GPII 1980 Insegnamenti - Ai Vescovi di rito greco melkita cattolico in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Ai Vescovi di rito greco melkita cattolico in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Soddisfazione per l'attività del patriarcato e del Sinodo

Beatitudine e venerabili fratelli.

Siete venuti insieme, da diverse diocesi del patriarcato greco melkita cattolico, a rendere visita al Papa in conformità ad un costume ecclesiale rispettabile e salutare.

Dal momento che siete tutti presso la tomba del principe degli apostoli, che ricevette il potere inalienabile di condurre e di confermare tutti i suoi fratelli nella fede e nella carità, io sono particolarmente felice di darvi il benvenuto.

Questa accoglienza fraterna è quella del Vescovo di Roma, del successore di Pietro, "che è il principe perpetuo e visibile e il fondamento dell'unità che lega tra di loro sia i Vescovi, sia la moltitudine dei fedeli" (LG 23). Accogliendovi, mi piace riprendere le parole dell'apostolo Paolo, il compagno di Pietro nelle sofferenze sopportate per Cristo: "Dio vi ha chiamati con il nostro Vangelo, per il possesso della gloria del Signore nostro Gesù Cristo.

Perciò fratelli state saldi e mantenete le tradizioni che avete appreso" (2Th 2,14-15).

Il mio saluto in primo luogo - e in maniera del tutto speciale - si indirizza alla persona di sua beatitudine il patriarca Maximos V, che celebrerà prossimamente nella sede apostolica di Damasco il 50° anniversario della sua ordinazione sacerdotale. Già, tutti insieme, noi eleviamo verso Cristo, sovrano dei sacerdoti e redentore degli uomini, le nostre preghiere e i nostri voti ferventi.

La Chiesa melkita cattolica, che voi qui rappresentate, ha accolto nel corso dei secoli dei fedeli di lingua e di origine greca, ma anche siriana, egiziana, e finalmente fedeli di origine araba pervenuti alla fede cattolica dal quinto secolo e facenti parte del patriarcato di Antiochia, d'Alessandria e di Gerusalemme. Malgrado alcune vicissitudini storiche e politiche ormai ben lontane, e le conseguenze recenti di guerre fratricide che turbano ancora la pace in medio oriente, il patriarcato melkita è fiorente. E precisamente per me una felice occasione esprimere a vostra beatitudine e a tutti i Vescovi del patriarcato, i miei sentimenti di soddisfazione e i miei incoraggiamenti a proseguire questo buon lavoro pastorale in conformità all'esempio del Signore Gesù stesso e ai frequenti insegnamenti dei padri della Chiesa d'oriente quale san Basilio il Grande (cfr. S.Basilii "Moralia", LXXX, 12-21, PG 31,864b-868b).

Molti fedeli greci melkiti cattolici, come quelli di altri riti orientali, sono stati - e anche recentemente - obbligati ad abbandonare le loro case e la terra dei loro padri. Una parte di loro ha attraversato l'oceano, mentre un'altra parte di essi e riuscita a trovare in Europa una ospitalità più vicina.

Per i fedeli della diaspora, la santa Sede ha eretto una eparchia negli Stati Uniti e in Brasile, ha appena eretto un esarcato apostolico in Canada, e ha d'altra parte stabilito visite apostoliche in Europa occidentale, in Argentina, in Venezuela, in Colombia, in Messico, in Australia, in conformità alle norme fissate dal Concilio Vaticano II, allo scopo di rafforzare la predicazione della parola di Dio e l'assistenza spirituale a tutte le comunità di fedeli emigrati.

E' d'altra parte un motivo di conforto per la sede di Roma sapere il lavoro che, alla luce degli insegnamenti del Concilio, viene progressivamente compiuto nei Sinodi, presieduti dal patriarca e ai quali prendono parte anche i superiori maggiori degli ordini maschili, in ciò che concerne per esempio l'aggiornamento dei testi liturgici, della pastorale, della catechesi, con una sollecitudine particolare per l'aumento delle vocazioni sacerdotali e religiose.

L'impegno della gerarchia per una formazione spirituale e intellettuale corrisponde ai bisogni del nostro tempo. Sappiamo d'altra parte l'attività che voi perseguite nel quadro del dialogo ecumenico con i fratelli separati, coscienti che la vera e stabile comunione si edifica nella verità e nella carità, in collaborazione con la sede apostolica.

