GPII 1982 Insegnamenti - Al Pontificio Collegio Pio-Brasiliano - Roma

Al Pontificio Collegio Pio-Brasiliano - Roma

Titolo: La Chiesa in Brasile ha urgente necessità di ministri di Cristo ben formati

Testo:

Miei cari fratelli e sorelle.

Sia lodato nostro Signore Gesù Cristo!


1. Sono pagine di alto tenore spirituale e di profondo significato pratico quelle che, in questa celebrazione eucaristica, si offrono alla nostra meditazione.

La prima è tratta dall'Antico Testamento. Nel cuore della notte Dio pronuncia con insistenza il nome di un giovane nel Tempio. La profondità della notte è immagine di tranquillità e di serenità: Samuele dorme presso l'Arca del Signore e il profeta lo invita a continuare a dormire. Un'immagine anche di ingratitudine nei confronti della Verità: "Samuele non aveva riconosciuto che era il Signore" - commenta il sacro cronista - "né che gli sarebbe stata rivelata la parola del Signore". Tuttavia, nel cuore della notte, il Signore non cessa di chiamarlo - Samuele, Samuele! - finché, istruito da Heli, il giovane risponde: "Parla, Signore, il tuo servo ti ascolta!".

La seconda pagina è tratta dal Vangelo di san Giovanni. Alla voce del Battista che indica l'Agnello di Dio, Andrea ed un altro discepolo intraprendono la "sequela Christi": "Dove abiti?". "Vieni e vedi", risponde Gesù. "E rimasero con lui". Rimarranno fino alla fine, come rimarrà Pietro, attirato dal fratello Andrea, come rimarranno tutti gli altri.

Come a prolungamento delle due prime pagine, eccone una terza, di san Paolo, che dice a tutti coloro che hanno risposto alla chiamata del Signore: "Tu non appartieni a te stesso! Il tuo corpo, il tuo essere è per la gloria di Dio! Giacché sei unito al Signore formi un solo spirito con lui!". E aggiunge: "Fuggi la prostituzione", cioè, ogni tradimento, ogni infedeltà, ogni idolatria.


2. così, dunque, in questo inizio del "tempo ordinario", la Liturgia pone davanti ai nostri occhi e davanti alla nostra coscienza il tema della chiamata del Signore. Bello e significativo, liturgicamente è questo "tempo ordinario": poiché nessun mistero cristiano speciale o particolare, nessuna festa lo distingue, esso è, alla luce del mistero di Cristo, la celebrazione della nostra vita comune, di quella quotidiana, a volte opaca e irrilevante, ma luminosa perché portatrice della presenza e della grazia del Signore. Parlando della vocazione in questo inizio del "tempo ordinario" - o "tempus per annum" del Messale - la Liturgia ci dice che, giorno dopo giorno nella nostra esistenza, portiamo con noi una chiamata di Dio che dà significato alla nostra vita. E per noi qui riuniti il Signore ha riservato una chiamata speciale: la vocazione a servirlo, servendo la Chiesa e il prossimo, nel ministero sacerdotale.

E' per voi questo messaggio, carissimi religiosi della Compagnia di Gesù, incaricati della direzione e della animazione di questo Collegio. Incaricati da Dio di assistere la vocazione dei seminaristi e dei sacerdoti qui presenti, a loro voi ripetete, con la parola e con una testimonianza di vita, le parole di Heli a Samuele: "Se ti chiama, di: "Parla Signore, il tuo servo ti ascolta"", o la parola del Precursore: "Ecco l'Agnello di Dio".

E' per voi questo messaggio, cari sacerdoti delle varie diocesi brasiliane, che risiedete in questa Casa per un periodo di perfezionamento a Roma.

E' per voi, giovani seminaristi, qui inviati dai vostri Vescovi perché compiate i vostri studi filosofici e teologici e soprattutto una seria ed accurata preparazione al sacerdozio.

Per voi, religiose del Divino Amore, che, nella fedeltà alla vostra vocazione religiosa, prestate il vostro delicato servizio per il migliore andamento e l'instaurazione di un clima familiare nel Collegio.

E' per voi questo messaggio ed io sono felice di proclamarlo in questa visita che da molto tempo desideravo farvi, quasi un prolungamento, in questa parte di Brasile che è in Roma, di quella indimenticabile visita che ho avuto la gioia di compiere nel vostro paese. Varie circostanze hanno ritardato la mia venuta qui; ma questo ritardo ha ancor piu acuito il desiderio ed ha reso ancor piu intenso il piacere di essere oggi qui con voi.


