GPII 1981 Insegnamenti - Aeroporto di Davao: Messa per la comunità locale

Aeroporto di Davao: Messa per la comunità locale

Titolo: Non è neppure pensabile che un cristiano esista solo per se stesso

Cari fratelli e sorelle in nostro Signore Gesù Cristo,

1. Il suono vibrante delle nostre voci che si diffondono nell'aria di questa fiorente città di Davao, in quest'isola di Mindanao che si sviluppa così rapidamente, mentre cantiamo le lodi di Dio per mezzo del nostro Signore Gesù, ci richiama la voce del Signore rivolto ai suoi primi apostoli, quando disse: "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,18-20). Gesù, che era stato Egli stesso mandato dal Padre, a sua volta mando gli apostoli: "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi" (Jn 20,21). Da allora, non vi è stata interruzione nell'inviare e nel partire: "ed essi partirono e predicarono da per tutto" (Mc 16,20). Sin da allora, anche, si ebbe una incessante risposta ecclesiale o comunitaria di coloro che credono e sono battezzati. Gli "Atti degli Apostoli" ci dicono: "Allora quelli che accolsero la sua parola furono battezzati... Ed essi erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli, nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere" (Ac 2,41-42). Da quel che precede vediamo già la natura comunitaria della Chiesa che sarebbe stata formata da tutte le nazioni riunite in unità. I credenti sarebbero stati legati l'uno all'altro dalla fede e dall'unione fraterna, attraverso la comune frazione del pane e le comuni preghiere. I credenti avrebbero formato una Chiesa, una comunità.

Amatissimi fratelli e sorelle, non posso descrivervi quanto io mi rallegri di essere oggi con voi in questa celebrazione Eucaristica. Come scelto dalla provvidenza di Dio per essere il Vicario di Cristo sulla terra e il successore di San Pietro nella Sede Apostolica di Roma, io celebro con voi, in un luogo migliaia di miglia lontano da Roma, il Sacrificio della Messa, il memoriale della morte e della Risurrezione di Cristo. Stiamo proclamando insieme il mistero della fede: "Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua Risurrezione in attesa della tua venuta".

Questo è in verità, un momento unico di profonda soddisfazione. Infatti siamo riuniti qui come Pastore e gregge, come una Chiesa, come il Corpo di Cristo, in cui ci sono varietà di servizio, ma lo stesso Signore, varietà di opere, ma è lo stesso Dio che le ispira tutte in ciascuno; e a ciascuno è data la stessa manifestazione dello Spirito per il bene comune (cfr. 1Co 12,4-7).

Vedo nei vostri caratteristici volti di filippini, pieni di meraviglia, i volti dei figliuoli del nostro Padre comune, fratelli e sorelle nel nostro Signore Gesù Cristo. Ma vedo anche nei vostri volti il dolore legato al ricordo di tutti coloro che soffrirono e morirono durante le recenti inondazioni che devastarono sei province di quest'isola. A tutti voi offro l'espressione della mia partecipazione al dolore per la perdita dei vostri cari, le mie preghiere per i defunti, per i feriti, per i senza tetto e il mio incoraggiamento poiché voi affrontate il futuro col gravoso compito di ricostruire, con la grazia di Dio, le vostre case e la vostra vita. Vedo in tutti noi, riuniti qui nel nome di Nostro Signore, l'unica famiglia di Dio, il nuovo Popolo di Dio, che costruisce insieme - ognuno secondo la propria funzione, ma sempre in solidarietà ecclesiale - il Corpo di Cristo nella gioia e nel dolore.


2. Questa assemblea Eucaristica, composta da noi che veniamo qui dall'ovest e da voi di Davao e Mindanao che rappresentate l'unica nazione cattolica dell'est, è una sintesi del desiderio di Nostro Signore, del comando di Nostro Signore e della nostra personale risposta. Il Signore ha desiderato riunire tutte le nazioni in un solo gregge sotto un solo Pastore. Il suo comando fu di fare discepoli in tutte le nazioni, all'est e all'ovest, e la nostra risposta è questa grande moltitudine di popolo di varie lingue e colore, di varie culture e condizioni, unite in comunione ecclesiale per condividere la parola di Dio e il Pane di vita eterna: qui, intorno al vostro Arcivescovo e intorno alla tavola della parola di Dio e del Sacrificio Eucaristico voi formate la vostra Chiesa locale, la vostra locale comunità ecclesiale. Voi siete uniti nell'unità di una sola fede e di un solo culto ed in quel legame di amore che è il segno distintivo dei veri discepoli di Cristo: "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (Jn 13,35).