Il vostro incontro d'oggi esprime il legame della collegialità con il successore di Pietro: possa esso ricordare a tutti l'unità d'azione pastorale che è necessaria in ogni paese in cui voi siete chiamati a condurre il Popolo di Dio, come dice il Concilio sul tema dei Vescovi sparsi attraverso il mondo, "mantenendo tra di loro e con il successore di Pietro il legame della comunione" (LG 25).

Come ho già fatto recentemente per la visita dei Vescovi di rito caldeo, io incoraggio gli incontri sotto la forma di assemblee episcopali sul piano nazionale, per garantire l'unità d'azione tra le diverse Chiese, per assicurare l'armonia e l'intesa fraterna fra i differenti riti, senza tuttavia portare pregiudizio ai diritti del patriarca né a quelli del suo Sinodo, secondo il diritto in vigore.

Io non voglio terminare senza rinnovare l'espressione del mio vivo affetto prima di tutto a vostra beatitudine, a tutti voi, venerabili fratelli nell'episcopato, a tutti voi preti, ai religiosi e alle religiose, che hanno il compito di realizzare un rinnovamento nella loro vita spirituale e nella loro consacrazione a Dio e alla Chiesa, e che lo fanno con merito nel campo della pastorale, dell'assistenza e della carità; il mio pensiero affettuoso va infine ai fedeli di tutta la Chiesa greca melkita cattolica.

Affidando voi tutti alla protezione vigilante e materna di Maria, la Madre santissima di Dio e sempre Vergine, vi do di tutto cuore la benedizione apostolica.

[Traduzione dal francese]

Data: 1980-10-13 Data estesa: Lunedi 13 Ottobre 1980.


Al congresso internazionale di diritto canonico di Friburgo - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: I principi della comunione gerarchica fondamento del diritto della Chiesa

1. Diletti figli e venerati maestri e voi tutti che vi occupate di diritto ecclesiastico! Voi, che da poco avete svolto in Svizzera il IV convegno internazionale di diritto canonico e per il vostro amore e ossequio verso il successore di Pietro avete prolungato il viaggio fino a Roma per ricevere di persona le mie parole d'insegnamento, vi saluto dal profondo del cuore.


2. I convegni internazionali di diritto ecclesiastico dopo il Concilio Vaticano II sono stati tanti documenti e dimostrazioni della vostra perseverante operosità.

Inoltre tali convegni arrecano una grande utilità alla Chiesa: me ne congratulo con voi! Vi siete radunati a Roma nel 1968 e di nuovo nel 1970 (cfr. AAS 60 [1968] 337-342; AAS 62[1970] 106-111), a Milano nel 1973 (cfr. "Communicationes", 5 [1973] 123-131), a Pamplona nel 1976 e di nuovo a Roma nel 1977 (cfr. AAS 69 [1977] 208-212). Il mio insignissimo predecessore Paolo VI, spesso desidero contemplare con voi il mistero della Chiesa e anche il posto e il compito specifico del diritto in essa. Più volte insisteva sull'importanza del rinnovamento del diritto canonico; e spiegava con che animo bisognava perseguire tale rinnovamento. Inoltre auspicava una maggiore collaborazione fra le discipline sacre (cfr. "Communicationes", 5 [1973] 123-131) e in conformità col Concilio Vaticano II affermava la necessità di una vera teologia del diritto ecclesiastico (cfr. "Communicationes", 5 [1973] 130-131). Voglio anch'io favorire questo lavoro comune; voglio nuovamente confermare tale importante insegnamento; ugualmente voglio per voi, accanto a voi e insieme con voi proseguire nel medesimo cammino.


3. Esponendovi problemi ecclesiali, fra i quali si poneva il diritto della Chiesa, Paolo VI distingueva il diritto di comunione, opera in certo modo dello Spirito, e il diritto di carità (cfr. AAS. 65 [1973] 98; "Communicationes", 5 [1973] 126-127; AAS 69 [1977] 209). Avete seguito questi insegnamenti per decidere il tema del vostro convegno a Friburgo. Tanto spesso esalto l'importanza dei principali diritti umani (cfr. AAS 69 [1977] 147-148; AAS 60 [1968] 338-339) e pose nella giusta luce i principali diritti del cristiano, perché un giorno si potesse comporre un nuovo codice di diritto ecclesiastico postconciliare (cfr. AAS 69 [1977] 149).


4. Non è necessario che vi dica che il vostro convegno ha destato vivamente il mio interesse e la mia attenzione. Che cosa infatti può maggiormente interessare della possibilità di meglio definire i fondamentali diritti dei cristiani perché possano essere meglio osservati? Che cosa inoltre è più necessario che rispettare e difendere i diritti primari dell'uomo soprattutto in questi tempi? In questo campo la Chiesa ha un importantissimo compito da svolgere.

