GPII 1981 Insegnamenti - Ai partecipanti alla plenaria del Segretariato per i non credenti - Città del Vaticano (Roma)


2. Con riferimento a questo ultimo aspetto, il vostro tema di ricerca è molto ricco, se si considera che la scienza è un fatto di cultura, che comporta conseguenze importanti sulla mentalità, sia che si tratti di scienze della natura che di scienze umane.

Cercare di comprendere la totalità del reale è un'ambizione legittima che onora l'uomo e che il credente condivide. Non c'è dunque opposizione a questo livello, ma piuttosto a quello delle mentalità, quando esse sono dominate da una concezione scientista, secondo la quale il dominio della verità si identificherebbe con ciò che può essere conosciuto e verificato sperimentalmente.

Una tale mentalità positivistica segna nel profondo la cultura moderna derivata dalla filosofia detta "dei lumi". E' dunque una tale filosofia che si oppone in maniera ideologica alla fede, ma non la scienza in se stessa. Al contrario, la ricerca appassionata dei "come" chiede una risposta ai "perché".

Accade la stessa cosa, in un certo senso, per le scienze umane, che conoscono un crescente sforzo ed il cui dominio è allora più difficilmente definibile. Esse non soccombono ad una pretesa scientifica ben più di quanto non diano prova della loro reale scientificità, quando i loro promotori tendono a presentare come modello ideale di questo tipo di conoscenza una concezione che riduce l'uomo - che è il soggetto ad un oggetto di studio, di ricerca e di sperimentazione, con l'esclusione della realtà propriamente spirituale?


3. Lo sviluppo delle scienze, attraverso l'aumento di razionalità che comporta, si richiama in ultima analisi ad una visione della totalità che essa non può fornire: il senso del senso. Perché se è vero che la scienza è la forma privilegiata di conoscenza, non ne consegue per questo che il sapere scientifico sia la sola forma legittima del sapere. In questa prospettiva radicalmente riduttiva, la fede non apparirebbe altro che come una ingenua rappresentazione della realtà, collegata ad una mentalità mitologica. Al contrario, in una prospettiva totalizzante, ciò che importa e ben distinguere gli ordini specifici, e, lungi dall'opporsi ai contenuti, proporre la loro integrazione entro una epifania della verità.

E' certo che la presa in considerazione della totalità del reale è cosa delicata e difficile. Talvolta vi è una riduzione di un ordine all'altro; talvolta al contrario si pensa di poter sprezzare ogni articolazione. Bisogna riconoscere qui una doppia tentazione per i credenti: il razionalismo e il fideismo.


4. Per il resto, più che di un confronto astratto tra non credenza scientifica e fede cristiana, si tratta di un dialogo costruttivo tra gli uomini, dove la dinamica della razionalità non si oppone per nulla alla trascendenza della fede nella sua specificità, ma, in un certo senso, la richiama. E' nell'esperienza della vita che appare necessario superare il vuoto interiore causato dal cedimento dei sensi, quando la totalizzazione delle attività dell'uomo si situa entro un universo chiuso e non è più assunta entro una prospettiva che la supera, entro un sovrarazionale che, lungi dall'essere un non-razionale o un infra-razionale, è il fondamento ed il fine della razionalità.


5. Bisogna segnalare anche un rischio inerente al metodo della ricerca scientifica stessa. Essa ha un suo oggetto e sue proprie esigenze. Ma, nella misura in cui essa impregna tutto il pensiero, tutto il modo di vedere l'esistenza, essa può trascinare nell'ambito della fede la perdita della certezza propria di quest'ultima, nella quale il sapere è anche amore. così, questo spirito di ricerca perpetuo può portare a rimettere in causa i doni essenziali della fede e, senza negarli, a sospendere il giudizio e l'affermazione, sin tanto che non ha chiarito a se stessa tutte le ragioni del credere e tutti gli aspetti del mistero cristiano, come se ci si aspettasse altre scoperte riguardanti il credo stesso.

