GPII 1980 Insegnamenti - Telegrammi di cordoglio - Città del Vaticano (Roma)

Telegrammi di cordoglio - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Cordoglio per la morte del Cardinale Egidio Vagnozzi

La inattesa scomparsa del Cardinale Egidio Vagnozzi mi colma l'animo di profonda mestizia e mentre elevo a Dio la mia preghiera di suffragio per l'anima di quel fedele servitore della Sede Apostolica, esprimo le mie commosse condoglianze a lei e intero Sacro Collegio di cui il compianto Cardinale ha svolto le funzioni di Camerlengo.

Ioannes Paulus PP. II Vivamente partecipando al lutto di codesta Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede per la perdita inaspettata del compianto Cardinale Egidio Vagnozzi che ne fu benemerito Presidente, ricordo commosso la sua amabile figura di membro del Clero romano e l'azione generosa da lui svolta al servizio della Santa Sede in delicati incarichi di crescente responsabilità e particolarmente come Rappresentante Pontificio nelle Filippine e negli Stati Uniti d'America. Nel raccomandarlo per il premio eterno a Dio giusto e misericordioso, imparto a lei e a tutti i membri e collaboratori di codesto organismo la particolare confortatrice Benedizione Apostolica.

Ioannes Paulus PP. II Sono spiritualmente vicino al ]oro grande dolore per la improvvisa dipartita dell'altissimo congiunto Cardinale Egidio Vagnozzi, Presidente della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede, e nel ricordarne il costante impegno al servizio della Chiesa e del Papa in fedele risposta alla sua vocazione di prete romano, imparto di cuore la mia particolare Benedizione Apostolica esortando a pensieri di cristiana speranza e di abbandono ai misteriosi voleri di Dio.

Ioannes Paulus PP. II

Data: 1980-12-27 Data estesa: Sabato 27 Dicembre 1980.


Angelus Domini - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Il ruolo della famiglia al sevizio della vita

1. Quando, nel giorno di Natale, noi ci rechiamo in spirito a Betlemme, nel luogo, dove il Verbo si è fatto carne (cfr. Jn 1,14), abbiamo davanti agli occhi della nostra fede il mistero imperscrutabile di Dio incarnato per noi uomini e per la nostra salvezza. E nello stesso tempo, questo mistero riveste la forma, che ci è ben nota, della famiglia: della famiglia umana. Infatti, in quella notte, in cui Maria Vergine, sposa, dinanzi a Dio e agli uomini, di Giuseppe, carpentiere di Nazaret, per opera dello Spirito Santo ha messo al mondo Gesù, si è rivelata questa famiglia, che la Chiesa oggi doverosamente venera. Siamo nella domenica fra l'ottava di Natale, dedicata alla santa famiglia.

Mediante questa santa, santissima famiglia di Betlemme e di Nazaret, della quale è diventato figlio il Figlio stesso di Dio eterno, Cristo, la Chiesa pensa oggi ad ogni famiglia, si indirizza a ciascuna e prega per ciascuna. Ciò acquista un'attualità più particolare in quanto siamo nell'anno del Sinodo dei Vescovi, dedicato ai compiti della famiglia cristiana nel mondo contemporaneo.


2. Questa festa è insieme la giornata della famiglia, perché la "santa famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe" è modello di vita per ogni uomo, per ogni cristiano, per ogni comunità familiare. "Quanto più la famiglia diventa cristiana, tanto più diventa umana", hanno detto i padri sinodali ("Nuntius Patrum Sinody Episcoporum ad christianas familias", 12). Come la santa famiglia di Nazaret è stata il luogo privilegiato dell'amore, l'ambiente singolare, in cui regnava il vicendevole rispetto per le singole persone e per la loro vocazione, ed altresi la prima scuola, in cui è stato vissuto intensamente il messaggio cristiano, così la famiglia cristiana ed umana è, e deve essere, comunità di amore e di vita, che sono i suoi valori fondamentali.

Il recente Sinodo dei Vescovi ha contribuito a suscitare, fin dalla sua fase preparatoria, ma soprattutto nel suo svolgimento, una maggior presa di coscienza della grande importanza e missione, che la famiglia cristiana ha nella delicata situazione del mondo odierno. Il Sinodo ha rimeditato sul disegno, tracciato da Dio per la famiglia; alla luce del progetto di Dio, ha ribadito la grandezza e l'insostituibilità del ruolo della famiglia a servizio della vita, per plasmare uomini liberi e responsabili, come "chiesa domestica" aperta agli altri e come cellula primordiale, con i propri diritti e doveri verso la società.

Alla conclusione del Sinodo, i Vescovi radunati hanno inviato un "messaggio alle famiglie cristiane nel mondo contemporaneo" ed hanno formulato quarantatré proposizioni, che hanno deposto nelle mani del Papa, perché le faccia fruttificare per tutta la Chiesa. Tutta la ricchezza del recente Sinodo deve ora ritornare a beneficio delle famiglie e della società.