3. E' stato per un servizio ai giovani brasiliani chiamati da Dio - come Samuele della prima lettura e Andrea e Simone del Vangelo - che l'Episcopato brasiliano, quasi cinquant'anni fa, nell'aprile del 1934, ha aperto le porte di questa Casa, costruita a prezzo di sacrifici e rinunce, edificata con amore e speranza. I busti degli eminentissimi Cardinali Sebastiano Leme da Silveira Cintra, allora Arcivescovo di Rio de Janeiro, e Benedetto Aloisi-Masella, allora Nunzio apostolico in Brasile, posti all'entrata del Collegio, vogliono essere un omaggio ai due principali ideatori e realizzatori di questa grande opera. Ma essi evocano anche molte altre persone che, nel silenzio e nel nascondimento, come pietre poste alle fondamenta, sono entrati nella costruzione di questo Collegio. Ricordando queste figure e ricordando quanti, in questi quasi cinquant'anni sono passati per questa Casa, come membri della Direzione o come alunni, viene naturale interrogarsi sulle finalità ed il significato di questo Collegio. La risposta a questo interrogativo dipende molto dalla vera efficacia del Collegio nell'ora attuale. Una semplice riflessione, che desidero condividere con voi, condurrà a questa risposta.


4. Imponente per il numero dei suoi fedeli, significativa per la sua vitalità, influente per l'autorità morale di cui gode e, nel medesimo tempo, sofferente di gravi problemi attuali, alcuni di ambito generale, altri tipici della sua situazione, la Chiesa in Brasile ha urgente bisogno di sacerdoti ben formati.

Posso confidarvi che questa è stata una delle impressioni più vive e sentite che ho tratto dalla mia visita in Brasile. Certamente in Brasile numerosi laici, con esemplare disponibilità e ammirabile senso ecclesiale, partecipano alla missione della Chiesa ad ogni livello; ma l'esperienza mostra che tale partecipazione laicale, lungi dal dispensarla, esige ancor più la presenza qualificata dei sacerdoti, con il carisma loro proprio.

Né è difficile da comprendere che quanto meno numerosi saranno questi sacerdoti (come purtroppo è il caso del Brasile) migliore deve essere la loro formazione. Ma non esito ad aggiungere: nella misura in cui si verifica una rinascita vocazionale, di minore o maggiore proporzione in un paese, la formazione dei futuri sacerdoti si rivela altrettanto urgente come condizione indispensabile della validità, durata ed efficacia di tale rinascita. In altre parole, la gioiosa speranza di avere domani più sacerdoti vale quanto la certezza di avere sacerdoti ben formati.


5. I sacerdoti di cui il Brasile ha bisogno devono essere anzitutto buoni e devoti Pastori. La gente buona e semplice, erede di una fede semplice ma profondamente radicata, così come le fasce istruite della popolazione, le guide e i "costruttori di una società pluralista", gli adulti come le generazioni emergenti hanno bisogno di Pastori rivestiti di qualità che li rendano realmente adatti ad essere autentici ministri di Gesù Cristo: - pastori vicini al loro popolo per semplicità, comprensione ed apertura; - pastori prudenti, coraggiosi, dotati di "sapientia cordis" per indicare il cammino della vita soprattutto nei momenti difficili; - pastori che siano veri ministri, fedeli al Magistero ed educatori del Popolo di Dio nella fede, annunciatori della Parola di Dio, perché non si compia ciò che dice il libro di Samuele: "In quei giorni la Parola di Dio diventerà rara...".

- pastori capaci di creare comunione riunendo i dispersi, riconciliando i distanti, costruendo con amore e pazienza la comunità; - pastori che siano maestri di preghiera; - pastori di vita santa: di fede solida e contagiante, di carita irradiantesi, di preghiera permanente, di purezza, bontà e mansuetudine, di coraggio aperto per essere a fianco soprattutto dei più poveri e bisognosi, senza escludere nessuno dalla propria sollecitudine di padri e pastori; - pastori convinti della propria missione, gioiosi nella propria vocazione, che trovano la loro realizzazione nel ministero di cui sono investiti per grazia e predilezione del Signore.


6. Ora, per formare o perfezionare tali pastori, è sorto a tempo debito questo Collegio. Possiamo ringraziare il Signore al vedere quanti sacerdoti qui si sono preparati per rendere un servizio esemplare a Gesù Cristo e alla sua Chiesa che è in Brasile: cito con piacere tra i molti altri, i cinquanta Vescovi brasiliani che sono passati di qui, uno dei quali, primo nella lista degli alunni fondatori, appartiene oggi al Sacro Collegio dei Cardinali: il Signor Don Agnelo Rossi. La mia visita desidera essere uno stimolo al Collegio perché continui ad essere fedele ai suoi obiettivi.

La Chiesa in Brasile, il popolo cattolico in Brasile, avrà ragione di sperare se vi sarà qui un ambiente adeguato per un numero sempre crescente di seminaristi che si preparano al sacerdozio e per gruppi di sacerdoti che conseguano quell'aggiornamento indispensabile ad un migliore esercizio del proprio ministero. Né vi è qui alcuno che non percepisca quali debbano essere le caratteristiche di questo ambiente.

Regni qui una vita comunitaria semplice e fraterna, fondata su di una carità stimolante e confortante.

Sia visibile la serietà e la responsabilità nello studio e nel lavoro: molti in Brasile tengono gli occhi volti verso questa Casa e accettano sacrifici di ogni tipo per mantenerla perché sperano molto da essa.

