GPII 1981 Insegnamenti - L'omelia alla Messa per la beatificazione di Lorenzo Ruiz e compagni martiri

L'omelia alla Messa per la beatificazione di Lorenzo Ruiz e compagni martiri

Titolo: Morire per la fede è un dono per alcuni, vivere di fede è una chiamata per tutti

Cari fratelli e sorelle nel Signore,

1. La città di Manila e tutte le Filippine sono piene di gioia in questo giorno poiché cantano un inno di gloria a Gesù Cristo. Infatti, secondo la promessa del suo Vangelo, Cristo veramente riconosce, alla presenza del Padre suo nel cielo, quei martiri fedeli che riconobbero lui davanti agli uomini (cfr. Mt 10,32). E a motivo della vicinanza di Luneta Park alla antica Manila "intra muros", l'inno di gloria a Dio che è stato ora cantato da tante voci è un'eco del "Te Deum" cantato nella Chiesa di santo Domingo la sera del 27 Dicembre 1637, quando arrivo la notizia del martirio di un gruppo di sei cristiani a Nagasaki. Fra di loro vi era il capo della missione, Padre Antonio Gonzales, un Domenicano spagnolo originario del Leon, e Lorenzo Ruiz, un uomo sposato, con famiglia, nato in Manila "extra muros": nel sobborgo di Binondo (cfr. "Positio super Martyrio", Roma, 1979, pp.478-9).

Anche questi testimoni a loro volta cantarono salmi al Signore potente e misericordioso, sia quando si trovarono in prigione, sia durante la loro esecuzione mediante forca e fossa che duro tre giorni.

Il canto di questi eletti "designati" martiri - per usare un termine utilizzato dal mio predecessore Benedetto XIV - fu seguito in Manila, allora come adesso, dal canto di ringraziamento per i martiri ora "consumati" e "glorificati".

"Te martyrum candidatus laudat exercitus": essi appartennero davvero alla schiera in candide vesti, i cui membri comprendono quelli della bianca legione dell'Ordine dei Predicatori.


2. Allo stesso tempo il nostro inno è un inno di fede che conquista il mondo (cfr. 1Jn 5,4). La predicazione di questa fede illumina come il sole tutti quelli che desiderano ottenere la conoscenza della verità. E invero, sebbene ci siano differenti lingue nel mondo, la potenza della tradizione cristiana è la stessa. E così, come spiega sant'Ireneo, le Chiese fondate in Germania o in Spagna credono e insegnano in modo non differente dalle Chiese fondate in oriente o nelle regioni centrali del mondo (cfr. Sant'Ireneo "Adversus haereses", I, 10, 1-3: PG 7, pp. 550-554).

Perciò saluto con profondo affetto in Cristo Gesù le Chiese europee d'Italia, Francia e Spagna, e le Chiese asiatiche in Taiwan, Macao, Filippine e Giappone, qui rappresentate o almeno spiritualmente unite a questa cerimonia di beatificazione dei sedici martiri che appartengono loro per nascita, lavoro apostolico o martirio.


3. Il Signore Gesù col suo sangue ha veramente redento i suoi servi, riuniti da ogni razza, lingua, popolo e nazione, per far di loro un sacerdozio regale per il nostro Dio (cfr. Ap 5,9-10). I sedici beati martiri, con l'esercizio del loro sacerdozio - quello del Battesimo o dell'Ordine Sacro - manifestarono il più grande atto di adorazione e di amore verso Dio col sacrificio del loro sangue unito al Sacrificio di Cristo, proprio quello della Croce. In questo modo imitarono Cristo, sacerdote e vittima, nel modo più perfetto possibile per le umane creature (cfr. Santo Tomas II-II 124,3). Nello stesso tempo fu il massimo atto di amore che si possa fare per i fratelli per amore dei quali noi tutti siamo chiamati a sacrificarci, seguendo l'esempio del Figlio di Dio che sacrifico se stesso per noi (cfr. 1Jn 3,16).


4. Questo è ciò che fece Lorenzo Ruiz. Guidato dallo Spirito Santo verso un termine inaspettato dopo un viaggio avventuroso, egli disse ai giudici di essere un cristiano, e di dover morire per Dio, e di essere pronto a dare la sua vita per lui anche mille volte (cfr. "Positio super Martyrio", p. 417).

Kahit maging sanglibo man / Ang buhay n'yaring katawain / Pawa kong ipapapatay, / Kung inyong pagpipilitang/ Si Kristo 'y aking talikdan. (Anche se fossero mille / le vite di questo corpo / le farei uccidere tutte / se mi costringete / a voltare le spalle a Cristo).

