GPII 1980 Insegnamenti - Alle delegazioni dei governi dell'Argentina e del Cile - Città del Vaticano (Roma)

Alle delegazioni dei governi dell'Argentina e del Cile - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Seguire sempre le vie della comprensione e della pace

Eccellentissimi Signori Ministri, Signore e Signori, 1. Sento che una profonda emozione riempie il mio cuore in questi momenti, in cui grazie all'amabile risposta al mio invito, ho l'opportunità di ricevervi, Signori Ministri delle Relazioni Estere della Repubblica di Argentina e della Repubblica del Cile, insieme alle delegazioni che vostri due governi hanno accreditato per i lavori della mia mediazione nella controversia sulla zona australe.

Sono sicuro di non sbagliarmi, pensando che i vostri due popoli e le vostre più alte autorità vivono, come anche voi vivete, una emozione analoga al presentire che questo giorno potrebbe essere - nei disegni di Dio, ricco di misericordia, l'inizio della tappa finale di un lavoro arduo e difficile, indirizzato a fissare, in maniera salda e definitiva, la pace tra i vostri due Paesi, così cari al Papa, così cattolici.


2. E' vero che, dal momento in cui i vostri popoli hanno avuto l'indipendenza nel contesto internazionale, non sono mancate le divergenze tra di essi. E' vero che non sempre si è verificato, nei rapporti vicendevoli, una completa e luminosa "tranquilitas ordinis", espressione concisa, coniata da Sant'Agostino per definire in maniera insuperabile la pace.

Comunque è anche vero - e l'ho sottolineato nel settembre dell'anno scorso davanti a queste rappresentazioni governative - che "è bello e consolante constatare che non c'è mai stato un conflitto bellico tra i due Paesi". Si tratta di un fatto singolare, forse l'unico nella storia dei rapporti tra Nazioni limitrofe. Potrei addirittura dire che vedo in questo fatto una speciale assistenza della Provvidenza di Dio misericordioso.

Di fronte a questo fatto, penso che nessuno potrà trovare infondata o carente di logica questa considerazione: se Dio ha curato per tanto tempo e con tanto affetto lo sviluppo dei rapporti tra le vostre due Nazioni, come potevamo noi esimerci dal fare tutto il possibile per non perdere questo dono inestimabile della pace, privilegio della vostra storia comune? In più di una occasione - e concretamente nel messaggio per la "Giornata della Pace" del 1979 - ho insistito nel bisogno di "educare alla pace", manifestando che tale obiettivo si raggiunge anche, a mio avviso, mediante la realizzazione di un gesto di pace, giacché "la pratica della pace porta alla pace". In quei giorni, - compresi tra la fine del 1978 e l'inizio del 1979 - così difficili e tesi per voi e per tutti i vostri concittadini e anche così preoccupanti per il mio cuore di Pastore Comune - Dio, Padre di tutti, mi spinse ad osare quel gesto di pace non facile e audace, rischioso, impegnativo ed anche speranzoso.

Un gesto simile è quello che mi permetto di chiedere ora a due Nazioni, che mai si sono affrontate in una guerra, di fronte a un mondo che, sfortunatamente, non riesce ancora a conoscere la pace e respira tanti timori e presagi di nuove violenze. E' il gesto che chiedo ai vostri popoli e, soprattutto, ai più alti responsabili di entrambi Paesi: per questi ultimi, difensori come sono dei legittimi interessi nazionali, desidero la splendida ricompensa che la Storia si ricordi di loro anche per il coraggio che hanno avuto di scommettere per la pace in un momento difficile e per aver così dato al mondo, - in particolare a coloro che reggono i destini delle Nazioni - l'esempio della ragionevolezza e del buon senso come criteri di governo; criteri che non escludono l'adozione di decisioni meno gradevoli in favore di una pace vera, completa, aperta al progresso e alla realizzazione piena di una convivenza concorde alle esigenze della fratellanza umana.

