GPII 1981 Insegnamenti - Ad un anno dal Sinodo Particolare - Città del Vaticano (Roma)





Udienza ai convegnisti di "Missioni al popolo per gli anni 80" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Bisogna conoscere l'uomo d'oggi per illuminare completamente le menti

Carissimi fratelli!

1. Non potevate certo donarmi una gioia più grande di questo vostro Primo Convegno Nazionale sulle "Missioni al popolo per gli anni 80!". E' una vera consolazione quella che voi oggi mi recate e per tale motivo ben volentieri vi accolgo in questa particolare Udienza, vi saluto con affetto, e vi manifesto il mio compiacimento e apprezzamento per la vostra magnifica iniziativa: in effetti, il Convegno è stato voluto, molto opportunamente, per ricordare il quinto Anniversario della Lettera Apostolica "Evangelii Nuntiandi" di Paolo VI, di venerata memoria, documento di eccezionale importanza, sintesi dottrinale e disciplinare di straordinario valore illuminante e direttivo nel campo delicato ed essenziale della Evangelizzazione, messaggio fondamentale a cui bisognerà sempre richiamarsi.

Saluto gli Organizzatori e le varie Comunità tradizionalmente impegnate in questo tipico apostolato della predicazione al popolo: Padri Lazzaristi, Passionisti, Redentoristi, Francescani delle tre famiglie, Missionari del Preziosissimo Sangue, Gesuiti, Domenicani, Oblati di Maria Immacolata, Oblati Missionari di Rho ed altri ancora, tra cui voglio ricordare i Sacerdoti secolari che si dedicano a tale opera nelle proprie Diocesi, come le Religiose e i Laici che vi sono di aiuto. Se nel cuore del Vicario di Cristo tutti gli uomini sono presenti con le loro ansie e i loro ideali, tanto più siete presenti voi, che avete l'alto e tremendo incarico di annunziare il Vangelo nella società moderna, di predicare la "parola di Dio" all'umanità, additando il vero scopo dell'esistenza, l'autentico significato del viaggio terreno, così difficile ed insidiato, eppure così estremamente importante.

Vi esprimo inoltre la riconoscenza mia e di tutta la Chiesa per l'impegno e la buona volontà nel mantenere e nell'aggiornare la pia ed efficace pratica delle Missioni Popolari. Memori di ciò che comando il Divino Maestro: "Andate e ammaestrate tutte le nazioni... insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato" (Mt 28,19-20), non possiamo fare altro che obbedire con coraggio e con letizia, annunziando a tutti gli uomini che Gesù Cristo "per opera di Dio è diventato per noi sapienza e giustizia, santificazione e redenzione" (1Co 1,30).

Scrivendo ai Romani San Paolo sottolinea: "La fede dipende dalla predicazione e la predicazione a sua volta si attua per la parola di Cristo" (Rm 10,17). Bisogna dunque andare, parlare, predicare, insegnare, annunziare, affinché gli uomini possano credere ed invocare (cfr. Rm 10,14-15); ed è ancora San Paolo ad ammonire se stesso: "Guai a me se non predicassi il Vangelo!" (1Co 8,16) ed a scrivere al discepolo Timoteo: "Annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina" (2Tm 4,1-2).

Il comanndo di Cristo ed il severo monito dell'Apostolo sono validi tuttora. Essi sono stati l'assillo che rese intrepidi e infaticabili i grandi Padri, i grandi Santi, ai quali bisogna costantemente richiamarci se vogliamo veramente illuminare e salvare i fratelli: Ignazio di Loyola, Filippo Neri, Vincenzo de' Paoli, Alfonso Maria de' Liguori, San Paolo della Croce, Luigi Grignion de Montfort, Gaspare del Bufalo, Francesco di Sales, Giovanni Battista Vianney, Massimiliano Kolbe: uomini geniali e concreti, che ritennero di massimo valore proprio le "Missioni popolari".

Perciò con più viva forza e convinzione ripeto oggi ciò che già scrissi nella Lettera Apostolica "Catechesi Tradendae": "Le Missioni tradizionali sono insostituibili per un rinnovamento periodico e vigoroso della vita cristiana" (Catechesi Tradendae, CTR 47), ed esorto voi tutti a riprenderle, a rivalutarle, a riproporle con metodi e criteri aggiornati e adatti nelle Diocesi e nelle Parrocchie, in accordo con le Chiese locali.