Mentre parecchie conferenze episcopali e molti singoli Vescovi, sacerdoti e laici impegnati rendono più intenso il loro lavoro e il loro dialogo con le famiglie, il Papa ha accolto ben volentieri il comune desiderio dei Vescovi e si accinge a preparare un documento.

In questo giorno, dedicato alla santa famiglia di Nazaret, invito tutti a riflettere, a vivere, a prendere coscienza di ciò che Dio, la Chiesa, la società, l'umanità tutta attendono dalla famiglia.

E per questo vi invito anche ad unirvi alla preghiera, che ho composto per il recente Sinodo dei Vescovi, e che recitero ora insieme con voi, per le vostre famiglie e per le famiglie di tutto il mondo: "Dio, dal quale proviene ogni paternità in cielo e in terra, Padre, che sei amore e vita, fa' che ogni famiglia umana sulla terra diventi, mediante il tuo Figlio, Gesù Cristo, "nato da donna", e mediante lo Spirito Santo, sorgente di divina carità, un vero santuario della vita e dell'amore per le generazioni che sempre si rinnovano. Fa' che la tua grazia guidi i pensieri e le opere dei coniugi verso il bene delle loro famiglie e di tutte le famiglie del mondo. Fa' che le giovani generazioni trovino nella famiglia un forte sostegno per la loro umanità e la loro crescita nella verità e nell'amore. Fa' che l'amore, rafforzato dalla grazia del sacramento del matrimonio, si dimostri più forte di ogni debolezza e di ogni crisi attraverso le quali, a volte, passano le nostre famiglie. Fa' infine, te lo chiediamo per intercessione della sacra famiglia di Nazaret, che la Chiesa in mezzo a tutte le nazioni della terra possa compiere fruttuosamente la sua missione nella famiglia e mediante la famiglia. Per Cristo nostro Signore, che è la via, la verità e la vita nei secoli dei secoli. Amen. Ad un gruppo di suore partecipanti ad un corso di aggiornamento Un particolare saluto desidero rivolgere alle trecento religiose partecipanti a Roma al corso di aggiornamento per educatrici, sul tema: "La famiglia e l'educatrice professionale", che sono presenti in piazza san Pietro e a tutti noi spiritualmente unite. Questo breve messaggio festivo del vicario di Cristo e la speciale benedizione che di cuore vi imparto, possano esprimervi, carissime suore, il mio vivo apprezzamento per il vostro impegno pedagogico e per la buona volontà che dimostrate e vi siano pure di incoraggiamento a dedicarvi con sempre maggior diligenza alla vostra opera a vantaggio della famiglia.

Specialmente oggi, nella società moderna così bisognosa di luce e di aiuto, portate con entusiasmo e convinzione il giusto insegnamento che nasce dalla esatta conoscenza della persona umana e del messaggio di Cristo e della Chiesa e offrite generosamente la vostra collaborazione, basata sulla comprensione e sulla carità.

Le grandi e fondamentali virtù che regnavano nella famiglia di Nazaret, vi ispirino sempre nella vostra opera di educatrici.

Data: 1980-12-28 Data estesa: Domenica 28 Dicembre 1980.


In occasione del 50° dell'unione della Chiesa malankarese con la Chiesa cattolica - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Lettera ai Vescovi malankaresi

Ai Vescovi della Chiesa cattolica malankarese.

In questa solenne occasione il mio cuore si rallegra nel Signore. E' infatti con profonda letizia che noi ricordiamo il 20 settembre 1930 come un giorno di grazia, in cui, alla presenza del Vescovo Luigi Maria Benziger, delegato speciale della sede apostolica mar Ivanios, mar Theophilos ed alcuni seguaci dichiararono la loro adesione alla fede cattolica: una fede che hanno cercato di alimentare nella preghiera e nello studio sotto la guida dello Spirito Santo, che è Spirito di unità e di amore, Spirito di pace e di gioia. Questo Spirito di Cristo da tempo riempiva misteriosamente i loro cuori, ridestando in essi una inclinazione e un interesse per l'unità. Effettivamente è stato lo Spirito Santo, operando profondamente negli uomini, nella loro vita spirituale, e trasformando poi dal di dentro la storia degli eventi terreni a spingere i due prelati siro-antiocheni verso l'unità che esprime la pienezza della carità e facilita una maggiore apertura all'effusione dei doni dello Spirito santificante, il quale tutto rinnova, tutto unisce tutto vivifica.

Betania è un nome ricco di significato per la storia della Chiesa siro-malankarese. Essa indica, per così dire, una intimità con Cristo nell'ascolto della sua parola e nella meditazione di essa; indica una fervorosa apertura alla grazia ed alla attesa con fede e speranza della manifestazione della volontà di Dio dopo un periodo di profonda maturazione spirituale. Giova sottolineare che l'avvenimento che ricordiamo è stato, sopra ogni altra cosa, il risultato di un sicuro ancorarsi in Dio mediante la contemplazione, in un eccezionale clima ascetico.

