GPII 1981 Insegnamenti - Hiroshima: incontro con la stampa

Hiroshima: incontro con la stampa

Titolo: Splendida missione, dedizione onesta

Cari amici, E' molto significativo per me poter rivolgere una parola di amicizia qui ad Hiroshima a ciascuno di voi mentre si avvicina il termine della mia visita pastorale nell'Estremo Oriente. Prima di tutto, vi ringrazio per la pazienza, l'interesse e la generosità che avete dimostrato nel corso di questo viaggio. In particolare per la pazienza quando ero in ritardo con il mio prograama! Sono molto grato a voi ed a tutti coloro che voi rappresentate.

Desidererei inoltre cogliere l'occasione per rivolgervi una parola di solidarietà per il vostro lavoro quotidiano ed una parola di incoraggiamento per mantenere alti gli ideali: non sensazionalismo, non dominio dell'opinione pubblica, non manipolazione degli atteggiamenti della gente, non potere per la brama del potere. Ma piuttosto: verità e amore posti al servizio del singolo essere umano e diretti alla realizzazione di una comunità mondiale in cui voi ed i vostri figli - ed i figli di tutti - possano vivere nella dignità e sperimentare il significato della speranza.

Nel mondo di oggi voi avete realmente in mano gli strumenti di un potere immenso e grandioso. Ma ricordate sempre: questo potere appartiene alla gente.

Come tutte le cose create, è universale nella destinazione ed è inteso per il bene di tutti. Siete, quindi, al servizio del potere del popolo e del benessere del medesimo.

Il vostro è in realtà un grande richiamo, una splendida missione; tuttavia, essa esige una dedizione onesta e che va continuamente rinnovata, nonché un'assidua responsabilità verso la gente. E cosl vi chiedo di continuare a rivolgere generosamente i vostri sforzi alla causa del popolo, al miglioramento della società, alla promozione dell'unità di tutta la famiglia umana. Cercate di far si che le vostre parole, le vostre immagini, i vostri programmi riescano a creare una più intensa unità tra tutti gli esseri umani, i figli e le figlie dello stesso Padre che sta nei Cieli, perché, secondo le parole di Paolo VI, "se la comunicazione non è già per se stessa una comunione, può divenirne un cammino privilegiato" (Paolo VI, Messaggio per la giornata mondiale delle comunicazioni sociali, 25 marzo 1971).

Miei cari compagni di viaggio, abbiamo percorso molte miglia insieme. Vi ho riservato giorni faticosi e poco riposo. A ciascuno di voi - corrispondenti, fotografi, tecnici della radio e della televisione - posso semplicemente dire: vi ringrazio e mi auguro di potervi incontrare ancora! Nel frattempo possa Dio benedirvi e vegliare su di voi, e al vostro ritorno a casa dai vostri cari possiate provare in seno alle vostre famiglie l'amore e l'unità e la comunicazione di gioia e speranza che state cercando di diffondere nel mondo! Ancora grazie.

Data: 1981-01-25
Domenica 25 Gennaio 1981


Hiroshima: Incontro con scienziati e rappresentanti dell'Università delle Nazione Unite

Titolo: Responsabilità della scienza e della tecnologia

Signore e Signori,

1. Come potrei esprimere i miei sentimenti in questo incontro eccezionale, a Hiroshima, con gli illustri rappresentanti della scienza, della cultura e dell'educazione superiore? Prima di tutto vorrei dirvi che mi sento molto onorato di essere in mezzo a un gruppo di uomini e donne così altamente qualificati, che consacrano le loro energie alla ricerca, alla riflessione intellettuale e all'insegnamento. Vi ringrazio sinceramente per la vostra accoglienza cordiale e benevola.

Mi piace rivolgere un saluto particolare ai rappresentanti dell'Università delle Nazioni Unite qui presenti con il loro Rettore, signor Soedjatmoko, i vice Rettori, i membri del Consiglio, e i principali collaboratori dell'Università. La vostra istituzione, che secondo i suoi statuti è legata all'Organizzazione delle Nazioni Unite e all'Unesco è una creazione del tutto originale, fondata per promuovere i nobili scopi delle Nazioni Unite nei settori della ricerca, della formazione superiore e della diffusione della conoscenza, essa fu fondata deliberatamente come una istituzione globale e mondiale. Il mio predecessore Paolo VI e io stesso, in più di una occasione, abbiamo manifestato la nostra stima per questa nobile impresa e le nostre speranze per il suo futuro.