Perché mi sembra fuori dubbio che questo gesto audace di scommettere per la pace, sebbene potesse comportare tal genere di decisioni, oltre ad evitare pericolosi inasprimenti, mostrerà ad altri la via da seguire quando si presentano difficoltà o tensioni nei rapporti internazionali e darà anche frutti molto positivi nei vostri due Paesi. "Diligentibus Deum omnia cooperantur in bonum", afferma San Paolo; (Rm 8,28) per coloro che amano Dio, "ogni cosa" coopera al bene; e scommettere per la pace è una maniera di amare Dio.

Per questo, non esito nell'affermare che, con l'aiuto dell'Onnipotente, sarà possibile trarre un bene da questo conflitto che tanta angoscia ha causato durante gli ultimi anni. Realizzando ora gesti di pace, sarà infatti possibile raggiungere e conservare in seguito una pace più salda e più completa di quella avuta in epoche precedenti; una pace che rappresenti una vera "tranquillitas ordinis", nei più vari e ampi settori della vita dei vostri Paesi; una pace che vi porti a rendere più stretti e più forti i numerosi vincoli che vi uniscono, a vostro beneficio; ancor di più, una pace che possa avere ripercussioni benefiche fuori dai vostri confini nazionali e addirittura fuori dal vostro stesso continente.


3. Dopo aver invocato un'illuminazione dal Signore, accettai la richiesta di mediazione, considerando anche che la soluzione del vostro disaccordo potrebbe - dovrebbe - facilitare oltre che un ordinato progresso per ciascuno di voi, anche l'intensificazione e lo sviluppo della cooperazione e della integrazione tra le due Nazioni sorelle, in tante aree possibili di attività, a condizione che non manchi una conveniente visione del futuro.

Avendo, come le vostre nazioni hanno, una indiscutibile identità di base per la lingua, la fede e per i sentimenti religiosi, non sembra al Mediatore fuori posto il contemplare la possibilità di estendere quella comunità sostanziale - così antica come esse - ad altri terreni (economici, industriali, commerciali, turistici, culturali...): sono molto numerose le circostanze che lo fanno desiderabile e raccomandabile.


4. D'altra parte, questa prospettiva che potrebbe sembrare ambiziosa, non cessa di essere ragionevole e realizzabile. Basta tenere conto che i popoli argentino e cileno si stimano e amano profondamente e sinceramente; allo stesso modo è manifesto il loro desiderio di convivere in un ambiente sereno di pace sicura e feconda.

Di fronte a questa realtà, che nessun osservatore imparziale può smentire, è lecito formulare voti affinché cileni e argentini vedano realizzato un desiderio così umano come quello di una soluzione completa e definitiva sulla vertenza della zona australe, sigillata con un accordo solenne di amicizia perenne, assunto davanti alla comunità internazionale. Questo trattato implicherebbe l'impegno di risolvere qualsiasi possibile litigio futuro con mezzi pacifici, escludendo - da ambo le parti - il ricorso alla forza o alla minaccia dell'uso della forza; ricorso di per sé dannoso perché vizia e blocca sostanzialmente qualsiasi soluzione si voglia ottenere per mezzo di esso.


5. Se la questione della zona australe potesse servire affinché i desideri profondi di due popoli si consolidassero in tali impegni, sembra al Mediatore che niente di meglio si potrebbe auspicare per quella zona che farla diventare un simbolo e modello inconfutabile della nuova realtà; il che si potrebbe ottenere, secondo la mia opinione, dichiarandola "zona di pace"; zona in cui Argentina e Cile procureranno d'ora in avanti di confermare la loro decisione di convivenza fraterna, scartando ogni tipo di misure e atteggiamenti che possano sembrare poco adeguate per lo sviluppo dei loro rapporti d'amicizia.


6. Descritta così la controversia in un quadro tanto ampio quanto interessante, mi sembra evidente che le difficoltà, che innegabilmente esistono per la sua soluzione, quando vengono illuminate per gli ulteriori benefici, perdono la loro carica negativa. Allo stesso tempo, si rende, dunque, più necessario arrivare ad un accordo definitivo.

Alla fin fine, penso che bisogna piuttosto valorizzare questa controversia alla luce dell'insieme di possibilità di cooperazione a cui mi sono riferito prima e a quelle che voi potreste scoprire. Sarebbe così un tema di ancor meno rilevanza, se inquadrato in un progetto di dimensioni ambiziosamente totalizzanti, che guarda al futuro. Per questo, sarebbe poco ragionevole dare troppa importanza e valore agli ostacoli che potrebbero compromettere un così grande bene.