2. Oggi, per un efficace lavoro nel campo della predicazione, bisogna prima di tutto conoscere bene la realtà spirituale e psicologica dei cristiani che vivono nella società moderna. Bisogna ammettere realisticamente e con profonda e sofferta sensibilità che i cristiani oggi in gran parte si sentono smarriti, confusi, perplessi e perfino delusi, si sono sparse a piene mani idee contrastanti con la Verità rivelata e da sempre insegnata; si sono propalate vere e proprie eresie, in campo dogmatico e morale, creando dubbi, confusioni, ribellioni, si è manomessa anche la Liturgia; immersi nel "relativismo" intellettuale e morale e perciò nel permissivismo, i cristiani sono tentati dall'ateismo, dall'agnosticismo, dall'illuminismo vagamente moralistico, da un cristianesimo sociologico, senza dogmi definiti e senza morale oggettiva. Bisogna conoscere l'uomo d'oggi per poterlo capire, ascoltare, amare, così com'è, non per scusare il male, ma per scoprirne le radici ben convinti che c'è salvezza e misericordia per tutti, purché non siano rifiutate coscientemente e ostinatamente. Oggi sono particolarmente attuali le figure evangeliche del Buon Samaritano, del Padre del Figliol Prodigo, del Buon Pastore. Bisogna costantemente tastare il polso di questa nostra epoca, per poter conoscere l'uomo nostro contemporaneo.


3. Per una "Missione" autentica ed efficace, bisogna illuminare le menti in modo totale e sicuro.

Oggi non basta più affermare; bisogna prima saper ascoltare, per capire a che punto si trova l'altro nel suo cammino di ricerca o nel suo dramma di sconfitta e di fuga, bisogna spiegare e rendersi attenti all'altrui esigenza. Oggi bisogna aver pazienza, e ricominciare tutto da capo, dai "preamboli della fede" fino ai "novissimi", con esposizione chiara, documentata, soddisfacente. E' necessario formare le intelligenze, con ferme ed illuminate convinzioni, perché solo così si possono formare le coscienze. Soprattutto oggi bisogna far sentire ed inculcare il "senso del Mistero", la necessità della umiltà della ragione di fronte all'Infinito e all'Assoluto, la logica della confidenza e della fiducia in Cristo e nella Chiesa da lui appositamente voluta e fondata per donare per sempre agli uomini la pace della verità e la gioia della grazia. E' questo un compito assai delicato e anche faticoso, che esige preparazione accurata e sensibilità psicologica; eppure è assolutamente necessario.


4. E' necessario incoraggiare paternamente con lo stesso amore di Cristo. La "Missione popolare" è efficace quando, corroborata dalla preghiera e dalla penitenza, spinge alla conversione, cioè al ritorno alla verità e all'amicizia di Dio coloro che avevano perso la fede e la grazia con il peccato, chiama ad una vita più perfetta i cristiani abitudinari, infervora le anime, convince a vivere le Beatitudini, suscita vocazioni sacerdotali e religiose. Per ottenere questi effetti ci vuole fermezza di dottrina, ma soprattutto bontà di cuore! Rivestitevi pertanto degli stessi sentimenti di Gesù ed annunziate a tutti ciò che scriveva l'Autore della lettcra agli Ebrei: "Accostiamoci con piena fiducia al trono della grazia, per ricevere misericordia e trovare grazia ed essere aiutati al momento opportuno" (He 4,16).


5. Carissimi! Ecco ciò che desideravo dirvi, esortandovi a perseverare in questo magnifico compito, così necessario e così attuale. Beati voi, che annunciate la Verità che salva, la speranza che consola, la certezza che dà gioia ora e per l'eternità! E vi affido con particolare premura a Maria Santissima, affinché vi assista sempre, vi illumini e vi conforti e renda particolarmente fecondo il vostro apostolato a favore degli uomini redenti dal Sangue del suo Figlio! A tanto vi accompagni la mia affettuosa, propiziatrice Benedizione!

Data: 1981-02-04
Mercoledì 4 Febbraio 1981


Ai rappresentanti in Italia della Stampa Estera - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Informare bene e liberamente è un esercizio di responsabilità

Illustri membri dell'Associazione della Stampa Estera in Italia!

1. Sono particolarmente lieto di accogliere, in voi, i rappresentanti qualificati della stampa estera in Roma. Vi ringrazio per questo incontro familiare ed esprimo, in particolare, il mio vivo apprezzamento al vostro Presidente per essere stato l'intermediario di questa udienza e per averla ora introdotta con le sue cortesi parole. Mi è propizia ancora questa occasione per esternare il mio compiacimento a tutti i membri dell'Associazione, la quale, sia per il carattere internazionale dei componenti, sia, ciò che più conta, per lo spirito di collaborazione che la distingue, costituisce un esempio di lavoro ben organizzato nella vostra attività di informatori e formatori della pubblica opinione.


