GPII 1981 Insegnamenti - Messaggio per la XV Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali - Città del Vaticano (Roma)

Messaggio per la XV Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Libertà responsabile degli operatori e dei fruitori dei "Mass Media"

Carissimi fratelli e sorelle, La XV Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, fissata per domenica 31 maggio 1981, ha come tema: "Le comunicazioni sociali al servizio della responsabile libertà dell'uomo". A tale importante argomento intendo dedicare il presente messaggio, che amo rivolgere ai figli della Chiesa Cattolica ed a tutti gli uomini di buona volontà.

1. Nel continuo espandersi e progredire dei "mass media" si può scorgere un "segno dei tempi", che costituisce un immenso potenziale di universale comprensione ed un rafforzamento di premesse per la pace e la fraternità tra i popoli.

Giustamente Pio XII, di venerabile memoria., nell'enciclica "Miranda Prorsus", dell'8 settembre 1957, parlava di questi "mezzi", classificandoli come "meravigliose invenzioni di cui si gloriano i nostri tempi", e scorgendovi "un dono di Dio". Il Decreto "Inter Mirifca" del Concilio Ecumenico Vaticano II, ribadendo tale concetto, sottolineava le possibilità di questi mezzi che "per loro natura sono in grado di raggiungere e muovere non solo i singoli uomini, ma le stesse moltitudini e l'intera società umana".

La Chiesa, prendendo atto delle enormi possibilità dei "mass media", ha sempre aggiunto, ad una valutazione positiva, il richiamo a considerazioni che non si fermassero soltanto ad un'ovvia esaltazione, ma facessero riflettere e considerare che la forza di suggestione di questi "mezzi" ha avuto, ha ed avrà sull'uomo influenze particolari, delle quali va sempre tenuto il massimo conto.

L'uomo, anche nei confronti dei "mass media", è chiamato ad essere se stesso: cioè, libero e responsabile, "utente" e non "oggetto", "critico" e non "succube".


2. Ripetutamente, nel corso del mio "servizio pastorale", ho richiamato quella "visione dell'uomo", come "persona libera", che, fondata nella divina rivelazione, è confermata e richiesta come necessità vitale dalla stessa natura: visione che in questo tempo è ancor più sentita, forse, anche come reazione ai pericoli che corre e alle minacce che subisce o teme.

Nel "messaggio" inviato per la "Giornata mondiale per la pace" all'aprirsi di questo 1981, ho voluto richiamare l'attenzione sulla libertà come condizione necessaria per il conseguimento della pace: libertà dei singoli, dei gruppi, delle famiglie, dei popoli, delle minoranze etniche, linguistiche, religiose.

Infatti, l'uomo realizza se stesso nella libertà. A questa realizzazione, sempre più completa, egli deve tendere, non già fermandosi ad esaltazioni verbali o retoriche, come troppo spesso avviene o stravolgendo il senso stesso della libertà o "coltivandola in malo modo, quasi tutto sia lecito perché piaccia, compreso il male" - come ribadisce la Costituzione pastorale del Concilio Ecumenico Vaticano II "Gaudium et Spes" (GS 17) -, ma deve vedere e strettamente congiungere, concettualmente e di fatto, la libertà come conseguenza della "dignità" proveniente dall'essere egli segno altissimo dell'immagine di Dio.

E' questa dignità che richiede che l'uomo agisca secondo scelte consapevoli e libere, mosso, cioè, e indotto da convinzioni personali e non per un cieco impulso interno o per mera coazione esterna (cfr. GS 17). Anche una suggestione psicologica, apparentemente "pacifica", di cui l'uomo è fatto oggetto con mezzi di persuasione, abilmente manipolati, può rappresentare ed essere un attacco e un pericolo per la libertà. E' per questo che intendo parlare delle comunicazioni sociali al servizio della responsabile libertà dell'uomo. L'uomo è creato libero, ma tale deve crescere e formarsi con uno sforzo di superamento di sé, coadiuvato dalla grazia soprannaturale. La libertà è conquista. L'uomo deve liberarsi da tutto ciò che può fuorviarlo in questa conquista.


3. Ora, i "mass media" vengono a collocarsi come fattori dotati di particolare "carica positiva" sullo sfondo di questo "sforzo" per la realizzazione della libertà responsabile: è una costatazione, che è stata presente costantemente all'attenzione della Chiesa. Questa possibilità, occorrendo, può anche essere dimostrata. Ma, qui, occorre soprattutto domandarci: dalla pura possibilità alla sua realizzazione c'è veramente un "passaggio positivo". Rispondono, di fatto, i "mass media" alle aspettative in essi riposte, come fattori che favoriscono la realizzazione dell'uomo nella sua "libertà responsabile"? Come questi mezzi si esprimono o sono adoperati per la realizzazione dell'uomo nella sua libertà e come la promuovono? Essi, di fatto, si presentano come realtà dalla "forza espressiva", e spesso, sotto certi aspetti, come "imposizione", non potendo l'uomo d'oggi creare intorno a sé il vuoto né trincerarsi nell'isolamento, perché questo equivarrebbe a privarsi di contatti da cui non può prescindere.

