GPII 1980 Insegnamenti - Messaggio per la giornata mondiale della pace - Città del Vaticano (Roma)


3. Sul piano sociale, è difficile qualificare come veramente liberi gli uomini e le donne che non hanno la garanzia di un impiego onesto e rimunerativo o che, in tanti villaggi rurali, rimangono ancora sottoposti a spiacevoli servitù, ereditate talvolta da un passato di dipendenza o da una mentalità coloniale. Parimenti non v'è libertà sufficiente per quegli uomini e quelle donne che, in conseguenza di un incontrollato sviluppo industriale, urbano o burocratico, si sentono presi in un gigantesco ingranaggio, in un insieme di meccanismi non voluti o non padroneggiati, che non lasciano più lo spazio necessario per uno sviluppo sociale degno dell'uomo. La libertà è, del resto, ridotta più di quanto non appaia in una società che si lascia guidare dal dogma della crescita materiale indefinita, dalla corsa all'avere o dalla corsa agli armamenti. La crisi economica attuale, che raggiunge tutte le società, rischia di provocare, se non è messa a confronto con postulati d'un altro ordine, delle misure che restringeranno ulteriormente lo spazio di libertà, di cui la pace ha bisogno per sbocciare e fiorire.

A livello dello spirito, la libertà può ancora subire manipolazioni di vario genere. Ciò avviene quando i mezzi di comunicazione sociale abusano del loro potere senza preoccuparsi della rigorosa oggettività. Ciò avviene pure quando si ricorre a procedimenti psicologici senza riguardo alla dignità della persona. Per altro verso, la libertà resterà decisamente incompleta, o almeno di difficile esercizio, presso gli uomini, le donne ed i bambini, per i quali l'analfabetismo costituisce una specie di schiavitù quotidiana in una società che suppone la cultura.

Alle soglie dell'anno 1981, dichiarato dalle Nazioni Unite come anno della persona handicappata, è infine opportuno includere in questo quadro i nostri fratelli e sorelle che sono stati colpiti nella loro integrità fisica o spirituale. La nostra società è forse sufficientemente consapevole del suo dovere di fornir loro i mezzi che li abilitino a partecipare più liberamente alla vita in comune, ad aver accesso, in piena dignità, ad uno sviluppo umano corrispondente ai loro diritti di persone ed alle loro possibilità? Positivi sforzi già avviati e meritevoli realizzazioni 4. Ma, accanto a questi esempi tipici, in cui certi condizionamenti più o meno gravi si oppongono al giusto dispiegamento della libertà (condizionamenti che pur potrebbero essere cambiati), vi è anche un altro aspetto, positivo questa volta, nel quadro del mondo contemporaneo alla ricerca della pace nella libertà. E' l'immagine di una folla di uomini e di donne che credono in questo ideale, che si impegnano a mettere la libertà al servizio della pace, a rispettarla, a promuoverla, a rivendicarla e a difenderla, e che sono disposti agli sforzi ed anche ai sacrifici che questo impegno richiede. Io penso a tutti coloro, capi di Stato e di governo, uomini politici, funzionari internazionali e responsabili civili a tutti i livelli, che si sforzano di rendere accessibili a tutti le libertà solennemente proclamate. Il mio pensiero va anche a tutti quegli uomini e donne che sanno che la libertà è indivisibile e che, di conseguenza, non si stancano di individuare, in tutta oggettività, nelle situazioni cangianti, gli attentati alla libertà nell'ambito della vita personale, della famiglia, della cultura, dello sviluppo socio-economico e della vita politica. Penso poi agli uomini ed alle donne di ogni parte del mondo, innamorati di una solidarietà senza frontiere, per i quali è impossibile, in una civiltà divenuta mondiale, isolare le loro proprie libertà da quelle che i loro fratelli e sorelle in altri continenti si sforzano di conquistare o di salvaguardare. E penso specialmente ai giovani, i quali credono che non si diventa veramente liberi, se non sforzandosi di procurare agli altri la medesima libertà.

Il radicamento della libertà nell'uomo 5. La libertà nella sua essenza è interna all'uomo, connaturale alla persona umana, ed è segno distintivo della sua natura. La libertà della persona trova in effetti il proprio fondamento nella sua dignità trascendente: una dignità che ad essa è stata donata da Dio, suo creatore, e che la orienta verso Dio. L'uomo, in quanto creato ad immagine di Dio (cfr. Gn 1,27), è inseparabile dalla libertà, da quella libertà che nessuna forza o costrizione esterna potrà mai sottrarre e che costituisce un suo diritto fondamentale, sia come individuo che come membro della società. L'uomo è libero perché possiede la facoltà di autodeterminarsi in funzione del vero e del bene. Egli è libero perché possiede la facoltà di scegliere, "mosso e indotto da convinzioni personali, e non per un cieco impulso interno o per mera coazione esterna" (GS 17). Essere libero significa potere e volere scegliere, significa vivere secondo la propria coscienza.

