GPII 1980 Insegnamenti - Il discorso ai gruppi neo-catecumenali - Parrocchia di Nostra Signora del santissimo Sacramento (Roma)

Il discorso ai gruppi neo-catecumenali - Parrocchia di Nostra Signora del santissimo Sacramento (Roma)

Titolo: Il cammino dell'uomo nuovo

1. Soprattutto voglio dirvi che vi voglio bene, vedendovi in tanti, adunati insieme, adulti, giovani, ragazzi, piccoli, con i vostri sacerdoti. Vi voglio bene. Ho seguito con interesse le informazioni datemi dal vostro presbitero. Devo dirvi che non è la prima volta che sento la sua parola ed anche il suo entusiasmo per il movimento neocatecumenale, che essendo "cammino", è anche movimento. Poi ho anche sentito con interesse la testimonianza del vostro primo catechista.

Che cosa posso dirvi? Soprattutto questo: che la parola ritornata più volte è stata la parola fede, fede. E tutti voi siete fedeli; voglio dire: avete la fede. C'è ancora qualcosa di più: molti hanno la fede, ma voi avete fatto un cammino per scoprire la vostra fede, per scoprire il tesoro divino che portate in voi, nelle vostre anime. Ed avete fatto tale scoperta, scoprendo il mistero del Battesimo. E' vero che sono molti i battezzati nel mondo. Certamente sono ancora una minoranza fra i cittadini del mondo, ma sono molti. Fra questi battezzati, non so quanti siano quelli che sono coscienti del loro Battesimo, non semplicemente del fatto di essere battezzati, ma di che cosa vuol dire essere battezzati, di che cosa vuol dire il Battesimo.

Ecco: la strada o il cammino di scoprire la fede per tramite del Battesimo, è la strada che noi tutti troviamo nell'insegnamento di Cristo, nel Vangelo. La troviamo, e direi anche in modo approfondito mediante la riflessione, nelle Lettere di S. Paolo. Egli ci ha mostrato qual è la profondità immensa del mistero del Battesimo, che cosa vuol dire questa immersione nell'acqua battesimale, paragonando quell'immersione nell'acqua battesimale con l'immersione nella morte di Cristo, morte che ci ha portato la redenzione e morte che ci porta la risurrezione. In tal modo tutto il mistero pasquale è come riassunto nel sacramento, voglio dire nel mistero del Battesimo.

Ecco, scoprire la profonda dinamica della nostra fede è scoprire il pieno contenuto del nostro Battesimo. Se capisco bene, la vostra strada consiste essenzialmente in questo: scoprire il mistero del Battesimo, scoprire il suo pieno contenuto e così scoprire che cosa vuol dire essere cristiano, credente. Questa scoperta è, possiamo dire, nella linea della tradizione, ha radici apostoliche, paoline, evangeliche. Questa scoperta è insieme originale. E' stato sempre così, è e sarà sempre così. Ogni volta che un cristiano scopre la profondità del mistero del suo Battesimo, compie un atto del tutto originale e questo non si può fare che con l'aiuto della grazia di Cristo, con l'aiuto della luce dello Spirito Santo, perché è mistero, perché è realtà divina, realtà soprannaturale e l'uomo naturale non è capace di capirla, di scoprirla, di viverla. In conclusione, si deve dire: voi tutti che avete ottenuto la grazia di scoprire la profondità, la piena realtà del vostro Battesimo, dovete essere molto grati al Datore della grazia, allo Spirito Santo, che vi ha concesso tale luce, l'aiuto della grazia per ottenere questo dono una volta e poi continuare. Questa è la conclusione della prima parte della riflessione.


2. Ed eccovi brevemente la seconda parte: scoprire il Battesimo come inizio della nostra vita cristiana, della nostra immersione in Dio, nel Dio vivente, e nel mistero della redenzione, nel mistero pasquale, scoprire il nostro Battesimo come inizio della nostra vita semplicemente cristiana, deve costituire l'inizio della scoperta di tutta la nostra vita cristiana, passo per passo, giorno per giorno, settimana per settimana, periodo di vita per periodo di vita, perché la vita cristiana e un processo dinamico. Si comincia, si battezzano normalmente i piccoli, i bambini poco dopo la nascita, ma poi crescono; cresce l'uomo, deve crescere anche il cristiano. Allora si deve proiettare la scoperta del Battesimo su tutta la vita, su tutti gli aspetti della vita; si deve vedere anche, sulla base di questo inizio sacramentale della nostra vita, tutta la dimensione sacramentale della nostra vita, perché la vita intera ha una pluriforme dimensione sacramentale.

Ci sono i sacramenti dell'iniziazione: Battesimo, Cresima, per attingere la pienezza, il punto centrale di tale iniziazione nell'Eucaristia. Sappiamo bene pero che i Padri della Chiesa hanno parlato del sacramento della penitenza come nuovo Battesimo, come secondo Battesimo, secondo, terzo, decimo, ecc.