Infatti nel suo mistero di comunione la Chiesa è in grado di comprendere l'uomo e di definire i principali diritti che manifestano la sua natura e difendono la sua dignità. Anche così il tema del vostro convegno di Friburgo risponde alle maggiori preoccupazioni della Chiesa e nello stesso tempo ai più grandi desideri degli uomini del nostro tempo (cfr. Ioannis Pauli PP. II "Allocutio", die 6 oct. 1979: "Doc. Cath." 76 [1979] 931).


5. In verità c'è un'opera della quale la Chiesa per la sua stessa natura deve sempre meglio preoccuparsi: la comunione. Questa comunione la Chiesa realizza quando riconosce in libertà la dignità della persona umana, postulata dalla sua origine divina e dalla sua vocazione eterna.

Se il mondo desidera la sua liberazione, tale liberazione si trova in Cristo! Cristo vive nella Chiesa. Perciò la vera liberazione dell'uomo si compie attraverso l'esperienza della comunione ecclesiale (Ioannis Pauli PP. II "Allocutio", die 31mart. 1979: "Doc. Cath". 76 [1979] 414; cfr. Ioannis Pauli PP.

II "Homilia in aëronavium port "Le Bourget" prope Lutetiam Parisiorum ad Christifideles ibidem congregatos habita", die 1iun. 1980: "Insegnamenti di Giovanni Paolo II", III,1[1980] 1585ss).

Inoltre questa comunione ecclesiale è "l'intima e sempre rinnovata comunione con la stessa origine della vita che è la santissima Trinità: comunione cioè di vita e di amore e di imitazione di Cristo nella sua sequela. Lo stesso Redentore dell'uomo ci inserisce intimamente in Dio" (cfr. Ioannis Pauli PP. II "Allocutio", die 31mart. 1979: "Doc. Cath" 76 [1979] 414). E "Dio è la misura dell'uomo! Dunque l'uomo deve ritornare a questa fonte e a questa unica misura che è il Dio incarnato, Gesù Cristo. Deve costantemente riportarsi a lui, se vuole essere uomo e se desidera che il mondo sia umano" (Ioannis Pauli PP. II "Allocutio", die 31maii 1980: "Doc. Cath" 77 [1980] 570).

Poiché la dignità dell'uomo è da scorgersi in Cristo, in questo medesimo "Cristo tutto intero" che è la Chiesa, è doveroso conoscere la natura del diritto ecclesiastico, le sue necessarie articolazioni e i principali diritti dei suoi membri (cfr. AAS 65 [1973] 102-103).


6. Giustamente l'ordine ecclesiastico è stato riconosciuto nel diritto esterno come ordine giuridico. Ma nello stesso tempo quell'ordine tende ad istituire la pace nella comunione: perché così avvenga, la pace sarà carità (cfr. AAS 69 [1977] 148).

Infatti nessuno può deviare da questo: il diritto non si oppone alla carità. Al contrario, la carità esige il diritto affinché renda manifeste e ponga al sicuro su questa terra le sue istanze. A loro volta quelle istanze saranno comprese molto meglio se saranno secondo il pensiero di Dio e necessità fondamentali del suo amore, nonché strutture viventi della sua Chiesa. Questa è, per così dire, come un prolungamento dell'incarnazione del Verbo (cfr. LG 8a) che si fece uomo per salvare gli uomini e ricondurli al Padre come figli adottivi, liberati perché partecipassero della libertà e della gloria dei figli di Dio (cfr. Rm 8,19-21). In Gesù Cristo e attraverso di lui essi costituiscono il corpo mistico e la comunione santa, cioè la Chiesa (cfr. Col 1,15-20).




7. In questa comunione, che è anche gerarchica, dobbiamo vedere l'uomo battezzato.

Ciascun cristiano qui ha il suo posto e il suo ordine e il suo dovere. Inoltre questa comunione è opera dello Spirito, che mantiene la sua stabilità attraverso il sacerdozio degli stessi Vescovi che tramite l'apostolica successione ammaestrano, reggono e santificano il Popolo di Dio e lo conservano in unità di fede e in carità. La loro comunione sacerdotale è essa stessa ministeriale; è al servizio della comunione ecclesiale e difende la sua coesione intorno a Pietro, che come punto centrale presiede alla carità della sua unità.


