GPII 1981 Insegnamenti - Alla stazione quaresimale a Santa Sabina - Roma

Alla stazione quaresimale a Santa Sabina - Roma

Titolo: Col gesto e la parola sveliamo la realtà della misericordia divina



1. "Suonate la tromba in Sion, / proclamate un digiuno..." (Jl 2,15).

Con questo annuncio parla il profeta Gioele nell'odierna liturgia del Mercoledì delle Ceneri, con la quale la Chiesa ordina il santo digiuno, il grande digiuno di quaranta giorni, a somiglianza del digiuno di quaranta giorni di Cristo. Ed è un digiuno che ha valore di spirituale avviamento e di introduzione al mistero pasquale.

Ci raduniamo, quindi, conformemente alla consuetudine delle stazioni quaresimali, presso Santa Sabina. Come dice più avanti il profeta, escono i vecchi, i fanciulli e i bambini lattanti e gli sposi nel fior della loro vita e i sacerdoti. E trovandosi "tra il vestibolo e l'altare" cantano: "Parce, Domine, parce populo tuo..." (Jl 2,17).


2. La Chiesa proclama la Quaresima. In virtù del proprio potere legislativo regola le sue prescrizioni. Tuttavia, la norma sola qui non basta. Bisogna che a ciascun cuore ed a ciascuna coscienza giunga individualmente questa chiamata, perché vi alligni il lievito della Quaresima. Perciò la Chiesa oggi si rivolge a ciascun uomo singolarmente. Non si limita alla disposizione generale - ma si avvicina a ciascuno con un particolare gesto ed una specifica parola riportati dalla liturgia.

Il gesto consiste nell'imposizione delle Ceneri sulla fronte.

Quanto alla parola, che spiega il gesto, vi sono due formule. La prima, antichissima, è tratta dal Libro della Genesi: "Ricordati che sei polvere e in polvere tornerai" (cfr. Gn 3,19); essa richiama l'uomo alla sua caducità, così come Isaia dirà che "ogni uomo e come l'erba e tutta la sua gloria come un fiore del campo", che secca ed appassisce (cfr. Is 40,67). La seconda formula, invece, è di impronta evangelica: "Convertitevi, e credete al Vangelo" (Mc 1,15); essa è stata suggerita dalla recente riforma post-conciliare e propone all'uomo un invito ed un impegno, aprendogli la prospettiva della fede e della conversione nella sua vita concreta.


3. Proclamare il digiuno in Sion vuol dire giungere fino all'uomo interiore.

Insieme col gesto liturgico delle Ceneri e con la parola che lo accompagna, si deve svelare davanti a lui tutta la realtà della Misericordia divina, la verità che "il Signore si mostra geloso per la sua terra e si muove a compassione del suo popolo" (cfr. Jl 2,18).

Come ho scritto nell'enciclica "Dives in Misericordia", "la conversione a Dio consiste sempre nello scoprire la sua misericordia, cioè quell'amore che è paziente e benigno a misura del Creatore e Padre: l'amore, a cui "Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo" (2Co 1,3), è fedele fino alle estreme conseguenze nella storia dell'alleanza con l'uomo: fino alla croce - alla morte e risurrezione del Figlio. La conversione a Dio è sempre frutto del "ritrovamento" di questo Padre, che è ricco di misericordia" (Giovanni Paolo II DM 13).

Non è proprio l'amore "geloso" del Signore per la sua terra, sul quale mediteremo nel corso dell'intero periodo di Quaresima? così sarà anche quando dinanzi agli occhi della nostra anima si svelerà - meglio che in altre circostanze - la croce, cioè l'amore acceso fino alla fine.

Proclamare il digiuno vuol dire ricordare con tutta la forza questo Amore! Ricordare la croce. Accettare il digiuno vuol dire accettare la rivelazione di questo amore: ritrovare se stessi nelle dimensioni di questo amore-misericordia.


4. Proprio di questo parla l'apostolo nella seconda lettura, tratta dalla seconda lettera ai Corinzi: "Vi supplico in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo tratto da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio" (2Co 5,20-21).

Così, dunque, accettare la chiamata della Quaresima vuol dire accettare la chiamata a una particolare cooperazione con Cristo: "E poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio. Egli dice infatti: Al momento favorevole ti ho esaudito e nel giorno della salvezza ti ho soccorso" (2Co 6,1-2).

Accettare la chiamata della Quaresima vuol dire accettare la chiamata a una particolare cooperazione con la Grazia. Questa chiamata viene pronunciata con la parola della liturgia. Ma essa deve risuonare profondamente nel cuore e nella coscienza di ciascuno di noi.


5. La collaborazione con Cristo, la cooperazione con la grazia incita a particolari opere, delle quali parla il Vangelo d'oggi. Nel discorso della montagna, infatti, Gesù fa riferimento all'elemosina, alla preghiera ed al digiuno, ritenuti già nel suo ambiente come atti fondamentali dell'uomo religioso.

Ma Egli insiste sul modo del loro compimento, che deve rifuggire da ogni ostentazione ed ipocrisia. Queste opere vanno accompagnate da uno spirito di interiore adesione, che sarà tanto più forte e sincero quanto più esse saranno attuate "nel segreto" (Mt 6,


6.18), in un rapporto di intimità col Padre celeste, poiché, mentre "l'uomo guarda l'apparenza, il Signore guarda il cuore" (1S 16,7) La Quaresima non può passare inavvertita. Non può non distinguersi dal resto dei giorni e delle settimane. Deve essere un "tempo forte". Deve essere una risposta alla chiamata (alla sfida). Deve essere consapevolmente affrontata in tale modo e così realizzata. Deve essere un programma. Un tempo, esso fu il programma che derivava dai precetti particolareggianti della Chiesa. Oggi deve essere un programma accettato fino in fondo, personalmente, e realizzato nello spirito della Chiesa.