Spesso i "mass media" sono espressione di potere che diventa "oppressione", specialmente là dove non viene ammesso il pluralismo. Ciò può avvenire non soltanto dove la libertà è di fatto inesistente, per ragioni di dittatura di qualsiasi segno, ma anche dove, pur conservandosi in qualche modo questa libertà, vengono esercitati in continuazione enormi interessi e manifeste od occulte "pressioni".

Questo si riferisce particolarmente alla violazione dei diritti di libertà religiosa, ma vale anche per altre situazioni oppressive che, praticamente, si basano, per vari motivi, sulla strumentalizzazione dell'uomo.

La "libertà responsabile" degli operatori della comunicazione sociale, che deve presiedere a determinate scelte, non può non tener conto dei fruitori di queste scelte anch'essi "liberi e responsabili"! Richiamare gli operatori dei "mass media" all'impegno che impongono l'amore, la giustizia e la verità, insieme alla libertà, è un dovere del mio "servizio pastorale". Non deve mai essere manipolata la verità, trascurata la giustizia, dimenticato l'amore, se si vuole corrispondere a quelle norme deontologiche che, dimenticate o disattese, producono partigianeria, scandalismo, sottomissione ai potenti o accondiscendimento alla ragion di Stato! Non sarà la Chiesa a suggerire edulcoramenti o nascondimenti della verità, anche se fosse dura: la Chiesa, proprio perché "esperta in umanità", un indulge ad un ingenuo ottimismo, ma predica la speranza e non si compiace dello scandalismo. Pero, proprio perché rispetta la verità non può fare a meno di rilevare che certi modi di gestire i "mass media" sono pretestuosi nei confronti della verità e deleteri nei confronti della speranza!


4. Ancora: si nota nei "mass media" una carica aggressiva nell'informazione e nelle immagini: dallo spettacolo ai "messaggi" politici, dalle prefabbricate "scoperte culturali" guidate che sono vero e proprio "indottrinamento" - agli stessi "messaggi pubblicitari".

E' difficile nel nostro mondo ipotizzare operatori di "mass media" sradicati da proprie matrici culturali; ciò pero non deve fare imporre a terzi l'ideologia personale. L'operatore deve svolgere un servizio il più possibile oggettivo e non trasformarsi in "persuasore occulto" per interesse di parte, per conformismo, per guadagno.

C'è poi un pericolo per la responsabile libertà degli utenti dei mezzi di comunicazione sociale, che occorre rimarcare come grave attentato ed è costituito dalle sollecitazioni della sessualità, fino al prorompere della pornografia: nelle parole dette o scritte, nelle immagini, nelle rappresentazioni e persino in certe manifestazioni cosiddette "artistiche". Si attua talvolta un vero e proprio lenocinio, che compie opera distruttrice e pervertitrice.

Denunciare questo stato di cose non è manifestare, come spesso si sente dire, mentalità retriva o volontà censoria: la denuncia, anche su questo punto, viene fatta proprio in nome della libertà, che postula ed esige di non dover subire imposizioni da parte di chi voglia trasformare la sessualità stessa in un "fine".

Questa operazione sarebbe non solo anticristiana, ma antiumana, con i conseguenti "passaggi" anche alla droga, alla perversione, alla degenerazione.

La capacità intrinseca dei mezzi di comunicazione sociale offre possibilità enormi, si è detto. Tra esse anche quelle di esaltare la violenza, attraverso la descrizione e la raffigurazione di quella esistente nella cronaca quotidiana, con "compiacimenti" di parole e di immagini, magari sotto il pretesto di condannarla! C'è troppo spesso come una "ricerca", tendente a suscitare emozioni violente per stimolare l'attenzione, sempre più languente.


5. Non si può omettere di parlare dell'effetto e dell'influenza che tutto ciò esercita in modo particolare sulla fantasia dei più giovani e dei bambini, grandi fruitori dei "mass media", sprovveduti e aperti ai messaggi e alle sensazioni.

C'è una maturazione che deve essere aiutata senza traumatizzare artificiosamente un soggetto ancora in formazione.

La Chiesa, in questo come negli altri campi, chiede responsabilità, non solo agli operatori dei mezzi di comunicazione sociale, ma a tutti e, in modo speciale, alle famiglie.

Il modo di vivere - specialmente nelle Nazioni più industrializzate - porta assai spesso le famiglie a scaricarsi delle loro responsabilità educative, trovando nella facilità di evasione (in casa rappresentata specialmente dalla televisione e da certe pubblicazioni) il modo di tener occupati tempo ed attività dei bambini e dei ragazzi. Nessuno può negare che v'è in ciò anche una certa giustificazione, dato che troppo spesso mancano strutture ed infrastrutture sufficienti per potenziare e valorizzare il tempo libero dei ragazzi e indirizzarne le energie.

A subirne le conseguenze sono proprio coloro che più hanno bisogno di essere aiutati nello sviluppo della loro "libertà responsabile". Ecco emergere il dovere - specialmente per i credenti, per le donne e gli uomini amanti della libertà - di proteggere specialmente bambini e ragazzi dalle "aggressioni" che subiscono anche dai "mass media". Nessuno manchi a questo dovere adducendo motivi, troppo comodi, di disimpegno!


