GPII 1980 Insegnamenti - Al Braccio di Carlo Magno, nei musei vaticani - Città del Vaticano (Roma)

Al Braccio di Carlo Magno, nei musei vaticani - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Inaugurata la mostra "A Mirror of Creation"

Sua Eminenza, Cari amici dell'American Art in Religion, E' per me un piacere darvi oggi il benvenuto, ed inaugurare con voi la prima importante mostra di dipinti americani in Vaticano.

Con questa mostra la vostra Associazione prosegue la sua lodevole iniziativa; nello stesso tempo espande i contatti che ha già avuto con il Vaticano tramite i seminari che hanno avuto luogo qui nel 1976 e 197 8.

Il titolo stesso che avete dato a questa mostra esprime i sentimenti che hanno motivato questa vostra attività: "A Mirror of Creation - 150 years of American Nature Painting". Grazie al vostro generoso impegno molte persone potranno ammirare questi dipinti nelle prossime settimane; grazie a voi saranno in grado di riflettere sulla natura come opera di Dio, manifestazione del suo potere e della sua bellezza, espressione della generosità con cui abbellisce il mondo per il bene degli uomini. Da queste riflessioni sulla natura scaturisce una profonda comprensione della gloria della creazione, della dignità dell'uomo, e soprattutto della maestosità del creatore. Il Salmista proclamava: "O Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra: sopra i cieli si innalza la tua magnificenza" (Ps 8,2).

Sono anche felice di questa occasione per aggiungere la mia voce alla grande testimonianza di rispetto, stima e fiducia data agli artisti di tutto il mondo in lunghi anni dal mio predecessore Paolo VI. Gli artisti hanno un nobile contributo da offrire alla costruzione della civiltà dell'uomo e alla promozione del Regno di Dio sulla terra.

Siano benedetti questo vostro impegno e tutti i vostri impegni al servizio dell'arte. "Ti benedica il Signore e ti protegga. Il Signore faccia brillare il suo volto su di te e ti sia propizio. Il Signore rivolga su di te il suo volto e ti conceda la pace!" (Nb 6,24-26).

[Traduzione dall'inglese]

Data: 1980-09-23 Data estesa: Martedi 23 Settembre 1980.


Alla grotta della Madonna di Lourdes - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Messa per pellegrinaggi dalla Polonia

Cari fratelli Vescovi e Sacerdoti che siete stati prigionieri nei campi di concentramento, soprattutto in quello di Dachau, In quel periodo indimenticabile avete fatto tutti una speciale promessa, un voto a S. Giuseppe: non avreste mai dimenticato S. Giuseppe se la Provvidenza vi avesse permesso di lasciare il campo, di tornare alla libertà e di servire la Patria come preti. Per questo, oggi, in memoria di questo voto, abbiamo pregato durante la Santa Messa per l'intercessione di S. Giuseppe. Era una preghiera di ringraziamento e allo stesso tempo una supplica.

Voglio anzitutto ringraziarvi perché 10 anni or sono, quando avete intrapreso un pellegrinaggio alla Santa Sede, al Santo Padre Paolo VI, mi avete permesso di venire con voi, con quel pellegrinaggio di sacerdoti ex prigionieri dei campi di concentramento, di preti di Dachau, benché non ne avessi avuto il diritto. Mi ricordo, in quell'anno 1970, prima le celebrazioni a Kalisz, poi il pellegrinaggio a Roma e tutti quei particolari di cui all'inizio della Messa ha parlato il Vescovo Ignacy. Vi sono grato per questo. Vi sono anche grato perché 10 anni dopo, nel 1980, nel 35° anniversario della vostra liberazione dal campo di concentramento, siete di nuovo venuti a Roma. Siete venuti in numero ridotto perché queste sofferenze, che come stimmate si sono impresse profondamente nei vostri organismi e che durano, non servono al prolungamento della vita, ma l'abbreviano.

Per questo i vostri ranghi si diradano, siete sempre di meno. Malgrado ciò costituite una comunità particolare, una comunità unita da un legame interiore, un legame di sofferenza, di solidarietà, di sacrificio e di amore per la Patria. Costituite una comunità sacerdotale legata con il vincolo di una testimonianza particolare che avete dato nella vostra vita. Questa comunità ha una sua espressione particolare riguardo alla Patria, riguardo alla Chiesa, riguardo alle generazioni nuove.