Promuovere uomini liberi in una società libera 6. L'uomo deve, dunque, poter fare le sue scelte in funzione dei valori, ai quali concede la propria adesione; egli si mostrerà in ciò responsabile, ed è compito della società favorire questa libertà, tenendo conto del bene comune.

Il primo di tali valori ed il più fondamentale è sempre la sua relazione con Dio, espressa nelle convinzioni religiose. La libertà religiosa diventa in tal modo la base delle altre libertà. Alla vigilia della riunione di Madrid sulla sicurezza e la cooperazione in Europa, ho potuto ripetere ciò che non ho smesso di affermare fin dall'inizio del mio ministero: "La libertà di coscienza e di religione... è... un diritto primario e inalienabile della persona; ed anzi, nella misura in cui essa attinge la sfera più intima dello spirito, si può dire persino che essa sostiene la ragion d'essere, intimamente ancorata in ogni persona, delle altre libertà" ("La libertà religiosa e l'atto finale di Helsinki", 5; cfr. "L'Osservatore Romano", die 15 nov. 1980).

Le diverse istanze responsabili nella società devono rendere possibile l'esercizio della vera libertà in tutte le sue manifestazioni. Esse devono cercare di garantire ad ogni uomo e ad ogni donna la possibilità di realizzare pienamente il proprio potenziale umano. Esse devono riconoscere loro uno spazio autonomo, giuridicamente protetto, affinché ogni essere umano possa vivere, da solo o in comunità, secondo le esigenze della sua coscienza. Una tale libertà è, d'altronde, invocata dai più importanti documenti e patti internazionali, quali la dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e le convenzioni internazionali relative allo stesso argomento, come pure dalla maggior parte delle costituzioni politiche nazionali. E' solo questione di giustizia, perché lo Stato, in quanto portatore del mandato avuto dai cittadini, deve non solamente riconoscere le libertà fondamentali delle persone, ma anche proteggerle e promuoverle. Lo Stato esplicherà questa positiva funzione rispettando la norma del diritto e cercando il bene comune secondo le esigenze della legge morale. Analogamente, i gruppi intermedi, liberamente costituiti, contribuiranno a loro modo alla difesa ed alla promozione delle libertà. Questo nobile compito riguarda tutte le forze vive della società.


7. Ma la libertà non è solamente un diritto che si reclama per sé: è anche un dovere che si assume nei riguardi degli altri. Per servire veramente la causa della pace, la libertà di ogni essere umano e di ogni comunità umana deve rispettare le libertà e i diritti degli altri, individuali o collettivi. In questo rispetto essa trova il suo limite, ma anche la sua logica e la sua dignità, perché l'uomo è per sua natura un essere sociale.

In effetti, certe forme di "libertà" non meritano questo nome, e bisogna vigilare per difendere la libertà contro certe contraffazioni di tipo diverso. Ad esempio, la società dei consumi - questo eccesso di beni non necessari all'uomo - può costituire, in un certo senso, un abuso di libertà, quando la ricerca sempre più insaziabile dei beni non è sottoposta alla legge della giustizia e dell'amore sociale. Un tale esercizio del consumismo provoca di fatto una limitazione dell'altrui libertà, ed anche nella prospettiva della solidarietà internazionale lede intere società, che non possono disporre del minimo necessario per i propri bisogni essenziali. L'esistenza nel mondo di zone di povertà assoluta, l'esistenza della fame e della denutrizione non possono non porre un pressante interrogativo ai paesi che si sono sviluppati liberamente, senza tener conto di quelli che non possedevano neppure il minimo e forse, talvolta, a loro spese. Si potrebbe anche affermare che all'interno dei paesi ricchi, la ricerca incontrollata dei beni materiali e di ogni tipo di comodità offre solo in apparenza maggiore libertà a coloro che ne beneficiano, perché essa propone come valore umano fondamerltale il possesso delle cose, invece di considerare un certo benessere materiale come condizione e mezzo per un pieno sviluppo dei talenti dell'uomo, in collaborazione ed in armonia con i propri simili.

