del Signore è la terra e quanto contiene".

Del Signore è l'uomo che in tanti cimiteri - noti e ignoti - è affidato alla terra dopo la morte del suo corpo.

Del Signore è! La liturgia ci rivela come un nuovo movimento, un altro movimento che compenetra ciò che è stato trattenuto dalla potenza della morte. Ciò che è abbandonato all'immobilità. Un altro movimento - e una altra presenza.

Di questo movimento ci parlano tutte le letture dell'odierna liturgia.

Ce ne parla il salmo responsoriale. In modo particolare ce ne parla il libro dell'Apocalisse.

"Apparve una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello" (Ap 7,9).


4. Chi erano coloro, la cui vita terrena si è chiusa con il coperchio del feretro e con la pietra tombale? Risponde il salmista: "Ecco la generazione... che cerca il volto del Dio di Giacobbe" (cfr. Ps 24[23],6).

Chi sono coloro, le cui spoglie mortali si trovano nelle tombe? Risponde il libro dell'Apocalisse: Ecco coloro che stanno in piedi davanti all'Agnello e gridano a gran voce: "La salvezza appartiene al nostro Dio seduto sul trono e all'Agnello" (Ap 7,10).

In tanti luoghi in cui noi sentiamo l'assenza dei nostri fratelli e sorelle, che ci hanno lasciato - la Parola dell'odierna liturgia ci rivela una presenza nuova.

E' la presenza dinanzi a Dio stesso.

E' la presenza per opera dell'Agnello.


5. L'Agnello di Dio si trova al centro di questa realtà che è un cimitero vissuto alla luce della fede.

L'Agnello è colui che alla umanità apre la via delle otto Beatitudini.

E' colui che diceva: "Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorero" (Mt 11,28).

L'Agnello è colui, nel quale il Padre ci ha donato il più grande amore: "per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente" (1Jn 3,1).

Per opera della sua croce, della sua morte e risurrezione.

L 'Agnello: Gesù Cristo! Leggiamo nel libro del'Apocalisse: "Quelli che sono vestiti di bianco, chi sono e donde vengono?... Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell'Agnello" (Ap 7,13-14).


6. Sulle tombe e sui monumenti sepolcrali, intorno a noi vi è il segno della croce. Questo segno parla di un morto che era cristiano. Ma non soltanto. Questo segno rende testimonianza all'Agnello: a Gesù Cristo, nel quale è la redenzione del mondo. La redenzione dell'uomo.

Questo segno parla a ciascuno e a tutti del "luogo santo" di Dio (cfr. Ps 24[23],3), al quale è chiamato l'uomo in Cristo.

Veramente: "Del Signore è la terra e quanto contiene".

La croce: il segno dell'Agnello ne rende testimonianza.


Data: 1988-11-01 Data estesa: Martedi 1 Novembre 1988









A un gruppo di pellegrini polacchi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Udienza ad un gruppo di pellegrini polacchi

Testo:

Ringrazio di cuore vostra eccellenza per le parole rivoltemi nella festa di san Carlo Borromeo, mio patrono. Ringrazio anche coloro a nome dei quali le ha pronunciate, in particolare tutti coloro che sono qui riuniti.

Saluto cordialmente tutti i presenti, ringraziando per questa visita nel giorno della festa del mio patrono.

Nello stesso tempo, continuo a pregare il santo patrono della Chiesa milanese che è san Carlo, per la grazia del mio ministero pastorale nella Chiesa, nella Chiesa universale.

So di non essere solo in questa preghiera, perché insieme con me pregano per la stessa cosa molte persone in tutto il mondo, ed in particolare molti miei connazionali, e soprattutto per questo voglio ringraziare.