2. A voi operatori della comunicazione sociale, provenienti da tanti Paesi e da differenti culture, desidero proporre queste parole della Sacra Scrittura: "Come acqua fresca per una gola riarsa, è una buona notizia da un paese lontano" (Pr 25,25). In queste parole ispirate la "buona informazione" ha per l'uomo in cammino la stessa importanza di una dissetante polla sorgiva in terra arida. Tale essendo il peso specifico del vostro apporto, è facile immaginare come la sua realizzazione sia complessa ed ardua, specialmente quando si tratta di far meglio comprendere ai lettori la vita, la vocazione, la testimonianza e l'opera della Chiesa di Roma e del suo Vescovo, successore di Pietro e Pastore della Chiesa universale. Comprendo le difficoltà che voi incontrate nel far conoscere ed illustrare nei vostri organi di informazione l'attività e la realtà della Chiesa, la quale è anzitutto mistero di fede (cfr. LG 1).


3. Appunto per aiutarvi in questo vostro sforzo, la prossima Giornata Mondiale per le Comunicazioni Sociali intende proclamare il valore insostituibile di una "libertà responsabile" nell'esercizio della vostra attività quanto mai delicata: il tema di tale giornata mondiale e appunto il seguente: "Le comunicazioni sociali a servizio della libertà responsabile dell'umanità". Infatti è soltanto nella libertà e mediante la libertà responsabile che voi potrete adempiere la vostra missione di osservatori e d'informatori, e svolgerla sotto la forma di "buona notizia ai paesi lontani". Il vostro leit-motiv sia dunque: "Informare meglio per essere più responsabili e più liberi". L'informazione è una via, attraverso la quale ogni persona assume liberamente una maggiore responsabilità nei confronti dei destini dell'umanità. Senza una "buona informazione", non c'è esercizio di responsabilità, poiché la libertà responsabile dell'umanità dipende da una esatta comprensione e da un nuovo coordinamento dell'informazione nel mondo intero. Il voto che sale da queste considerazioni e che le "buone notizie" possano circolare entro tutti i "paesi lontani" senza eccezione o limitazione di sorta, e senza interpretazioni unilaterali.


4. Non essendo possibile entrare qui nel vivo dell'argomento e trattarlo in maniera compiuta, mi limito a ricordare una espressione rivolta dal mio venerato predecessore Pio XII agli editori e scrittori: "Certainly a first postulate of such freedom is to have access to the truth" (Pio XII, "Discorsi e Radiomessaggi" VIII, 171). Libertà per la verità, libertà nell'unità e libertà nella carità: ecco i moventi più dinamici e più intensi di questa libertà. Ma come ho già detto in altre occasioni, desidero invitarvi a non considerare questa libertà come sinonimo di licenza, tale da rivendicare perfino "il diritto al male morale" (cfr. "AAS", (1980) 81-82); ma, al contrario, vi esorto a farvi gli avvocati, i difensori a livello internazionale di questa libertà, di cui necessitano gli uomini di oggi, e di cui anche la Chiesa ha tanto bisogno per essere se stessa. Come già vi disse Papa Paolo VI nel corso dell'udienza ora ricordata dal vostro Presidente, io vi ripeto con forza: "Siate attenti a difendere sempre e da per tutto i giusti diritti e la vera libertà delle persone, senza compiere discriminazioni parziali, come, purtroppo, accade a motivo dei regimi politici che sono in causa, o delle scelte personali che ci rendono sensibili unicamente nei confronti delle vittime, di cui condividiamo le idee o le convinzioni... Non rimanete muti quando la dignità e l'onore della persona umana sono minacciati dalla violenza, dallo sfruttamento economico, dal rilassamento dei costumi, del quale la nostra società permissiva dà troppo spesso triste spettacolo" (Paolo VI, "Insegnamenti de Paolo VI", XIV (1976)) 137).


5. Illustri Signori, siate sempre degni di questa missione, che tanto nobilmente qualifica il servizio da voi prestato. I vostri lettori hanno diritto di contare su di voi, sul vostro senso di responsabilità, sulla fedeltà piena a tutto ciò che fa onore alla vostra professione: obiettività, lealtà e sapiente ponderazione nella presentazione delle notizie, senza mai perdere di vista conseguenze possibili per i vostri destinatari e le esigenze del vero bene della società.

Da parte mia prego il Signore, perché vi aiuti a ben continuare, con coraggio e con senso di responsabilità, la vostra opera che desidero ora confortare con una speciale benedizione, in segno ed auspicio di benevolenza e di spirituale comprensione e appoggio.