6. così oggi, qui, in questo luogo, io, Vescovo di Roma, decreto "la santa Quaresima" e insieme con me lo fanno tutti i Vescovi e Pastori della Chiesa.

Incomincia il tempo santo.

Accettatelo con la coscienza, con il cuore e il comportamento! così dice il Signore - "ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti" (Jl 2,12).

Laceriamoci tuttavia il cuore e non le vesti (cfr. Jl 2,13), affinché il nostro digiuno e la nostra conversione attingano le profondità più intime della nostra persona, ed il Padre nostro, che vede nel segreto, ci ricompenserà (cfr. Mt 6,3).

Amen!

Data: 1981-03-04
Mercoledì 4 Marzo 1981


Nelle Grotte Vaticane - Roma

Titolo: Messa nella Cappella Lituana

Carissimi, Con grande gioia ho accettato di celebrare questa Santa Messa per voi in occasione del 35° anniversario della fondazione del Pontificio Collegio Lituano di san Casimiro. Saluto il Rettore, i Superiori, i sacerdoti, gli alunni e gli ex-alunni del venerabile Istituto. La funzione odierna riveste un particolare significato in quanto viene celebrata in questa suggestiva Cappella dedicata alla Madre di Dio di "Ausros Vartai", commemorando San Casimiro, celeste Patrono del Collegio, di tutta la nazione lituana e soprattutto della gioventù lituana.

Certo, trentacinque anni non sono un lungo periodo nella vita di un Collegio, ma non è questo che conta. Mi piace rilevare che in tale breve tempo avete realizzato molto. Dal vostro Istituto infatti una schiera di sacerdoti è partita per il mondo intero. Vi esorto a proseguire per questo cammino. Preparate dei ministri di Dio. Formate uomini santi, di profonda fede, di forte speranza e di grande amore. Uomini di Dio che rendano testimonianza a Cristo ed alla Buona Novella. Costruttori della Chiesa con la parola e con la vita, nella gioia e nella sofferenza. La Quaresima ci insegna che solo attraverso il sacrificio si giunge alla vittoria. A tutti, e principalmente agli ex-alunni del Collegio, desidero fare una speciale raccomandazione: che si adoperino incessantemente a favore delle vocazioni sacerdotali e religiose. La Chiesa ha bisogno di nuovi, giovani e zelanti operai. I campi della messe biondeggiano.

Affido questi miei desideri a san Casimiro. Tutti sanno come in breve tempo egli ha raggiunto una grande perfezione. Oggi, come un diamante egli adorna l'immagine della Chiesa, in particolare in Lituania e nella mia Patria. Che egli sia per noi tutti un modello ed un potente intercessore.

Supplico la Vergine Maria, Madre della Misericordia, che san Casimiro ha tanto amato, di proteggervi tutti. La Madre di Dio interceda per il vostro Collegio e tutta la Lituania cattolica, che ricordo ogni giorno con affetto nelle mie preghiere.

Vi benedico tutti di cuore.

Data: 1981-03-05
Giovedì 5 Marzo 1981


Alla Pontificia Commissione per le Comunicazioni Sociali - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: I mezzi di comunicazione sociale veicoli per il messaggio evangelico

Fratelli carissimi, Cari membri, consiglieri e collaboratori della Commissione per le Comunicazioni Sociali, Sono molto felice di incontrarvi in occasione di questa riunione. Le Assemblee Plenarie costituiscono un momento molto importante per gli organismi della Curia. A maggior ragione esse hanno un posto in una commissione che vuole essa stessa promuovere le comunicazioni sociali. Mi sembra importante raccogliere le testimonianze e i suggerimenti di quelli che sono costantemente in dialogo, nei loro paesi, con i molti operatori dei mass media e che ne recepiscono facilmente le esigenze.

Da parte mia, sin dall'inizio del mio pontificato, ho cercato di cogliere le occasioni favorevoli per rivolgermi ai rappresentanti della stampa, della radio e della televisione. Oggi, tramite vostro e del vostro apostolato, posso misurare un po' meglio quanto la pastorale della comunicazione si sviluppi e si realizzi in modo adeguato sia al centro della Chiesa che nelle Chiese particolari, in ogni paese e continente.

Possiamo affermare che questa pastorale è un'eredità che abbiamo ricevuto dal Concilio Vaticano II, in primo luogo con il decreto "Inter Mirifica" e poi con l'Istruzione pastorale "Communio et Progresso", preparata su mandato dello stesso Concilio, solennemente approvata da Paolo VI e che costituisce il testo di riferimento per la vostra attività apostolica particolare.

I recenti Sinodi dei Vescovi hanno fornito l'occasione per ricorrere frequentemente all'utilizzo dei mezzi di comunicazione sociale nell'opera di evangelizzazione.

Raggiungere l'uomo d'oggi, molto condizionato da questi mezzi, farsi ascoltare, comprendere, accettare, costituisce una problematica pastorale nuova che deve proprio saper usare questi mezzi. Bisogna allora accettarne le esigenze, conoscerne la lingua e i meccanismi. "Chi semina poco, raccoglie poco". Ma noi vogliamo raccogliere per Cristo un raccolto abbondante, e siamo spinti dalle attese di milioni di persone in tutto il mondo. Vogliono ascoltare, comprendere e vivere l'ideale che da duemila anni illumina e guida la civiltà che è nata in questo luogo.