In questo contesto, ritengo che le possibili limitatezze delle naturali, comprensibili e rispettabili aspirazioni, riferite a quella zona geografica, difficilmente potranno raggiungere una entità tale che da giustificare validamente la non accettazione dei suggerimenti e consigli indirizzati alla soluzione della controversia e il conseguente fallimento di questa integrazione, che da tempo è oggetto di negoziati e di ben logici desideri.

In altre parole, se la soluzione di questo problema è destinata ad aprire la via ad uno splendido sviluppo in beneficio delle due Nazioni, vale la pena certamente consacrare a questa soluzione la migliore buona volontà, poiché sicuramente le sue vantaggiose conseguenze farebbero dimenticare tutto il resto.


7. Più d'una volta ho detto - ricordando alcune parole del primo accordo di Montevideo - che la soluzione deve essere allo stesso tempo giusta, equa e onorevole. Infatti, tali sono le caratteristiche che deve avere un accordo che voglia essere anche vero e definitivo. Bisogna cercare una soluzione che si collochi in un piano superiore, sforzandoci tutti di scoprire i disegni divini, oggi, riguardo alle relazioni generali tra vostri paesi.

Per tentare di ottenere questo risultato, credo che sia necessario arricchire la giustizia positiva per mezzo della equità in maniera che si possa esprimere il giusto naturale per il momento presente; giusto naturale che non poche volte gli uomini non riescono a riflettere in modo perfetto nelle norme concrete.

Posso assicurarvi che al redigere questa proposta che ora, nella mia qualità di Mediatore, vi consegnero, ho voluto ispirarmi - non avrei potuto fare altrimenti - a criteri di giustizia, che non può essere lesa, quando si ha il desiderio non creare motivi di nuovi litigi. Ho tentato, ugualmente di aggiungere considerazioni di equità, la cui concretizzazione risulta - è vero - meno facile, ma che neppure devono essere dimenticate quando si cerca una soluzione onorevole.

In definitiva, ho voluto suggerire, in questa vertenza, quello che gli antichi giuristi romani indicavano con l'espressione "ex bono et aequo". Esso comporta che l'intelligenza e il giudizio umani, considerando una serie di circostanze di varia indole, non trascurino o ignorino l'appoggio e la luce della sapienza divina.

Credo di poter affermare che l'insieme delle proposte segue anche uno schema logico ed evita espressioni che potrebbero sembrare meno gradevoli ad ambedue le parti. Non ho neppure dimenticato gli accordi dei negoziati bilaterali dell'anno 197 8.

Se la soluzione che vi propongo è - come credo - giusta ed equa, difficilmente non sarà onorevole per ambedue le parti. Ed è questa la qualità sicuramente attesa dalle vostre nazioni e da tutti noi.


8. Effettivamente, è chiaro che i vostri due popoli desiderano la pace. Lo hanno dimostrato e ribadito apertamente in occasione dei recenti Congressi nazionali, Eucaristico e Mariano, celebrati in Cile e in Argentina con grande partecipazione dei fedeli. Nelle loro preghiere, questi cattolici, guidati dalle loro rispettive gerarchie ecclesiastiche, hanno riservato una intenzione molto speciale per il successo dei questa Mediazione. Sono certo che non cesseranno di pregare soprattutto ora che entriamo - così mi auguro - nella fase conclusiva dei nostri lavori. Sono convinto che l'opinione pubblica dei vostri paesi - così interessata a questo problema - non smetterà di aiutare e sostenere coloro ai quali corrisponde, secondo le loro elevate funzioni, prendere decisioni adeguate nel corso delle prossime settimane.

