GPII 1981 Insegnamenti - Tokyo, Budokan: Incontro con i giovani


2. Per poter mettere in atto questo piano "linguistico" ho dovuto lasciarmi guidare dal pensiero che ci sarei riuscito, che sarei giunto (almeno in parte) allo scopo che mi ero proposto. Ho dovuto avere una certa speranza...

E adesso passo alla vostra seconda domanda. che mi sembra la più importante. La domanda circa la speranza. Domanda molto importante, addirittura fondamentale quando si tratta della vita umana. L'uomo, in un certo senso, non può vivere senza la speranza. Egli deve aspirare a qualcosa, deve avere nella vita uno scopo - e la sensazione di poter raggiungerlo. La speranza, come avete giustamente notato, è collegata col futuro. Ma contemporaneamente determina lo stato della nostra anima nel presente. Abbiamo adesso la speranza di ciò che raggiungeremo più tardi.

Inoltre, la speranza è sempre collegata con un certo valore, che dobbiamo ottenere. Potrei dire in altra maniera: con un valore che vogliamo dare alla nostra vita. E perciò nella speranza si esprime la fondamentale percezione del senso della nostra vita. Questa percezione del senso della vita non dipende essenzialmente da ciò che abbiamo, ma dal prendere chiara coscienza del valore della nostra umanità; della nostra dignità umana.

Leggendo il materiale che mi avete mandato, ho notato, da una parte, un'informazione amara circa i suicidi degli adolescenti e, dall'altra, l'edificante testimonianza di un giovane handicappato, che ha la profonda percezione del significato della sua vita.

Voi sapete che io vengo qui nel nome di Cristo. Ecco, desidero dirvi che appunto Cristo è il maestro e l'educatore della speranza. Egli ne è la sorgente.

Ascoltando le sue parole, vivendo la vita che Egli vuole condividere con ogni uomo, si trova il senso più pieno della vita.

Si, Cristo ci svela fino in fondo il senso della vita umana. Egli ce ne mostra anche l'avvenire definitivo in Dio. Questo futuro sorpassa il limite della vita umana sulla terra. La speranza che Cristo ci dona è più forte della morte.


3. Mi ponete anche una domanda sullo sport. Mi rallegro molto di questa domanda alla quale posso rispondere sulla base delle mie personali esperienze. Ho dato sempre (e continuo a dare) una grande importanza all'antico principio: "Mens sana in corpore sano". Lo sforzo fisico, particolarmente quello sportivo, deve servire a ciò. Un motivo supplementare, ma molto importante quando si trattava di intraprendere questo sforzo (nelle diverse forme), fu per me sempre l'amore verso la natura: verso i laghi, i boschi, le montagne, sia in estate, come in altre stagioni, e in particolare in inverno, quando occorre fare il turismo servendosi degli sci.

Penso che a tale proposito avremmo, voi ed io, non poco da raccontarci, perché so che anche voi amate molto la natura, e cercate di leggere in essa, come in uno splendido libro pieno di misteri.

L'amore


4. La prima delle domande, che mi vien posta in questa parte del nostro colloquio, è molto importante.

E' noto che il Vangelo, l'insegnamento di Cristo, proclama l'amore come il comandamento più grande. "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente... Amerai il prossimo tuo come te stesso" (Mt 22,37 Mt 22,39). Sono questi i due comandamenti, che si uniscono l'uno all'altro e si condizionano reciprocamente. Secondo l'insegnamento e l'esempio di Cristo, dobbiamo amare Dio al di sopra di ogni cosa e il prossimo a misura dell'uomo. Contemporaneamente nella lettera di san Giovanni leggiamo: "Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede" (1Jn 4,20).

Quindi l'amore di Dio si realizza e, in un certo senso, trova la sua verifica nell'amore dell'uomo, del prossimo, che dobbiamo amare come noi stessi. E il prossimo è ogni uomo senza eccezione; perciò Cristo parla anche dell'amore dei nemici. Egli dice così: "Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano" (Lc 6,27-28). Del resto Egli stesso ha dato l'esempio di un tale amore quando, durante la crocifissione, ha pregato per coloro che lo mettevano a morte.