In questo dialogo orante con Dio, mar Ivanios e mar Theophilos hanno compreso che soltanto per mezzo di una profonda comunione col Signore avrebbero potuto conoscerne la volontà e trovare la forza per seguirla. Nello spirito dei grandi asceti dell'antica tradizione sira mediante lo studio dei grandi padri orientali, in particolare di san Basilio il Grande, e in una povertà arricchita soltanto da un immenso amore per Dio e la sua Chiesa essi si sono abbandonati volentieri alla azione trasformante dello Spirito fiduciosi che il Signore è fedele e non delude mai le speranze in lui riposte. Se il successivo dialogo con la Chiesa cattolica e soprattutto con alcuni Vescovi si svolse con facilità e serenità, fu perché esso era l'eco dell'orante conversazione col Signore.

L'evento che commemoriamo ha avuto così una caratteristica prettamente spirituale. Fu una decisione suggerita e sostenuta non da fattori di pensiero o di azione sociologici, ma da un'azione proveniente dallo Spirito, il quale diffonde la carità nei nostri cuori, affinché questa abbia nell'unità la manifestazione desiderata da Gesù. La sua invocazione nella grande preghiera sacerdotale fu quella dell'unità di tutti coloro che credono in lui: di quella unità che doveva essere una immagine dell'unità che c'è tra lui e il Padre, nell'amore dello Spirito Santo "perché il mondo creda" (Jn 17,21).

I vostri padri spirituali si misero in contatto di fede con lo Spirito di Gesù. Lo ascoltarono. Lo seguirono. La loro unità con Roma fu il frutto della propria comunione con lo Spirito di Cristo. Anche questo fu un compimento di ciò che non può mancare di essere nel centro della "imitazione di Cristo" e cioè: seguire lo Spirito come lo segui il Figlio primogenito. "Perché tutti coloro che sono guidati dallo Spirito di Dio sono figli di Dio" (Rm 8,14).

In questo momento di ricordi, con lo stesso affetto con cui Pio XI il 4 maggio 1932 saluto "il suo carissimo mar Ivanios" ("L'Osservatore Romano", diebus 6-7 maii 1932), ora saluto tutta la Chiesa malankarese, porzione benedetta della Chiesa in India, di quell'India che come lo stesso mar Ivanios ben comprese, offre tante ricchezze alla fede attraverso la sua cultura. Questa cultura, con le sue antiche tradizioni culturali, così sensibile al rispetto e all'accoglimento degli altri, ci aiuta a comprendere e a vivere in modo autentico l'ecumenismo fatto di preghiera, di studio e di lavoro per l'unità di tutti coloro che credono in Cristo ed hanno una sola fede, un solo battesimo e una sola speranza.

Mi ha fatto veramente piacere l'argomento scelto per le celebrazioni giubilari, essendo di per sé un programma per l'azione: "Che tutti siano perfetti nell'unità". Questo tema è in sintonia con le premure della Chiesa per l'unità.

Voi ben conoscete quanto dice il Concilio Vaticano II: "Il ristabilimento dell'unità tra tutti i cristiani è uno dei principali intenti del Concilio Vaticano II" (UR 1) e "tutti i cristiani orientali e occidentali, sono ardentemente pregati di innalzare ferventi, assidue, anzi quotidiane preghiere a Dio, affinché con l'aiuto della santissima Madre di Dio tutti diventino una cosa sola" ("Orientalium Ecclesiarium", 30). Parlando ancora più direttamente a voi delle chiese orientali, il Concilio ha solennemente detto: "Le chiese orientali, che sono in comunione con la sede apostolica, hanno un particolare dovere di incoraggiare l'unità di tutti i cristiani, specialmente quelli dell'oriente. I principi, a cui essi devono aderire sono stati promulgati da questo Concilio nel suo decreto sull'ecumenismo. E tutto questo essi fanno con la preghiera, l'esempio della loro vita, la scrupolosa fedeltà alle antiche tradizioni orientali, la mutua e più profonda conoscenza, la collaborazione e la fraterna stima delle cose e degli animi" (OE 24).

Guardando alla vostra Chiesa Malankarese, così aperta allo Spirito, e così fiorente di opere buone, non posso fare a meno di ringraziare tutti coloro che, seguendo le tracce di mar Ivanios e di mar Theophilos, si sono adoperati con tanto impegno perché questa Chiesa sia sempre più "santa ed immacolata", risplendente di quelle opere di santità apostolica, che la rendono specchio del vero volto di Cristo nel mondo. Conosco lo zelo e l'impegno dei pastori sia dalle relazioni quinquennali, sia dai miei personali incontri con loro durante la visita "ad limina" di quest'anno. Conosco la generosa opera dei sacerdoti, come pure l'apporto fervoroso dei religiosi e delle religiose (tanto care al cuore del loro fondatore mar Ivanios) con la loro vita di orazione e col loro apostolato; conosco la collaborazione offerta, a prezzo di sacrificio, da un laicato sempre più consapevole del mistero e dei problemi della Chiesa sia universale, sia locale.