Mi auguro vivamente che non ci si limiti solo a dei voti formali, ma che si trovino in questi fatti degli stimoli per un apostolato adatto alla Chiesa nel mondo moderno, apostolato al quale l'episcopato ed il clero, le associazioni e le organizzazioni cattoliche devono dedicare maggiori energie e maggior tempo.

Come scritto nell'Esortazione apostolica "Evangelii Nuntiandi", si tratta di una vera sfida. Per compiere la missione di annunciare il Vangelo "dai tetti" in tutto l'universo, "e a tutti gli uomini", compito primordiale che spetta ad ogni Pastore, si deve poter contare sulle risorse dei mezzi di comunicazione sociale, meravigliosi strumenti per la loro efficacia e la loro risonanza, ma strumenti che hanno anche dei limiti e che sono delicati da usare affinché il messaggio evangelico o la testimonianza della Chiesa siano presentati in tutta la loro profondità.

Vi auguro un incontro fruttuoso per tutti, e soprattutto per questo Centro romano che deve affrontare un duro lavoro, anche durante i viaggi pastorali del Papa! Vi sono e vi restero molto vicino in questo lavoro difficile, ma indispensabile. Non mi sono dilungato sui temi precisi della vostra Assemblea che non ho avuto modo di approfondire. Ma non dubito della vostra competenza e delle vostre convinzioni al riguardo. Approfitto piuttosto di questa occasione per prendere contatto con voi.

Di tutto cuore impartisco a voi, a tutti i membri delle Commissioni Episcopali per i mezzi di comunicazione sociale operanti nei diversi paesi, e a tutti i vostri collaboratori, religiosi e laici, una particolare Benedizione Apostolica, domandando allo Spirito Santo, per intercessione di Maria, la grazia necessaria al vostro importante apostolato.

(Traduzione dal francese)

Data: 1981-03-05
Giovedì 5 Marzo 1981


Ai sacerdoti della diocesi di Roma - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Insegnamento della religione e catechesi: ministeri distinti e complementari

Venerati confratelli!

1. Nel prendere la parola dopo i vari interventi che si sono susseguiti in quest'Aula e che ho ascoltato con grande interesse, esprimo anzitutto la mia gioia per questo incontro, nel quale mi è dato di accogliere i sacerdoti della mia diocesi nei loro diversi ordini e gradi. Come non gioire vedendo vicino a me, insieme col caro e zelante Cardinale Vicario, con Monsignor Vicegerente e con i Vescovi Ausiliari, una così eletta schiera di pastori che responsabilmente contribuiscono ad alleviare col loro lavoro il "pondus diei et aestus" della fatica apostolica, affidatami da Dio in questa diletta città di Roma, a cui da ogni parte del mondo si guarda come alla Comunità "digna Deo, digna decore, digna quae beata praedicetur", perché "universo caritatis coetui praesidens"? (Sant'Ignazio d'Antochia, "Ep. ad Romanos", Inscr.) E' un felice momento di intimità spirituale il nostro, che richiama alla mente la primitiva comunità cristiana, che il libro degli Atti descrive come "un cuor solo ed un'anima sola" (Ac 4,32). Il Signore è con noi! Ce ne rassicura la promessa che Egli ha fatto nel Vangelo a quanti si trovano raccolti nel suo nome (cfr. Mt 18,20). In Lui mi piace di sentire stamane qui presenti, stretti dal comune vincolo di una carità fraternamente viva e calda, anche i sacerdoti che gli impegni del ministero hanno trattenuto altrove. Tutti voglio abbracciare, tutti ringraziare, tutti benedire.


2. L'argomento, sul quale è stata richiamata la nostra attenzione, riveste un'importanza fondamentale nel complesso delle attività apostoliche, in cui si articola il piano pastorale della diocesi: la formazione religiosa della gioventù nella scuola è impegno in se stesso delicato, che le circostanze attuali, sia all'interno delle strutture scolastiche come nell'ambito più vasto della mentalità e del costume sociale rendono singolarmente arduo ed, a volte, persino ostico ed ingrato. Desidero profittare di questa circostanza per testimoniare, innanzitutto, il mio apprezzamento e la mia stima a quanti spendono le loro energie in questo servizio altamente meritevole: ad essi rivolgo con affetto una speciale parola di compiacimento e di esortazione, che vorrei fosse accolta come conforto e sostegno nelle difficoltà della quotidiana fatica.

Il pensiero va in primo luogo alla scuola cattolica, la cui presenza nella nostra città, è particolarmente consistente. I qualificati manipoli di religiosi e di religiose, che consacrano il meglio di se stessi all'opera educativa entro queste Istituzioni, devono poter contare sulla comprensione e sul sostegno dell'intera comunità ecclesiale. La loro azione, infatti, raggiunge ogni giorno decine di migliaia di giovani, con i quali essi possono intrecciare un dialogo formativo che, prendendo spunto dalle mille opportunità offerte dallo sviluppo delle diverse discipline e valendosi di un certo stile di vita alimentato all'interno dell'Istituto, è in grado di esercitare un influsso educativo particolarmente profondo e duraturo.

Ogni Pastore d'anime non può quindi che guardare con favore e simpatia all'attività svolta dagli Istituti cattolici che operano nell'ambito della diocesi, e ad essi deve offrire quella collaborazione che le circostanze rendono, a volta a volta, possibile ed opportuna. Al tempo stesso i responsabili ed i docenti delle scuole cattoliche devono sentire l'impegno di inserirsi attivamente nella Chiesa locale, mantenendo con essa costanti contatti nelle sedi a ciò predisposte ed orientando i giovani verso le strutture pastorali che, sul piano tanto diocesano quanto parrocchiale, promuovono iniziative ad essi rivolte. E' necessario evitare forme di isolamento che, distogliendo il giovane dalla partecipazione alla vita della comunità ecclesiale, rischierebbero di pregiudicare, a studi terminati la perseveranza nella pratica religiosa e forse anche nelle stesse scelte di fede.