A questo punto nasce la vostra domanda: come è possibile che l'uomo ami quando si sente odiato, e per di più quando egli stesso si sente di avere in sé odio o almeno malanimo, diciamo antipatia, nei confronti di alcune persone? Effettivamente, dal punto di vista dei nostri sentimenti v'è qui una difficoltà, anzi "una contraddizione": quando "sento" avversione o odio, come posso contemporaneamente "sentire" amore? Tuttavia l'amore non si riduce soltanto a ciò che sentiamo. Esso ha nell'uomo anche radici più profonde, che si trovano nel suo "io" spirituale, nel suo intelletto e nella sua volontà.

Volendo assolvere il comandamento dell'amore (in particolare quando si tratta dell'amore dei nemici), noi dobbiamo risalire proprio a quelle radici profonde. In conseguenza di ciò, l'amore diventa forse "più difficile", ma diventa anche "più grande". Nell'amore ci lasciamo guidare non solo dalla reazione dei sentimenti, ma dalla considerazione del vero bene. E in questo modo impariamo a guidare i nostri sentimenti, li educhiamo. Ciò richiede pazienza e perseveranza.

Cristo ha detto una volta: "In patientia vestra possidebitis animas vestras" (Lc 21,19 Vulg.). Ebbene, amare veramente e pienamente sa soltanto colui che è capace di "possedere" la sua anima, possedere se stesso: possedere per diventare "dono per gli altri". Tutto ciò ci insegna Cristo non solo con la sua parola, ma anche con il suo esempio.


5. Ora, ormai più brevemente rispondero alle ulteriori domande. Il fatto che gli uomini sono fratelli, vuol dire per prima cosa che nonostante tutto ciò che li divide - razza, lingua, nazionalità, religione - essi tuttavia si rassomigliano.

Ognuno è un uomo e tutti sono uomini.

Tuttavia bisogna completare questo primo significato con il secondo.

Chiamiamo fratelli e sorelle coloro che sono figli degli stessi genitori, degli stessi padri e delle stesse madri. Gli uomini sono fratelli secondo l'insegnamento di Cristo (ed anche secondo il sentire religioso più comune) perché Dio è loro Padre. Cristo pone questa verità sulla paternità di Dio al centro del suo Vangelo.

Quando i discepoli gli chiedono di insegnar loro a pregare, Egli insegna una preghiera che inizia con le parole: "Padre nostro..." (Mt 6,9).

Questa preghiera ci aiuta molto per quanto riguarda l'amore del prossimo e in particolare l'amore degli uomini malevoli nei nostri confronti. Diciamo in essa tra l'altro: Padre, "rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori" (Mt 6,12). (Forse alla fine di questo incontro reciteremo questa preghiera).


6. Mi avete posto anche domande sulla musica. Io non so suonare alcun strumento.

Non mi sono mai dedicato attivamente a questo campo dell'arte. Vivo invece molto profondamente la bellezza della musica e mi piace molto cantare. Molte ore (soprattutto nelle vacanze) le ho trascorse cantando insieme ai giovani. Ed anche adesso, durante il periodo delle vacanze, vengono a Castel Gandolfo vari gruppi di giovani e cantano. Nutro la speranza che anche voi un giorno vorrete venire... pur sapendo che c'è una grande distanza! Per quanto riguarda il genere di musica mi sembra di sentire in modo particolarmente profondo la bellezza della musica liturgica (il gregoriano!), ma amo anche la musica contemporanea: Gershwin, ad esempio, Armstrong, Taki Rentaro, Toshiro Mayuzumi ed altri. Naturalmente mi sono vicini Chopin o Szymanowski (so che una delle prime classificate al X Concorso Internazionale della musica di Chopin a Varsavia è stata la vostra connazionale Akiko Ebi), ma mi sono vicini pure Beethoven, Bach e Mozart, anche nelle magistrali interpretazioni dei vostri Seiyi Ozawa e Jwaki Hirojuki.

La pace


7. Dato che il nostro tempo e limitato mi perdonerete se in questa serie di domande - molto importanti - cerchero di essere conciso nelle risposte. Tanto più che sul tema della pace, ho l'opportunità di pronunciarmi in altre circostanze significative. Uno dei motivi della mia venuta in Giappone è stato anche quello di sostare a Hiroshima, sul posto dello scoppio della prima bomba atomica, che costituisce per l'umanità un terribile avvertimento. Leggendo il materiale da voi spedito, ho notato che vi travaglia molto profondamente il problema della pace, della vera pace, il che è giusto e comprensibile soprattutto dopo le esperienze del 1945. Voi notate in queste vostre enunciazioni che la pace non può appoggiarsi soltanto sull'"equilibrio degli armamenti", che essa non può supporre la prevalenza dei forti sui deboli, che essa non può andare di pari passo con nessun imperialismo...