Allo stesso modo, una società costruita su una base puramente materialista nega all'uomo la libertà, quando sottomette le libertà individuali alle leggi economiche, quando reprime la creatività spirituale dell'uomo in nome di una falsa armonia ideologica, quando rifiuta agli uomini l'esercizio del diritto di associazione, quando riduce praticamente a nulla la possibilità di partecipare alla vita pubblica o in questo campo agisce in modo tale che l'individualismo e l'assenteismo, civico o sociale, finiscono col divenire un comportamento generale.

Infine, la vera libertà non è promossa nemmeno nella società permissiva, la quale confonde la libertà con la licenza di fare qualunque scelta e proclama, in nome della libertà, una specie di amoralismo generale. Pretendere che l'uomo sia libero di organizzare la sua esistenza senza riferimento ai valori morali e che la società non abbia il compito di garantire la protezione e la promozione dei valori etici, significa proporre una caricatura della libertà. Un tale atteggiamento comporta la distruzione della libertà e della pace. Vi sono molti esempi di tale concezione errata della libertà, come l'eliminazione della vita umana mediante l'aborto accettato o legalizzato.

Promuovere popoli liberi in un mondo libero) 8. Il rispetto della libertà dei popoli e delle nazioni è una parte integrante della pace. Le guerre non hanno cessato di scoppiare, e la distruzione ha colpito popoli e culture intere, perché non era stata rispettata la sovranità di un popolo o di una nazione. Tutti i continenti sono stati testimoni ed insieme vittime di guerre e di lotte fratricide, causate dal tentativo di una nazione di limitare l'autonomia di un'altra. Ci si può perfino domandare se la guerra non rischi di diventare - o di rimanere - un dato normale della nostra civiltà, con dei conflitti armati "limitati", che si trascinano per le lunghe, senza che l'opinione pubblica si allarmi, o con l'avvicendarsi di guerre civili. Le cause dirette o indirette sono molteplici e complesse: l'espansionismo territoriale, l'imperialismo ideologico, per il cui trionfo si ammucchiano armi di distruzione totale, lo sfruttamento economico da perpetrare, l'ossessione della sicurezza nazionale, le differenze etniche utilizzate dai mercanti di armi, e molti altri motivi ancora. Quale che ne sia la ragione, queste guerre contengono elementi d'ingiustizia, di disprezzo o di odio, e di violazione della libertà. Questo ho sottolineato, lo scorso anno, dinanzi all'assemblea generale delle Nazioni Unite: "Lo spirito di guerra, nel suo primitivo e fondamentale significato, spunta e matura laddove gli inalienabili diritti dell'uomo vengono violati. Questa è una nuova visuale, profondamente attuale, più profonda e più radicale, della causa della pace. E' una visuale che vede la genesi della guerra e, in certo senso, la sua sostanza nelle forme più complesse che derivano dall'ingiustizia, considerata sotto tutti gli aspetti, la quale prima attenta ai diritti dell'uomo, rompendo così l'organicità dell'ordine sociale, e si ripercuote in seguito su tutto il sistema dei rapporti internazionali" (Ioannis Pauli PP. II "Allocutio ad Nationum Unitarum legatos", 11, die 2 oct. 1979: "", II,2[1979] 530).


9. Senza la volontà di rispettare la libertà di ogni popolo, di ogni nazione o cultura, e senza un consenso globale a questo riguardo, sarà difficile creare le condizioni della pace. E' necessario, pertanto, avere il coraggio di ben considerarle. Ciò suppone da parte di ciascuna nazione e dei suoi governanti, un impegno cosciente e pubblico a rinunciare alle rivendicazioni ed ai disegni che siano pregiudizievoli per altre nazioni; in altre parole, ciò comporta il rifiuto di sottoscrivere qualunque dottrina di predominio nazionale o culturale. Occorre, altresi, la volontà di rispettare gli "itinerari" interni delle altre nazioni, riconoscere la loro personalità in seno alla famiglia umana, ed esser pronti quindi a rimettere in causa ed a correggere qualunque politica che, nel campo economico, sociale e culturale, costituisca di fatto un'ingerenza o uno sfruttamento. In questo contesto, vorrei particolarmente insistere perché la comunità delle nazioni s'impegni maggiormente nell'aiutare le nazioni giovani o ancora in via di sviluppo a raggiungere la piena capacità di disporre delle proprie ricchezze e l'autosufflcienza in materia alimentare e per i bisogni vitali essenziali. Io raccomando vivamente ai paesi ricchi di orientare la loro preoccupazione ed il loro aiuto, prima di tutto, ad eliminare attivamente l'estrema povertà.