Oggi, avendo avuto la possibilità di pregare insieme con voi, di ringraziare e pregare per l'intercessione di S. Giuseppe, mi sono venuti alla memoria personaggi degli anni della mia adolescenza: erano gli insorti del 1863 che in quell'epoca, negli anni '20, costituivano un certo gruppo, una certa comunità. Come gruppo di particolari meriti, erano rispettati da tutta la società, dalle giovani generazioni, dai bambini. Nella mia memoria è venuta questa analogia, perché la vita di una nazione è fondata su questa trasmissione viva, sulla tradizione, sulla trasmissione dei fatti storici, sulla trasmissione dei valori che uniscono le generazioni malgrado queste generazioni siano sottoposte alla legge del tempo che trascorre e, come ogni uomo, anche alla legge della morte.

Di particolare importanza per le generazioni che sono venute in seguito sono quelli che, in modo particolare, hanno dato testimonianza della vita: senza timore e imbattibile, vita della nazione. Tali testimonianze ai miei occhi di fanciullo furono proprio loro, già allora pochi ma tuttavia ancora presenti, gli insorti del 186 3. Tali testimoni col passar degli anni e dei decenni diventate voi, carissimi fratelli sacerdoti e tutti i nostri amati fratelli e sorelle, ex prigionieri dei campi di concentramento della II guerra mondiale. Quel passar delle generazioni, che nello stesso tempo significa il progredire della vita, si sviluppa costruendo sul fondamento dei valori per cui le generazioni precedenti pagavano, pagavano con la loro vita e la morte, pagavano con il sangue e le sofferenze. Questo passar del tempo è la storia, è la vita della nazione. Tale è la vita della nostra nazione.

E ogni momento contemporaneo porta in sé come un peso beato dei momenti e dei giorni e degli anni e delle generazioni del passato. Che Dio vi ripaghi di questo peso beato che voi avete portato.

Che Dio vi ripaghi per la vostra sofferenza, per il vostro sacrificio e per le vostre testimonianze. E voi, come ogni anno, così anche oggi, ringraziate Dio per l'intercessione di Maria Regina della Polonia e di tutti i nostri patroni, in particolar modo San Giuseppe, ringraziate perché vi ha permesso di mettere un tale fondamento per le generazioni seguenti per gli anni e momenti seguenti nella storia della nazione.

Concludendo questo incontro Eucaristico, concludendo questa straordinaria preghiera comune con voi, desidero dare la benedizione anche a voi, fratelli cari e a tutti i compatrioti riuniti qui, che hanno partecipato a questo nostro incontro. Desidero impartire questa benedizione a tutta la nostra Patria attraverso voi e desidero che con questa benedizione sia toccato dalla grazia, dall'amore e dalla forza della Santissima Trinità, l'attuale momento che sta vivendo la nostra Nazione. Questo momento odierno, questa generazione, questi nostri Compatrioti tutti senza eccezione, fratelli e sorelle, senza eccezione di età, senza eccezione di convinzioni, senza eccezione alcuna e in nome di ciò che siamo noi: una Nazione, una grande famiglia, che abbiamo un compito comune, e che condividiamo la responsabilità comune. Che questa benedizione tocchi tutti, e testimoni dinanzi a tutti come la Polonia era ed è molto nel cuore della Chiesa, come la Chiesa sta guardando molto nel cuore della Polonia, e che ci incontriamo a vicenda su queste vie, sulle quali la Provvidenza guida gli uomini, le nazioni, i continenti e l'umanità intera. Ci incontriamo nello spirito di fede, speranza e amore. Ci incontriamo fiduciosi nel potere di Dio, che guida i destini degli uomini e delle nazioni, fiduciosi nella Provvidenza Divina, che guida uomini e nazioni attraverso esperienze, attraverso prove e da queste prove ci porta fuori.

Così come guido voi, venerati e cari fratelli, fuori da quelle prove.

Che quest'incontro e questa benedizione siano un apporto agli avvenimenti che si susseguono, a quell'incessante passare che è nello stesso tempo creare, a questo andarsene che è insieme vita e salvezza. Cari fratelli, non possiamo in questo momento non ricordare quelli che non si trovano più qui all'appello odierno, quelli che rimasero a Dachau, quelli che sono morti durante i 35 anni passati, per l'esaurimento dovuto alla prigionia.

Includiamo tutti quelli in questa grande preghiera per la Patria. In questa grande preghiera di vita e speranza. Amen. Data: 1980-09-24 Data estesa: Mercoledi 24 Settembre 1980.





Al termine dell'udienza generale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Appello per la pace nel Medio Oriente

Le notizie degli scontri scoppiati tra gli eserciti dell'Iraq e dell'Iran, che si affrontano con ingenti mezzi di distruzione e di morte, suscitano profonda preoccupazione e dolore.

