GPII 1981 Insegnamenti - Ai partecipanti all'Assemblea Generale del Consiglio Superiore delle Pontificie Opere Missionarie - Città del Vaticano (Roma)

Ai partecipanti all'Assemblea Generale del Consiglio Superiore delle Pontificie Opere Missionarie - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Comunione e solidarietà tra le Chiese locali

E' per me motivo di grande gioia incontrarmi oggi con voi, membri del Consiglio Superiore delle Pontificie Opere Missionarie, guidato dal suo Presidente, Monsignor Segretario della Sacra Congregazione di Propaganda Fide; e con voi Segretari Generali e Direttori Nazionali, dei quali alcuni sono miei fratelli nell'episcopato, qui convenuti da ogni parte del mondo per la consueta Assemblea annuale.

Vi saluto cordialmente, assicurandovi che occupate un posto speciale nel mio cuore.

La vostra presenza mi richiama l'unità e la cattolicità della Chiesa, la comunione e la solidarietà tra le Chiese locali e il carattere essenzialmente missionario della Chiesa di Cristo. Essa mi fa, inoltre, giungere l'appello, vivo e pressante, delle Chiese particolari sparse in tutto il mondo, con i loro problemi, le loro ansie, le loro difficoltà, nelle quali pulsa il cuore della Chiesa universale.

1. Desidero riferirmi in particolare alle giovani Chiese dei territori di missione propriamente detti - alcuni dei quali ho avuto modo di visitare - dove, mediante l'opera ardua ed infaticabile dei missionari, la parola di Cristo Redentore viene calata e radicata nei diversi contesti socio-culturali per dar luogo ad una consolante fioritura di nuove comunità cristiane. Molte di esse - come ho già potuto rilevare durante i miei viaggi apostolici - stanno pienamente inserendosi nel dinamismo missionario della Chiesa universale, in risposta agli inviti del Concilio.

Se ogni Chiesa particolare è di fatto Chiesa universale essa stessa e presenza dell'unico sacramento di salvezza, ne deriva che, come la Chiesa intera è per sua natura missionaria, così ogni Chiesa locale sarà e dovrà essere di per se stessa missionaria, cioè partecipe, seguendo la voce dello Spirito Santo, della missione universale da Cristo affidata con solenne mandato a Pietro, agli Apostoli e ai loro successori: l'evangelizzazione dell'umanità.

Per cui giustamente la missione deve oggi essere intesa quale scambio vitale e vicendevole in ordine a questo fine supremo, e quale reciproca cooperazione delle singole parti per lo sviluppo armonico del tutto. Ogni Chiesa, al giorno d'oggi, è ricca e povera sotto l'uno o sotto l'altro aspetto: per cui ogni Chiesa ha qualcosa da dare o da ricevere. Quelle che sono più ricche devono continuare a sostenere quelle più povere; ma queste possono elargire sempre maggiormente le loro ricchezze spirituali; in tal modo si realizza l'immagine che della Chiesa ci ha lasciato san Paolo.


2. Le Pontificie Opere Missionarie, che voi qui rappresentate, hanno un ruolo importante nella promozione di questa comunione e di questa solidarietà tra le Chiese particolari.

Ad esse infatti spetta, innanzitutto, il compito essenziale di suscitare nelle singole Chiese una sensibilità autenticamente cattolica, proiettandole al di là dei loro confini in una presa di coscienza sempre più profonda delle necessità delle altre comunità cristiane del mondo. Infatti una cooperazione veramente efficace tra le Chiese locali potrà realizzarsi solo quando tutto il Popolo di Dio di ogni singola Chiesa sarà stato sensibilizzato "missionariamente"; quando, cioè, tutti i fedeli avranno ben compreso che ognuno, sia pure in diversa forma e misura, ha il dovere di collaborare allo sforzo immane di evangelizzazione della Chiesa.

E' questa coscienza missionaria, presupposto di una dinamica cooperazione interecclesiale, che le Pontificie Opere Missionarie sono chiamate a sviluppare. Attraverso di esse - "strumenti privilegiati del Collegio episcopale unito al successore di Pietro e con lui responsabile del Popolo di Dio, esso stesso tutto missionario" (Paolo VI, "Lettera al Card. Renard", 22.ott.1972) - il Papa, e con lui i Vescovi, possono effettuare questa poderosa opera di animazione dei fedeli affinché questi collaborino al disegno salvifico di Dio.