Da parte mia, considero un obbligo dare testimonianza della diligenza e della fermezza con cui le Autorità di entrambe le nazioni, e tutti coloro che qui le hanno rappresentate, hanno esposto e difeso quello che consideravano patrimonio delle loro rispettive patrie, con documentazione abbondantissima ed argomenti molto vari, illustrati in centinaia di conversazioni. Credo che nessuno, - né ora, né in futuro - dovrebbe sentirsi autorizzato a rimproverare loro indolenza o inettitudine nella difesa dei legittimi interessi nazionali, sebbene l'accedere ora ai miei suggerimenti e consigli possa comportare una modifica delle posizioni da essi mantenute. Rimanga sempre tranquilla la vostra coscienza per aver compiuto diligentemente il vostro dovere.


9. All'inizio del mio discorso vi ho condiviso la mia emozione per questo incontro. Ora non posso finire senza comunicarvi che i miei sentimenti - o meglio presentimenti - si convertono in fondate speranze al constatare, non senza vedere in questo un segno della Provvidenza, che la nostra riunione di oggi si svolge sotto lo sguardo amorevole e incoraggiante della Vergine Maria, nostra Signora di Guadalupe. Infatti oggi è la sua festa e con essa comincia l'anno giubilare delle celebri apparizioni del dicembre del 153 1.

Come non potrebbe offrirci il suo sostegno e la sua protezione Colei alla quale i vostri popoli hanno dato il titolo di Imperatrice delle Americhe? Come non potrebbe Maria Santissima ascoltare le preghiere dei loro figli argentini e cileni, che con tanto affetto e fiducia la invocano sia a Lujan che a Maipù? Con affetto di figli e con un cuore colmo di speranza, chiediamole che ci procuri la pace. Ella, che a Betlemme senti il canto di pace degli angeli ci conceda che sin d'ora - e non soltanto durante le prossime festività di natale - risuoni quel meraviglioso inno come anelito, come consegna, come impegno, come saldo proposito, come testimonianza di una nuova realtà nelle vostre nazioni che si pregiano di essere "terra mariana". Chiediamole che questo canto si faccia preghiera: "Maria, Madre nostra, Regina della Pace, fa che i nostri spiriti abbondino di desideri di pace e che questi si convertano in opere di pace, affinché tutti noi possiamo essere raggiunti dalla beatitudine promessa dal tuo Figlio, Principe della Pace!".


10. Con questi sentimenti, con questa speranza e anche - perché non confessarlo? - con un certo tremore, che probabilmente anche voi sentite, vi consegno, Signori Ministri, in forma riservata, il testo della mia proposta, dei miei suggerimenti, dei miei consigli. Sono sicuro che i vostri Governi lo studieranno con serenità.

Mi piacerebbe che durante le feste natalizie, in cui i cristiani siamo pervasi dalla gioia della celebrazione liturgica del mistero di "Dio con noi", possa maturare il frutto delle vostre risposte. A nessuno sorprenderà la mia speranza che queste risposte siano tali che possano aprire un buon cammino per la felice conclusione di questa lunga controversia, che in alcuni momenti è divenuta anche angosciante.

Per conto mio, sono disposto a continuare nel mio ruolo di Mediatore fino alla stipulazione di un accordo finale. Il Signore mi conceda anche di poter sancire la sua esecuzione.

A voi, alle vostre nazioni e a tutti i vostri connazionali, ai vostri governanti, i miei più fervidi auguri di pace, di pace vera, completa e definitiva; di pace che raggiunga e ricolmi di gioia i cari figli dei vostri paesi e si converta anche in frutti maturi di rispetto mutuo, di convivenza fraterna e benessere cristiano nella vita quotidiana delle vostre Nazioni! Con la mia cordiale benedizione apostolica! [Traduzione dallo spagnolo]

Data: 1980-12-12Data estesa: Venerdi 12Dicembre 1980.


Sala del Trono - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'incontro con la squadra di calcio del "Pisa Sporting Club"

Carissimi dirigenti e giocatori dello "Sporting Club" di Pisa! 1. Vi sono vivamente grato per la vostra visita e con grande gioia vi porgo il mio più cordiale saluto. Voi portate qui, nella casa del Papa, la vostra giovinezza, la vostra vitalità, i vostri ideali agonistici e sportivi, ed io apro le mie braccia per accogliervi con affetto e per assicurarvi che la Chiesa e il Papa vi amano e vi seguono con premura e trepidazione, come si interessano di ogni ceto di persone, per indicare a tutti le vie della vera felicità e della salvezza.