3. V'è poi la scuola "pubblica". A questo riguardo vorrei dire subito che il sacerdote non può sottovalutare le possibilità di azione apostolica, aperte dinanzi a lui anche in tale campo. Penso anzi che sia doveroso non lasciar cadere nessuna delle opportunità offerte in questo settore dall'ordinamento giuridico vigente. Questo già a livello della scuola primaria, nella quale i fanciulli sono avviati alla conoscenza unitaria dei primi elementi delle varie discipline. Come non vedere in questa fase del tirocinio scolastico un'importante premessa per i successivi sviluppi dell'evangelizzazione? I sacerdoti impegnati nell'attività pastorale faranno bene, pertanto, ad adoperarsi per offrire in tale ambito, nei limiti loro consentiti, tutta la loro collaborazione, sia nei contatti con gli alunni, quando debbono integrare l'insegnamento religioso impartito dai maestri di classe, sia nel dialogo costruttivo con i Direttori didattici e con i maestri, e mediante ogni altra iniziativa che possa rivelarsi opportuna.

Particolarmente attenzione va data all'insegnamento della Religione nella scuola media inferiore e superiore. E' a tale livello, infatti, che s'incontrano le difficoltà maggiori e le più frequenti perplessità, ma è anche in tale ambito che si aprono le più stimolanti prospettive. Nell'assicurare che le riflessioni esposte da quanti hanno preso poco fa la parola non mancheranno di essere fatte oggetto di dovuta considerazione, profitto volentieri della circostanza per richiamare alcuni principi che è doveroso tenere presenti in questa materia e per indicare le conseguenti linee di azione.

Il principio di fondo che deve guidare l'impegno in questo delicato settore della pastorale, è quello della distinzione ed insieme della complementarietà tra l'insegnamento della Religione e la catechesi. Nelle scuole, infatti, si opera per la formazione integrale dell'alunno. L'insegnamento della Religione dovrà, pertanto, caratterizzarsi in riferimento agli obiettivi ed ai criteri propri di una struttura scolastica moderna. Esso, da una parte, si proporrà come adempimento di un diritto-dovere della persona umana, per la quale l'educazione religiosa della coscienza costituisce una manifestazione fondamentale di libertà; dall'altra dovrà essere visto come un servizio che la società rende agli alunni cattolici, che costituiscono la quasi totalità degli studenti ed ai loro genitori, che logicamente si presumono volerne una educazione ispirata ai propri principi religiosi. A questo riguardo desidero richiamare quanto ho scritto nell'esortazione apostolica "Catechesi Tradendae": "Esprimo il vivissimo auspicio che, rispondendo ad un ben chiaro diritto della libertà religiosa di tutti, sia possibile a tutti gli alunni cattolici di progredire nella loro formazione spirituale col contributo di un insegnamento religioso che dipende dalla Chiesa, ma che, a seconda dei paesi, può essere offerto dalla scuola" o nell'ambito della scuola (cfr. Giovanni Paolo II CTR 69).

L'insegnamento religioso, impartito nelle scuole, e la catechesi propriamente detta, svolta nell'ambito della parrocchia, pur distinti tra loro, non devono essere considerati come separati. V'è anzi fra loro un'intima connessione: identico infatti è il soggetto al quale si rivolgono gli educatori nell'un caso e nell'altro, cioè l'alunno; e identico è altresì il contenuto oggettivo, sul quale verte, pur con differenti modalità, il discorso formativo, condotto nell'insegnamento della Religione e nella catechesi. L'insegnamento di Religione può essere considerato sia come una qualificata premessa alla catechesi sia come una riflessione ulteriore sui contenuti di catechesi ormai acquisiti.


4. Una prima conseguenza di una simile impostazione del problema riguarda direttamente l'insegnante di Religione: egli dovrà prendere sempre più viva coscienza della propria identità di cristiano impegnato nella comunità ecclesiale, sentendo che essa guarda a lui e lo segue con esigente considerazione nel grave compito che gli è affidato dalla Chiesa.

Lo svolgimento di tale delicato compito richiede una specifica preparazione professionale. L'insegnante di Religione deve infatti essere in possesso, da una parte, di una formazione teologica sistematica, che gli consenta di proporre con competenza i contenuti della fede, e dall'altra di quella conoscenza delle scienze umane, che si rivela necessaria per mediare in modo pertinente ed efficace i contenuti medesimi.

Un simile impegno cristiano e professionale, per potersi mantenere all'altezza delle esigenze educative. richiede da parte degli insegnanti di Religione (dalla scuola materna fino alla media superiore) lo sforzo di un costante aggiornamento nei contenuti e nelle metodologie, e l'impegno di una partecipazione attiva alla vita della comunità ecclesiale.


5. Una parola vorrei riservare alla responsabilità dei cattolici nel loro insieme in rapporto all opera formativa svolta dalla scuola. E' chiaro che l'incidenza del discorso religioso è condizionato dal contesto pedagogico complessivo, entro il quale esso si svolge. Deriva di qui l'importanza di una presenza rispettosa ed attiva dei cattolici nei vari momenti dell'iter formativo, percorso dall'alunno: un contributo importante potranno recare anzitutto i docenti cattolici con lo specifico della loro professionalità; dovrà poi essere valorizzata e stimolata l'azione dei genitori per l'efficace ruolo di mediazione e di dialogo, che essi possono svolgere tra la comunità civile e quella ecclesiale, soprattutto nell'ambito degli organi collegiali; né dovrà essere sottovalutato, infine, l'apporto degli alunni, il cui influsso nell'ambiente scolastico si manifesterà soprattutto mediante la testimonianza dello studio, dell'ascolto, del servizio.