Essa cerca di mettere la scienza e la ricerca al servizio dei grandi ideali umanitari della pace, dello sviluppo, del miglioramento delle risorse alimentari, dell'uso corretto delle risorse naturali e della cooperazione fra le nazioni.


2. Signore e Signori, siamo riuniti oggi qui a Hiroshima: e vorrei farvi sapere quanto sono profondamente convinto che ci è offerta un'occasione storica per riflettere insieme sulla responsabilità della scienza e della tecnologia in questo nostro tempo segnato, com'è, da tante speranze e da tante angosce. A Hiroshima, i fatti parlano da sé, e in maniera drammatica, indimenticabile e unica. Di fronte a una tragedia indimenticabile, che tocca tutti noi in quanto esseri umani, come potremmo mancare di esprimere i nostri sentimenti di fratellanza e la nostra profonda solidarietà per le terribili ferite inflitte a quelle città del Giappone che portano il nome di Hiroshima e di Nagasaki? Queste ferite hanno colpito tutta la famiglia umana. Hiroshima e Nagasaki: pochi avvenimenti nella storia hanno avuto le stesse conseguenze sulla coscienza dell'uomo. I rappresentanti del mondo della scienza non furono i meno colpiti dalla crisi morale causata nel mondo dall'esplosione della prima bomba atomica. La mente umana fece, in realtà, una scoperta terribile. Noi ci rendemmo conto con orrore che l'energia nucleare sarebbe stata, da allora in poi, disponibile come arma di devastazione; e di fatto allora apprendemmo che questo terribile strumento era stato usato, per la prima volta, a scopi militari. E allora nacque la domanda che non ci abbandonerà pi": Sarà quest'arma, perfezionata e moltiplicata oltre misura, usata domani? E, in caso affermativo, non distruggerebbe probabilmente la famiglia umana, i suoi membri e tutte le conquiste della civiltà?


3. Signore e Signori, voi che dedicate la vostra vita alle scienze moderne, voi per primi siete in grado di valutare i disastri che una guerra nucleare potrebbe infliggere alla famiglia umana. Io so che, fin dall'esplosione della prima bomba atomica, molti di voi si sono ansiosamente preoccupati della responsabilità della scienza moderna e della tecnologia che è frutto di quella scienza. In numerosi Paesi, associazioni di studiosi e di ricercatori esprimono l'ansia del mondo scientifico di fronte a un uso irresponsabile della scienza, che troppo spesso arreca gravi danni all'equilibrio della natura, o trascina con sé la rovina e l'oppressione dell'uomo sull'uomo. Si pensi, in primo luogo, alla fisica, alla chimica, alla biologia e alla genetica; giustamente voi ne condannate le applicazioni o gli esperimenti che arrecano detrimento all'umanità. Ma si hanno in comportamento umano, quando vengono utilizzate per manipolare le persone, per soffocare le intelligenze, le anime, la dignità e la libertà. La critica alla scienza e alla tecnologia qualche volta è così severa che si avvicina a una condanna della scienza stessa. Al contrario, la scienza e la tecnologia sono un prodotto meraviglioso della creatività umana che è un dono di Dio, dal momento che ci hanno fornito possibilità meravigliose, di cui beneficiamo con animo grato. Ma noi sappiamo che questo potenziale non è neutro: esso può essere usato sia per il progresso dell'uomo, sia per la sua degradazione. Come voi, anch'io sono vissuto in questo tempo, che chiamerei il "tempo del dopo-Hiroshima", e condivido le vostre ansietà. Oggi mi sento ispirato a dirvi questo: certamente è giunto il momento per la nostra società, e specialmente per il mondo della scienza, di rendersi conto che il futuro dell'umanità dipende, come mai prima d'ora, dalle nostre comuni scelte morali.


4. Nel passato, era possibile distruggere un villaggio, una città, una regione, anche un Paese. Ora è tutto il pianeta che è minacciato. Questo fatto dovrebbe finalmente costringere ciascuno ad affrontare una considerazione morale fondamentale: d'ora in poi, è soltanto attraverso una scelta consapevole e una deliberata politica che l'umanità può sopravvivere. La scelta morale e politica davanti alla quale ci troviamo è quella di mettere ogni risorsa dell'intelligenza, della scienza e della cultura a servizio della pace e della costruzione di una nuova società, una società che riesca ad eliminare le cause delle guerre fraticide ricercando generosamente il progresso totale di ogni individuo e di tutta l'umanità. Certo, gli individui e le società sono sempre esposti alle passioni della cupidigia e dell'odio; ma, per quanto sta a noi, tentiamo efficacemente di correggere le situazioni sociali e le strutture che sono causa di ingiustizia e di conflitto. Noi costruiremo la pace costruendo un mondo più umano. Alla luce di questa speranza il mondo scientifico, culturale e universitario ha una parte eminente da svolgere. La pace è uno dei successi più nobili della cultura, e per questo merita tutta la nostra energia intellettuale e spirituale.


