GPII 1981 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Preghiera al Signore per la difesa della vita umana



1. "Fiat mihi secundum verbum tuum...".

Queste parole di Maria, da lei pronunciate durante l'Annunciazione e che noi ripetiamo con le labbra e meditiamo con il cuore nella nostra preghiera, acquistano una particolare eloquenza alla luce della festa di domani: la festa della Presentazione del Signore al tempio. Il quarantesimo giorno dopo il Natale la liturgia rinnova ogni anno la memoria dell'avvenimento, che ebbe luogo il quarantesimo giorno dopo la nascita di Gesù a Betlemme.

Ecco che cosa leggiamo in san Luca: "Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la Legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore, come è scritto nella Legge del Signore: Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore; e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombi, come prescriveva la Legge del Signore" (Lc 2,22-24).

E proprio in occasione di questa benedizione-presentazione, Maria senti dalla bocca di Simeone le parole profetiche: "Egli è qui per la rovina e la resurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l'anima" (Lc 2,34-35) Meditiamo nella nostra preghiera la risposta data da Maria all'Annunciazione, "fiat mihi secundum verbum tuum", leghiamo, con il pensiero e con il cuore, questa risposta alle parole di Simeone. Esse pongono un particolare accento su quella che sarà la partecipazione della Madre al sacrificio del Figlio, Redentore del mondo: "Perché siano svelati i pensieri di molti cuori... a te una spada trafiggerà l'anima".


2. A partecipare alla liturgia di domani nella Basilica di san Pietro sono invitati tutti, ma in modo particolare i rappresentanti delle Famiglie Religiose maschili e femminili, fratelli e sorelle delle Congregazioni che sono a Roma, e che rappresentano la grande folla dei religiosi e delle religiose, che in tutto il mondo danno una particolare testimonianza al ministero dell'offerta di Cristo.

Che tutti, insieme con la Madre-Vergine, rinnovino il "fiat" della loro professione religiosa in tutta la verità di questa grande vocazione, che è loro propria nella Chiesa di Gesù Cristo. Infatti essi, con la loro totale offerta di se stessi, devono completare, in modo particolare, il sacrificio della redenzione di Cristo, affinché il regno della gloria di Dio Vivente diventi sempre più presente in questo mondo. E che il Signore e la Madonna concedano loro molta forza per una costante e feconda testimonianza evangelica, in una armoniosa unione di contemplazione e azione.


3. Oggi si celebra in Italia, per iniziativa della Conferenza Episcopale, una giornata di sensibilizzazione sul valore della vita umana, di ogni vita umana. Mi associo volentieri a questa intenzione elevando la mia preghiera al Signore per la difesa della vita umana fin dal concepimento. E ancora una volta voglio sottolineare che dobbiamo all'uomo vivente, in ogni stadio e forma della sua esistenza, il massimo rispetto e la massima cura. Il Signore, che la Bibbia definisce "amante della vita" (Sg 11,26), conceda a tutti noi il suo stesso amore sconfinato per l'uomo.


4. E' causa di seria preoccupazione, da qualche giorno, la tensione sorta alle frontiere di due paesi Latino-americani, l'Ecuador e il Perù, con minaccia di più gravi sviluppi. Ieri l'altro ho creduto mio dovere rivolgere un appello alle più alte Autorità dei due paesi auspicando una equa composizione della controversia, tramite i soli mezzi pacifici, per il bene della pace e per la tranquillità di due popoli che sono uniti da tanti vincoli comuni di fede cristiana e di civiltà.

Preghiamo di cuore Maria santissima, Regina della pace, perché implori che questo voto sia prontamente realizzato ed ottenga che nel grande continente Latino-americano - dove mi sto adoperando per una felice soluzione della disputa tra Argentina e Cile - sempre si trovino le vie più idonee, ispirate a giustizia ed equità, e pertanto onorevoli, alle parti interessate, per risolvere ogni tensione o controversia.

(Al termine della recita dell'Angelus, il Santo Padre ha ricordato la giornata diocesana per le nuove chiese, in programma per la domenica seguente:) Desidero ora ricordare che domenica prossima si celebrerà in Roma la "Giornata diocesana per le nuove chiese". E' una ricorrenza importante, sulla quale mi preme di attirare l'attenzione dei fedeli dell'intera Città. Roma si è molto estesa in questi anni: nuovi quartieri sono sorti ed altri ne vanno sorgendo tuttora. In non pochi di essi manca la Chiesa, manca il luogo cioè dove la comunità cristiana possa raccogliersi per lodare Dio, ascoltare la Parola, celebrare nella gioia i misteri della salvezza. E' una carenza che si riflette negativamente anche sul piano umano, perché intorno all'altare di Dio gli abitanti del quartiere, spesso estranei fra loro, possono fare un'esperienza di comunione, che li aiuta a sentirsi fratelli.

E' necessario perciò che l'intera diocesi si ponga di fronte a questo problema pastorale, che riveste oggi caratteristiche di particolare urgenza. La sua soluzione dipende dalla preghiera e dal contributo generoso di tutti.(Omissis Saluti a vari gruppi)

Data: 1981-02-01
Domenica 1 Febbraio 1981


Alla parrocchia di san Giuseppe Cafasso (Roma)

Titolo: Considerare e attuare la vocazione cristiana



1. "Beati voi..." (Mt 5,11).