3. C'è poi un secondo aspetto, non meno importante, che fa delle Pontificie Opere Missionarie uno strumento prezioso della cooperazione missionaria, ed è l'aspetto cosiddetto economico. Sono a voi note le immense necessità di tante Chiese locali nelle più lontane zone di missione del globo e le altrettanto numerose richieste che giungono da ogni parte del mondo missionario, per la realizzazione degli strumenti stessi della evangelizzazione: scuole di catechesi, luoghi di culto, cura delle vocazioni.

Alle Pontificie Opere Missionarie, dunque, spetta anche il compito, oltre ad una opportuna opera di sensibilizzazione missionaria, di raccogliere, nelle varie Chiese locali in cui esse operano, gli aiuti necessari ad alleviare, quanto più possibile, gli enormi disagi e le tante sofferenze che affliggono milioni di fratelli.

So che ogni anno voi vi riunite qui, presso la Sede di Pietro, per studiare come migliorare i vostri programmi. Di cuore vi porgo il mio ringraziamento, unito a quello di tutti i miei fratelli nell'episcopato, per quanto avete finora realizzato, e il mio vivo incoraggiamento per quanto vi proponete di realizzare nell'avvenire.

La Vergine santa, che incoraggio con la sua presenza e la sua preghiera la Chiesa nascente, accompagni con la sua materna protezione i vostri lavori e i vostri sacrifici. Vi sostenga la mia benedizione.

Ed ora permettete che rivolga una speciale parola ai partecipanti di lingua tedesca, in modo particolare a "Missio".

Raramente il carattere internazionale e la cattolicità della nostra Chiesa si manifesta in modo così evidente come nelle Assemblee del Consiglio superiore delle Pontificie Opere Missionarie qui a Roma. Rappresentanti di ben 97 paesi discutono i mezzi e i metodi per venire in aiuto nel modo più veloce, sicuro ed opportuno ai nostri fratelli e sorelle più bisognosi. Le Chiese dell'Africa, Asia, Oceania ed America Latina esaminano e discutono insieme alle Chiese occidentali una perequazione degli oneri tra le giovani Chiese del Sud, il cui rapido sviluppo è motivo di grande speranza, e le Chiese del vecchio mondo che piene di stupore possono constatare come il seme del Vangelo che poche generazioni prima esse piantarono, è cresciuto e porta grande frutto.

Esorto tutti voi che vi siete fraternamente riuniti col proposito di venire in aiuto l'uno dell'altro a non trascurare l'aiuto materiale ma ad andare incontro all'uomo con l'amore di Cristo. L'amore di Dio è indivisibile. Chi veramente annuncia il Vangelo, chi accoglie sinceramente la lieta Novella del Regno di Dio, non chiuderà gli occhi davanti alle sofferenze dei suoi fratelli.

Furono semplici uomini e donne del popolo che diedero inizio al rinnovamento missionario. Da sempre le famiglie cristiane hanno sostenuto il lavoro delle giovani Chiese come dei missionari che le fondavano. E vorrei a questo proposito ricordare il medico e padre di famiglia di Aquisgrana Heinrich Hahn che nel 1842 seguendo l'esempio francese fondo anche in Germania l'"Associazione Francesco Saverio". Oggi, a cento anni dopo la sua morte, più di un milione di cattolici tedeschi sostengono la sua opera che nel 1972 si è data il nome di "Missio".

Attraverso i rappresentanti delle Pontificie Opere Missionarie qui presenti il Papa vorrebbe ringraziare tutti i cattolici di tutti i continenti che hanno fatto proprio il compito della missione di Cristo e nel suo nome hanno contribuito a fondare una civiltà dell'amore tra gli uomini.

Di cuore imparto a tutti i missionari e ai loro collaboratori così come a tutti gli amici ed i promotori delle missioni nell'amore di Cristo la mia particolare benedizione apostolica.

Desidero ringraziare anche voi, cari amici di lingua francese d'Europa e dell'Africa in particolare, per tutto ciò che fate per aprire senza posa le vostre comunità ecclesiali, al di là dei loro immediati bisogni, alla dimensione universale, in una solidarietà reciproca, fatta di stima, di condivisione generosa, di scambi di aiuti e di testimonianze, al fine di contribuire all'annuncio del Vangelo ed al fine di fortificare la Chiesa. Che il Signore risorto sostenga il vostro zelo! Desidero aggiungere una parola in inglese per esprimere la mia profonda gratitudine a tutti voi per la vostra zelante partecipazione al Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo. Tutto ciò che voi fate è finalizzato alla proclamazione del suo santo Nome. Grazie ai vostri generosi sforzi possa l'intero Popolo di Dio prendere sempre più coscienza della dignità della loro vocazione missionaria.