5. Come studiosi e ricercatori, voi rappresentate una comunità internazionale, con un compito che può risultare decisivo per l'avvenire dell'umanità. Ma a una condizione: che voi riusciate a difendere e a servire la vera cultura dell'uomo come un prezioso patrimonio. Il vostro compito è elevato, quando voi lavorate per la crescita dell'uomo nel suo essere e non solamente nel suo possedere o nel suo sapere o nel suo potere. Ho cercato di esprimere questo aspetto fondamentale della nostra civiltà in un discorso che ho pronunziato all'Unesco il 2 giugno 1980: "La cultura è un modo specifico dell'"esistere" e dell'"essere" dell'uomo... La cultura è ciò per cui l'uomo in quanto uomo diventa più uomo, "è" di più, accede di più all'"essere". E' qui anche che si fonda la distinzione capitale fra ciò che l'uomo è e ciò che egli ha, fra l'essere e l'avere... Tutto l'"avere" dell'uomo non è importante per la cultura, non è un fattore creativo della cultura se non nella misura in cui l'uomo con la mediazione del suo "avere" può nello stesso tempo "essere" più pienamente come uomo in tutte le dimensioni della sua esistenza, in tutto ciò che caratterizza la sua umanità" (Giovanni Paolo II "" III, 1 (1980) 1639-1640). Questo concetto di cultura si basa su una visione totale dell'uomo, corpo e spirito, persona e comunità, un essere razionale ed elevato dall'amore: "Si! l'avvenire dell'uomo dipende dalla cultura! Si, la pace del mondo dipende dal primato dello Spirito! Si, l'avvenire pacifico dell'umanità dipende dall'amore! (Giovanni Paolo II "" III, 1 (1980) 1655). Veramente, il nostro avvenire, la nostra stessa sopravvivenza sono legati all'immagine che ci faremo dell'uomo.


6. Il nostro futuro su questo pianeta, esposto com'è al rischio dell'annientamento nucleare, dipende da un solo fattore: l'umanità deve attuare un rivolgimento morale. Nell'attuale momento storico ci deve essere una mobilitazione generale di tutti gli uomini e donne di buona volontà. L'umanità è chiamata a fare un ulteriore passo in avanti, un passo verso la civiltà e la saggezza. Una mancanza di civiltà, una ignoranza dei veri valori dell'uomo, portano il rischio della distruzione dell'umanità. Dobbiamo diventare più saggi. Il Papa Paolo VI nella sua enciclica "Populorum Progressio" (Paolo VI PP 20), ha ribadito molte volte il bisogno urgente di far ricorso ai saggi per la guida della nuova società nel suo sviluppo. In particolare, egli ha detto che "se il perseguimento dello sviluppo richiede un numero sempre più grande di tecnici, esige ancor di più degli uomini di pensiero capaci di riflessione profonda, votati alla ricerca di un umanesimo nuovo, che permetta all'uomo moderno di ritrovare se stesso, assumendo i valori superiori d'amore, d'amicizia, di preghiera e di contemplazione".

Ma soprattutto, in questo Paese del Giappone, rinomato per la sua creatività, insieme culturale e tecnologica, un Paese con tanti uomini di scienza, studiosi, scrittori, pensatori religiosi, mi permetto di lanciare uno specialissimo appello. Desidero rivolgermi agli uomini e alle donne di pensiero del Giappone, e attraverso loro agli uomini e alle donne di pensiero di tutto il mondo, per incoraggiarli a perseguire ancora più efficacemente il compito della ricostruzione sociale e morale, che il nostro mondo si aspetta tanto ardentemente.

Lavorate insieme per difendere e promuovere, in mezzo a tutto il popolo della vostra nazione e del mondo, l'idea di un mondo giusto, un mondo fatto a misura d'uomo, un mondo che renda capaci gli esseri umani di sfruttare le loro capacità, un mondo che li aiuti nei loro bisogni materiali, morali e spirituali.