Possiamo parlare anche dell'ultimo Battesimo della vita umana, il sacramento degli infermi; e vi sono poi i sacramenti della vita comunitaria: sacerdozio, matrimonio. La vita cristiana ha tutta una struttura sacramentale e si deve inquadrare la scoperta del proprio Battesimo in tale struttura che è essenzialmente santificante, perché i sacramenti fanno strada allo Spirito Santo.

Cristo ci ha dato lo Spirito Santo nella sua pienezza assoluta. Bisogna solamente aprire i cuori, bisogna fare strada. I sacramenti fanno strada allo Spirito Santo che opera nelle nostre anime, nei nostri cuori, nella nostra umanità, nella nostra personalità; ci costruisce di nuovo, crea un uomo nuovo.

Ecco, questo cammino, cammino della fede, cammino del Battesimo riscoperto, deve essere un cammino dell'uomo nuovo; questi vede qual è la vera proporzione, o meglio, la sproporzione della sua entità creata, della sua creaturalità rispetto al Dio creatore, alla sua maestà infinita, al Dio redentore, al Dio santo e santificatore, e cerca di realizzarsi in quella prospettiva. Ecco che s'impone così l'aspetto morale della vita, che deve essere un altro e anche, direi, lo stesso frutto, se si riscopre la struttura sacramentale della nostra vita cristiana: sacramentale vuol dire, infatti santificante. Si deve scoprire insieme la struttura etica, perché ciò che è santo è sempre buono, non ammette il male, il peccato: si, il santo, il più Santo di tutti, Cristo, accetta i peccatori, li accoglie, ma per farli santi. Ecco, tutto questo è il programma. E così abbiamo il punto secondo, la seconda conclusione: scoprendo il Battesimo come inizio della nostra vita cristiana in tutta la sua profondità, dobbiamo poi scoprirne le conseguenze, passo per passo, in tutta la nostra vita cristiana.

Ecco, dobbiamo fare un cammino, dobbiamo fare un cammino.


3. Punto terzo: quella scoperta deve farsi in noi come lievito. Quel lievito si dimostra, si fa carne, si fa vita, nella realizzazione del nostro cristianesimo personale, nella costruzione, se possiamo dire così, di un uomo nuovo. Ma quel lievito si realizza anche nella dimensione apostolica. Siamo inviati; la Chiesa è apostolica, non solamente fondata sugli apostoli, ma pervasa in tutto il suo corpo da uno spirito apostolico, da un carisma apostolico.

Certamente, questo spirito apostolico deve essere coordinato sempre nella dimensione sociale, comunitaria, di tutto il corpo, e, per questo, Cristo ha costituito anche la Gerarchia. La Chiesa ha la sua struttura gerarchica, come ci ricorda il Concilio Vaticano II nel suo documento fondamentale che è la "Lumen Gentium". Problema del lievito e dell'apostolato: questo è il punto terzo.


4. Ultimo punto. Potrebbero esservene molti altri, ma io voglio terminare con questo. Noi, carissimi, viviamo in un periodo in cui si sente, si fa l'esperienza di un confronto radicale- e io lo dico, perché questa è anche la mia esperienza di tanti anni-, di un confronto radicale che s'impone dappertutto. Non ve n'è un'unica edizione, ve ne sono diverse nel mondo; fede e antifede, Vangelo e antivangelo, Chiesa e antichiesa, Dio e antidio, se possiamo dire così. Non esiste un antidio, non può esistere un antidio, ma può esistere un antidio nell'uomo, si può creare nell'uomo la negazione radicale di Dio. Ecco, noi viviamo questa esperienza storica, e più che nelle epoche precedenti. In questa nostra epoca abbiamo bisogno di riscoprire una fede radicale, radicalmente compresa, radicalmente vissuta e radicalmente realizzata. Noi abbiamo bisogno di una tale fede.

Io spero che la vostra esperienza sia nata in tale prospettiva e possa guidare verso una sana radicalizzazione del nostro cristianesimo, della nostra fede, verso un autentico radicalismo evangelico. Per questo voi avete bisogno di grande spirito, di grande autocontrollo, e anche, come ha detto il vostro primo catechista, di grande obbedienza alla Chiesa. così si è fatto sempre. Questa testimonianza hanno dato i santi. Questa prova ha dato San Francesco, questa prova hanno dato vari carismatici nelle diverse epoche della Chiesa. Ci vuole questo radicalismo, direi questa radicalizzazione della fede, si, ma essa deve essere sempre inquadrata nell'insieme della Chiesa, nella vita della Chiesa, nella guida della Chiesa, perché la Chiesa nel suo insieme, ha ricevuto lo Spirito Santo da Cristo nella persona degli apostoli dopo la sua risurrezione.