Certamente bisogna, come diceva l'apostolo Pietro, essere sempre capaci di rendere conto della speranza che è in noi (cfr. 1P 3,15). E si tratta di un reale lavoro scientifico da perseguire assiduamente in teologia, in esegesi, in morale; ma poggiandosi su un dato rivelato all'interno di una adesione globale già data a Gesù Cristo e alla sua Chiesa, che non mette provvisoriamente tra parentesi le affermazioni certe del Magistero. C'è per voi, certamente, una evidenza; ma gli spiriti imbevuti di ricerca scientifica possono trovarvi un disagio o un ostacolo, senza comprendere lo specifico e la trascendenza della fede, e rischiano di rimanere sulla soglia di quest'ultima.


6. E' importante illuminare questa difficoltà come quelle più radicali che ho segnalato prima, ed aiutare le nostre generazioni a superarle.

Come ho detto l'11 ottobre scorso, a proposito del tema che voi studiate, "una catechesi insufficientemente informata della problematica delle scienze esatte come delle scienze umane, nella loro diversità, può creare ostacoli in una intelligenza, invece di aprire il cammino dell'affermazione di Dio". E' il caso di quando si verifica un vero sfasamento tra l'immagine attuale del mondo costruito dalle scienze - anche soprattutto a causa della divulgazione delle scienze al grande pubblico - e le espressioni tradizionali della fede, ripetute talvolta senza preoccuparsi della mentalità corrente.


7. Per concludere, come dimenticare che gli studiosi stessi riconoscono che l'oggettività e la razionalità, per quanto importanti esse siano, non appagano il bisogno che ha l'uomo di capire il suo destino? Ma ciò non è sufficiente a condurre al riconoscimento di un Dio personale e trascendente. E certi si volgono verso una sorta di panteismo a colorazione mistica. Ripudiano lo scientismo, quella scienza smarrita al di là delle sue frontiere, respingono altrettanto le Chiese istituite, in ragione di una rivendicazione di autonomia umana e di critiche di ordine socio-politico, congiunte con il relativismo che generano la scoperta di diverse religioni e la moltiplicazione delle sette.

L'incontro della scienza e della fede pone problemi che il credente può risolvere ragionevolmente. Ma il mistero della fede non può vivere che in maniera esistenziale. E l'incontro multiforme dell'ateismo, della non credenza, dell'indifferenza richiedono l'esistenza di credenti con convinzioni ben radicate e che vivano una esperienza cristiana, che cioè possiedano una solida formazione, che non sia separata dalla preghiera e dalla testimonianza evangelica. La fede è un dono di Dio, una grazia, ed ancora una volta, essa suppone l'amore.


8. Le università cattoliche, i filosofi e i teologi, i pensatori e gli scrittori, da parte loro, hanno un ruolo considerevole da ricoprire: presentare una antropologia vera e credibile, attraverso le diverse culture, terreno fondamentale di incontro. Come ho detto all'Unesco il 2 giugno scorso: "L'uomo vive una vita veramente umana grazie alla cultura" (Giovanni Paolo II "Insegnamenti di Giovanni Paolo II" III, 1 (1980) 1639). Si tratta di mostrare come l'uomo - e al giorno d'oggi l'uomo determinato dalle scienze e dallo spirito scientifico - divenga pienamente uomo aprendosi alla pienezza del Verbo Incarnato: "Ecco l'uomo".

Bisogna affermare l'importanza per la Chiesa di una pastorale della intelligenza. E il Segretariato per i non credenti vi deve giocare un ruolo importante d'incitamento, d'approfondimento, di suggestioni, di proposizione, in seno alla Curia romana ed al servizio delle Chiese locali impegnate nella sfida dell'ateismo e nel dramma della non credenza, in collegamento certamente con le competenze universitarie. Ciò potrà anche aiutare numerosi credenti a testimoniare i valori che costituiscono la loro ragione di vivere, a trovare le parole per condividerle, e a non temere di affermarsi come testimoni di Cristo nel nome stesso della ricerca ostinata della Verità che, attraverso secoli di ricerca scientifica, costituisce la grandezza dell'umanità.