6. Ci si deve chiedere, specialmente nella circostanza di questa "Giornata", se la stessa "azione pastorale" abbia portato a buon fine tutto quello che le era richiesto nel settore dei "mass media"! In proposito occorre ricordare, oltre al documento "Communio et Progressio", di cui ricorre il decimo anniversario, sia quanto è stato detto dal Sinodo dei Vescovi del 1977 - ratificato dalla Costituzione Apostolica "Catechesi Tradendae" -, sia quanto è emerso dal Sinodo dei Vescovi sui problemi della famiglia, conclusosi nell'ottobre del 1980.

La teologia e la pratica pastorale, l'organizzazione della catechesi, la scuola - specialmente la scuola cattolica - le associazioni ed i gruppi cattolici che cosa hanno fatto, concretamente, per questo specifico punto nodale? Occorre intensificare l'azione diretta alla formazione di una coscienza "critica", che incida negli atteggiamenti e nei comportamenti non soltanto dei cattolici o dei fratelli cristiani - difensori per convinzione o per missione della libertà e della dignità della persona umana - ma di tutti gli uomini e donne, adulti e giovani, affinché sappiano veramente "vedere, giudicare ed agire" da persone libere e responsabili, anche - vorrei dire soprattutto - nella produzione e nelle scelte riguardanti i mezzi di comunicazione sociale.

Il "servizio pastorale", di cui sono investito; la "mentalità conciliare", di cui tante volte ho avuto modo di parlare e che ho sempre incoraggiato; le mie personali esperienze e convinzioni di uomo, di cristiano e di Vescovo mi portano a sottolineare le possibilità di bene, la ricchezza, la provvidenzialità dei "mass media". Posso aggiungere, che non mi sfugge, ma mi esalta, anche quella loro parte che si usa chiamare "artistica". Ma tutto questo non può impedire di vedere anche la parte che nel loro uso - od abuso - hanno il guadagno, l'industria, le ragioni del potere.

Tutti tali aspetti sono da considerare per una valutazione globale di questi "mezzi". Che i "mass media" diventino sempre meno strumenti di manipolazione dell'uomo! Diventino, invece, sempre più promotori di libertà: mezzi di potenziamento, di accrescimento, di maturazione della vera libertà dell'uomo.

Con questi voti, sono lieto di invocare su tutti coloro, che leggeranno queste parole e cercheranno di coglierne e di attuarne l'ansia pastorale, i più abbondanti favori celesti, di cui e pegno la mia benedizione apostolica.

Data: 1981-05-15
Venerdi 15 Maggio 1981


La preghiera mariana del Papa diffusa via radio dal "Gemelli" - Roma

Titolo: Efficacia impareggiabile della sofferenza per l'attuazione del disegno della salvezza

Sia lodato Gesù Cristo! Desidero oggi rivolgermi in modo particolare a tutti gli ammalati, esprimendo ad essi, io, infermo come loro, una parola di conforto e di speranza.

Quando, all'indomani della mia elezione alla Cattedra di Pietro, venni per una visita al Policlinico "Gemelli", dissi di voler "appoggiare il mio ministero papale soprattutto su quelli che soffrono".

La Provvidenza ha disposto che al Policlinico "Gemelli" ritornassi da malato. Riaffermo ora la medesima convinzione di allora: la sofferenza, accettata in unione con Cristo sofferente, ha una sua efficacia impareggiabile per l'attuazione del disegno divino della salvezza. Ripetero qui con san Paolo: "Sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa" (Col 1,24).

Invito tutti gli ammalati ad unirsi con me nell'offerta a Cristo dei loro patimenti per il bene della Chiesa e dell'umanità. Maria santissima ci sia di sostegno e di conforto.

Estendo poi il mio cordiale saluto a tutti coloro che sono uniti con me nella preghiera e a quanti in questi giorni mi hanno fatto pervenire la testimonianza del loro affetto e, mentre li ringrazio di questa spirituale vicinanza, li assicuro del mio ricordo nel Signore.

Data: 1981-05-24
Domenica 24 Maggio 1981


Recita del Regina Coeli - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il Papa invita la Chiesa a pregare in suffragio del Cardinale Wyszynski

Carissimi fratelli e sorelle,

1. "Ascendit Deus in iubilatione"! Cristo è asceso al Padre. La vita terrena di Cristo si è conclusa col suo ritorno al Padre il giorno dell'Ascensione. Il nostro cuore ardente lo segue lassù, ov'Egli è salito "a preparare un posto a noi" (cfr. ); e con questa fede vuol permeare l'esistenza umana, in tutti i suoi aspetti.

Intanto la Chiesa guarda al Cenacolo di Gerusalemme, e come gli Apostoli, con gli Apostoli, prega in unione con Maria, aspettando la venuta dello Spirito Santo. Salgano dai nostri cuori fervide preghiere verso lo Spirito, che discende a santificare la Chiesa, a vivificare il mondo, a "rinnovare la faccia della terra", a elevare l'uomo. Attendiamo insieme il Paraclito, il Consolatore! Vi invito anche a rivolgere con me il pensiero ai Vescovi di tutto il mondo, che, accogliendo il mio invito, stanno per giungere a Roma, per celebrare, la prossima domenica di Pentecoste, il sedicesimo centenario del Concilio Costantinopolitano I e il millecinquecentocinquantesimo anniversario del Concilio di Efeso.