Io vedo che voi vi incontrate, io stesso vi ho incontrati in diverse Parrocchie di Roma, diversi gruppi, ma mi sembra che il gruppo più numeroso esista qui. E allora per questo parlo un po' più lungamente e con una preparazione direi non specifica, ma pure esistente sempre nella mia mente e nel mio cuore. Non è, diciamo, un discorso magisteriale, è un discorso pastorale occasionale. Questa gioia che si incontra nei vostri ambienti, nei vostri canti nel vostro comportamento, questa gioia può essere certamente anche un segno del temperamento meridionale, ma io spero che sia un fatto dello Spirito, e vi auguro che tale sia.

Si, la Chiesa ha bisogno della gioia perché la gioia, con le sue espressioni diverse, è rivelazione della felicità. Ecco, qui l'uomo si trova dinanzi alla sua vocazione fondamentale, possiamo dire quasi naturale: l'uomo è creato per essere felice, per la felicità. Se vede questa felicità, se la incontra nelle espressioni della gioia, può cominciare un cammino. Ma anche qui devo dirvi: si, i canti bene; le vostre espressioni della gioia, bene; ma per questo cammino lo Spirito è colui che dà l'inizio.

Ecco, più o meno, tutto quello che ho voluto, che ho potuto dirvi in questa circostanza, e penso che vi ho detto abbastanza, e forse troppo.

Vi do la benedizione, insieme con i cardinali, i vescovi presenti.

Data: 1980-11-02Data estesa: Domenica 2Novembre 1980.


A un gruppo di lavoro della commissione "Fede e Costituzione" del Consiglio Ecumenico delle Chiese - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Testimoniare la verità, un servizio da rendere all'uomo

Cari fratelli in Cristo, Siate i benvenuti. Il mio cordiale saluto va ad ognuno di voi; va ai colleghi che lavorano abitualmente con voi; va ai cristiani delle Chiese che rappresentate. Sia benedetto il Signore che vi ha riuniti e che vi ha permesso di lavorare insieme, con lealtà, per meglio scrutare il suo disegno per la sua Chiesa e per la salvezza del mondo, e per esprimerlo nel modo migliore.

Sono felice di ricevervi oggi e di avere l'occasione per esprimervi tutto l'interesse che provo per il vostro lavoro. Studiando insieme il battesimo, l'Eucarestia e il ministero, non trattate solo delle realtà che sono al cuore stesso del mistero della Chiesa e della sua struttura, ma affrontate anche delle questioni che furono la causa delle nostre divisioni, o per lo meno fra i principali motivi sui quali si levarono delle opposizioni. Orbene, non può esserci un vero e duraturo ristabilimento dell'unità senza che riusciamo ad esprimere chiaramente la nostra fede su quegli aspetti del mistero sui quali ci siamo opposti gli uni agli altri. La questione del ministero rimane certamente la questione chiave per ristabilire la piena comunione.

Come dicevo il 31marzo scorso a Parigi, siamo tutti chiamati a dare il nostro contributo al servizio dell'uomo. "Ma, oggi forse più che mai, il primo servizio da rendere all'uomo è di testimoniare la verità, tutta la verità", "vivendo secondo la verità della carità". "Non dobbiamo fermarci fino a quando non saremo in grado di confessare insieme tutta la verità".

Il vostro sforzo umile, fraterno e perseverante ha già ottenuto dei risultati per i quali ringraziamo colui che ci è stato offerto per guidarci nella verità tutta intera (cfr. Jn 16,13). Bisogna continuare. Bisogna arrivare fino in fondo. Spetterà all'autorità ecclesiastica competente valutare i risultati, ma questo sforzo è già una testimonianza che voi rendete insieme al Cristo, al mistero della sua Chiesa. Ve ne ringrazio, e vi assicuro della mia comprensione e della mia preghiera affinché i vostri lavori si approfondiscano ancora e diano dei frutti pienamente conformi alla volontà di nostro Signore Gesù Cristo, il quale sia per sempre lodato! In questi lavori dovete scrutare la Scrittura; dovete guardare come i cristiani, sin dalle origini, con i loro Pastori, abbiano recepito questo insegnamento, l'abbiano interpretato, non solo sul piano intellettuale, ma anche su quello esistenziale, nella loro vita di ogni giorno, nella loro professione di fede, nelle loro istituzioni; come questo insegnamento abbia suscitato una vita spirituale più intensa. Ma prima di tutto, dobbiamo tutti ed incessantemente metterci a disposizione di Dio, alla ricerca della sua volontà, con una preghiera ardente che è giusto elevare verso Dio in comune. Volete che preghiamo insieme con le parole del Signore? Padre Nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, sia fatta la tua volontà come in terra così in cielo. Dacci oggi il nostro pane quotidiano e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Amen. [Traduzione dal francese]

Data: 1980-11-03 Data estesa: Lunedi 3 Novembre 1980.