La messa a punto di strumenti giuridici ha la sua importanza nel miglioramento dei rapporti tra le nazioni. Perché sia rispettata la libertà, occorre anche contribuire alla codificazione progressiva delle concrete conseguenze che derivano dalla dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. In tale rispetto dell'identità dei popoli, vorrei includere in particolare il diritto per ciascun popolo di vedere rispettate le proprie tradizioni religiose sia al suo interno che dalle altre nazioni, nonché il diritto di partecipare a libere relazioni in campo religioso, culturale, scientifico ed educativo.

In un clima di fiducia e di responsabilità 10. La migliore garanzia della libertà e della sua effettiva realizzazione poggia sulla responsabilità delle persone e dei popoli, sugli sforzi che ciascuno compie al proprio livello, nel suo ambiente immediato, sul piano nazionale ed internazionale. Perché la libertà non è un regalo: essa dev'essere incessantemente conquistata. Essa cammina di pari passo col senso della responsabilità, che grava su ciascuno. Non si possono rendere liberi gli uomini, senza renderli al tempo stesso più coscienti delle esigenze del bene comune e più responsabili.

Per tutto ciò, è necessario far sorgere e consolidare un clima di mutua fiducia, senza il quale la libertà non può dispiegarsi. E' evidente per tutti che ciò costituisce la condizione indispensabile della vera pace e la sua prima espressione. Ma, come la libertà e come la pace, questa fiducia non è un regalo: essa deve essere acquistata, essa deve essere meritata. Quando un individuo non assume la sua responsabilità per il bene comune, quando una nazione non si sente corresponsabile della sorte del mondo, la fiducia è compromessa. A maggior ragione ciò vale quando si strumentalizzano gli altri per i propri fini egoistici, o semplicemente se ci si abbandona a manovre dirette a far prevalere i propri interessi sugli interessi legittimi degli altri. Solo la fiducia, meritata mediante azioni concrete in favore del bene comune, renderà possibile, tra le persone e le nazioni, il rispetto della libertà che è un servizio della pace.

La libertà dei figli di Dio 11. Al momento di concludere, mi permetterete di rivolgermi in maniera speciale a coloro che sono a me uniti nella fede di Cristo. L'uomo non può essere autenticamente libero, né promuovere la vera libertà, se non riconosce e non vive la trascendenza del suo essere sul mondo e la sua relazione con Dio, perché la libertà è sempre quella dell'uomo creato ad immagine del suo Creatore. Il cristiano trova nel Vangelo l'appoggio e l'approfondimento di questa convinzione.

Cristo, redentore dell'uomo, rende liberi. L'apostolo Giovanni scrive: "Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero" (Jn 8,36). E l'apostolo Paolo aggiunge: "Dove c'è lo Spirito del Signore, c'è libertà" (2Co 3,17). Essere liberati dall'ingiustizia, dalla paura, dall'oppressione, dalla sofferenza non servirebbe a nulla, se si rimanesse schiavi nel profondo del cuore, cioè schiavi del peccato. Per essere veramente libero, l'uomo deve essere liberato da questa schiavitù e trasformato in una creatura nuova. La libertà radicale dell'uomo si colloca così su un piano più profondo: quello dell'apertura verso Dio mediante la conversione del cuore, perché è nel cuore dell'uomo che affondano le radici di ogni assoggettamento e di ogni violazione della libertà. Finalmente, per il cristiano la libertà non deriva dall'uomo stesso: essa si manifesta nell'obbedienza alla volontà di Dio e nella fedeltà al suo amore. E' allora che il discepolo di Cristo trova la forza di lottare per la libertà in questo mondo. Di fronte alle difflcoltà di un tale impegno, egli non si lascerà trascinare all'inerzia né allo scoraggiamento, perché ripone la sua speranza in Dio, il quale sostiene e fa fruttificare ciò che si compie secondo il suo Spirito.

La libertà è la misura della maturità di un uomo e di una nazione. Per questo, non posso terminare il presente messaggio senza rinnovare l'appello pressante, che vi ho rivolto all'inizio: come la pace, la libertà è uno sforzo da ripetere senza posa per donare all'uomo la sua piena umanità. Non aspettiamo la pace dall'equilibrio del terrore. Non accettiamo la violenza come via alla pace.

Cominciamo, piuttosto, col rispettare la vera libertà: la pace, che ne risulterà, sarà tale da soddisfare l'attesa del mondo, perché essa sarà fatta di giustizia e sarà fondata sull'incomparabile dignità dell'uomo libero.