Con queste parole, che abbiamo or ora ascoltato, desidero salutare tutti voi, che siete qui riuniti; desidero salutare tutta la parrocchia di san Giuseppe Cafasso.

"Beati voi...". Sono le parole del "discorso della montagna", con le quali Gesù ha inteso delineare l'essenza del suo messaggio. Qualcuno le ha qualificate come la "magna carta" del Regno di Cristo. Sono parole rivoluzionarie, perché propongono un radicale capovolgimento dei "valori", ai quali si ispira la mentalità corrente: quella dei tempi di Gesù non meno che quella dei tempi nostri.

La gente, infatti, ha sempre fatto gran conto del denaro, del potere nelle sue varie forme, dei piaceri sensuali, della vittoria sull'altro a qualunque costo, del successo e dei riconoscimenti mondani. Sono "valori" che si situano, come chiaramente appare, entro l'orizzonte circoscritto delle realtà terrene.

Gesù infrange questo cerchio limitato e limitante: spinge la sua visuale sulle realtà che sfuggono alla verifica dei sensi, perché trascendono la materia e si pongono, al di là del tempo, nell'ambito dell'eterno. Egli parla di "regno dei cieli", di "terra promessa", di "figliolanza divina", di "ricompensa celeste", ed in tale prospettiva afferma la preminenza della "povertà in spirito", della "mitezza", della "purezza di cuore", della "fame di giustizia", che si esprime non nella violenza, ma nella coraggiosa sopportazione della "persecuzione".

Innumerevoli cristiani, di generazione in generazione, sono idealmente saliti su quella montagna, per mettersi in ascolto del Maestro divino. così le ha ascoltate e messe in pratica il patrono della vostra parrocchia, san Giuseppe Cafasso, la cui urna ho visitato or non è molto nel mio pellegrinaggio a Torino.

Egli, in tempi non lontani dai nostri, ha reso queste parole come concreto programma di vita, ispirando ad esse la sua condotta, nel distacco dei beni della terra, nell'ascolto mite e paziente dei penitenti al confessionale, nell'assistenza delicata ed amorevole ai bisognosi e specialmente ai carcerati ed ai condannati a morte.

Queste parole delle Beatitudini io ripeto a voi, all'inizio di questo nostro incontro; e lo faccio non soltanto per venerare il vostro patrono, ma anche per impegnare su di esse voi, come singoli e come comunità parrocchiale: rileggete queste parole, imparatele a memoria, cercate di "misurare" su di esse la vostra vita. Questo è il primo augurio che vi faccio.


2. Alla luce delle Beatitudini evangeliche mi è caro rinnovarvi il mio saluto in occasione dell'odierna visita, che ho atteso con desiderio intenso ed alla quale mi sono preparato anche mediante uno speciale incontro con i vostri pastori.

Mi sia consentito, perciò, di salutare innanzitutto il Signor Cardinale Vicario, alla cui sollecitudine è affidata l'intera famiglia diocesana; l'ausiliare Mons. Giulio Salimei, che coordina l'impegno apostolico in questa zona e che ha svolto di recente tra voi la visita pastorale; ed ancora i padri Oblati di san Giuseppe, i "Giuseppini di Asti", padre Giorgio Spadoni, parroco, e i due viceparroci, padre Paladino e padre Ciavarro, i quali con instancabile dedizione si spendono al servizio della parrocchia.

Con essi saluto gli altri sacerdoti, che prestano la loro collaborazione alla domenica e saluto altresì le religiose dell'Istituto della Carità di Namur, che da molti anni ormai sono presenti in questo quartiere, nel quale svolgono un'azione di assistenza e di formazione tanto umile quanto preziosa, coadiuvate ora anche dalle Missionarie della Carità di Madre Teresa.

Non può mancare, infine, una parola di saluto e di apprezzamento per tutti i laici impegnati nelle varie attività di apostolato e di promozione umana.

Tra loro, il mio pensiero va soprattutto al gruppo dei catechisti, che in questi ultimi anni si è notevolmente ampliato, consentendo l'impostazione di una catechesi sistematica, che raggiunge buona parte dei ragazzi. Mi valgo volentieri della presente circostanza per incoraggiare quest'aspetto dell'attività pastorale, giacché ogni speranza di vita cristiana responsabile ha il suo presupposto in una adeguata istruzione religiosa, che avvii alla comprensione dei contenuti fondamentali della Rivelazione.


3. "Considerate la vostra chiamata, fratelli", ci ha opportunamente ripetuto san Paolo (1Co 1,26). Sono parole che dobbiamo ascoltare come rivolte a noi, oggi, in questa nostra assemblea liturgica. Esse ci invitano a riflettere su di una dimensione fondamentale della nostra esistenza: la nostra vita fa parte del disegno amoroso di Dio. san Paolo è esplicito a questo riguardo. Per tre volte, nella lettura odierna, egli ribadisce che "Dio ha scelto" ciascuno di noi, così che noi "siamo in Cristo Gesù" il quale "è diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione" (cfr. 1Co 1,27-30).