7. Uomini e donne dediti alla ricerca e alla cultura: il vostro lavoro assume un'importanza del tutto nuova in questa era segnata dallo sviluppo della scienza e della tecnologia. Quale successo per il nostro tempo, quale forza intellettuale e morale, quale responsabilità verso la società e l'umanità! Saremo capaci di unirci nel mettere questa eredità scientifica e culturale a servizio del vero progresso dell'umanità, per la costruzione di un mondo di giustizia e di dignità per tutti? Il compito è enorme; qualcuno potrebbe definirlo utopistico. Ma come potremmo non incoraggiare la fiducia dell'uomo moderno, contro tutte le tentazioni del fatalismo, della passività paralizzante e dell'abbattimento morale? Noi dobbiamo dire all'uomo di oggi: non dubitare, il tuo futuro e nelle tue mani. La costruzione di una umanità più giusta o di una comunità internazionale più unita non è un sogno o un ideale vano. E' un imperativo morale, un dovere sacro, che il genio intellettuale e spirituale dell'uomo può affrontare mediante una nuova mobilitazione dei talenti e delle energie di ognuno e sfruttando tutte le risorse tecniche e culturali dell'uomo.


8. I popoli del nostro tempo possiedono, in primo luogo, straordinarie risorse scientifiche e tecnologiche. Noi siamo convinti che queste risorse potrebbero essere usate con molta più efficacia per lo sviluppo e la crescita dei popoli; guardiamo ai progressi dell'agricoltura, della biologia, della medicina, degli strumenti della comunicazione sociale applicati all'educazione, poi ci sono le scienze sociali ed economiche, e la scienza della pianificazione, tutte possono unirsi sulla via di un processo di industrializzazione e di urbanizzazione più umano ed efficace, e per promuovere nuovi modelli di cooperazione internazionale.

Se tutte le nazioni ricche del mondo lo volessero, esse potrebbero raccogliere insieme un impressionante numero di specialisti per i compiti dello sviluppo.

Tutto questo presuppone ovviamente alcune scelte politiche e, più profondamente ancora, opinioni morali. Si avvicina il momento in cui si dovranno ridefinire le priorità. Secondo alcune stime, per esempio, circa la metà dei ricercatori nel mondo sono impegnati per scopi militari. E' morale che la famiglia umana continui ancora in questa direzione? E c'è ancora il problema delle risorse economiche necessarie per dare un impulso decisivo all'avanzamento integrale della famiglia umana.

Anche in questo campo dobbiamo fare delle scelte. Possiamo restare passivi davanti all'affermazione che l'umanità spende immensamente di più per gli armamenti che per lo sviluppo, e quando veniamo a sapere che l'equipaggiamento di un soldato costa molte volte di più dell'educazione di un fanciullo?


9. La scienza e la tecnologia sono sempre state parte della cultura dell'uomo, ma oggi assistiamo alla rapida crescita di una tecnologia che sembra aver distrutto il suo equilibrio con le dimensioni della cultura intervenendo come un elemento di divisione. Questo è il grande problema che la società moderna deve risolvere. La scienza e la tecnologia sono i fattori più dinamici dello sviluppo della società odierna, ma i loro limiti intrinseci non le rendono capaci, da sole, di provvedere una forza che garantisca l'unità della cultura. Come può allora una cultura assumere in se la scienza e la tecnologia, con tutto il loro dinamismo, senza perdere la propria identità? Vi sono tre tentazioni da evitare a questo riguardo. La prima è la tentazione di perseguire lo sviluppo tecnologico come fine a se stesso, un tipo di sviluppo che ha per sua unica norma quella della sua stessa crescita e affermazione, quasi realtà autonoma fra la natura e la realtà propriamente umana, e che impone all'uomo l'inevitabile realizzazione delle sue sempre nuove possibilità, come se si dovesse far sempre ciò che è tecnicamente possibile. La seconda tentazione è quella di asservire lo sviluppo tecnologico all'utilità economica in conformità con la logica del profitto o dell'espansione economica senza fine, creando così vantaggi per alcuni e lasciando altri nella povertà, senza preoccuparsi del vero bene comune dell'umanità, facendo della tecnologia uno strumento al servizio dell'ideologia dell'"avere". In terzo luogo, c'è anche la tentazione di asservire lo sviluppo tecnologico alla acquisizione, o al mantenimento del potere come accade quando lo si usa per scopi militari, e dovunque si manipolano i popoli per poterli dominare.


