GPII 1988 Insegnamenti - Ai Vescovi del Canada in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Ai Vescovi del Canada in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il sacerdozio ordinato è messo oggi alla prova: ciò che è essenziale va rafforzato e purificato

Testo:

Cari fratelli Vescovi.


1. In occasione della vostra visita "ad limina", vi accolgo in uno spirito di carità fraterna e invio il mio saluto a tutte le vostre Chiese locali: "Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo" (Rm 1,7). Sono molto lieto di questa opportunità di incontrarvi per rafforzare ulteriormente gli stretti vincoli esistenti tra la Santa Sede e la gerarchia canadese e per incoraggiarvi nel vostro ministero per il Popolo di Dio.

Desidero riflettere con voi per alcuni momenti sulla nostra vocazione cristiana, sul fatto che noi siamo chiamati da Dio a servirlo nella Chiesa e nel mondo. L'esistenza umana deriva il suo proprio scopo dalla chiamata del solo che è totalmente "altro", il Signore Dio. E' rivolta all'umanità nella creazione e nella redenzione. Nella Genesi, Dio chiama Adamo ed Eva "a riempire la terra e soggiogarla" (Gn 1,28). In Cristo, nuovo Adamo, Dio chiama gli esseri umani ad una gloria ancora più grande: vivere in una comunione perfetta gli uni con gli altri e con la Santissima Trinità. Come leggiamo nella "Gaudium et Spes": "Cristo... svela pienamente l'uomo all'uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione" (GS 22).

La Chiesa è nota come un sacramento di salvezza in Cristo. Ciascun membro è chiamato a compiere la missione della Chiesa attraverso il culto sacramentale, la santità di vita e la testimonianza del Vangelo con le parole e le azioni.


2. Questo mistero della nostra vocazione, nonostante sia profondamente radicato dentro di noi, è tuttavia oscurato dal peccato. Dobbiamo lottare per far aderire la nostra libertà alla chiamata di Dio. A causa del peccato noi ci ribelliamo contro la sua volontà su di noi. Come i nostri progenitori, noi siamo tentati di decidere da soli ciò che è bene e ciò che è male, indipendentemente da Dio che ci ha creati. E' davvero grande questa tentazione per il mondo contemporaneo, in cui il progresso tecnologico e il benessere materiale possono oscurare la dimensione trascendente della nostra vocazione e distoglierci dalle questioni ultime della nostra esistenza. Dobbiamo ricordarci delle serie parole di Cristo: "Qual vantaggio avrà l'uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima?" (Mt 16,26 cfr. anche Mc 8,36); o ancora: "Stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita" (Mt 7,14).

Cristo compie la nostra redenzione e ci mostra con la parola e l'esempio che "servire è regnare". Lungi dal mortificare l'uomo, l'obbedienza a Dio porterà vita in abbondanza, e sola renderà possibile la realizzazione della persona, la pace e la gioia per le quali siamo stati creati e cui aneliamo. L'amore è reso perfetto dalla prova - la sofferenza, la donazione, attraverso la croce. La durezza della mente è convertita nella sapienza divina. Il cuore chiuso è reso capace di accogliere l'amore divino. Gli occhi accecati sono aperti a ciò che non si vede.

Qualsiasi tenebra possa cadere sulla nostra epoca o in qualsiasi epoca, la Chiesa "si rallegra nella speranza". Ella sa che "laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia" (cfr. Rm 5,20). Nel proclamare la vocazione data da Dio all'uomo nella creazione e nella redenzione, ella guarda con fiducia a colui che "in tutto ha potere di fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare, secondo la potenza che già opera in noi" (Ep 3,20). Essa ha una fede incrollabile nella realtà della libertà e della responsabilità nel rispondere alla chiamata di Dio.


3. Il Concilio Vaticano II ha posto in grande rilievo la nozione di vocazione. Ha sfidato tutto il Popolo di Dio a rispondere più generosamente alla missione che è sua attraverso il Battesimo così che a sua volta possa condurre ogni persona a realizzare che essa è chiamata da Dio in Cristo a condividere il dono della vita eterna. Rendiamo grazie a Dio perché molti fedeli hanno accolto questa sfida.

Nello stesso tempo, riconosciamo anche la pressante necessità, nei nostri giorni, di più numerose vocazioni al sacerdozio ministeriale, in particolare, e alla vita religiosa. La necessità di queste vocazioni è profondamente sentita in Canada come anche in altri posti del mondo. E' assolutamente essenziale per i fedeli avere degli autentici pastori che l'ordinazione sacerdotale abilita all'esercizio dell'unico e sublime ministero di consacrare e di assolvere, e la cui vita è un segno sacramentale della presenza di Cristo, Buon Pastore, in mezzo al suo gregge.

