GPII 1982 Insegnamenti - Ai vescovi del Piemonte in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Ai vescovi del Piemonte in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Fede cristiana e mondo del lavoro sono due realtà complementari

Testo:

Cari confratelli nell'Episcopato!


1. "Ecce quam bonum et quam iucundum habitare fratres in unum" (Ps 132 [133],1).

Con queste parole del salmista intendo esprimervi innanzitutto il mio saluto, che è veramente sentito e cordiale, ma anche il mio compiacimento e la mia gioia profonda nel trovarmi oggi con voi, che siete i qualificati pastori rappresentanti della nobile Chiesa che è in Piemonte.

Sono lieto di questo incontro, soprattutto per due motivi. In primo luogo, perché esso permette a me ed a voi di ribadire manifestamente quegli stretti vincoli di comunione nella fede cristiana e a livello di vita ecclesiale, che sempre devono caratterizzare i rapporti vicendevoli tra la Sede di Pietro e le vostre rispettive sedi diocesane, così da rendere aperta testimonianza di quell'unità, per la quale Gesù Cristo insistentemente prego il giorno prima di morire sulla croce (cfr. Jn 17,11 Jn 17,21 Jn 17,23). In secondo luogo, la vostra odierna presenza evoca alla mia mente ed al mio cuore i momenti, brevi ma intensi, che mi fu dato di vivere nella vostra terra il 16 aprile del 1980. Già allora ebbi la grazia di incontrarvi e di percepire, sia pur soltanto dal Capoluogo torinese, l'illustre tradizione cristiana e la grande sensibilità ecclesiale propria delle regioni Piemonte e Valle d'Aosta. E oggi in voi, che quasi mi restituite con mio conforto quella visita fugace ma significativa, rivedo la vostra gente buona e laboriosa, le vostre comunità cristiane ferventi e impegnate, il vostro clero zelante nel ministero della parola e della carità fattiva, i religiosi e le religiose che testimoniano il "glorioso Vangelo di Cristo" (2Co 4,4) sia nella contemplazione sia a vari livelli di generoso apostolato, e poi tutti i battezzati, che in modi diversi ma ugualmente preziosi costituiscono una porzione eletta della santa Chiesa di Dio e "tengono alta la parola di vita" (cfr. Ph 2,16).


2. Cari confratelli, voi sapete bene che una visita "d limina" è occasione quanto mai propizia per riflettere responsabilmente sulla situazione delle vostre diocesi; ed è, pertanto, occasione di bilanci e di progetti, forse di preoccupazioni, ma certamente anche di rinnovate speranze e di più generosa dedizione al proprio ministero episcopale. Conosco il ritratto da voi preparato sulla situazione socio-religiosa del Piemonte e, mentre mi compiaccio vivamente per il lavoro da voi svolto, vi assicuro la mia fraterna partecipazione alle vostre gioie ed alle vostre ansie pastorali, che assumo e faccio mie. Questo vale soprattutto nei riguardi dei problemi più urgenti da voi segnalati: l'evangelizzazione del mondo della cultura, del lavoro e dei giovani; la pastorale delle comunicazioni sociali e dei fenomeni del turismo, del pendolarismo, dell'immigrazione; la maturazione del clero nello spirito conciliare; il coinvolgimento dei laici nella vita della Chiesa; le vocazioni presbiterali e religiose. Come si vede, c'è sufficiente materia per il vostro zelo, già così indefesso e intelligente; ma, prima di tutto, ciò è un motivo valido per affidarvi sempre di nuovo al Signore ed alla potenza della sua grazia, poiché "Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori" (Ps 126 [127],1).