Questo è in effetti, il meraviglioso messaggio della fede: alle origini della nostra vita c'e un atto d'amore di Dio, un'elezione eterna, libera e gratuita, mediante la quale Egli, chiamandoci all'esistenza, ha fatto di ciascuno di noi un proprio interlocutore: "La ragione più alta della dignità dell'uomo, ha ricordato il Concilio, consiste nella sua vocazione alla comunione con Dio. Fin dal suo nascere l'uomo è invitato al dialogo con Dio" (Cost. GS 19).

Questo dialogo, com'è noto, fu interrotto dall'uomo col peccato. Dio, nella sua misericordia, ha voluto riaprirlo, rivolgendosi nuovamente a noi con la Parola stessa del suo amore eterno, il Verbo consostanziale, che, facendosi uomo e morendo per noi, ci ha rimesso in comunicazione col Padre. Ecco perché san Paolo dice che siamo chiamati "in Cristo Gesù": l'essenza della vocazione cristiana sta proprio in questo "essere in Cristo". Esso è opera di Dio stesso, è dono del suo amore e della sua grazia. Giustamente perciò san Paolo conclude che ognuno di noi può "vantarsi nel Signore" (cfr. 1Co 1,31).

Alla chiamata di Dio deve, tuttavia, corrispondere da parte nostra una risposta adeguata. Quale risposta? Quella che ha il suo abbozzo fondamentale nel battesimo e che si fa cosciente e responsabile nell'atto di fede personale, suscitato dall'ascolto della Parola, alimentato dalla partecipazione ai Sacramenti, testimoniato da una vita che s'ispira alle Beatitudini in Cristo e si protende all'adempimento generoso dei suoi comandamenti, fra i quali il più grande è il comandamento dell'amore.


4. Nell'ambito di questa vocazione comune, che Dio rivolge ad ogni uomo, si stagliano le vocazioni specifiche, mediante le quali Dio "sceglie" le singole persone per un compito particolare. Sono, queste, com'è ovvio, vocazioni molteplici e fra loro complementari, identiche per il fine la comunione con Dio, ma diverse quanto alle vie ed ai mezzi necessari per raggiungerlo.

Penso, ad esempio, dal punto di vista della professione, alla scelta di un certo tipo di studio e di specializzazione, nella prospettiva di un determinato lavoro, dal quale si attende, si un guadagno per se stessi, ma anche la possibilità di recare un contributo personale alla costruzione di un mondo migliore. Penso soprattutto, dal punto di vista dello stato di vita, alla scelta del matrimonio, a quella di dare la vita ad un nuovo essere umano o di adottare una creatura che è restata sola al mondo ecc. E penso, altresì, ad altre situazioni: ad esempio, del coniuge restato vedovo, del coniuge abbandonato, dell'orfano. Penso alla condizione dei malati, dei vecchi infermi e soli, dei poveri: "Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole, ci ha ricordato san Paolo, per confondere i forti". Nel disegno misterioso di Dio, l'azione rinnovatrice della grazia passa attraverso la debolezza umana: passa perciò in modo particolare attraverso queste situazioni di sofferenza e di abbandono.

Una parola a parte voglio riservare alla vocazione sacerdotale e religiosa. La Chiesa ha bisogno di anime generose che, consacrandosi totalmente a Cristo e al suo Regno, accettino di spendere le loro energie a servizio del Vangelo. Ne ha bisogno in particolare la nostra Chiesa di Roma, che negli ultimi decenni ha conosciuto un fortissimo incremento demografico, al quale non si è accompagnato purtroppo un proporzionale aumento di sacerdoti e di religiose. E' un problema grave che coinvolge l'intera comunità, perché è soprattutto dalla presenza di queste anime consacrate che dipende l'animazione cristiana della città. Come Vescovo di Roma, io faccio appello alla preghiera, alla testimonianza, al sostegno di tutti i fedeli della diocesi: il fiorire delle vocazioni dipende dall'impegno di ciascuno. Non dimentichiamolo!


5. "Voi siete in Cristo Gesù", scrive l'apostolo. Questa volta mi rivolgo non più ai singoli, ma alla comunità, all'intera parrocchia. Se qualcuno domandasse a voi, parrocchia di san Giuseppe Cafasso, chi siete, sapete quale sarebbe la risposta che dovreste dare? Quella che vi suggerisce san Paolo: "Noi siamo in Cristo Gesù", come comunità della sua Chiesa. Il nostro "noi" di cristiani è Lui, Cristo.

Ma se, come parrocchia, siete chiamati a formare una cosa sola in Cristo, voi siete tenuti a testimoniare nella vita questa vostra vocazione comunitaria. In altre parole voi dovete impegnarvi a crescere in Cristo non solo come singoli, ma anche come parrocchia. Volete sapere come si forma e come si sviluppa una comunità parrocchiale? La comunità si forma innanzitutto intorno alla Parola di Dio. Ecco perciò l'importanza della catechesi, mediante la quale ci s'avvia ad una conoscenza sempre più profonda delle ricchezze di verità contenute nella Scrittura. La comunità, poi, si sviluppa nella partecipazione alle celebrazioni liturgiche, specialmente nella partecipazione all'Eucarestia. So che nella vostra parrocchia la liturgia è particolarmente curata e me ne rallegro: è un segno di vitalità, che incoraggia a ben sperare.