In un momento in cui molti sono lontani dalla Chiesa, nel vostro Paese e altrove, e in cui c'è un senso di incertezza, di alienazione o indifferenza tra molti cattolici, è vitale che il ministero sacerdotale e la consacrazione religiosa non vengano a mancare nella Chiesa.


4. Per poter rispondere a queste particolari necessità, dobbiamo anzitutto riflettere sulla dinamica della chiamata di Dio nella vita della persona. Nel decreto sul ministero e la vita sacerdotale, il Concilio Vaticano Il ricorda le seguenti parole di Paolo VI: "La voce di Dio che chiama si esprime in due modi diversi, meravigliosi e convergenti: uno interiore, quello della grazia, quello dello Spirito Santo, quello ineffabile del fascino interiore che la "voce silenziosa" e potente del Signore esercita nelle insondabili profondità dell'anima umana; e uno esteriore, umano, sensibile, sociale, giuridico, concreto" (PO 11, adn. 66). Questa convergenza delle dimensioni interna ed esterna si applica ad ogni vocazione nell'economia sacramentale istituita da Cristo, che si tratti della chiamata iniziale alla fede e all'appartenenza al suo corpo, la Chiesa, oppure della speciale chiamata al sacerdozio ministeriale e alla vita consacrata.


5. L'aspetto interiore della chiamata divina ci richiama una verità fondamentale: ogni vocazione è l'esito di una iniziativa divina, è un dono di Dio. perciò, come Gesù stesso dice, noi dobbiamo "pregare il padrone della messe che mandi operai nella sua messe", poiché "la messe è molta, ma gli operai sono pochi" (Mt 9,38 Mt 9,37). Nel discernere "i segni dei tempi" dobbiamo riflettere sul profondo significato di queste parole per la Chiesa in ogni epoca.

Oggi ci sono alcuni che interpretano la diminuzione delle vocazioni sacerdotali a partire dal Concilio come un segno che il sacerdozio deve essere soppiantato o grandemente sminuito, piuttosto che accompagnato da nuove forme complementari di ministero. Altri ne deducono che dovrebbe essere abolita la necessità del celibato per i sacerdoti di rito latino; altri ancora sostengono che la dottrina tradizionale sul sacerdozio, fondata sull'istituzione di questo sacramento da parte di Cristo e sulla teologia cristiana, dovrebbe essere abbandonata, se possibile, così che le donne potessero essere ordinate al sacerdozio. In questo modo, si dice o si sottintende, si potrebbe assicurare una grande quantità di operai per la messe del Signore.

Non potremmo piuttosto dire, ricercando le vie del Signore e non le nostre, che il sacerdozio ordinato e l'amore e la comprensione di esso da parte della Chiesa sono attualmente messi alla prova, in modo che ciò che in essi è essenziale possa essere rafforzato, purificato e rinnovato in una rinascita spirituale più feconda di frutti? Se siamo stati messi in ginocchio, per così dire, dalla necessità di sacerdoti, non è forse per comprendere con maggiore umiltà e amore chi è davvero il Signore della messe? Come ci ha insegnato saggiamente Paolo VI: "Cristo non ha esitato ad affidare il formidabile compito di evangelizzare il mondo... a un pugno di uomini all'apparenza carenti in numero e qualità. Ha esortato questo "piccolo gregge" a non perdersi d'animo, perché grazie alla sua costante assistenza ... essi avrebbero vinto il mondo. Gesù ci ha insegnato anche che il Regno di Dio ha un intrinseco e invisibile dinamismo che lo fa crescere senza che l'uomo se ne accorga. La messe del Regno di Dio è grande, ma gli operai, come all'inizio, sono pochi. In realtà, non sono mai stati così numerosi da poter essere giudicati sufficienti secondo i criteri umani. Ma il Signore del Regno chiede di pregare perché siano mandati gli operai... La prudenza e l'avvedutezza dell'uomo non possono superare la nascosta sapienza di chi, nella storia della salvezza, ha sfidato la saggezza e la potenza dell'uomo con la propria follia e debolezza" (Pauli VI "Sacerdotalis Caelibatus", 47).

Cari fratelli, la "follia e debolezza" della Chiesa agli occhi del mondo sono direttamente proporzionali alla sua fiducia nel Signore crocifisso, nelle sue parole e azioni, nel suo esempio e nelle sue promesse. Ella sa di essere un "segno di contraddizione", e che le ricchezze spirituali della sua dottrina e disciplina danno testimonianza alla sapienza divina che non è di questo mondo, seppure destinata alla salvezza del mondo. Nel discernere i "segni dei tempi" riguardo alle vocazioni, dobbiamo riconoscere la necessità costante di una conversione, anche quando "preghiamo il padrone della messe che mandi operai nella sua messe".