In queste parole troviamo una sintesi della sua personalità, una descrizione della sua fede e la ragione della sua morte. Fu in questo momento che questo giovane padre di famiglia professo e porto a compimento la catechesi cristiana che aveva ricevuto alla scuola dei Frati Domenicani di Binondo: una catechesi che non poteva essere altro che cristocentrica, sia per il mistero che contiene sia per il fatto che è Cristo che insegna attraverso le labbra del suo messaggero (cfr. Giovanni Paolo II CTR 5-6).

Questa è l'essenza cristiana del primo Beato della nazione filippina, la cui odierna esaltazione è un punto culminante veramente adeguato alla celebrazione del quarto centenario della Arcidiocesi di Manila. Proprio come la giovane Chiesa di Gerusalemme fece sgorgare il primo martire per Cristo nella persona del diacono Stefano, così la giovane Chiesa di Manila, fondata nel 1579, diede vita al suo primo martire nella persona di Lorenzo Ruiz, che aveva servito nella chiesa parrocchiale di san Gabriele in Binondo. La parrocchia locale e la famiglia, chiesa domestica, sono davvero il centro della fede che è vissuta, insegnata e testimoniata.


5. L'esempio di Lorenzo Ruiz, figlio di padre cinese e di madre tagala, ci ricorda che la vita di ognuno, l'intera vita deve essere a disposizione di Cristo. Essere cristiani significa donare ogni giorno, in risposta al dono di Cristo che venne nel mondo perché tutti potessero avere la vita e averla in abbondanza (cfr. Jn 10,10). O, come così appropriatamente è espresso nel tema della mia visita a questo Paese: Morire per la fede è un dono per alcuni; vivere di fede è una chiamata per tutti. Io sono venuto dalla città dei martiri Pietro e Paolo in questa capitale per parlare a voi del significato della nostra esistenza, del valore del vivere e morire per Cristo. E questo é ciò che desidero affermare con questo atto di beatificazione, desiderato da me e dal mio predecessore Paolo VI, e richiesto dalle varie chiese locali e dall'Ordine Domenicano.


6. Ma l'amabile figura del primo martire filippino non sarebbe pienamente compresa nel suo contesto storico se non si celebrasse la testimonianza data dai suoi quindici compagni, che furono martirizzati nel 1633, 1634 e 1637. Essi formano un gruppo guidato da due uomini: Domingo Ibanez de Erquicia, vicario provinciale della missione giapponese nato a Regil nella diocesi spagnola di san Sebastian: e Jacobo Kyuhei Tomonaga, nato a Kyudetsu nella diocesi di Nagasaki. Entrambi appartennero alla Provincia Domenicana del santo Rosario nelle Filippine, fondata nel 1587 per l'evangelizzazione dell'estremo oriente. Tutto il gruppo dei compagni di Lorenzo era composto da nove preti, due fratelli professi, due membri del Terzo Ordine, un catechista e una guida-interprete. Nove erano giapponesi. quattro spagnoli, un francese e un italiano. Essi avevano un motivo per la loro testimonianza evangelica: il motivo di san Paolo, battezzato da Anania. "di portare il nome di Cristo a tutte le genti" (cfr. Ac 9,15): "Noi siamo venuti in Giappone solo per predicare la fede in Dio e insegnare la salvezza ai piccoli, agli innocenti e a tutto il resto del popolo". così il martire Guillaume Courtet sintetizzo la loro missione davanti ai giudici di Nagasaki (cfr. "Positio super Martyrio", pp. 412 e 414).


7. Avrò la gioia di parlare di nuovo di questi coraggiosi apostoli fra pochi giorni a Nagasaki, vicino alla santa collina chiamata Nishizaka, dove essi subirono il martirio. Per il luogo della morte essi sono tutti giapponesi.

Quell'arcipelago fu la terra della loro vera e definitiva nascita, la nascita che porta i figli adottivi di Dio all'eterna luce.


8. Per adesso, poiché consideriamo il luogo dove essi stanno per essere beatificati, vorrei soffermarmi sul fatto che la città di Manila, l'isola di Luzon e l'isola di Formosa, che a quel tempo si trovavano sotto un unico governo civile, furono l'ampio e provvidenziale punto di partenza dei nove sacerdoti che più tardi salparono per Nagasaki. Essi esercitarono il ministero sacerdotale fra i cinesi dei sobborghi di Binondo, fra la colonia giapponese di Manila, fra la gente delle regioni di Bataan, Pangasinan, Cagayan e all'estremo Nord a Formosa. Alcuni di essi erano incaricati di insegnare al Collegio di santo Tomas in Manila, che nel 1645 divenne l'attuale Pontificia Università, la più antica e più grande università dell'estremo oriente.