Questa comunità ecclesiale, a livello diocesano, col Vescovo come segno e centro di unità, è nutrita costantemente dalla leale adesione alla parola di Dio e ad un autentico culto secondo la relazione fondamentale tra fede e culto: "lex orandi, lex credendi". E' anche rafforzata dal legame dell'amore fra i membri e dalla partecipazione cosciente di tutti i membri, secondo i doni che ciascuno ha ricevuto, per la costruzione della Chiesa locale.


3. La stessa vita ecclesiale a livello diocesano si riflette sul livello parrocchiale. La stessa varietà di doni e di ministeri contribuisce all'unica missione di costruire il Corpo di Cristo. La stessa consapevolezza di essere membri di una comunità ecclesiale prevale. A livello parrocchiale una comunione e una partecipazione di significato veramente ecclesiale è sperimentata giorno dopo giorno. Nelle piccole comunità cristiane dove i membri si conoscono fra loro più personalmente il vero amore e il rapporto fraterno è praticato più facilmente.

L'afflizione e il bisogno di un fratello o di una sorella che si conosce e si vede ogni giorno muove il cuore umano all'amore e alla compassione. D'altra parte, siamo meno portati ad avere amore e compassione per chi non si conosce o non si vede. "Chi infatti non ama il proprio fratello che vede non può amare Dio che non vede" (1Jn 4,20).

Inoltre la dimensione comunitaria della vostra vocazione cristiana è stata fortemente sottolineata dalla riforma liturgica del Concilio Vaticano II.

Ogni atto liturgico è in se stesso un atto dell'intero Corpo di Cristo, del Capo e delle membra. Ogni sacramento e ogni Messa che è celebrata è un atto di Cristo e del suo Corpo. Ogni buona azione compiuta da un membro è a vantaggio dell'insieme dei membri e ogni peccato è non solo un'offesa contro Dio, ma una ferita inflitta al Corpo di Cristo. In questa prospettiva, il nostro primo atto comune all'inizio di questa celebrazione Eucaristica è una confessione dei nostri peccati contro Dio e contro il Corpo di Cristo: "Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli e sorelle"; e nell'ultima parte di questo comune atto penitenziale diciamo: "e supplico la beata Maria sempre Vergine, gli angeli, i santi e voi fratelli e sorelle, di pregare per me il Signore Dio nostro". Da tutto ciò risulta evidente che non è neppure pensabile che un cristiano esiste solo per se stesso.

Noi siamo cristiani perché apparteniamo a Cristo ed al suo Corpo. Un cristiano che non ha imparato a vedere e ad amare Cristo nel suo prossimo non è pienamente cristiano. Un cristiano non può essere come Caino che rifiuto di essere il custode di suo fratello. Noi siamo i custodi dei nostri fratelli, siamo legati l'uno all'altro col vincolo dell'amore. Quest'amore è il comandamento di Dio per tutti quelli che credono in Lui. Per un cristiano vivere è amare e amare è vivere.

Magmahalan tayo tulad ng pagmahal sa atin nang Diyos. (Amiamoci l'un l'altro come Dio ha amato noi!).


4. Questa natura comunitaria o ecclesiale della nostra vocazione, che si pratica più facilmente a livello diocesano o parrocchiale, deve essere diretta, nondimeno, alla Chiesa universale. Noi siamo una Chiesa locale solo nella misura in cui siamo parte della Chiesa universale, istituita da Cristo nostro Signore. Siamo una parte legittima solo perché apparteniamo all'insieme. E Nostro Signore ebbe intenzione ed effettivamente fondo una Chiesa che si sarebbe estesa da un'estremità all'altra della terra, per diventare il nuovo Popolo di Dio, il nuovo Israele. Cristo nostro Signore volle che la sua Chiesa fosse universale e anche una e la stessa in tutto il mondo. Volle che tutte le nazioni al di là di confini e barriere fossero una sola comunità ecclesiale guidata da un solo supremo Pastore. Volle che la sua Chiesa o comunità ecclesiale predicasse la stessa dottrina, praticasse lo stesso culto, osservasse la stessa legge di amore e fosse guidata da un custode delle chiavi con l'assistenza dello Spirito Santo. Questa stessa Chiesa è la fontana della verità e la sorgente del potere spirituale che assimila tutte le culture di tutti i luoghi e tempi. Questa assimilazione non è conseguenza di culture umane e locali, ma della loro elevazione. La verità cristiana, a sua volta, si è incarnata in ogni cultura locale, purificando elevando e consolidando i suoi valori.