Rivolgo il mio saluto, cordiale e pieno di benevolenza, a voi membri del Consiglio Superiore delle Pontificie Opere Missionarie di lingua spagnola. Vi esprimo il mio profondo compiacimento e riconoscimento per la vostra valida collaborazione a favore della causa missionaria della Chiesa. Continuate con rinnovato entusiasmo in quest'opera meritoria che di cuore incoraggio e benedico.

Data: 1981-05-09
Sabato 9 Maggio 1981


Il saluto a studenti stranieri in Italia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Fondate su basi solide il vostro futuro



1. Sono lieto d'incontrarmi con voi, cari giovani, che partecipate al Convegno sul tema "Migrazione e cultura", organizzato a Roma dall'Ufficio Centrale per gli Studenti Esteri in Italia, il quale svolge il compito di seguire, con sollecita premura e con intendimento cristiano, i vostri problemi personali e di gruppo, per aiutarvi a rendere efficace e formativo, sotto ogni punto di vista, il vostro soggiorno.

Vi accolgo con particolare affetto, ben conoscendo le difficoltà, le aspirazioni ed i propositi che si agitano nei vostri animi. Vi esprimo, in pari tempo, il mio apprezzamento sincero per il desiderio di partecipare a questa udienza, suggerito dalla consapevolezza della costante sollecitudine della Chiesa e della Sede Apostolica per il progresso di ogni forma di vera cultura nei vostri rispettivi luoghi di origine, di quanto cioè concorre alla elevazione dell'uomo, alla difesa ed all'incremento della sua dignità, con la naturale conseguenza di rendere più ordinata e serena la vita sociale.


2. Voi avete emigrato dalle vostre amate terre natali alla ricerca del sapere e di una salda cultura, rispettosa delle più intime esigenze spirituali, per potervi preparare adeguatamente a svolgere compiti di responsabilità, in mansioni spesso direttive.

Pertanto, insieme con la formazione scientifica e tecnica, voi, studenti emigranti, attendete di trovare nel Paese di accoglienza quei coefficienti costruttivi della vera "humanitas", che assicurino allo spirito un'unità di prospettive, aderenti alle sue più alte aspirazioni. Desiderosi di divenire soggetti partecipi e responsabili di cultura, affermate implicitamente con la vostra presenza la giusta aspirazione di ogni uomo, anche se proveniente da una Nazione estera, allo studio e quindi al sapere; e sollecitate, allora, con atteggiamento sereno e fiducioso, una convergenza di iniziative di fraterno aiuto, che cooperino, sia pure indirettamente, mediante la vostra formazione, allo stabilirsi della giustizia e della pace nei vostri Paesi.


3. Nel quadro così delineato, emergono con chiara evidenza anche i vostri ineludibili doveri di oggi. Assumete con coraggio la vostra parte di responsabilità in un mondo studentesco che conosce molte ansie ed aneliti, ma forse non sufficienti impegni costruttivi di laboriosità perseverante. Fondate il futuro vostro e della vostra gente su basi solide, collaudate, generose e chiare! Esistono nell'uomo alcune esigenze per il suo sviluppo integrale, che sono altrettanti punti imprescindibili di riferimento e di orientamento sul cammino da percorrere. Nessuna particolare ideologia di moda dovrà, quindi, asservirvi, né farvi perdere il senso della giustizia, della verità, dell'amore universale, della solidarietà sollecita del bene comune di tutte le classi sociali, senza il quale sarebbe vano pensare ad un progresso duraturo.

Coloro che hanno fede in Cristo sanno che la sua verità rende liberi (cfr. Jn 8,32), e che l'ascolto docile ed obbediente delle sue parole permette all'uomo di costruire sulla roccia (cfr. Mt 7,24).

Il futuro, infine, della civiltà non può ignorare le sue radici: possiamo scoprire nella storia, nell'arte e nello spirito della Roma cristiana e dell'Italia intera le testimonianze stimolanti di quanti hanno saputo esprimere valori e costruire opere di autentica bellezza, bontà, carità e santità, traendo ispirazione dalla fede in Cristo Redentore dell'uomo e del mondo.