La messa per un gruppo di sacerdoti partecipanti a un convegno promosso dalla Cei - Basilica vaticana (Roma)

Titolo: La vocazione al ministero è una scelta d'amore

Carissimi fratelli! Considero un momento privilegiato della mia vita poter concelebrare oggi con voi sacerdoti all'altare della cattedra di questa Basilica vaticana, che è simbolo, centro e irradiazione di fede e di annunzio del nome del Signore nostro Gesù Cristo.

1. L'opportuna circostanza che vi ha radunati, unitamente al venerato fratello, monsignor Luigi Boccardo, da ogni parte d'Italia, e cioè il Convegno nazionale sulla "spiritualità del presbitero diocesano oggi", cade nel giorno in cui la liturgia della Chiesa ci fa ricordare la splendida figura di san Carlo Borromeo, infaticabile pastore della diocesi di Milano e anche mio celeste patrono.

La memoria di san Carlo, che stiamo celebrando, può portare tanta luce alla vasta e delicata problematica, che state dibattendo in queste giornate romane. Essa si riassume fondamentalmente nella ragione pastorale del vostro essere e del vostro agire in seno alla comunità cristiana. Ragione che esige non solo l'impiego generoso di tutti i talenti e le risorse di cui il Signore vi ha dotati, ma perfino la perdita e la donazione totale della stessa vita, a somiglianza del buon pastore, di cui parlano le letture della liturgia odierna, il quale non esita a "dare la vita per i fratelli" (1Jn 3,16) e ad "offrire la vita per le pecore" (Jn 10,15), perché esse "ascoltino la voce e divengano un solo ovile e un solo pastore" (cfr. Jn 10,16).


2. Fu appunto tale coscienza pastorale che sostenne e guido la spiritualità e l'opera di san Carlo, il quale, da ricco e nobile qual era, dimentico se stesso per farsi tutto a tutti in una attività sacerdotale che ha davvero del prodigioso.

Visite pastorali, riunioni di sacerdoti, fondazioni di seminari, direttive liturgiche per i due riti romano e ambrosiano, catechesi a tutti i livelli, sinodi diocesani, fondazioni di scuole gratuite, di collegi per la gioventù e di ospizi per i poveri e per gli anziani: sono altrettanti segni manifestativi di quella intensa e vibrante carità pastorale che urgeva fortemente nel suo grande animo, sollecito per la salvezza delle anime.

Ma donde traeva egli tanta forza in questo zelante servizio ecclesiale divenuto poi esemplare ed emblematico per tutti i Vescovi e i sacerdoti, dopo la riforma tridentina? Il segreto della sua riuscita fu lo spirito di preghiera. E' noto, infatti, come egli dedicasse molto tempo di giorno e di notte alla contemplazione ed alla unione con Dio sia nella sua cappella privata, sia nelle chiese parrocchiali, dove si recava in visita pastorale. "Le anime - soleva ripetere - si conquistano con le ginocchia". E nel discorso da lui tenuto nell'ultimo Sinodo, e che oggi meditiamo nel breviario, così parlo ai suoi sacerdoti: "Nulla è tanto necessario a tutti gli uomini ecclesiastici quanto lo è la preghiera mentale, che precede tutte le nostre azioni, le accompagna e le segue... Se amministri i sacramenti, o fratello, medita ciò che fai; se celebri la messa pensa a ciò che offri; se canti in coro, pensa a chi e di che cosa parli; se guidi le anime, medita da quale sangue siano state redente... così avremo le forze per generare Cristo in noi e negli altri" (S.Caroli Borromaei "Homilia ad Sacerdotes": Acta Ecclesiae Mediolanensis, Mediolani 1599, 1177-1178).


3. Soltanto a queste condizioni si è in grado di "dare la vita", come abbiamo ascoltato nella proclamazione della parola, per le anime, cioè di essere autentici pastori della Chiesa di Dio. Solo così quella "pastoralis caritas", di cui parla il Concilio Vaticano II (cfr. PO 14), può raggiungere la sua massima espansione, e il ministero sacerdotale trasformarsi veramente in quell'"amoris officium" di cui parla sant'Agostino (cfr. S. Augustini "Tract. in Ioannem", 123,5: PL 35,1967). Solo così il sacerdote, che accoglie la vocazione al ministero, è in grado di fare di questo una scelta di amore, per cui la Chiesa e le anime diventano il suo interesse principale e, con tale spiritualità concreta, egli diventa capace di amare la Chiesa universale e quella porzione di essa, che gli e affidata, con tutto lo slancio di uno sposo verso la sposa. Un sacerdote che mancasse di un qualsiasi inserimento in una comunità ecclesiale, non potrebbe certamente presentarsi come modello valido di vita ministeriale, essendo essa essenzialmente inserita nel contesto concreto dei rapporti interpersonali della comunità medesima.