2. Era mio desiderio trovarmi nei prossimi giorni in Svizzera, accogliendo l'invito di quell'episcopato e della Organizzazione Internazionale del Lavoro, al quale avevano poi fatto seguito altri inviti.

Le mie condizioni di salute non me lo consentono. Affido alla Divina Provvidenza il desiderio di compiere questa visita pastorale appena mi sarà possibile.


3. Vi esorto oggi, in modo del tutto speciale, ad unirvi in spirito al commosso omaggio di preghiere di suffragio che la Polonia sta tributando al suo compianto primate, Cardinale Stefano Wyszynski, da tutti tanto apprezzato e amato.

Il Signore lo ha chiamato a sé Giovedì scorso, solennità dell'Ascensione. Le sue spoglie mortali saranno sepolte oggi, ultimo giorno del mese di maggio, dedicato particolarmente a Maria, dal Cardinale Wyszynski tanto venerata sotto il titolo di regina della Polonia e di madre della Chiesa.

La scomparsa di colui che per oltre trent'anni è stato la chiave di volta dell'unità della Chiesa in Polonia ha risvegliato nel mio animo - come ben potete comprendere - un'ondata di ricordi e di sentimenti, che mi fanno sentire intimamente vicino a quanti nel pomeriggio di oggi gli renderanno devoto ed estremo omaggio nella Piazza della Vittoria di Varsavia e lo accompagneranno alla sepoltura nella Cattedrale di san Giovanni.

Non potro partecipare con la mia presenza fisica, ma saro là nel modo che mi è consentito in questi momenti: oltre che con la preghiera, mediante un Messaggio che ho indirizzato ai fratelli e alle sorelle della Polonia e mediante una mia Delegazione.

A lui, Pastore buono e zelante, a lui, difensore dei diritti dell'uomo e della Chiesa, protagonista di tante pagine di storia della sua e della mia patria; a lui, che ha amato la Chiesa e la Polonia con incomparabile dedizione e con intrepido coraggio, attinti da una fede indomita e da un ardente affetto a Cristo e a Maria, il Signore conceda il premio riservato ai suoi fedeli servitori.

Data: 1981-05-31
Domenica 31 Maggio 1981


Lettera ai polacchi per le esequie del Cardinale Wyszynski - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Riprendete la sua grandissima opera e proiettatela verso il futuro

Cari fratelli e sorelle, A tutta la Chiesa, a me tanto cara, che è in terra polacca: ai suoi Pastori e ai suoi fedeli, a tutti coloro che la morte del primate di Polonia, Cardinale Stefan Wyszynski, Arcivescovo Metropolita di Gniezno e di Warszawa ha riempito di cordoglio e di mestizia, a voi che in questo momento, nell'ora delle sue esequie nella "Città indomita", circondate di amore e di preghiera questo feretro, a voi che vi siete radunati per rimettere al Padre Celeste il suo inflessibile Spirito, forte del Signore, e deporre il corpo martoriato nella terra polacca, terra di Varsavia, intrisa di sangue, affinché nell'ora della venuta di Cristo si vesta d'incorruttibilità e di immortalità (cfr. 1Co 15,23 1Co 15,53), a voi tutti desidero indirizzare questo sia pur breve messaggio. Lo scrivo per profondissimo bisogno del cuore e della fede. Non posso rendere questa testimonianza come vorrei. Confido che Dio mi restituirà le forze e mi offrirà l'occasione propizia affinché io possa farlo nel modo che sento.

Desidero che sappiate che in quest'ora di lutto, nell'ora di mestizia e di cordoglio, ma anche di ancor più grande speranza e fede, avrei desiderato di essere con voi e rendere di persona gli estremi onori al primate. Dio ha deciso diversamente. Sia benedetto il suo santo Nome. Mi unisco a voi nel dolore e nella preghiera, nell'accettazione della volontà di Dio e nella speranza.

A mio nome è presente tra voi la Delegazione della Santa Sede, guidata dal Segretario di Stato, il Cardinale Agostino Casaroli.

Lasciate che in questo momento mi limiti a ricordare le parole che pronunciai nella Cattedrale di Varsavia durante il mio pellegrinaggio in Polonia: "Il Cardinale primate è divenuto... una chiave di volta. Chiave di volta è ciò che forma l'arco, ciò che rispecchia la forza delle fondamenta dell'edificio. Il Cardinale primate manifesta la forza del fondamento della Chiesa che è Gesù Cristo. In ciò consiste la sua forza. Il Cardinale primate insegna, da più di trenta anni, che questa forza la deve a Maria, Madre di Cristo. Tutti sappiamo bene che grazie a Maria si può far risplendere la forza di quel fondamento, che è Cristo, e che si può efficacemente diventare chiave di volta della Chiesa.

Questo insegna la vita e il mistero del primate di Polonia.