Ascoltate tali efficaci appelli, avvaletevi di queste nobili esperienze nella preparazione professionale, culturale e spirituale, per essere veri costruttori dell'avvenire delle vostre Nazioni.

Con questi voti, invoco su voi tutti e su quanti hanno a cuore la vostra formazione in Italia, i doni della divina assistenza e vi imparto di cuore la mia cordiale benedizione apostolica.

Data: 1981-05-09
Sabato 9 Maggio 1981


Con il Motu Proprio "Familia a deo instituta" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Costituito il Pontificio Consiglio per la Famiglia



1. La famiglia, istituita da Dio perché fosse la prima e vitale cellula dell'umana società, da Cristo redentore, che si degno di nascere nella famiglia di Nazaret, fu tanto grandemente onorata, che il matrimonio, intima comunità di amore coniugale e di vita, da cui la famiglia trae origine, fu da lui elevato alla dignità di sacramento, così da significare efficacemente il mistico patto d'amore tra Cristo e la chiesa (cfr. GS 48).

A ragion veduta, pertanto, il concilio ecumenico Vaticano II ha qualificato la famiglia come "chiesa domestica" (LG 11 cfr. anche AA 11), mostrando con tale insegnamento quale peculiare ruolo la famiglia sia chiamata a svolgere nell'intero piano della salvezza, e quanto impegnativo sia perciò il dovere che obbliga i membri della famiglia ad attuare, ciascuno secondo la propria missione, il triplice compito profetico, sacerdotale e regale, che Cristo ha affidato alla chiesa.


2. Non deve, perciò, stupire che la chiesa, sempre sollecita lungo il corso dei secoli della famiglia e dei suoi problemi, essendosi oggi accresciuti sia i mezzi atti a promuovere la famiglia sia i pericoli di ogni genere che la minacciano, rivolga ad essa gli occhi con premura anche maggiore.

Testimonianza significativa di tale apostolica sollecitudine è il passo intrapreso dal mio grande predecessore di v.m., il papa Paolo VI, il quale l'11 gennaio 1973 decise di costituire uno speciale "Comitato per la famiglia" con l'incarico di studiare i problemi spirituali, morali e sociali della famiglia, in una visione pastorale. Esso era stato concepito come un organismo di studi e di ricerche pastorali al servizio della missione della chiesa e in particolare della Santa Sede. Con il motuproprio "Apostolatus peragendi" fu disposto che il "Comitato per la famiglia", pur conservando la struttura e la composizione sue proprie, facesse capo al "Pontifico consiglio per i laici".


3. Un'attenta riflessione sull'esperienza di questi anni, ma soprattutto il desiderio di dare una risposta sempre più adeguata alle attese del popolo cristiano, raccolte dall'episcopato di tutto il mondo e manifestate dal recente sinodo dei vescovi, dedicato alla famiglia, hanno indotto a dare al Comitato per la famiglia una nuova propria fisionomia e una propria struttura organizzativa in modo che essa possa affrontare la problematica specifica della realtà familiare in ordine alla cura pastorale e all'attività apostolica relative a questo nevralgico settore della vita umana.

Perciò, tutto ben ponderato e dopo aver chiesto il consiglio degli eminentissimi cardinali, nella riunione straordinaria del novembre 1979, del sinodo dei vescovi e udito il parere di esperti, si dispone quanto segue: - I. E' costituito il "Pontificio consiglio per la famiglia" che succede, sostituendolo, al Comitato per la famiglia, il quale viene pertanto a cessare.

- II. Esso è presieduto da un cardinale, assistito da un "comitato di presidenza" composto da vescovi dei diversi continenti, e dal segretario del medesimo Pontificio consiglio per la famiglia, nonché dal vicepresidente del Pontificio consiglio per i laici. Il cardinale presidente è coadiuvato da un segretario e da un sottosegretario.

Un congruo numero di officiali scelti dai vari paesi tra coloro che hanno una competenza e un'esperienza pastorale specifica in materia, assicura il lavoro negli uffici.

- III. Membri del pontificio consiglio sono le persone, in maggioranza laici coniugati, uomini e donne chiamati da tutte le parti del mondo ed espressive delle varie aree culturali. I membri sono nominati dal santo padre. I membri si riuniscono in plenaria almeno una volta all'anno.