8. Questi principi costituiscono il fondamento del diritto ecclesiastico; e anche generano un'autentica teologia del diritto. Inoltre illuminano e rafforzano la dignità dell'uomo e i suoi diritti primari. La Chiesa ha sempre difeso questi diritti; ché anzi ha stabilito pene canoniche contro chi attenti alla vita stessa e agisca contro la dignità dell'uomo, o offenda la sua reputazione o lo privi della libertà (cfr. CIS 2350 § 1; CIS 2352-2355). Allo stesso modo la Chiesa ha sempre affermato il dovere, da parte dei privati come da parte delle pubbliche autorità, di osservare e promuovere i diritti della persona umana. La Chiesa ha favorito l'ordine tra le nazioni; ha affermato il diritto alla libertà di tutte le nazioni; ha invocato la fedeltà verso i patti convenuti; ha fatto opera di persuasione perché si costituisse un'autorità internazionale che garantisse la comunità umana e la pace nel mondo, con l'osservanza di quegli stessi diritti (cfr. Pii XII "Nuntius radiophonicus Natalicius", 1944: AAS 37 [1945] 17-21; cfr. Pii XII "Summi Pontificatus": AAS 31[1939] 437; Pii XII "Allocutio ad Congressum Iuristarum Catholicorum": AAS 45 [1953] 800; Pii XII "Allocutio ad Congressum constituendae unionis Europaeae": AAS 49 [1957] 629).


9. Il compito della Chiesa è salvare l'uomo. Perciò deve preoccuparsi di conoscere sempre meglio i fondamentali diritti dell'uomo e di favorire la loro osservanza e la loro esecuzione; parliamo dei diritti della famiglia, delle aggregazioni sociali, delle comunità religiose (cfr. Ioannis Pauli PP. II "Allocutio", die 6 oct. 1979: "Doc. Cath." 76 [1979] 931). Bisogna poi che questi diritti siano riconosciuti dalla società civile e siano difesi dagli stessi Stati. Inoltre tutti i cristiani devono compiere tali diritti vivendo sotto la luce di Cristo.

Nel presente momento storico tutti i cristiani sono tenuti al grave e urgente dovere di operare affinché nei costumi e nelle leggi dello Stato quegli stessi diritti siano affermati e osservati.

Di qui poi nasce il vostro compito specifico, voi che siete sia cristiani laici che studiosi di diritto, che convogliate i vostri particolari settori di sapienza e di erudizione tecnica e di amore verso l'uomo, a far in modo che le regole giudiziarie della città terrena si aprano completamente ed esprimano la legge della Sapienza divina iscritta nel cuore dell'uomo, e che le leggi che violano i diritti fondamentali, e che perciò sono da rifiutare per motivi morali, siano mutate in norme che rispettino interamente quegli stessi diritti: (diritto) alla vita dal concepimento al suo termine naturale, alla dignità, alla integrità fisica, alla libertà (cfr. Ioannis Pauli PP. II "Allocutio habita in urbe "L'Aquila"", die 30 aug. 1980: "Insegnamenti di Giovanni Paolo PP. II" III,2[1980] 499ss). E ancora più opportunamente si dà il caso che voi abbiate approfondito tutti questi argomenti tenendo presente l'apertura ecumenica.


10. Per ciò che riguarda i diritti dei cristiani la loro definizione comporta un lavoro assai arduo. Quel lavoro, incominciato già non senza gravi difficoltà dal Concilio Vaticano II, deve assolutamente continuare. Il diritto rinnovato della Chiesa provvedrà certo da parte sua a che quei diritti siano conservati ed espletati nell'azione di vita; ciò è tanto più necessario in quanto quegli stessi diritti dei cristiani postulano come fondamento i primari diritti dell'uomo.

Del resto tali primari diritti degli uomini non solo sono stati solennemente proclamati nella dichiarazione delle Nazioni Unite, ma sono stati ulteriormente definiti in altre successive convenzioni (cfr. Ioannis Pauli PP. II "Nuntius ad Unitarum Nationum Coetum", die 2dec. 1978: "Doc. Cath." 76 [1979] 1), tra le quali è da ricordare la dichiarazione dei diritti del bambino o anche del non nato. Bisogna in verità comprendere più perfettamente tutti questi diritti, investigarli e ponderarli più profondamente. Purtroppo, tuttavia, nulla è più lontano dal fatto che essi siano ovunque osservati (cfr. Ioannis Pauli PP. II "Nuntius ad Unitarum Nationum Coetum", die 2 dec. 1978: "Doc. Cath." 76 [1979] 1-3; Ioannis Pauli PP. II "Allocutio ad Episcopos, in aperitione III Coetus Generalis Episcoporum Americae Latinae in urbe Puebla habita", III,5, die 28 ian. 1979: "", II [1979] 206; Ioannis Pauli PP. II RH 17; Ioannis Pauli PP. II "Allocutio", die 14 dec. 1979: "L'Osservatore Romano", die 14 dec. 1979). Né il diritto ecclesiastico può trascurare questi diritti; anzi il diritto ecclesiastico contribuirà a che gli stessi diritti siano applicati e così li promuoverà e li nobiliterà.