Quattro dei nuovi beati furono professori del Collegio, uno fu anche Rettore, e un quinto aveva studiato li. Nel primo secolo di evangelizzazione dell'estremo oriente, iniziatosi con la predicazione di san Francesco Saverio, le isole Filippine avevano già, in questa istituzione universitaria, un ulteriore mezzo per adempiere alla missione di evangelizzazione (cfr. Giovanni Paolo II "Sapientia Christiana": AAS 71 (1979) 478). Un fruttuoso programma mirante all'insegnamento della teologia e alla propagazione della fede, che ancora oggi e accresciuto dall'eredità culturale delle Filippine e vivificato dallo spirito cristiano, è uno strumento idoneo alla diffusione del Vangelo (cfr. Giovanni Paolo II "Sapientia Christiana", AAS 71 (1979) 479). L'armoniosa fusione della fede e della cultura e espressa dal poeta filippino ed eroe nazionale José Rizal, in questi versi: (In spagnolo:) così l'educazione stretta alleanza / con l'alma religione unisce sincera: / per essa l'educazione ottiene rinomanza; / guai esser cieco rifiutando / della santa religione le sapienti dottrine, / dalla sua pura corrente fugge nefando (cfr. José Rizal, "Alleanza Intima tra la Religione e l'Educazione", 19 aprile 1876).

Per questa ragione è ancora più forte il mio dovere e lo specifico del mio ministero apostolico di confermare i miei fratelli nella verità (cfr. Lc 22,32), e di ripetere ai missionari, agli studenti di scienze teologiche ed umanistiche, come pure a tutti i cattolici dell'Asia Orientale, le parole di Cristo: "Voi sarete miei testimoni... fino ai confini della terra" (Ac 1,8).


9. Sforziamoci di "imitare l'impegno di fede e la fedeltà all'impegno" di coloro che, attraverso il loro difficile compito missionario, accettarono con gioia e risolutezza, duri viaggi, difficolta di clima, tradimento persino dai loro amici.

privazioni di ogni sorta e terribili torture. Essi erano così innamorati del la Passione di Cristo che poterono gridare. come Miguel de Aozaraza nel contemplare le ferite di Cristo: "Che bel colorito, che rose rosse sparse per amore di te, mio Dio!" (cfr. "Positio super Martyrio", p. 446). Essi chiesero a Maria come fece Giordano Ansalone, di ristabilirsi dalla malattia in modo da poter morire soltanto come vittime per Cristo (cfr. "Positio super Martyrio", p 298).

Affido tutto questo a Maria, che, con il suo rosario, aiuto i nostri martiri a imitare e ad annunziare suo Figlio a essere intrepidi custodi della sua parola, come le coraggiose donne Maddalena di Nagasaki e Marina di Omura. Affido il destino delle Filippine e di tutta l'Asia a Maria. Regina del Rosario, che con il titolo di "La Naval" è venerata come custode della libertà della fede cattolica.


10. Questo è il significato pieno di questa beatificazione: dar coraggio a tutti i cristiani dell'estremo oriente e diffondere la parola di Dio (cfr. 2Th 3,1). E in speciale modo dico questo a voi filippini, che costituite la sola nazione prevalentemente cattolica in questa parte orientale del continente asiatico. E' un invito che estendo anche agli altri cristiani delle terre vicine che costeggiano l'Oceano Pacifico che è come un simbolo della lunga ricerca di Dio descritta da Santa Caterina da Siena: "Un mare profondo, in cui quanto più mi inoltro, tanto più trovo: e quanto più io trovo, tanto più ti cerco. Tu sei insaziabile, poiché quando l'anima crede di saziarsi nel tuo abisso, sazia non è, rimanendo sempre affamata di te, assetata di te, desiderosa di vederti alla luce della tua luce" (Santa Caterina da Siena, "Dialoghi", Cap. 167).