Dal Vaticano, 8 dicembre 1980.

Data: 1980-12-08 Data estesa: Lunedi 8 Dicembre 1980.





A un gruppo di sacerdoti degli Stati Uniti d'America - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La parola di DIo sarà la vostra vita

Cari fratelli sacerdoti, 1. Sono felice di avere questa occasione per incontrarvi al termine del vostro corso di educazione teologica presso la Casa Santa Maria, quando state per ritornare a casa. Sappiamo che in questi momenti che passiamo insieme Gesù è in mezzo a noi, poiché ci riuniamo nel suo Santo Nome e nella fratellanza del sua sacerdozio.

Per grazia di Dio e con l'incoraggiamento dei vostri Vescovi e superiori religiosi, avete avuto la meravigliosa opportunità di una lunga riflessione sulla teologia e le Sacre Scritture. Sono inoltre sicuro che avete conosciuto anche gli altri vantaggi che il Concilio Vaticano II assegno a questi corsi: un rafforzamento della vita spirituale ed un positivo scambio di esperienze apostoliche (cfr. PO 19).


2. Ritornate ora alla vostra gente, a tutte quelle comunità nelle quali svolgete il vostro ministero pastorale. Ritornate per proclamare con maggior zelo e consapevolezza la Buona Novella della salvezza, rivelata da un Padre misericordioso, e che la Chiesa, fedele a Cristo, comunica generazione dopo generazione.

Proclamare il Vangelo è il vostro compito principale come collaboratori dei vostri Vescovi, e raggiunge la sua completezza nel Sacrificio Eucaristico (PO 4,13). E' la missione a cui siete stati chiamati; è la ragione per cui siete stati ordinati.


3. Perché il vostro ministero sacerdotale sia efficace, la vostra vita deve essere dedicata alla parola di Dio e a colui che è la Parola Incarnata del Padre, Gesù Cristo nostro Signore e Salvatore, il nostro Sommo Sacerdote.

La parola di Dio è il criterio di tutta la nostra predicazione. Il potere inerente la parola di Dio è ciò che offriamo al nostro popolo, ed è questo potere che unisce i fedeli e li cresce in santità e giustizia. La parola di Dio è una sfida per il suo popolo, e per il cuore di ognuno di noi, ma ci da forza, immensa forza; e quando accettata porta gioia e felicità. La parola di Dio che dobbiamo proclamare e sulla quale si fonda ogni comunità di fede, è il messaggio della Croce. Quando ci incontriamo giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, per celebrare questo mistero della fede, sforziamoci di presentare e spiegare i suoi vari aspetti che sono così vitali per la vita della Chiesa: la guarigione e il perdono, la sofferenza e la liberazione, la vittoria e l'eterna misericordia offerteci da cristo. Come San Paolo possiamo essere consapevoli di presentarci "in debolezza e con molto timore e trepidazione" e senza "discorsi persuasivi di sapienza", ma con la parola di Dio possediamo sempre la potenza dello Spirito. E con San Paolo dobbiamo essere sempre pronti a parlare al nostro popolo sinceramente, dicendo: "perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla sapienza di Dio" (1Co 2,4-5).


4. Possano i risultati del vostro corso a Roma essere sempre un rinnovato impegno nella Parola di Dio. Continuate, cari fratelli, a studiare la Parola di Dio, a meditarla e a viverla. Credete alla parola di Dio con tutto il vostro cuore.

Predicatela, assieme a tutta la Chiesa, in tutta la sua purezza ed integrità.

Infine, piegate la vostra vita alle sue esigenze e alle sue ispirazioni.

E che Maria, Sposa dello Spirito santo e Madre dei sacerdoti, sostenga ognuno di voi nel vostro ministero della parola e nella vostra consacrazione sacerdotale a Gesù Cristo, il Verbo Eterno, che "si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Jn 1,14).

[Traduzione dall'inglese]

Data: 1980-12-11Data estesa: Giovedi 11Dicembre 1980.


Ai delegati del Congresso Eucaristico Internazionale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il Congresso Eucaristico Internazionale, grande testimonianza resa all'Eucaristia

Cari fratelli e cari figli, 1. Eccoci qui, a sette mesi dal Congresso Eucaristico Internazionale di Lourdes.