E' Lui la chiave di volta della Chiesa di Varsavia e la chiave di volta di tutta la Chiesa di Polonia. In ciò consiste la provvidenziale missione, che Egli svolge da più di trent'anni. Voglio esprimere questo agli inizi del mio pellegrinaggio, qui, nella Capitale della Polonia, e desidero ancora una volta, con tutta la Chiesa e la Nazione, ringraziarne la Santissima Trinità".

E' doloroso - tutti lo sentono - che sia giunto il momento in cui bisognerebbe coniugare al passato alcune parole. Tanto più che Dio lo ha chiamato a sé in un momento in cui, giudicando da uomini, egli era tanto necessario alla Chiesa, tanto necessario alla patria e alla Nazione.

La Chiesa in Polonia, e io con lei, accetta le imperscrutabili sentenze della Provvidenza con la fede da cui nasce la pace, ogni pace, la sicurezza e la serenità dello Spirito. Uniamo il nostro dolore al sacrificio di Cristo per completare "quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa" (Col 1,24) e con esso lo offriamo nello Spirito Santo al Padre Eterno.

La Madre di Cristo, Colei, il cui cuore la spada di dolore ha trafitto, la Signora di Czestochowa, dal volto ferito, non ci abbandonerà.

Cari fratelli e sorelle! Richiamandomi alla venerabile tradizione liturgica della Chiesa che in certo qual modo prolunga il funerale cattolico e lo estende a trenta giorni, Vi chiedo che il lutto per la morte del rimpianto primate del Millennio duri nella Chiesa polacca appunto per tale periodo. Che in Polonia questi trenta giorni siano un periodo di particolare preghiera, di pace, di raccoglimento e di riflessione.

Preghiamo. Preghiamo gli uni per gli altri. Raccomandate a Dio l'anima del Cardinale Stefan, primate di Polonia, di venerata memoria. Pregate per la patria, per la sua Chiesa, per tutta la Chiesa, per il mondo. Pregate per me, indegno servo di Cristo e suo visibile Vicario. E degli oggetti delle vostre preghiere fate oggetti di riflessione, di una profonda meditazione nazionale. Oggetto particolare di tale meditazione fate la figura dell'indimenticabile primate, il Cardinale Stefan Wyszynski di venerata memoria, la sua Persona, il suo insegnamento, il suo ruolo in un così difficile periodo della nostra storia. Tutto ciò fate oggetto di meditazione e riprendete la grande e difficile opera, patrimonio di una storia più che millenaria, sulla quale Egli, il Cardinale Stefan, primate di Polonia, Pastore buono, ha lasciato una duratura, incancellabile impronta. Riprendano quest'opera con grandissima responsabilità i Pastori della Chiesa, la riprendano il clero, i sacerdoti, le famiglie religiose, i fedeli di ogni età e di ogni mestiere. La riprendano i giovani. La riprenda la Chiesa intera e l'intera Nazione. Ognuno a modo proprio, come Dio e la propria coscienza indicano. Riprendetela e conducetela verso il futuro. Che il vostro cordoglio si tramuti in speranza.

Buon Gesù, nostro Signore, dà a lui il riposo eterno. Ave regina della Polonia, Madre di misericordia, vita, dolcezza e speranza nostra. Te invochiamo, volgi a noi i tuoi occhi misericordiosi. Mostra a lui che infinitamente ha confidato in Te, al tuo servo singolare, il defunto primate di Polonia, e mostra a noi Gesù, il benedetto frutto del seno tuo.

Vi benedico nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

Data: 1981-05-28
Giovedì 28 Maggio 1981


Al Santuario polacco di Piekary (messaggio radiofonico)

Titolo: Un messaggio ai lavoratori

Sia lodato Gesù Cristo! Cari fratelli minatori riuniti come ogni anno nel pellegrinaggio alla vostra Madre a Piekary Slaskie. Ringrazio Dio che posso oggi rivolgervi questa breve parola, parola d'amore e di benedizione. Particolarmente adesso - che sono malato e grazie a Dio progressivamente sto ritornando alla salute e alle forze - è per me una vera consolazione di poter rivolgermi a voi, uniti nel pellegrinaggio a Piekary, a miei connazionali, a uomini del lavoro. Vi siete riuniti insieme con il vostro Vescovo, con il Cardinale, con i vostri Pastori. Vi siete riuniti in questa comunità che conosco così bene per mia esperienza e che porto profondamente nel mio cuore. Insieme con voi mi rendo conto come è eccezionale ed importante, proprio quest'anno, la vostra visita alla Signora di Piekary. Infatti questo è un anno in cui come ben sapete gli sguardi di tutto il mondo si sono rivolti sulla Polonia, per la ragione del programma di rinnovamento nato nelle difficili esperienze del lavoro umano. Del lavoro nell'industria, nelle miniere, nell'agricoltura e nelle altre professioni. Desidero insieme con voi, per così dire, riconfermare davanti alla Signora di Piekary proprio questo programma di rinnovamento e desidero insieme con voi affidarle questo programma: di tutto cuore, alla maniera filiale, polacca, come si fa in Slesia. Faccio questo nell'anno in cui la Chiesa Universale ricorda il 90° dell'enciclica "Rerum Novarum" del grande Papa delle questioni sociali, Leone XIII, dell'enciclica dedicata alla questione operaia, che mi permette di incontrare quest'anno i rappresentanti del mondo del lavoro delle diverse nazioni e continenti. Dio vi renda merito: a voi tutti miei connazionali per la memoria, per le preghiere, per l'amore, di cui ricevo tante testimonianze e che di tutto cuore contraccambio.