11. Se in altri tempi alcuni predicarono la separazione assoluta tra la Chiesa e lo Stato - istituzioni che hanno certamente una propria autorità e propri poteri -, ciò non può provocare la divisione tra la comunione ecclesiale e la comunità umana.

Giustamente è già stato detto che tutti i problemi che in questo tempo si pongono agli uomini non possono essere risolti con la sola riflessione o con la sola azione di istituzioni puramente umane. Sempre di più si sente che il futuro destino dell'uomo ormai eccede l'ordine politico, donde il pericolo che la materia o la tecnica lo opprimano, e che tutte queste cose infine necessariamente sono in relazione con il mondo spirituale. Questo stesso giudizio riprende ciò che abbiamo detto poco tempo fa a Parigi: "L'uomo è misura delle cose e dei fatti nel mondo creato; ma Dio è misura dell'uomo stesso" (cfr. cfr. Ioannis Pauli PP. II "Allocutio", die 31maii 1980: "Doc Cath." 77 [1980] 570) 12. Ecco dunque le ragioni per cui, come ho dichiarato a Washington l'anno scorso, il mio ufficio mi spinge a testimoniare la vera grandezza dell'uomo nell'intera somma della sua vita ed esistenza. Tale eccellenza dell'uomo e sgorgata dall'amore di Dio che ci crea a sua immagine e somiglianza e ci dono la vita eterna (cfr. Ioannis Pauli PP. II "Allocutio", die 6 oct. 1979: "Doc. Cath." 76 [1979] 931).

Figli diletti: le vostre fatiche e i vostri sforzi, ed ora anche il vostro convegno di Friburgo vi hanno strettamente congiunti a questa mia missione.

Perciò vi prego di proseguire lietamente e fermamente questa vostra opera, alleata e coadiutrice! Il diritto ecclesiastico può e deve penetrare e smuovere il diritto umano. Indagando i fondamentali diritti dei cristiani, certamente voi fate in modo che siano meglio conosciuti e più pienamente osservati i primari diritti degli uomini, secondo il pensiero di Dio voi accrescete sempre di più la comprensione e la tutela della vera dignità della persona umana! Questi sono per voi i miei migliori auguri e voti.

Sostenga il Signore stesso le opere vostre, e la benedizione apostolica, che fiduciosamente mi avete chiesto, vi soccorra sempre e vi confermi.

[Traduzione dal latino]

Data: 1980-10-13 Data estesa: Lunedi 13 Ottobre 1980.


Agli studenti del seminario maggiore romano - Cappella Paolina - Roma

Titolo: Abbiate una gioiosa visione dei compiti che vi attendono

Carissimi seminaristi del seminario romano maggiore! Vi esprimo il mio paterno compiacimento per l'occasione che qui ci riunisce: voi concludete i vostri esercizi spirituali attorno all'altare del Signore con una celebrazione liturgica insieme col Papa, vostro Vescovo. Vi ringrazio per la gioia che mi procurate; e vi penso ben disposti a far penetrare nel vostro animo incondizionatamente tutte quelle illuminazioni ed esortazioni, che in questi giorni vi sono venute dallo Spirito Santo mediante la parola del predicatore; auspico perciò che sappiate tradurre in pratica gli opportuni propositi per un ulteriore avanzamento nella via della perfezione spirituale, a cui il Signore vi chiama non solo come cristiani, ma anche e soprattutto come candidati al sacerdozio.

Se per me è sempre motivo di gioia e di consolazione incontrarmi con tutti i giovani, (e in tutti i miei viaggi non tralascio di farlo!) lo è ancor più incontrarmi con voi giovani seminaristi della mia diocesi di Roma, che sento di amare davvero come le pupille dei miei occhi, perché vedo in voi i futuri collaboratori del successore di Pietro nella sede romana. E questa gioia, che vedo brillare anche nei vostri occhi e che condivido con voi in questo momento liturgico sembra trovare un significativo riscontro nella parola di Dio, che è stata ora proclamata. Infatti, nella prima lettura san Paolo ci esorta ad essere "lieti nella speranza" (Rm 12,12) ed a rallegrarci "con quelli che sono nella gioia" (Rm 12,14). Il salmo responsoriale ci indica la radice di questi sentimenti: "Nella tua volontà è la mia gioia" (Ps 118,16). Il Vangelo, infine, col racconto della parabola dei talenti, mentre ci sprona all'impiego generoso di tutte le nostre energie, ci addita in pari tempo la meta finale, che è il conseguimento e la consumazione della gioia perfetta: "Servo buono e fedele,... prendi parte alla gioia del tuo padrone" (cfr. Mt 25,21-23).