Si abbia qui un perfetto clima di studio e, nelle ore disponibili, di zelante attività pastorale: molte comunità cristiane di Roma sono grate per la presenza di sacerdoti venuti da altri paesi e che offrono ad una valida azione pastorale ore che rischierebbero di perdersi nell'ozio.

E, soprattutto, si faccia qui esperienza di vera vita e di formazione spirituale. Voi sacerdoti e futuri sacerdoti che siete qui, siete certamente venuti per progredire nelle scienze, soprattutto in quelle ecclesiastiche; ma la vostra presenza qui deve avere come scopo una reale crescita in uno spirito di preghiera, in un contatto personale con il Signore.


7. Non oso aggiungere nient'altro. Esiste certamente in questa nostra Roma - lo si percepisce sensibilmente- una grazia speciale. Grazia della imperitura presenza degli apostoli Pietro e Paolo. Grazia della testimonianza di tanti martiri, che continua ad effondersi misteriosamente nell'anima di Roma. Grazia della cattolicità della Chiesa, tradotta in tanti modi nell'unità con il successore di Pietro. Grazia della perpetuità. Sarà per voi un arricchimento lasciarvi assorbire, durante il periodo dei vostri studi, da questa grazia di Roma.

Se così sarà, ogni anno la Chiesa che è in Brasile riceverà da questo Collegio ministri di Cristo, che si saranno avvantaggiati dei loro studi romani per approfondire ed irrobustire la propria vocazione e volgersi con accresciuta disponibilità di servizio nei vari ambiti che potranno aprirsi al vostro ministero.


8. Concludo ritornando alla Parola di Dio che ci viene offerta quest'oggi.

Celebrando con voi questa Eucaristia, penso, ancora una volta, a quel tempio in cui riposava il giovane Samuele, ed a quella spiaggia della Galilea evocata da san Giovanni. Nell'uno e nell'altro caso la voce di Dio convoca, pronuncia forte i nostri nomi di figli suoi, che egli desidera chiamare ad opere che solo egli conosce. Questo deve essere il luogo in cui con coscienza più lucida e profonda, chi si sente chiamare risponda: "Parla, Signore, il tuo servo ti ascolta" o, dopo aver chiesto, "dove abiti?", si metta silenziosamente alla sequela di un Maestro molto amato.

Il Signore ci conceda che queste ore vissute insieme siano per me e per voi, fratelli, una profonda esperienza spirituale di comunione con lui e tra di noi. E che tale esperienza ci sia utile per vivere meglio la nostra vocazione.

Ed ora, celebrando questo mistero eucaristico, domandiamo al Signore e impegnamoci a fare tutto il possibile perché il vostro Collegio - o il nostro Collegio, poiché è Pontificio - fedele alle sue origini, rimanga sempre ciò che deve essere: casa di formazione di autentici apostoli di Gesù Cristo per l'amato Brasile.




1982-01-17 Data estesa: Domenica 17 Gennaio 1982




Nella sala del trono - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'incontro con deputati al congresso degli Stati Uniti d'America

Testo:

Cari Deputati, cari amici dagli Stati Uniti, Nel mio messaggio per la Giornata Mondiale della Pace di quest'anno, ho esplicitamente rivolto le mie parole "agli uomini e alle donne che oggi hanno la responsabilità sociale della vita". Poiché voi siete tra coloro che appartengono a questa importante categoria di persone al servizio della pace, sono molto felice di potervi parlare personalmente oggi e di darvi il benvenuto in Vaticano.


1. La pace è senza dubbio un dono di Dio, ma essendo affidata a noi, è anche collegata alla giustizia umana, la quale, a sua volta, è favorita dalle solide strutture della legge e dalla delicata e diligente attività dei legislatori. Come Deputati voi siete nella posizione di poter offrire un'eminente forma di servizio ai vostri cittadini. Siete in una posizione che vi permette di aiutare la costruzione di strutture legali che riflettano la giustizia e che di conseguenza promuovano la pace. Inoltre, le strutture che costruite possono divenire un contributo perpetuo alla società.


2. Il servizio che svolgete può essere benefico non solo al vostro paese, ma anche alla società in generale. Le misure che voi adottate al Congresso influiscono sulla vita di milioni di Americani. Allo stesso modo, esse riguardano il benessere di persone in tutto il mondo; i decreti del vostro Congresso possono fornire un aiuto fraterno ad interi settori dell'umanità e possono mantenere viva la speranza di intere nazioni.


3. Voi siete chiamati a difendere la dignità umana nel vostro paese ed al di fuori dei suoi confini. Siete chiamati ad essere coraggiosi avvocati dei diritti umani - soprattutto di quei diritti inalienabili proclamati dalla vostra Dichiarazione d'Indipendenza: il diritto alla "vita, libertà e ricerca della felicità". E' veramente una splendida missione difendere e proteggere la vita umana, aiutare tutti i vostri fratelli e sorelle a vivere come persone libere alla ricerca della vera felicità voluta per loro dal Creatore.