6. Poiché la vocazione ci viene offerta come un dono, la nostra libertà umana è essenziale per accoglierla o respingerla. Pensiamo al giovane ricco del Vangelo che rifiuta la chiamata particolare di Cristo poiché aveva molti beni (cfr. Mt 19,16-22). Di qui l'importanza del carattere esteriore della vocazione, cioè gli aspetti "umani, sensibili, sociali, giuridici e concreti", che devono sostenere e incoraggiare l'invito rivolto da Dio alla persona, per non ignorarlo o soffocarlo.

Molto spesso, come per il profeta Elia, l'invito del Signore non si presenta come un vento impetuoso e gagliardo o un terremoto o un fuoco divorante, ma piuttosto come "il mormorio di un vento leggero" (cfr. 1R 19,11-12). Chi è chiamato deve discernere l'autenticità di questa voce interiore, non nel vuoto, ma nel quadro di una cultura e di una società determinate, di una famiglia e di una scuola, di una parrocchia e di una diocesi.

E' vero che oggi la famiglia, la scuola, la parrocchia e la diocesi sono sconvolte dai venti del cambiamento. In mezzo alle grandi trasformazioni nel pensiero e nel comportamento, che sfidano e rimettono in questione la fede e la pratica cristiana, la Chiesa cerca anch'essa di rinnovarsi, non conformandosi al mondo ma "nell'accresciuta fedeltà alla sua vocazione" (UR 6). Un'accresciuta fedeltà conduce a una maggior chiarezza e forza di convinzione in quel che la Chiesa crede e insegna, compresa la grandezza e la necessità del sacerdozio e della vita religiosa. E' un aspetto essenziale di un clima che permette alle vocazioni di fiorire. Se le basi di una sana ecclesiologia dei sacramenti o dell'ascesi cristiana sono minate nello spirito o nel cuore dei fedeli allora inevitabilmente l'invito di Dio al Sacerdozio, alla vita religiosa - e perfino al Matrimonio cristiano - non sarà più chiaramente percepibile. Il "mormorio di un vento leggero" sarà soffocato piuttosto che amplificato da ciò che è "esteriore, umano, sensibile, sociale, giuridico e concreto".


7. Cari fratelli, conosco bene il vostro impegno, insieme con i vostri fratelli nell'episcopato canadese, per promuovere le vocazioni al Sacerdozio e alla vita consacrata. Voi avete preso a cuore l'esortazione del Concilio ai Vescovi: aiutare coloro che Dio chiama al suo servizio e ricercare la collaborazione di tutto il Popolo di Dio per coltivare queste vocazioni (cfr. OT 2). Ho fiducia che i fedeli delle vostre diocesi continueranno a collaborare a questa grande opera con una vita cristiana esemplare, con una maggiore preghiera e penitenza, oltre che con il desiderio di comprendere meglio l'importanza di queste vocazioni particolari per la vocazione cristiana di ciascuno e di tutti. Possiamo essere certi che il "padrone della messe" non ci abbandonerà.

Il modello di tutte le vocazioni che vengono da Dio si trova in Maria, Madre della Chiesa. Con il suo "fiat" di umile ancella del Signore, non solo si è resa disponibile all'effusione dei doni divini, ma ha anche fatto nascere il Redentore che permette ad ogni persona di udire e accettare il richiamo di Dio.

Prego perché voi e le Chiese particolari facciate sempre esperienza della potente e materna intercessione di Maria e, di tutto cuore, imparto a tutti la mia benedizione apostolica.


Data: 1988-11-07 Data estesa: Lunedi 7 Novembre 1988




Santa messa in suffragio dei Cardinali e dei Vescovi defunti - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Solidarietà spirituale con coloro che hanno servito il gregge di Cristo

Testo:

Siamo riuniti attorno all'altare del Signore per ricordare e suffragare in questa celebrazione eucaristica i Cardinali e i Vescovi che sono ritornati alla Casa del Padre nel corso dell'anno.

E' un atto di pietà e di carità cristiane che vogliamo compiere nello spirito dell'esortazione biblica: "Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi hanno annunciato la Parola di Dio; considerando attentamente l'esito del loro tenore di vita, imitatene la fede" (He 13,7).

Tra i numerosi presuli scomparsi ricorderemo in particolare i Cardinali Bernard Jan Alfrink, Hermann Volk, Louis Jean Guyot, John Francis Dearden, Maximilien de Fürstenberg e Thomas Benjamin Cooray.

A questi defunti, che hanno servito in modo eminente la Chiesa, e a tutti gli Arcivescovi e Vescovi, i quali sono stati pastori zelanti nelle rispettive comunità diocesane sparse in tutto il mondo, sentiamo di dover esprimere la nostra gratitudine per la testimonianza di esemplare vita evangelica e per la infaticabile dedizione apostolica, in cui si sono distinti in mezzo al gregge che fu loro affidato.