Amatissimi figli: in mezzo agli sforzi necessari per la nostra propria vita cristiana e per la diffusione della luce di Cristo in tutta l'Asia e nel mondo intero, guardiamo oggi a questi zelanti martiri che ci ispirano una profonda sicurezza e una viva speranza quando ci dicono: "In tutto questo noi siamo più che vincitori a motivo di lui che ci ha amato" (Rm 8,37). E questo è il mistero che noi celebriamo oggi: l'amore di Gesù Cristo, che è la luce del mondo. Amen. (In spagnolo:) In questa cerimonia per la beatificazione del primo martire filippino e degli altri quindici compagni che dettero la vita per la fede in Cristo, voglio ricordare nella loro lingua i quattro martiri spagnoli Domingo Ibanez de Erquicia, Lucas Alonso, Antonio Gonzalez e Miguel de Aozaraza.

E' un omaggio che volentieri in primo luogo rendo a costoro che, seguendo le orme di san Francesco Saverio e l'insegnamento del fondatore del loro ordine san Domenico di Guzman, propagarono la fede cristiana in queste terre e offrirono la suprema testimonianza di fedeltà alla Chiesa.

Allo stesso tempo è un doveroso tributo di grata memoria alla Spagna, la quale nel corso di quattro secoli e mezzo attuo l'evangelizzazione delle Filippine, facendo di esse la sola nazione dell'oriente a grande maggioranza cattolica. Mi rallegra poter proclamare ciò alla presenza della Missione straordinaria spagnola venuta ad assistere alla beatificazione e alla quale, unitamente ad altri connazionali dei nuovi beati qui riuniti, rivolgo il mio cordiale saluto e il mio compiaciuto pensiero.

(In francese:) A questo proposito sono lieto di salutare i membri, civili ed ecclesiastici, della Delegazione venuta dalla Francia, e più precisamente da Montpellier, diocesi d'origine del Padre Guillaume Courtet. Siate fieri, cari amici, di questo figlio del vostro Paese, che ci da una così alta testimonianza della sua vocazione religiosa, dello zelo missionario più puro e dell'amore per Cristo al di sopra di tutto.

(In italiano:) In questa solenne circostanza desidero salutare, infine, gli italiani che partecipano al rito. Ad essi desidero esprimere il mio compiacimento, e quello di tutta la Chiesa, per la presenza, nel gruppo dei nuovi beati martiri, anche di un loro connazionale: il sacerdote domenicano Giordano Ansalone. Possa il nuovo beato intercedere presso Dio perché gli italiani, consapevoli della loro ricca tradizione cristiana, che ha animato e fecondato tutta la loro storia, la loro cultura, la loro arte, diano una continua ed esemplare testimonianza di vita, modellata sul messaggio di Gesù.

(In inglese:) Desidero anche esprimere la mia gioia alla presenza della delegazione ufficiale del Giappone. Vorrei dire innanzi tutto che è con grande aspettativa che mi rechero, tra qualche giorno, nel vostro Paese, e allora rendero una particolare venerazione ai martiri che oggi sono stati beatificati. Dei sedici, nove erano giapponesi. Questo consistente numero è un grande onore reso alla vostra nazione e alla Chiesa cattolica in Giappone. Possa l'eroica testimonianza dei martiri tradursi in fonte di ispirazione e di speranza per tutti i credenti.

Per concludere, il mio saluto va alla delegazione ufficiale delle Filippine e a Sua Eccellenza, il Presidente Marcos. In questa prima cerimonia di beatificazione che ha luogo fuori Roma, e in questo primo beato filippino, Lorenzo Ruiz, avete una ragione di continua esultanza. E tutta la Chiesa esulta con voi, unita in un'unica voce, per lodare la grandezza di Dio e le meraviglie del Suo amore.

Data: 1981-02-18
Mercoledì 18 Febbraio 1981


Incontro con le comunità cattoliche cinesi in Asia

Titolo: Non c'è opposizione tra l'essere veri cristiani e autentici cinesi



1. Cari fratelli e sorelle in Cristo, Considero molto significativo e importante avere l'occasione di rivolgere una breve parola ai cristiani cinesi durante la mia visita pastorale in Asia. Saluto in modo particolare l'Arcivescovo Matteo Kia e gli altri Vescovi che mi hanno onorato con la loro presenza durante questa mia visita pastorale nelle Filippine. Vi ringrazio di cuore per essere venuti come rappresentanti dei cristiani delle comunità cinesi d'oltremare per incontrare me, qui, a Manila.