La comunità inoltre cresce e si consolida grazie alla testimonianza di vita cristiana, che i suoi membri sanno offrire. Fondamentale, a questo riguardo, è l'atteggiamento di coraggiosa coerenza che i genitori devono portare nelle loro famiglie ed i membri dei vari gruppi organizzati sanno assumere di fronte a coloro che ancora si mostrano refrattari al messaggio cristiano. Un elemento particolare di crescita comunitaria e, infine, costituito dall'impegno caritativo verso le persone che, per una ragione o per l'altra, si trovano nel bisogno: nella vostra parrocchia non mancano i poveri, le persone inferme, i vecchi; avete anche un Istituto per la riabilitazione degli handicappati. Le occasioni sono, dunque, numerose e stimolanti. Rappresentano anch'esse altrettante "chiamate" con cui Dio bussa alla porta del vostro cuore. Che Egli vi conceda la generosità necessaria per rispondere con slancio e nei modi adeguati.


6. Concludendo ora questa meditazione sul tema della vocazione cristiana, su cui la liturgia di oggi ci ha invitato a soffermarci, desidero rivolgervi due auguri.

Il primo è tratto dal profeta: "Cercate il Signore voi tutti, poveri della terra, che eseguite i suoi ordini; cercate la giustizia, cercate l'umiltà" (So 2,3).

Se voi vi impegnerete a cercare così come dice il profeta, o, meglio ancora, come dice Cristo nel "discorso della montagna", allora potrà attuarsi in voi il secondo augurio: "Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli (Mt 5,12).

Accettate, cari fratelli e sorelle, questi due auguri come un frutto particolare dell'odierna visita del vostro Vescovo. Essi ravvivino la partecipazione a questa Eucarestia. Essi diventino la fonte e la via di tutta la vostra vita.

Data: 1981-02-01
Domenica 1 Febbraio 1981


Udienza al Collegio di Difesa della Nato - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Per costruire la pace, garantire la libertà

Cari amici, Sono felice di dare il benvenuto ai membri del Collegio di Difesa della NATO e alle loro famiglie. Mi è stato riferito che nei sei mesi scorsi siete stati impegnati in un programma educativo riguardante gli obiettivi morali e culturali finalizzati al rafforzamento della solidarietà internazionale. Apprezzo l'importanza di questo impegno poiché il suo scopo ultimo è la promozione della pace nel mondo.

Come sapete, ho parlato molte volte della mia preoccupazione per la pace. Sono convinto che, con l'aiuto di Dio, il raggiungimento della pace per tutti i popoli e fra tutte le nazioni rientri nelle nostre capacità umane. Spesso pero la pace rimane al di fuori della nostra portata perché la consideriamo più come uno schema da imporre dall'esterno che come un processo da coltivare dall'interno. La pace esprime una realtà dinamica fondata sull'armoniosa relazione fra le persone e, come tale, richiede il nostro costante impegno. Per raggiungere una pace duratura, dobbiamo prima studiarne le componenti e, fra queste, lo studio dei pericoli che minacciano la pace.

Nella mia recente Enciclica ho sottolineato come fra le principali minacce alla pace non sia solo la produzione di armi atomiche, ma anche la manipolazione della nozione stessa di pace per gli scopi delle parti interessate.

A questo proposito ho affermato: "I mezzi tecnici a disposizione della società moderna nascondono non solo la possibilità dell'autodistruzione a causa di un conflitto militare, ma anche la possibilità di una "pacifica" sottomissione degli individui, dell'ambiente, di intere società e nazioni, che per una ragione o per l'altra si rivelino sconvenienti per quelli che posseggono i mezzi necessari e sono pronti ad usarli senza scrupoli. Esempio ne è la continua pratica della tortura, sistematicamente usata dalle autorità come mezzo di dominio e di oppressione politica, e praticata dai subordinati con impunità" (Ioannis Pauli PP. II DM 11).

Non ci può essere pace dove la dignità degli individui è calpestata.

Dovunque si riscontri il dominio di una persona sulla libera scelta del proprio destino da parte di un'altra o sul giusto accesso alla verità, si possono già trovare le origini di un amaro risentimento o di una profonda animosità. Si, garantire la pace è parte essenziale della cooperazione per la pace. Per questo ho scelto come tema per la Giornata Mondiale per la Pace: "Servire la pace, rispettare la libertà".

In questi mesi a Roma avete studiato la complessità della pace mondiale e avete raggiunto una maggiore consapevolezza della necessità di raggiungerla. La vostra riflessione vi pone ora fra quelli a cui gli altri uomini guarderanno come guide in questo campo.

Prego che la vostra visione della dignità umana non vi venga mai meno durante la ricerca della pace. Possiate sempre riconoscere l'incomparabile valore di ogni vita umana, sin dal concepimento. Possiate contribuire alla costruzione della pace appellandovi sempre a ciò che vi è di più nobile nel cuore di ogni persona.