A questi "capi", che "hanno preceduto nel segno della fede" il Popolo di Dio, vogliamo assicurare la nostra solidarietà spirituale mediante la preghiera di suffragio, con la quale possiamo recar loro conforto in virtù della comunione dei santi.

In questo sacrificio eucaristico pregheremo affinché il Signore Gesù, sommo ed eterno sacerdote, accordi il premio celeste alle fatiche di questi suoi zelanti servitori, accogliendoli nella luce della beatitudine eterna. Il riflesso di quella luce ricordi a noi, che siamo ancora pellegrini su questa terra, la necessità di imitare la loro "fede" e il "loro tenore di vita", perseverando nella dedizione ai compiti che a ciascuno ha affidato il Maestro divino, a cui vogliamo totalmente appartenere, nella vita e nella morte (cfr. Rm 14,8).


Data: 1988-11-08 Data estesa: Martedi 8 Novembre 1988




Alla Congregazione delle Suore di santa Marcellina - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Con la forza dell'amore aiutate i giovani a ricomporre la sintesi tra fede e vita

Testo:


1. E' con animo particolarmente lieto che vi accolgo oggi, religiose della Congregazione di santa Marcellina, insegnanti, alunne ed ex-alunne, provenienti dalle numerose scuole dell'Istituto, operanti in Italia, in Europa, in America.

Con gioia accolgo anche voi, medici ed infermieri degli ospedali e delle case per anziani rette dalle Suore Marcelline.

Il mio cordiale benvenuto a tutti.

Saluto innanzitutto il signor Cardinale Sebastiano Baggio e lo ringrazio per le nobili parole con cui ha interpretato i sentimenti delle suore e di tutti i presenti. Saluto in particolare la Superiora Generale, suor Maria Paola Albertario e con lei tutte voi, religiose marcelline, che oggi, in occasione del 150° anniversario di fondazione della vostra famiglia religiosa, offrite mediante questa vostra visita una eloquente testimonianza di fedeltà a Cristo, alla Chiesa ed al successore di Pietro.

E' questo, care sorelle, un felice momento della vostra storia ed un'occasione propizia per riscoprire la vostra identità vocazionale, guardando con occhio attento al messaggio che sta alle origini dell'Istituto, nell'intento di interpretarlo alla luce dei segni dei tempi, al fine di servire con autentica e fedele originalità l'uomo d'oggi.


2. Il metodo educativo suggerito dal fondatore, monsignor Luigi Biraghi, richiede che sappiate leggere attentamente ciò che passa nell'animo delle giovani alunne, per cogliere in primo luogo l'ansia di verità e di bene che esse portano dentro di sé, e per aiutarle a tradurla in scelte concrete con generosa consequenzialità.

I giovani sono profondamente coinvolti ed affascinati dalla cultura del nostro tempo e riescono ad individuarne i valori autentici, quali la pace, la libertà, la giustizia, la comunione e la partecipazione, la promozione della donna, la solidarietà. Essi sono pero, altresi, fatti oggetto di una serie di stimoli e di pressioni da cui non sempre riescono a difendersi: l'interesse preponderante verso le realtà temporali e verso il loro utilizzo consumistico, la passione per quanto è immediatamente godibile e la disattenzione, invece, per la dimensione trascendente della vita, la dipendenza dalla moda del momento anche a scapito del primato della verità. Conseguenza di ciò è una sorta di interiore scissione tra la fede che conoscono e professano e le lusinghe con cui li alletta la vita quotidiana. Ne deriva non di rado un comportamento contraddittorio, nel quale si insinuano scelte povere di quei valori e ideali che, tuttavia, essi spesso continuano ad apprezzare e a desiderare.

E' in questo contesto che la vostra azione educativa è chiamata ad inserirsi in modo penetrante e creativo, mettendo in luce l'originalità del metodo suggerito a voi dal fondatore e da madre Marina Videmari, sua prima collaboratrice, e così sapientemente applicato da suor Maria Anna Sala, che ho avuto io stesso la gioia di iscrivere nell'albo dei beati.


3. Come è noto, l'ispirazione di fondare una congregazione religiosa venne a monsignor Biraghi da una costatazione di carattere contingente, unita ad una intuizione di metodo tratta dalla storia della Chiesa milanese. La costatazione concerneva la soppressione di numerosi istituti religiosi, promossa dall'emergente laicismo del secolo XIX; l'intuizione fu di ripristinare nella comunità cristiana il modello di vita offerto da santa Marcellina, sorella ed educatrice dei santi Satiro e Ambrogio. Egli volle, così, fondare un istituto di suore che collaborassero alla ricostruzione della famiglia e della comunità cristiana, poggiando sul fondamento di una profonda vita interiore e di una fraternità semplice e cordiale, alimentata dall'amore al sacrificio, dall'umiltà, dalla dedizione alacre e fattiva al prossimo. In tale contesto si inseriva il carisma proprio dell'Istituto: "insegnare Gesù" nell'attività educativa, forma precipua dell'apostolato della Congregazione. Le suore marcelline, nate educatrici, devono continuare ad esserlo in ogni ambito del loro lavoro: negli ospedali, nelle case di assistenza agli anziani, nelle opere parrocchiali e missionarie, non meno che nelle aule di scuola.