L'unità della dottrina e del culto proclamata e salvaguardata da ogni adulterazione per opera della Chiesa universale è perfettamente completata dalla legge dell'amore che lega tutti i cristiani a Dio e ognuno all'altro, tutte le Chiese locali alla Chiesa universale e l'una all'altra. così la Chiesa universale, attraverso le Chiese locali e sotto l'impulso dello Spirito che in essa risiede, gradualmente trasforma il mondo intero nel regno di Dio qui sulla terra e incessantemente promuove la civiltà dell'amore.


5. Diletti fratelli e sorelle, nostro Signore Gesù Cristo vuole che viviamo la nostra fede per la costruzione della comunità ecclesiale così che la sua redenzione possa essere applicata ai membri individualmente attraverso il ministero della Chiesa. Al tempo stesso non dobbiamo mai cessare di mettere in evidenza che ogni membro deve continuamente convertirsi a Dio e conformarsi a Cristo con l'amore, allo scopo di partecipare, in questo lavoro comune, alla costruzione del Corpo di Cristo.

Può non essere difficile per qualcuno rimanere fedele alla dottrina della fede come è proposta dalla Chiesa universale e fedele ad un autentico culto; possiamo anche essere in grado di parlare lingue e interpretarle e avere il dono di profezie. Ma se non seguiamo il comando di Nostro Signore di amare Dio e di amarci l'un l'altro, non saremo giudicati degni della sua ricompensa eterna. Con chiara deliberazione Nostro Signore ha sintetizzato tutti i comandamenti dell'antica legge nell'ordinare di amare Dio e il prossimo. Non fare male o offesa agli altri è assai meno ed è un modo davvero inadeguato di amare gli altri. Nella nostra comunità di cristiani, la comprensione dell'amore di san Paolo è la vera comprensione del comando di Nostro Signore di amarci l'un l'altro. "Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla. E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per essere bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova" (1Co 13,1-3).

Diletti fratelli e sorelle, se la mia visita qui ottenesse che ognuno di voi amasse l'altro solo un pochino di più; se la mia visita qui vi rendesse solo un po' più ecclesiali o orientati verso la comunità, in modo che pensaste sempre di più agli altri con amore; se la mia visita qui alimentasse in voi un maggior desiderio di servire piuttosto che di essere serviti, allora essa, per grazia di Dio, sarebbe fruttuosa e valida.

Finalmente, permettetemi, miei amatissimi in Nostro Signore, di ricordarvi e proporvi come regola di vita nelle nostre relazioni ecclesiali la insuperabile preghiera del dottore serafico, San Francesco d'Assisi: "Fa' di me uno strumento della tua pace: dove è odio fa' che io porti il tuo amore, dove è offesa il tuo perdono, Signore, e dove è dubbio la vera fede in Te. O Maestro, fa' che non cerchi tanto di essere consolato quanto di consolare, di essere compreso quanto di comprendere, di essere amato quanto di amare con tutta l'anima mia. Fa' di me uno strumento della tua pace, perché perdonando siamo perdonati, donando a tutti gli uomini riceviamo, e morendo risorgiamo a vita eterna. Fa' di me uno strumento della tua pace. Dove c'è disperazione che io porti speranza; dove c'è buio che io porti luce e dove c'è tristezza che io diffonda sempre gioia".

Maraming salamat at Pagpalain nawa kayo nang Diyos!

Data: 1981-02-20
Venerdi 20 Febbraio 1981


Aeroporto di Davao: incontro con i rappresentanti della comunità musulmana

Titolo: Fraternità e armonia tra cristiani e musulmani

Cari fratelli, E' sempre un piacere per me incontrare i membri delle comunità Musulmane durante i miei viaggi e porgere loro i miei saluti personali e quelli di tutti i loro fratelli e sorelle Cristiani del mondo.

1. Deliberatamente mi rivolgo a voi come a fratelli: è certo che lo siamo perché membri della stessa famiglia umana i cui sforzi -se ne rendano conto gli uomini o meno - tendono a Dio e alla verità che viene da Lui. Ma siamo specialmente fratelli in Dio che ci ha creati e che cerchiamo di raggiungere, ciascuno per la sua via, attraverso la fede, la preghiera, il culto, la fedeltà alla sua legge e la sottomissione al suo volere.