Per questo grandissimo - anche se invisibile ed umanamente incommensurabile - sostegno offerto al Papa polacco che risiede nella Sede di Pietro da parte di tutti i connazionali, voglio ringraziare oggi in modo particolarmente cordiale. E' una grande forza, è la forza della preghiera, specie quando è unita alla forza che viene dal sacrificio, dalla sofferenza offerta a Dio con determinata intenzione; essa può sembrare una debolezza di fronte a tante forze che agiscono nel mondo, di fronte a tanti mezzi di violenza che esistono nel mondo, di fronte allo sviluppo di tecnologia e di progresso materiale, si questa forza può sembrare una debolezza. Ma noi sappiamo che in tale debolezza è proprio la forza.

Ce l'hanno insegnato san Paolo, e gli apostoli. Ce l'hanno insegnato con la predicazione sulla croce di Cristo. La croce che dal punto di vista umano sembrava la più grande debolezza, è divenuta la più grande forza non solo per quell'Apostolo e per la Chiesa di tutti i tempi, ma anche per l'uomo di ogni tempo.

San Carlo Borromeo - per quanto conosco della sua vita, ho seguito le sue orme in particolare a Milano - attingeva enormemente a questa prima fonte di forza qual è la debolezza della croce.

Saluto cordialmente tutti i connazionali in questo giorno così solenne per me ed in modo speciale saluto gli abitanti di Danzica.

Abbiamo di nuovo motivo di essere preoccupati per gli abitanti di Danzica, specialmente per i cantieri di Danzica. Abbiamo sempre cercato di essere solidali con "Solidarnosc".

Ed anche in questo momento vogliamo esprimere questa solidarietà. Le parole qui pronunciate vengono seguite dalla preghiera quotidiana. Lo sappiano tutti gli interessati e tutti i miei connazionali in patria.

Invito ora vostra eccellenza ad impartire insieme con me la benedizione.


Data: 1988-11-04 Data estesa: Venerdi 4 Novembre 1988




Agli ex-allievi ed ex-allieve salesiani - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Uniti negli ideali apostolici di una "famiglia" nata dalla passione soprannaturale di don Bosco

Testo:

Cari fratelli e sorelle in Cristo.


1. Sono particolarmente lieto di incontrarmi con voi oggi, mentre state celebrando il vostro congresso mondiale di ex-allievi di don Bosco e di ex-allieve delle Figlie di Maria Ausiliatrice, nell'anno centenario della morte del grande apostolo della gioventù. Saluto innanzitutto il Rettore maggiore dei Salesiani, don Egidio Vigano, animatore e centro di unità della Famiglia Salesiana, la Superiora Generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice, Madre Marinella Castagno; saluto altresi il dottor Giuseppe Castelli, presidente degli ex-allievi e la dottoressa Rosadele Regge, presidente delle ex-allieve; saluto infine tutte le autorità presenti a fare corona al vostro congresso e a condividere le vostre riflessioni sull'eredità educativa di san Giovanni Bosco e di santa Maria Domenica Mazzarello, allo scopo di riviverla nella sua verità e di incarnarla in un orizzonte operativo comune a raggio mondiale.


2. Sono ancora pieno di ricordi del non lontano pellegrinaggio nella terra di don Bosco, e, in questo incontro, non possiamo non fissare lo sguardo in lui, in don Bosco-fondatore, che, spinto da una passione soprannaturale, convoca e organizza una complessa associazione di numerosi e differenziati collaboratori: una "famiglia" che evangelizza la gioventù con il sistema preventivo.-L'ho sottolineato nella lettera "Iuvenum Patris" che ho scritto al Rettore maggiore il 31 gennaio scorso: "Il dinamismo del suo amore si fece universale e lo spinse ad accogliere il richiamo di nazioni lontane, fino alle missioni di oltre oceano, per una evangelizzazione che non fu mai disgiunta da un'autentica opera di promozione umana. Secondo gli stessi criteri e col medesimo spirito egli cerco di trovare una soluzione anche ai problemi della gioventù femminile. Il Signore suscito accanto a lui una confondatrice: Maria Domenica Mazzarello con un gruppo di giovani colleghe già dedicate, a livello parrocchiale, alla formazione cristiana delle ragazze. Il suo atteggiamento pedagogico suscito altri collaboratori - uomini e donne - "consacrati" con voti stabili, "cooperatori", associati nella condivisione degli ideali pedagogici ed apostolici, e coinvolse gli "ex-allievi", spronandoli a testimoniare e a promuovere essi stessi l'educazione ricevuta" ("Iuvenum Patris", 4).