In questo contesto trova il suo senso pieno lo stesso celibato. Tale scelta di vita rappresenta un segno pubblico di altissimo valore dell'amore primario e totale che il sacerdote offre alla Chiesa. Il celibato del pastore non ha soltanto un significato escatologico, come testimonianza del regno futuro, ma esprime altresi il profondo legame che lo unisce ai fedeli, in quanto sono la comunità nata dal suo carisma e destinata a totalizzare tutta la capacità di amare che un sacerdote porta dentro di sé. Esso, inoltre, lo libera interiormente ed esteriormente, facendo si che egli possa organizzare la sua vita in modo che il suo tempo, la sua casa, le sue abitudini, la sua ospitalità e le sue risorse finanziarie siano condizionate solo da quello che è lo scopo della sua vita: la creazione intorno a sé di una comunità ecclesiale.


4. Ecco, carissimi sacerdoti, alcuni rapidi spunti di riflessione - attesa la brevità del tempo - per una spiritualità sacerdotale che ci viene dalla figura e dal ministero di san Carlo, ammirato e venerato pastore della Chiesa milanese.

Preghiamolo nella celebrazione di questa eucaristia, affinché ci ottenga dal Padre, mediante l'offerta del corpo e sangue di Cristo, di essere sacerdoti oranti ed operanti per la sua maggior gloria e per la salvezza delle anime. così sia.

Data: 1980-11-04 Data estesa: Martedi 4 Novembre 1980.





Telegramma

Titolo: Voti augurali al Presidente eletto degli Stati Uniti

In occasione della sua elezione da parte del popolo degli Stati Uniti d'America alla carica di Presidente, desidero offrirle le mie cordiali felicitazioni. Prego che il Dio Onnipotente l'assista nel ruolo di leader del suo paese e nel suo impegno per costruire l'edificio della pace mondiale sulle solide fondamenta della verità e amore, libertà e giustizia. Spero sinceramente che tutti i suoi sforzi per la promozione della dignità di ogni essere umano e per il progresso universale diano abbondanti frutti lungo tutto il suo mandato. Dio benedica Lei e tutta l'America.

Ioannes Paulus PP. II [Traduzione dall'inglese]

Data: 1980-11-05 Data estesa: Mercoledi 5 Novembre 1980.


A un gruppo di tributaristi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Equità, libertà e bene comune, principi ispiratori della politica fiscale

Signore, Signori, Sono stato colpito dal desiderio che avete manifestato di incontrarmi al termine del vostro congresso. Ed apprezzo ora il modo con cui concepite il vostro compito professionale e l'ideale che vi anima. Siatene ricompensati. Vi auguro un cordiale benvenuto.

Comprendo che l'ambito d'intervento dei Consigli Fiscali sia molto esteso, sia presso i contribuenti di ogni sorta che presso le amministrazioni di organismi nazionali o internazionali, e che le modalità sono molto complesse.

Formulo i miei migliori auguri per la riuscita della vostra nobile professione che si articola sul diritto. Penso che tre parole chiave potrebbero riassumerne le esigenze: equità, libertà, bene comune.

Equità innanzi tutto nella ripartizione delle imposte e delle prestazioni. Poiché la collettività tende a farsi sempre più carico dei servizi sociali - sia perché richiesto dagli individui, sia perché tale è il sistema politico od economico - ci si pone ovunque il problema di una più larga partecipazione alle spese comuni, e bisogna ammettere che un'imposizione legale e giusta è cosa molto difficile. Nessuna società può vantarsi di averla ben risolta.

Dal tempo in cui la raccolta delle imposte era affidata ai pubblicani - che avevano un gran margine di iniziativa - fino all'epoca attuale, un lungo cammino è stato percorso. Oggi sono disposizioni giuridiche e istanze amministrative ad avere questo ruolo, con un volto forse più anonimo e rigoroso. Voi, invece, vegliate affinché gli individui, pur compiendo il loro dovere in materia, non siano vittime di ingiustizie nel prelevamento delle imposte.: li aiutate a proteggere e garantire i loro diritti, con tutta la competenza giuridica che vi appartiene. Questo non può avvenire che in un clima di libertà, del quale voi siete giustamente difensori. La libertà in questo campo consiste nell'offrire agli individui e agli organismi intermediari la possibilità di far valere i propri diritti e di difenderli, nei confronti delle altre amministrazioni ed in particolare quelle dello Stato, secondo dei procedimenti che permettano un arbitraggio od un giudizio espresso secondo coscienza, conformemente alle leggi stabilite, ed indipendente da ogni forma di potere. E' un ideale che bisogna augurarsi per ogni paese.

Infine, questo non contraddice la nozione di bene comune e dei doveri rispetto alla collettività e allo stato, che devono essere contemporaneamente promossi. "Rendete a Cesare quel che è di Cesare", diceva Cristo, anche se poi aggiungeva: "e a Dio quel che è di Dio". I cittadini devono essere difesi nei loro diritti, e devono nello stesso tempo essere educati a farsi il giusto carico delle responsabilità pubbliche, sotto forma di tasse o imposte, perché anche questa è una forma di giustizia dal momento che si usufruisce di servizi pubblici e di condizioni di vita pacifiche in comune; ed è anche una forma di equa solidarietà verso gli altri membri della comunità nazionale od internazionale, e verso le altre generazioni. Ma anche questi obblighi hanno bisogno di una protezione legale.