Il tempo della formazione esige particolari attenzioni e rispetto per la personalità in maturazione del giovane. L'impegno dei singoli e quello organicamente progettato dalla comunità ecclesiale dovranno muoversi in tale direzione, nell'intento di promuovere, in armonia con le caratteristiche proprie della scuola, la serena convivenza di componenti umane diverse per mentalità e cultura, favorendo l'instaurarsi fra di esse di quel rapporto dialogico aperto e rispettoso, che solo può condurre ad una società autenticamente civile.

Tra le molte applicazioni che un simile orientamento suggerisce, v'è anche quella che impegna gli insegnanti di religione a sentirsi responsabili della proposta del messaggio cristiano a tutti gli alunni, evitando la tentazione di limitare il proprio interessamento a chi consapevolmente vive una scelta di fede e di pratica religiosa. Rispettare tutti, non escludere nessuno, ricercare attivamente il dialogo con ogni componente della comunità scolastica, ecco in sintesi i criteri a cui l'insegnante di Religione deve costantemente ispirarsi.


6. Questi, figli carissimi, i pensieri che mi premeva di parteciparvi su di un argomento tanto complesso e tanto fondamentale. Vorrei, prima di concludere, sollecitare ancora una volta l'intera comunità ecclesiale a far convergere su di esso il proprio impegno generoso: la posta in gioco è la formazione Religiosa di coloro che saranno i responsabili della comunità di domani. Ogni energia spesa in questo settore deve, dunque, considerarsi spesa saggiamente.

Resta in ogni caso e per ciascuno la difficoltà di esprimere in linguaggio umano cose divine, di dare al nostro povero linguaggio quella segreta virtù che lo rende persuasivo e salutare, facendone una spada che penetra nell'intimità dello spirito: "vivus est enim sermo Dei et efficax, et penetrabilior omni gladio ancipi" (He 4,12). Tale spirituale efficacia dipende, più che da capacità ed accorgimenti umani, dall'azione trasformatrice della grazia divina. E la grazia è propiziata dalla purificazione del cuore, ottenuta mediante la preghiera, la penitenza, l'esercizio più disinteressato e generoso della carità. Abbiamo iniziato ieri il periodo quaresimale: questo è il "tempus acceptabile", in cui ciascuno di noi è invitato ad avviarsi sul cammino di una più profonda esperienza della presenza corroborante dello Spirito di Cristo.

Il mio augurio è che questa Quaresima sia per ciascuno un tempo di interiore rinnovamento, nella gioia di un contatto più vivo con le fresche sorgenti della grazia. A tale scopo vi imparto di cuore la mia apostolica benedizione, propiziatrice di ogni desiderato conforto celeste.

Data: 1981-03-05
Giovedì 5 Marzo 1981


Ai partecipanti al "Convegno Veritas" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Procedete sempre con chiarezza e con fiducia nella ricerca della verità accanto ai giovani d'oggi

Carissimi studenti!

1. Sono molto lieto di incontrarmi con voi e di salutarvi! Al termine del vostro itinerario "Alla ricerca della Verità", avete desiderato venire qui, nella Sede di Pietro, per esprimere, anche a nome di tanti vostri amici, i vostri sentimenti di fede e di devozione al Vicario di Cristo. Ed io, ringraziandovi di cuore, vi manifesto tutta la mia gioia nel potermi intrattenere, sia pur brevemente con voi che rappresentate i giovani dell'Azione Cattolica Italiana, e anzi, vorrei dire, rappresentate in questo momento tutti gli studenti d'Italia. Mi compiaccio vivamente per l'opera che avete svolto nelle vostre singole diocesi nel campo della catechesi e nell'ambiente così importante e sensibile della scuola.

Saluto in primo luogo l'Assistente Ecclesiastico Generale Mons. Giuseppe Costanzo, il Presidente Centrale Professor Alberto Monticone e tutti i loro collaboratori sacerdoti e laici, che hanno curato questa ottima e preziosa iniziativa; saluto voi, qui presenti, e tutti coloro che hanno partecipato alla realizzazione dell'itinerario di ricerca, con questionari, discussioni, convegni, film-forum, cosicché il "Concorso Veritas", in questa ormai trentunesima edizione, è stato notevolmente ampliato, riuscendo così ad interessare e a responsabilizzare un maggior numero di studenti, prendendo il nome di "Convegno Veritas". Per mezzo vostro desidero anche estendere il mio affettuoso saluto a tutti i vostri amici studenti, sparsi nelle tante scuole d'Italia. Avete lavorato bene in questo anno trascorso, tanto da meritarvi la designazione per il Convegno a Roma e per l'udienza dal Papa: avete diritto di sentirvi gioiosi e soddisfatti. Ma continuate a perseverare nel vostro impegno di testimonianza: voi dovete essere portatori di certezza e di speranza nell'ambiente della scuola; voi dovete, con la vostra fede e la vostra bontà, far sentire la presenza e l'amicizia di Cristo. I Vescovi delle vostre diocesi, i sacerdoti delle vostre parrocchie, gli insegnanti di Religione nelle scuole, hanno bisogno sempre del vostro aiuto, generoso e convinto.

Continuate perciò a portare con serenità e fortezza il vessillo della vostra fede e carità verso tutti gli uomini.


2. A questo proposito desidero dare a voi particolarmente, giovani di Azione Cattolica, un impegno riguardante la gioventù di oggi e la ricerca della verità secondo quell'itinerario che voi avete già svolto.