Alcune comunità vivono da generazioni nelle Filippine o in altri paesi asiatici; altre sono venute qui più recentemente. So che è vostro desiderio di essere pienamente integrati nella vita del Paese dove vivete, e di contribuire con il vostro lavoro, come buoni cittadini, alla prosperità della nazione che è ora vostra patria. Nello stesso tempo desiderate rimanere uniti in spirito con i vostri parenti e amici in Cina. Voi desiderate conservare i tradizionali valori morali cinesi e la cultura che vi uniscono alla patria di origine delle vostre famiglie, patria che amerete sempre affettuosamente e per il cui progresso siete pronti a offrire tutto l'aiuto richiesto.

Voi siete anche membri delle comunità della Chiesa locale. Queste rafforzano la vostra dedizione a Cristo e vi permeano di quello stesso spirito cristiano che è stato, nel passato, il sigillo delle comunità cristiane cinesi in varie parti del mondo. Personaggi famosi nella storia della Cina hanno incontrato Cristo e sono divenuti cristiani in seguito ai contatti avuti con quelle ferventi e dinamiche comunità. Se conservate questo spirito, se vivete ispirati dalla fede cristiana e irrobustiti dalle tradizioni morali tipicamente cinesi, sarete in un senso profondo veri cristiani e veri cinesi, e contribuirete alla ricchezza della Chiesa intera.

Attraverso voi che siete qui presenti, desidero raggiungere tutti coloro che sono in Cina e salutare, con gioia e affetto, tutti i miei fratelli e sorelle in Cristo che vivono in quella terra sconfinata.


2. Io, Giovanni Paolo II Vescovo di Roma e successore di Pietro, saluto voi, miei cari fratelli e sorelle in Cina, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo. Nella mia prima visita pastorale in Asia incontrero Vescovi, clero, religiosi e laici della Chiesa nelle Filippine e in Giappone, per parlare loro dell'amore misericordioso di Dio, per proclamare il nome di Gesù; "perché non vi è altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati" (Ac 4,12), e per incoraggiarli a rendere testimonianza al Vangelo.

Viaggiando così vicino ai confini del vostro Paese, desidero anche parlare a voi, perché, al di là delle distanze che ci separano, noi siamo tutti uniti "nel nome del Signore Gesù" (Col 3,12). Sin da quando la Provvidenza di Dio nelle sue vie misteriose, mi chiamo dalla nativa Polonia alla Sede di Pietro in Roma, ho ardentemente desiderato di esprimere il mio affetto e la mia stima a tutti i miei fratelli e sorelle della Chiesa in Cina, e di lodare il Signore per le grandi cose che ha operato nei cuori di coloro che professano il suo nome nelle città e villaggi del vostro immenso Paese.

Lo Spirito del Signore lavora in tutti i popoli e nazioni, e a questo Spirito ho desiderato rendere testimonianza stabilendo come finalità specifica del mio pellegrinaggio in Asia quella di onorare i martiri di Nagasaki. Nelle loro persone rendo omaggio a tutti gli uomini e le donne in Asia che hanno offerto la loro vita per il nome di Gesù, dando con ciò prova che il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa non sono estranei ad alcun popolo o ad alcuna nazione, ma vivono nei cuori e nelle menti delle persone di tutte le razze e di tutte le nazioni del mondo. E così, nel salutare voi, faccio mie le parole dell'apostolo Paolo nella lettera alla Chiesa di Roma: "Anzitutto rendo grazie al mio Dio per mezzo di Gesù Cristo riguardo a tutti voi, perché la fama della vostra fede si espande in tutto il mondo... Ho infatti un vivo desiderio di vedervi per comunicarvi qualche dono spirituale perché ne siate fortificati, o meglio, per rinfrancarmi con voi e tra voi mediante la fede che abbiamo in comune, voi e io" (Rm 1,8 Rm 1,11-12).


3. Con le mie umili parole, desidero anche esprimere la mia stima per il vostro grande Paese. Il vostro Paese è infatti grande non solo in termini di estensione geografica e di popolazione, ma specialmente a motivo della sua storia, per la ricchezza della sua cultura, e per i valori morali che il suo popolo ha coltivato attraverso i secoli. Il gesuita padre Matteo Ricci comprese e apprezzo pienamente la cultura cinese fin dagli inizi, e il suo esempio dovrebbe servire d'ispirazione a molti. Altri, a volte, non hanno mostrato la medesima comprensione. Ma quali che siano state le difficolta, esse appartengono al passato, e ora è al futuro che dobbiamo guardare.