Data: 1981-02-05
Giovedì 5 Febbraio 1981


Udienza - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Saluto ai marinai argentini

Signore Direttore, Cappellano Maggiore, ufficiali e allievi della scuola Matias de Irigoyen della Prefettura Navale Argentina: vi ringrazio profondamente per l'omaggio di adesione filiale che, come appena ha espresso il vostro Direttore, avete voluto rendere al successore di Pietro, mentre vi disponete ad iniziare una nuova tappa del servizio alla Patria, subito dopo aver terminato i vostri studi.

Mi rallegra in maniera particolare il fatto che questa visita abbia luogo dopo che è stato stabilito, con l'approvazione della Santa Sede, il servizio religioso, il quale dovrà curare e promuovere la vostra formazione morale.

Infatti, l'importante e delicata missione che assumete dovrà essere guidata da un profondo senso etico della vita, tanto individuale quanto professionale e sociale.

In questa maniera sarete capaci di comprendere e servire i valori fondamentali della persona e del suo primato sopra tutte le cose.

Vi incoraggio, perciò ad esercitare la vostra funzione di servizio con vera coscienza cristiana, in atteggiamento di costante rispetto per la verità e la libertà delle persone e di amore al vostro Paese, facendovi sempre propagatori e costruttori di concordia e di pace. Con l'Apostolo Paolo vi auguro: "Che il Signore della Pace vi dia egli stesso la pace, sempre e in ogni modo" (2Th 3,16).

A voi, ai vostri cappellani e compagni impartisco, come pegno della costante assistenza divina, la Benedizione Apostolica, che di cuore estendo a tutti i vostri cari.

(Traduzione dallo spagnolo)

Data: 1981-02-06
Venerdi 6 Febbraio 1981


Udienza ai soci del Circolo di Roma - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Aperta testimonianza cristiana nel dialogo con la cultura contemporanea

Cari e illustri Signori del Circolo di Roma! Con amabili parole il vostro Presidente, avvocato Vittorino Veronese, mi ha voluto presentare voi e il vostro circolo, nella sua struttura, nelle sue idee portanti, nelle sue finalità. Lo ringrazio di cuore e ringrazio tutti voi, per la vostra qualificata presenza, che mi dà occasione di incontrare oggi personalità della Cultura e della Diplomazia, unite insieme da ideali umani, spirituali, religiosi, che spingono gli animi alla ricerca della verità, del bene, della bellezza, della giustizia, della pace, della solidarietà.

1. La vostra associazione fin dal suo nascere ha voluto prendere il nome da "Roma", e questo non soltanto perché ha la sua sede sociale nell'Urbe, ma perché intendeva riconoscere che Roma, con la sua storia, con le sue ricchezze artistiche, ma ancor più con la sua eredità cristiana, ha rappresentato per secoli e rappresenta ancor oggi uno stimolo esaltante, un punto fermo di riferimento e di orientamento per l'uomo contemporaneo, il quale, giungendo in questa meravigliosa e straordinaria Città, si sente a casa propria, perché nessuno è straniero a Roma: non lo era, nell'antichità classica, chi vi giungeva da lontani confini ed ammirava i suoi monumenti e la sua saggia legislazione giuridica, fondamentalmente rispettosa delle varie diversità etniche; non lo è il turista odierno, che respira in un,l atmosfera di apertura, di universalità, che sono quasi la specii;ca cnratteristica dell'Urbe.

L'africano sant'Agostino, vescovo di Ippona, vibrava di entusiasmo per Roma, "caput gentium", e quando nel 410 i soldati di Alarico la invasero e la saccheggiarono, egli, meditando sul piano provvidenziale di Dio, affermava che la Roma pagana stava per scomparire per far sorgere la Roma cristiana; e pieno di ammirazione per le antiche virtù etiche dei Romani, che erano riusciti a creare il glorioso impero, invitava i cristiani a prendere esempio da loro: "...non solum ut talis merces talibus hominibus redderetur, Romanorum imperium ad humanam gloriam dilatatum est; verum etiam ut cives aeternae illius civitatis, quamdiu hic peregrinantur, diligenter et sobrie illa intueantur exempla, et videant quanta dilectio debeatur supernae patriae propter vitam aeternam, si tantum a suis civibus terrena dilecta est propter hominum gloriam" (Sant'Agostino, De Civitate Dei, V,16; PL 41,160).

Tale senso della "romanità" il vostro Circolo intende mantenerlo, svilupparlo mediante iniziative che mirano, in particolare, al riavvicinamento tra cristiani in spirito ecumenico.