A tutti rivolgo il mio saluto, le mie preghiere e la mia esortazione a vivere sempre più quella unità che ha la sua sorgente nello Spirito di Cristo e trae energia e forza da una vita di profonda preghiera contemplativa, che sprona ad un generoso impegno verso la meta da tutti auspicata: "Che tutti siano uno" (Jn 17,21).

In segno di particolare partecipazione a così felice ricorrenza e quasi per porre un suggello sulle solenni cerimonie da voi organizzate, ho deciso di inviare come mio rappresentante sua eminenza il Cardinale Wladyslaw Rubin, prefetto della sacra congregazione per le chiese orientali, per onorare le vostre celebrazioni ed incoraggiare i vostri sforzi volti a realizzare "la verità nella carità" ("veritatem facientes in caritate", Ep 4,15).

Invocando la benedizione di Dio su di voi, venerabili fratelli, e sulla vostra Chiesa così fervorosa, vi affido alla protezione della santissima Madre di Dio, la madre dell'unità e della carità. Ella vi stringa sempre più tra di voi in Dio, vi doni sempre più il senso della comunione con tutta la Chiesa e sia per voi causa di gioia e vincolo di pace. E ancora, usando la formula a voi nota, discenda la mia benedizione, copiosa e propizia, su tutta la vostra Chiesa radunata in Cristo, e rimanga la misericordia di Dio sempre con voi "mediante la preghiera della madre benedetta, Maria, Madre di Dio, e di tutta l'assemblea dei santi, i quali hanno amato il Signore e osservato i suoi comandamenti".

Dal Vaticano, 1° dicembre 1980.

Data: 1980-12-28 Data estesa: Domenica 28 Dicembre 1980.


Con i giovani partecipanti all'incontro promosso da Taizé - Basilica vaticana - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Conversione del cuore, santità di vita e preghiera sono l'anima di tutto l'ecumenismo

Cari giovani.

1. La visione che mi è data dal vostro impressionante raduno, in questo luogo storico e unico al mondo - e pensando al servizio ecclesiale del tutto particolare che il Signore mi ha misteriosamente affidato attraverso la voce del collegio dei Cardinali or son già due anni passati - mi spinge a prendere in prestito le parole del profeta Isaia per invitare tutto il Popolo di Dio - la nuova Gerusalemme - all'ammirazione, alla gioia: "Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te... cammineranno i popoli alla tua luce.

Alza gli occhi attorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te. I tuoi figli vengono da lontano. A quella vista sarai raggiante, palpiterà e si dilaterà il tuo cuore" (Is 60,1-6).

Storia antica? No, sempre attuale! Grazie a voi e grazie a tanti e tanti pellegrini che prendono la via di Roma per venerare le tombe degli apostoli e incontrare il successore di Pietro. Nell'impossibilità di contattare ognuno di voi - non siete 25.000? - esprimo a tutti le mie calorose felicitazioni. So che voi venite da lontano e anche da molto lontano, soprattutto dall'Europa, ma ugualmente dall'Asia e dall'Australia, dall'Africa e dalle due Americhe. Avete realizzato prodezze di organizzazione, di trasporto, di bilancio, di mutuo soccorso e preparazione spirituale. E accettate di vivere il vostro soggiorno romano in condizioni di grande semplicità e fatiche generate dai vostri numerosi spostamenti. Siete dei veri pellegrini. Scorrendo il programma delle vostre giornate, ho subito percepito che voi siete venuti prima di tutto per fare un'esperienza di fraternità e di preghiera in questa diocesi di Roma, che fu la sede di Pietro e dimora di tutti i successori... Vorrei ora meditare con voi e confermarvi nella vostra fede nella Chiesa, nei vostri legami con la Chiesa di Roma e il suo Vescovo, nei vostri progetti di partecipazione alla costruzione del mondo, là dove vivete e secondo i criteri del Vangelo.


2. Avete anche condiviso, nella preghiera e negli scambi, la medesima aspirazione alla riconciliazione, alla pace, direi la vostra impazienza dell'unità. E di fatto, è un modo di preparare, al vostro livello, le vie dell'unità, di viverne un po' il mistero.

Perché l'unità ecclesiale, cari amici, è un mistero profondo, che trascende le nostre concezioni, i nostri sforzi, i nostri desideri. I Padri del Concilio Vaticano II hanno lungamente meditato su questo mistero della Chiesa, del Popolo di Dio, come ne testimoniano la costituzione "Lumen Gentium" e altri testi.