Accogliete la mia benedizione nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Dio vi benedica!

Data: 1981-05-31
Domenica 31 Maggio 1981


Celebrazione della Pentecoste, Basilica di san Pietro - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Credo nello Spirito Santo che è Signore e dà la vita



1. Credo in Spiritum Sanctum Dominum et vivificantem! Nell'odierno solenne giorno della Pentecoste la Chiesa Romana si rallegra della presenza di tanti fratelli e sorelle nella fede, dei pellegrini venuti da diverse parti del mondo, come anche degli abitanti che stabilmente risiedono nella Città eterna.

Essa si rallegra in modo particolare della vostra presenza, amati fratelli Cardinali e Vescovi, che siete al servizio del Popolo di Dio in mezzo alle diverse nazioni. Voi che, al mio invito, siete oggi convenuti in questa Sede e adesso concelebrate la Santissima Eucaristia presso la confessione di san Pietro.

Ecco, noi desideriamo confessare con un grande grido della nostra voce e del nostro cuore la verità che sedici secoli fa il primo Concilio Costantinopolitano formulo ed espresse nelle parole così ben conosciute.

Desideriamo esprimerla così, come fu espressa allora: "Credo ... in Spiritum Sanctum Dominum et vivificatorem, ex Patre procedentem, cum Patre et Filio adorandum et conglorificandum, qui locutus est per prophetas".

E' perciò i nostri pensieri e i nostri cuori, traboccanti di gratitudine verso lo stesso Spirito di Verità, si rivolgono contemporaneamente a quella sede, che ha avuto la fortuna di ospitare quel venerando Concilio - il primo Costantinopolitano, che fu il secondo Concilio ecumenico dopo quello Niceno - dove nell'odierna festa anche il vostro Venerabile Fratello Dimitrios I, Patriarca di Costantinopoli, ringrazia l'Eterna Luce per aver illuminato, sedici secoli fa, le menti dei nostri predecessori nell'Episcopato con lo splendore di quella Verità, che nell'arco di ormai così numerose generazioni ha mantenuto nell'unità della fede allora professata la grande famiglia dei confessori di Cristo.

E benché nei diversi tempi e luoghi la stessa unità della Chiesa abbia subito scissioni, la fede professata dai nostri santi predecessori nel Credo niceno-costantinopolitano testimonia dell'unità originaria e ci richiama di nuovo a ricomporre la piena unità di tutti i discepoli di Gesù Cristo.

Perciò, tutti salutiamo oggi con particolare gioia i Venerabili Delegati del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, guidati dall'Em.mo Metropolita Damaskinos, come pure gli altri Venerabili Rappresentanti delle Chiese e Comunità Ecclesiali, che ci onorano con la loro presenza. Di una simile gioia ci riempie il fatto che la nostra Delegazione, guidata dal Cardinale Massimiliano de Furstenberg, inviata dal Vescovo di Roma alla Sede del Patriarcato di Costantinopoli, può partecipare alla splendida liturgia commemorativa dello storico avvenimento, mediante la quale ambedue le Chiese sorelle di Roma e di Costantinopoli desiderano venerare la Maestà di Dio per l'opera svolta dal Concilio di mille e seicento anni fa.


2. Può esserci un giorno più adatto del giorno della Pentecoste per una tale celebrazione? Siamo riuniti - voi anche fisicamente ed io spiritualmente - sotto la volta di questa Basilica, e tutta la nostra coscienza è compenetrata dal ricordo del Cenacolo gerosolimitano, in cui proprio nel giorno della Pentecoste "si trovano tutti" (At, 2,1) quelli che costituivano la primissima Chiesa. Si trovavano nello stesso luogo in cui - cinquanta giorni prima - la sera del giorno della Risurrezione era venuto tra loro Gesù. "Venne..., si fermo in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!". Detto questo, mostro loro le mani e il costato" (Jn 20,19-20). In quel momento non potevano avere più alcun dubbio, "e i discepoli - scrive l'Evangelista - gioirono al vedere il Signore" (Jn 20,20), il Signore Risorto. Allora "Gesù disse loro di nuovo: "Pace a voi!". Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi" (Jn 20,21). Disse, insomma, parole già conosciute, eppure nuove: nuove per la novità di tutto il Mistero pasquale, nuove per la novità del Signore Risorto, che le pronunciava: "Io mando voi...".

E soprattutto erano nuove per ciò che, subito dopo di esse, veniva affermato da Cristo. Ecco infatti: "Dopo aver detto questo, egli alito su di loro e disse: "Ricevete lo Spirito Santo"" (Jn 20,22).