Queste riflessioni non esauriscono evidentemente questo vasto argomento.

Ci ritorneremo. Desidero che troviate oggi un incoraggiamento a perseverare nel vostro lavoro. Continuate a tracciare un cammino verso il Vangelo, a gettare ponti. Che lo Spirito Santo vi illumini e vi fortifichi! Con la mia affettuosa benedizione apostolica.

Data: 1981-04-02
Giovedì 2 Aprile 1981


Ai partecipanti alle celebrazioni per il centenario della nascita di Alcide De Gasperi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Testimonianza del credente nel servizio della vita pubblica

Illustri signori,

1. Sono lietissimo di porgere il mio cordiale benvenuto a voi, responsabili dei Partiti e Movimenti d'ispirazione cristiana di Europa e di altri Continenti, che siete convenuti a Roma per commemorare la figura di un grande statista, quale fu Alcide De Gasperi, nel centenario della sua nascita. E' una commemorazione la vostra, tanto opportuna ed importante, perché riguarda un cattolico di grande statura spirituale e di insigne prestigio politico che ha lasciato una nobile testimonianza nella storia d'Italia e d'Europa dell'ultimo dopoguerra, in virtù di un'illuminata coscienza cristiana.

Non è mio proposito illustrare la formazione e l'ambiente culturale, come pure l'impegno politico di Alcide De Gasperi, la cui personalità è oggetto, del resto, di un'indagine sempre più intensa di studio e di interpretazione da parte di esperti, e di persone a lui legate da vincoli familiari o ideali.

Vorrei qui rendere omaggio soprattutto alla fisionomia spirituale dell'uomo e dello statista che in virtù della sua fede coerente ha assolto una missione che è additata ad esempio. In lui la fede fu centro ispiratore, forza coesiva, criterio di valori, ragione di scelta, come egli stesso si esprimeva ancora ventenne con l'entusiasmo della giovinezza: "Il cattolicesimo è qualcosa di più integrale, non estraneo a niente di bene, avverso a qualunque male, una regola fissa che deve seguire l'uomo dalla culla alla bara, l'anima e il midollo di tutte le cose". E' sorprendente che un giovanissimo avesse già una visione così chiara e vibrante del messaggio cristiano.

La sua fu una fede scaturita in famiglia e maturata in un ambiente, quello ecclesiastico del Trentino del secolo scorso, saturo di convinzioni e di dinamismo cristiano; nutrita di cultura, non senza slanci di finezza ascetica e mistica; testimoniata in pubblico e in privato senza esitazioni, guadagnando stima e rispetto anche di molti non credenti.


2. Giovane uomo politico, fu mosso nella sua azione dall'ideale sociale cristiano, studiato nelle intuizioni dei primi pionieri europei e nell'enciclica di Leone XIII "Rerum Novarum", che novanta anni fa espresse in modo organico il primo alto insegnamento del Magistero sulla questione sociale.

Dopo la prima guerra mondiale fu a fianco di Don Luigi Sturzo in Italia, combattendo per le libertà essenziali della persona, delle coscienze, della famiglia, della scuola, degli enti e corpi intermedi, delle associazioni e dei sindacati e, al prevalere del regime autoritario, soffri persecuzione e carcere.

Accolto da Pio XI a lavorare nella Biblioteca Vaticana, ebbe modo di intrecciare amicizie con illustri personalità della cultura ed approfondire, nel silenzio umile di quegli anni, gli studi di sociologia cristiana, affinandone le possibilità di applicazione. Alla fine della seconda guerra mondiale, divenuto Capo del Governo della risorta democrazia, guido l'Italia nella fase faticosa della ricostruzione e della rinascita.

L'esperienza originaria in una regione con pluralismo etnico e culturale, e la meditazione storica sulle tragedie arrecate da due tremende guerre mondiali, ambedue scatenate da esasperato nazionalismo, accesero in De Gasperi una passione viva per l'ideale dell'unificazione europea, a fianco di insigni statisti, come Robert Schuman e Konrad Adenauer. Con loro, egli intese tale traguardo ideale come riconciliazione di popoli che si erano tanto combattuti, e soprattutto come collaborazione che, salvaguardando le identità storiche e culturali dei singoli Paesi, conferisse all'Europa stessa il senso di una missione spirituale e storica, aperta all'amicizia con tutti gli altri popoli.