Ma non siete voi soprattutto fratelli dei cristiani di questo grande paese per i vincoli di nazionalità, di storia, di geografia, di cultura e di speranza per un migliore avvenire, un avvenire che state costruendo insieme? Non è giusto pensare che, nelle Filippine, Musulmani e Cristiani stanno realmente viaggiando sulla stessa barca, nella buona e nell'avversa fortuna, e che nelle tempeste che si abbattono sul mondo la sicurezza di ciascun individuo dipende dagli sforzi e dalla cooperazione di tutti? Lasciatemi svolgere un po' quest'ultimo punto.


2. Mi rivolgo a voi come capo spirituale della Chiesa cattolica che non ha potere in campo politico. Posso solo trasmettere a voi l'insegnamento e la parola li Gesù: "Beati gli operatori di pace" Egli dice nel Vangelo, "perché saranno chiamati figli di Dio" (Mt 5,9). In un altro passo dice: "Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro; questa infatti è la Legge e i Profeti" (Mt 5,9). Queste parole, che ho ripetuto ai miei fratelli e sorelle, ai miei figli e figlie nella Chiesa cattolica, mi permetto di ripeterle a voi in questo momento.


3. Voi condividete con i cristiani la stessa cittadinanza che avete acquistata vivendo qui e partecipando alla vita della nazione, con tutti gli obblighi e i doveri che questo comporta. Oltre alla vostra nazionalità filippina e alle altre qualità e ai valori comuni a tutti i Filippini, voi siete coscienti di essere i portatori di alcune specifiche qualità, fra cui la cultura dell'Islam è forse la più evidente. Questo è ciò che aggiunge alla vostra condivisa identità nazionale un elemento originale che merita attenzione e rispetto.

Il vostro benessere e quello dei vostri fratelli e sorelle cristiani richiede un clima di mutua stima e fiducia. Voi sapete come me che nel passato questo clima è stato troppo spesso deteriorato, a detrimento di ogni relazione.

Ma, cari amici, sappiamo anche troppo bene che non vi è alcuna ragione positiva perché tale passato debba rivivere oggi. Se mai, dovremmo guardare indietro con dolore al passato, per assicurare lo stabilirsi di un migliore futuro. E voi avete il compito, al tempo stesso invidiabile e decisivo, di aiutare a costruire questo futuro, il futuro dei vostri figli Musulmani, così come l'armonioso futuro di tutta la nazione Filippina.

So che voi ed i vostri fratelli e sorelle Cristiani state diventando sempre più consapevoli delle responsabilità che gravano sulla vostra generazione.

Da alcuni anni avete sentito l'urgente necessità di sedervi insieme, affrontare i vostri problemi e ristabilire una mutua stima e fiducia. Un dialogo fruttuoso è cominciato così e, da quel tempo, non passa un anno senza che incontriate i vostri concittadini cristiani, sotto gli auspici di organi governativi o di private istituzioni, in Marawi City, Cotabato, Cagayan de Oro, Jolo, Zam boanga, Tagaytay e anche in questa amena città di Davao.


4. Saluto tutti questi sforzi con grande soddisfazione e vivamente incoraggio il loro estendersi. La società non può portare ai cittadini la felicità che aspettano senza che la società stessa sia costruita sul dialogo. Il dialogo, a sua volta, si costruisce sulla fiducia e la fiducia presuppone non solo la giustizia, ma la misericordia. Senza dubbio, uguaglianza e libertà, che sono il fondamento di qualsiasi società, richiedono legge e giustizia. Ma, come ho detto in una recente lettera indirizzata a tutta la Chiesa cattolica, la giustizia per se stessa non basta: "...l'uguaglianza introdotta mediante la giustizia si limita all'ambito dei beni oggettivi ed estrinseci, mentre l'amore e la misericordia fanno si che gli uomini si incontrino tra loro in quel valore che è l'uomo stesso, con la dignità che gli è propria" (DM 14).

Cari musulmani, fratelli miei: mi piacerebbe di aggiungere che noi cristiani, come voi, cerchiamo la base e il modello della misericordia in Dio stesso, il Dio al quale il vostro Libro dà il bellissimo nome di al-Rahman, mentre la Bibbia lo chiama al-Rahum, il Misericordioso.