La Chiesa pensa allo stesso modo ed insegna allo stesso modo. Lo hanno dimostrato il Concilio Vaticano II, Papa Giovanni XXIII nell'enciclica "Pacem in Terris", Paolo VI in tutta la sua instancabile attività in favore della pace, emanando tra l'altro ogni anno per il giorno del 1° gennaio uno speciale messaggio per la pace. Io cerco di continuare questa attività. Eccovi i temi dei miei messaggi di pace: nel 1979: "Per giungere alla pace, educare alla pace"; nel 1980: "La verità, forza della pace"; nel 1981: "Per servire la pace, rispetta la libertà".

Devono costruire la pace soprattutto coloro i quali sono responsabili delle decisioni internazionali. Tuttavia essi devono tener presente - e la Chiesa cerca costantemente di ricordarlo - che "pace" significa in primo luogo un vero ordine nelle relazioni fra gli uomini e tra le nazioni. Quindi la costruzione della pace dalle fondamenta deve significare il riconoscimento ed il conseguente rispetto di tutti i diritti dell'uomo (sia di quelli che riguardano la parte materiale come anche quelli che interessano la parte spirituale della sua esistenza terrena) ed il rispetto dei diritti di tutte le Nazioni senza eccezione: sia grandi sia piccole. La pace non può esistere se i grandi e i potenti violano i diritti dei deboli! Ho parlato su questo tema molte volte: dinanzi all'Onu, dinanzi all'Unesco. Desidero ripeterlo anche in Giappone. Se il programma della pace nel mondo si esprime nella formula "mai più Hiroshima", allora certamente si esprime anche nella formula "mai più Oswiecim".


8. così dunque lo sforzo che mira a costruire la pace nel mondo deve compiersi a vari livelli. La pace non significa una stasi (come sembrano esprimere alcune vostre opinioni); significa uno sforzo, uno sforzo enorme, in cui ognuno ha la propria parte. Bisogna formare la coscienza ed il senso di responsabilità. Bisogna essere solidali con coloro i cui diritti sono violati. Bisogna "voir - juger - agir".

Così dunque certamente v'è molto da fare anche per voi giovani, qui in Giappone a voi appartiene il giorno di domani. Riflettete su tutti i programmi di azione in favore della pace, anche su quelli nei quali si esprimono i rappresentanti di tutte le religioni. La prima di tali conferenze ha avuto luogo proprio in Giappone nell'anno 1970 a Kjoto.

Cristo dice: "Beati gli operatori di pace" (Mt 5,9). Diventate anche voi operatori di pace!


9. La religione cristiana, la religione che in un certo senso prende inizio dalle parole: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che Egli ama" (Lc 2,14) porta nella causa della pace prima di tutto un'ardente ed incessante preghiera alla quale invita tutti.

E poi porta la convinzione che l'uomo - anche quello contemporaneo - è capace, con l'aiuto della grazia divina, di superare il male multiforme che lo spinge sulle strade dell'odio, della guerra, della distruzione. Di ciò l'uomo è capace. Di ciò sono capaci gli uomini, le società ed i sistemi...

Il cristianesimo afferma questa convinzione e lavora per il suo consolidamento. Esso infatti è animato dalla parola di Cristo, che è il maestro e il testimone della speranza!

Data: 1981-02-24
Martedi 24 Febbraio 1981


Tokyo, Nunziatura Apostolica: Incontro con il Corpo Diplomatico

Titolo: Ogni comunità diplomatica è un terreno di prova per i problemi mondiali

Eccellenze, Signore e Signori,

1. Nel corso della mia visita pastorale nell'Est asiatico e alle comunità cattoliche delle Filippine, Guam e Giappone, sono lieto ed onorato di avere l'occasione di incontrarmi con il Corpo Diplomatico accreditato presso il Governo del Giappone in questa città di Tokyo. Le mie prime parole sono di sincero ringraziamento al vostro Decano che mi ha così gentilmente accolto. Ho molto gradito i cortesi sentimenti da lui espressi nei miei riguardi.