Desidero dirvi il mio compiacimento per questa esplicita finalità "ecumenica" del Sodalizio, che ha sentito fin dai primissimi anni della sua fondazione l'esigenza di lavorare intensamente per il ristabilimento dell'unità dei cristiani, secondo gli orientamenti del Concilio Vaticano II, il quale ha affermato che le iniziative ecumeniche contribuiscono a promuovere l'equità e la verità, la concordia e la collaborazione, la carità fraterna e l'unione, ed ha auspicato che tutti i cristiani si riuniscano in quella unità dell'una ed unica Chiesa, che Cristo fin dall'inizio dono alla sua Chiesa (cfr. UR 4).


2. Il vostro Sodalizio è nato anche per favorire la reciproca conoscenza e la migliore cooperazione di intenti tra persone, che svolgono un'attività qualificata nella vita e nella cultura internazionale, ispirandola ad una aperta testimonianza cattolica.

I vari incontri, le conferenze, i dibattiti che avete promosso in questi anni, affrontando temi ed argomenti di viva attualità, hanno dato al Circolo una fisionomia di grande serietà, per il tentativo di apertura, di incontro e di approccio con la cultura e la realtà contemporanea. Auspico che la vostra Associazione realizzi pienamente l'orientamento dato in tale campo dal Concilio Vaticano II: "I fedeli... vivano in strettissima unione con gli uomini del loro tempo e si sforzino di penetrare perfettamente il loro modo di pensare e di sentire, di cui la cultura è espressione. Sappiano armonizzare la conoscenza delle nuove scienze, delle nuove dottrine e delle piu recenti scoperte con la morale e il pensiero cristiano, affinché la pratica della religione e l'onestà procedano in essi di pari passo con la conosccnza scientifica e il continuo progresso della tecnica, in modo che possano giudicare e interpretare tutte le cose con senso integralmente cristiano" (GS 62).

Tale senso, che fa giudicare e interpretare tutta la realta - quella scientifica, quella umana, quella storica, quella artistica, quella sociale, quella politica - non deve tuttavia rimanere a livello puramente teoretico, perché nel cristiano non ci può essere separazione tra teoria e prassi. La "aperta testimonianza cattolica", che deve ispirare il vostro dialogo con la cultura contemporanea, significa soprattutto la testimonianza concreta ed operosa della vostra vita, tale che spinga gli uomini a lodare il Padre celeste (cfr. Mt 5,16).

All'inizio del secondo sccolo, sant'Ignazio, vescovo di Antiochia e martire, scriveva agli Efesini: "Come l'albero si conosce dai suoi frutti, così co)oro che si professano discepoli di Cristo, si conosceranno dalle loro opere.

Ora non è questione di professare la fede con le parole, ma è necessaria la forza della fede per esser trovati fedeli fino alla fine". Queste parole mantengono una straordinaria attualità.

Auguro pertanto che il vostro circolo continui, con dinamismo sempre giovanile, il suo cammino nello spirito delle sue alte finalità, mentre su tutti voi, sui vostri familiari e sui vostri Cari invoco l'abbondanza delle grazie divine, in pegno delle quali vi imparto di cuore l'Apostolica Benedizione.

Data: 1981-02-07
Sabato 7 Febbraio 1981


Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La preghiera per la Chiesa in Corea



1. Mercoledì prossimo, 11 febbraio, la Chiesa celebra la memoria della Beata Maria Vergine di Lourdes. Tale ricorrenza liturgica, come già nel passato, raccoglierà anche quest'anno nella Basilica di san Pietro gli ammalati, unitamente ai loro pastori, che partecipano ai pellegrinaggi a quel grande Santuario della Madre di Dio, diventato in Francia straordinario punto di riferimento e di incontro per tutti i popoli.

Nell'anno in corso la memoria della Beata Vergine di Lourdes indirizza i nostri pensieri e i nostri affetti verso il Congresso Eucaristico Internazionale, che avrà luogo, come è noto, appunto a Lourdes dal 16 al 23 luglio prossimo. Il solenne avvenimento, che intende ricordare anche il centenario del primo Congresso Eucaristico Internazionale, svoltosi pur esso in Francia, a Lille, si prefigge di approfondire nella preghiera e nella riflessione, il tema: "Cristo, pane spezzato per un mondo nuovo". Fin da ora, e in particolare nella celebrazione del Mercoledì in san Pietro, vogliamo assicurare un ricordo speciale nella preghiera per quanti sono impegnati nei lavori di preparazione del Congresso Eucaristico, e per il suo felice esito.


2. Desidero, poi, ricordare che un anno fa, il 31 gennaio si è concluso il Sinodo speciale dei Vescovi Olandesi a Roma. Raccomando alla preghiera di tutti la realizzazione delle decisioni di quel Sinodo, le quali hanno grande importanza per la vita della Chiesa in Olanda e, di riflesso, dell'intera Chiesa universale. Mi rivolgo con questa esortazione sia a voi tutti, qui presenti, sia ai fratelli e sorelle della nobile terra olandese.