Un Congresso che rivestirà un'importanza molto particolare, poiché segnerà il centesimo anniversario del primo Congresso Internazionale di Lille, e che si svolgerà nella città mariana così cara a tutti i pellegrini del mondo. Siete venuti da molti paesi per fare il punto sui preparativi e mettervi d'accordo sulle grandi linee della celebrazione. Il Papa, lo sapete, si interessa molto a questo Congresso e si augura che dia i frutti migliori. Vorrei esprimervi i miei più vivi incoraggiamenti per il vostro lavoro di concertazione a livello di sensibilizzazione del popolo cristiano e programmazione del Congresso.


2. In primo luogo, per quel che concerne la preparazione del popolo cristiano, avete capito che questa era un'occasione provvidenziale per far progredire il senso dell'Eucarestia nei sacerdoti, nei religiosi e nei fedeli, molto al di là della ristretta cerchia di coloro che potranno partecipare sul posto, alla radio o alla televisione. Insomma, si tratta di far meglio capire il posto centrale dell'Eucarestia nella Chiesa. E questo riguarda tutte le comunità cristiane. Non è forse l'Eucarestia che struttura la Chiesa? Il tema, "Gesù Cristo, pane spezzato per un mondo nuovo", può divenire una sinfonia dalle multiple risonanze derivanti dall'essenziale del mistero della fede - Cristo realmente presente ed offerto sotto forma di pane e vino - e che ne esprimono in modo adeguato tutte le conseguenze fondamentali.

In poche parole, vogliamo celebrare solennemente l'Alleanza di Dio con gli uomini - e il nostro mondo ha più che mai bisogno di questo Lieto Annunzio.

Questa Alleanza, siglata nel sacrificio e nella resurrezione di Cristo, è proposta in comunione a tutti gli uomini, tramite un pane sacro che li unisce realmente a Cristo, e tra di loro grazie a Lui, in un modo che va oltre tutto quello che sale dal cuore dell'uomo perché è l'espressione più alta dell'Amore. Non conviene tralasciare alcun aspetto della partecipazione eucaristica. Essa implica innanzi tutto il ringraziamento e l'adorazione, che dovranno avere un posto importante nel Congresso, nelle celebrazioni della messa, nelle processioni e nelle ore di raccoglimento davanti al Santissimo Sacramento. Essa comprende la conversione che la prepara e l'accompagna, come dice il messaggio affidato a Bernardin Soubirous.

Essa richiede un impegno deciso a vivere l'amore ricevuto da Dio secondo giustizia, pace e misericordia, condividendo le diverse espressioni del pane quotidiano con tutti i fratelli. così deve essere l'Eucarestia, nella sua dimensione verticale ed orizzontale. così si prepara il rinnovamento profondo degli individui e, tramite il nostro prossimo, il rinnovamento del mondo.

Mi congratulo ed incoraggio vivamente tutti coloro che hanno già messo all'opera nei loro paesi i mezzi per suscitare la preghiera, la riflessione e l'azione nell'ambito del mistero eucaristico. Penso ad esempio alle lettere di alcuni Pastori. Bisogna sviluppare queste iniziative, sul piano teologico, spirituale e pastorale, e vegliare alla loro autenticità in rapporto al Testamento di Cristo.


3. Ma oltre a questa pedagogia che interessa tutte le Chiese locali, vi siete riuniti a Roma in questo momento per affrontare l'organizzazione laboriosa del Congresso, discutere sul programma, sui problemi del suo svolgimento e della partecipazione. Delle scelte si impongono per raggiungere con sicurezza l'essenziale ed esprimere nel miglior modo i diversi aspetti di cui abbiamo parlato. E' compito vostro valutarli con saggezza, tenendo conto di diversi criteri: in primo luogo le esperienze e le tradizioni dei Congressi Eucaristici precedenti, con gli elementi che hanno causato delle difficoltà; il carattere festivo e le altre esigenze di un grande incontro popolare di fedeli provenienti da paesi ed ambienti diversi affinché tutti possano facilmente associarsi nella preghiera; la grazia particolare della città mariana di Lourdes, con le sue manifestazioni di devozione eucaristica e le sue iniziative personali di riconciliazione; l'attenzione riservata ai malati e alle sofferenze del mondo; ed ancora esigenze nuove che emergono per permettere ai diversi gruppi, ai giovani ad esempio, una riflessione approfondita, un'adeguata espressione di preghiera, una condivisione effettiva.

Il Congresso deve essere un momento di grande testimonianza resa all'Eucarestia, come una proclamazione della fede della Chiesa comprensibile per tutti, una manifestazione di carità evangelica e nello stesso tempo una fonte di speranza per tutti quelli che sono in cammino e che la misericordia di Dio chiama alla salvezza e all'unità in Gesù Cristo.