Tutto questo indica uno stile di vita, dice soprattutto con quale spirito il candidato al sacerdozio debba intraprendere il suo esigente itinerario spirituale. Tale spirito deve manifestarsi nei vari impegni della vita quotidiana, in una gioiosa donazione di sé, fatta di ottimismo, di entusiasmo e di slancio per meglio comprendere oggi il lieto annunzio che siete chiamati a vivere nell'intimità della vostra anima e del vostro seminario, e per meglio far sentire domani al popolo cristiano "la gioia di essere salvato" (Ps 50,14).

Soltanto tale ricchezza interiore vi darà la forza per rispondere fedelmente alla chiamata tanto esigente, quale è quella sacerdotale, che non vi promette nulla di quanto il mondo ritiene attraente, anzi, al contrario, vi chiede generosità, rinnegamento di sé, sacrificio e, talvolta, anche eroismo. In questa visione, lo stesso celibato, che agli occhi del mondo profano può sembrare negativo, diventa letificante espressione di amore unico, incomparabile ed inestinguibile a Cristo ed alle anime, alle quali esso assicura totale disponibilità nel ministero pastorale.

Se sarete animati da tale spirito saprete diffidare da certe forme di comportamento vuoto e sterile, tendente più a disgregare ed a distruggere, che non ad edificare e a portare a compimento; troverete la capacità di sapervi sottoporre sia alla necessaria disciplina e all'obbedienza dovuta ai vostri superiori, sia alla mortificazione volontariamente da voi scelta; saprete essere, in una parola, risoluti ed avveduti nella condotta morale, dando al vostro timbro spirituale tale energia di fedeltà, che non vi farà indietreggiare davanti alle difficoltà, che inevitabilmente si presenteranno sul vostro cammino.

Figli carissimi, il tempo della vostra preparazione al sacerdozio vi consentirà di compiere tutto questo, se avrete questa gioiosa e, perciò, disinteressata visione dei compiti che vi attendono: sappiatene approfittare soprattutto nella preghiera e nella meditazione della Sacra Scrittura, per avere sempre quel rifornimento spirituale che è necessario per svolgere domani la missione che la Chiesa intende affidarvi. "Approfittate di questi anni di seminario - come già dissi ai seminaristi di Guadalajara - per riempirvi degli stessi sentimenti di Cristo... Vedrete così voi stessi come, a misura che la vostra vocazione va maturando a questa scuola, la vostra vita andrà assumendo gioiosamente un marchio specifico, un'indicazione ben precisa: l'orientamento agli altri... In questo modo, ciò che umanamente potrebbe sembrare una rovina, si trasforma in un luminoso progetto di vita, già esaminato ed approvato da Gesù: non vivere per essere servito, ma per servire (cfr. Mt 20,28)" ("Insegnamenti di Giovanni Paolo II", II [1979] 303-304).

Ed ora, mentre presentiamo al Padre l'offerta che diventerà il corpo ed il sangue del suo divin Figlio, preghiamolo insieme perché ci ottenga tutte queste grazie, per l'intercessione della Vergine santissima, madre della fiducia e celeste patrona del vostro seminario. Amen. Data: 1980-10-14 Data estesa: Martedi 14 Ottobre 1980.





Alla regina Elisabetta e al principe Filippo - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Papa Giovanni Paolo II riceve in visita di Stato sua maestà la regina Elisabetta II e sua altezza reale il duca di Edimburgo

Vostra maestà, vostra altezza reale.

Diciannove anni fa il mio predecessore Giovanni XXIII diede il benvenuto a vostra maestà e a vostra altezza reale al Vaticano. Oggi questa gioia e questo piacere toccano a me ed è mio desiderio salutarvi entrambi con la stessa cordialità e rispetto che caratterizzavano il benvenuto dato dal mio predecessore.

In quell'occasione, Giovanni XXIII parlo della grande semplicità e dignità con la quale vostra maestà porta il peso delle proprie molte responsabilità. Due decenni più tardi, queste osservazioni sono ancora molto appropriate ed è evidente che le responsabilità incombenti su di voi non sono affatto diminuite. I bisogni dell'umanità stessa sono aumentati in modo drammatico, così come sono aumentati i suoi problemi in tante aree vitali.