3. E' nella complessità di questa vastissima azione che rifulge maggiormente la sua fede cristiana, la quale ispiro costantemente l'impegno politico, lo sostenne e lo giustifico, come egli stesso confidava: "Se non sentissi di adempiere ad un dovere cristiano e di meritarmi l'aiuto di Dio, non starei a questo posto un giorno di più".

Nel corso della sua vita il rapporto con Dio fu continuo e profondo.

Rinchiuso in carcere, volle la Bibbia come primo libro e la citava nei suoi scritti, traendone forza e coraggio. Suscita commozione ciò che scrisse dopo la condanna a quattro anni di prigione: "Dio ha un disegno imperscrutabile di fronte al quale mi inchino adorando... mi sforzo di uguagliare la mia volontà a quella di Dio".

La sua vita interiore lo teneva in contatto col Signore, come ne fanno prova le lettere alla figlia religiosa e i vari pensieri che vergava talvolta frettolosamente. In uno di essi si legge: "Perdonami, Signore, ma porto con me nelle mie occupazioni la Tua preghiera; penetra tutta la mia attività, prega tu nel mio lavoro e in tutta la donazione di me stesso".

Anche la sua fiducia e il suo ottimismo, in mezzo al turbinio delle umane vicende, sono radicati nella fede, come appare da queste affermazioni: "Non abbiamo il diritto di disperare dell'uomo, né come individuo, né come collettività, non abbiamo il diritto di disperare della storia, poiché Dio lavora non solo nelle coscienze individuali, ma anche nella vita dei popoli". così pure, il suo profondo senso della giustizia sociale promana dalla stessa fonte: "Che valore avrebbe il senso sostanziale della civiltà che è l'applicazione nella realtà sociale del principio evangelico, se non riuscissimo a rendere giustizia al povero, se noi cattolici non applicassimo lo spirito del Vangelo?".


4. De Gasperi intese l'autorità come un servizio per il bene comune e l'accetto come croce e sofferenza, e non come traguardo e strumento di personale interesse.

Avvertiva fino allo spasimo la limitatezza dei piani e delle risorse per giungere in aiuto a tutti i cittadini, per realizzare un'autentica giustizia sociale, per salvaguardare la democrazia e la libertà, senza decadere nell'arbitrio e nel relativismo morale. Uomo di pace e di concordia, provo lacerante il tormento della responsabilità nella gigantesca e misteriosa lotta tra il bene e il male, e sentiva perciò il bisogno della preghiera, come nutrimento spirituale essenziale, indispensabile, ed affermava che per sperare efficacemente è necessario "marciare verso la luce e mettere la propria mano in quella di Dio".

Giustamente perciò Robert Schuman disse di lui: "La vita religiosa, la democrazia, l'Italia, l'Europa erano per Lui dei postulati di una fede profonda e indefettibile. Egli aveva l'anima di un apostolo; De Gasperi è stato per tutta la vita, un esempio della fedeltà che sopravvive alle prove più dure. Restiamo fedeli alla sua memoria e al suo grande esempio".


5. Illustri signori, il riverente omaggio verso un uomo politico ed uno statista, come Alcide De Gasperi, ci mette di fronte al problema, talvolta tormentoso, della testimonianza del credente nel servizio della vita pubblica.

Uno Stato, ed in particolare uno Stato democratico, che si fonda sul libero consenso dei cittadini, potrà svolgere la sua essenziale funzione in ordine all'attuazione del bene comune, solo se a sostegno delle sue istituzioni e leggi, vi sarà nei cittadini, ed in coloro che legittimamente li rappresentano, una forte tensione morale ed il deciso intendimento di difendere e di promuovere i più alti valori etici. In altre parole, una politica si misura certo sul programma sociale che sa esprimere e sull'efficacia e tempestività con cui sa tradurlo in atto; per una sua valutazione globale, tuttavia, resta decisivo conoscere quale pensiero sull'uomo la ispira, quale posto vi si assegna al rispetto dei suoi diritti e della sua dignità, alla sua responsabilità ed alle sue esigenze spirituali.