Quali sono le caratteristiche della gioventù odierna? Non è difficile per voi che siete giovani e vivete sempre in mezzo ai giovani notare la fisionomia spirituale che la caratterizza: - è una gioventù critica, che, avendo notevolmente aumentato il patrimonio culturale, è portata logicamente a pensare di più, a riflettere, a giudicare; - è una gioventù esigente, che pur magari talvolta esagerando e cedendo all'egoismo personale, vuole e pretende onestà, veridicità, giustizia, coerenza; - è una gioventù sofferente a causa della contraddittorietà delle ideologie che la colpiscono, a causa del continuo svuotamento degli ideali di cui e spettatrice; - è una gioventù interrogante, che vuole rendersi conto degli avvenimenti, che cerca il senso della propria vita e il significato della storia umana e dell'intero universo, che invoca certezza e chiarezza sul proprio destino e circa la propria condotta; - è gioventù ansiosa di verità, di ideali per cui vivere, di responsabilità, di bellezza morale, di innocenza, di gioia.

Ebbene, carissimi studenti, è la gioventù di questa generazione che voi dovete avvicinare, conoscere, amare, illuminare; è con essa che voi dovete continuare l'itinerario della ricerca della verità! Con chiarezza e con fiducia! In qualunque ambiente vi troviate propugnate sempre e prima di tutto la validità della ricerca della verità, per combattere quel senso di scetticismo e di problematicismo assoluto, che elimina ogni desiderio di indagine, e che può facilmente penetrare nell'animo giovanile. Curate in secondo luogo la serietà della ricerca, in modo da non gettare mai il dubbio sulle verità fondamentali riguardanti la certezza razionale su Dio, il messaggio di Cristo e l'insegnamento autentico della Chiesa. E infine testimoniate l'efficacia della ricerca della verità salvifica con la gioia cristiana, vivendo le Beatitudini e sostenendo la vita spirituale con l'Eucaristia e la preghiera.


3. Ai giovani che con angoscia ed affanno si domandano: "Che cos'è la verità? Esiste la verità?", voi risponderete con coraggiosa convinzione: "Certamente! Cristo è la verità e Lui solo ha parole di vita eterna!". Ai giovani che sono assetati di gioia, di bellezza e di amore, risponderete con sant'Agostino: "Solo la verità rende felici" (Sant'Agostino "Enarr. in Ps". 4,3). "La felicità è godere della verità. E' questo, dunque, il gaudio di te, che sei la Verità, o Dio, mia luce, salvezza del mio volto, o mio Dio. E' questa la felicità che tutti bramano, è questa la sola vita felice che tutti vogliono, è questa la gioia che tutti desiderano: la gioia della verità" (Sant'Agostino "Confessioni", lib. 10, cap.


23).

Questo è il magnifico compito che vi attende proseguendo con i vostri amici studenti l'itinerario di ricerca. Vi aiuti e vi ispiri Maria Santissima, la "Sede della Sapienza", "Causa della nostra letizia".

Con questi voti, vi imparto di cuore la mia speciale benedizione apostolica, che estendo con affetto ai vostri insegnanti di religione, ai vostri Assistenti ecclesiastici e a tutti i vostri amici studenti d'Italia!

Data: 1981-03-07
Sabato 7 Marzo 1981



L'omelia nella parrocchia di san Giovanni Battista dei Fiorentini - Roma

Titolo: La parrocchia, ad immagine della Chiesa, realizza il messaggio di conversione a Dio



1. "Adora il Signore Dio tuo e a Lui solo rendi culto" (Mt 4,10).

Queste categoriche parole, rivolte da nostro Signore Gesù Cristo a Satana tentatore, e poste dalla liturgia alle soglie della Quaresima, sono un incisivo e perenne programma di vita per l'uomo, chiamato dalla forza dell'Amore eterno al servizio ed al Regno di Dio e solo di Dio, e tuttavia, fin dall'inizio della sua contingente esistenza e per tutta la sua vita, così esposto e suscettibile di fronte a tutte le "tentazioni", nelle quali lo spingono continuamente il "regno" di questo mondo e il "principe di questo mondo" (cfr. Jn


12,31; 14,30; 16,11), che fanno di tutto per dominare e manipolare l'uomo cercando di metterlo in opposizione a Dio.

Di fronte a Satana, che gli promette addirittura "tutti i regni del mondo con la loro gloria" dietro contropartita della adorazione, Gesù risponde con la luce e con la forza della Parola di Dio, il quale aveva messo in guardia il popolo eletto dalla affascinante e pericolosa tentazione dell'idolatria: "Guardati dal dimenticare il Signore che ti ha fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla condizione servile. Temerai il Signore Dio tuo, lo servirai... Farai tutto ciò che è giusto e buono agli occhi del Signore" (Dt 6,12-13 Dt 6,18).

Ed oggi occorre che noi sappiamo ascoltare ancora una volta e meditare profondamente queste categoriche parole di Gesù come un autentico programma per la Quaresima dell'anno del Signore 1981; occorre che le ascoltiamo e le meditiamo, in modo particolare, in questa Basilica parrocchiale di San Giovanni Battista dei Fiorentini, che oggi ho la fortuna di visitare come Vescovo di Roma.


2. Desidero, anzitutto, esprimere, fratelli e sorelle carissimi, sincera gioia per l'incontro odierno con voi tutti in questa chiesa, carica di storia e di arte, nella quale san Filippo Neri fu parroco dal 1564 al 1575, e che ha una lunga tradizione di vita pastorale.