Il fondatore volle imprimere all'apostolato delle sue suore uno stile particolare che è opportuno mantenere vivo, alla luce anche dei buoni risultati che esso ha dato nel corso degli anni. Tale stile risulta caratterizzato da uno spiccato spirito di famiglia, grazie al quale si stabilisce tra le suore e le alunne un rapporto di affetto, di semplicità e di lealtà; e da uno spirito di completa dedizione, che impegna le suore ad essere sempre in mezzo alle alunne.

Il "metodo benedetto", voluto da monsignor Biraghi come arco portante della sua pedagogia, consiste, infatti, nell'educare "vivendo insieme", in modo da formare la gioventù con la forza dell'amore, "più con l'esempio che con molti precetti".


4. E' questa la linea nella quale ancor oggi conviene perseverare. Se la dissociazione tra valori e vita costituisce il problema fondamentale della gioventù contemporanea e la principale ragione di molte crisi, è ovvio che occorre aiutare i giovani a ricomporre in sé una sintesi valida, sicura, armoniosa tra fede religiosa e scelte di comportamento, grazie a cui essi possano arrivare a calare nella concretezza della vita i valori irrinunciabili derivanti dal Vangelo.

I giovani devono essere aiutati a guardarsi dalle illusioni dei falsi idoli. Per questo sarà sempre necessario prospettare loro itinerari e mete di bene, chiarirne i dubbi, indicare criteri di orientamento non improntati al mero tornaconto individuale, correggere con fermezza, con prudenza e con motivazioni sicure i comportamenti biasimevoli o le valutazioni avventate.


5. La via sicura per raggiungere tali obiettivi passa attraverso la vostra testimonianza di amore a Cristo. La dimensione cristocentrica proposta da monsignor Biraghi alla vostra comunità educante è davvero la regola aurea e, nello stesso tempo, la forza più potente di cui disponete. Possano le giovani vite che vi crescono accanto essere conquistate dalla gioia con cui voi seguite la via del Vangelo, l'esempio di Cristo umile, povero, obbediente, casto. Possano esse scoprire prima di tutto in voi che la sintesi tra la parola divina e la vita scaturisce dalla forza della fede e dal fuoco dell'amore.

Con questi auspici invito tutte le alunne ed ex-alunne delle vostre scuole a guardare con fiducia e disponibilità interiore al servizio che voi offrite loro. Invito soprattutto le famiglie ad essere compartecipi dei vostri principi, degli indirizzi, delle prospettive, degli ideali sui quali si fonda tutta la vostra opera, mentre a tutti imparto di cuore una speciale propiziatrice benedizione apostolica.


Data: 1988-11-09 Data estesa: Mercoledi 9 Novembre 1988









Ai sacerdoti dell'Istituto della Carità - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Rosmini vi ha insegnato come si ama la Chiesa ed anche come si soffre per il suo vero bene"

Testo:

Carissimi sacerdoti dell'Istituto della Carità!


1. E' per me motivo di gioia accogliervi in occasione del capitolo generale speciale, che state celebrando a Roma, in questa città che fu tanto cara al vostro fondatore, il quale - come ben sapete - in occasione dell'approvazione dell'Istituto della Carità volle pronunciare, insieme con i primi suoi confratelli il voto di assoluta obbedienza al Papa, presso le catacombe di san Sebastiano.

Con tanto affetto, dunque, porgo il mio saluto a voi tutti, perché questa stessa udienza attesta che l'originaria "nota" di fedeltà al successore di Pietro non è venuta meno nella vostra congregazione. Saluto il superiore generale, il padre Giovanni Battista Zantedeschi e i suoi collaboratori, ed estendo il mio pensiero a tutti i membri dell'Istituto residenti nei vari Paesi ed operanti nelle missioni, nei collegi, nelle parrocchie, negli istituti di rieducazione e di assistenza. Le vostre molteplici opere corrispondono veramente a quel concetto di carità "universale", di carità tanto ampia quanto il bene, che stava particolarmente a cuore al servo di Dio Antonio Rosmini.


2. Ricordo volentieri le parole con cui il Pontefice Gregorio XVI traccio di suo pugno sul testo delle costituzioni il programma della vostra famiglia religiosa.