Per attingere un alto livello di efficienza, la vostra azione dovrà scaturire da una provata capacità di offrire soluzioni aderenti alle urgenze dei tempi in continua e talvolta tumultuosa evoluzione; ma essa, al tempo stesso, non potrà non ispirarsi ad un'adesione senza reticenze ai valori essenziali del messaggio cristiano, quali la trascendente dignità della persona e quindi la difesa della vita fin dal suo primo apparire, la realizzazione della giustizia sociale, e la conseguente difesa dei più umili.

Non sfugge ad alcuno la difficoltà in cui viene a trovarsi il cristiano, impegnato nell'attività politica, nell'affrontare il compito - per usare le parole del Concilio - di "inscrivere la legge divina nella vita della città terrena" (GS 43). Tuttavia, anche in considerazione del fatto che: "il cristianesimo - come affermava De Gasperi - ha lasciato ormai nella storia tali impronte ch'esso agisce come elemento ambientale e vitale anche per chi non lo professa", l'uomo di fede non sarà mai rinunciatario di fronte al suo impegno di tradurre in atto le proprie motivazioni ideali, ciò in cui crede, i valori che difende. E' necessario allora fare appello costante ad una forte ed illuminata spiritualità; ad una capacità creativa di proposte attuali ed incisive, alimentata da visioni scevre da egoismi e personali interessi; ad una forza di persuasione ed attrazione, tanto più efficace quanto più è testimoniata da integrità e spirito di servizio.

In questa prospettiva, la figura di Alcide De Gasperi si profila chiaramente come un'interpellanza ed un monito. Rimane vero, infatti, particolarmente nel campo della vita pubblica, che nessuna idea potrà apparire convincente se non è avvalorata dalla coerenza di vita di colui che la professa.

Incoraggiandovi a lavorare senza sosta secondo tali ideali, imploro su di voi e sui vostri cari, ed in modo particolare sulla diletta consorte e sulla famiglia di Alcide De Gasperi, i doni della divina assistenza, ed accompagno questo ardente voto con la mia benedizione apostolica.

Data: 1981-04-02
Giovedì 2 Aprile 1981


Ai partecipanti ai lavori della Commissione programmi dell'Unione Europea di Radiodiffusione - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Impegno delle comunicazioni sociali per una società più giusta, libera e unita

Signor Presidente, signore e signori,

1. Desidero innanzitutto porgervi il più cordiale benvenuto in questa sede, a voi che avete incominciato proprio in questi giorni, nel cuore stesso della Città del Vaticano, i lavori della trentaquattresima sessione ordinaria della Commissione dei Programmi radio dell'Unione Europea di Radiodiffusione. Voi siete gli apprezzati ospiti di un minuscolo Stato, la Città del Vaticano, minima espressione territoriale di una sovranità il cui scopo principale è d'assicurare la piena autonomia nell'esercizio di un'autorità spirituale, la Santa Sede, centro e cuore d'una pacifica comunità di credenti che non conoscono frontiere ma che sono tutti riuniti da un'unica fede. La Sede Apostolica si pone al di là di ogni diversità ideologica, ma nello stesso tempo la nutre, da sempre, un profondo rispetto per la grande varietà di culture entro le quali s'incarna il messaggio evangelico presso i diversi popoli, ed è aperta a tutte le forme di collaborazione fruttuosa con i cristiani di altre confessioni, con i credenti di altre grandi religioni e con tutti gli uomini di buona volontà.