4. Sabato scorso ho avuto l'occasione di ricordare al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede che i tempi presenti sono difficili. Ma ho anche aggiunto: "Le forze che vogliono il bene sono ancora più grandi!". Credo che il vostro ruolo come Deputati vi offra immense opportunità per fare del bene in molti modi: come fidati e fedeli servitori del popolo, come difensori della libertà, come promotori di giustizia, come sostenitori della vita, come amici dei poveri e, quindi, come veri fautori della pace sostenendo i diritti umani.

Tutto ciò nella migliore tradizione del vostro paese - lo Stile Americano. Ancora, come afferma la vostra Dichiarazione d'Indipendenza, è allo scopo di assicurare questi diritti che "i Governi sono istituiti fra gli uomini".

O, come disse un famoso Americano - a cui mi sono riferito durante il mio discorso sul Mall a Washington - Thomas Jefferson: "La cura della vita umana e della felicità e non la loro distruzione è il primo e solo legittimo scopo di un buon governo".

Signore e signori, la sfida è grande, ma può essere profondamente appagante. Voi siete chiamati a contribuire efficacemente al destino dell'America ed al futuro del mondo. Possa Dio sostenervi in questo importante compito al servizio della difesa dei diritti umani, della "vita, libertà e ricerca della felicità".

Grazie per la vostra visita.


[Traduzione dall'inglese]




1982-01-18 Data estesa: Lunedi 18 Gennaio 1982




Santa Messa per i seminaristi pugliesi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nella cappella Matilde

Testo:

Carissimi alunni del Seminario Regionale Liceale di Taranto! Ho accolto volentieri l'invito di celebrare questa Eucaristia con voi sia perché venite e rappresentate una regione, la Puglia, della quale ho avuto modo di conoscere la vitalità spirituale, in occasione della mia visita ad Otranto, sia soprattutto perché mi fa piacere vedere giovani desiderosi di rispondere alla chiamata al sacerdozio, che si preparano nella preghiera, nello studio e nella disciplina a rendersi strumenti adatti e fedeli di Cristo, sommo ed eterno sacerdote.


La Messa che ora celebriamo vuole essere un momento privilegiato per chiarire ulteriormente l'autenticità di quella voce divina che non cessa di ripetervi: "Venite dietro a me, e vi faro diventare pescatori di uomini" (Mc


1,17). Vuole essere un momento di grazia speciale, cui voi possiate dare un assenso definitivo a questa voce che urge nel vostro cuore in modo misterioso, ma con accenti significativi, un momento forte in grado di isolare tale voce dal frastuono di altre che potrebbero coprirla.

"Venite dietro a me": vi ripete oggi il Signore e Maestro. Beati voi se, ascoltando questa voce, ne avvertirete tutto il fascino magnifico e tremendo, gioioso e grave! Beati voi, giovani, se saprete accoglierla con cuore generoso e farne il programma della vostra vita! Esperimenterete che nessun'altra prospettiva sulla vita potrà offrirvi un ideale più vero, più umano e più santo di quello che vi deriva dall'imitazione di Cristo, dal suo eroismo, dalla sua santità e dalla sua missione di bontà e di salvezza, e che nessun programma di vita è più suggestivo di quello per svelare agli uomini le immense ed ineffabili ricchezze della carità di Cristo.

A tanto siete chiamati anche voi: siatene consapevoli e meritevoli! Vi sostenga su questa strada una solida pietà nella divina Eucaristia, che ora rinnoviamo su questo altare a gioia, a conforto e ad edificazione della nostra fede e della nostra vocazione sacerdotale.

La Vergine santissima vi sia accanto nella vostra preparazione, come lo fu con gli Apostoli nel Cenacolo.




1982-01-19 Data estesa: Martedi 19 Gennaio 1982




La Messa per l'Almo Collegio Capranica

Testo:

Carissimi seminaristi dell'Almo Collegio Capranica! Avete vivamente desiderato questo incontro eucaristico in occasione della celebrazione, per voi sempre tanto solenne, della festa di sant'Agnese, vostra celeste patrona, a cui si aggiunge quest'anno anche la commemorazione del centenario della nascita di Monsignor Cesare Federici, che fu Rettore del Collegio per ben 34 anni.

Accingendoci a celebrare il santo Sacrificio della Messa, può aiutare la vostra devozione una breve riflessione sulla realtà così importante e significativa del martirio di sant'Agnese, che visse con fedeltà intrepida e con amore totale ed eroico il suo amore a Cristo.La sua esperienza indica chiaramente che l'Altissimo ha su ognuno di noi un suo progetto. E' certamente un progetto assai misterioso, che bisogna scoprire con intelligente attenzione, e che talvolta urta le nostre vedute e i nostri disegni; è un progetto che esige impegno, fatica, dedizione e talvolta anche sofferenza e lotta contro le avverse tentazioni e le debolezze della natura. Ma è un progetto superiore, divino, lungimirante e salvifico per noi personalmente e per l'umanità.