Voi siete dunque parte viva di questa grande famiglia per l'"educazione ricevuta", e, con senso di riconoscenza, vi impegnate in vario modo e in gradi differenti a partecipare alla missione salesiana nel mondo.

Evidentemente, l'assimilazione dei valori contenuti nel ricco patrimonio spirituale di don Bosco e l'identificazione con la forza generatricedella sua straordinaria santità avranno gradi e modalità diverse secondo le culture, le religioni, la qualità educativa dell'opera, la capacità di recezione dei singoli.

In particolare i valori della "ragione" e della "religione" (cfr. "Iuvenum Patris", 10 e 11), potranno essere sviluppati, in situazioni diverse, con una certa pluriformità; l'"amorevolezza" (cfr. "Iuvenum Patris", 12) invece, si dovrebbe irradiare sempre in un alto grado di intensità, divenendo così il parametro per giudicare della fedeltà al carisma del fondatore, sia degli educatori, sia dei collaboratori e dei fruitori dell'"educazione ricevuta". E' questo il filo d' oro che apre continuamente la strada ad ogni azione formativa anche nella vita.


3. Un primo modo di partecipare alla missione salesiana, così vigorosamente espressa nella multiforme attività delle due congregazioni educative sgorgate dal cuore sacerdotale di don Bosco, i Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice, è quello di preoccuparsi della formazione permanente di tutti e di ogni ex-allievo ed ex-allieva. Questo è un compito inerente alla stessa "educazione ricevuta" in quanto ogni educazione - soprattutto in questo momento storico così denso di stimoli e di messaggi contrastanti - ha bisogno di crescere e di adeguarsi alle nuove esigenze in forma continua ed aggiornata.

Un secondo modo è quello di condividere e di privilegiare l'impegno per l'educazione della gioventù. L'inderogabile necessità della formazione dei giovani esige che ad essa venga data un'attenzione prioritaria, mediante metodi appropriati e con la dedizione illuminata e generosa che fu propria del santo dei giovani. "Non si può dimenticare - scrivevo nella citata lettera - che essa è oggi in preda a sfide, ignote ad altre epoche, come la droga, la violenza, il terrorismo, l'immoralità di molti spettacoli cinematografici e televisivi, la diffusione della pornografia" ("Iuvenum Patris", 20). Si tratta di campi di lavoro apostolico che devono impegnare gli ex-allievi e le ex-allieve, secondo la propria competenza e secondo le situazioni di bisogno che si presentano, nelle diverse regioni del mondo.

In tal modo, come don Bosco e i suoi primi figli e figlie, realizzerete la vostra personale santità mediante l'impegno educativo vissuto con zelo e cuore apostolico, e saprete proporre, al tempo stesso, la santità, quale meta concreta della sua pedagogia, come è felicemente avvenuto in san Domenico Savio e nella beata Laura Vicuna.

Un terzo modo di partecipare alla missione salesiana è quello di realizzare l'esortazione fatta agli antichi allievi dallo stesso don Bosco, di "tenersi uniti ed aiutarsi". Ciò non significa solo un rafforzamento organizzativo e funzionale dell'Associazione, ma primariamente una piena disponibilità al mutuo aiuto, soprattutto nelle necessità spirituali, economiche, familiari, sociali, e lo sforzo, anzi direi la gioia, di un contatto benefico con antichi compagni e compagne divenuti "lontani" per mille differenti motivi.