5. Solo all'interno di questa struttura di religione e delle sue comuni promesse di fede si può effettivamente parlare di mutuo rispetto, apertura e collaborazione fra cristiani e musulmani. Allora viene la volontà di lavorare insieme, di costruire una società più fraterna. Malgrado la natura geografica del vostro grande paese, è opportuno oggi più che mai ripetere il detto: "nessun uomo è un'isola".

Miei cari amici, desidero che siate convinti che i cristiani vostri fratelli e sorelle hanno bisogno di voi e hanno bisogno del vostro amore. E il mondo intero, con il suo ardente desiderio di maggiore pace, fraternità e armonia, ha bisogno di vedere una fraterna coesistenza fra cristiani e musulmani in una moderna, credente e pacifica nazione Filippina.

Data: 1981-02-20
Venerdi 20 Febbraio 1981


"Reclaimed Area" di Bacolod City: Incontro con proprietari e operai delle piantagioni di canna da zucchero

Titolo: Il bene comune esige una società giusta

Diletti fratelli e sorelle,

1. "Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo" (Ph 1,2).

Con questa benedizione dell'apostolo Paolo vi saluto tutti molto cordialmente. E' una grande gioia per me venire a voi oggi, in questa città di Bacolod per incontrare il popolo delle isole Negros Occidental. Sono solamente dispiaciuto per la brevità di questa mia visita fra voi, ma ancora molte sono le comunità delle Filippine che mi hanno invitato, dal nord al sud di queste belle isole. Anche se non ho che poche ore per stare con voi, desidero che voi sappiate che ogni incontro con il popolo filippino è per me particolare perché siete voi, giovani e anziani, che lo rendete tale. E perciò, dal profondo del mio cuore vi dico: grazie per essere venuti insieme, qui, questo pomeriggio, grazie, per farmi sentire a casa in Bacolod. Madamo guid nga Salomat! Grazie vivissime! Vengo nel nome del Signore Gesù e come suo servitore. Vengo come Vescovo di Roma, Vicario di Cristo e vostro fratello nella fede. Vengo come un amico di tutto il popolo, e specialmente dei giovani che sono così numerosi qui, e i cui volti ridenti mi procurano una così profonda gioia. I miei fraterni saluti sono rivolti in primo luogo al vostro pastore, il Vescovo Antonio Yapsutco Fortich, che gentilmente mi ha invitato in quest'isola e agli altri Vescovi e sacerdoti presenti. Nei sacerdoti, diocesani e religiosi, nelle suore, io saluto i successori dei primi missionari che, più di quattrocento anni fa, stabilirono fiorenti comunità cristiane su queste terre. In essi saluto gli instancabili lavoratori per la fede, che mantengono vivo fra la gente il messaggio del Vangelo con il loro disinteressato servizio e con generosa dedizione, collaborando con il Vescovo, in spirito di unità e nella "obbedienza alla fede" (Rm 1,5).


2. In particolare, pero, i miei sinceri saluti vanno a voi, miei fratelli e sorelle del laicato cattolico in Bacolod, a voi che siete una così grande parte dell'unico Popolo di Dio, rinati in Cristo e uniti dal suo Spirito Santo. Poiché credete in Cristo e siete stati rigenerati nel Sacramento del Battesimo, siete figli di Dio. Poiché credete in Cristo, voi potete avvicinarvi a Lui nel Sacramento della Penitenza e ricevere il suo amore nella Santa Eucaristia. Conosco in quale considerazione avete i Sacramenti e voglio incoraggiarvi a restare sempre fedeli ad essi. Essi sono la vostra fonte di vita e di speranza, e daranno la forza per rimanere fedeli alla vostra chiamata di cristiani, di veri cristiani. E, osservati dagli altri, si dovrebbe dire di voi: "Guarda quanto mi amano". Amatevi gli uni gli altri, miei fratelli e sorelle, amatevi in Gesù Cristo, facendo così sarete veri testimoni di Gesù, del suo immenso amore per ogni essere umano. Gesù ha bisogno di voi, diletto popolo della Chiesa in Bacolod. Gesù ha bisogno di voi, il suo amore infatti non raggiungerà il mondo senza la testimonianza della vostra vita cristiana. Gesù non può essere pienamente presente nelle vostre città e villaggi, nelle vostre famiglie e scuole, nei vostri posti di lavoro e nei campi, se voi, fedeli, non lo portate là, non lo rendete manifesto attraverso ciò che dite o fate, rendendolo visibile attraverso l'amore che avete gli uni per gli altri.