10. Come uomini e donne dediti alla cultura, voi godete di una immensa credibilità morale perché intervenite in tutti i centri decisionali, sia privati sia pubblici, che sono capaci di influire sulle politiche dell'avvenire. Usando tutti i mezzi onesti ed efficaci, assicuratevi che prevalga una visione totale dell'uomo e una generosa idea della cultura. Formulate argomentazioni che convincano, in maniera che ognuno sia portato a comprendere che la pace e la sopravvivenza della razza umana è d'ora in poi legata indissolubilmente al progresso, allo sviluppo e alla dignità di tutti. Voi avrete successo nel vostro compito se insisterete con convinzione sul concetto che "la scienza e la tecnologia trovano la loro giustificazione nel servizio che esse rendono all'uomo e all'umanità"; e che la scienza razionale deve collegarsi con una serie di campi della conoscenza largamente aperti ai valori spirituali. Sollecito vivamente gli uomini di scienza, i centri di ricerca e le università a studiare più a fondo i problemi etici della società tecnologica, un argomento che già sta impegnando l'attenzione di un buon numero di moderni pensatori. E' un problema strettamente connesso con quello della giusta partecipazione alle risorse, all'uso di tecniche per scopi pacifici, allo sviluppo delle nazioni.

Il. La costruzione di un nuovo ordine sociale presuppone, oltre e al di sopra delle essenziali capacità tecnologiche, una elevata ispirazione, una motivazione coraggiosa, una fede nel futuro dell'uomo, nella sua dignità, nel suo destino. E' al cuore e allo spirito dell'uomo che si deve arrivare, oltre le divisioni provocate da interessi individuali, da egoismi e da ideologie. In una parola, si deve amare l'uomo per se stesso. Questo è il valore supremo che intendono promuovere tutti gli umanisti sinceri, i pensatori generosi e tutte le grandi religioni. L'amore per l'uomo in quanto tale è al centro del messaggio di Gesù Cristo e della sua Chiesa: questo rapporto è indissolubile. Nel mio discorso all'Unesco, ho ribadito con forza il legame fondamentale fra il Vangelo e l'uomo nella sua stessa umanità: "Questo legame è in effetti creatore di cultura nel suo fondamento stesso... Bisogna affermare l'uomo per se stesso... Ancor più, bisogna amare l'uomo perché è uomo, bisogna rivendicare l'amore per l'uomo in ragione della dignità particolare che egli possiede. L'insieme delle affermazioni concernenti l'uomo appartiene alla sostanza stessa del messaggio di Cristo e della missione della Chiesa" (Giovanni Paolo II "" III,1 (1980) 1643).

Tutti quelli che desiderano veramente la difesa e il progresso dell'uomo debbono perciò amare l'uomo per se stesso; e per questo è essenziale fare affidamento sui valori dello spirito, che, soli sono capaci di trasformare i cuori e gli atteggiamenti profondamente radicati. Tutti noi che portiamo nei cuori il tesoro di una fede religiosa dobbiamo prendere parte nel comune lavoro per lo sviluppo dell'uomo, e dobbiamo farlo con chiarezza di vedute e con coraggio. Tutti i cristiani, tutti quelli che riconoscono Dio, tutte le famiglie spirituali debbono essere invitati a unirsi in uno sforzo comune per incoraggiare, spiritualmente e culturalmente, tutti quegli uomini e donne che si dedicano alla crescita totale dell'uomo.


12. In questo Paese, non si può fare a meno di ricordare le grandi tradizioni spirituali e religiose dell'Asia, tradizioni che hanno tanto arricchito l'eredità universale dell'uomo. Né si potrebbe trascurare di augurare un dialogo più intenso e una collaborazione efficace tra coloro che credono nella vocazione spirituale dell'uomo, nella sua ricerca dell'Assoluto, della giustizia, della fratellanza, e, come ci esprimiamo noi nella nostra fede, nella sua sete di redenzione e di immortalità. La scienza razionale e la conoscenza religiosa dell'uomo hanno bisogno di collegarsi insieme. Voi che vi dedicate alle scienze non siete forse invitati a studiare il legame che è necessario stabilire fra la conoscenza scientifica e tecnologica, e la conoscenza morale dell'uomo? Conoscenza e virtù furono coltivate insieme dagli antichi, in oriente come in occidente. Anche oggi, lo so bene, molti studiosi, anche se non tutti professano una religione particolare, sono alla ricerca di un'integrazione fra la loro scienza e il loro desiderio di servire l'uomo nella sua interezza. Essi costruiscono una grande famiglia spirituale, mediante la loro onestà intellettuale, il loro interesse per ciò che è vero, la loro auto-disciplina in quanto studiosi, e la loro obiettività e rispetto davanti al mistero dell'universo. Tutti quelli che generosamente applicano le loro conoscenze al progresso dei popoli e tutti quelli che hanno fede nella vocazione spirituale dell'uomo sono invitati a svolgere un compito comune: costituire una vera scienza per lo sviluppo integrale dell'uomo.