La vostra presenza mi fa andare con il pensiero alla vostra celebre città, nota nel mondo intero, dolcemente adagiata sulle foci dell'Arno, famosa per le vicende storiche, per i riferimenti letterari, per le espressioni dell'arte e della scienza; ma soprattutto, come sportivi, questa vostra cortese presenza mi induce a riflettere qualche istante sull'importanza e la bellezza dello sport.


2. Ogni tipo di sport porta con sé un ricco patrimonio di valori, che devono essere sempre tenuti presenti, per essere realizzati: l'addestramento alla riflessione, il giusto impiego delle proprie energie, l'educazione della volontà, il controllo della sensibilità, la preparazione metodica, la perseveranza, la resistenza, la sopportazione della fatica e dei disagi, il dominio delle proprie facoltà, il senso della lealtà, l'accettazione delle regole, lo spirito di rinunzia e di solidarietà, la fedelta agli impegni, la generosità verso i vinti, la serenità nella sconfitta, la pazienza con tutti...: sono un complesso di realtà morali che esigono una vera ascetica e contribuiscono validamente a formare l'uomo e il cristiano.

Vi esorto pertanto a vivere secondo le esigenze di questi valori il vostro impegno e il vostro ideale agonistico, per essere sempre nella vita persone rette, oneste, equilibrate, che danno fiducia e speranza.


3. Il periodo liturgico poi dell'Awento e la solennità del Santo Natale mi offrono la gradita opportunità di augurarvi di cuore l'intima gioia che proviene da questa sempre dolce e commovente commemorazione. E' la gioia che nasce dalla certezza portata da Gesù con la sua nascita a Betlemme. Il Natale ci dice che siamo inseriti in un disegno di Provvidenza, intelligente e amorevole, che richiede la nostra fede e il nostro amore e che attraverso le tribolazioni della vita ci fa sentire la nostalgia dell'Eterno, per cui siamo stati creati! Questa è la gioia che auguro a voi tutti e ai vostri cari per il prossimo Natale, mentre vi imparto di cuore la propiziatrice Benedizione Apostolica, che sempre vi accompagni.

Data: 1980-12-13 Data estesa: Sabato 13 Dicembre 1980.


Alla Federazione Internazionale delle Associazioni contro la Lebbra (ILEP) - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Solidarietà umana e ricerca scientifica per vincere sofferenza e isolamento

Cari amici, 1. Sono molto contento di avere questo incontro con voi, delegati della Federazione Internazionale ILEP. Tramite vostro, saluto tutte quelle persone che, con generosa sensibilità, si sono impegnate in una nobile causa alla quale dedicano quotidianamente le loro energie. La vostra Federazione delle Associazioni contro la lebbra, che include le associazioni di ventiquattro paesi industrializzati e che lavora in stretta collaborazione con ottanta paesi dove la lebbra è endemica, svolge il lodevole compito di affrontare questo male in modo uniforme; grazie ad un attento coordinamento di sforzi ed iniziative, evita sprechi e ritardi.

In questa occasione sono felice di dirvi quanto apprezzi i nobili scopi che animano il vostro lavoro. Sono ugualmente felice di incoraggiarvi a continuare il vostro lavoro come lo avete iniziato. Io stesso ho avuto esperienza del lavoro svolto per combattere questo male: ho potuto visitare dei lebbrosari durante i miei viaggi in Africa e Brasile. Il progresso da raggiungere è ancora molto, se ci fidiamo delle statistiche che dicono che non più dell'80% delle persone colpite dalla lebbra ricevono un trattamento medico. Ci sono nel mondo milioni di malati lasciati a se stessi e che sono esposti alle conseguenze di una malattia che generalmente non presenta grandi resistenze ad una terapia adeguata. Questo è un dato di fatto che non può non colpire la coscienza di chiunque abbia sentimenti cristiani o anche solamente umanai.