In breve, ci dev'essere un giusto equilibrio fra diritti e doveri dei contribuenti, fra la loro libertà ed il bene comune, fra gli organi intermediari e lo Stato, e dunque un libero dialogo fra gli individui e l'amministrazione che ci si deve sforzare di realizzare sempre al meglio. E' un problema di educazione, un problema di vigilanza, un problema di giustizia. Che voi possiate, come consiglieri fiscali, fornire un felice contributo! E possa la vostra Confederazione stendere il suo sforzo di armonizzazione fra i diritti tributari nazionali per raggiungere una pratica più equa del sistema fiscale nei paesi europei. Anche questo fa parte del progresso da ottenere in questo continente.

Che Dio vi assista in quest'opera di consulenza e giustizia. Che Dio benedica voi ed ognuno delle vostre care famiglie! [Traduzione dal francese]

Data: 1980-11-07 Data estesa: Venerdi 7 Novembre 1980


Ai partecipanti al II "Colloquium Romanum" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La libertà religiosa è garanzia dei fondamentali diritti umani

Signor Cardinale, signore e signori! 1. Sono lieto di salutare tutti gli illustri partecipanti al II "Colloquium Romanum" del "movimento internazionale per la promozione dei valori e dello sviluppo umano", organizzato in questa città di Roma in collaborazione con l'associazione dei giornalisti europei. Con la vostra odierna presenza qui, nella casa del Papa, voi avete voluto mettere in particolare risalto l'importanza del tema scelto per il vostro incontro: "I valori umani e l'atto finale di Helsinki".

Dichiarandovi desiderosi di venire ad ascoltare la parola del successore di Pietro, Vescovo di Roma, voi non intendete sollecitare un contributo alle vostre riflessioni da parte della santa Sede, che pur fa parte dei 35 firmatari dell'atto finale della conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa, ai quali vi proponete di consegnare il frutto del vostro lavoro al termine del colloquio. Voi siete venuti per un motivo di fedeltà a ciò che costituisce lo scopo del movimento "Nova Spes" e del vostro stesso incontro: far emergere l'uomo come protagonista necessario ed insostituibile, invece che come semplice oggetto o strumento, nella problematica affrontata dai 35 Stati ad Helsinki nel 1975, a Belgrado nel 1977-1978, e che sta per essere ripresa a Madrid in questi giorni. Si tratta di uno scopo lodevolissimo! Perciò, io amo unirmi a voi, organizzatori, relatori e partecipanti, per augurare un pieno successo ai vostri sforzi: possano essi veramente servire l'uomo e tutto ciò che è umano.


2. Proprio in questo ambito devono incontrarsi le aspirazioni e gli impegni di tutti: nella promozione dell'uomo, della sua dignità e del suo primato. Vi è certo noto come la santa Sede abbia impegnato tutto il peso della sua autorità spirituale e morale in una sincera collaborazione all'atto finale. E lo ha fatto in modo speciale, tenendo presenti due intenti fondamentali: innanzitutto, assicurare una base etica a tutti gli sforzi in favore della sicurezza e della cooperazione in una Europa, che sa di essere divisa in ideologie e posizioni di forza; inoltre, collocare al centro dei rapporti tra le nazioni e di popoli, non solo europei, il valore indivisibile e la garanzia incrollabile del rispetto dei diritti della persona umana: di tutti i diritti fondamentali, e del diritto alla libertà religiosa in primo luogo, come garante degli altri.

La santa Sede non poteva e non può fare diversamente; infatti, se l'uomo è il valore fondamentale, allora è in tutti i campi ed in tutti gli spazi della convivenza sociale che tale valore dev'essere effettivamente salvaguardato e realizzato. Se l'uomo - e l'uomo europeo in particolare - è oggi esposto a dei rischi e a delle prospettive negative, bisogna riaffermare la sua dignità: una dignità, che trova la sua radice e la sua ragione nella propria umanità, creata e chiamata ad immagine e somiglianza di Dio.


3. L'uomo va posto davvero al centro delle vostre riflessioni, ma anche di quelle di tutti coloro i quali portano la responsabilità di un avvenire pacifico e prospero del continente europeo. Egli, infatti, è la vera posta in gioco tra le nazioni. Considerato troppo spesso come semplice oggetto nei processi politici o economici, sotto la pressione di promesse e di progetti materialistici, l'uomo corre il pericolo di diventare o di restare passivo davanti alle molteplici manipolazioni che lo assalgono. Ma l'uomo è il solo criterio per giudicare la validità e l'applicazione degli accordi internazionali: si, a condizione che si tratti dell'uomo tutto intero, poiché solo a lui Dio concede di comprendersi e di vivere nella pienezza di ciò che egli veramente è. In effetti, non è forse vero che l'uomo raggiunge tutte le sue dimensioni e si dispone ad essere veramente creatore nella storia e operatore di pace, di mutua comprensione e di solidarietà fraterna, solo quando si apre a Dio? L'uomo, occorre sempre ripeterlo, non troverà la sua piena forza creatrice se non in colui che lo trascende e che gli conferisce il suo pieno significato.