La mia visita, come ho già avuto occasione di sottolineare nel corso di questo viaggio, è di natura religiosa. Vengo a portare alle comunità cattoliche l'appoggio fraterno della Chiesa che è in Roma ed in tutto il mondo. Vengo anche ad incontrare la gente di una terra che ha la peculiarità di essere la culla di antiche culture e religioni. Oltre ad essere il successore dell'apostolo Pietro nella Sede di Roma, sono anche erede della tradizione di un altro apostolo, Paolo, che avendo ricevuto la fede in Gesù Cristo si reco in diverse parti del mondo allora conosciuto per rendere la testimonianza di ciò in cui egli credeva e diffondere una parola di fraternità, amore e speranza per tutti.


2. La vostra presenza qui oggi indica che comprendete la mia missione ed anche l'attività della Chiesa Cattolica e della Santa Sede nelle diverse parti del mondo. In forza della sua missione, che ha natura religiosa e dimensione universale, la Santa Sede si adopera costantemente per promuovere e mantenere un clima di fiducia reciproca e di dialogo con tutte le forze vive della società e, quindi, con le autorità che hanno ricevuto dal popolo il mandato di promuovere il bene comune. La Chiesa Cattolica, nel rispetto della sua missione evangelica, desidera porsi al servizio di tutta l'umanità, della società odierna, così spesso minacciata o attaccata. Per questo motivo essa si adopera per mantenere rapporti amichevoli con tutte le autorità civili ed anche, se lo vogliono, relazioni a livello diplomatico. Quindi, si stabilisce, sulla base del rispetto e dell'intesa reciproca una collaborazione di servizio per il progresso dell'umanità.

La Chiesa e lo Stato - ciascuno nella propria sfera, spirituale o temporale, ciascuno con i suoi mezzi specifici, senza rinunciare alla sua missione caratteristica distintiva, senza alterare il proprio compito specifico - compiono i loro sforzi per rendere questo servizio all'umanità al fine di promuovere quella giustizia e quella pace a cui tutta l'umanità aspira.

Desidero qui rendere omaggio alle cordiali relazioni che il Governo del Giappone mantiene con la Santa Sede e che si concretano nella presenza di un ambasciatore presso la Santa Sede e di un rappresentante del Papa a Tokyo.

Quest'ultimo ha una missione speciale tra gli esponenti della comunità cattolica di questo Paese ma, come voi tutti anch'egli ha il compito di promuovere uno spirito di comprensione e collaborazione in campo internazionale.


3. Signore e Signori, nella capitale di questa nazione vi è stata affidata una missione che trae il proprio significato e la propria ispirazione dagli ideali di pace e fraterna collaborazione. Siete tutti pienamente consapevoli del vostro compito. Esso è indubbiamente importante; in molte circostanze è difficile; ma ricompensa sempre, perché è nel contempo una scuola per la reciproca comprensione ed un banco di prova per i problemi mondiali.

La base per ogni fruttuosa attività intesa a promuovere i rapporti di pace tra le nazioni è certamente la capacità di valutare correttamente e con comprensione le qualità specifiche gli uni degli altri. Il Giappone offre senza dubbio una autentica scuola di comprensione, perché è unico nella sua storia, nella sua cultura e nei suoi valori spirituali. Nel corso di molti secoli, la società giapponese ha costantemente onorato le proprie tradizioni mantenendo un reale apprezzamento per le cose spirituali. Essa ha espresso quelle tradizioni nei suoi torii e templi, nelle arti, nella letteratura, nel teatro e nella musica, preservando nel contempo, anche in fase di crescente sviluppo economico ed industriale, le sue peculiari caratteristiche. Come diplomatici, assistete e talvolta partecipate agli eventi che segnano la storia e la vita del popolo del Giappone ed in particolare della sua cultura, per cui siete in grado di comprendere in modo più approfondito le differenze che formano il carattere e lo spirito di ciascuna nazione e popolo. In realtà, come dissi il mese passato nel mio discorso al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede: "La cultura è la vita dello spirito; è la chiave che apre la porta ai segreti più intimi e più gelosamente custoditi della vita dei popoli; è l'espressione fondamentale ed unificante della loro esistenza" (Giovanni Paolo II "Discorso del 12 gennaio 1981", 6). così come è necessario essere profondamente radicati nella propria cultura al fine di comprendere i valori e lo spirito della propria nazione, è necessario anche guardare con imparzialità alle manifestazioni della vita culturale degli altri popoli, allo scopo di capire le aspirazioni, le esigenze e le realizzazioni di coloro con i quali si dialoga e si collabora.