2. Voi svolgete il vostro lavoro secondo la strategia mondiale che cerca di prendere in considerazione i bisogni di tutte le persone coinvolte, sia a livello sanitario che a livello economico e sociale. A questo scopo, in sintonia con i programmi stilati dalla Conferenza di Alma Ata dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, vi siete imposti il compito di contribuire a livello di "medicina di base" che conta sulla responsabile partecipazione dei paesi ai quali la vostra assistenza è diretta, nell'opera di prevenzione e cura.

Cercate anche di superare ogni forma di terapia che isoli il malato.

Sfruttando servizi mobili adeguati, è infatti possibile offrire ai pazienti il necessario trattamento, consentendo loro di rimanere in famiglia e di continuare a lavorare.

E' facile vedere i vantaggi di questa procedura: oltre a risparmiare ai malati la sempre traumatica esperienza dell'isolamento, aiuta a superare gli antichi pregiudizi e le ingiustificate paure che ancora prevalgono in alcuni settori della società. La superstizione che circonda la lebbra deve essere dissipata per rendere più efficaci le forme di lotta contro di essa che sono già provvidenzialmente usate nel mondo.


3. Le Associazioni appartenenti alla vostra Federazione, come le altre Organizzazioni operanti in questo campo, dirigono i loro sforzi anche alla sfera della ricerca scientifica. Le direzioni prese da questi studi sono diverse, ed alcune si stanno dimostrando particolarmente promettenti: penso agli studi sul bacillo di Hansen per determinarne la precisa composizione biochimica, per definirne le caratteristiche, per misurare l'efficacia di nuovi farmaci, e per produrre al più presto un nuovo vaccino anti-lebbra.

Il finanziamento di queste ricerche, così come la produzione dei farmaci già conosciuti, rapidi ed efficaci ma anche molto costosi, richiedono considerevoli risorse economiche. I fondi su cui potete contare non sono sufficienti. Per questo vi impegnate giustamente in uno sforzo sempre più ampio per sensibilizzare la società, con lo scopo di far conoscere a tutti la piaga individuale che colpisce così tanti fratelli e sorelle che, semplicemente perché malati, si ritrovano condannati ad un'esistenza segregata e brutalizzata.

Sono felice di incoraggiarvi in questa campagna umanitaria. E non posso non esprimere la speranza che alla generosità di molti privati cittadini corrispondano sempre più gli sforzi delle Organizzazioni Internazionali e dei Governi, in modo da ottenere una piena e duratura vittoria in questa battaglia che di certo non è disperata.


4. Questa speranza, che non può non ricevere il sostegno di ogni persona di buona volontà, certamente trova eco nei cuori di quelli che riconoscono in Cristo il Figlio di Dio, che attraverso l'amore si è fatto fratello di ogni essere umano.

Come possono i cristiani non sentire la sfida delle parole di Cristo: "Ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me" (Mt 25,45)? La Chiesa si sta preparando a rivivere, nel mistero del Natale, il meraviglioso evento dell'entrata nella storia umana del Verbo fatto carne. Fu un evento segnato dalla povertà e dal rifiuto, dall'ostilità di alcuni e dall'indifferenza di molti. Dalla mangiatoia in cui giaceva circondato da umili pastori - una categoria considerata "impura" dalla società del tempo - il Figlio dell'uomo chiede ad ognuno quanto stia facendo per combattere non solo il bacillo di Hansen, ma anche il bacillo di altre forme di lebbra che hanno origine e si sviluppano nel contagioso bacillo dell'egoismo.

Che la contemplazione di questo prodigio dell'amore di Dio serva a promuovere nel cuore dei fedeli un rinnovato impegno di solidarietà fraterna; che porti a voi tutti la consolazione di provare ancora una volta la verità di quel "detto" conservato per noi dall'Apostolo Paolo: "Vi è più gioia nel dare che nel ricevere" (Ac 20,35). Con questa buona intenzione invoco su di voi, sui vostri collaboratori e su tutti quelli che sostengono il vostro lavoro con il loro generoso contributo, l'abbondante benedizione di Dio Onnipotente.

[Traduzione dall'inglese]

Data: 1980-12-13 Data estesa: Sabato 13 Dicembre 1980.