Il vostro Paese, infatti, consacra tutte le sue energie al futuro. Esso vuole assicurare che, mediante il progresso scientifico e tecnologico, e mediante la collaborazione industriosa di tutti, i suoi cittadini possano vivere di vera felicità. Sono sicuro che ogni cattolico, all'interno delle vostre frontiere, contribuirà pienamente alla costruzione della Cina, poiché un vero e fedele cristiano è anche un onesto e buon cittadino. Il cristiano - in ogni Paese del mondo - è fedele a Dio, ma ha anche un profondo senso del dovere e dell'amore verso la sua terra e il suo popolo. Egli rispetta le cose dello spirito, ma contemporaneamente consacra i suoi talenti e le sue capacità al bene comune. Un buon cattolico cinese opera lealmente per il progresso della nazione, osserva gli obblighi di pietà filiale verso i genitori, la famiglia e la patria. Rafforzato dal messaggio del Vangelo, egli coltiverà, come ogni buon cinese, le "cinque virtù principali": carità, giustizia, temperanza, prudenza e fedeltà.


4. La Chiesa desidera rispettare le tradizioni e i valori culturali di ogni popolo, seguendo quanto san Paolo disse quando egli raccomando ai primi cristiani di Filippo di fare oggetto dei loro pensieri "tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro. amabile onorato, quello che è virtù e merita lode" (Ph 4,8) Fin dai primi tempi, la Chiesa ha imparato a esprimere la verità di Cristo attraverso l'aiuto delle idee e secondo la cultura dei vari popoli, perché il messaggio che essa predica è destinato a tutti i popoli e nazioni. Il messaggio cristiano non è proprietà esclusiva di un solo gruppo o d'una sola razza, è rivolto a ciascuno e appartiene a ciascuno. Non vi è perciò opposizione o incompatibilità nell'essere contemporaneamente vero cristiano e autentico cinese.

Proclamando Gesù Cristo come eterno Figlio di Dio e Salvatore del mondo, la Chiesa non mira ad altro che ad essere fedele alla missione affidatale dal suo Divino Fondatore. Essa non ha mire politiche o economiche; essa non ha una missione terrena. Essa desidera essere, in Cina come in qualunque altro Paese, messaggera del Regno di Dio. Essa non desidera privilegi, ma solo che tutti coloro che seguono Cristo abbiano la possibilità di esprimere la loro fede liberamente e pubblicamente e vivere secondo la loro coscienza.

Cristo è venuto per servire e per rendere testimonianza alla verità.

Nello stesso spirito la Chiesa offre il suo contributo per rafforzare la fraternità umana e la dignità di ogni essere umano. Essa perciò incoraggia i suoi membri ad essere buoni cristiani e cittadini esemplari dediti al bene comune e al servizio degli altri, e collaborando con personale contributo al progresso della loro patria.


5. Tutto questo dico a voi, cari fratelli e sorelle, perché mi sento tanto vicino a voi. Il corso della storia, determinato da decisioni umane, è stato tale che per molti anni non abbiamo potuto avere contatti scambievoli. Molto poco si conosceva di voi, delle vostre gioie, delle vostre speranze, e anche delle vostre sofferenze. Recentemente tuttavia, da varie parti del vostro immenso territorio, mi sono giunte vostre informazioni. Ma in quei lunghi anni voi siete senza dubbio passati attraverso esperienze che sono a noi ancora sconosciute, e, a volte, vi siete chiesti nelle vostre coscienze qual era per voi la cosa giusta da fare. Per coloro che non hanno avuto mai esperienze del genere è difficile valutare pienamente tali situazioni. Ciò nondimeno, desidero che sappiate: durante tutto questo periodo e fino ad oggi, io, e tutta la Chiesa con me, siamo stati con voi col pensiero, con la preghiera, nel genuino amore fraterno e nella sollecitudine pastorale. Ripongo la mia fiducia nella vostra fede e nel Signore che ha promesso: "Non preoccupatevi di come o di che cosa dovrete dire, perché vi sarà suggerito in quel momento ciò che dovrete dire" (Mt 10,19). Se voi resterete uniti col Signore nella fede e nella preghiera, egli vi sosterrà e vi guiderà.

Desidero pure esprimere la mia profonda ammirazione per le testimonianze di fede eroica che molti di voi hanno dimostrato e continuano a dimostrare ancora oggi. Tutta la Chiesa e fiera di voi e si sente irrobustita dalla vostra testimonianza. Nello stesso tempo essa spera che anche voi, a vostra volta, siate stati rafforzati dalla sua continua preghiera e comunione con voi nel Signore nostro Gesù Cristo.