E' essenziale percepire questo "progetto", accettarlo e realizzarlo, con fiducia e coraggio, attingendo ogni giorno la forza e la gioia dal sacrificio della santa Messa, che prolunga nel tempo il sacrificio del Calvario, e dalla Comunione Eucaristica, che rinnova nei secoli la soave intimità dell'Ultima Cena.

E' l'augurio che formulo per voi tutti, ripetendo le parole del Divin Maestro, che tra poco riceveremo in noi: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me ed io in lui" (Jn 6,57); "Rimanete in me ed io invoi... Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto... " (Jn 15,4 Jn 15,5); "Rimanete nel mio amore" (Jn 15,9).

Accogliete anche voi generosamente il progetto di Dio su di voi! Rimanete nel suo amore, cercando di essere e di diventare santi sacerdoti! Nel turbinio delle vicende umane, in cui ognuno è chiamato ad amare i fratelli e a migliorare il mondo, la "santità" è in modo particolare il progetto divino circa la vostra vita.

Anche la commemorazione del centenario dell'indimenticabile Monsignor Cesare Federici e della sua lunga, appassionata e infaticabile consacrazione al proprio dovere di sacerdote e di educatore, è motivo di meditazione, per saperne imitare l'esempio di completa dedizione alla volontà di Dio.

Carissimi! Offriamo ora al Padre la Vittima Divina, Gesù Cristo, nell'amore dello Spirito Santo. Egli vi dia luce e coraggio per dire: "Eccomi, o Signore! Sono pronto: manda me!". Vi sostenga Maria santissima! Interceda per voi la martire sant'Agnese!




1982-01-20 Data estesa: Mercoledi 20 Gennaio 1982



A vescovi della Nigeria in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Prego che la mia visita in Nigeria inauguri una nuova era di evangelizzazione

Testo:

Cari fratelli in nostro Signore Gesù Cristo.


1. Gesù stesso ha detto: "Bisogna che io annunci il Regno di Dio...; per questo sono stato mandato" (Lc 4,43). Per noi queste parole sono quasi una chiave. Esse rivelano il più profondo significato del nostro ministero episcopale perché riassumono l'intera missione del Salvatore. Qui Gesù indica qual è la suprema priorità del nostro essere Vescovi, mandati da lui e operanti nel suo nome. Siamo chiamati a proclamare il Vangelo, ad evangelizzare il nostro popolo. Questa proclamazione della Buona Novella - questa evangelizzazione - è compiuta mediante la parola e il Sacramento. Infatti, il Concilio Vaticano II considera l'Eucaristia come la più efficace proclamazione del Vangelo, "fonte e culmine di tutta l'evangelizzazione" (PO 5).


2. Parlando la settimana scorsa al primo gruppo di Vescovi del vostro paese, ho detto loro quanto io desideri che tutta la mia visita pastorale in Nigeria sia vista nel contesto della evangelizzazione. Ho detto che il più grande desiderio del mio cuore è quello di "proclamare al vostro popolo quel vivificante messaggio di verità che è il Vangelo di Gesù Cristo". Tutto il programma della mia visita è in relazione a questo tema centrale. Ed è mia speranza che i singoli incontri in programma aiutino a focalizzare l'attenzione sulla Buona Novella di salvezza, sulla persona stessa di Gesù Cristo, il Salvatore del mondo, il Redentore dell'uomo, e che contribuiscano a far maggiormente conoscere, rispettare e amare il suo Vangelo. Prego inoltre affinché, per grazia di Dio, la mia visita inauguri una nuova era di evangelizzazione che faccia seguito ad un secolo di zelante predicazione del Vangelo e di generoso servizio reso nel nome di Gesù stesso "che passo beneficando" (Ac 10,38).

Desidero ardentemente di poter proclamare Gesù Cristo a tutti coloro che liberamente vorranno ascoltare la mia voce. E poi di incontrarmi con i vari gruppi che costituiscono la Chiesa che è in Nigeria. A tutti questi gruppi spero di presentare la buona novella del Regno di Dio, in relazione alle circostanze concrete della vita quotidiana, quale è vissuta nel contesto della cultura nigeriana. I vari incontri in programma mi daranno ampie possibilità di poter parlare cuore a cuore al vostro popolo.


3. Intanto pero, una riflessione sugli scopi ed i propositi stessi dell'evangelizzazione può essere ora una fonte di incoraggiamento per noi come Vescovi. Grazie a questa riflessione potremo chiaramente individuare il servizio specifico che, in collaborazione con i nostri sacerdoti, siamo chiamati a rendere alla comunità. Al fondo il problema è sempre quello di trasmettere la Buona Novella - il Vangelo di Cristo capace di liberare, elevare, dare piena soddisfazione al cuore umano. Secondo l'espressione di Paolo VI, "il nostro compito di evangelizzatori è di proclamare il nome, l'insegnamento, la vita e le promesse, il Regno, il mistero di Gesù di Nazaret, il Figlio di Dio" (EN 22).