"Questa unità, Cristo l'ha accordata alla sua Chiesa dall'inizio" (UR 4, § 3). E nello stesso tempo essa deve essere ricercata, ricostruita da tutti i cristiani.

In certo senso, i cristiani non preesistono alla Chiesa, e essi non sussistono, come tali, indipendentemente dalla Chiesa. Diciamo piuttosto: gli uomini si aggregano per diventare cristiani, si aggregano alla Chiesa che è nata come un popolo unico dal disegno di Dio Padre, dal sacrificio di Cristo, dal dono dello Spirito Santo. "L'insieme di coloro che guardano con la fede verso Gesù, autore della salvezza, principio di unità e di pace, Dio li ha chiamati, ne ha fatto la Chiesa, affinché essa sia, agli occhi di tutti e di ciascuno, il sacramento visibile di questa unità salvifica" (LG 9). L'unità non deriva solamente dall'ascolto del medesimo messaggio evangelico, che d'altronde ci è trasmesso dalla Chiesa; essa riveste una profondità mistica: è allo stesso corpo di Cristo che noi siamo aggregati, mediante la fede e il battesimo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo; è lo stesso Spirito che ci giustifica e che anima la nostra vita cristiana: "Non v'è che un corpo e uno spirito, come non v'è che una sola speranza alla fine della chiamata che avete ricevuto; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo" (Ep 4,4-5). Tale è l'unica sorgente che ci trascina ed esige, oggi come all'alba della Chiesa "l'unità nella dottrina degli apostoli, nella comunione fraterna, nella frazione del pane e le preghiere" (LG 13). La struttura stessa della Chiesa, con la sua gerarchia e i suoi sacramenti, non fa che tradurre e realizzare questa unità essenziale ricevuta da Cristo-capo. Infine, questa unità, interna alla Chiesa di Cristo, costituisce "per l'insieme del genere umano il germe più forte di unità, di speranza e di salvezza" (LG 9). Tale è la grazia data fin dall'inizio alla Chiesa, tale è la sua vocazione.


3. Pero questo non significa che tutti i figli e le figlie della Chiesa vivano secondo questa grazia e vocazione. Cristo, che ha guadagnato con la sua croce questo popolo unificato e che ha segnato le condizioni e le vie dell'unità, ha ricordato i pericoli della divisione tra coloro che avrebbero creduto in lui. Per questo ha pregato con tanta insistenza affinché queste minacce fossero superate: "Perché tutti siano una cosa sola. Come tu, Padre, sei in me e io in te, affinché... il mondo creda che tu mi hai mandato" (Jn 17,21). L'unità appare dunque come una caratteristica fondamentale della Chiesa, ma la cui realizzazione è difficile, è seminata da scogli, almeno se cerchiamo l'unità profonda che Cristo chiede.

E' un fatto che in questa sola e unica Chiesa di Dio apparirono fin dal principio certe divisioni (cfr. UR 3). Poi la Chiesa ha sperimentato dissensi più gravi, che la nostra generazione ha ereditato e per cui soffre, benché essa ne provochi a sua volta di altri. Voi siete particolarmente sensibili a questa sofferenza, a questa anomalia. E' un buon segno. La fedeltà a Cristo ci impone il grave compito di ricostruire la piena unità.

E' vero che condividiamo in molti punti un patrimonio comune. Vi sono progressi notevoli nella comprensione, nella carità, nell'orazione comune, benché per onestà e lealtà verso noi stessi e verso i nostri fratelli non possiamo celebrare uniti l'eucaristia del Signore, giacché questo è il sacramento dell'unità. Non si può separare, infatti, comunione eucaristica da comunione ecclesiale nella medesima ed unica fede. Con fervore ed umiltà, ognuno deve portare la sua propria collaborazione a questa opera di ricostruzione della unità, secondo le sue responsabilità dentro la Chiesa. Sia a livello della ricerca teologica, che è necessaria (un campo in cui, come è risaputo, si dispiegano sforzi leali e pazienti), sia mediante l'orazione e la carità nelle quali voi siete impegnati. Ma i cristiani devono cercare "la purificazione e il rinnovamento, affinché il segno di Cristo risplenda con maggiore chiarezza sul volto della Chiesa" (LG 15). La conversione del cuore e la santità di vita sono, insieme con la preghiera, l'anima di tutto l'ecumenismo (cfr. UR 8). Non si tratta di una unità qualsiasi, bensi di quella che corrisponde alle vie tracciate dal Signore nel fondare la sua Chiesa e seguite dalla più pura tradizione della Chiesa. A questo proposito, l'esperienza che voi state vivendo a Roma può aiutare ad una maggiore comprensione.


4. E' in primo luogo, questa unità della Chiesa, dono di Cristo, rovinata dai cristiani e perciò da ricostruire incessantemente, fu affidata in modo particolare all'apostolo Pietro, che era venuto dalle rive del lago Tiberiade alle sponde del Tevere e che mori come martire proprio in quel luogo durante il regno di Nerone.