Il pensiero corre alle vittime, già numerose, non solo fra le forze combattenti, ma anche tra le popolazioni civili; penso alle famiglie in lutto, alla gente che vive nell'incubo di una catastrofe che potrebbe abbattersi sulle proprie case e sulla nazione; senza dire delle distruzioni e dei danni alle risorse dei due Paesi, da cui le popolazioni sperano miglioramenti del proprio tenore di vita, e del riaccendersi dei sentimenti di ostilità e di odio che la guerra provoca.

Nella regione del Medio Oriente, già percorsa da tensioni, scosse e cronica insicurezza, un conflitto armato come quello che si è acceso fra Iraq e Iran, potrebbe avere - Dio non lo permetta! - dimensioni e conseguenze ancora più ampie e devastanti.

Bisogna confidare che la saggezza dei governanti e dei popoli in conflitto sappia trovare al più presto la via che conduca all'arresto delle ostilità, e all'inizio di un negoziato per discutere le divergenze che ne sono la causa. A questo non dovrebbero mancare l'appoggio e la cooperazione della Comunità Internazionale, sollecita di evitare mali più gravi ai due popoli e all'intera regione.

Vi invito ad unirvi a me nella preghiera che, in questo momento di ansia, elevo al Signore dal profondo del cuore perché ispiri "pensieri di pace e non di afflizione" ai popoli e ai responsabili dei loro destini.

Data: 1980-09-24 Data estesa: Mercoledi 24 Settembre 1980.


Ai congressisti dell'"Union Catholique Internationale de la Presse - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Contributo della comunicazione sociale all'edificazione dell'uomo

1. Cari amici.

Sono molto felice di accogliervi in questa casa. E' questo infatti per me un motivo tutto speciale di soddisfazione che voi abbiate voluto celebrare a Roma il vostro XII congresso mondiale. Questo vi dà anche l'occasione di un incontro col Papa, voi che siete i rappresentanti cattolici più qualificati dell'informazione e della stampa.

Per il ruolo che avete, vi trovate nel cuore stesso di ciò che costituisce la trama della società e la vostra missione è quella di favorire i valori e i diritti che permettono all'uomo di crescere, di edificare la società stessa. Come cattolici, spetta a voi di esercitare una responsabilità di membri del Popolo di Dio, sempre desideroso di maggiore libertà, di verità e di amore fraterno.


2. Come tema di studio di questo XII congresso mondiale dell'Ucip voi avete scelto: "Una stampa per una società di comunicazione". Tema che potrebbe sembrare teorico a prima vista, ma che è in realtà ricco di applicazioni pratiche per l'avvenire dell'uomo. Grazie alla stampa, sempre più, non sono solo delle "élites" ristrette, ma dei gruppi sempre più vasti, nella maggioranza dei paesi, che vedono comparire nuove forme di conoscenza della realtà, delle relazioni di nuovo tipo tra gli individui e la società, per l'intromissione di questo strumento che, in qualche modo, prolunga il pensiero e il sentimento di ciascuno.

Certo, questo non esclude dei rischi, e bisogna avere la lucidità e il coraggio di valutarli. Il rischio di schiacciare le libertà dell'individuo, della famiglia, delle comunità; il rischio di considerare il denaro, il potere, le ideologie come dei valori supremi. Tutto questo mette in pericolo la dignità dell'uomo. Ma per quanto grandi possano essere questi rischi non ci devono spaventare. Non bisogna che ci lasciamo impressionare da una visione troppo negativa a discapito dell'importanza straordinaria che riveste il fatto, per la nostra società, di essere appunto una società di comunicazione.


3. Preferisco dunque attirare la vostra attenzione sulle precauzioni utili per progredire con lucidità nel vostro compito. E' un bene, agli occhi della Chiesa, che l'uomo sia inserito in una società di comunicazione, poiché i mezzi necessari a questa possano concorrere alla realizzazione dei piani della provvidenza divina.

In questo campo, siete dunque invitati alla speranza, anche se è necessario che vi mostriate lucidi e vigilanti: la stampa e i mezzi di comunicazione sociale in generale possono e devono servire a favorire in modo nuovo la comprensione tra gli uomini e le società, e l'amore fraterno stesso.

Il vostro documento preparatorio vi invitava infatti a interrogarvi, nei dettagli, sul contributo dato dalla stampa ai valori della comunicazione: ascolto, informazione reciproca, scambio comunione, partecipazione, impegno al servizio degli altri, in breve tutto ciò che concorre a far si che gli uomini si conoscano meglio, si apprezzino meglio e collaborino meglio.