13. In una parola, credo che la nostra generazione si trova ad affrontare una grande sfida morale, che consiste nell'armonizzare i valori della scienza e i valori della coscienza. Parlando all'Unesco il 2 Giugno 1980, ho lanciato un appello che propongo di nuovo a voi oggi: "All'uomo che ha preso coscienza della situazione... una convinzione s'impone, che è allo stesso tempo un imperativo morale: bisogna mobilitare le coscienze! Bisogna aumentare gli sforzi delle coscienze umane nella misura della tensione fra il bene e il male alla quale sono sottoposti gli uomini alla fine del XX secolo. Bisogna convincersi della priorità dell'etica sulla tecnica, del primato della persona sulle cose, della superiorità dello spirito sulla materia (cfr. RH 16). La causa dell'uomo sarà servita se la scienza si allea alla coscienza. L'uomo di scienza aiuterà veramente l'umanità se conserverà "l senso della trascendenza dell'uomo sul mondo e di Dio sull'uomo" (Giovanni Paolo II "Discorso alla Accademia Pontificia delle Scienze" 10 novembre (1979): "" II, 2 (1979) 1109)". (Giovanni Paolo II "Discorso all'Unesco" 2 giugno (1980): "Insegnamenti di Giovanni Paolo II" III, 1 (1980) 1653-1654).

Signore e Signori, sta a voi raccogliere questa nobile sfida.

Data: 1981-02-25
Mercoledì 25 Febbraio 1981


Nagasaki, Cattedrale: Omelia alla Santa Messa con ordinazioni sacerdotali

Mercoledì 25 Febbraio 1981

Titolo: Voi siete la luce del mondo

Cari fratelli e sorelle in Cristo, Ringrazio Dio che mi ha dato la possibilità di venire qui a Nagasaki, una città la cui storia è segnata dalla gloria e dalla tragedia, e di rivolgermi a voi, discendenti e successori di coloro che ottennero la gloria e superarono la tragedia. Vi ringrazio con tutto il cuore e con profondo rispetto per la magnifica tradizione cattolica di questa Chiesa locale.

Questa è senza dubbio una tappa fondamentale del mio viaggio apostolico in Giappone, perché il successore di Pietro è qui ad ordinare dei sacerdoti in uno dei luoghi più distanti dalla sua Sede di Roma, dando in tal modo testimonianza dell'universalità della sua missione.

Per il Papa questo è un momento solenne ed emozionante, ma lo è ancora di più per voi, carissimi figli, che state per essere sacramentalmente consacrati, come "ministri di Gesù Cristo fra i pagani, esercitando l'ufficio sacro del Vangelo di Dio" (Rm 15,16) e "amministratori dei misteri di Dio" (1Co 4,1).

Ma sarà soltanto nel corso di molti anni di fedeltà al dono che state per ricevere oggi che riuscirete a capire gradualmente e sempre meglio, questa circostanza e la sua meraviglia. Una vita intera, in verità, non è sufficiente per comprendere pienamente che cosa significa essere sacerdote di Gesù Cristo. Qui possiamo rilevare solo alcuni aspetti di questo mistero, con l'aiuto delle letture di questa solenne liturgia.

1. La prima frase che vi riguarda è quella che il profeta Isaia ha usato per descrivere la sua vocazione: "Lo Spirito del Signore Dio è su di me perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione" (Is 61,1).

Queste parole si applicano ad ogni sacerdote, esse si applicano anche a voi. Esse significano che alla radice di ogni vocazione sacerdotale, non c'è una personale iniziativa umana con le sue inevitabili limitazioni, ma piuttosto una misteriosa iniziativa di Dio. A proposito del sacerdozio di Cristo, la lettera agli ebrei dice: "Nello stesso modo Cristo non si attribuì la gloria di sommo sacerdote, ma gliela conferì colui che gli disse: Mio figlio sei tu, oggi ti ho generato" (He 5,5). E questo è vero non solo per Cristo personalmente, ma anche per tutti quelli che condividono il suo sacerdozio. Ogni sacerdote può dire: "Il Signore mi ha consacrato". Anzitutto il Signore mi ha consacrato fin dall'eternità, prima ancora ch'io esistessi quando pronunciò il mio nome. Isaia dice: "Il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fin dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome" (Is 49,1). Per una comprensione completa della vocazione sacerdotale dobbiamo risalire a questo amore preferenziale e consacratorio di Dio per una determinata persona ancor prima della sua esistenza, e alla chiamata che Dio le rivolge a causa di questo amore.