Il mio affettuoso saluto si rivolge all'arciprete parroco, Monsignor Giuseppe Generali, il quale, dopo aver svolto il suo ministero in alcune parrocchie romane, dal 1961, cioè da 20 anni, dedica il suo zelo e le sue energie per la vostra crescita e maturazione nella fede cristiana.

Un cordiale saluto al vice-parroco, ai sacerdoti collaboratori, ai Membri del Capitolo, alle religiose ed ai religiosi, che vivono ed operano nell'ambito della parrocchia: le Figlie della Carità di San Vincenzo de' Paoli; quelle dell'Istituto Apostolico "Verbum Dei"; le Suore di Betania del Sacro Cuore; le componenti della "Fraternità Clarettiana"; i Missionari dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria di Maiorca e i Silenziosi Operai della Croce.

Né posso dimenticare i 2500 fedeli, con le rispettive 700 famiglie della parrocchia: saluto i padri e le madri, pensosi dell'avvenire dei loro figli; saluto i giovani, le giovani, gli adolescenti, i bambini, già immersi, ciascuno a suo modo, nella grande avventura della vita; saluto gli ammalati e i poveri, e quanti soffrono nel corpo e nello spirito; auguro che tutti i fedeli di questa parrocchia, che è così vicina alla Basilica di san Pietro, ed alla residenza del Papa, vivano con sempre maggior impegno la loro testimonianza cristiana, nella bontà e nella carità.


3. La Quaresima, tempo liturgico privilegiato, è - come sappiamo - un tempo di conversione. La Sacra Scrittura presenta la vita dell'uomo nei suoi confronti con Dio come una continua conversione interiore, in quanto Dio nel suo infinito amore chiama l'uomo a vivere in comunione con Lui. Ma l'uomo è fragile, debole, peccatore, per mettersi quindi in contatto, in comunione con Dio, egli ha bisogno di un atteggiamento di umiltà e di penitenza; deve orientarsi verso Dio, "cercare il volto di Dio" (cfr. Os 5,15 Ps 24,6); deve invertire il cammino che lo porta verso il male; mutare il proprio comportamento etico; cambiare addirittura concezione e modi di pensare individuali, che siano in opposizione alla Volontà ed alla Parola di Dio.

E Gesù, il Figlio di Dio incarnato, già fin dall'inizio del suo ministero messianico lancia agli uomini il suo appello alla conversione: "Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo!" (Mc


1,15; cfr. Mt 4,17).

Ed è proprio la Quaresima che rappresenta nella vita della Chiesa quasi un particolare grido alla conversione: "Utinam hodie vocem Eius audiatis, nolite obdurare corda vestra! (Ascoltate oggi la sua voce; non indurite il cuore!"): (Ps 94,8). Questo "hodie" si riferisce proprio alla Quaresima, che nella straordinaria ricchezza evocativa dei suoi testi liturgici è un continuo, pressante appello alla urgenza della autentica conversione interiore.


4. La conversione è fondamentalmente un allontanarsi dal peccato e un rivolgersi, un ritornare al Dio Vivente, al Dio dell'Alleanza. "Venite, ritorniamo al Signore: / Egli ci ha straziato ed egli ci guarirà. / Egli ci ha percosso ed egli ci fascerà" (Os 6,1): è l'invito del profeta Osea, il quale insiste sul carattere interiore della vera conversione, che deve essere sempre ispirata ed animata dall'amore e dalla conoscenza di Dio. E il profeta Geremia, il grande maestro della religiosità interiore, preannuncia da parte di Dio una straordinaria trasformazione spirituale dei membri del popolo eletto: "Daro loro un cuore capace di conoscermi perché io sono il Signore, essi saranno il mio popolo e io saro il loro Dio, se torneranno a me con tutto il cuore" (Jr 24,7).

La conversione è un dono di Dio, che l'uomo deve chiedere con fervente preghiera e che ci è stato meritato da Cristo "nuovo Adamo". E' quanto la liturgia odierna ci ha fatto meditare nel brano della lettera ai Romani di san Paolo: per la disobbedienza del primo Adamo il peccato e la morte sono entrati nel mondo e dominano l'uomo. Ma se è vero che "per la caduta di uno solo (cioè di Adamo) la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l'abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo" (cfr. Rm 5,17).

Il cristiano, forte della forza che gli viene da Cristo, si allontana sempre più dal peccato, dai peccati concreti, mortali o veniali, superando le cattive inclinazioni, i vizi, il peccato abituale, e, così facendo, renderà sempre più debole il fomite del peccato, cioè la triste eredità della disobbedienza originaria. Questo avviene nella misura in cui abbonda in noi sempre di più la Grazia, dono di Dio, concesso per i meriti "di un solo uomo, Gesù Cristo" (cfr. Rm 5,15). La conversione è, in tal modo, un trapasso quasi graduale, efficace, continuo, dal "vecchio" Adamo al "nuovo", che è Cristo. Tale esaltante processo spirituale, nel periodo della Quaresima, deve diventare in ogni cristiano particolarmente cosciente ed incisivo.


5. Ma la conversione è possibile solo in base al superamento delle tentazioni, come è messo in chiara evidenza dalla liturgia della Parola di questa prima Domenica di Quaresima.

La pluralità e la molteplicità delle tentazioni trovano il loro fondamento in quella triplice concupiscenza, di cui ci parla la prima lettera di san Giovanni: "Non amate né il mondo né le cose del mondo! Se uno ama il mondo, l'amore del Padre non è in lui, perché tutto quello che è nel mondo, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, non viene dal Padre, ma dal mondo" (1Jn 2,15 s).