Nel contesto di una collaborazione nel nostro comune ideale di servizio, io sono felice di avere l'opportunità del nostro incontro per parlarvi di alcuni di questi problemi. I contatti tra la sede apostolica di Roma e la Gran Bretagna non sono affatto di origine recente, in realtà essi abbracciano un periodo di quasi quattordici secoli, essi risalgono ai giorni in cui Gregorio I mando Agostino, un monaco benedettino, a portare il Vangelo di Cristo alle genti della vostra terra. Altri influssi benedettini toccarono la vita del popolo di Britannia, e dalle vostre sponde essi si diffusero per tutta l'Europa per mezzo dell'attività, per esempio, di san Bonifacio, che è stato chiamato "il più grande inglese" e della cui nascita si celebra quest'anno il XIII centenario.

Nella persona di vostra maestà io rendo omaggio alla storia cristiana del vostro popolo, così come alle sue conquiste culturali. Gli ideali di libertà e democrazia, ancorati nel vostro passato, rimangono sfide per ogni generazione di onesti cittadini nel vostro paese. In questo secolo il vostro popolo si è sforzato ripetutamente di difendere questi ideali contro tentativi di aggressione. E' mia preghiera che questi grandi valori saranno effettivamente garantiti per le generazioni future.

L'influenza del vostro popolo operoso anche in certi altri campi, e la diffusione della sua lingua, sono stati strumenti provvidenziali per promuovere la fratellanza in tutto il mondo. Possa questo contributo essere completamente realizzato per il progresso dell'umanità in questo frangente della storia, e per la promozione del progresso integrale di ogni uomo, donna e bambino in un mondo pacifico.

L'anno scorso, di fronte all'organizzazione delle Nazioni Unite ho avuto l'opportunità di parlare della relazione che esiste tra genuino sviluppo e pace e sviluppo dei valori spirituali.

A questo proposito ho affermato: "La preminenza dei valori dello spirito definisce il corretto valore dei beni materiali e il modo di usarli. Questa preminenza è perciò alla base di una pace giusta. E' inoltre un fattore che contribuisce a garantire che lo sviluppo materiale, lo sviluppo tecnico e lo sviluppo della civiltà siano al servizio di ciò che costituisce l'uomo" (Ioannis Pauli PP. II "Allocutio ad Nationum Unitarum Legatos, 14 die 2 oct. 1979: "", II,2[1979] 532). Alla presenza di vostra maestà e vostra altezza reale esprimo l'ardente speranza che la vostra nobile nazione voglia affrontare questa grande sfida spirituale con rinnovato entusiasmo e fresco vigore morale.

Durante i due decenni trascorsi dall'ultima visita di vostra maestà alla santa Sede, si nota con un senso di profonda soddisfazione l'esistenza di una relazione sempre più cordiale tra i vari gruppi cristiani e tra diversi uomini e donne religiosi di buona volontà. Questo è del tutto vero per quanto riguarda la situazione del vostro paese; nella grazia di Dio ciò è dovuto alla pazienza e allo sforzo prolungato di tanta gente onesta spinta da propositi di carità e consacrati alla profonda convinzione che fu una volta espressa da Gesù Cristo: "La verità vi farà liberi" (Jn 8,32). Degno di speciale menzione a questo proposito è lo zelo col quale i rappresentanti della Chiesa cattolica e della comunione anglicana hanno perseguito il nobile traguardo di riunirsi più strettamente nella unità cristiana e in un effettivo servizio comune all'umanità.

Con grande anticipo attendo con impazienza di fare una visita pastorale ai cattolici di Gran Bretagna. In quell'occasione spero di incontrarli sia come figli e figlie della Chiesa cattolica che come leali cittadini della loro nazione; nello stesso tempo io spero di salutare con rispetto fraterno ed amicizia altri cristiani e persone di buona volontà.

Intanto a vostra maestà e a vostra altezza reale io ripeto i miei personali sentimenti di stima. Chiedo a Dio di sostenervi in tutte le vostre attività di servizio e di serbarvi in buona salute. Invoco il favore di Dio su entrambi, insieme all'intera famiglia reale e a tutto il popolo britannico.

Possa Dio benedire la Gran Bretagna, rendendola capace di adempiere al suo elevato destino nella giustizia e nella pace.

[Traduzione dall'inglese]

Data: 1980-10-17 Data estesa: Venerdi 17 Ottobre 1980.


Ai membri dell'ufficio centrale per l'insegnamento cattolico in Olanda - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La scuola cattolica deve proporre una vera educazione religiosa

Signor direttore, signore e signori.