3. Il messaggio che oggi vi porto è un messaggio di amore, lo stesso messaggio che la Chiesa ha portato agli uomini di tutto il mondo nelle epoche passate, e che non cesserà mai di portare alle generazioni future. E' lo stesso messaggio che voi, Chiesa di Bacolod, dovete proclamare a tutti gli uomini di questa isola.

E' nel nome di Cristo, poiché deve annunciare il suo messaggio di amore al mondo intero, che la Chiesa parla a favore della dignità dell'uomo, creato ad immagine di Dio (cfr. Gn 1,26) e redento da Gesù Cristo. Poiché la Chiesa crede nella dignità data da Dio ad ogni essere umano, essa vede come sua missione l'abbracciare, con la sua sollecitudine, l'uomo nella sua totalità: l'uomo il cui definitivo destino è Dio, l'uomo che deve vivere nella sua concreta realtà quotidiana, secondo la dignità che gli è propria. Per queste ragioni la Chiesa desidera portare il messaggio di salvezza, che Cristo le ha affidato, ad ogni essere umano, ad ogni cultura e ambiente sociale, all'intero genere umano, ma in primo luogo a coloro che versano in difficoltà. Senza abbandonare il suo specifico compito di evangelizzazione, essa cercherà, anche, di assicurare che tutti gli aspetti della vita umana e della società, di cui l'uomo fa parte, siano impregnati del rispetto per la dignità umana e quindi della giustizia.


4. Nel mondo d'oggi esistono troppe situazioni di ingiustizia. L'ingiustizia regna quando alcune nazioni accumulano ricchezze e vivono nell'abbondanza, mentre altre nazioni non possono offrire alla maggioranza della popolazione le risorse di prima necessità. L'ingiustizia regna quando all'interno della stessa società, alcuni gruppi possiedono la maggior parte di beni e poteri, mentre larghi strati di popolazione non possono provvedere decentemente ai mezzi di sussistenza per le loro famiglie, nemmeno con lunghe ore di estenuante lavoro nelle fabbriche o nei campi. L'ingiustizia regna quando le leggi di crescita economica e di sempre maggiore profitto determinano le relazioni sociali, lasciando nella povertà e miseria coloro che non hanno altro da offrire se non il lavoro delle proprie mani.

Consapevole di tale situazione, la Chiesa non esiterà di farsi carico della causa del povero e di diventare la voce di coloro che non sono ascoltati quando parlano per chiedere giustizia, e non per domandare elemosina.

Si, la preferenza per il povero è una preferenza cristiana! E' una preferenza che esprime la sollecitudine di Cristo che è venuto per proclamare un messaggio di salvezza ai poveri; i poveri infatti sono veramente amati da Dio, e Dio è Colui che garantisce i loro diritti. La Chiesa proclama la sua preferenza per i poveri all'interno della totalità della sua missione di evangelizzazione.

che è diretta a tutte le genti. Nessuna area della sua missione pastorale sarà omessa nella sua sollecitudine per i poveri: essa predicherà loro il Vangelo, li inviterà alla vita sacramentale della Chiesa ed alla preghiera, parlerà loro del sacrificio e della risurrezione, li includerà nel suo apostolato sociale.


5. Mi hanno detto che molti di voi qui presenti fanno parte del settore agricolo, e più specificamente di quello della coltivazione della canna da zucchero, come proprietari, piantatori o operai. Tutti voi vivete vicino alla terra e questa vi provvede i mezzi di sussistenza. A voi tutti desidero rivolgere qualche speciale parola in riferimento alle vostre particolari situazioni e al messaggio sociale della Chiesa.

Voi amate la terra, curate teneramente la fertile pianura. Voi appartenete a questa terra e questa terra vi appartiene. Nel suo amore gratuito Dio non solamente creo l'uomo e la donna, ma diede loro la terra affinché la vita umana potesse essere sostenuta dai loro sforzi. Sin dall'inizio, e a beneficio di tutti, Dio ha voluto la interazione della terra e del lavoro affinché la piena dignità dell'uomo potesse essere sempre protetta e promossa.


6. Si, la dignità umana deve essere promossa dalla terra. Poiché la terra è un dono di Dio a beneficio di tutti, non è ammissibile l'uso di questo dono in modo tale che i benefici da essa prodotti servano soltanto per un limitato numero di persone, mentre gli altri - la quasi totalità - sono esclusi dai benefici che la terra produce.