Così, già allora ricevettero lo Spirito Santo. Già allora si era iniziata la Pentecoste, quella che sarebbe giunta cinquanta giorni dopo alla sua piena manifestazione; e questo fu necessario, affinché potesse maturare in essi e rivelarsi all'esterno ciò che era accaduto, quando avevano sentito: "Ricevete lo Spirito Santo...", affinché potesse nascere la Chiesa. Nascere vuol dire uscire nel mondo e, per questo fatto, diventare visibile in mezzo agli uomini. Proprio nel giorno della Pentecoste la Chiesa usci nel mondo e divento visibile in mezzo agli uomini.

E ciò si realizzo nella potenza di quella sera pasquale, la sera di quello stesso giorno della Risurrezione (cfr. Jn 20,19); ciò avvenne nella potenza della passione e della morte del Signore, il quale pero, già alla vigilia di questa passione, aveva detto chiaramente: "... se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore (Paracletos); ma quando me ne saro andato, ve lo mandero" (Jn 16,7). Se ne era andato, quindi, attraverso la croce e ritorno attraverso la Risurrezione, ma non già per rimanere, bensì per alitare sugli Apostoli e per dir loro: "Ricevete!", "Ricevete lo Spirito Santo"! Oh, quant'è buono il Signore! Egli diede loro lo Spirito Santo, che è Signore e dà la vita..., e con il Padre e il Figlio riceve la stessa gloria e adorazione... Egli, uguale nella Divinità. Gesù diede loro lo Spirito Santo; disse "ricevete". Ma, più ancora, non ha forse dato, non ha affidato loro stessi allo Spirito Santo? Può l'uomo "ricevere" il Dio vivente e possederlo come "proprio"? Allora Cristo diede gli Apostoli, quelli che erano l'inizio del nuovo Popolo di Dio ed il fondamento della sua Chiesa, allo Spirito Santo, allo Spirito che il Padre doveva mandare nel Suo nome (cfr. Jn 14,26) allo Spirito di verità (Jn 14,17 Jn 15,26 Jn 16,13), allo Spirito, per mezzo del quale l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori (cfr. Rm 5,5); li ha dati allo Spirito perché a loro volta lo ricevessero come il Dono; Dono ottenuto dal Padre per l'opera del Messia, del Servo sofferente di Jahve, di cui parla la profezia di Isaia.

E, perciò, egli "mostro loro le mani e il costato" (Jn 20,20), cioè i segni del sacrificio cruento, e poi aggiunse ancora: "A chi rimetterete i peccati saranno rimessi; e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi" (Jn 20,23).

Con queste parole Egli confermo il Dono: è il Dono del Consolatore, il Dono dato alla Chiesa per l'uomo, che porta in sé l'eredità del peccato. Per ogni uomo e per tutti gli uomini.

E' il Dono dall'Alto, dato alla Chiesa che è mandata a tutto il mondo.

Nel giorno della Pentecoste gli Apostoli, e insieme a loro quella primissima Chiesa, usciranno da questo cenacolo pasquale, e subito si troveranno in mezzo al mondo soggetto al peccato e alla morte, e vi si troveranno con la testimonianza della Risurrezione.


3. Credo in Spiritum Sanctum Dominum et vivificantem...

Nel ricordo del Concilio Ecumenico Costantinopolitano I, professiamo oggi la stessa fede in Colui che è Signore e dà la vita, che con il Padre e il Figlio riceve la stessa gloria e adorazione; e, identificando questa venerata Basilica di san Pietro in Roma con l'umile Cenacolo gerosolimitano, noi riceviamo lo stesso Dono! "Ricevete lo Spirito Santo" (Jn 20,23). Noi riceviamo lo stesso Dono, cioè affidiamo noi stessi, la Chiesa allo stesso Spirito Santo, al quale una volta per sempre Essa fu affidata già quella sera del giorno della Risurrezione e poi al mattino della festa della Pentecoste. Ed anzi rimaniamo in questo affidamento allo Spirito Santo, che Cristo allora opero "mostrando loro le mani e il costato" (cfr. Jn 20,20), i segni della sua passione, prima di dire: "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi" (Jn 20,21).

Noi rimaniamo in questo affidamento allo Spirito Santo, che costitui la Chiesa e continuamente la costituisce sulle stesse fondamenta. Noi rimaniamo, quindi, in questo affidamento allo Spirito Santo, mediante il quale siamo la Chiesa, e mediante il quale siamo mandati, così come furono mandati dal Cenacolo quei primi Apostoli e la primissima Chiesa gerosolimitana, quando, come dopo un colpo di vento che si abbatté gagliardo, dopo l'apparizione delle lingue di fuoco su ciascuno di loro (cfr. Ac 2,2-3), essi uscirono tra la folla numerosa che era venuta a Gerusalemme per le feste, e parlarono in diverse lingue "come lo Spirito dava loro il potere d'esprimersi" (Ac 2,4); e dagli uomini che parlavano in diverse lingue furono ascoltati come coloro che annunziavano "nelle nostre lingue le grandi opere di Dio" (Ac 2,11).

Rimaniamo, quindi, in questo affidamento allo Spirito Santo, e dopo quasi duemila anni nient'altro desideriamo che rimanere in Lui, non separarci da Lui in nessun modo, non "rattristarlo" mai (cfr. Ep 4,30): - perché soltanto in Lui è con noi Cristo; - perché solo col suo aiuto possiamo dire: "Gesù è Signore" (1Co 12,3); - perché soltanto per la potenza della sua grazia possiamo gridare: "Abbà Padre" (Rm 8,15); - perché soltanto per sua potenza, per la potenza dello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, noi siamo la stessa Chiesa, la Chiesa in cui "vi sono... diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. E a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune" (1Co 12,4-7).