6. Ciò che ci unisce, cari fratelli e sorelle, non è un legame di natura fisica o di associazione politica, ma è la fede in Colui che è il Figlio di Dio e il Salvatore del mondo, e che ha proclamato la fratellanza di tutti gli uomini. E' Gesù Cristo, che ama tutti i popoli indipendentemente dalla loro razza o cultura e dalla loro condizione sociale o politica. Tutti siamo fratelli e sorelle, e al centro del messaggio di Gesù sta la chiamata alla fraternità universale. Non è esaltante scoprire che simile messaggio è stato chiaramente espresso anche nel detto cinese: "Tra i quattro mari, tutti gli uomini sono fratelli?". Oggi più che mai, occorre proclamare questo messaggio in tutto il mondo, perché l'ingiustizia e la discriminazione fra i popoli e le nazioni serpeggiano ancora.


7. Poiché il mio viaggio mi porta tanto vicino al vostro grande Paese, permettetemi di inviarvi un messaggio che sgorga dal mio cuore e dalla nostra fede comune. In questo tempo di grazia e di cambiamento, dico: aprite i vostri cuori e le vostre menti a Dio, che nella sua divina Provvidenza guida tutti gli eventi e persegue i suoi piani in tutto ciò che avviene. Dalle umane sofferenze e anche dalle debolezze e dagli errori, il Signore prepara una nuova fioritura. E' mia sincera e profonda speranza che presto noi potremo unirci insieme per lodare il Signore e dire: "Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme!" (Ps 133,1).

Affido tutti voi a Maria, Vergine fedelissima, Regina della Cina. La pace di Gesù Cristo suo Figlio sia con tutti voi. Dio benedica la Cina!

Data: 1981-02-18
Mercoledì 18 Febbraio 1981


Alla Nunziatura, incontro con il Corpo diplomatico

Titolo: Solo l'amore può rendere l'uomo realmente disponibile all'appello del bisogno

Eccellenze, Signore, Signori,

1. Sono venuto in questa parte del mondo per incontrare le comunità cattoliche delle Filippine e del Giappone, e per porgere alle due nazioni l'espressione della profonda stima che la Chiesa nutre per esse. Al tempo stesso mi è molto gradito avere l'occasione di essere con voi questa sera, giacché, come diplomatici accreditati presso il Governo di questo Paese, voi rappresentate i popoli non solo dell'Asia ma di tutto il mondo. In seguito, secondo il mio programma, mi rivolgero direttamente a tutti i popoli dell'Asia; ma non posso lasciar cadere la presente occasione senza esprimere qui, dinanzi a voi, la gioia che provo nel salutare, nelle vostre persone, le popolazioni e i governi delle vostre nazioni, molte delle quali mantengono cordialissimi rapporti con la Santa Sede. Desidero ribadire la profonda stima che la Chiesa cattolica nutre per le nobili tradizioni culturali e religiose di tutti i popoli, e riaffermare il suo desiderio di essere al servizio di tutti nella comune ricerca della pace, della giustizia e del progresso umano.


2. La Chiesa non ha ambizioni politiche. Quando essa offre il suo specifico contributo ai grandi e sempre attuali problemi dell'umanità - pace, giustizia, sviluppo ed ogni meritevole sforzo diretto a promuovere e difendere la dignità umana - essa lo fa perché è convinta che ciò rientra nella propria missione.

Missione che è legata alla salvezza dell'uomo: l'essere umano nella sua totalità, la persona individuale che attua la sua vocazione eterna nella storia temporale, all'interno di un complesso di comunità e di società. Quando rivolge la propria attenzione alle necessità ed alle aspirazioni degli individui e dei popoli, la Chiesa segue il comando del suo Fondatore, mettendo in pratica la sollecitudine di Cristo per ogni singola persona, specialmente per i poveri e per i sofferenti. Il suo specifico contributo all'umanizzazione della società e del mondo deriva da Gesù Cristo e dal suo Vangelo. Mediante il suo insegnamento sociale, la Chiesa non presenta modelli prefabbricati, né si allinea con comportamenti alla moda e passeggeri.

Invece, riferendosi a Cristo, essa tende alla trasformazione dei cuori e delle menti si che l'uomo possa vedere se stesso nella piena verità della propria umanità.