4. L'invito esplicito di don Bosco mi spinge ad un'ulteriore considerazione.

Formati alla scuola dell'amore preventivo di don Bosco voi siete parte di una grande famiglia, la Famiglia Salesiana. Il titolo di appartenenza ad essa per l'"educazione ricevuta" collega fondamentalmente gli ex-allievi e le ex-allieve in una comunione che deve farsi vita, condivisione di obiettivi e di mete apostoliche, unità di impegno per "contribuire alla creazione di una società più giusta, incidendo nei processi culturali, morali, spirituali e religiosi, nei rispetto della persona umana e della sua dignità"; per "promuovere e testimoniare i valori della famiglia, praticando in essa la metodologia pedagogica appresa durante gli anni giovanili...", come dice il vostro statuto.

La comunione non è mai diminuzione di identità dei singoli o dei gruppi, ma è l'espressione più genuina della loro autenticità di origine e di missione.

L'identità si misura sulla comunione che la fa crescere con le ricchezze dell'interscambio e della corresponsabilità. Anche il frutto della pedagogia salesiana, la giovane Laura Vicuna che ho recentemente beatificato al Colle Don Bosco, è la risultante della feconda collaborazione educativa delle Figlie di Maria Ausiliatrice e dei Missionari Salesiani nel paesello di Junin de los Andes.


5. Carissimi ex-allievi ed ex-allieve, ho voluto esprimervi il medesimo affetto, stima, apprezzamento che i miei predecessori, in modo particolare Paolo VI di venerata memoria, ebbero per voi e per tutta la Famiglia Salesiana.

E, quasi a ricordo di questo nostro incontro, intendo lasciarvi una consegna e indicarvi due piste di speciale approfondimento ed impegno: - anzitutto vi invito a studiare la lettera enciclica "Sollicitudo Rei Socialis", che dà un nome nuovo alla pace, quello di "solidarietà", e vi raccomando di progettare una sua concreta applicazione; - come seconda linea di impegno vi invito ad approfondire la mia ultima lettera apostolica "Mulieris Dignitatem", che presenta la dignità e la vocazione della donna, in occasione dell'anno mariano, fissando lo sguardo in Maria, nella quale il "genio" della donna trova la sua più perfetta realizzazione.

Con la mia benedizione apostolica.


Data: 1988-11-05 Data estesa: Sabato 5 Novembre 1988




All'Ambasciatore di Thailandia presso la Santa Sede - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La comunità internazionale deve risolvere nella giustizia la questione dei rifugiati

Testo:

Signor Ambasciatore.

E' per me un grande piacere riceverla in Vaticano e accogliere le lettere credenziali che la accreditano come ambasciatore straordinario e plenipotenziario di Thailandia presso la Santa Sede. La ringrazio per i cortesi ossequi trasmessi a nome di sua maestà il re Bhumibol Adulyadej, e desidero che lei trasmetta a sua Maestà i più cordiali e amichevoli saluti da parte mia. E' stato presente in modo particolare nelle mie preghiere nel recente giorno del suo sessantesimo compleanno. Mi unisco a tutto il popolo del suo Paese nella gioia per questo importante avvenimento.

Ho notato con molta soddisfazione il suo accenno alle lunghe e cordiali relazioni tra il regno di Thailandia e la Santa Sede. Questa amicizia si fonda sul senso religioso e la ospitalità tradizionale del popolo Thai, unito all'annuncio e alla missione della Chiesa di pace e servizio a tutto il genere umano. Momenti forti di queste relazioni bilaterali sono stati certamente la visita delle loro Maestà al mio predecessore Giovanni XXIII nell'ottobre del 1960, e la mia personale visita nel suo Paese e, in particolare, alla famiglia reale, nel maggio del 1984.