4. L'iniziativa, da voi messa in opera in questi giorni nelle vostre riflessioni e nei vostri dibattiti, comporterà pure necessariamente di dare tutto il suo valore ad un imperativo etico, che interpella sia l'individuo nel suo comportamento e nella sua testimonianza personali, sia il cittadino e l'uomo politico nei suoi atti pubblici volti a realizzare strutture di dimensione umana. E' un imperativo etico, che tende ad impedire a chiunque di dimettersi dalla propria responsabilità in vista di assicurare il primato dell'umano. E' proprio da una coscienza morale incessantemente rinnovata che sorge una nuova speranza, la "nova spes". E solo essa sarà capace di mobilitare tutte le forze vive, tutti gli uomini di buona volontà, per esaltare insieme ciò che vi è di più umano nell'uomo, e per lavorare insieme al fine di affermarlo nella prassi storica e nella realtà dei rapporti fra i popoli.

Affido questi cordiali auspici all'onnipotente grazia di Dio, ed a lui raccomando pure tutti voi e le vostre fatiche, mentre con paterno affetto imparto a voi tutti ed a quanti vi sono cari la propiziatrice benedizione apostolica.

Data: 1980-11-08 Data estesa: Sabato 8 Novembre 1980.


Ai partecipanti al V congresso internazionale della famiglia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: E' un dovere capitale riconoscere la dignità e i diritti della donna

Signore, signori.


1. E' una gioia per me accogliere così tante famiglie di diversi paesi, all'indomani del Sinodo consacrato ai compiti della famiglia. Voi siete i benvenuti in questa casa che vi ha accolto più volte.

Siete cristiani e cristiane convinti, decisi a promuovere e a sostenere la famiglia come luogo primario e naturale dell'educazione. Nutrite questa convinzione in una fede solida e alla luce degli insegnamenti della Chiesa: a questo proposito, i testi del Concilio Vaticano II sono di natura tale da guidare al meglio la vostra riflessione e la vostra azione. Sviluppate un certo numero di iniziative di grande respiro per aiutare i genitori nel loro ruolo educativo, invitandoli ad approfondire la loro formazione su questo tema, facendo appello alla parte migliore di essi e ai consigli di esperti competenti. Per assicurare una testimonianza e una collaborazione più efficaci e più universali, avete costituito dopo due anni la "fondation international de la famille".

A quell'epoca, avevo avuto l'occasione di ricordarvi tutto ciò che può concorrere all'educazione umana e cristiana nella famiglia. Il recente Sinodo dei Vescovi ha trattato a lungo questo tema e il messaggio finale dei padri ne fa fatto eco, al punto che io non ho bisogno questa mattina di ritornarvi nel dettaglio.


2. Per questo V congresso, avete esaminato il tema: "La famiglia e la condizione della donna". Una parte notevole era riservata a conferenze tenute da donne esperte, su argomenti di cui esse potevano parlare per esperienza.

Sono molto felice che abbiate affrontato questo tema importante e delicato, perché esso merita di essere trattato in profondità, con saggezza, realismo e senza timore. Non solo la nostra civiltà vi è molto sensibile, perfino ipersensibile, ma esso corrisponde a un reale bisogno, perché gli sconvolgimenti della vita sociale e i cambiamenti di idee suscitano in questo ambito molti ripensamenti e passioni. Infatti, ringraziando Dio, molte donne hanno pienamente sviluppato i loro doni nel concreto della loro vita e ne hanno favorito il fiorire in coloro che le circondano; ne abbiamo avuto meravigliose testimonianze al Sinodo. Ma molte donne provano giustamente il bisogno di essere meglio riconosciute, nella loro dignità di persona, nei loro diritti, nel valore dei compiti che esse svolgono abitualmente, nella loro aspirazione femminile in seno alla famiglia, ma anche alla società. Alcune sono affaticate e quasi schiacciate dalla mole degli impegni e dei compiti, senza trovare sufficiente comprensione e aiuto. Alcune soffrono, si rammaricano d'essere relegate in compiti che vengono considerati secondari. Altre sono tentate di cercare una soluzione nei movimenti che pretendono di "liberarle", benché bisognerebbe chiedere di quale liberazione si tratti e non chiamare così l'affrancamento da ciò che costituisce la loro vocazione specifica di madri e spose, ne l'uniformazione al modo con cui il ruolo maschile si realizza. Pertanto, tutta questa evoluzione e questo fermento ben manifestano che c'è una autentica promozione femminile da perseguire, sotto molti aspetti. La famiglia sicuramente, ma anche tutta la società e le comunità ecclesiali hanno bisogno dei contributi specifici delle donne.