Un sacerdote può anche dire che il Signore lo ha consacrato quando nell'infanzia o nella giovinezza il suo cuore ha risposto alla chiamata del Signore, "seguimi".

Non è sempre facile individuare questo momento, o indicare l'avvenimento attraverso il quale giunse la chiamata: l'esempio di un sacerdote o di un amico? La scoperta di un vuoto che solo un totale servizio a Dio poteva riempire? Un desiderio di reagire a un disagio materiale, morale o spirituale in modo valido e completo? Ma quali che siano le circostanze, è stato Dio a chiamare. Che sia possibile o no, per un sacerdote, stabilire il giorno nel quale diede una svolta alla sua vita, cedendo all'influenza del Signore, quella che il profeta Geremia chiama "la seduzione del Signore", (Jr 20,7) egli deve essere consapevole che Dio lo ha chiamato.

In terzo luogo un sacerdote può dire che Dio lo ha consacrato nel giorno della sua Ordinazione, il giorno in cui diventa finalmente e per sempre un sacerdote di Gesù Cristo. E' il giorno in cui viene ufficialmente consacrato dalle mani del Vescovo. Noi sacerdoti dovremmo sempre tener presente quel giorno. Così Paolo esortava Timoteo: "Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te per l'imposizione delle mie mani" (2Tm 1,6). Dovremmo sempre ricordare la nostra Ordinazione, per rinnovare costantemente il fervore iniziale, e attingere forza dal suo ricordo per vivere una vita coerente con il suo profondo significato.

Perché l'odierna consacrazione è per voi, miei cari figli, il fugace segno esteriore di un marchio permanente impresso nella vostra personalità. E' il segno sacramentale di una grazia con la quale Cristo Sacerdote vi consacra per una missione speciale al servizio del suo Regno rendendovi sacerdoti di Gesù Cristo per sempre.


2. Che cosa siete chiamati a fare come sacerdoti? Un altro passo della liturgia odierna ci da la risposta: Voi siete la luce del mondo (Mt 5,14). E' sconcertante per noi, consapevoli come siamo della nostra pochezza e miseria, udire indirizzate a noi le chiare parole: "Voi siete la luce del mondo". Gli apostoli devono aver tremato nell'udirle come hanno fatto migliaia di altri dopo di allora.

Eppure il Signore le ha rivolte ad esseri umani, che Egli sapeva tali, con le loro limitazioni e miserie. Egli infatti sapeva anche che essi sarebbero stati luce, non con le loro proprie forze, ma come riflesso e comunicazione della sua luce, dal momento che aveva detto di sé: "Io sono la luce del mondo" (Jn 8,12 Jn 9,5 cfr. Jn 1,5 Jn 1,9 Jn 3,19 Jn 12,46).

Ciascun sacerdote si accorge che può illuminare chi è nelle tenebre solo nella misura in cui egli stesso ha accettato la luce del Maestro Gesù Cristo. Egli è tuttavia avvolto in ombre pericolose e incapace di illuminare altri, quando si allontana dall'unica sorgente della vera luce. Per questo miei cari figli, dovete sempre rimanere uniti a Cristo Sacerdote, ascoltando assiduamente la sua Parola, celebrando i suoi misteri nell'Eucaristia, e vivendo sempre in intima amicizia con Lui. Il popolo riconoscerà la vostra comunione con Lui dalla vostra capacità di essere vera luce per tutto un mondo troppo spesso nelle tenebre.


3. Come ultima analisi, non è abbastanza, per un sacerdote riflettere in maniera più o meno imperfetta la luce di Cristo; egli deve mettere in ombra se stesso e lasciare che Cristo risplenda direttamente. "Noi infatti non predichiamo noi stessi ma Cristo Gesù Signore"... E il Dio che disse: rifulga la luce dalle tenebre, rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo" (2Co 4,5 2Co 4,6).

Come sacerdoti, voi sarete ministri della luce che risplende dal volto di Cristo attraverso la fede. Per questo la vostra prima e più importante missione è di garantire quella predicazione dal cui ascolto promana la fede (cfr. Rm 10,17). Il Concilio Vaticano II definisce i sacerdoti come "educatori nella fede" (PO 6). Il vostro servizio fondamentale è di proclamare a ciascuno il Cristo Verità e le verità della fede; di nutrire questa fede costantemente, di rafforzarla quando è debole e di difenderla contro ogni minaccia.