Come è noto, nella concezione di san Giovanni, il "mondo" dal quale si deve allontanare il cristiano, non è la creazione, l'opera di Dio, che è stata affidata al dominio dell'uomo; ma è il simbolo e il segno di tutto ciò che ci separa da Dio o che vuole escludere Dio; cioè è l'opposto del "Regno di Dio". Sono pertanto tre gli aspetti del mondo, da cui il cristiano, per essere fedele al messaggio di Gesù, deve tenersi lontano: gli appetiti sensuali; la brama eccessiva dei beni terreni, sui quali l'uomo si illude di poter costruire tutta la sua vita; ed infine l'orgogliosa autosufficienza nei confronti di Dio.

Nelle tre "tentazioni", che Satana muove a Cristo nel deserto, si possono facilmente riscontrare le "tre concupiscenze" già menzionate, sono le tre grandi tentazioni, alle quali anche il cristiano sarà sottoposto nel corso della sua vita terrena.

Ma alla base di questa triplice tentazione ritroviamo la primitiva e onnicomprensiva tentazione, rivolta dallo stesso Satana ai nostri progenitori: "Diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male" (cfr. Gn 3,5). Satana promette all'uomo l'onnipotenza e l'onniscienza di Dio; cioè la totale autosufficienza ed indipendenza. Ora, l'uomo non è tale se non per la sua possibilità di "scegliere" Dio ad immagine del quale è stato creato. Ma il primo Adamo sceglie se stesso al posto di Dio; cede alla tentazione e si ritrova misero, fragile, debole, "nudo", "schiavo del peccato" (cfr. Jn 8,34). Il secondo Adamo, Cristo, riafferma invece contro Satana la fondamentale, strutturale ed ontologica dipendenza dell'uomo da Dio. L'uomo - ci dice Cristo - non viene umiliato, bensì esaltato nella sua stessa dignità ogni qualvolta si prostra per adorare l'Essere Infinito, suo Creatore e Padre: "Adora il Signore Dio tuo e a Lui solo rendi culto!" (Mt 4,10).


6. Questo appello quaresimale alla conversione comporta un continuo e paziente lavoro su se stessi, lavoro che giunge alla conoscenza dei motivi nascosti e delle molle occulte dell'amor proprio, della sensualità, dell'egoismo.

A tale lavoro, che richiede impegno e costanza, siamo chiamati tutti e ciascuno, senza eccezione, sia a livello personale, sia a livello comunitario, affinché ci possiamo aiutare vicendevolmente nel cammino della conversione, la quale è sempre frutto del "ritrovamento" di Dio, Padre, ricco di misericordia.

"L'autentica conoscenza del Dio della misericordia, dell'amore benigno - ho scritto nella mia seconda enciclica - è una costante ed inesauribile fonte di conversione, non soltanto come momentaneo atto interiore, ma anche come stabile disposizione, come stato d'animo. Coloro che in tal modo arrivano a conoscere Dio, che in tal modo lo "vedono", non possono vivere altrimenti che convertendosi a Lui. Vivono, dunque, "in statu conversionis"; ed é questo stato che traccia la più profonda componente del pellegrinaggio di ogni uomo sulla terra "in statu viatoris" (Giovanni Paolo II DM 13).

La parrocchia tutta, ad immagine della Chiesa, deve realizzare questo ideale ed aiutare i suoi fedeli a vivere questo messaggio di conversione permanente a Dio, il quale deve essere sempre presente nella comunità e deve rimanere l'unico e solo Essere, al quale ci gloriamo di servire e di rendere l'omaggio della nostra filiale adorazione: "Adora il Signore Dio tuo e a Lui solo rendi culto" (Mt 4,10).

Amen! (Ai giovani) Che cosa posso augurarvi, mentre ci troviamo all'inizio di questo periodo di Quaresima, che è periodo di conversione? Vi auguro di conservare la freschezza del cuore, la gioia propria della vostra età. Allo stesso tempo vi auguro di poter entrare nel vostro intimo, in quella stanza interiore, dove ciascuno di noi, nessuno escluso - io penso non escluso neanche un uomo che si professa agnostico o ateo - in cui ogni uomo sta solo con il Padre. Questo è uno degli elementi costitutivi della Quaresima; non solamente della Quaresima, ma della vita cristiana in genere; non solamente della vita cristiana, ma della vita umana. E' un elemento che costituisce la nostra umanità, la nostra personalità.

Noi abbiamo bisogno di un interlocutore che sia Padre, che veda, che ci conosca - che ci conosca meglio di quanto noi stessi siamo capaci di conoscerci - e che ci ami: questo è decisivo, perché ancora la coscienza non creerebbe questa fiducia e questo contatto speciale, questo bisogno di entrare nell'intimo di noi stessi, se non avessimo la consapevolezza che Lui ci ama, ci ama. Assoluto amore. Amore assoluto, "Dives in Misericordia", che ci ha dato il proprio Figlio per diventare uno di noi, per dare se stesso per la salvezza del mondo, per la salvezza di ciascuno di noi: tutto questo è la Quaresima.

Come ci dice anche il Vangelo di oggi, tratto dal racconto delle tentazioni di san Matteo, dobbiamo conservare la nostra gioia, la nostra freschezza. Non si tratta tanto di segni esteriori, quanto soprattutto della conversione del cuore, di quel processo intimo che è interessante, attraente. E' una bellissima esperienza che l'uomo può avere, è una bellissima esperienza offerta all'uomo. Specialmente a voi giovani, allora, auguro, in questo periodo della vita - quando nella maggioranza scoprite questa esperienza -, auguro di essere soli con il Padre, nella intimità della vostra stanza interiore, nel vostro cuore.

Data: 1981-03-08
Domenica 8 Marzo 1981



GPII 1981 Insegnamenti - Alla stazione quaresimale a Santa Sabina - Roma