Questa comprensione e questa apertura agli altri, che sono parte integrante dell'amore che il cristiano deve sempre alle persone, non significano evidentemente che le idee o gli atteggiamenti saranno considerati ugualmente ammissibili: i giornalisti cattolici restano responsabili di una educazione esigente, che permette ai lettori di scoprire, di desiderare e di ricercare l'atteggiamento migliore, più giusto, più conforme alla verità, il più benefico per loro stessi e per la società. Penso che il vostro congresso vi avrà aiutato ad approfondire quei problemi così importanti e a rischiarare la vostra strada.


4. Questo progresso nella comunicazione è d'altra parte l'obiettivo parzialmente, ma felicemente realizzato dagli organismi più autorevoli della società internazionale - penso in particolare all'Unesco che ho avuto il piacere di visitare recentemente con grande soddisfazione. Questo scopo è anche il vostro allorché lo definite con ragione nei vostri documenti come "un nuovo ordine mondiale dell'informazione e della comunicazione". Lontano dall'esservi estranea, la Chiesa, di cui voi siete membri attivi, deve parteciparvi.

Se è vero che sovente l'errore, la schiavitù dell'uomo possono provenire dal cattivo uso delle tecnologie moderne che l'informazione ammette oggi, non bisogna per questo rifiutarle globalmente, ma denunciare solo l'abuso che può essere fatto da coloro che ne fanno uso indegnamente. Affinché queste tecniche adempiano il ruolo che la provvidenza ha loro assegnato, è necessario rispettare i sacri diritti dell'uomo in questo campo: diritto di sapere e di comunicare la verità nella sua ricchezza dalle numerose sfaccettature, tenendo conto delle aspirazioni, della condizione e dei bisogni di ciascuno; diritto al dialogo e al dibattito politico: diritto al rispetto della vita privata di ciascuno; e molti altri che appaiono più chiaramente a mano a mano che si compie l'evoluzione della società moderna.

Si tratta di contribuire all'edificazione dell'uomo, alla quale si appiglia la riflessione del vostro congresso. C'è bisogno di sottolinearlo: i mezzi di comunicazione sociale sono precisamente dei mezzi "sociali" di comunicazione. Devono rispettare e servire i bisogni e i diritti delle società, delle famiglie, degli individui, in particolare per ciò che riguarda la cultura e l'educazione, invece di sottomettersi alle leggi dell'interesse, del sensazionale o del risultato immediato.


5. I mezzi che voi rappresentate hanno anche il vantaggio di poter offrire direttamente e nella sua autenticità la parola liberatrice del Vangelo. La Chiesa gioisce di disporne per il suo apostolato. Oggi come ieri, è sempre un dovere, per le comunità cristiane nelle diocesi, sul piano nazionale come su quello internazionale, perseguire e intensificare i loro sforzi per promuovere dei mezzi di informazione che siano adatti alla Chiesa, affinché siano trasmesse, liberamente e con preoccupazione di esattezza, delle informazioni sulla vita interna della Chiesa e sulle sue attività, così come la parola e l'insegnamento dei successori degli apostoli. Ho notato con soddisfazione che avete cominciato, in un pre-congresso, a studiare i problemi della stampa cattolica nei paesi in via di sviluppo, ove il suo ruolo è infatti capitale. La stampa, deve sempre caratterizzarsi per la sua capacità di interpellare l'individuo, di trasmettere un messaggio che reclami la coscienza, fornendo dei criteri per la formazione di una opinione pubblica veritiera.

I cristiani sono chiamati a lavorare con ardore e con costanza, a fare di questo ideale una realtà effettiva, che siano al servizio della stampa cattolica, alla quale la Chiesa dà primaria importanza, o che collaborino alla stampa detta neutra. Questi due campi di attività sono come il dritto e il rovescio dello stesso apostolato.

A voi stessi, membri dell'Unione Cattolica Internazionale della Stampa, più coscienti dei problemi dell'umanità intera, è chiesto uno sforzo particolare per riaggiustare continuamente la vostra azione e dunque per perfezionare sempre più la vostra organizzazione. E' un lavoro esigente, ma che deve essere impregnato di fiducia nella capacità dell'uomo di superare le difficoltà e le contraddizioni dell'epoca presente, attraverso i mezzi di comunicazione sociale che gli sono offerti, purché si impegni a rispettare dapprima i diritti di Dio nel cuore dell'uomo. può allora contare sulla sua grazia.

E' questa assistenza dello Spirito di Verità e d'Amore che imploro su tutti voi. Assicurandovi la mia fiducia, ridicendovi il mio incoraggiamento, vi do di tutto cuore la benedizione apostolica, e benedico con voi quelli che vi sono cari, in particolare le vostre famiglie.