E che la pace, riflesso della bontà di Dio, riempia i vostri cuori e le vostre case, incoraggiandovi ad essere infaticabili operatori nella causa della pace.

(Traduzione dall'inglese)

Data: 1981-02-02
Lunedì 2 Febbraio 1981


Ai religiosi e alle religiose - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La vita consacrata è fiamma che si consuma nell'amore

Carissimi fratelli e sorelle nel Signore!

1. E' per me una profonda gioia incontrare oggi, in questa Basilica, voi, religiosi e religiose, che rappresentate in maniera privilegiata quella grande ricchezza spirituale, che è, per la crescita e il dinamismo della Chiesa di Dio, la vita consacrata. Saluto anche i rappresentanti delle Basiliche patriarcali, delle Collegiate di Roma, delle Chiese nazionali nell'Urbe, il Collegio dei Parroci urbani, i Seminari romani, i Collegi ecclesiastici, le Arciconfraternite e i fedeli tutti.

Questo incontro avviene in un rito che, nella liturgia rinnovata dal Concilio Vaticano II, ha assunto un posto ed un significato particolari: siamo riuniti per celebrare la festa, a cui è stata restituita - come ha affermato il mio predecessore Paolo VI - la denominazione di "Presentazione del Signore", e che "deve essere considerata, perché sia pienamente colta tutta l'ampiezza del suo contenuto, come memoria congiunta del Figlio e della Madre, cioè celebrazione di un mistero di salvezza operato da Cristo, a cui la Vergine fu intimamente unita quale Madre del Servo sofferente di Jahvé, quale esecutrice di una missione spettante all'antico Israele e quale modello del nuovo Popolo di Dio, continuamente provato, nella fede e nella speranza, dalla sofferenza e dalla persecuzione" (Paolo VI "Marialis Cultus", 7).


2. La liturgia odierna ripresenta e riattualizza un "mistero" della vita di Cristo: nel Tempio, centro religioso della nazione ebraica, nel quale venivano continuamente sacrificati animali per essere offerti a Dio, fa il suo primo ingresso, umile e modesto, Colui il quale, secondo la profezia di Malachia, dovrà sedere "per fondere e purificare" (Ml 3,3), in particolare le persone consacrate al culto ed al servizio di Dio. Nel Tempio fa il suo primo ingresso Colui, che "doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e fedele nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo" (He 2,1-7).

Il salmista, antiveggendo tale venuta, esclama pieno di entusiasmo, rivolgendosi al Tempio stesso: "Sollevate, porte, i vostri frontali, / alzatevi, porte antiche, / ed entri il re della gloria. / Chi è questo re della gloria? / Il Signore forte e potente, / il Signore potente in battaglia / ...Il Signore degli eserciti è il re della gloria" (Ps 23,7-10).

Ma il "re della gloria" è, ora, un piccolo neonato di quaranta giorni, che viene portato al Tempio per essere offerto a Dio, secondo la prescrizione della legge di Mosè.

Chi è in realtà questo neonato? La risposta a tale domanda, fondamentale per la storia del mondo e dell'umanità, è data profeticamente dal vecchio Simeone, che, stringendo il bambino tra le braccia, vede ed intuisce in lui "la salvezza" di Dio, la "luce per illuminare le genti", la "gloria" del popolo Israele, la "rovina e la risurrezione di molti in Israele", il "segno di contraddizione".

Tutto questo è quel bimbo, che, pur essendo il "re della gloria", il "Signore del Tempio", vi entra per la prima volta, nel silenzio, nel nascondimento e nella fragilità della natura umana.


3. Oggi, quaranta giorni dopo la solennità del mistero della Natività di Cristo, con la festa della Presentazione del Signore, la liturgia intende già illuminare, dinanzi a noi, la prospettiva della veglia pasquale, in cui sarà benedetto il cero, simbolo del Cristo risorto, vincitore del peccato e della morte.

Anche oggi la Chiesa ci fa benedire i ceri, che voi, carissimi fratelli e sorelle, avete portato con voi in un gesto di offerta, carico di un profondo significato interiore. Il cero, che tenete nelle vostre mani, è anzitutto il simbolo del Cristo, "gloria di Israele e luce dei popoli", ed altresì simbolo della sua potenza e missione messianica. Per questo noi condividiamo con gli altri questa luce ed intendiamo trasferirla in tutti gli atteggiamenti della nostra vita.


4. Questo cero rappresenta anche il dono della fede, infusa in voi nel santo battesimo, nel quale siete stati offerti e consacrati alla Santissima Trinità. Ma questo cero", nelle vostre mani di religiosi e di religiose, vuole significare, in particolare, quella scelta incondizionata, che voi avete fatto di Cristo, luce della vostra vita, nel dono definitivo e totale di voi stessi, dedicandovi alla vita religiosa, che è una forma più perfetta della consacrazione battesimale: "I membri di qualsiasi Istituto - afferma il Concilio Vaticano II - ricordino anzitutto di avere risposto alla divina chiamata con la professione dei consigli evangelici, in modo che essi, non solo morti al peccato, ma rinunziando anche al mondo, vivono per Dio solo. Tutta la loro vita, infatti, è stata posta al servizio di Dio, e ciò costituisce una speciale consacrazione battesimale, e ne è una espressione più perfetta" (PC 5).