Esorto poi tutti gli ammalati e i sofferenti a voler completare l'offerta della preghiera col sacrificio delle loro sofferenze, unendolo al sacrificio di Cristo stesso, Eterno Pastore di tutte le Chiese e di tutte le anime.


3. Vorrei, adesso, invitarvi a rivolgere con me un pensiero di affettuosa attenzione alle Chiese della Corea, i cui Vescovi sono venuti a Roma per la "visita ad limina" qualche tempo fa.

Con intima gioia, ho avuto modo di sentire dalla loro viva voce il generoso e rinnovato impegno di evangelizzazione e di promozione umana che è in atto nelle loro 14 diocesi. E' una giovane e promettente Chiesa missionaria che si gloria di un cospicuo gruppo di santi martiri della fede e che conta circa 2 milioni di fedeli, un numero notevole di conversioni, una crescente partecipazione alla liturgia ed una viva testimonianza del messaggio di Cristo da parte del laicato. Numerose sono pure le vocazioni sacerdotali e religiose.

Quei Vescovi mi hanno esposto anche le ansie pastorali con le quali la Chiesa segue e partecipa attivamente ai problemi della vita nazionale. I cattolici sono generosamente impegnati nel dare il loro leale e costruttivo contributo per l'edificazione di una società più giusta e progredita, in armonia con i valori etici, con le nobili tradizioni della loro terra, nel rispetto dei diritti della persona umana.

Nello stesso tempo, come non ricordare i carissimi fratelli e sorelle del nord, così vicini al mio cuore, ai quali vorrei che giungesse l'assicurazione della mia assidua e partecipe preghiera, del mio costante ricordo? Vi invito ad unirvi alla mia invocazione perché, per l'intercessione della Vergine santa, il Signore renda sempre più feconde di bene le speranze e le attese di tutto il popolo coreano.

Data: 1981-02-08
Domenica 8 Febbraio 1981


Nella Chiesa dei santi Carlo e Biagio ai Catinari (Roma)

Titolo: Siate proprio voi parrocchiani sale della terra e luce del mondo



1. "Voi siete il sale della terra... Voi siete la luce del mondo..." (Mt 5,13 Mt 5,14).

Ripeto volentieri le parole dell'odierna pericope evangelica, e con queste stesse parole desidero salutare la parrocchia dei santi Carlo e Biagio "ai Catinari". Perché con queste parole? Perché le ha pronunciate Cristo dinanzi ai suoi discepoli, e la parrocchia è appunto la comunità dei discepoli di Cristo. E' con queste parole che Cristo ha definito i suoi discepoli e, nello stesso tempo, ha assegnato loro un compito: ha spiegato come devono essere, dato che sono suoi discepoli.

Inquadrato in questa prospettiva, il mio saluto va, anzitutto, al Signor Cardinale Carlo Confalonieri, decano del Sacro Collegio dei Cardinali, al Signor Cardinale Ugo Poletti che, come mio primo collaboratore nella pastorale diocesana, sempre mi accompagna nelle visite domenicali alle varie Parrocchie dell'Urbe, ed è oggi venuto col nuovo Vescovo Ausiliare Mons. Filippo Giannini. Desidero poi salutare gli altri fratelli nell'Episcopato, il parroco P. Antonio Francesconi, che è anche superiore della locale Comunità religiosa, costituita dai Figli Spirituali di Sant'Antonio Maria Zaccaria, detti comunemente Barnabiti.

Questa, come sapete, è una Chiesa del centro storico e basta tale richiamo ambientale a far capire subito il suo profilo socio-religioso: al numero non molto alto dei fedeli corrispondono numerose strutture ed enti di carattere pubblico e di importanza non solo locale, ma anche nazionale, come in rapporto alla tipologia composita ed alla "mobilità" degli abitanti si riscontrano particolari problemi per l'assistenza e l'animazione pastorale. Come ricordare, intanto, tutte le istituzioni e le persone che operano nella zona? Permettetemi solo di nominare, tra gli altri, i Padri Teatini della vicina Basilica di Sant'Andrea della Valle ed i Padri Pallottini, nella cui casa fui ospite per qualche tempo nel lontano 1946. Tra le religiose ricordero soltanto le Figlie della carità di san Vincenzo de' Paoli, le quali lavorano nel Pontificio Istituto "san Clemente". Ricordo, infine, e saluto, per quanto riguarda i gruppi laicali, l'opera Oasi in favore dei fratelli Israeliti, il gruppo neo-catecumenale, eretto di recente presso San Salvatore in Campo, il Centro Italiano di solidarietà. Quel che mi preme di dichiarare alla fine di questa rassegna, necessariamente incompleta, è che a tutti ed a ciascuno dei sacerdoti, religiosi e laici, compresi nell'ambito di questa insigne Comunità parrocchiale, la mia visita vuol recare una parola di compiacimento, di incoraggiamento e di stimolo per il loro lodevole e multiforme impegno di testimonianza ecclesiale.