Non potendo oggi prolungare oltre la nostra conversazione, benedico di tutto cuore la vostra delegazione. Che il vostro lavoro nell'ascolto e nella carità reciproca prepari bene la via al Congresso! Che lo Spirito Santo vi illumini! Che la Vergine Immacolata, Nostra Signora di Lourdes, ci aiuti ad ascoltare suo Figlio, ci prepari a venerare, a ricevere e a condividere il Pane di vita che deve rigenerare il mondo! [Traduzione dal francese]

Data: 1980-12-11Data estesa: Giovedi 11Dicembre 1980.


Ai Vescovi del Vietnam in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'unità dei vescovi, garanzia dell'unità presbiteriale

Carissimi fratelli in Cristo, 1. Al Papa Paolo VI, che ha tanto sofferto per le vostre sofferenze e ha tanto sperato di poter accogliere i Vescovi del Vietnam, fu data soltanto la grande gioia di ricevere nel Collegio dei cardinali l'ex Arcivescovo di Hanoi: il veneratissimo Monsignor Joseph Trin Nhu Khue. Questo evento lasciava presagire che i Pastori delle diocesi vietnamite avrebbero potuto infine prendere la via di Roma ed incontrare il loro Fratello maggiore, l'umile Successore di Pietro. L'anno 1980 sarà una data importante negli annali delle vostre Chiese locali. Come non ricordare la visita dei vostri Confratelli, venuti principalmente dal nord del paese, nel giugno scorso? Il commovente saluto del Cardinale Joseph-Marie Trinh van Can durante l'udienza collettiva del 17 giugno, l'incontro pastorale che ebbi l'occasione di avere con loro sui principali problemi religiosi del vostro paese, così come la piacevole serata di dialogo e di riposo passata sotto il tetto della vostra Procura Romana, rimangono come vivi e cari ricordi nel mio cuore. E voi, che avevo avuto il grande piacere di incontrare in privato a metà ottobre, eccovi nuovamente riuniti per l'abbraccio di arrivederci. Spero infatti di ricevervi ancora! Fraternamente guidati dall'Arcivescovo di Hochiminville, sarete felici di portare con voi, ma anche per i vostri fratelli che sono già venuti, la testimonianza rinnovata del profondo affetto del Papa e i suoi reiterati incoraggiamenti a vivere nell'unità, nella speranza ed in un generoso servizio alla vostra patria.


2. La "grazia" di Roma non è una parola vana! Avete finalmente potuto incontrare, vedere e sentire colui che la Provvidenza ha misteriosamente fatto venire da lontano per assumere il temibile incarico di confermare i suoi Fratelli nella fede e nella carità. Lasciate che vi assicuri ancora una volta di essere vicino ai Vescovi del Vietnam, della mia missione particolare, del fatto che io stesso ho vissuto le sfide e le speranze di una Chiesa locale, anche se nel quadro di una Conferenza Episcopale che mi ha particolarmente aiutato, senza parlare poi della ricca esperienza collegiale del Concilio e dei Sinodi romani. Anche voi dovete restare con il Papa, qualunque cosa succeda! L'esperienza secolare della Chiesa ci fa dire che le iniziative di un Episcopato, lungi dall'essere estranee al problema dell'unità dei cattolici, trovano nel rispetto al Vescovo di Roma la garanzia e l'incoraggiamento di cui hanno bisogno.

La comunione "effettiva ed efficace" con il Successore di Pietro è la condizione "sine qua non" dell'unità fra di voi, unità di cui il popolo ha un bisogno vitale. L'esortazione di san Cipriano, Vescovo di Cartagine al III secolo, quando l'unità fra i Vescovi del suo paese era minacciata, è sempre attuale: "Dobbiamo mantenere questa unità, soprattutto noi vescovi che guidiamo la Chiesa, al fine di testimoniare che l'episcopato è uno ed indivisibile. Che nessuno imbrogli i fedeli o alteri la verità. L'episcopato è uno..." ( S. Cypriani De Unitate Ecclesiae, 6-8). Grazie a Dio, questa unità esiste fra voi, ma deve crescere ancora. In particolare, ripeto i miei voti ardenti perché uno degli strumenti privilegiati di questa unità di vedute e di azione apostolica - mi riferisco alla Conferenza Episcopale con le sue diverse strutture - si sviluppi concretamente ed armoniosamente. I primi passi della vostra Conferenza, come la prima lettera collegiale pubblicata dai trentasette Vescovi del Vietnam nel maggio scorso, sono stati per me fonte di grande conforto e di ringraziamento. Questa unione dei cuori e degli animi costituisce in se stessa un cammino di evangelizzazione. "Perché tutti siano una sola cosa. Come tu Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Jn 17,21). L'unità dei Vescovi è sempre stata e sarà sempre la chiave dell'unità del presbyterium, dei religiosi e delle religiose, così strettamente legati al ministero del Vangelo, e dei laici cristiani sempre più chiamati a prendere parte all'edificazione delle comunità di fede che cercano giudiziosamente di adattarsi ai nuovi bisogni.