Egli elogio il fondatore per le sue doti, per la conoscenza delle cose divine e umane, per le virtù e per l'amore e fedeltà ammirevoli verso la religione cattolica e la Santa Sede, scrivendo che "nel fondare l'Istituto della Carità a questo principalmente intese, che la carità di Cristo sempre più si diffondesse e unisse tutti, che nella Chiesa raccogliesse frutti sempre più abbondanti, e i popoli fossero portati all'amore di Dio e dei fratelli con sempre maggior fervore" (cfr. "Pagine di una vita - Note Biografiche su Antonio Rosmini", Rovereto 1987, p. 150).

Secondo questa prospettiva voi avete lavorato e lavorate tuttora, prediligendo nella Chiesa una forma di servizio umile e quasi nascosto, secondo l'invito del fondatore, il quale raccomandava ai suoi discepoli di non prendere mai nella Chiesa "il ruolo di maestri", ma di sottomettersi "umili in ogni cosa ai maestri e giudici stabiliti da Gesù salvatore, i pastori della Chiesa" ("Costituzioni", n. 522). Desidero incoraggiare questo generoso stile di servizio ed auspico che il presente capitolo confermi in voi lo zelo di corrispondere al carisma tipico dell'Istituto.


3. E' a tutti noto l'impegno per un intenso lavoro intellettuale che fu proprio di Rosmini, tutto proteso a far conoscere il Vangelo. Il suo animo era particolarmente sensibile al grande problema dell'armonia tra fede e ragione, ed egli volle prestare attenzione ai pensatori più rinomati nella sua epoca - allora, come oggi, si parlava di nuovo momento della storia e del pensiero - per ricercare i modi sempre più adatti di comunicare la dottrina cristiana agli uomini, specialmente al mondo della cultura e del sapere, favorendo un conveniente aggiornamento del linguaggio e del dialogo.

Sapete bene come su questa testimonianza e su questo stile di vita dell'uomo di pensiero si sia oggi ravvivato l'interesse per il pensiero del Rosmini. Uomini di cultura e di studio, ecclesiastici o laici, desiderano accostarsi ai suoi scritti per ritrovare le ragioni supreme del sapere, alla luce del suo esempio di credente e di filosofo, apprezzando il suo modo di accostarsi a Dio attraverso la scienza e la filosofia, riconoscendo l'opportunità della sua ricerca al fine di confermare il valore delle verità di fede e del messaggio cristiano sull'uomo e sul suo ruolo nel mondo.

Vi esorto a continuare questa missione, specialmente nelle scuole da voi dirette e nei ben noti centri di studio di Stresa, di Rovereto e di Durham.

Sappiate corrispondere alla nobile funzione ecclesiale che vi è affidata, operando con coraggio e discernimento sicuro, per raggiungere chiarezza nell'identificare i valori autentici, ed esprimere nello stesso tempo, fermezza e coraggio, quando occorre mettere in guardia i giovani contro le ideologie inconciliabili con ia fede, anche se esse possono esercitare una certa suggestione e quasi un fascino persino negli spiriti migliori.

Così potrete confermare che l'ammirazione crescente e l'interesse verso la figura di Antonio Rosmini e il suo pensiero suscitano in voi l'esigenza di mettere in risalto le sue virtù, la sua statura morale e spirituale nelle singolari prove che lo afflissero in vita. Sono proprio tali prove che han testimoniato e maturato la santità della sua vita; proprio così egli vi ha insegnato come si ama la Chiesa, come si lavora per la Chiesa, come si può e si deve soffrire per il suo vero bene. Ricordate sempre le sue parole: "Il cristiano dovrà nutrire in se stesso un affetto, un attaccamento, ed un rispetto senza limite alcuno per la Santa Sede del Pontefice romano; senza limite alcuno dovrà amare e procacciare la vera e santa gloria, l'onoranza e la prosperità di questa parte essenziale dell'immacolata sposa di Gesù Cristo" ("Massime di Perfezione cristiana", "Opere di Antonio Rosmini", vol. 49, p. 43).


4. Mi piace affidare i lavori della presente vostra assemblea alla protezione della Vergine Addolorata, sapendo che la sua immagine fu particolarmente amata dal Rosmini: a lei egli volle affidare i suoi figli spirituali. Sappiate meditare, dunque, questa "nuova maternità di Maria" verso tutti gli uomini, generata dalla fede e frutto del nuovo amore, che maturo in lei definitivamente ai piedi della croce, mediante la sua partecipazione all'amore redentivo del Figlio (cfr. RMA 23), ed alla luce di tale esempio sappiate camminare per le vie che lo Spirito Santo suggerirà al vostro spirito.

Con tali voti imparto di cuore a voi qui presenti ed all'intera famiglia rosminiana una speciale benedizione apostolica.