4. Vi è un secondo aspetto della funzione del diplomatico. Voi siete chiamati a fungere da strumenti - anzi ad essere addirittura in prima linea - per costruire un nuovo ordine di rapporti nel mondo. E ciò in quanto ciascun popolo, che si distingue dagli altri per le proprie tradizioni culturali e realizzazioni, può offrire un unico ed insostituibile contributo a tutti gli altri. Senza abbandonare i propri valori, le nazioni possono operare congiuntamente ed edificare un'autentica comunità internazionale caratterizzata da responsabilità comuni per il bene universale. Oggi più che mai la situazione mondiale richiede che questa responsabilità comune venga assunta in un vero spirito universale. Ogni comunità diplomatica diviene quindi un banco di prova per i problemi mondiali. Nei contatti personali che avete quotidianamente con i vostri colleghi, nei vostri incontri ufficiali con i governi e le agenzie presso cui siete accreditati, nell'opera intesa a conoscere e comprendere la cultura locale, nel prendere parte attiva alla vita della comunità che vi ospita, manifesterete quegli atteggiamenti di rispetto e di apprezzamento che sono così necessari per instaurare rapporti fraterni tra le nazioni del mondo.


5. Molti di voi hanno già raccolto una notevole esperienza nei rapporti e scambi interculturali, esperienza acquisita negli anni al servizio del proprio Paese in diversi parti del mondo. E' mia speranza che la vostra missione qui in Giappone vi aiuti a scoprire ed a comprendere più a fondo, al di là del contesto giapponese, la ricca realtà di tutta l'Asia e di tutti i popoli asiatici. L'Asia ha un ruolo speciale da sostenere nella costituzione e nel rafforzamento della comunità delle nazioni. Molti problemi di portata mondiale restano ancora da risolvere e l'Asia deve partecipare a tutte le iniziative avviate a tal fine. Desidero trasmettervi la mia convinzione che i problemi mondiali non saranno risolti a meno che ciascun continente e ciascuna nazione assuma il suo giusto ruolo ed apporti il suo specifico contributo. Le nazioni dell'Asia devono assumere il ruolo che spetta loro proprio in ragione delle loro culture secolari, della loro esperienza religiosa, del loro dinamismo e della loro paziente industriosità. Il continente e gli arcipelaghi dell'Asia non sono certamente privi di problemi (e quale nazione nel mondo può sostenere di aver risolto tutti i problemi del suo popolo?), ma non esiste impresa più grande per un popolo di dividere i propri beni con gli altri, mentre nel contempo tenta di trovare le soluzioni definitive ai propri problemi.


6. Oggi, siamo giunti ad un punto della storia in cui è divenuto economicamente e tecnicamente possibile alleviare gli aspetti peggiori dell'estrema povertà che affligge tanti dei nostri simili. I tipi di povertà sono molti: denutrizione e fame, analfabetismo e mancanza di istruzione di base, malattie croniche ad elevata mortalità infantile, mancanza di occupazione adeguata e di abitazioni idonee. Gli ostacoli al superamento di questi problemi non sono più soprattutto economici e tecnici, come per il passato, ma sono da ricercare nelle sfere delle convinzioni e delle istituzioni.

Non è forse di fatto una mancanza di volontà politica - a livello sia nazionale che internazionale - l'ostacolo principale all'eliminazione totale delle più gravi forme di sofferenza e di bisogno? Non è forse una mancanza di forti convinzioni individuali e collettive che impediscono ai poveri di partecipare in modo più completo ed equo al proprio sviluppo? Le attuali difficoltà economiche che in vari modi e gradi stanno affliggendo tutte le nazioni non devono diventare un pretesto per cedere alla tentazione di far pagare ai poveri la soluzione dei problemi dei ricchi tollerando un livello di vita inadeguato alle esigenze minime dell'uomo. Per quanto sussistano motivi impellenti per eliminare questa avvilente povertà, soprattutto nel mondo in via di sviluppo, non esito ad affermare che l'arma fondamentale in grado di sconfiggere la povertà è di ordine morale. E' sintomo di una comunità sana - sia essa la famiglia, la nazione o la stessa comunità internazionale - riconoscere l'imperativo morale di reciproca solidarietà giustizia ed amore. La generosità ed il senso di lealtà già in atto in molte iniziative e programmi internazionali devono essere ulteriormente rafforzati da una maggiore consapevolezza della dimensione etica. Il pubblico e i governi dovranno convincersi sempre più del fatto che nessuno può restare in ozio fino a quando c'è chi soffre ed ha bisogno. La Santa Sede non cesserà mai di levare la sua voce e di impegnare tutto il peso della sua autorità morale al fine di accrescere la pubblica consapevolezza a tale riguardo.