3. L'azione della Chiesa, quindi, non è politica, né economica, né tecnica. La Chiesa non ha competenza nei settori della tecnologia o della scienza, non si afferma con il potere politico. La sua competenza, al pari della sua missione, è per sua natura religiosa e morale, ed essa deve rimanere nel suo proprio settore di competenza, se non vuole che la sua azione sia inefficace o irresponsabile. E' consuetudine della Chicsa, perciò, rispettare l'area specifca di responsabilità dello Stato, senza interferire in ciò che spetta ai politici e senza partecipare direttamente alla condotta degli affari temporali. Al tempo stesso la Chiesa incoraggia i suoi membri ad assumere le loro piene responsabilità come cittadini di una data nazione e a cercare, insieme con gli altri, le vie e i modelli che meglio valgono a promuovere il progresso della società. Essa considera come suo contributo specifico il rafforzamento delle basi spirituali e morali della società, e per rendere un servizio all'umanità assiste la gente nel formare rettamente la propria coscienza.


4. Alla luce di queste considerazioni desidero che il mio viaggio attraverso l'Asia possa costituire una chiamata alla pace ed al progresso dell'uomo, un incoraggiamento per quanti sono impegnati nel proteggere e nel promuovere la dignità di ogni essere umano. Spero pure che il mio incontro con voi, questa sera, rafforzerà il vostro senso di missione al servizio dei vostri Paesi e dell'intera famiglia umana. Non è forse missione del diplomatico essere un costruttore di ponti fra le nazioni, essere uno specialista nel dialogo e nella comprensione, essere un difensore della dignità dell'uomo per promuovere il bene comune di tutti? Oltre che perseguire i Iegittimi interessi della vostra nazione, la vostra missione vi orienta in modo speciale verso i più vasti interessi dell'intera famiglia umana, specialmente nel continente asiatico. Ispirati come siete dai più nobili ideali di fraternità, voi - ne sono certo - vorrete condividere il mio interessamento per la pace e per il progresso in questa area, comprendendo la necessità di affrontare le cause più profonde dei problemi che affliggono nazioni e popoli. Nella mia recente enciclica sulla Divina Misericordia ho indicato ciò che ritengo essere "le fonti di inquietudine". Ho parlato del timore connesso con la prospettiva di un conflitto che - attesi gli arsenali di armi atomiche - potrebbe significare la parziale autodistruzione dell'umanità. Ho attirato l'attenzione su quello che gli esseri umani potrebbero fare agli altri uomini servendosi dei mezzi messi a disposizione da una tecnologia militare sempre più sofisticata. Ma ho attirato l'attenzione anche su altri elementi, scrivendo: " L'uomo ha giustamente paura di restar vittima di un'oppressione che lo privi della libertà interiore, della possibilità di esternare la verità di cui è convinto, della fede che professa, della facoltà di obbedire alla voce della coscienza che gli indica la retta via da seguire. I mezzi tecnici a disposizione della civiltà odierna celano, infatti, non soltanto la possibilità di un'autodistruzione per via di un conflitto militare, ma anche la possibilità di un soggiogamento "pacifico" degli individui, degli àmbiti di vita, di società intere e di nazioni, che per qualsiasi motivo possono riuscire scomodi per coloro i quali dispongono dei relativi mezzi e sono pronti a servirsene senza scrupolo" (DM 11).

Ho pure menzionato il tragico problema di quanti soffrono per la fame, per la cattiva nutrizione e per il crescente stato di disuguaglianza tra individui e nazioni, perché "accanto a coloro che sono agiati e vivono nell'abbondanza, esistono quelli che vivono nell'indigenza, soffrono la miseria e spesso addirittura muoiono di fame" (DM 11).


5. Ma nello stesso documento ho anche dichiarato (e vorrei lasciare questo pensiero alla vostra riflessione): "L'esperienza del passato e del nostro tempo dimostra che la giustizia da sola non basta e che, anzi, può condurre alla negazione e all'annientamento di se stessa, se non si consente a quella forza più profonda che è l'amore, di plasmare la vita umana nelle sue varie dimensioni" (DM 12).

Si, cari amici, il mio messaggio di questa sera a voi riguarda proprio il potere dell'amore. Un amore profondamente sentito ed effettivamente manifestato in azioni concrete, individuali e collettivc, è una forza motrice che spinge l'uomo ad essere vero con se stesso. Solo l'amore può rendere l'uomo realmente disponibile all'appello del bisogno. E la medesima forza, l'amore fraterno, possa spingervi alle vette sempre più alte del servizio e della solidarietà.

Signore e Signori, nell'alta missione diplomatica qual è la vostra, siate certi del mio appoggio totale.

Data: 1981-02-18
Mercoledì 18 Febbraio 1981



GPII 1981 Insegnamenti - L'omelia alla Messa per la beatificazione di Lorenzo Ruiz e compagni martiri