Inutile dire che sarete migliori educatori nella fede nella misura in cui voi stessi avrete una fede profondamente radicata, matura, coraggiosa e contagiosa. Gli evangelisti descrivono gli anni che Gesù passo in compagnia dei dodici, come un processo destinato ad alimentare la loro fede: "Gesù... manifesto la sua gloria e i suoi discepoli credettero in Lui" (Jn 2,11 cfr. Jn 11,15). Voi, come i dodici, avete passato anni con Gesù prima di giungere a questo momento; dovete essere discepoli con una fede provata e matura, fermamente ancorata alle parole del Maestro, e pronta per il combattimento. Non cessate mai di unirvi all'umile e fervente preghiera degli apostoli: "Aumenta la nostra fede" (Lc 17,5) e possiate voi ascoltare come replica ciò che Cristo disse a Pietro: "Io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede" (Lc 22,32). Solo così sarete preparati a condurre molti altri alla fede.

Esiste uno speciale obbligo per ciascun sacerdote, e per il presbiterio stesso di promuovere le vocazioni al sacerdozio. A questo riguardo la preghiera è essenziale. Ma è anche essenziale che i giovani siano sostenuti dall'esempio di santità e di gioia che vedono nei loro sacerdoti. Per questa ragione Gesù Cristo, questa mattina ha effettivamente affidato ai giovani sacerdoti un importante ruolo, quello di influenzare con l'esempio il cuore dei giovani.


4. Vorrei ora dire alcune parole alle famiglie dei nuovi sacerdoti e a tutte le famiglie cristiane del Giappone.

Ricordo con grande emozione l'incontro che ebbe luogo qui a Nagasaki fra un missionario arrivato da poco e un gruppo di persone che, dopo essersi accertate che fosse un sacerdote cattolico gli dissero: "Vi abbiamo aspettato per secoli!".

Erano rimasti senza sacerdoti, né chiese, né pubbliche celebrazioni per oltre duecento anni, eppure, malgrado le avverse circostanze la fede cristiana non si era spenta. Era stata tramandata nelle famiglie di generazione in generazione.

Così la famiglia cristiana ha mostrato la sua immensa importanza per la vocazione ad essere cristiani.

La famiglia cristiana è anche estremamente vitale per le vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa. La maggior parte di esse, nascono e si sviluppano nelle famiglie profondamente cristiane. E' per questo che il Concilio Vaticano II ha chiamato la famiglia il "primo seminario" (cfr. OT 2). Sono certo anche che le numerose vocazioni nel "piccolo gregge" della comunità cattolica in Giappone sono nate e cresciute in famiglie animate da spirito di fede, carità e pietà.

Io, successore di Pietro, mentre ordino i nuovi sacerdoti per il vostro Paese, esorto anche ogni famiglia cristiana in Giappone ad essere realmente una "chiesa domestica", un luogo dove Dio è ringraziato e lodato, un luogo dove la sua Parola è ascoltata e la sua legge praticata, un luogo dove si viene educati alla fede, e dove la fede è nutrita e rafforzata, un luogo di carità fraterna e mutuo servizio, un luogo di apertura verso gli altri, specialmente i poveri e i bisognosi.

Siate aperti alle vocazioni che si sviluppano nel vostro seno. Pregate che come segno di speciale amore il Signore chiami uno o più dei vostri membri a servirlo. Vivete la vostra fede con la gioia e il fervore che incoraggia tali vocazioni. Siate generosi se vostro figlio o figlia, fratello o sorella, decidono di seguire Cristo su questa speciale via. Permettete che la loro vocazione cresca e si rafforzi. Date il vostro pieno appoggio ad una scelta liberamente fatta.

Continuiamo ora, noi che siamo radunati qui, la celebrazione Eucaristica del sacrificio di Gesù Sacerdote, con fede e devozione. Ricordando i sacerdoti giapponesi, i religiosi e i laici, che diedero in questo luogo, la suprema testimonianza della loro vita, per amore di Gesù Cristo, preghiamo per le famiglie cristiane di questo Paese affinché possano vivere con intensità la loro vocazione cristiana. Chiediamo al Signore che dal loro seno escano molti sacerdoti come quelli che oggi iniziano la loro vita e il loro ministero sacerdotale, come pure molti religiosi, per la gloria di Gesù Cristo e per la salvezza del mondo. Amen.





GPII 1981 Insegnamenti - Hiroshima: incontro con la stampa