Sono molto felice che mi si offra un'occasione di incontrare qui i membri dell'ufficio centrale per l'insegnamento cattolico in Olanda, con i rappresentanti dell'associazione dei professori cattolici.

Prima di tutto, vi ringrazio per questa visita al Papa: essa esprime la vostra preoccupazione di vivere la vostra responsabilità di insegnanti cristiani in unione con il successore di Pietro e, nella sua persona, con la Chiesa universale. Permettetemi di vedervi il segno dell'importanza che voi attribuite affinché questa vostra azione educativa nel vostro paese si situi in un orizzonte più largo, quello dell'impegno educativo di tutta la Chiesa e dei suoi insegnanti in favore della gioventù d'oggi e dell'umanità di domani.

Voi ricordate il 60° anniversario di questo ufficio: mi congratulo con tutti coloro che hanno preso una parte meritevole alla promozione di questo insegnamento e formulo i migliori voti per l'avvenire di esso e per la sua qualità educativa, sul piano umano e spirituale.

Sapete quanto la Chiesa incoraggi la responsabilità dei laici nella formazione dei giovani alla luce della fede. E uno dei terreni privilegiati di questa formazione risiede nella scuola cattolica. Sottolineando la sua "importanza considerevole", il Concilio Vaticano II (GE 8) non ha fatto che riprendere una convinzione e una pratica costante nella Chiesa. In Olanda i cattolici l'hanno ben compreso e messo in opera con una grande ampiezza.

Hanno beneficiato per questo di un sistema scolastico che salvaguarda, in un modo che può essere considerato esemplare, la libertà dei genitori di scegliere la scuola dei loro figli secondo la loro coscienza (cfr. GE 6).

Ogni volta che la Chiesa mette in rilievo l'interesse e il beneficio dell'insegnamento cattolico, essa suppone evidentemente che questo sia in grado di realizzare i suoi scopi: creare un'atmosfera animata da uno spirito evangelico di libertà e di carità, permettere ai giovani di sviluppare la loro personalità e il loro essere di battezzati, facendo in modo che la conoscenza che essi acquistano gradualmente del mondo, della vita e dell'uomo sia illuminata dalla fede (cfr. GE 8). Detto in altro modo, queste scuole devono poter proporre una reale educazione religiosa adattata alle situazioni diverse degli alunni. La catechesi - cattolica per i cattolici - è uno dei momenti forti essenziali di questa formazione cristiana, come ricordava con vigore l'esortazione apostolica "Catechesi tradendae" (Ioannis Pauli PP. II CTR 69): "Il carattere proprio e la ragione profonda della scuola cattolica, per cui appunto i genitori cattolici dovrebbero preferirla, consistono precisamente nella qualità dell'insegnamento religioso integrato nell'educazione degli alunni".

Una tale educazione suppone un certo numero di condizioni di cui io sono sicuro che voi vi preoccupate: spirito profondamente cristiano della scuola e del suo progetto educativo, elaborato con la partecipazione dei professori e dei genitori; competenza, sapere pedagogico, fede e spirito apostolico dei maestri.

Si, "apostolico", perché si tratta di un vero apostolato, di importanza capitale per la qualità morale e la fede delle nuove generazioni. Voi partecipate in questo senso, al lavoro pastorale della Chiesa, verso il quale le conclusioni del Sinodo particolare dei Vescovi d'Olanda (cfr. Synodi Particularis Episcoporum Nederlandiae "Enuntiata ultima", 33, 43 et 44, die 31ian. 1980: "Insegnamenti di Giovanni Paolo II", III,1[1980] 261, 265 et 266), hanno vivamente incoraggiato i laici.

Allo stesso modo, vi voglio incoraggiare. Conosco bene le difficoltà che incontrate nel vostro lavoro difficile e delicato e apprezzo l'impegno generoso con il quale vi impegnate personalmente a dare il meglio di voi stessi. Prego Dio di rendere fruttuosa la vostra attività al servizio dell'insegnamento cattolico, affinché questo mantenga tutto il suo ruolo, il suo ruolo specifico, nell'educazione umana e cristiana della gioventù del vostro caro paese, e affinché corrisponda sempre meglio alla sua vocazione. Di tutto cuore, vi benedico, e con voi io benedico i vostri colleghi e le vostre famiglie.

[Traduzione dal francese]

Data: 1980-10-17 Data estesa: Venerdi 17 Ottobre 1980.


GPII 1980 Insegnamenti - Ai Vescovi di rito greco melkita cattolico in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)