7. In seguito, nel corso di questo mio breve soggiorno in Giappone, avrò occasione di parlare del preponderante problema della pace internazionale e di incoraggiare la comunità internazionale ad intensificare i propri sforzi a favore di rapporti di pace tra le nazioni. Nell'occasione presente mi sia consentito sottolineare che gli impegni per la pace non possono essere separati dalla ricerca di una società giusta e di un reale sviluppo di tutte le nazioni e di tutti i popoli. Giustizia e sviluppo vanno per mano con la pace. Sono parti essenziali di un nuovo ordine mondiale ancora da edificare. Sono una strada che conduce verso un futuro di felicità e di dignità umana.

Signore e Signori, la vostra è una splendida missione; essere i messaggeri dell'universalità, gli edificatori di pace tra le nazioni, i promotori di un mondo nuovo e giusto. Possa ciascuno di voi, con i rispettivi governi, come pure negli incontri e nelle istituzioni internazionali, operare in qualità di avvocato dei popoli e delle nazioni meno privilegiate. L'ideale di fratellanza umana in cui noi tutti crediamo fermamente richiede proprio questo. E operando in tal modo riuscirete a servire realmente il vostro Paese e tutto il bene dell'umanità.

Possano la pace e la giustizia di Dio Onnipotente dimorare sempre nei vostri cuori. Possa la sua benedizione giungere su di voi, sulle vostre famiglie, sulle vostre nazioni e su tutti i vostri assidui sforzi al servizio dell'umanità.

Data: 1981-02-24
Martedi 24 Febbraio 1981


Hiroshima: "Peace Memorial

Titolo: Ricordare il passato è impegnarsi per il futuro

La guerra è opera dell'uomo. La guerra è distruzione della vita umana.

La guerra è morte.

In nessun luogo queste verità si impongono con così tanto vigore come in questa città di Hiroshima, presso questo Monumento alla Pace. Due città, avranno per sempre i loro nomi uniti, due città giapponesi, Hiroshima e Nagasaki, come le sole città al mondo che hanno subito la cattiva sorte di essere un memoriale di come l'uomo sia capace di una distruzione incredibile. I loro nomi si distingueranno sempre come i nomi delle sole città del nostro tempo che sono state scelte per mettere in guardia le generazioni future su come la guerra possa distruggere gli sforzi umani intesi a creare un mondo di pace.

Signor Sindaco, Cari amici qui presenti, voi tutti che state ascoltando la mia voce ed ai quali giungerà il mio messaggio.

1. E' con profonda emozione che sono venuto oggi qui come pellegrino di pace.

Desideravo rendere questa visita al Monumento alla Pace di Hiroshima per una personale ed intima convinzione che ricordare il passato e impegnarsi per il futuro.

Consideriamo insieme quella che è una delle tristi imprese dell'umanità e cioè che su tutta la superficie terrestre i nomi di molti - troppi - luoghi vengono ricordati soprattutto perché hanno testimoniato l'orrore e la sofferenza prodotti dalla guerra; i monumenti ai caduti che, se da un lato ricordano la vittoria, dall'altro rammentano pero anche la sofferenza e la morte di innumerevoli esseri umani; i cimiteri in cui riposano coloro che hanno sacrificato la loro vita al servizio del proprio Paese o di una nobile causa ed i cimiteri in cui giacciono le innocenti vittime civili della furia distruttrice della guerra; i resti dei campi di concentramento e sterminio in cui il disprezzo per l'uomo e per i suoi diritti inviolabili aveva raggiunto la sua espressione più indegna e crudele; i campi di battaglia in cui la natura ha misericordiosamente sanato la ferite della terra, senza riuscire tuttavia a cancellare dalla storia umana del passato l'odio e l'inimicizia. Hiroshima e Nagasaki si distinguono da tutti gli altri luoghi e monumenti come le prime vittime della guerra nucleare.