Angelus Domini - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Preghiamo per le vocazioni, dono per la comunità cristiana

1. L'agricoltore, scrive san Giacomo, "aspetta pazientemente il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le piogge d'autunno e le piogge di primavera.

Siate pazienti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina" (Jc 5,7).

Nel periodo d'avvento bisogna pregare molto per le vocazioni. Desidero quindi che l'odierna nostra preghiera dell'Angelus sia di ricordo per questo importante problema per tutta la Chiesa.

Che cosa è la vocazione? E' un'interiore chiamata della grazia, che cade nell'anima come un seme, per maturare in essa. Il Signore chiama tutti i cristiani alla santità, ad imitarlo, alla vita secondo il Vangelo. Tuttavia, per il bene comune della Chiesa, per il servizio del Popolo di Dio, per rendere testimonianza del suo regno, chiama alcune persone al sacerdozio ministeriale o ad una particolare consacrazione religiosa nello spirito dei consigli evangelici, cioè alla vita religiosa. Ogni siffatta vocazione è un dono particolare per colui che viene chiamato - ed anche per tutta la comunità della Chiesa.

Quando preghiamo per le vocazioni, chiediamo non soltanto quel seme che unicamente lo Spirito Santo può spargere nell'animo di un giovane; ma chiediamo anche tutto ciò che è indispensabile allo sviluppo di questo seme stesso.

L'agricoltore, di cui si parla nella liturgia odierna, non soltanto aspetta la pioggia per la sua terra, ma fa anche tutto ciò che è indispensabile per la coltivazione del grano seminato. Per l'opera delle vocazioni è necessaria la pazienza, ma anche un perseverante e conseguente lavoro interiore. Sono necessari i seminari ecclesiastici con un adeguato programma nell'ambito dell'educazione e dello studio. E' necessano un clima spirituale, che proviene da diverse fonti: dalla convinzione sull'importanza della vocazione, da un'adatta letteratura e da pubblicazioni opportune, dall'impegno delle famiglie e infine dall'influsso degli stessi pastori di anime, i quali con il tenore della loro vita e della loro condotta incarnano l'ideale da seguire.

Le vocazioni non possono nascere ove manca tutto ciò, ove a tutto ciò si pongono ostacoli, ove non si intraprendono onesti e fondamentali sforzi in questo senso per preparare la venuta del Signore nelle anime, che egli vuole chiamare al suo indiviso servizio.

Desidero anche proporvi una seconda intenzione per la nostra preghiera odierna, intenzione alla quale ho accennato tre domeniche fa. Mi riferisco all'opera di mediazione che - circa due anni fa - mi è stata chiesta dall'Argentina e dal Cile nella loro controversia sulla zona australe.

L'altro ieri ho ricevuto congiuntamente le delegazioni inviate dalle due nazioni, guidate dai rispettivi ministri degli affari esteri, che avevo invitato per l'occasione.

Desideravo consegnare loro personalmente la proposta - accompagnata da convenienti consigli e suggerimenti - che, dopo approfondita riflessione e dopo aver chiesto nella preghiera il necessario aiuto del Signore, ho ritenuto più idonea per avviare la complessa vertenza verso una soluzione giusta, equa, onorevole per i due paesi, e che sia anche completa e definitiva.

Questa proposta vuole essere un seme di pace e di concordia che viene gettato nel grande campo del mondo, già troppo agitato da tensioni e discordie che turbano i rapporti tra gli uomini e le nazioni.

Penso che voi tutti che mi ascoltate vorrete unirvi, insieme con me, alla preghiera dei vostri cari fratelli argentini e cileni, per i quali questo tempo di avvento diventa a maggior ragione tempo di speranza, nell'attesa che quel seme di pace maturi convenientemente durante le feste natalizie. Che la preghiera di tutti alla Regina della pace aiuti il compito delle autorità dei due paesi, alle quali spetta di esaminare la mia proposta, affinché le loro risposte possano aprire la strada agevole alla pronta e felice conclusione della controversia! Col loro gesto di pace, i due paesi daranno così un'esempio di compresione e di concordia che sarà accolto con apprezzamento anche dagli altri popoli.

[Omissis. Seguono i saluti a vari gruppi.]