Non fu a Giovanni, grande contemplativo, né a Paolo, l'incomparabile teologo e predicatore, che Cristo diede il compito di confermare gli altri apostoli, i suoi fratelli (cfr. Lc 22,31-32), di pascere gli agnelli e le pecore (cfr. Jn 21,15-17), ma al solo Pietro. E' sempre illuminante e commovente meditare i testi del Vangelo che esprimono l'unico e irriducibile ruolo di Pietro nel collegio degli apostoli e nella Chiesa ai suoi inizi. E' inoltre sorprendente, per ognuno di noi, vedere quanto Cristo continui a riporre tutta la sua fiducia in Pietro, nonostante la sua momentanea debolezza. E Pietro ha accolto seriamente questo ruolo, fino alla suprema testimonianza della spargimento di sangue. La sua prima lettera sembra certamente provare che egli avesse meditato profondamente sulle sorprendenti parole che Cristo gli aveva rivolto. Rivela la personale spiritualità di colui che aveva ricevuto la responsabilità di riunire insieme il gregge dell'unico pastore: "Pascete il gregge di Dio che vi è affidato... non per vile interesse, ma di buon animo... E quando apparirà il pastore supremo, riceverete la corona della gloria che non appassisce" (1P 5,2-4 cfr. 1P 2,25). Pietro ricorda che egli è la roccia ma anche il pastore. E quando esorta gli anziani ad adempiere il loro compito pastorale di buon animo, è perché ricorda di aver ricevuto il suo proprio compito pastorale in risposta ad una triplice affermazione d'amore.

Il carisma di san Pietro è passato ai suoi successori. Questa è la ragione per cui ai suoi primordi la Chiesa di Roma aveva un ruolo guida. Sono certo che voi siete a conoscenza di alcuni esempi tipici di questo fatto. Alla fine di questo primo secolo, il Vescovo di Roma, san Clemente, interviene con autorità nella Chiesa che è in Corinto, precisamente al fine di ristabilirvi un'unità interna. Verso l'anno 110, sant'Ignazio di Antiochia, scrivendo alla Chiesa di Roma, la saluta come colei che presiede alla universale assemblea d'amore. Il famoso epitaffio di Abercio, che si può osservare nei musei vaticani, testimonia l'influenza della Chiesa romana intorno all'anno 180. Sant'Ireneo, Vescovo di Lione alla fine del II secolo, proclama che ogni Chiesa che desideri conservare la tradizione apostolica deve a questo proposito assicurarsi di rimanere in comunione con Roma.


5. Un'altra caratteristica di questa comunità è la commemorazione e il culto dei suoi martiri, a cominciare da san Pietro e san Paolo e poi di molti altri. E' difficile elaborare statistiche rigorose. Ma le catacombe, che in un primo momento erano cimiteri in cui i cristiani seppellivano i loro mori, ivi dando espressione alla loro speranza tramite iscrizioni e pitture, diventarono poi luoghi di un fervido culto dei martiri.

E' vero che le catacombe per molto tempo sono state trascurate; ma ci si deve rallegrare nel vedere che la moderna ricerca e la pietà illuminata uniscono i loro rispettivi sforzi al fine di risvegliare nei pellegrini l'interesse per le fonti del cristianesimo e al fine di ricordare che la Chiesa di Cristo, sin dai suoi primordi, e anche oggi in questi paesi in cui la libertà religiosa viene repressa, ha sempre i suoi martiri. La visita delle catacombe dovrebbe spingere i cristiani a professare la fede più coraggiosamente.

Questa fase di rilancio per la Chiesa che sta in Roma, mi suggerisce ad esortarvi ad interessarvi sempre di più della storia. La conoscenza dei duemila anni di cristianesimo può inculcare nei cristiani due cose importanti: il senso della continuità e il senso del relativo. Il primo può preservare dall'illusione ingenua e presuntuosa che la generazione cui apparteniamo sia la prima a scoprire certe verità ed a vivere determinate esperienze. Il senso del relativo, che niente ha a che fare con lo scetticismo, ci insegna a sua volta a discernere l'essenziale.

C'è oggi un certo numero di difficoltà di fede e di crisi religiose, individuali e collettive, che provengono dal fatto di relativizzare l'assoluto e di assolutizzare il relativo. Ci si può domandare - essendo, come è, così importante tale consapevolezza - se è possibile, al giorno d'oggi, e in un mondo civilizzato essere pienamente cristiani ignorando tutto o quasi tutto del passato della Chiesa.


6. In occasione della vostra esperienza romana di fraternità e di preghiera voi siete ospiti dell'una o dell'altra delle trecento parrocchie di questa diocesi. Vi ringrazio per la testimonianza cristiana che avete dato loro con semplicità e verità. Allo stesso modo ringrazio tutti i romani che vi hanno aperto le loro chiese e le loro case.