[Traduzione dal francese]

Data: 1980-09-25 Data estesa: Giovedi 25 Settembre 1980.


L'omelia nella Cappella Sistina per l'apertura del Sinodo dei Vescovi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La famiglia oggetto e soggetto della missione

1. Venerabili fratelli nell'episcopato e cari voi tutti, partecipanti alla sessione del Sinodo dei Vescovi, che sta per iniziare! E' bene che possiamo iniziare i nostri lavori entrando nel cuore stesso della preghiera sacerdotale di Cristo. Sappiamo quale e quanto grande sia stato il momento in cui egli ha pronunciato le parole di questa preghiera. Ascoltiamo invece di quale inaudito contenuto esse siano cariche: "Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi" (Jn 17,11).

Quando la Chiesa prega per la sua unità, essa risale semplicemente a queste parole. Con queste parole preghiamo per l'unione dei cristiani. E, servendoci di queste stesse parole, raccomandiamo al Padre, nel nome di Cristo, quell'unità che dobbiamo costituire durante l'assemblea del Sinodo dei Vescovi, che inizia oggi e intraprende i suoi lavori dopo una lunga e approfondita preparazione: i lavori sul tema dei compiti della famiglia cristiana.


2. Questo tema è stato scelto come conclusione, presentata dopo un approfondito esame da parte del consiglio per la segreteria generale del Sinodo, delle proposte che erano pervenute alla stessa segreteria generale del Sinodo da parte di molti Vescovi e delle conferenze episcopali, come pure dai Sinodi orientali. Questo tema, durante le prossime settimane, dovrà costituire la base delle nostre considerazioni, anche perché siamo profondamente convinti che attraverso la famiglia cristiana la Chiesa vive e compie la missione affidatale da Cristo.

Perciò si può dire con franchezza che il tema della presente sessione del Sinodo si trova sul prolungamento delle due sessioni precedenti. Sia l'evangelizzazione, tema del Sinodo del 1974, sia la catechesi, tema del Sinodo del 1977, non solo sono rivolte alla famiglia, ma da essa attingono la loro autentica vitalità. La famiglia è l'oggetto fondamentale dell'evangelizzazione e della catechesi della Chiesa, ma essa è anche il suo indispensabile ed insostituibile soggetto: il soggetto creativo.


3. Proprio per questo, per essere questo soggetto, non solo per perseverare nella Chiesa ed attingere dalle sue risorse spirituali, ma anche per costituire la Chiesa nella sua dimensione fondamentale, come una "Chiesa in miniatura" ("Ecclesia domestica"), la famiglia deve in modo particolare essere cosciente della missione della Chiesa e della propria partecipazione a questa missione.

Il presente Sinodo ha come compito di mostrare a tutte le famiglie la loro peculiare partecipazione alla missione della Chiesa. Questa partecipazione comporta, al tempo stesso, la realizzazione dello scopo proprio della famiglia cristiana, per quanto possibile nella sua piena dimensione.

Desideriamo, per mezzo dei lavori dell'assemblea sinodale, rileggere ancora una volta il ricco magistero del Concilio Vaticano II nella prospettiva della verità sulla famiglia in esso contenuta, ed altresi dell'aspetto della realizzazione di questo Concilio da parte delle famiglie. Le famiglie cristiane devono pienamente ritrovare il loro posto in questa grande opera. Il Sinodo vuol rendere un servizio, prima di tutto, a questo fine.


4. "Siamo un solo corpo in Cristo e ciascuno per la sua parte siamo membra gli uni degli altri" (Rm 12,5), insegna san Paolo nella seconda lettura della liturgia odierna. E perciò, anche se la riunione sinodale è, per sua natura, una forma particolare dell'attività del collegio episcopale, nell'ambito di questa assemblea sentiamo un particolare bisogno della presenza e della testimonianza dei nostri cari fratelli e sorelle, che rappresentano le famiglie cristiane di tutto il mondo. "Abbiamo pertanto doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi" (Rm 12,6). E' proprio durante questa assemblea, il cui tema è la famiglia cristiana e i suoi compiti, c'è tanto bisogno della presenza e della testimonianza di coloro i cui "doni", secondo "la grazia" del sacramento del matrimonio ad essi "data", sono doni di vita e di vocazione al matrimonio e alla vita familiare.

Vi saremo riconoscenti, cari fratelli e sorelle, se durante i lavori del Sinodo, cui ci dedicheremo secondo la nostra responsabilità episcopale e pastorale, condividerete con noi questi "doni" del vostro stato e della vostra vocazione, almeno soltanto mediante la testimonianza della vostra presenza ed anche della vostra esperienza, radicata nella santità di questo grande sacramento, che è vostra parte: il sacramento, cioè, del matrimonio.