Che privilegio è per noi proclamare "il nome che è al di sopra di ogni altro nome" (Ph 2,9), l'unico nome nel quale c'è salvezza. Il nostro insegnamento è veramente l'insegnamento di Gesù, un insegnamento che ha per tema la vita, la pienezza della vita, la vita eterna. Noi predichiamo e facciamo conoscere Gesù che dice: "Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza" (Jn 10,10). Basandoci sull'autorità di Gesù siamo in grado di offrire promesse che non deludono, promesse come: "Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio" (Mt 5,8-9). In tutto ciò noi predichiamo la misericordia di Dio, l'amore di Gesù che è venuto non per condannare, ma per salvare e per costituire un Regno in cui si riuniranno i dispersi figli di Dio. Al cuore del nostro messaggio vi è la proclamazione della salvezza dono di Dio, dono dell'amore misericordioso donato mediante la morte e la risurrezione di suo Figlio, nostro Signore Gesù Cristo. Si, mediante Cristo, il Figlio di Dio, abbiamo ricevuto la grazia dell'adozione divina e "in lui abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, la remissione dei peccati, secondo la ricchezza della sua grazia" (Ep 1,7).


4. Nel momento in cui proclamiamo esplicitamente il mistero di un Dio che salva e raduna il suo popolo in un'unica famiglia, percepiamo la necessità di una testimonianza esemplare, anch'essa un requisito dell'evangelizzazione. La lezione della storia conferma che per azione dello Spirito Santo l'evangelizzazione si compie soprattutto attraverso la testimonianza della carità, la testimonianza della santità. I ministri di Cristo sono efficaci evangelizzatori nella misura in cui sono uniti a Cristo, nella misura in cui essi amano i loro fratelli e fanno esperienza della necessità e dell'urgenza della proclamazione del Vangelo. Per noi le parole di Gesù sono un intero programma per la nostra vita ed il nostro ministero. Mai possiamo dimenticarle: "Bisogna che io annunci il Regno di Dio... per questo sono stato mandato".


5. Questo è l'ideale pastorale che ci sostiene nel nostro ministero, giorno dopo giorno, anno dopo anno. Questa è la visione pastorale che dobbiamo offrire ai nostri sacerdoti, che sono personalmente chiamati da Cristo ad essere collaboratori in questo compito vitale. Questo è il punto di vista pastorale a cui desideriamo che ogni Seminario educhi e che sia condiviso da tutto l'apostolato laicale. Infatti, è stato questo ideale, questa visione, questo punto di vista, questa consapevolezza dell'essere mandati, in conformità con quanto disse Gesù - "per questo sono stato mandato" - che ha spinto i missionari a portare la Parola di Dio al vostro popolo. Ed è questa consapevolezza di essere mandati, questa consapevolezza della necessità di comunicare Cristo, che animerà in questi ultimi anni del ventesimo secolo e oltre, la continuità dell'evangelizzazione in profondità della Nigeria e di tutta l'Africa. Questo, poi, è il significato di tutta l'evangelizzazione, e il significato della mia visita: l'essere mandati a comunicare Cristo mediante la potenza dello Spirito Santo, l'essere mandati a predicare la buona novella del Regno, l'essere mandati a proclamare l'amore salvifico di Cristo finché non ritornerà nella gloria.

Amati fratelli, siamo ora pronti a proseguire insieme nel nostro ministero, e a richiamare le Chiese locali, nella loro interezza, al loro compito.

E lo faremo, affidandoci alle preghiere e all'intercessione della nostra beata Madre Maria, per la gloria della santissima Trinità: Padre, Figlio e Spirito Santo.




1982-01-21 Data estesa: Giovedi 21 Gennaio 1982




Lettera ai Vescovi del mondo per invitare a pregare per la Chiesa in Cina

Titolo: Per l'inizio del nuovo anno cinese

Testo:

Venerabili fratelli, salute e apostolica benedizione.

L'amore di Cristo, che fraternamente ci unisce, e la grave responsabilità che mi è stata affidata quale Pastore supremo della Chiesa universale, mi spingono ad aprire il mio animo per partecipare a voi, cari fratelli nell'Episcopato, la mia viva sollecitudine per la Chiesa che è in Cina.

E' ben nota a tutti la situazione in cui essa attualmente si trova, e sono sicuro che molti di voi non cessano di elevare ferventi preghiere al Padre celeste e al Signore nostro Gesù Cristo, Buon Pastore delle anime, per i nostri amati fratelli e sorelle di quella grande nazione. So, infatti, che già in diverse parti del mondo cattolico sono sorte iniziative di preghiere per la Cina, animate dallo spirito di profonda comunione e fratellanza che unisce, e deve unire, nella gioia e nelle sofferenze, i membri del Corpo mistico di Cristo (cfr. 1Co 12,12-30).

Questa mia lettera prende origine dalle invocazioni che incessantemente elevo a Dio onnipotente per quella diletta porzione del suo popolo, e intende invitare alla preghiera, per vostro tramite, i cattolici di tutto il mondo.