Siete pertanto chiamati ad una particolare imitazione di Gesù e ad una testimonianza vivida delle esigenze spirituali del Vangelo nella società contemporanea. E se il cero, che tenete in mano, è anche simbolo della vostra vita, offerta a Dio, questa deve consumarsi tutta intera per la sua gloria.


5. Siete confortati, aiutati e spronati a questa imitazione e a questa testimonianza dell'esemplare atteggiamento interiore delle persone, di cui ci parla il Vangelo odierno: dall'amore silenzioso e tenero di san Giuseppe; dalla fede forte e costante del vecchio Simeone; dalla fedeltà continua ed orante dell'anziana profetessa Anna; ma, soprattutto, dalla assoluta e totale disponibilità della Vergine santissima, protagonista, insieme col Figlio, di questo mistero di salvezza, che orienta l'episodio della Presentazione al Tempio verso l'evento salvifico della Croce. La Chiesa stessa - ha scritto Paolo VI - "ha intuito nel cuore della Vergine, che porta il Figlio a Gerusalemme per presentarlo al Signore, una volontà oblativa, che superava il senso ordinario del rito" (Paolo VI "Marialis Cultus", 20).

Anche voi, fratelli e sorelle carissimi, dovete sempre conservare intatta quella "volontà oblativa", con la quale avete risposto generosamente all'invito di Gesù a seguirlo più da vicino, nella strada verso il Calvario, mediante i sacri legami, che a Lui vi uniscono in maniera singolare nella castità, nella povertà e nell'obbedienza: questi voti costituiscono una sintesi, in cui il Cristo desidera esprimere se stesso, intraprendendo - attraverso la vostra risposta - una lotta decisiva contro lo spirito di questo mondo. La castità, abbracciata per il regno dei cieli (cfr. Mt 19,12), rende libero in maniera speciale il cuore della persona (cfr. 1Co 7,32ss), così da accenderla sempre maggiormente di carità verso Dio e verso i fratelli; la povertà, volontariamente abbracciata per mettersi alla sequela di Cristo, rende partecipi a quella povertà di Cristo, il quale da ricco ch'egli era si fece povero per amor nostro, allo scopo di farci ricchi con la sua povertà; (2Co 8,9 Mt 8,20); l'obbedienza, mediante la quale si offre a Dio la completa consacrazione della propria volontà come sacrificio di se stessi, unisce alla volontà salvifica di Dio (cfr. PC 12-14).

Ma proprio per questa scelta così radicale, voi siete diventati, come Cristo e come Maria, un "segno di contraddizione", cioè un segno di divisione, di rottura e di scontro nei confronti dello spirito del mondo, che pone la finalità e la felicità dell'uomo nella ricchezza, nel piacere e nell'autoaffermazione della propria individualità.


6. Oggi, mentre vicendevolmente comunichiamo e condividiamo la "luce", che brilla dai ceri, pensiamo a tutti i religiosi e le religiose, sparsi nel mondo, preghiamo intensamente per loro, perché, ovunque si trovino ed operino, brillino veramente di quella luce, che è il Cristo, e siano sempre un segno autentico del suo Vangelo e del suo Spirito! Che tutti i religiosi e le religiose sappiano offrirsi insieme con Cristo, come una fiamma che si consuma nell'amore! Che vivano di Lui e per Lui, nella Chiesa e per la Chiesa! E Maria santissima li conduca a questa sempre maggiore intimità col Figlio suo, precedendoli sulla via dell'oblazione e della donazione. Maria sia sempre il vostro esempio, il vostro modello, la vostra forza, carissimi fratelli e sorelle. "Questa Donna - come ho detto in altra occasione - diviene anche, per la sua associazione a suo Figlio, un segno di contraddizione per il mondo e, nello stesso tempo, un segno di speranza... Questa Donna, che ha concepito spiritualmente prima di concepire fisicamente; questa Donna, che è stata inserita intimamente ed irrevocabilmente nel mistero della Chiesa e che esercita una maternità spirituale nei confronti di tutti i popoli... Questa Donna... è la più grande espressione di consacrazione totale a Gesù Cristo" (Giovanni Paolo II "Discorso alle Religiose", Washington, 7 ottobre 1979 "Insegnamenti di Giovanni Paolo II", II, 2 (1979) 677-682).

E' il mio augurio e la mia benedizione.

Amen, Amen. Data: 1981-02-02
Lunedì 2 Febbraio 1981


Ad un anno dal Sinodo Particolare - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Lettera ai vescovi dei Paesi Bassi

Al Signor Cardinale Giovanni Willebrands Arcivescovo di Utrecht ed ai Vescovi delle Diocesi dei Paesi Bassi Il 31 gennaio si è compiuto un anno dalla conclusione dei lavori del Sinodo Particolare dei Vescovi della provincia ecclesiastica dei Paesi Bassi, che si svolsero dal 17 al 31 gennaio 1980. Furono giorni, cari fratelli nell'Episcopato, nei quali, "permanentes in doctrina Apostolorum, et communicatione fractionis panis, et orationibus" (Ac 2,42), vivemmo una profonda esperienza di comunione e di cooperazione collegiale.