Chino il capo al ricordo di migliaia di uomini, donne e bambini che persero la vita in un momento terribile e di chi per lunghi anni ha riportato nel corpo e nella mente quei germi di morte che inesorabilmente portarono avanti il loro processo di distruzione. Il bilancio definitivo della sofferenza umana iniziata qui, non è stato ancora interamente steso né è stato ancora calcolato il costo umano complessivo che è stato pagato, soprattutto se si considera ciò che la guerra nucleare ha arrecato - e potrebbe ancora arrecare - alle nostre idee, ai nostri atteggiamenti ed alla nostra civiltà.


2. Ricordare il passato è impegnarsi per il futuro. Non posso non rendere onore e plauso alla saggia decisione delle autorità di questa città secondo cui il monumento in memoria del primo bombardamento nucleare dovrebbe essere un monumento alla pace. così facendo, la città di Hiroshima e tutto il popolo del Giappone hanno vigorosamente espresso la loro speranza per un mondo di pace e la loro convinzione secondo cui l'uomo che fa la guerra è anche in grado di costruire con successo la pace. Da questa città, e dall'evento che il suo nome ricorda si è andata originando una nuova consapevolezza mondiale contro la guerra ed una rinnovata determinazione ad operare in favore della pace.

Alcune persone, persino tra quelle che erano vive all'epoca degli eventi che oggi ricordiamo, potrebbero preferire non ricordare l'orrore della guerra nucleare e le sue terribili conseguenze. Tra coloro che non hanno mai provato personalmente la realtà di un conflitto armato tra nazioni, c'è chi potrebbe tentare di non prendere nemmeno in considerazione l'autentica possibilità di una guerra nucleare. Altri potrebbero voler prendere in considerazione la potenza nucleare come un mezzo insostituibile per mantenere l'equilibrio del potere attraverso l'equilibrio del terrore. Non vi è pero giustificazione per non sollevare il problema della responsabilità di ciascuna nazione e di ciascun individuo di fronte ad eventuali guerre ed alla minaccia nucleare.


3. Ricordare il passato è impegnarsi per il futuro. Ho preferito prima rievocare il 6 agosto 1945 in modo da poter meglio afferrare il significato della sfida di oggi. Da quel giorno fatale, le armi nucleari sono aumentate nella quantità e nel potere distruttivo. L'armamento nucleare continua ad essere costruito, collaudato e spiegato. Le totali conseguenze di una guerra nucleare su vasta scala è impossibile prevederle, ma, anche se dovesse essere impiegata solo una parte delle armi disponibili, ci si deve chiedere se è impossibile immaginare l'inevitabile scalata e se la completa distruzione dell'umanità non sia una realtà possibile.

Desidero ripetere qui ciò che dissi nel corso dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite: "I continui preparativi per la guerra, comprovati dalla produzione in diversi paesi di armi sempre più numerose potenti e sofisticate, indicano che vi è un desiderio di essere pronti per la guerra ed essere pronti vuol dire essere in grado di iniziarla; stanno altresì a significare che sussiste il rischio che in qualunque momento, in qualunque luogo, in qualunque modo, qualcuno potrebbe mettere in moto il terribile meccanismo della distruzione generale"(Giovanni Paolo II "" II, 2 (1979) 529).


4. Ricordare il passato è impegnarsi per il futuro. Ricordare Hiroshima e aborrire la guerra nucleare. Ricordare Hiroshima è impegnarsi per la pace. Ricordare ciò che la gente di questa città ha sofferto è rinnovare la nostra fede nell'uomo, nella sua capacità di fare ciò che è buono, nella sua libertà di scegliere ciò che è giusto, nella sua determinazione di tradurre un disastro in un nuovo inizio. Di fronte alla calamità creata dall'uomo che è ogni guerra, dobbiamo affermare e riaffermare, ancora e ancora che il ricorso alla guerra non è inevitabile o insostituibile. L'umanità non è destinata all'autodistruzione. Le divergenze di ideologie, aspirazioni ed esigenze possono e devono essere appianate e risolte con mezzi che non siano la guerra e la violenza. L'umanità è in obbligo verso se stessa di regolare differenze e conflitti attraverso mezzi pacifici. Il vasto spettro di problemi che stanno di fronte ai popoli nei differenti stadi di sviluppo culturale, sociale, economico e politico danno vita a tensioni e conflitti internazionali. E' essenziale per l'umanità che questi problemi vengano risolti in armonia con i principi etici di equità e giustizia consacrati significativamente negli accordi e nelle istituzioni. La comunità internazionale dovrebbe così darsi un sistema di leggi per regolare i rapporti internazionali e mantenere la pace, così come la norma di legge tutela l'ordine nazionale.