Sappiamo con certezza che il Signore è fedele alla sua parola: "Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto" (Mt 7,7). Infatti, anche quando fanno difetto i normali mezzi umani che servono a mantenere i legami delle relazioni in seno ad una comunità, rimane pur sempre la forza della preghiera, che tiene viva la fiamma della speranza che non delude, grazie all'azione dello Spirito Santo che è in noi. "Lo Spirito viene in aiuto della nostra debolezza - ci insegna san Paolo - perché noi non sappiamo neppure come dobbiamo pregare, mentre lo Spirito stesso prega con insistenza in noi con sospiri che non si possono spiegare a parole" (Rm 8,26).

Vi chiedo dunque di pregare, vi chiedo di unirvi nello Spirito di Dio con i figli e le figlie della Chiesa cattolica che vivono in Cina, con i quali è venuta meno, già da qualche decennio, una relazione visibile. Per mezzo della preghiera essi, anche se esternamente privati di ogni comunicazione con noi, rimangono nel cuore stesso della Chiesa di Cristo. La preghiera poi otterrà dalla Misericordia divina quei doni, luci e forze spirituali perchè siano assicurate alla chiesa che è in Cina le condizioni indispensabili per godere dell'unione anche visibile con la Chiesa di Gesù Cristo, che è "una, santa, cattolica ed apostolica".

A questo riguardo, è compito peculiare della sede romana di san Pietro di unire i fratelli nella verità e nell'amore. Proprio all'apostolo Pietro, infatti, il Signore Gesù affido la responsabilità di confermare i suoi fratelli (cfr. Lc 22,32), perchè é sopra di lui che il Signore ha voluto fosse costruita la sua Chiesa (cfr. Mt 16,18-19). "Il Vescovo di Roma quale successore di Pietro - afferma il Concilio ecumenico Vaticano II - è il perpetuo e visibile principio e fondamento dell'unità sia dei Vescovi sia della moltitudine dei fedeli" (LG 23). E' lui che rende uno e indiviso lo stesso Episcopato (cfr. LG 18). Il legame con la sede di Pietro e con il suo apostolico ministero è, pertanto, condizione indispensabile per partecipare all'unione con la grande famiglia cattolica.

La sollecitudine per la Chiesa in Cina, che è stata sempre così viva nei miei recenti predecessori Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo I, è diventata particolare e costante assillo del mio pontificato, come ho manifestato più di una volta e in vari modi. Tale assillo nasce dalla natura stessa della cattolicità della Chiesa, la quale è una e universale, molteplice nella varietà delle genti che la compongono e al contempo identica nel fondamento della fede e nel vincolo della comunione. Come afferma il Concilio Vaticano II, "in tutte le nazioni della terra è radicato un solo Popolo di Dio... poiché di mezzo a tutte le stirpi egli prende i suoi cittadini... E come il Regno di Cristo non è di questo mondo (cfr. Jn 18,36), così la Chiesa, cioè il Popolo di Dio, che prepara la venuta di questo Regno, nulla sottrae al bene temporale di qualsiasi popolo, ma al contrario favorisce e accoglie tutte le risorse, le ricchezze e le consuetudini dei popoli, nella misura in cui sono buone, e accogliendole le purifica, le consolida e le eleva... Questo carattere di universalità che adorna e distingue il Popolo di Dio, è dono dello stesso Signore" (LG 13).

"In virtù di questa cattolicità - continua ad insegnare il Concilio - le singole parti portano i propri doni alle altre parti e a tutta la Chiesa, di modo che il tutto e le singole parti si accrescono con l'apporto di tutte nella reciproca comunione e nell'azione concorde per la pienezza nell'unità... Così pure, nella comunione ecclesiastica, vi sono legittimamente delle Chiese particolari, con tradizioni proprie, rimanendo integro il primato della Cattedra di Pietro, la quale presiede alla comunione universale della carità" (sant' Ignazio M., "Ad Romanos"), tutela le varietà legittime, e insieme veglia affinché ciò che è particolare, non solo non nuoccia all'unità, ma piuttosto la serva. E infine ne derivano, tra le diverse parti della Chiesa, vincoli di intima comunione circa le ricchezze spirituali, gli operai apostolici e gli aiuti materiali.

Infatti, i membri del Popolo di Dio sono chiamati a condividere i beni, e anche per le singole Chiese valgono le parole dell'Apostolo: "Da bravi amministratori della multiforme grazia di Dio, ognuno di voi metta a servizio degli altri il suo dono, secondo che lo ha ricevuto" (1P 4,10)" (LG 13).