In occasione del primo anniversario della conclusione dei nostri lavori sento il desiderio di scriverVi per ritornare su quella peculiare espericnza, che ebbe come scopo di consolidare e di definire in maniera più precisa i principii della comunione, grazie ai quali la Chiesa che è nella Vostra Patria - ciascuna delle Chiese diocesane che lo Spirito Santo ha affidato alla vostra sollecitudine pastorale - permane nella comunità universale della Chiesa cattolica. Gli stessi principii costituiscono, al contempo, il fondamento della comunione interna della Chiesa in terra olandese, della quale Voi, come Vescovi, siete i primi servitori.

Avevo allora preso conoscenza con gioia delle conclusioni da Voi adottate nel Sinodo e, durante la concelebrazione nella Cappella Sistina a conclusione dei lavori sinodali, le avevo confermate, rendendo grazie a Gesù Cristo, in nome e per la potenza del Quale noi tutti compiamo il nostro ministero.

Ed ora, con mia soddisfazione, nel corso della recente riunione del Consiglio Sinodale, sono stato informato che le deliberazioni del Sinodo restano il fondamento essenziale della Vostra attività pastorale, impegnata in un lavoro di rinnovamento della Chiesa secondo lo spirito del Concilio Ecumenico Vaticano Il e secondo i principii che vi furono elaborati per tutta la Chiesa.

Nella medesima riunione del Consiglio sinodale mi è stata manifestata anche la vostra preoccupazione di Pastori a causa delle diverse difficoltà d'ordine psicologico e strutturale che si oppongono ad una sollecita e coerente attuazione delle conclusioni sinodali.

Per lo speciale interesse ed affezione con cui seguo la vita della Chiesa nella vostra Patria e guardando solo al suo bene, non posso non condividere la vostra preoccupazione. Permettetemi di dirvi il mio fraterno incoraggiamento e di invitarvi a proseguire con decisione nel lavoro iniziato.

La realizzazione delle risoluzioni del Sinodo Particolare, che sono conformi ai principii del Concilio Vaticano II, costituisce una condizione fondamentale, una base oggettiva imprescindibile per la costruzione della comunione sia all'interno della Chiesa in Olanda, sia nelle relazioni della vostra comunità locale con l'universale comunità della Chiesa cattolica: la vera comunione infatti comprende ambedue gli aspetti.

Tale realizzazione è, al tempo stesso, molto importante per l'opera dell'ecumenismo così rilevante nella vostra Patria. L'attività ecumenica esige infatti che ciascuna delle Chiese cresca nella fedeltà alla sua tradizione nel campo della dottrina, della disciplina e della pastorale, purificandosi e rinnovandosi per comparire davanti a Cristo senzn macchia (cfr. UR 4 UR 6).

Da queste considerazioni appare il nostro comune dovere di operare con perseveranza per l'attuazione coerente delle Conclusioni del Sinodo Particolare.

Le Conclusioni del Sinodo Particolare ci impegnano tutti in coscienza, davanti a Dio e davanti alla Chiesa: Voi, che le avete firmate, come Pastori delle vostre Chiese locali; me, che le ho approvate, come primo responsabile dell'unità della Chiesa cattolica. Il Sinodo non è stato solo l'incontro di diversi cammini - come dice il significato originario della parola - ma è diventato esso stesso la via che insieme dobbiamo percorrere fino in fondo. Le presenti difficoltà, talune delle quali certamente molto gravi, non possono intimorirci; di fronte ad esse non possiamo indietreggiare. Similmente all'Apostolo dobbiamo poter dire: "Omnia sustineo propter electos, ut et ipsi salutem consequantur, quae est in Christo Iesu, cum gloria caelesti" (2Tm 2,10).

Credo di esprimere il vostro stesso pensiero, affermando che il lavoro di attuazione delle Conclusioni sinodali deve principalmente consistere ncl promuovere, in ogni modo idoneo, ciò che.c'è di positivo - ed è certo molto - nelle vostre Chiese.

Il vostro ministero vescovile in favore della comunione ecclesiale deve abbracciare tutti i campi della vita della Chiesa, come denota sufficientcmcntc l'elenco delle risoluzioni sinodali di un anno fa. Bisogna chc, grazie a tale ministero, venga dato posto a tutti i veri doni, ossia i carismi autentici, che si trovano nella comunità del Popolo di Dio, chc voi servite. Le deliberazioni del Sinodo hanno ricordato i criteri con i quali bisogna lasciarsi guidare nella valutazione dei doni e nella loro utilizzazione per il bene comune.