- IV. Il pontificio consiglio si serve della collaborazione di consultori esperti nelle varie discipline con particolare riferimento alla problematica della famiglia. A far parte dei consultori, possono essere chiamati anche sacerdoti e religiosi.

I consultori compongono la consulta, che ha il compito di esprimere consigli e pareri circa le questioni proposte dal presidente e dai membri. Essi potranno essere sentiti singolarmente o collettivamente in incontri periodici.

- V. Competenza: Spetta al Pontificio consiglio per la famiglia la promozione della cura pastorale delle famiglie e dell'apostolato specifico in campo familiare, in applicazione degli insegnamenti e degli orientamenti espressi dalle competenti istanze del magistero ecclesiastico, in modo che le famiglie cristiane possano compiere la missione educativa, evangelizzatrice e apostolica, cui sono chiamate.

In particolare: a) in spirito di servizio e di collaborazione e nel rispetto dell'azione loro propria, cura rapporti di informazioni, di scambi di esperienze e di orientamenti ispiratori della pastorale familiare con i vescovi, le conferenze episcopali e i loro organismi, preposti alla pastorale familiare; b) cura la diffusione della dottrina della chiesa circa i problemi familiari in modo che essa possa essere integralmente conosciuta e correttamente proposta al popolo cristiano sia nella catechesi che nella conoscenza scientifica; c) promuove e coordina gli sforzi pastorali in ordine al problema della procreazione responsabile secondo gli insegnamenti della chiesa; d) stimola l'elaborazione di studi relativi alla spiritualità matrimoniale e familiare; e) incoraggia, sostiene e coordina gli sforzi in difesa della vita umana in tutto l'arco della sua esistenza fin dal concepimento; f) promuove, anche attraverso l'opera di istituti scientifici specializzati (teologici e pastorali), gli studi finalizzati ad integrare, sui temi della famiglia, le scienze teologiche e le scienze umane affinché tutta la dottrina della chiesa sia sempre meglio compresa dagli uomini di buona volontà; g) cura le relazioni con i movimenti ispirati a diverse confessioni religiose (o a diverse concezioni ideali), rispettosi della legge naturale e di un sano umanesimo; h) nel rispetto della competenza propria del Pontificio consiglio per i laici e in collaborazione con esso cura la specifica preparazione dei laici impegnati nell'apostolato familiare svolto come singoli e come associazioni, ispira, sostiene e regola l'attività delle organizzazioni internazionali cattoliche familiari sia nazionali che internazionali e dei vari gruppi dell'apostolato dei laici con specifico riferimento ai problemi della famiglia. A tal fine intrattiene speciali rapporti col medesimo Pontificio consiglio per i laici, con uno scambio periodico di informazioni in vista di comuni riflessioni e programmi; i) presta la sua collaborazione ai dicasteri e agli organismi della curia romana nelle materie di loro competenza, che hanno qualche riflesso sulla vita e la pastorale delle famiglie - ricevendone a sua volta la collaborazione - specialmente per quanto riguarda la catechesi sulla famiglia, la formazione teologica dei giovani sui problemi familiari nei seminari e nelle università cattoliche, la formazione teologico-pastorale nel campo familiare dei futuri missionari e delle future missionarie, dei religiosi e delle religiose, l'azione della Santa Sede in seno alle competenti istanze internazionali e presso i singoli stati perché i diritti della famiglia siano sempre più riconosciuti e tutelati; l) promuove la raccolta - attraverso le rappresentanze pontificie - delle notizie sulla situazione umana, sociale e pastorale delle famiglie nei vari paesi.

- VI. Un "regolamento" sperimentale, redatto in applicazione del presente motuproprio e osservando quanto stabilito nella "Regimini ecclesiae universae" e nel "Regolamento generale della curia romana" darà le opportune disposizioni circa la vita interna del pontificio consiglio.

Roma, presso San Pietro, 9 maggio 1981, anno terzo di pontificato.

Data: 1981-05-09
Sabato 9 Maggio 1981


Omelia, della Messa per la Giornata per le vocazioni - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il problema delle vocazioni è fondamentale per la Chiesa



1. Nella quarta domenica di pasqua contempliamo Cristo risorto, che dice di se stesso: "Io sono la porta delle pecore" (Jn 10,7).