5. Quando Cristo, prima della sua morte, alla soglia del mistero pasquale prega: "Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola come noi" (Jn 17,11), allora chiede in qualche modo, forse in modo particolare, anche l'unità dei coniugi e delle famiglie. Prega per l'unione dei discepoli, per l'unione della Chiesa; e il mistero della Chiesa è stato da san Paolo paragonato al matrimonio (cfr. Ep 5,21-33). La Chiesa, perciò, non solo pone il matrimonio e la famiglia in un posto particolare tra i suoi compiti, ma guarda anche al sacramento del matrimonio in certo qual modo come al suo modello. Colmata dell'amore di Cristo-sposo, del suo amore "fino alla morte", la Chiesa guarda verso gli sposi, i quali si giurano amore fino alla morte. E considera suo compito particolare di custodire questo amore, questa fedeltà e onestà e tutti i beni, che ne provengono per la persona umana e per la società. E' proprio la famiglia che dà la vita alla società. E' in essa che, attraverso l'opera di educazione, si forma la struttura stessa dell'umanità, di ogni uomo sulla terra.

Ecco quanto dice, nel Vangelo di oggi, il Figlio al Padre: "Le parole che hai dato a me io le ho date a loro; essi le hanno accolte... e hanno creduto che tu mi hai mandato... Tutte le cose mie sono tue e tutte le cose tue sono mie..." (Jn 17,8-10).

Non risuona nei cuori delle generazioni l'eco di questo dialogo? Non costituisce esso il tessuto vivificante della storia di ogni famiglia e, tramite la famiglia, di ogni uomo? Non ci sentiamo, mediante queste parole, particolarmente legati alla missione di Cristo stesso: di Cristo-sacerdote, profeta, re? Non scaturisce la famiglia dal cuore stesso di questa missione? 6. "Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale" (Rm 12,1).

Questo sacrificio e questo culto testimoniano la vostra partecipazione al regale sacerdozio di Cristo. Ad esso non si assolve diversamente se non obbedendo a quella esortazione, rivolta da Dio, creatore e padre. La prima lettura, tratta dal libro del Deuteronomio, dice: "Questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica" (Dt 30,14).

E Cristo prega così per i suoi discepoli: "Non chiedo che tu li tolga dal mondo ma che li custodisca dal maligno... Consacrali nella verità. Per loro io consacro me stesso perché siano... consacrati nella verità" (Jn 17,15-19).

Ecco, tracciato dalla parola di Dio dell'odierna liturgia, il disegno dei compiti, che dobbiamo presentare alle famiglie cristiane nella Chiesa e nel mondo contemporaneo: - la coscienza della missione, che prende il suo inizio dalla missione salvifica di Cristo stesso e si compie come servizio particolare; - questa coscienza si nutre della parola del Dio vivente e della forza del sacrificio di Cristo. In questo modo matura una testimonianza di vita, capace di formare la vita altrui; capace di "consacrare nella verità"; - questa coscienza fa effondere il bene, che solo è capace di "custodire dal maligno". Il compito della famiglia è, così, simile al compito di colui, il quale, nel Vangelo di oggi, dice di se stesso: "Quando ero con loro, io conservavo nel tuo nome coloro che mi hai dato e li ho custoditi; nessuno di loro è andato perduto... (Jn 17,12).

Si! Il compito di ogni famiglia cristiana è quello di custodire e di conservare i valori fondamentali. E' quello di custodire e conservare semplicemente l'uomo! 7. Che lo Spirito Santo ci guidi e conduca tutti i nostri lavori durante la riunione che inizia oggi.

E' bene che noi la iniziamo nel cuore stesso di questa grande preghiera "sacerdotale" di Cristo. E' bene che noi la iniziamo dall'eucaristia.

Tutto il nostro lavoro durante i giorni successivi non sarà nient'altro che un servizio reso agli uomini: ai nostri fratelli e sorelle, ai coniugi, ai genitori, ai giovani, ai bambini, alle generazioni, alle famiglie; a tutti coloro, ai quali Cristo ha rivelato il Padre; a tutti coloro, che il Padre ha dato a Cristo "dal mondo".

"Io prego per loro... per coloro che mi hai dato, perché sono tuoi"! (Jn 17,9).