Così dunque siamo nello Spirito Santo e in Lui desideriamo rimanere: - in Lui, che è lo Spirito il quale dà la vita ed è una sorgente di acqua zampillante fino alla vita eterna (cfr. Jn 4,14 Jn 7,38-39); - in Lui, per il quale il Padre ridà la vita agli uomini morti per il peccato, finché un giorno restituirà in Cristo i loro corpi mortali (cfr. Rm 8,10-11); - in Lui, nello Spirito Santo, che dimora nella Chiesa e nei cuori dei fedeli (cfr. 1Co 3,16 1Co 6,19), ed in essi prega e rende testimonianza della loro adozione filiale (cfr. Ga 4,6); - in Lui, che istruisce la Chiesa con diversi doni gerarchici e carismatici e col loro aiuto la guida, e la arricchisce di frutti (cfr. Ep 4,11-12 1Co 12,4 Ga 5,22); - in Lui, che con la forza del Vangelo fa ringiovanire la Chiesa e continuamente la rinnova e la conduce alla perfetta unione col suo Sposo (cfr. LG 4).

Si. In Lui: nello Spirito Santo, nel Paraclito noi desideriamo rimanere, così come ci ha affidati a Lui - allo Spirito del Padre - Cristo crocefisso e risorto. Ci ha affidati a Lui, donandolo a noi: agli Apostoli ed alla Chiesa, quando nel Cenacolo gerosolimitano ha detto: "Ricevete lo Spirito Santo" (Jn 20,22).

E queste parole hanno cominciato ad aver pratica attuale dinanzi a tutte le lingue e nazioni nel giorno della Pentecoste, nel giorno in cui la Chiesa è nata nel Cenacolo di Gerusalemme ed è uscita nel mondo.


4. Credo in Spiritum Sanctum Dominum et vivificantem...

Questa fede degli Apostoli e dei Padri, che il Concilio Costantinopolitano nell'anno 381 solennemente professo ed insegno a professare, noi, riuniti in questa Basilica Romana di san Pietro, in unità spirituale con i nostri fratelli, che celebrano la liturgia giubilare nella Cattedrale del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, desideriamo professare, insegnandola con la stessa purezza e potenza nell'anno 1981, come la professo ed insegno a professare quel venerabile Concilio sedici secoli fa.

Desideriamo anche attuare alla sua luce l'insegnamento del Concilio Vaticano II, di quel Concilio dei nostri tempi, il quale ha manifestato così generosamente l'opera dello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, in tutta la missione della Chiesa. Desideriamo, quindi, di attuare nella vita questo Concilio, che è diventato la voce e il compito delle nostre generazioni, e di comprendere ancora più profondamente l'insegnamento degli antichi Concili e, in particolare, di quello che si svolse milleseicento anni fa a Costantinopoli.

In questa luce - fissando lo sguardo sul mistero dell'unico Corpo, che è composto da diverse membra - noi auspichiamo con un nuovo fervore che si realizzi quell'unità a cui, in Cristo sono chiamati tutti coloro che - secondo le parole di Paolo - sono stati "battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo" (1Co 12,13); tutti coloro che sono stati "abbeverati a un solo Spirito" (1Co 12,13).

Lo auspichiamo in particolare con un nuovo fervore, nel giorno odierno, che ci ricorda i tempi della Chiesa indivisa. E perciò gridiamo: "O luce beatissima, / invadi nell'intimo / il cuore dei tuoi fedeli" (Sequenza).

Ai nostri tempi, nei quali la faccia della terra si è tanto arricchita grazie alla creatività ed al lavoro dell'uomo mediante le opere della scienza e della tecnica, quando tanto profondamente sono già stati esplorati l'interno della terra e gli spazi dell'universo cosmico, quando contemporaneamente l'umanità si trova dinanzi a minacce tuttora sconosciute da parte delle forze che l'uomo stesso ha sprigionato.

Oggi noi, Pastori della Chiesa, eredi di coloro che ricevettero lo Spirito Santo nel Cenacolo della Pentecoste, dobbiamo uscire, così come loro, consapevoli dell'immensità del Dono, che nella Chiesa viene partecipato dalla famiglia umana: noi dobbiamo uscire... continuamente uscire nel mondo e, trovandoci in diversi luoghi della terra, dobbiamo ripetere con ancor maggiore fervore: Scenda il tuo Spirito, e rinnovi la faccia della terra! Scenda!...

Attraverso la storia dell'umanità, attraverso la storia del mondo visibile la Chiesa non cessa di confessare: Credo nello Spirito! / Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita. / Credo in Spiritum Sanctum Dominum et vivificantem. / In questo Spirito noi rimaniamo. Amen.

Data: 1981-06-07
Domenica 7 Giugno 1981



GPII 1981 Insegnamenti - Messaggio per la XV Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali - Città del Vaticano (Roma)