a) così dunque, accanto al contributo che possono dare alla vita della Chiesa i laici, nostri Fratelli e Sorelle, non può mancare quel particolare carisma che si collega con la vocazione alla completa dedizione a Cristo nel sacerdozio ministeriale, ed anche nella vita religiosa. Ad esso è dovuta, anzi, una preminente considerazione. La esperienza della Chiesa dimostra, dai tempi più remoti, quanta rilevante importanza abbia sempre avuto questa vocazione per il fruttuoso funzionamento di tutto l'organismo del Corpo di Cristo, quanto essa gli sia indispensabile. Perciò anche il Sinodo ha ricordato i principii dai quali bisogna lasciarsi guidare nel coltivare le vocazioni sacerdotali e religiose, e nella preparazione dei candidati all'esercizio del servizio sacerdotale nella ferma fede che Dio dà le vocazioni alla sua Chiesa. Tra i compiti primari dei Pastori della Chiesa è quello di creare gli Istituti per la specifica formazione al sacerdozio cattolico, come intesi dal Concilio Ecumenico Vaticano II, nei quali le giovani vocazioni possano trovare dei chiari punti di riferimento, così che esse rispondano al dono divino per una adeguata maturazione spirituale ed umana.

b) La doverosa sollecitudine per questo problema, tanto importante per la regolare vita comunitaria del Popolo di Dio, non può certo sminuire l'attenzione che si deve all'apostolato dei laici.

Nel Sinodo Particolare voi avete avuto parole di giusto riconoscimento per l'attiva e responsabile partecipazione di molti laici, nella vostra Patria, alla vita della Chiesa. Una tale partecipazione è stata espressamente incoraggiata dal Concilio Ecumenico Vaticano II, il quale ha ricordato che i laici, uomini e donne, sono chiamati a svolgere "il loro multiforme apostolato sia nella Chiesa sia nel mondo" (AA 9). Il Concilio ha anche indicato i campi più specifici e le forme proprie secondo cui esso deve avvenire; e, con particolare riferimento "all'armonia e cooperazione apostolica" tra clero e laici, ha sottolineato la necessità del "rispetto della natura propria di ciascuna forma di apostolato", e ciò precisamente "ad promovendum spiritum unitatis" (AA 23).

In conformità a questo insegnamento del Concilio, come anche ad altri suoi significativi enunciati (cfr. LG 10), voi stessi, nel Sinodo Particolare, vi siete trovati unanimi "à professer la distinction essentelle entre le sacerdoce ministériel ou sacramentel et le sacerdoce commun des baptisés, et à vouloir veiller sur les conséquences pratiques qui en decoulent".

Sono certo che si avrà un nuovo fervore di vita cattolica se si porra ogni cura ed attenzione nel promuovere l'apostolato dei laici, nei campi che gli spettano e secondo le forme che gli sono proprie, senza lasciare che, quasi insensibilmente, esso venga a confondersi con l'apostolato proprio del clero.

La realizzazione della vera comunione comporta appunto lo sviluppo autentico di tutti i carismi, così che, senza confusione, tutti possano svolgere il loro servizio reciprocamente, l'uno per l'altro, contribuendo allo sviluppo di ogni vocazione, conformemente alla propria natura, come pure alla regolare crescita ed all'arricchimento spirituale di tutta la comunità.

Nel rivolgere il mio pensiero e il mio cuore a voi, cari fratelli nell'episcopato, ed alle vostre Chiese, non posso tacere l'intima consolazione che mi proviene dal sapere che numerosi sono i sacerdoti ed i laici, i religiosi e le religiose, che ispirano la loro vita alla sequela di Cristo ed uniti a Lui elevano al Padre la loro incessante preghiera ed offrono ogni giorno il sacrificio spirituale della loro vita per il bene della Chiesa. Prima del Sinodo Particolare, con lettera del 6 gennaio 1980, mi rivolgevo a tutta la comunità cattolica dei Paesi Bassi, chiedendo l'aiuto spirituale della preghierta. Rinnovo ora questo mio pressante appello, e desidero che giunga alle singole famiglie, Chiese domestiche, ai giovani, speranza della Chiesa e mia, ai malati e a tutti coloro ai quali, nella sofferenza, è dato di essere più uniti alla Croce del Cristo. Le loro preghiere ed i loro sacrifici ottengano che Colui che vi ha dato la grazia di iniziare la buona opera del Sinodo conceda anche a voi ed ai vostri collaboratori, di compiere tutto il lavoro che ancora è necessario.

Nel leggere queste parole vi invio un adempimento del mio ufficio di "confirmare fratres" (cfr. Lc 22,32), siate certi del mio permanente sincero affetto e della ardente supplica che rivolgo a Cristo Gesù, Signore della Chiesa per l'intercessione della Sua e nostra Madre, perché egli stesso vi assista ogni giorno nel vostro ministero episcopale, facendovi conoscere la sua volontà e dandovi la forza di compierla.

Ai sacerdoti, vostri collaboratori nel ministero, ai religiosi, alle religiose, ai seminaristi e a tutti i fedeli del vostro diletto Paese il mio paterno affettuoso saluto: "Caritas mea cum omnibus vobis in Christo Iesu. Amen" (1Co 16,24).

Unito a voi nell'unico amore di Cristo e della Chiesa, vi invio di cuore l'Apostolica Benedizione.

Dal Vaticano, 2 febbraio 1981, Festa della Presentazione del Signore.

Data: 1981-02-02
Lunedì 2 Febbraio 1981


GPII 1981 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)