3. E' dunque di capitale importanza cominciare a confortare la donna approfondendo un certo numero di considerazioni: la sua uguaglianza sostanziale di dignità con l'uomo nel piano di Dio, come l'ha fatto il Sinodo e come io faccio ogni mercoledi; ciò che la qualifica come persona umana in rapporto all'uomo per vivere in una comunione personale con lui; la sua vocazione di figlia di Dio, di sposa, di madre; la sua chiamata a partecipare in modo libero e responsabile ai grandi compiti d'oggi, apportandovi il meglio di se stessa; e, per questo, la sua capacità e il suo dovere di impegnarsi nella piena maturazione della sua personalità: apprendimento di competenze, formazione allo spirito di servizio, approfondimento della sua fede e della sua preghiera, di cui essa farà beneficiare gli altri.

Avete ragione di prendere in esame le molteplici possibilità del contributo qualificato della donna nei diversi settori della vita sociale e professionale, in cui la sua presenza sarebbe così benefica per un mondo più umano e in cui essa stessa troverebbe una crescita delle sue possibilità, soprattutto in determinati periodi della sua vita. Il problema rimane aperto e offre, in ogni paese, l'occasione di molti dibattiti sulle modalità pratiche quando si tratta del lavoro della donna al di fuori della sua casa. Molti aspetti entrano qui in gioco.

Bisogna affrontarli con serenità. Senza trattare più oltre questo problema complesso, noi dobbiamo ugualmente tener conto di due altre considerazioni.


4. Bisogna vegliare affinché la donna non sia, per ragioni economiche, costretta obbligatoriamente a un lavoro troppo duro e a un orario troppo pesante che si aggiungono a tutte le sue responsabilità di conduttrice della casa e di educatrice dei figli. La società, abbiamo detto alla fine del Sinodo, dovrebbe fare lo sforzo di organizzarsi in altro modo.

Ma soprattutto, e il vostro congresso sembra averlo ben sottolineato, bisogna considerare che gli impegni della donna a tutti i livelli della vita familiare costituiscono anche un contributo impareggiabile all'avvenire della società e della Chiesa, e che non potrebbe essere trascurato senza grande danno per esse e per la donna stessa, sia che si tratti di condizioni riguardanti la maternità, sia dell'intimità necessaria con i piccoli, dell'educazione dei bambini e dei giovani, del dialogo attento e prolungato con essi, della cura da portare alle molteplici necessità della casa, affinché questa rimanga accogliente, gradevole, confortante sul piano affettivo, formatrice sul piano culturale e religioso. Chi oserebbe negare che, in molti casi, la stabilità e la riuscita della famiglia, il suo arricchimento umano e spirituale sono dovuti molto spesso a questa presenza materna nella casa. E' dunque un autentico lavoro professionale che merita d'essere riconosciuto come tale dalla società, questo fa appello del resto al coraggio, alla responsabilità, all'ingegnosità, alla santità.

Si tratta dunque di aiutare le donne a prendere coscienza di questa responsabilità e di tutti i doni di femminilità che Dio ha messo in esse per il bene maggiore della famiglia e della società. Bisogna anche pensare alle donne che soffrono di frustrazioni, o di condizioni precarie, per aiutarle al mutuo soccorso del loro ambiente.


5. Infine, cari amici, ciò che voi tentate di fare in seno alla fondazione che avete costituito, molte altre associazioni o movimenti familiari cercano di realizzarlo, in una maniera complementare. Del resto, la famiglia, cellula della società e "chiesa domestica", non è un fine in sé, essa deve permettere di introdurre poco alla volta i giovani nelle comunità educative più grandi. Vale a dire che tutte le iniziative in questo ambito non devono ignorarsi, ancora meno fermarsi su se stesse, ma operare nello stesso senso, in confidente unione con i pastori della Chiesa, affinché le famiglie giochino pienamente il loro ruolo e integrino il dinamismo delle loro ricchezze nella vita pastorale e nell'apostolato delle comunità cristiane e nella testimonianza profetica da darsi al mondo.

Che le vostre famiglie, nella gioia come nella prova, siano un riflesso dell'amore di Dio. Che la Vergine Madre, contemplata e pregata all'interno di ogni famiglia cristiana, vi conduca sul cammino di suo Figlio e vi apra alla luce e alla forza dello Spirito Santo, nella pace! Benedico di gran cuore tutti i membri delle vostre famiglie, mariti e mogli, bambini e giovani, nonni. E benedico anche le coppie che vi sono care e che contano sulla vostra testimonianza.

[Traduzione dal francese]

Data: 1980-11-08 Data estesa: Sabato 8 Novembre 1980.



GPII 1980 Insegnamenti - Il discorso ai gruppi neo-catecumenali - Parrocchia di Nostra Signora del santissimo Sacramento (Roma)