Non posso non rilevare senza soddisfazione una certa corrispondenza, su un differente piano è vero, con i compiti dell'Unione che rappresentate qui così degnamente. Questa, in effetti, è una organizzazione internazionale non governativa, aperta a tutti gli organismi di radiodiffusione a servizio pubblico dell'Europa intiera e del bacino del Mediterraneo, comprendente numerosi membri associati d'altre zone geografiche e avente legami stretti con le Unioni regionali create in seguito in altre parti del mondo. La vostra associazione si propone di assicurare ai suoi membri, rispettando in tutto la loro autonomia, la rete più vasta possibile di servizi nel campo della tecnologia più avanzata, delle informazioni di tutti i generi e degli scambi di programmi. Voi favorite così lo sviluppo degli organismi nazionali di radiodiffusione che trovano, in questo ambito di collaborazione internazionale, un aiuto efficace per il loro arduo compito: quello di rispondere alle esigenze ed alle sfide sempre nuove imposte alla radiodiffusione dai rapidi sviluppi che si realizzano continuamente nella nostra epoca.


2. La Chiesa cattolica osserva con vivo interesse, con rispetto e simpatia coloro che lavorano nell'ambito dei mass-media, mostrandosi esigente e sollecita per ciò che si attende da loro. Il Concilio Vaticano II ha voluto consacrare agli strumenti di comunicazione sociale il decreto "Inter Mirifica", il cui tema è stato quindi sviluppato dall'Istruzione pastorale "Communio et Progressio", redatto dalla Commissione pontificia per le comunicazioni sociali. Il suo titolo comporta in se stesso una visione fiduciosa di ciò che ci si attende dagli strumenti di comunicazione sociale, senza dimenticare pertanto i numerosi ostacoli ed i pesi che s'oppongono alla realizzazione di questo nobile compito. Una sezione di questa Istruzione è in modo particolare dedicata alle trasmissioni della radio e della televisione (nn. 148-157).


3. Ma non si può portare prova più espressiva dell'interesse della Santa Sede al vostro ambito di competenza che la creazione in questo minuscolo Stato di una Stazione Radio, quasi immediatamente dopo la stipulazione dei Patti Lateranensi, che sanzionarono la sovranità territoriale dello Stato. Ciò fu frutto della lungimiranza di Pio XI, e della collaborazione di Guglielmo Marconi stesso, al quale quel grande Papa aveva affidato la direzione dei lavori di installazione della Radio Vaticana. Non e per puro caso che il vostro raduno, che per la prima volta ha dato alla Santa Sede la piacevole opportunità di dare il benvenuto in Vaticano ad un gruppo dell'Unione Europea di Radiodiffusione, si stia tenendo proprio nell'anno in cui la Radio Vaticana celebra il cinquantesimo anniversario della sua inaugurazione, che ebbe luogo il 12 febbraio 1931. E' ugualmente significativo che, per espresso desiderio di Pio XII, la Radio Vaticana abbia aderito fin dall'inizio all'Unione Europea di Radiodiffusione come membro fondatore.

La Radio Vaticana ha naturalmente un carattere particolare: il suo primo e fondamentale compito è quello di diffondere l'insegnamento e la voce del Papa, e di contribuire al rafforzamento della comunione ecclesiale. Compie ciò specialmente attraverso la trasmissione di informazioni a vasto respiro, regolari e tempestive, apprezzabili in speciale modo per le comunità locali che vivono in precarie condizioni di libertà religiosa e che mancano di altre fonti di informazione. Anche con riferimento ai servizi internazionali di altri enti di radiodiffusione, che rientrano nel vasto raggio dei vostri interessi anche se forse in proporzione minore, la Radio Vaticana non differisce soltanto per l'assenza di interessi politici ed economici, per quanto legittimi essi possano essere, ma anche e soprattutto perché essa non può essere l'espressione di una cultura nazionale che debba essere diffusa oltre i confini del suo proprio paese: nessuna nazione e nessuna cultura e "straniera" per quanto riguarda la Santa Sede, dal momento che le abbraccia tutte nella sua essenziale "cattolicità".