Preghiera per il Sinodo Dio, dal quale proviene ogni paternità in cielo e in terra, / Padre, che sei amore e vita, / fa' che ogni famiglia umana sulla terra diventi, / mediante il tuo Figlio, Gesù Cristo, "nato da donna", / e mediante lo Spirito Santo, sorgente di divina carità, / un vero santuario della vita e dell'amore / per le generazioni che sempre si rinnovano. / Fa' che la tua grazia guidi i pensieri e le opere dei coniugi / verso il bene delle loro famiglie / e di tutte le famiglie del mondo. / Fa' che le giovani generazioni trovino nella famiglia un forte sostegno / per la loro umanità e la loro crescita nella verità e nell'amore. / Fa' che l'amore, rafforzato dalla grazia del sacramento del matrimonio, / si dimostri più forte di ogni debolezza e di ogni crisi, / attraverso le quali, a volte, passano le nostre famiglie. / Fa' infine, te lo chiediamo per intercessione della sacra famiglia di Nazaret / che la Chiesa in mezzo a tutte le nazioni della terra / possa compiere fruttuosamente la sua missione / nella famiglia e mediante la famiglia. / Per Cristo nostro Signore, / che è la via, la verità e la vita / nei secoli dei secoli. / Amen. Data: 1980-09-26 Data estesa: Venerdi 26 Settembre 1980.


All'Azione Cattolica Italiana - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Fedeltà alla tradizione e creatività per l'aggiornamento

Carissimi fratelli e sorelle.

E' motivo di vera gioia per me oggi poter accogliere in questa udienza particolare voi, delegati dell'Azione Cattolica Italiana, che, unitamente ai membri della presidenza nazionale, avete voluto presentare di persona al Papa l'attestato dei vostri sentimenti devoti, della vostra affezione sincera e dell'impegno generoso a servizio della Chiesa e di ogni uomo nella moderna società.

Do il mio cordiale benvenuto a tutti e a ciascuno; vi ringrazio per la vostra presenza, per il vostro entusiasmo e per la gioia che mi procurate nel sapervi ben disposti e decisi a camminare sulle vie che la Chiesa sta tracciando verso il futuro. Vi ringrazio soprattutto per il lavoro che svolgete nelle file delle vostre associazioni, nelle varie diocesi d'Italia, che qui rappresentate.

1. So che siete venuti a Roma per la vostra assemblea nazionale e che siete tutti ben consapevoli della sua importanza e delle attese, che su di essa si appuntano da parte delle vostre comunità diocesane e parrocchiali. L'assemblea nazionale è sempre un momento importante perché è un appuntamento con la storia interiore e spirituale dell'associazione, durante la quale non si tratta soltanto di rinnovare le cariche, come previsto dallo statuto, ma soprattutto di rinnovare i vostri animi, operando una sincera e franca verifica della vostra situazione interiore, oltre che dell'attività svolta durante lo scorso triennio, per meglio delineare quali debbano essere gli obiettivi, i programmi e gli impegni per il prossimo triennio.

A questo proposito mi pare che la scelta del tema: "Costruire da laici la comunità ecclesiale per animare da cristiani la società italiana" sia quanto mai opportuna, perché rispondente alle esigenze spirituali e sociali del mondo contemporaneo, e perciò meritevole di costituire il "leit-motiv" per la prossima tappa. Tale tema infatti richiama la riflessione teologica sul laicato che il Concilio Vaticano II ha riaffermato in maniera così chiara ed autorevole, come si legge nella costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo: "I laici, che hanno responsabilità attive dentro tutta la vita della Chiesa, non solo son tenuti a procurare l'animazione del mondo con lo spirito cristiano, ma son chiamati anche ad essere testimoni di Cristo in mezzo a tutti, e cioè pure in mezzo alla società umana" (GS 43). Tutto questo è tanto più necessario nella situazione dei giorni nostri in cui non mancano tentativi di secolarizzazione, accompagnati da episodi di indifferenza religiosa. In tale contesto, voi siete chiamati ad operare, in comunione con i pastori, per adempiere la vostra missione nella fedeltà alla tradizione e nella creatività richiesta per aggiornare e rendere più efficace il confronto e l'impatto con le diverse culture.

Quale ampio orizzonte si apre, quindi, alla vostra coscienza di laici cattolici! Esso è tale che lo stesso Concilio non teme di affidare a voi "l'evangelizzazione e la santificazione degli uomini e la formazione cristiana della loro coscienza, in modo da impregnare dello spirito evangelico le varie comunità e i vari ambienti" (AA 20). A nessuno sfugge che questo impegnativo compito richiede un continuo aggiornamento dei problemi che investono la Chiesa per studiarne le soluzioni, ma soprattutto esige una vita interiore intensamente alimentata alle sorgenti della parola di Dio e dei sacramenti.