La Chiesa di Roma ha sempre voluto promuovere, come una madre (con amore tenero e forte, anche se talora con umani difetti), la crescita dei suoi figli nel mondo intero, provvedendo a che non mancassero loro Pastori validi e capaci, assistenza di personale missionario e mezzi di evangelizzazione. Una volta che le comunità avessero raggiunto una maturità di sviluppo, essa è stata lieta che rimanesse al clero locale la responsabilità di governo della propria Chiesa, mantenendo con questa la comunione della fede e la comune disciplina che ne deriva. La presenza, in numero sempre più crescente, di Vescovi autoctoni in seno alle Conferenze Episcopali in tutto il mondo, e parimenti di Prelati e Vescovi di ogni continente nella Curia Romana, dimostra eloquentemente la premurosa sollecitudine della Chiesa nel valorizzare l'opera dei suoi figli, senza alcuna distinzione di origine né desiderio di egemonia. Specialmente dopo il Concilio ecumenico Vaticano II, alle Conferenze Episcopali è offerto uno spazio molto ampio di iniziative per il bene dei fedeli del proprio territorio; esse hanno tuttavia la piena consapevolezza che, in qualsiasi difficoltà e per ogni eventuale bisogno, possono sempre confidare nell'appoggio, nella comprensione e nell'aiuto della Chiesa di Roma.

Noi sappiamo bene che i nostri fratelli e sorelle in Cina hanno dovuto affrontare, nell'arco di questi trent'anni, prove difficili e prolungate. In quelle dure sofferenze essi hanno dato prova della loro fedeltà a Cristo e alla sua Chiesa; tali coraggiose testimonianze si possono ben paragonare a quelle dei cristiani dei primi secoli della Chiesa. Quanto è consolante ricevere notizie della costante ed intrepida lealtà dei cattolici in Cina alla fede dei loro padri e del loro filiale attaccamento alla Sede di Pietro. Tutto ciò, mentre suscita la nostra profonda ammirazione, deve spingerci ancor più ad offrire loro il nostro affettuoso appoggio ed il sostegno di fervide preghiere.

Già da qualche tempo, in quel grande paese le esigenze della libertà religiosa hanno trovato maggiore comprensione. Occorre perciò supplicare Dio onnipotente, Signore delle nazioni, affinché, in applicazione dei principi di tale libertà, i nostri fratelli e sorelle in Cina possano vivere senza impedimenti la loro fede, restando nell'unità cattolica della Chiesa.

La sede apostolica non tralascia occasione per cercare di far conoscere ai cattolici in Cina quanto profondamente essi stiano nel cuore stesso della Chiesa cattolica, la quale guarda con particolare simpatia ed affetto a tutta la mirabile realtà di tradizioni e di cultura, di alta umanità e di ricca spiritualità, che forma il retaggio storico ed attuale della grande nazione cinese, come ebbi a mettere in evidenza nel mio discorso a Manila il 18 febbraio scorso. In nome della sollecitudine "per tutte le Chiese" (2Co 11,28) che ci unisce, chiedo insistentemente che anche voi, cari fratelli nell'Episcopato, facciate altrettanto, invitando i fedeli a voi affidati a pregare per, e insieme con, i loro fratelli e sorelle in Cina.

Uniamo dunque le nostre orazioni affinché essi rimangano saldi nella fede e perseveranti nella carità operosa. Supplichiamo che il Signore mantenga sempre più viva e gioiosa in loro la speranza della rinascita, un giorno, della loro Chiesa e di una nuova Pentecoste dello Spirito, che faccia rifiorire il messaggio di Gesù in quella diletta terra. Preghiamo altresi che il Signore tocchi i cuori di coloro che sono travagliati da dubbi e da paure, e anche di coloro che hanno ceduto davanti alle dure prove, mettendo così a repentaglio il deposito della fede che era stato loro tramandato. Eleviamo infine a Dio la nostra preghiera per tutta la nobile nazione cinese, affinché possa camminare sempre sui sentieri della giustizia e del vero progresso.

Preghiamo soprattutto con la convinzione dell'Apostolo delle genti, che Dio, il quale "può fare molto più di quanto noi possiamo domandare o pensare" (Ep 3,20), farà "tendere ogni cosa al bene di quelli che lo amano" (cfr. Rm 8,28).

Affidiamo le nostre suppliche alla potente intercessione di Maria santissima, che i fedeli cinesi invocano con fervore e tanta fiducia sotto il titolo di Regina della Cina, perché impetri da suo Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, abbondanza di grazie e di favori celesti per i suoi diletti figli e figlie in Cina.

L'ormai prossima celebrazione dell'inizio del Nuovo Anno Cinese (25 gennaio) mi offre una gradita occasione per manifestare, ancora una volta, l'affetto e la stima che ho, e ho sempre avuto, per il popolo cinese. In tale lieta circostanza, mi unisco alla gioia di tutti i membri della grande famiglia cinese, ovunque essi si trovino, e auguro a tutti un buono e sereno Anno Nuovo.

Con grande affetto nel Signore vi imparto l'apostolica benedizione.

Dal Vaticano, il 6 gennaio 1982, Solennità dell'Epifania di nostro Signore, quarto anno di pontificato.

GIOVANNI PAOLO PP. II




1982-01-23 Data estesa: Sabato 23 Gennaio 1982





GPII 1982 Insegnamenti - Al Pontificio Collegio Pio-Brasiliano - Roma