Egli si dice anche il Buon Pastore; con quelle parole Egli completa in un certo senso quest'immagine, dandole una nuova dimensione: "In verità, in verità vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore una per una e le conduce fuori. E quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina innanzi a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei" (Jn 10,1-5).

Gesù, dunque, è la porta dell'ovile. Nell'attribuirsi tale qualifica, Gesù presenta se stesso come la via obbligata per entrare pacificamente nella comunità dei redenti: Egli è infatti l'unico mediatore, per mezzo del quale Dio si comunica agli uomini e gli uomini hanno accesso a Dio. Chi non passa attraverso questa "porta" è "un ladro ed un brigante". Attraverso tale porta, peraltro, si passa seguendo Lui, che è il vero Pastore.

"Tenete dunque bene a mente - commentava sant'Agostino - che il Signore Gesù Cristo è la porta ed è il Pastore: è la porta in quanto apre se stesso (nella rivelazione) ed è il Pastore in quanto entra da se stesso. Per la verità, o fratelli, la prerogativa di pastore l'ha comunicata anche alle sue membra; e così è pastore Pietro, e Paolo è pastore, e gli altri apostoli sono pastori, e i buoni Vescovi sono pastori. Nessuno di noi, pero, osa dire di essere la porta; Cristo ha riservato a sé soltanto di essere la porta, attraverso la quale entrano le pecore" (Sant'Agostino "In Io. Evang. Tr". 47, 3).


2. Quest'immagine di Cristo, che, come unico "Buon Pastore", è al tempo stesso la "porta delle pecore", deve stare davanti agli occhi di noi tutti.

Dovete tenerla davanti agli occhi in particolar modo voi, cari fratelli miei, che concelebrate con me questa santa Messa, con cui s'inaugura il Congresso internazionale per le Vocazioni.

Giunga a tutti ed a ciascuno il mio saluto cordiale: al Signor Cardinale Baum, Prefetto della Sacra Congregazione per l'Educazione Cattolica ed ai suoi collaboratori; ai venerati fratelli nell'episcopato ed ai sacerdoti, che sono qui convenuti come delegati o inviati delle Conferenze episcopali e dei competenti Uffici delle Conferenze medesime.

Saluto poi i Superiori e le Superiore Generali, i Moderatori di Istituti Secolari e le altre degnissime persone, che si sono rese disponibili, a prezzo anche di non lievi sacrifici, per recare il loro prezioso contributo alla comune riflessione.

Il tema del Congresso: "Sviluppi della cura pastorale delle vocazioni nelle Chiese particolari: esperienze del passato e programmi per l'avvenire", appare singolarmente opportuno ed attuale. Esso si propone di migliorare la meditazione della Chiesa locale in ordine alle vocazioni, e non è chi non veda l'importanza di tale "momento" dell'azione pastorale per la vita della Chiesa nel mondo intero.

Sono stati consultati, a tal fine, i Piani d'Azione preparati nelle diocesi delle diverse parti del mondo ed i contributi di carattere nazionale pervenuti alla Sacra Congregazione per l'Educazione Cattolica: sulla loro base è stato redatto il "Documento di lavoro", che è stato sottoposto alla vostra attenzione come utile traccia per le prossime discussioni.

Il Congresso si presenta, pertanto, come il punto d'arrivo di un diligente lavoro di preparazione, che non mancherà di favorirne l'ordinato e fruttuoso svolgimento. L'augurio, avvalorato dalla comune preghiera, e che esso diventi anche il punto di partenza di un nuovo impulso per la pastorale delle vocazioni in ogni Chiesa particolare. In questo modo il circolo si chiude: e si è partiti dalle varie esperienze delle Chiese particolari e ad esse ora si ritorna con la ricchezza degli apporti raccolti nel confronto con "il vissuto" delle Chiese sorelle.

Non posso nascondere la mia gioia per il fatto che il Congresso si svolga a Roma. Questo mi consente di sentirmene direttamente partecipe: lo inauguro insieme a voi in questa concelebrazione eucaristica, e vi saro vicino col pensiero e con la preghiera.


3. Il problema delle vocazioni sacerdotali - ed anche di quelle religiose sia maschili sia femminili - è, e lo diro apertamente, il problema fondamentale della Chiesa. E' una verifica della sua vitalità spirituale ed è la condizione stessa di tale vitalità. E' la condizione della sua missione e del suo sviluppo.