3. Tra i problemi che assorbono le vostre energie di Vescovi, mi piace soffermarmi su quello della formazione presbiterale, al quale attribuisco una grande importanza e urgenza, sulla base di due considerazioni. Innanzitutto, dobbiamo riconoscere che in via normale la configurazione delle varie comunità cristiane, siano esse parrocchiali o associative, dipende strettamente dalla figura e dall'opera dei rispettivi pastori, che sono sempre, se non proprio i fondatori, certo le guide responsabili della loro maturazione nella fede e delle loro scelte negli impegni ecclesiali, come lo sono anche, Dio non voglia, delle loro deviazioni. perciò, formare i presbiteri significa pure formare indirettamente quanti saranno poi affidati alle loro cure pastorali. Inoltre, mi spinge a parlare di questo tema la lunga e gloriosa tradizione dei santi piemontesi che, dopo sant'Eusebio di Vercelli e san Massimo di Torino, fiorirono soprattutto a partire dal secolo scorso, e corrispondono ai nomi universalmente noti di Giuseppe Benedetto Cottolengo, Giovanni Bosco, Giuseppe Cafasso, Leonardo Murialdo, per tacere di Giuseppe Allamano e di Giacomo Alberione. Del resto, queste figure, come dissi durante la mia visita a Torino, "proprio come avviene per la corona delle Alpi che cinge la vostra regione, sono soltanto le vette più alte di tutta una catena di monti robusti e splendenti" ("Discorso ai sacerdoti", 13 aprile 1980: "Insegnamenti", III, 1 [1980] 878).

Ebbene, perché questo filone d'oro del Presbiterio piemontese continui e si rinnovi, occorre coltivare con ogni cura quanti, a tutt'oggi, ne fanno parte o vi sono incamminati. Ed è una duplice esigenza che va attuata: quella di un certo distacco critico dal mondo e quella di un loro profondo inserimento in esso. così, infatti, si esprime il Concilio Vaticano II: "I presbiteri del Nuovo Testamento, in forza della propria chiamata e della propria ordinazione, sono in un certo modo segregati in seno al Popolo di Dio: ma non per rimanere separati da questo stesso popolo o da qualsiasi uomo, bensi per consacrarsi interamente all'opera per la quale li ha assunti il Signore" (PO 3). Queste due componenti, se pur non sono facili da unire, vanno comunque opportunamente equilibrate ed armonizzate, per non cadere in opposti estremismi che non sono propri dei preti in cura d'anime.


4. Proprio qui s'impone il dovere della formazione sacerdotale, la quale, cominciando dagli anni del Seminario e particolarmente della Teologia, si estende in maniera permanente anche nel periodo dell'effettivo svolgimento del ministero pastorale. A questo proposito, voglio esprimervi il mio compiacimento per quanto fate a tutti i livelli di questa formazione, in particolare per la cura delle Vocazioni, per le varie Scuole Teologiche ed anche per il benemerito Istituto di Pastorale con sede a Torino, ma a raggio regionale.

La complessa società in cui viviamo richiede un impegno particolarmente accurato in questo settore, con un necessario aggiornamento sia nella sua conoscenza che nei metodi per accostarla. I campi sociali, a cui fare fronte, sono molti e variegati. Tuttavia, il messaggio evangelico che siamo chiamati a portarvi è unico e semplice, valido per tutti; soltanto, esso va intelligentemente adattato ai vari recettori, secondo la regola d'oro dell'apostolo Paolo: "Mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno" (1Co 9,22). In questo senso, il recente Concilio ricorda che "tutti i presbiteri hanno la missione di contribuire a una medesima opera, sia che esercitino il ministero parrocchiale o sopraparrocchiale, sia che si dedichino alla ricerca dottrinale o all'insegnamento, sia che esercitino un mestiere manuale, ...nel caso che ciò riceva l'approvazione dell'Autorità competente, sia infine che svolgano altre opere di apostolato" (PO 8). Sempre essi "contribuiscono all'aumento della gloria di Dio e nello stesso tempo ad arricchire gli uomini della vita divina" ("Presbyterum Ordinis", 2). A questo scopo, non si insisterà mai abbastanza sullo sviluppo e sull'acquisizione di particolari doti personali: a partire da quelle umane, fondamentali e indispensabili, sulle quali non bisogna mai sorvolare, a quelle propriamente ascetico-spirituali, a quelle intellettuali, fino a quelle dell'arte pastorale pratica. E' un intero bagaglio educativo che bisogna fornire al presbitero e nel quale egli deve allenarsi, come chi si accinge ad un'impresa imprescindibile e delicata, dalla quale dipendono in definitiva l'orientamento radicale e il destino ultimo degli uomini.