Data: 1988-11-10 Data estesa: Giovedi 10 Novembre 1988




Alla comunità di lavoro delle Chiese in Svizzera - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Da una collaborazione perseverante, audace e fiduciosa risposte dinamiche a questioni pastorali d'interesse comune

Testo:

Cari fratelli e sorelle.


1. Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo: il suo Spirito d'amore che guida verso l'intera verità (cfr. Jn 16,13) ci ha fatti incontrare ed aiutare gli uni gli altri per compiere la sua volontà! La vostra visita a Roma, scandita dai momenti di preghiera, di studio e di incontro fraterno, è stata significativa per diversi motivi. Nata nel solco del nostro incontro di Kehrsatz, il 14 giugno 1984, si è svolta nello spirito che guida l'impegno della Comunità di lavoro delle Chiese cristiane in Svizzera, e cioè: accettare di interrogarsi a vicenda sulla fedeltà nel servire la verità suprema a noi rivelata nello stesso Signore Gesù.

Le vostre riunioni di lavoro con diversi dicasteri della Curia romana saranno - spero - utili per la vostra missione ecumenica. Sono certo che esse sono servite anche ad aiutare i miei collaboratori, membri di questi dicasteri, nella loro missione. Vi ringrazio di essere venuti a riflettere insieme a loro, perché essi sono impegnati tutti, "per il fatto stesso di essere collaboratori del Papa, al servizio dell'unità della Chiesa, che spetta in modo singolare al Vescovo di Roma" ("Allocutio ad Patres Cardinales Romanaeque Curiae Praelatos et Officiales coram admissos", 4, die 28 iun. 1985: , VIII, 1 [1985] 1991). Desidero manifestare la mia gioia e la mia gratitudine per questi momenti vissuti insieme di preghiera e di dialogo.


2. La missione ecumenica dei cristiani, e dei cristiani in Svizzera, è del tutto particolare a motivo della storia religiosa del vostro Paese. Quando si pensa alla storia del cristianesimo, il nome delle vostre città in certi periodi è sinonimo di luoghi di incomprensione, di separazione e di sfiducia: Ginevra, Zurigo, Berna, Bâle, Neuchâtel. E' vostra missione farli diventare luoghi di riconciliazione, di fiducia e di speranza per la diffusione del Vangelo e la gioia degli abitanti. So che molte iniziative locali si muovono in questa direzione e chiedo al Signore che vi accordi la grazia della perseveranza, malgrado le antiche difficoltà ancora non superate e le nuove difficoltà che possono presentarsi.

A Kehrsatz, avevo espresso la speranza che i cattolici e i riformati di Svizzera possano essere in grado un giorno di scrivere insieme la storia della loro separazione, "epoca tormentata e complessa", e di scriverla "con l'obiettività che una profonda carità fraterna è capace di fornirci" ("Allocutio in pago vulgo "Kehrsatz", apud Bernam, ad homines adscitos in Consilium Communitatum seiunctarum Helvetiae", 2, die 14 iun. 1984: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VII, 1 [1984] 1749). So che si è cominciato a studiare questo progetto e spero che lo si potrà avviare.


3. Nel corso della vostra visita, il vostro lavoro con i dicasteri della Curia romana ha avuto come tema non solo la vita interna della Chiesa o il movimento ecumenico. Se i cristiani si ripiegassero su se stessi non sarebbero più fedeli alla loro missione. Noi abbiamo ricevuto la grazia della fede per testimoniare l'amore di Dio per tutti gli uomini. Avete parlato dei diritti umani e del dramma terribile della tortura. Il debito estero dei Paesi del terzo mondo e l'urgenza dell'impegno ecumenico per la giustizia, la pace e la salvaguardia del mondo sono stati argomento dei vostri incontri perché è in gioco il futuro del mondo e la credibilità dei cristiani. Allorché, in un Paese, si intensificano e si sviluppano le relazioni e i rapporti con le altre nazioni, oltre le frontiere politiche e senza essere guidati dal solo interesse economico, allora si costruisce la pace.

In Svizzera, organizzazioni di diverso genere sono impegnate in questo senso, a diversi livelli; mi riferisco, in particolare, alle istituzioni internazionali con sede a Ginevra. I cristiani svizzeri hanno una responsabilità particolare di sostenere questi sforzi a favore della pace a livello locale e internazionale.


4. Per quanto riguarda la situazione specificamente ecclesiale, voi volete essere attenti alle comunità minori che rischiano di non essere ascoltate, sia nella nazione, sia nella collaborazione ecumenica, poiché altre sono più presenti per il grande numero dei loro membri e dei mezzi di cui dispongono. Questo è un rischio reale in tutto il mondo. Tuttavia, l'importanza di una Chiesa non si misura dal numero dei fedeli, ma dal vigore della vita di fede. Nella ricerca dell'unità e nella testimonianza comune, ogni Chiesa o comunità ecclesiale deve poter essere accolta con la sua spiritualità particolare, la sua esperienza missionaria e la sua maniera di vivere il mistero della fede. Avendo notato questa vostre preoccupazione, auspico che la Chiesa ortodossa presente in Svizzera possa un giorno anch'essa collaborare con voi entrando a far parte della vostra Comunità di lavoro.