2. La Chiesa molto si attende da voi in questo campo tanto importante e tanto vasto. Il tempo non permette di approfondire il discorso. Desidero tuttavia ricordarvi che, voi dell'Azione Cattolica, avete una "vocazione" speciale alla collaborazione diretta con i pastori della Chiesa. L'Azione Cattolica, infatti, è chiamata a realizzare una singolare forma di ministerialità laicale, volta alla "plantatio Ecclesiae" e allo sviluppo della comunità cristiana in stretta unione con i ministeri ordinati. Questa è la ragione per cui i laici di Azione Cattolica agiscono sotto la superiore direzione della gerarchia, la quale sancisce tale collaborazione anche per mezzo di un "mandato" esplicito.

E' questa la caratteristica che vi deve contraddistinguere, ma essa è anche la sorgente e il segreto della fecondità della vostra opera per l'edificazione della comunità ecclesiale. Senza tale speciale unione con la gerarchia ecclesiastica, resa visibile dalla presenza in mezzo a voi dell'assistente ecclesiastico, non può esistere l'Azione Cattolica.


3. Mi è ben nota la vostra ferma volontà e disponibilità al "servizio" in ordine al ministero apostolico. Si tratta di un servizio concreto, destinato alle diocesi, ed alle varie parrocchie. Per questo il vostro statuto parla di "servizio alla Chiesa locale": infatti a poco gioverebbe formulare propositi generici, se poi in realtà non si operasse attivamente nelle strutture della Chiesa locale, a cui si appartiene. Questa esigenza di servizio, già nel 1973, l'aveva messa in risalto il mio venerato predecessore Paolo VI dicendo: "Ciò vorrà dire essere concretamente a disposizione delle necessità e delle esigenze vive della Chiesa d'oggi in Italia: vorrà dire contribuire volonterosamente ad avvalorare ed a rinnovare le istituzioni comunitarie ecclesiali; evitando pericolose spinte centrifughe, secondo il programma assai particolareggiato e preciso che il decreto sull'apostolato dei laici ha tracciato per l'azione in favore delle comunità ecclesiali, e particolarmente della parrocchia; "questa, vi è detto, offre un luminoso esempio di apostolato comunitario, fondendo insieme tutte le differenze umane che vi si trovano e inserendole nella universalità della Chiesa. Si abituino i laici ad agire, nella parrocchia, in intima unione con i loro sacerdoti; apportino alla comunità della Chiesa i propri problemi e quelli del mondo..., diano secondo le proprie possibilità il loro contributo ad ogni iniziativa apostolica e missionaria della propria famiglia ecclesiastica" ("Insegnamenti di Paolo VI", XI [1973] 872; cfr. etiam AA 10).

E la necessità della Chiesa nelle diocesi e nelle parrocchie è - oggi come ieri - quella di costituirsi in comunità in modo da essere nei vari contatti punto di riferimento e di richiamo perché ragazzi, giovani, adulti rispondano alla chiamata di Cristo. Da ciò sgorga l'imprescindibile dovere della fedeltà e dell'unità perché la vostra testimonianza sia efficace: "Che tutti siano una sola cosa... perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Jn 17,21).


4. Carissimi delegati, affido questi suggerimenti alla vostra riflessione e alla vostra generosità. Vi esorto, in particolare, a voler seguire, all'inizio come siamo del Sinodo dei Vescovi sui compiti della famiglia, la vasta e delicata problematica che i padri sinodali intendono affrontare per restituire alla famiglia cristiana le esigenti prerogative primordiali stabilite dal Creatore e ripristinate dal sacramento del matrimonio. Anche voi apportatevi il vostro contributo, facendo conoscere gli interventi a tutte le vostre associazioni e in tutti gli ambienti in cui venite a trovarvi. Sarà anche questo un modo concreto per tradurre in atto la vostra intenzione di voler "animare da cristiani la società italiana", memori che la famiglia ne è la prima cellula.

Il Signore vi sia sempre di luce e di conforto. Vi aiuti a fare in modo che l'Azione Cattolica riprenda vigore e attiri a sé molte anime generose e desiderose di impegnarsi, con instancabile sollecitudine, per l'animazione cristiana della società contemporanea.

Vi accompagni la mia benedizione che, con particolare intensità di affetto, imparto a voi e all'intera Azione Cattolica Italiana.

Data: 1980-09-27 Data estesa: Sabato 27 Settembre 1980.



GPII 1980 Insegnamenti - Al Braccio di Carlo Magno, nei musei vaticani - Città del Vaticano (Roma)