I membri della Chiesa di Thailandia si sono proposti il compito di "una vita di semplicità, di carità, di amore per la pace e di umiltà, (pronti a) migliorarsi e offrirsi al servizio di tutti, i poveri in particolare" ("Pastoral Plan of the Bishop's Conference of Thailand", 1988). Questo spirito di servizio si manifesta nella presenza della comunità cattolica nelle scuole, dove i bambini e i giovani di ogni livello vengono educati ad assumere il loro ruolo di abitanti giusti e responsabili del loro Paese. Si esprime anche in servizi sanitari e programmi di assistenza che cercano di aiutare i bisognosi. Tra questi impegni, vorrei ricordare il lavoro di assistenza tra i molti profughi che hanno trovato rifugio in Thailandia, dopo aver abbandonato situazioni di conflitto o di oppressione nel sud-est asiatico. A Phanat Nikhom ho potuto vedere di persona le conseguenze di questa triste situazione, e sento profondo apprezzamento per l'apertura del governo thai e del popolo verso questi fratelli e sorelle in necessità. Non possiamo dimenticare che "ogni rifugiato è una persona umana, con la sua propria dignità e la sua storia personale, con la sua propria cultura, le sue proprie esperienze e prospettive" ("Allocutio Bancokii, ad gubernantes Thai, ad Legatos Nationum et ad Praesides religiosos" 4, die 11 maii 1984: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VII, 1 [1984] 1379).

E' mia ardente speranza che i governi, insieme con le organizzazioni mondiali umanitarie e volontarie, continueranno a venire in aiuto a queste popolazioni, offrendo loro soprattutto reali prospettive di un futuro migliore.

Faccio appello nuovamente alla comunità internazionale perché faccia passi efficaci in vista della soluzione di questo problema in uno spirito di buona volontà e giustizia.

Signor Ambasciatore, molti sono i campi della vita internazionale in cui la Santa Sede e il governo della Thailandia possono trovare una sempre maggior comprensione. Desidero assicurarle i miei voti oranti per il successo della sua missione diplomatica, mentre le garantisco una pronta collaborazione di parte dei vari dicasteri della Santa Sede. Prego che lei sia felice in questa ottima forma di servizio per il suo popolo, mentre invoco copiose benedizioni dal cielo per le loro maestà il re e la regina, sulla famiglia reale e su tutta la nazione Thai.


Data: 1988-11-05 Data estesa: Sabato 5 Novembre 1988




Recita dell'"Angelus" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Chiediamo alla Madonna di Monserrat l'onestà nella vita pubblica e privata, la fratellanza dei cuori, l'unità tra i popoli

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle.


1. Il popolo cristiano ama invocare la Madonna col titolo di "Stella matutina", "Stella del mattino", perché Maria è apparsa nella storia dell'umanità precedendo e annunciando la salvezza in Cristo.

Con una invocazione simile, quella di "Stella Orientis", i fedeli sono soliti rivolgersi alla Madonna nel ben noto Santuario di Montserrat, in mezzo alle montagne della Catalogna, non lontano dalla città di Barcellona. E là, davanti alla Vergine, ebbi la gioia di pregare, il 7 novembre di sei anni fa, durante il mio viaggio apostolico in Spagna.


2. Risalgono al secolo IX le prime notizie accertate circa l'esistenza in quel luogo di una cappellina dedicata alla Madonna; l'immagine della Vergine, ivi venerata, è chiamata popolarmente la "Moreneta" a causa del colore scuro, caratteristico dell'iconografia mariana del secolo XII, a cui è attribuita quell'icona.

Il Santuario ricevette un grande impulso quando il monastero che gli sorgeva accanto fu elevato al rango di abbazia.

Durante i secoli, l'abbazia è stata e continua ad essere un centro eminente di evangelizzazione, di rinnovamento liturgico, di studio della Sacra Scrittura e, soprattutto, un faro per la fede del Popolo di Dio che cerca nella Madonna rifugio e protezione.

Ma l'evento decisivo, che ha dato al Santuario il suo presente rilievo, è stata la proclamazione, ad opera del Papa Leone XIII, della Madonna di Montserrat a Patrona della Catalogna.