Ciò si riferisce tanto alla Chiesa nella sua dimensione universale, quanto anche ad ogni Chiesa locale, alla diocesi e analogicamente alle Congregazioni religiose. Bisogna quindi considerare questo problema in ciascuna di queste dimensioni, se la nostra attività nel settore del risveglio delle vocazioni vuol essere appropriata ed efficace.

Le vocazioni sono la verifica della vitalità della Chiesa. La vita genera vita. Non a caso il Decreto sulla formazione sacerdotale, trattando del dovere di "dare incremento alle vocazioni", sottolinea che la comunità cristiana "è tenuta ad assolvere questo compito anzitutto con una vita perfettamente cristiana" (OT 2). Come un terreno dimostra la ricchezza dei propri umori vitali con la freschezza ed il rigoglio della messe che in esso si sviluppa (il riferimento alla parabola evangelica del seminatore è qui spontaneo: cfr. Mt 13,3-23), così una comunità ecclesiale dà prova del suo vigore e della sua maturità con la fioritura delle vocazioni, che riesce in essa ad affermarsi.

Le vocazioni sono anche la condizione della vitalità della Chiesa. Non c'è dubbio che questa dipende dall'insieme dei membri di ogni comunità, dall'"apostolato comune", in particolare dall'"apostolato dei laici". Tuttavia è altrettanto certo che per lo sviluppo di quest'apostolato si rivela indispensabile proprio il ministero sacerdotale. Ciò, del resto, lo sanno molto bene gli stessi laici. L'autentico apostolato dei laici si basa sul ministero sacerdotale - ed, a sua volta, manifesta la propria autenticità riuscendo, tra l'altro, a far sbocciare nel proprio ambito nuove vocazioni.


4. Ci si può chiedere perché le cose stiano così.

Tocchiamo qui la dimensione fondamentale del problema, e cioè la verità stessa sulla Chiesa: la realtà della Chiesa, così com'è stata plasmata da Cristo nel mistero pasquale e come costantemente viene plasmandosi sotto l'azione dello Spirito Santo. Per ricostruire nella coscienza, o approfondire, la convinzione circa l'importanza delle vocazioni, si deve risalire alle radici stesse di una sana ecclesiologia, così come esse ci sono state svelate dal Vaticano II. Il problema delle vocazioni, il problema del loro risveglio, appartiene in modo organico a quel grande compito, che si può chiamare "la realizzazione del Vaticano II".

Le vocazioni sacerdotali sono verifica e insieme condizione della vitalità della Chiesa, prima di tutto perché questa vitalità trova la sua incessante sorgente nell'Eucaristia, quale centro e vertice di tutta l'evangelizzazione e della piena vita sacramentale. Scaturisce di qui il bisogno indispensabile della presenza del ministro ordinato, che sia in grado di celebrare appunto l'Eucaristia.

E che dire poi degli altri sacramenti, mediante i quali si alimenta la vita della comunità cristiana? Chi amministrerebbe, in particolare, il sacramento della Penitenza, se venissero a mancare i sacerdoti? E questo sacramento è il mezzo stabilito da Cristo per il rinnovamento dell'anima e per la sua attiva integrazione nel contesto vitale della comunità. Chi attenderebbe al servizio della Parola? E tuttavia nell'attuale economia della salvezza "la fede dipende dalla predicazione e la predicazione a sua volta si attua per la parola di Cristo" (Rm 10,27).

Vi sono poi le vocazioni alla vita consacrata. Esse sono la verifica e insieme la condizione della vitalità della Chiesa, perché tale vitalità deve trovare, per volontà di Cristo, la sua espressione nella radicale testimonianza evangelica, resa al Regno di Dio in mezzo a tutto ciò che è temporale.


5. Il problema delle vocazioni non cessa di essere, cari fratelli, un problema che mi sta a cuore in modo tutto particolare. L'ho detto in diverse occasioni. Sono convinto che - nonostante tutte le circostanze che fanno parte della crisi spirituale esistente in tutta la civilizzazione contemporanea - lo Spirito Santo non cessa di operare nelle anime. Egli, anzi, opera ancor più intensamente. Ed è proprio da qui che si aprono anche dinanzi alla Chiesa di oggi favorevoli prospettive in fatto di vocazioni, solo che essa cerchi di essere autenticamente fedele a Cristo; solo che illimitatamente speri nella potenza della sua redenzione - e cerchi di far tutto il possibile per "avere diritto" a questa fiducia.