Desidero poi rivolgere un affettuoso saluto ai fedeli della parrocchia di santa Maria di Costantinopoli in Avellino, qui presenti con il loro Parroco, i quali sono venuti a Roma in occasione del gemellaggio della prima e seconda prefettura della diocesi romana con la loro parrocchia. E mediante essi invio, con particolare intensità di sentimento, il mio saluto, il mio augurio e l'assicurazione del mio ricordo e della mia preghiera a quanti soffrono per il terremoto di qualche mese fa.


2 Perché il Signore Gesù ha chiamato i suoi discepoli "il sale della terra"? Egli stesso ci dà la risposta, se consideriamo, da una parte, le circostanze in cui pronuncia queste parole e, dall'altra, il significato immediato dell'immagine del sale. Come sapete, l'affermazione di Gesù è inserita nel Discorso della montagna, la cui lettura ha avuto inizio domenica scorsa col testo delle otto Beatitudini: Gesù, circondato da una grande folla, sta ammaestrando i suoi discepoli (cfr. Mt 5,1), e proprio ad essi, quasi all'improvviso, dice non che "devono essere", ma che "sono" il sale della terra. Si direbbe, insomma, che egli, senza escludere ovviamente il concetto di dovere, designi una condizione normale e stabile del discepolato: non si è suoi veri discepoli, se non si è sale della terra.

Facile, d'altra parte, è l'interpretazione dell'immagine: il sale è quella sostanza che si usa per dar sapore alle vivande e per preservarle, altresì dalla corruzione. Il discepolo di Cristo, dunque, è sale nella misura in cui offre realmente agli altri uomini, anzi all'intera società umana, qualcosa che valga come un salutare fermento morale, qualcosa che insaporisca e tonifichi. Fuori di metafora, un tale fermento no può essere che la virtù o, più esattamente, il complesso di quelle virtù così bene indicate nella serie precedente delle Beatitudini.

Si comprende, allora, come queste parole di Gesù valgano per tutti i suoi discepoli. E' necessario, pertanto, che ognuno di noi, ognuno di voi, cari fratelli e figli, le intenda come riferite a se stesso. Quando nel mio saluto iniziale ho citato tali parole programmatiche, pensavo appunto in voi, ed ora, dopo la spiegazione che ne ho fatto, dovete sentirvi compresi in esse tutti voi parrocchiani. Non dico solo quelli cosiddetti "impegnati", ma tutti, e ciascuno di voi, senza eccezione. Perché tutti siete discepoli di Cristo! E adesso la seconda domanda: perché il Signore Gesù ha chiamato i suoi discepoli "la luce del mondo"? Egli stesso ci dà la risposta, sempre in base alle accennate circostanze ed al valore peculiare dell'immagine. Quella della luce, infatti, si presenta subito come complementare ed integrativa rispetto all'immagine del sale: se questo suggerisce l'idea della penetrazione in profondità, quella suggerisce l'idea della diffusione nel senso dell'estensione e dell'ampiezza, perché - diro con le parole del grande poeta italiano e cristiano - "La luce rapida / piove di cosa in cosa, e i color vari suscita / dovunque si riposa" (A. Manzoni, "La Pentecoste", vv. 41-44).

Il cristiano dunque, per essere fedele discepolo di Cristo maestro, deve illuminare col suo esempio, con le sue virtù, con quelle "belle opere" (Kala Erga), di cui parla l'odierno testo evangelico (Mt 5,16) e che gli uomini sono in grado di vedere. Egli deve illuminare proprio perché è seguace di colui che è "la vera luce, che illumina ogni uomo che viene a questo mondo" (Jn 1,9) e che si autodefinisce "luce del mondo" (Jn 8,12). Lunedì scorso abbiamo celebrato la festa della "Candelora", il cui nome esatto è quello di "Presentazione del Signore".

Portato bambino al tempio, egli fu salutato profeticamente dal vecchio Simeone come "luce per illuminare le genti" (Lc 2,32). Ora, non ci dice niente questa "persistenza d'immagine" nell'ottica degli evangelisti? Se Cristo è luce, lo sforzo dell'imitazione e la coerenza della nostra professione cristiana non potranno mai prescindere da un'ideale ed insieme reale assimilazione a Lui.