Una provocazione veramente cristiana e perciò presentata a coloro che possiedono o controllano la terra. Io so che molti di voi, possidenti di piantagioni o piantatori sono veramente interessati al benessere dei propri lavoratori; la Chiesa pero, consapevole della sua responsabilità, si sente stimolata a presentarvi molte volte gli ideali di amore e di giustizia, e ad incoraggiarvi a confrontare costantemente le vostre azioni e i vostri atteggiamenti con i principi etici riguardanti la priorità del bene comune e riguardanti il fine sociale dell'attività economica. Il diritto a possedere è legittimo in se stesso, ma non può essere separato dalla sua dimensione sociale più vasta. Nella sua enciclica "Populorum Progressio", Paolo VI, riecheggiando l'insegnamento del Concilio Vaticano II, stabili questo principio in modo veramente chiaro quando scrisse: "Dio ha destinato la terra e tutto ciò che contiene all'uso di tutti gli uomini e di tutti i popoli, di modo che i beni della creazione devono equamente affluire nelle mani di tutti, secondo la regola della giustizia, che è inseparabile dalla carità" (GS 69). Tutti gli altri diritti, di qualunque genere, ivi compresi quelli della proprietà e del libero commercio, sono subordinati ad essa: non devono quindi intralciarne, bensì, al contrario, facilitarne la realizzazione, ed è un dovere sociale grave ed urgente restituirli alla loro finalità originaria (cfr. Paolo VI PP 22). I proprietari ed i piantatori non dovrebbero perciò lasciarsi guidare principalmente dalle leggi economiche di crescita e di profitto, ne dalle esigenze di competizione o di accumulazione egoistica dei beni; essi dovrebbero invece lasciarsi guidare dalle esigenze della giustizia e dall'imperativo morale che spinge a contribuire alla realizzazione di un decente livello di vita e di condizioni di lavoro tali da rendere possibile ai lavoratori e alla società rurale di vivere una vita veramente umana, e di vedere rispettati tutti i loro fondamentali diritti.


7. Allo stesso modo i lavoratori, siano essi duma-ans, sacadas o operai delle industrie, devono farsi guidare da un concetto veramente umano e cristiano del loro dovere. Il lavoro umano rimane l'elemento più importante nell'impresa economica, poiché è attraverso questo che l'uomo esercita il suo dominio sul mondo materiale per la costruzione e l'edificazione della sua propria dignità umana (cfr. GS 67). L'uomo o la donna che lavora, diventa un cooperatore di Dio. Creato ad immagine di Dio, l'uomo ha ricevuto la missione di governare l'universo affinché le sue ricchezze possano essere sviluppate ed usate a beneficio di tutti. in modo da offrire ad ogni persona umana la possibilità di vivere secondo la sua propria dignità e, quindi, dare gloria a Dio. A tutti i lavoratori della canna da zucchero dico, come ugualmente dico a qualsiasi altro lavoratore dovunque si trovi: non dimenticate mai la grande dignità che Dio vi ha dato, non lasciatevi mai degradare dal vostro lavoro; ricordate invece, sempre. La missione che Dio vi ha affidato: essere, per mezzo del lavoro delle vostre mani, i suoi collaboratori nella continuazione dell'opera della creazione. Vedete nel vostro lavoro un'opera di amore, esso infatti esprime l'amore per i vostri cari e il vostro impegno per il benessere della vostra famiglia. Siate orgogliosi di lavorare la terra.

Allo stesso tempo, sappiate che la Chiesa vi sostiene nei vostri sforzi per vedere rispettati i vostri diritti di lavoratori. Già novanta anni fa, la grande enciclica sociale "Rerum Novarum" diceva molto chiaramente che il lavoratore ha diritto ad un salario che gli dia una giusta parte della ricchezza che egli contribuisce a produrre, e che le condizioni di lavoro non dovrebbero essere dirette al fine di incrementare sempre più il profitto economico dell'impresa, bensì devono tendere a salvaguardare l'inviolabile dignità dell'uomo come individuo, come sostegno della sua famiglia, e come costruttore della società alla quale appartiene. E' stato un costante insegnamento della Chiesa che i lavoratori abbiano il diritto ad unirsi in libere associazioni con lo scopo di difendere i loro interessi e contribuire come collaboratori responsabili al bene comune. Tali associazioni dovrebbero essere protette da appropriate leggi che, più che limitare le loro attività, dovrebbero garantire la libera ricerca per il benessere sociale di tutti i loro membri e dei lavoratori in genere.