4. Voi esercitate funzioni di alta responsabilità tra gli enti di radiodiffusione al servizio pubblico. L'occasione di questo speciale raduno mi induce a parlarvi di qualcosa che mi preoccupa profondamente, e cioè del rischio di una frattura sempre più profonda tra l'esistenza e i bisogni della società e degli esseri umani che la compongono, e le forme nelle quali questa realtà viene presentata dai mezzi di comunicazione sociale. Questi mezzi esercitano un potere enorme nel mondo di oggi, un potere che può essere facilmente usato male cedendo alla tentazione di impiegarli al fine di dominare l'opinione pubblica ed al fine di manipolare gli orientamenti della gente, la scala dei valori e il comportamento. Posso ripetervi quanto ho recentemente detto ai rappresentanti dei mass-media ad Hiroshima: "Questo potere appartiene alla gente. Come tutte le cose create, è universale nella sua destinazione, ed è inteso per il bene di tutti. Voi siete, perciò, al servizio del potere del popolo e del benessere del medesimo. La vostra è davvero una grande vocazione, una splendida missione; tuttavia, essa richiede una dedizione retta e che va frequentemente rinnovata, e una costante responsabilità verso la gente. E così vi chiedo di continuare generosamente a dedicare i vostri sforzi alla causa del popolo, al miglioramento della società, alla promozione dell'unità della famiglia umana intera" (Hiroshima, 25 febbraio 1981). Svolgendo le vostre delicate responsabilità abbiate sempre in mente i vostri figli, e in questo modo sarà più semplice per voi contribuire, per quanto dipende da voi, alla costruzione di una società che sia più giusta, più libera, e più unita, una società in cui i figli di ciascuno possano vivere una vita che sia in armonia con la sublime dignità dell'uomo, piena di significato ed aperta alla speranza.

Nello stesso tempo desidero ringraziarvi caldamente per l'esteso servizio di informazioni dato dai vostri programmi ai miei viaggi apostolici, ed in particolare per la pronta collaborazione offerta, in occasione di tali viaggi, dagli enti di radiodiffusione di tutti i paesi visitati.

Per concludere, cari amici, vi chiedo di accettare i miei più cordiali auguri per il successo dei lavori della vostra Commissione. Invoco le abbondanti benedizioni di Dio, che è amore misericordioso, su di voi, le vostre famiglie, i vostri colleghi, i vostri enti di radiodiffusione e sui paesi che voi rappresentate.

Data: 1981-04-03
Venerdi 3 Aprile 1981


Ai partecipanti ai Giochi mondiali per handicappati - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Speciale ruolo degli handicappati nella promozione dei valori umani

Cari fratelli e sorelle,

1. Mi rallegro di avere questa opportunità di incontrarvi, e sono lieto che la seconda edizione dei giochi internazionali per handicappati, "Roma '81", vi abbia riuniti insieme. I giochi per i quali siete convenuti mostrano chiaramente, con efficacia che gli handicappati possono essere e sono pienamente integrati nella vita sociale. Essi mostrano come voi viviate una vita piena e prendiate parte alle sue gioie.

Lo sport per voi non è una questione di interesse economico. Non siete convenuti per stabilire nuovi record assoluti nelle varie specialità dell'atletica. Comunque, la vostra partecipazione allo sport stabilisce un record che da molti punti di vista è molto più importante: un record nel superamento di voi stessi, un record di fratellanza universale attraverso lo sport e di solidarietà vissuta con tutti i membri della famiglia umana.


2. Mi congratulo perciò con tutti coloro che sono impegnati nell'organizzazione dei giochi. Essi includono i Giochi Internazionali Stoke Mandeville e l'Organizzazione Internazionale dello Sport per gli Handicappati, il Comitato Olimpico Italiano, la Federazione Italiana Sport Handicappati, e le autorità della Regione Lazio, della Provincia e della città di Roma. Le mie congratulazioni vanno inoltre agli organizzatori e ai partecipanti al congresso scientifico che si tiene contemporaneamente ai giochi e che si occupa dei problemi medici, giuridici e tecnici degli handicappati. Mi congratulo con tutti voi che offrite assistenza agli handicappati, aprendo possibilità di miglioramento della loro vita, e donando loro speranza.