Anche questa seconda immagine configura una situazione normale ed universale valida per la vita cristiana: essa si offre e si impone come un obbligo di stato e deve avere, pertanto, un'attuazione pratica e particolareggiata in modo tale che in essa si ritrovino i sacerdoti, le religiose, i genitori, i giovani, gli anziani, i bambini, e soprattutto gli ammalati, i solitari e i sofferenti.

Come tutti sono invitati a farsi discepoli di Cristo, così tutti possono e devono farsi, nella concretezza delle loro opere, sale e luce per gli altri uomini.


3. Ed ora ascoltiamo la confessione del vero discepolo di Cristo.

Ecco, parla san Paolo con le parole della sua lettera ai Corinzi. Lo vediamo, mentre egli si presenta dinanzi ai suoi destinatari, e sentiamo che l'ha fatto "in debolezza e con molto timore e trepidazione". (1Co 2,3) Perché? Questo atteggiamento di "timore e trepidazione" nasce dal fatto che egli sa di urtare la mentalità corrente, la sapienza puramente umana e terrena, soddisfatta solo delle cose materiali e mondane. Egli, invece, annuncia il Cristo e il Cristo Crocifisso, cioè predica una sapienza che viene dall'alto. Per far questo, da vero discepolo di Cristo, vive interiormente tutto il mistero di Cristo, tutta la realtà della sua croce e della sua risurrezione. E bisogna notare, inoltre, che così anche l'intesa vita interiore diventa, quasi, in moda naturale, quella che l'apostolo chiama "la testimonianza di Dio" (1Co 2,1). Nella vita pratica, insomma, un vero discepolo deve sempre diventare tale nel senso dell'interiore approvazione del mistero di Cristo, che è qualcosa di totalmente "originale", non mescolato con la scienza "umana" e con la "sapienza" di questo mondo.

Vivendo in questo mondo, dobbiamo, certo, avere la "conoscenza" di esso ed anche la capacità di agire in esso. Bisogna, pero, che in rapporto a questi impegni di natura laicale, la nostra fede non sia fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio (1Co 2,5).


4. La parrocchia - come ho detto all'inizio - è la comunità dei discepoli di Cristo. Quali conseguenze pratiche conviene a noi ricavare dalle odierne letture liturgiche? A me sembra che debbono essere queste le conseguenze da ricavare; anzitutto, l'approfondimento della fede e della vita interiore; in secondo luogo, un serio impegno nell'attività apostolica. "Perché (gli uomini) vedano le vostre opere buone, e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli" (Mt 5,16); ed infine, la prontezza nell'opera per gli altri come ben dice la I lettura con le parole di Isaia: "Spezza il tuo pane con l'affamato, introduci in casa i miseri, senza tetto, vesti chi è nudo, senza distogliere gli occhi dalla tua gente. Allora la tua luce sorgerà come l'aurora, la tua ferita si rimarginerà presto. Davanti a te camminerà la tua giustizia, la gloria del Signore ti seguirà.

Allora lo invocherai e il Signore ti risponderà: implorerai aiuto ed egli dirà: Eccomi" (Is 58,7-9).


5. Permettete ora che dalla parola divina dell'odierna domenica, che abbiamo insieme meditato, io ricavi le ultime conclusioni e, nello stesso tempo, gli auguri sia per la vostra Comunità cristiana, sia per ognuno di voi. Innanzitutto, io auguro che rinnoviate in voi la coscienza personale e comunitaria: sono discepolo - voglio essere discepolo di Cristo. E', questa, una cosa meravigliosa: essere discepolo di Cristo! Seguire la sua chiamata e il suo Vangelo! Io auguro a voi che possiate sentire ciò più profondamente, e che la vita di ognuno di voi e di tutti assuma, grazie a questa consapevolezza, il suo pieno significato.

Nelle parole di Isaia è contenuta una particolare promessa: il Signore ascolta coloro che gli ubbidiscono. Egli risponde "Eccomi" a coloro che si trovano dinanzi a Lui con la stessa prontezza e con la loro condotta dicono lo stesso "eccomi". Io auguro a voi che il vostro rapporto con Gesù Cristo nostro Signore, redentore e maestro, sia regolato in questo modo. Io auguro che Cristo sia con voi, e che mediante voi sia con gli altri: e che si attui così la vocazione dei suoi veri discepoli i quali devono essere "il sale della terra" e "la luce del mondo". così sia.

Data: 1981-02-08
Domenica 8 Febbraio 1981






GPII 1981 Insegnamenti - Ad un anno dal Sinodo Particolare - Città del Vaticano (Roma)