Data: 1980-12-14 Data estesa: Domenica 14 Dicembre 1980.


Ad un gruppo di ottici italiani - Aula Paolo VI - Città del Vaticano (Roma)

Egregi Signori! Cari fratelli! Sono lieto di accogliere Voi, appartenenti alla Federazione Nazionale Ottici-Optometristi d'Italia, che unitamente ai Presidenti di molt altre Nazioni, aderenti alla "International Optometric and Optical League" e al "Groupement des Opticiens du Marché Commun Européen", avete voluto rendere omaggio al Vicario di Cristo.

Vi ringrazio per questa visita, la quale mi offre l'occasione di manifestarvi stima ed incoraggiamento per il pubblico servizio che rendete nell'importante settore, in cui operate. Esprimo, in particolare, la mia gratitudine al Signor Cardinale Giovanni Colombo, per avervi così gentilmente guidati a questo incontro.

1. Ho preso conoscenza con piacere del Convegno, che vi ha riuniti qui a Roma non solo per il conferimento di attestati di fedeltà al lavoro, ma anche e soprattutto per aggiornare e perfezionare le vostre conoscenze e le vostre tecniche, al fine di offrire prestazioni e strumenti ottici sempre più in grado di correggere difetti dell'apparato visivo e, possibilmente, di prevenirli.

Sono certo che la coscienza del bene inestimabile, che la vista rappresenta per l'uomo, vi è di stimolo per un'assistenza a coloro che richiedono la vostra opera sempre più qualificata e, al tempo stesso, vi è di incentivo per un rapporto umano che, al di là degli aspetti puramente commerciali, tiene ben conto del profondo rispetto dovuto ad ogni persona. Pensando a questo grande dono, che il Signore le ha fatto, dotandola di tale mirabile organo, davanti al quale impallidiscono anche i più perfetti e sofisticati apparecchi escogitati dalla scienza, voi vi renderete certamente conto della delicatezza della vostra professione e ne saprete valutare le conseguenze umane e sociali. L'occhio e la vista, infatti, sono beni così preziosi che il comune linguaggio popolare ne ha fatto quasi un termine di supremo paragone. La Sacra Scrittura, anzi, non esita a porlo come parametro per superiori considerazioni: "Lucerna del corpo è l'occhio; se dunque il tuo occhio è chiaro, tutto il tuo corpo sarà nella luce; ma se il tuo occhio è malato, tutto il tuo corpo sarà tenebroso" (Mt 6,22 cfr. Lc 11,34). Vi sono addirittura passi biblici, nei quali agli occhi è conferita una luce profetica: "Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Vi dico che molti profeti e re hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, ma non lo videro" (Lc 10,23).


2. Davanti ad un valore così eccellente, come quello della vista, voi avrete certamente cura di unire la serietà della vostra professione con una profonda dirittura morale che vi farà evitare tutto quanto possa pregiudicare in qualsiasi modo la serenità di coloro che ripongono in voi la loro fiducia. Non traditela mai, ma impegnatevi sempre generosamente in questa delicatissima forma di servizio, che è il vostro lavoro. E nel compierlo, ispiratevi sempre al divino Artigiano di Nazareth, che in questi giorni di Avvento la Chiesa si prepara a celebrare nel mistero della Natività.


3. Carissimi fratelli, nell'affidarvi questi pensieri e queste esortazioni, vi diro, in una parola, a modo di conclusione: portate sempre una tale sensibilità cristiana nella vostra attività; non scoraggiatevi nelle difficoltà che potrete incontrare e, soprattutto, imprimete nel vostro servizio un timbro fatto di nobiltà d'animo, che vi farà dare il primato alle persone sulle cose (cfr. Enciclica DM 11).

Mentre invoco dal Signore, per intercessione di Santa Lucia, vostra celeste Patrona, copiose grazie divine, volentieri imparto ora a voi e ai vostri cari e colleghi la propiziatrice Benedizione Apostolica, in segno della mia benevolenza.

Data: 1980-12-14 Data estesa: Domenica 14 Dicembre 1980.



GPII 1980 Insegnamenti - Alle delegazioni dei governi dell'Argentina e del Cile - Città del Vaticano (Roma)