5. Tutti coloro che amano la vita sulla terra devono esortare i governi e coloro che prendono le decisioni in campo economico e sociale ad agire in armonia con le richieste di pace piuttosto che per un ottuso interesse egoistico. La pace deve essere sempre il fine, la pace deve essere perseguita e difesa in ogni circostanza. Non ripetiamo il passato, un passato di violenza e distruzione.

Immettiamoci nel che si adatti alla dignità umana, l'unico che conduca verso il vero compimento del destino dell'uomo, il solo che guidi verso un futuro in cui l'equità, la giustizia e la solidarietà siano realtà e non soltanto dei sogni lontani.


6. E quindi, in questo luogo in cui, trentacinque anni fa, in un bagliore di fuoco la vita di tanta gente si spegneva, desidero rivolgere un appello a tutto il mondo in nome della vita, dell'umanità, del futuro.

Ai Capi di Stato e di Governo, a coloro che detengono il potere politico ed economico, io dico: impegniamoci per la pace nella giustizia; prendiamo una solenne decisione, ora, che la guerra non venga mai più tollerata e vista come mezzo per risolvere le divergenze; promettiamo ai nostri simili che ci adopreremo infaticabilmente per il disarmo e l'abolizione di tutte le armi nucleari, sostituiamo alla violenza e all'odio la fiducia e l'interessamento.

Ad ogni uomo e donna di questo Paese e del mondo, dico: assumiamo la responsabilità per gli altri e per il futuro senza limitazioni di frontiere e distinzioni sociali; istruiamo noi stessi e gli altri sulle strade della pace, mai più l'umanità divenga vittima di lotte tra sistemi rivali; mai più ci sia un'altra guerra.

Ai giovani di tutto il mondo, dico: creiamo insieme un nuovo futuro di fraternità e solidarietà; muoviamoci verso i nostri fratelli e sorelle bisognosi, saziamo la fame, offriamo un riparo ai senza tetto, liberiamo gli oppressi, portiamo la giustizia laddove si ode solo la voce delle armi. I vostri giovani cuori hanno una straordinaria capacità di bene e di amore: poneteli al servizio dei vostri simili.

Ad ognuno ripeto le parole del profeta: "Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell'arte della guerra" (Is 2,4).

A coloro che credono in Dio, dico: sentiamoci forti nella sua forza che supera la nostra infinitamente, manteniamoci uniti sapendo che Egli ci chiama all'unità; rendiamoci consapevoli del fatto che l'amore e la partecipazione non sono ideali lontani, ma la via verso il rafforzamento della pace, la pace di Dio.

Ed al Creatore della natura e dell'uomo, della verità e della bellezza, levo una preghiera: Ascolta la mia voce perché è la voce delle vittime di tutte le guerre e della violenza tra gli individui e le nazioni; Ascolta la mia voce, perché è la voce di tutti i bambini che soffrono e soffriranno ogni qualvolta i popoli ripongono la loro fiducia nelle armi e nella guerra; Ascolta la mia voce, quando Ti prego di infondere nei cuori di tutti gli esseri umani la saggezza della pace, la forza della giustizia e la gioia dell'amicizia; Ascolta la mia voce, perché parlo per le moltitudini di ogni Paese e di ogni periodo della storia che non vogliono la guerra e sono pronte a percorrere il cammino della pace; Ascolta la mia voce e donaci la capacità e la forza per poter sempre rispondere all'odio con l'amore, all'ingiustizia con una completa dedizione alla giustizia, al bisogno con la nostra stessa partecipazione, alla guerra con la pace. O Dio, ascolta la mia voce e concedi al mondo per sempre la Tua pace.

Data: 1981-02-25
Mercoledì 25 Febbraio 1981



GPII 1981 Insegnamenti - Tokyo, Budokan: Incontro con i giovani