L'unità, la "comunione" nella Chiesa ha necessariamente un aspetto visibile, istituzionale. Perciò ha soprattutto valore il servizio all'unità compiuto dal Papa, dai Vescovi, e dai loro sacerdoti. Questo servizio, i cui diretti testimoni in questi giorni siete voi, produce nel vero senso della parola la "comunione" tra i cristiani. E' innanzitutto un servizio apostolico, un legame ininterrotto con l'origine, col fondatore della Chiesa: perché i Vescovi e i sacerdoti presiedono la celebrazione dei sacramenti e la proclamazione della parola, e in ciò Cristo giunge nel nostro presente... Attraverso il vostro temporaneo inserimento nelle comunità parrocchiali di Roma capite ora forse ancor meglio, quanto è importante un luogo d'incontro, di "comunione". Ve ne possono essere diversi, ma la parrocchia occupa tuttavia un posto estremamente importante; costruita secondo un punto di vista puramente spaziale, è aperta a tutti i gruppi.

La possibilità di questa forma materiale, visibile, istituzionale sembra necessaria, l'idea stessa di comunione si deve incarnare nella Chiesa: Dio ci accetta così come siamo, senza discriminazioni! Ciò che unisce è il suo amore da noi immeritato al di là delle nostre particolarità, meriti, peccati.

Io so, cari giovani, che molti di voi dopo qualche tempo hanno cercato di nuovo con grande impegno la comunione concreta con le loro parrocchie, che per diverse ragioni avevano cercato di lasciare. Continuate così! Là troverete nonostante possibili delusioni le radici della vostra identità cristiana, là sentirete la chiamata della Chiesa per la diffusione della buona novella, e voi porterete a questa comunità quel soffio primaverile della lieta novella, che con ragione si aspettano da voi.

Anche la Chiesa di Roma si sforza di fare passi in avanti nella comunione, nella sue proprie strutture come nei suoi rapporti con le altre Chiese.

Posso affermare questo quasi domenica dopo domenica nelle mie visite pastorali nelle parrocchie della mia diocesi. Il vostro soggiorno promuoverà ulteriormente questo spirito di comunione, che è così importante per la vitalità e l'unità della Chiesa. La storia lo dimostra: ogni volta che nella Chiesa incontri e scambi si sono interrotti, o sono stati ostacolati dal potere politico o di altro genere, si è diffusa una certa inerzia, o sviluppi particolari hanno minacciato l'unità. Ciò vale per incontri e scambi tra parrocchie, tra chiese locali, tra le conferenze episcopali, così come tra gli ordini. I primi secoli cristiani - ritorni di nuovo al valore del sapere storico - ci fanno ammirare la rete di comunione e incontro, di solidarietà, di dinamica e di gioia evangelica, che è sorta dalla coscienza ecclesiale. Dobbiamo rallegrarci quando vediamo come questo spirito universale, "cattolico" oggi si sviluppa, e dobbiamo operare per il suo rafforzamento - ognuno al suo posto! 7. Infine un'ulteriore testimonianza emerge dalla storia della Chiesa che ha la sua capitale a Roma ed è quella della sua sollecitudine missionaria.

In breve tempo le comunità fondate dagli apostoli - quella d'oriente, la cui eredità fu raccolta da Costantinopoli, come pure la comunità di Roma per l'occidente - diventarono centri d'irradiazione apostolica dell'unica Chiesa di Gesù Cristo. In questo modo Roma da parte sua si preoccupo di sostenere e coordinare l'evangelizzazione presso i nuovi popoli del continente europeo. in particolare si strinsero legami fra le nuove chiese locali e quelle che avevano contribuito alla loro fondazione; si formo una cultura spirituale comune, un unico spirito comune in tutti i paesi europei, nei vostri paesi; questo spirito si è mantenuto nelle alterne vicissitudini e può diventare in larga misura ispirazione e sostegno dell'unità alla quale tende ora questo continente. Posso testimoniare, per esempio, che il cristianesimo della mia patria si è sviluppato in stretto rapporto con la Chiesa di Roma.

Fra i presenti saluto molto cordialmente la gioventù slovena. Auguro loro il dono della carità nella presente situazione spirituale e li benedico dal profondo del cuore.

Saluto anche il gruppo della Croazia, auguro loro che il Signore li colmi della sua benedizione nel nuovo anno e che rimangano sempre fedeli alla santa Chiesa.