3. Sono lieto di notare che una maggiore sensibilità viene riservata oggi ai bisogni degli handicappati. Ciò che fa aumentare questa sensibilità e la sostiene è una maggiore consapevolezza del valore e della dignità della persona umana, che non dipende da qualità secondarie come la forza e l'apparenza fisica ma dal fatto fondamentale che egli o ella sono una persona, un essere umano.


4. A ciò è connessa la consapevolezza del dovere della solidarietà con tutti i membri della famiglia umana, che hanno diritto ad essere integrati nelle varie forme della vita della società. Conformemente a ciò, dobbiamo sforzarci di porre fine alla discriminazione, non solo di una razza nei confronti dell'altra, ma anche di coloro che sono forti e in salute nei confronti dei deboli e dei malati.

In un documento emesso all'inizio di questo mese, la Santa Sede ha sottolineato i principi base riguardanti gli handicappati, che sono soggetti pienamente umani, non corrispondenti diritti, e che devono essere aiutati, in accordo ai principi dell'integrazione, normalizzazione e personalizzazione, a prendere il loro posto nella società in tutti gli aspetti ed a tutti i livelli, per quanto è compatibile con le loro capacità.


5. E' importante che la maggiore consapevolezza e sensibilità ora esistente trovi riscontro in una appropriata legislazione e che coloro che si occupano di medicina, psicologia, sociologia ed educazione favoriscano la piena integrazione della persona handicappata nella società. Ma non è meno importante che ci sia un cambiamento del cuore, una conversione, da parte di ogni cittadino e di ogni gruppo nella società, così che essi possano accettare volentieri e fraternamente la presenza di persone handicappate a scuola, nel lavoro e in ogni attività, incluso lo sport.


6. Le persone handicappate giocano un ruolo importante nella creazione di una nuova civiltà, la civiltà dell'amore, rimuovendo barriere sociali e introducendo nuovi valori, i valori non della forza ma dell'umanità.


7. In Gesù Cristo c'è un messaggio importante per tutti gli handicappati, per coloro che si occupano di loro, e per la società intera nelle sue relazioni con essi. Gesù Cristo ci ha portato un messaggio che enfatizza il valore assoluto della vita e della persona umana, che viene da Dio ed è chiamata a vivere in comunione con Dio. Si può leggere lo stesso messaggio nella sua vita d'amore per i sofferenti e di servizio reso loro. Questo messaggio viene anche dalle parole con le quali Egli ha identificato se stesso con tutti coloro che sono nel bisogno ed ha indicato che i suoi discepoli dovrebbero essere riconosciuti per il loro servizio amorevole al povero ed al debole: "Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25,40).

Prego affinché questo messaggio sia udito, che fresca speranza sia offerta agli handicappati, e che nuovo amore permei la società tutta.

Data: 1981-04-03
Venerdi 3 Aprile 1981


Ai lavoratori delle industrie Merloni - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Mantenete saldi nel mondo del lavoro i principi della vostra fede cristiana

Carissimi figli e figlie del gruppo industriale Merloni!

1. So che da tempo avete desiderato di avere un incontro con me, per ricordare l'importante circostanza del cinquantesimo anniversario di fondazione della vostra Azienda. Io vi ringrazio sinceramente di tale desiderio, e sono ben lieto di poterlo oggi soddisfare, riservandovi questa udienza particolare, alla quale siete intervenuti tanto numerosi e devoti.

Vedo in mezzo a voi il Signor Cardinale Pietro Palazzini che, come conterraneo ed amico, ha voluto accompagnarvi unitamente al vostro Vescovo Mons.

Luigi Scuppa e ad alcuni Presuli della Regione Picena. Il saluto, che affettuosamente rivolgo a loro, si estende in segno di compiacimento e di augurio a tutti voi qui presenti: non solo ai titolari ed ai dirigenti delle Industrie fondate dal compianto Senatore Aristide Merloni, ma anche a ciascuno di voi, che in seno ad esse prestate il vostro quotidiano lavoro e così pure ai rispettivi familiari.


GPII 1981 Insegnamenti - Ai partecipanti alla plenaria del Segretariato per i non credenti - Città del Vaticano (Roma)