Dovunque la gente lavora insieme, ispirata dallo scopo di assicurare la dignità di ogni essere umano e di costruire una società basata sulla giustizia.

sarà sempre viva la speranza per un mondo migliore, e sarà possibile trovare le vie ed i mezzi che diano la possibilità di condividere i frutti del progresso con tutti, nella comunità. Quando i diritti legittimi di ogni categoria sono rispettati, sarà possibile trovare vie pacifiche per la realizzazione del bene comune e nessuno esiterà a porre a servizio dei suoi fratelli, in una comune ricerca di una giusta società, la piena ricchezza dei propri talenti, abilità e influenza. Le agenzie governativ", che sono guidate da una giusta attenzione per la dignità umana, non diventeranno strumenti di oppressione o potere per una classe o categoria.

Le libere associazioni dei lavoratori, che basano la loro azione sulla impareggiabile dignità dell'uomo, ispireranno confidenza come interlocutori di pari grado in una ricerca di giuste soluzioni. I lavoratori e i datori di lavoro, che imparano a riconoscersi gli uni gli altri come fratelli, non saranno prigionieri di amare dispute che lasciano i problemi irrisolti e l'umana solidarietà indebolita o in rovina. Quando è l'uomo stesso, l'uomo con la sua insuperata dignità, la misura che viene applicata ai problemi sociali, allora non ci sarà spazio per la violenza nella lotta per la giustizia. Adottare l'uomo come criterio di tutta l'attività sociale, significa impegnarsi per la trasformazione di ogni ingiusta situazione società basata sulla fratellanza, sulla giustizia e sull'amore. La violenza mai può essere un mezzo per risolvere i conflitti sociali; e la lotta di classe, che oppone un gruppo all'altro, non può essere fonte di giustizia avendo come sue premesse la distruzione e il disprezzo per l'uomo. Per costruire una società veramente umana nelle Filippine, ogni uomo e donna deve fare una scelta per la giustizia e l'amore, per la solidarietà e la fratellanza, contro l'egoismo e l'odio. Scegliete la dignità umana e un futuro migliore sarà vostro!


9. Miei cari amici di Bacolod, delle isole Negros Occidental, e voi tutti che siete venuti da lontano per stare con me oggi, so che non vi manca generosità e coraggio. Nelle vostre comunità, nelle città e nei villaggi, mantenete viva la meravigliosa eredità di valori e di qualità che è la vostra forza per il futuro.

Rimanete fedeli a ciò che siete: conservate sempre la vostra gioia, il vostro amore per la famiglia, la vostra solidarietà all'interno di ogni comunità, e soprattutto la vostra ferma volontà di condividere tutto ciò che siete e tutto ciò che avete - anche se piccolo od umile - con i vostri fratelli e le vostre sorelle che sono nel bisogno. Nel fare ciò, la vostra comunità sarà contraddistinta dal segno dell'umanità.

A tutti i miei fratelli e sorelle in Cristo io dico: mantenete viva nei vostri cuori la confidenza in Dio, la fedeltà alla Chiesa e la devozione alla Beata Vergine Maria.

E' giunto il momento di lasciarvi. Avrei tanto desiderato di stare con voi più a lungo, ma altri stanno aspettando di celebrare con me nel vincolo di amore che ci unisce in Gesù Cristo. Grazie per la vostra presenza qui e per aver condiviso insieme quest'ora. Mi sento tanto più ricco per avervi incontrato e per aver constatato il vostro orgoglio di filippini e di cristiani.

Quando tornate nei vostri villaggi e nelle vostre famiglie, portate con voi la benedizione del Papa. E dite a tutti coloro che erano nella impossibilità di essere presenti, qui, oggi, agli anziani e agli ammalati, che il Papa li ama e li porta sempre nel suo cuore e nelle sue preghiere. Vi benedico tutti nel nome di Gesù Cristo, nostro misericordioso Salvatore.

Possa Iddio benedirvi, mentre vi allontanate con il mio amore e la mia sollecitudine.

Kabay pa nga bendisyonan kamo sang Dios"!

Data: 1981-02-20
Venerdi 20 Febbraio 1981



GPII 1981 Insegnamenti - Aeroporto di Davao: Messa per la comunità locale