8. In questo modo il Vangelo, la storia della Chiesa e l'esperienza che voi fate a Roma vi permettono di avvicinarvi meglio al mistero della Chiesa di cogliere le esigenze e gli itinerari della piena unità nella Chiesa, di situare meglio voi stessi nella linea degli autentici discepoli di Cristo, alla ricerca della piena riconciliazione. così, voi vi ponete nel vero clima della fede, della speranza e della carità. Forti di questa identità, è necessario che voi preghiate - mi rallegro di cuore per il fatto che date tanta importanza alla preghiera - ed è necessario che voi operiate: agire dopo avere pregato, agire nel tempo stesso in cui pregate, secondo i sentimenti cristiani che sono germogliati o si sono infervorati nei vostri cuori durante questa grande assemblea. Diceva Gesù al termine del discorso della montagna: "Non chiunque dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio" (Mt 7,21). Bisogna incarnare il messaggio cristiano delle beatitudini nei vostri atteggiamenti concreti, quotidiani, nel cuore stesso del mondo, in tutti i luoghi in cui il Signore vi chiama a vivere. Beati coloro che hanno un'anima di povero. Beati i miti - e, in questi tempi di violenza, la mitezza suppone una grande forza d'animo per lottare senza odio e senza violenza per la giustizia. Beati appunto coloro, che hanno fame e sete di giustizia. Beati i misericordiosi. Beati i puri di cuore.

Beati coloro che fanno regnare la pace, quella pace profetizzata da Isaia e portata da Gesù, come ci hanno rammentato le letture di questa veglia. Beati coloro, che sono perseguitati a causa della giustizia, a causa della loro fedeltà a Cristo (cfr. Mt 5,2-12). E' come dire che bisogna rispettare i diritti e la libertà degli uomini, riconciliarsi, perdonare, condividere, e soprattutto considerare l'altro come un fratello, come il fratello di Cristo. Tutto ciò è il sale, il lievito, la luce, la testimonianza personale e comunitaria, di cui il mondo ha bisogno, affinché si instauri progressivamente la civiltà dell'amore. Ciò suppone una rinuncia a se stessi, un impegno e una perseveranza, che non è possibile progettare e vivere se non con una fede totale in Cristo, con uno spirito evangelico di infanzia.

Infatti, in certi giorni, non siete forse tentati anche voi di dire, come Filippo e Andrea prima della moltiplicazione dei pani: "Che cosa è questo per tanta gente?" (Jn 6,9). Si, che cosa è questo di fronte agli immensi bisogni, che i moderni mezzi di comunicazione fanno ancor più conoscere? Che cosa è questo soprattutto in confronto dei mezzi di cui dispongono i potenti, i ricchi, i capi politici, coloro che hanno le più grandi responsabilità nella divisione dei beni, nei preparativi o nella decisione delle guerre? E' vero che bisogna essere umili, tanto più perché le miserie, le debolezze, gli egoismi, le ingiustizie si trovano anche in noi. Umili si, ma mai rassegnati. Mai scoraggiati. Mai inattivi. I primi cristiani non si sono lasciati fermare da simili considerazioni, anche se sembravano sperduti nell'immenso impero romano, che aveva altri costumi. E neppure si fermarono gli apostoli moderni della carità. Infatti il cambiamento del mondo, che è nelle mani di Dio e non solamente nelle nostre mani, incomincia con la conversione dei cuori, del cuore di ognuno, del mio, del vostro. Incomincia dal modo di essere "prossimo" come il samaritano, verso chi ogni giorno incontro sulla mia strada o che cerco di incontrare. Si tratta di instaurare il clima di fraternità voluta da Cristo, di realizzarne concretamente una parte, e di prepararsi ad assumere meglio domani le vostre responsabilità di uomini e di donne. Si tratta, in una visione di fede, di unire al Cristo redentore queste preghiere e questi gesti di amore compiuti come "Chiesa" e di sperare la grazia della risurrezione che li trasfigurerà.

Abbiamo meditato a lungo sulla Chiesa, sulla sua missione. Forse avete potuto comprendere meglio in qual modo la Chiesa è nostra madre. E questa maternità della Chiesa ci spinge a volgere gli occhi e il cuore verso Maria, la madre santissima del divin Redentore. Per tutta la sua vita, con il concepire Cristo, con il soffrire con lui "coopero in modo tutto speciale all'opera del Salvatore, mediate l'obbedienza, la fede, la speranza e l'ardente carità, per restaurare la vita soprannaturale delle anime. Per questo fu per noi madre nell'ordine della grazia" (LG 61). E' perciò necessario contemplare continuamente Maria per imparare, sul suo esempio, a costruire la Chiesa; è necessario continuamente pregarla per inserirci sempre meglio nel nostro posto nella Chiesa.

In realtà, abbiamo evocato la magnifica missione che è affidata alla Chiesa tutta intera e, in essa, a ciascuna comunità ecclesiale, in cui i giovani devono inserirsi ed agire.

Benedicendovi di cuore, prego lo Spirito Santo di penetrare le vostre anime con la sua luce e la sua forza. Pregate anche per la missione che è stata a me affidata dal Signore a servizio dell'unità dei cristiani: "Che essi siano una cosa sola... affinché il mondo creda!" Amen!

Data: 1980-12-30 Data estesa: Martedi 30 Dicembre 1980.



GPII 1980 Insegnamenti - Telegrammi di cordoglio - Città del Vaticano (Roma)