5. Tra le realtà che ci stanno a cuore, c'è la partecipazione all'Eucaristia e i matrimoni misti. Per quanto riguarda la cena del Signore, le nostre posizioni ancora non convergono, e malgrado le difficoltà e le sofferenze nella vita delle comunità, non possiamo agire come se queste divergenze, relative a un punto essenziale della fede, non esistessero. Nella nostra fede cattolica, noi, per fedeltà a quanto ci hanno tramandato gli apostoli come discendente direttamente da Cristo, siamo convinti che la celebrazione comune dell'Eucaristia presuppone l'unità nella fede e che essa è strettamente legata a quanto noi crediamo circa il ruolo proprio e lo statuto ecclesiologico dei ministeri ordinati. Ho detto recentemente ai protestanti con cui mi sono incontrato a Strasburgo: "Come cattolici, non vogliamo lasciare credere che l'impossibilità attuale di una comune partecipazione all'Eucaristia sia una semplice questione di disciplina ecclesiastica che può essere risolta differentemente secondo le persone e le circostanze" ("Allocutio Strasbourgi, ad oecumenicam celebrationem in Ecclesia S.

Thomae habita", 4, die 9 oct. 1988: Insegnementi di Giovanni Paolo II, XI, 3 [1988] 1135). L'Eucaristia e i ministeri della Chiesa devono continuare ad essere oggetto di un dialogo teologico; noi tutti speriamo che la grazia di Dio si servirà di questo dialogo e che, con la nostra preghiera e la conversione del cuore, ci permetterà di compiere un giorno, tutti insieme, ciò che noi cattolici oggi riteniamo ancora impossibile.


6. I matrimoni misti sono sempre più numerosi in Svizzera e questa è una delle vostre comuni preoccupazioni importanti. Lo specifico ministero pastorale di cui hanno bisogno le coppie miste necessita di una collaborazione regolare, efficiente e fiduciosa delle Chiese. Le famiglie che devono sopportare nell'intimo della loro vita le conseguenze dolorose della nostra divisione, ma anche la speranza e l'amore che già ci riavvicinano, proprio queste famiglie hanno diritto ad una attenzione prioritaria. Immagino quanto possa essere difficile e delicato, per coloro che svolgono un ministero importante pastorale, presentare il volto esigente e insieme materno della Chiesa a dei fidanzati di confessioni diverse, che, troppo spesso, hanno con la loro Chiesa rapporti solo occasionali. Non si dovrebbe forse evitare di dire troppo frettolosamente che un matrimonio misto è una "occasione per l'ecumenismo", dal momento che si constata che molte famiglie così vivono in seguito nell'indifferenza religiosa, per ragioni molto diverse? Come sostenere gli sposi che desiderano restare fedeli alle loro Chiese rispettive, educare i figli nella fede e dare il loro contributo al movimento ecumenico, quando le situazioni delle coppie sono così diverse, il loro contesto parrocchiale a volte è troppo vago e la testimonianza evangelica esigente è così difficile in una nazione tranquilla, ricca e prospera? Sono domande che vi ponete spesso. Vi piace definire la Comunità di lavoro delle Chiese cristiane come una "comunione provvisoria in crescita". Da questa comunione dovrebbero nascere, se non delle soluzioni definitive, almeno delle risposte stimolanti a questi problemi pastorali, risposte elaborate e messe in atto in una collaborazione comune, perseverante, audace e fiduciosa.


7. Cari fratelli e sorelle, voi state per ritornare nelle vostre comunità in Svizzera. Dividerete con loro le speranze nate in questi incontri romani.

Manifesterete loro forse la vostra delusione o insoddisfazione su talune questioni tra quelle affrontate. A prescindere dai risultati immediati, sono convinto che ci sia stato un progresso nell'ecumenismo, perché condivido totalmente la certezza da voi espressa alla fine della dichiarazione comune del 6 maggio 1986: "C'è un progresso nell'ecumenismo quando i cuori si volgono insieme verso Dio, Padre di noi tutti, quando, nell'amore di Gesù Cristo, fratelli e sorelle ancora separati si volgono gli uni verso gli altri e quando infine si pone la speranza nella promessa dei doni dello Spirito Santo, testimone della fedeltà di Dio".


Data: 1988-11-10 Data estesa: Giovedi 10 Novembre 1988





GPII 1988 Insegnamenti - Ai Vescovi del Canada in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)