"Condizione della communio specifica del Popolo di Dio - ho detto in altra circostanza - è la pluralità delle vocazioni ed anche la pluralità dei carismi. E' unica la vocazione cristiana comune: la chiamata alla santità; ed unico è il fondamentale carisma dell'essere cristiano: il sacramento del Battesimo; tuttavia, sul suo fondamento si individuano le vocazioni particolari, come quella sacerdotale e religiosa e, accanto a queste, la vocazione dei laici che, a sua volta, porta con sé tutto il complesso delle varietà possibili. I laici, infatti, in diversi modi possono partecipare alla missione della Chiesa nel suo apostolato.

"Servono la comunità stessa della Chiesa, prendendo, per esempio, parte alla catechesi o al servizio caritativo e, contemporaneamente, aprono nel mondo le strade in tanti campi dell'impegno ad essi specifico.

"Servire la comunione del Popolo di Dio nella Chiesa significa curare le diverse vocazioni ed i carismi nella loro specificità ed operare affinché si completino reciprocamente, così come le singole membra, nell'organismo (cfr. 1Co 12,12ss)".

Possiamo guardare con fiducia verso il futuro delle vocazioni, possiamo contare sulla efficacia dei nostri sforzi che mirano al loro risveglio, se allontaniamo da noi in modo consapevole e decisivo quella particolare "tentazione ecclesiologica" dei nostri tempi, che da diverse parti e con molteplici motivazioni cerca di introdursi nelle coscienze e negli atteggiamenti del popolo cristiano. Voglio alludere alle proposte che mirano a "laicizzare" il ministero e la vita sacerdotale, a sostituire i ministeri "sacramentali" con altri "ministeri" ritenuti più rispondenti alle esigenze pastorali odierne, ed anche a privare la vocazione religiosa del carattere di testimonianza profetica del Regno, orientandola esclusivamente verso funzioni di animazione sociale o addirittura di impegno direttamente politico. Questa tentazione tocca l'ecclesiologia, come lucidamente si espresse il Papa Paolo VI, il quale, parlando all'Assemblea generale della Conferenza episcopale Italiana sui problemi del sacerdozio ministeriale, dichiarava: "Ciò che ci affligge a questo riguardo è la supposizione, più o meno penetrata in certe mentalità, che si possa prescindere dalla Chiesa, qual è, dalla sua dottrina, dalla sua costituzione, dalla sua derivazione storica, evangelica e agiografica, e che si possa inventarne e crearne una nuova, secondo dati schemi ideologici e sociologici, mutevoli anch'essi e non suffragati da intrinseche esigenze ecclesiali; così che talora vediamo che a scuotere e a indebolire la Chiesa a questo riguardo non sono tanto i suoi nemici di fuori, quanto alcuni suoi figli, alcuni che pretendono essere suoi liberi fautori di dentro" ("Insegnamenti di Paolo VI", VIII (1970) 302).


6. Cristo è la porta delle pecore! Che tutti gli sforzi della Chiesa - e in particolare del vostro Congresso! - che tutte le preghiere della nostra odierna assemblea eucaristica riconfermino questa verità! Che diano ad essa l'efficacia piena! Entrino attraverso tale "porta" sempre nuove generazioni di pastori della Chiesa. Sempre nuove generazioni di "amministratori dei misteri di Dio"! (1Co 4,1). Sempre nuove schiere di uomini e di donne che con tutta la loro vita, mediante la povertà, la castità e l'obbedienza liberamente accettate e professate diano testimonianza al Regno, che non è di questo mondo e che non passa mai.

Che Cristo - Porta delle pecore - si apra largamente verso il futuro del Popolo di Dio in tutta la terra. E accetti tutto ciò che secondo le nostre deboli forze - ma appoggiandoci sull'immensità della sua grazia - cerchiamo di fare per risvegliare le vocazioni.

Interceda per noi in queste iniziative l'umile Serva del Signore, Maria, che è il modello più perfetto di tutti i chiamati; Lei che alla chiamata dall'Alto rispose: "Eccomi! avvenga di me quello che hai detto" (cfr. Lc 1,38).

Data: 1981-05-10
Domenica 10 Maggio 1981



GPII 1981 Insegnamenti - Ai partecipanti all'Assemblea Generale del Consiglio Superiore delle Pontificie Opere Missionarie - Città del Vaticano (Roma)