3. Voglio confidarvi una mia altra speranza. Con l'aiuto del Signore, possiate vivere sempre più nella speranza: la speranza evangelica fondata sulla verità della nostra fede, sulla solidità della nostra concezione cristiana dell'esistenza umana. Certamente, meglio di chiunque altro, conoscete dall'interno il numero e il peso dei problemi che gravano sul vostro paese e sul vostro ministero pastorale.

Ma siete anche in grado di vedere il dinamismo spirituale che anima oggi i vostri fedeli, e che essi traggono dall'approfondimento del Mistero Pasquale del Signore Gesù. Abbandonandosi nelle mani di suo Padre, Cristo fece, per così dire, scoppiare dall'interno il destino che sembrava schiacciarlo. Trasformo la necessità in speranza. Oggi, il Cristo morto e risorto invita i Pastori e i fedeli vietnamiti a rileggere le Scritture e la lunga storia della Chiesa, che è il suo Corpo mistico, per rinascere alla speranza. Cristo sembra dire a tutti: per quanto la notte sia lunga, alla fine arriva sempre l'alba. C'è forse bisogno di aggiungere che questa speranza, che nasce dalla croce e dalla resurrezione del Signore Gesù, non ha niente a che vedere con una pia rassegnazione, un pietismo che contraddirebbe gli appelli evangelici al coraggio? Tale speranza fa guardare in modo nuovo agli uomini e agli avvenimenti, spinge a cercare soluzioni nuove, conduce a ricominciare gli stessi tentavi migliorandoli. Vedete, cari Fratelli, la pedagogia di Cristo. Non è forse una vera pastorale della speranza? Misurate la vostra responsabilità. La speranza, infatti, è contagiosa.


4. Infine, il mio terzo desiderio è il seguente: mostrate sempre più quanto amate la vostra patria. Anche su questo piano così importante e delicato, il comportamento di Cristo è significativo. Senza temere di sbagliare, si può affermare che egli ha veramente e profondamente amato il suo paese. Ne ha condiviso con dignità e fedeltà le sofferenze e le speranze. Sapete anche come l'ultimo Concilio abbia evidenziato l'obbligo per tutti i cittadini di partecipare alla vita della nazione, alla realizzazione del bene comune (cfr. GS 75,5). Mi felicito con voi per aver saputo tradurre questo insegnamento del Vaticano II nella Lettera Collettiva dell'Episcopato Vietnamita, alla quale facevo allusione poco fa. Possano tutti i vostri fedeli capire che la loro partecipazione al progresso della comunità nazionale è un modo di annunciare il Vangelo! Possano essi, di rimando, essere riconosciuti come servitori leali e coraggiosi del loro paese! Non vorrei dimenticare di sottolineare che, nel loro sforzo di collaborazione alla ricostruzione e allo sviluppo del Vietnam, la carità delle Chiese particolari e l'aiuto delle Organizzazioni cattoliche, che si sono così spesso e così generosamente manifestati, sono loro sempre assicurati.


5. Ho condiviso con voi alcune profonde convinzioni. Voi le condividerete con i vostri Confratelli già venuti in visita "ad limina". Vi ho parlato pensando continuamente alla Croce di Cristo, senza la quale l'esistenza umana non ha né radici né avvenire, pensando alla Madre di Cristo, così venerata nelle vostre chiese e nelle case dei vostri fedeli, sperando che i Beati Martiri del Vietnam, e San Francois-Xavier e Santa Teresa del Bambin Gesù che voi amate pregare, vi assistano ancora in questo mistero della passione e della resurrezione delle comunità cattoliche vietnamite.

A voi, cari fratelli qui presenti, a tutti i Vescovi del Vietnam e ai loro diocesani, accordo di buon cuore la mia Benedizione Apostolica.

[Traduzione dal francese]

Data: 1980-12-11Data estesa: Giovedi 11Dicembre 1980.



GPII 1980 Insegnamenti - Messaggio per la giornata mondiale della pace - Città del Vaticano (Roma)