3. Tra i cristiani di quella regione c'è l'uso della "visita spirituale" alla Vergine di Montserrat: essa consiste nel rivolgere il pensiero, durante le attività della giornata, al Santuario della Madonna con l'animo raccolto in una breve preghiera. Vorrei invitare tutti voi ad unirvi a me, in questo momento, per compiere una simile visita spirituale alla "Mare de Déu", e nella lingua di quella regione, rivolgere la preghiera fiduciosa: "Seu de la saviesa... aconseguiu-nos aquella fe que enfosa les muntanyes, omple les valls, i fa planer el cami de la vida".

Chiediamo alla "Moreneta" la fortezza nella fede, l'onestà nella vita pubblica e privata, la fratellanza dei cuori, l'unità tra i popoli, la pace e il bene di tutti gli uomini di buona volontà. Tornino i fedeli, tornino le famiglie cristiane ad invocarla con assiduità e fervore, specialmente mediante la bella preghiera del Rosario! Maria otterrà dal Signore la grazia di una nuova primavera per la Chiesa nell'ormai prossima alba del terzo millennio dell'era cristiana.


Data: 1988-11-06 Data estesa: Domenica 6 Novembre 1988




Visite pastorali del Vescovo di Roma - Roma

Titolo: Parrocchia di san Luigi Gonzaga ai Parioli

Testo:

[Ai bambini nella scuola materna delle suore Dorotee] Gesù diceva: lasciate i bambini venire a me. E queste sue parole sono rimaste per tutte le generazioni, non solo tra i cristiani ma tra tutta l'umanità.

Perché Gesù voleva avere vicino a sé i bambini? Certamente perché i bambini portano nei loro occhi la rivelazione di quello che Dio ha creato a sua immagine e somiglianza. Basta vedere questi piccoli che già si rivela l'uomo, unico, la persona, il futuro; già rivela quello che, fra tutte le creature del mondo visibile è il più sublime. Ma volendo avere così vicino a sé i bambini Gesù diceva "Lasciateli venire perché a loro appartiene il Regno dei cieli". E queste parole ci dicono ancora di più non solo la bellezza, la sublimità della persona umana in sviluppo, ma ci rivelano nello stesso tempo un'altra realtà soprannaturale, in ciascuno di questi piccoli infatti cresce il Regno dei cieli, il Regno di Dio. E questa parola è una rivelazione anche maggiore perché ci parla non solo di ciò che è visibile ed umano, ma ci parla di quello che è invisibile e divino. Si, carissimi fratelli, in noi c'è non solo quello che è propriamente umano e che costituisce propriamente la nostra dignità naturale; in noi c'è di più, c'è quello che è divino e che costituisce la nostra dignità soprannaturale. Questo Regno dei cieli, che si trova in ogni piccolo dal momento del battesimo, deve crescere, deve svilupparsi. E questo è un compito della comunità cristiana proprio a cominciare dalla famiglia; la Chiesa domestica. Deve essere sviluppato, sempre più approfondito questo Regno di Dio che si trova in ogni bambino e che deve crescere proprio come cresce e si sviluppa la sua natura umana. Io vedo qui la realizzazione di questo processo di crescita attraverso quelli che si preparano alla prima comunione. Certamente nella crescita del Regno di Dio attraverso ciascuno di noi la prima Comunione è un momento culminante. Ci sono poi quelli che si preparano alla Cresima, cioè ad un altro momento che segna si una crescita umana, ma che rappresenta anche una crescita cristiana, improntata dal Regno di Dio che si sviluppa nei nostri cuori. così ci incontriamo insieme nella parrocchia subito con la piena realtà di ciò che è la Chiesa nelle sue diverse dimensioni, nella sua universalità, nella sua dimensione romana, nella sua dimensione parrocchiale; la Chiesa serve questo misterioso sviluppo, questa misteriosa crescita del Regno di Dio in ciascuno di noi. Noi tutti, siamo debitori alle nostre parrocchie. Io stesso quando sono tornato nella mia parrocchia, come Papa, come Vescovo di Roma da poco eletto, ho baciato il battistero; l'ho baciato con grande devozione perché questo battistero ha significato un momento decisivo della mia vita, il mio inserimento nella realtà del Regno di Dio. Ed il battistero segna l'inserimento di ciascuno di noi in questo Regno ed apre un cammino, il cammino che fa la Chiesa, ma che con la Chiesa compie sempre Gesù Cristo stesso attraverso lo Spirito Santo. Questo è il cammino della fede, della speranza, della carltà.

Ecco, lo vorrei augurare a questi glovani parrocchlanl dl entrare bene in questo cammino, di continuarlo bene insieme con i genitori e con tutta la Chiesa di Roma e vi auguro anche tutto il bene per le vostre famiglie, tutta la pace e tutta la concordia, vi auguro buone amicizie e tutto ciò che serve per la vostra crescita.

[L'incontro con le religiose] Vi sono suore di ordini diversi, di congregazioni diverse, di fondatori diversi ed anche di fondatrici diverse; ma c'è una cosa che vi unisce tutte, una cosa molto simile a quella di cui ho parlato poco fa ai bambini. Gesù ha detto lasciate i bambini venire a me perché a loro appartiene il Regno dei cieli. Ecco, voi avete in voi stesse questo tipo di fanciullezza, una fanciullezza soprannaturale. Anzi questa fanciullezza in voi diventa matura. In questa maturità c'è il mistero della scelta assoluta della dedicazione di tutta la vita per il Regno dei cieli: questa è la vostra vocazione nella Chiesa. Per questo la Chiesa vi ama, la Chiesa vi apprezza, la Chiesa vi benedice e soprattutto prega ogni giorno, - lo fa il Papa, i Vescovi e tutti i sacerdoti - prega per la vostra vocazione e per le vostre vocazioni di ogni giorno, perché la vocazione si vive ogni giorno. Pregare per le vostre vocazioni significa pregare per quelle nuove, per le vostre sorelle chiamate dal Signore per dare testimonianza delle cose escatologiche, del Regno dei cieli; per testimoniare ad un mondo che dimentica troppo spesso quella definitiva dimensione della vocazione umana alla quale tutti siamo chiamati, perché tutti siamo chiamati a diventare partecipi e cittadini della Gerusalemme celeste.

[Il saluto ai fedeli prima della Messa] Saluto i componenti di questa parrocchia romana che si trova in una zona molto prestigiosa, e che porta il nome di un grande santo italiano, san Luigi Gonzaga. Ringrazio il parroco per le sue parole di saluto attraverso le quali ha fatto un'ampia sintesi delle attività parrocchiali. Durante la santissima Eucaristia offriremo tutto questo impegno sull'altare e vogliamo cercare, nel sacrificio di Cristo, la luce e la forza per il continuo compimento di queste testimonianze, di questi destini propri a noi tutti, a ciascuno di noi in quanto figli di Dio, cristiani. Auguro alla vostra comunità di guardare, insieme al vostro patrono san Luigi Gonzaga, a questi destini soprannaturali che accompagnano la nostra vita sulla terra; essi vanno insieme con noi e ci presentano continuamente un'ultima sfida ma al tempo stesso un'ultima promessa. Per questo la nostra vita umana e cristiana rappresenta da una parte un'esigenza e da un'altra è piena di speranza. Io vi auguro che queste due realtà, l'esigenza e la speranza dimorino tra di voi come cristiani, e vi auguro di trovare sempre in Cristo la forza per portare avanti la vostra vita cristiana in tutta la sua identità, in tutta la sua dignità.


[Omelia durante la celebrazione eucaristica]


GPII 1988 Insegnamenti - All'Ambasciatore di Australia - Città del Vaticano (Roma)