5. In questa linea si colloca pure il tema dei rapporti tra i Vescovi ed il loro Presbiterio. Deve rifulgere qui in sommo grado quella comunione, a cui tutti i cristiani sono chiamati. Come ammonisce il Concilio, "le relazioni tra il Vescovo ed i sacerdoti diocesani devono poggiare principalmente sulla base di una carità soprannaturale, affinché l'unità di intenti tra i sacerdoti e il Vescovo renda più fruttuosa la loro azione pastorale" (CD 28). Ed è una comunione che deriva doppiamente dai sacramenti del Battesimo e dell'Ordine: il primo già ci vincola nell'unico corpo di Cristo (cfr. 1Co 12,13), e il secondo ci accomuna nell'identica funzione apostolica di essere "il profumo di Cristo" (2Co 2,15) e "ambasciatori" per 1ui (2Co 5,20). Questa è la prima testimonianza che dobbiamo rendere e che ha una particolare efficacia, secondo le stesse parole di Gesù: "Siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Jn 17,21).

E voglio aggiungere qui una parola sui Consigli Pastorali diocesani. So che essi, a seconda delle varie Chiese locali, funzionano in maniera diversa.

Forse non sempre è facile convocarli o addirittura costituirli, e a volte anche recepirne le istanze. Occorre pero convincersi della loro importanza, poiché sono i portavoce del laicato più impegnato e sensibile alla vita della Chiesa, e in molti campi, come sappiamo, "senza l'opera dei laici la Chiesa a stento potrebbe essere presente e operante" (AA 1); soprattutto, essi costituiscono la parte di gran lunga più ampia del Popolo di Dio, ed è perciò indispensabile cooptarli, con una opportuna formazione, a discutere e a deliberare delle cose che riguardano l'intera Comunità diocesana, sempre nel rispetto della competenza del Consiglio Presbiterale e della responsabilità propria del Vescovo.

Importante è indubbiamente altresi il Consiglio Parrocchiale nelle singole comunità, che il vostro zelo non mancherà certamente di raccomandare ai Parroci delle vostre diocesi, sostenendoli e illuminandoli. La Comunità diocesana, in tal modo, potrà crescere e dare efficace testimonianza cristiana. A questo scopo occorre educare i battezzati e le comunità ad una fede incisiva, ad una fede cioè che non si riduca ad un fatto intimistico, ma sia in grado di esprimere anche un nuovo e concreto umanesimo. E' urgente, perciò, ricuperare una coscienza del valore dell'ambiente (scuola, università, fabbrica, ospedale, ecc) come luogo nel quale la vita dell'uomo si forma e si manifesta, ma nel quale anche la fede è chiamata ad incidere costruttivamente.


6. Sono al corrente, in particolare, del fatto che nella vostra regione, così rappresentativa dell'impresa industriale italiana, esiste da tempo una diffusa crisi nel mondo del lavoro. In molte famiglie è messa in forse la base economica della loro sussistenza. In questi frangenti è necessario che la comunità ecclesiale non solo sia sensibilizzata a tali problemi, ma pure concorra, per quanto è possibile, a superarli. La disoccupazione, come ho scritto nell'enciclica "Laborem Exercens", "è in ogni caso un male e, quando assume certe dimensioni, può diventare una vera calamità sociale" (LE 18). Il lavoro, infatti, è "un fondamentale diritto di tutti gli uomini" (LE 18), e come tale va salvaguardato e promosso.

D'altra parte, là dove il lavoro è sicuro e garantito, occorre conferirgli e mantenergli "quel significato che esso ha agli occhi di Dio, e mediante il quale esso entra nell'opera della salvezza al pari delle sue trame e componenti ordinarie" (LE 24). In Piemonte è esistita una grande tradizione di sacerdoti e di laici, che hanno dato un notevole contributo in campo caritativo e sociale, promovendo numerose iniziative a vantaggio della gente, specie dei più bisognosi. Occorre portare avanti questo impegno, puntando, da una parte, sulla piena occupazione dei lavoratori, e, dall'altra, sulla loro formazione cristiana come parte viva e qualificata della Chiesa. Tra la fede cristiana e il mondo del lavoro non solo non deve esistere alcuno iato, ma si tratta di realtà complementari, che già nel Divino Lavoratore di Nazaret hanno trovato la loro perfetta simbiosi e sempre lo pongono davanti agli occhi di tutti come ideale punto di riferimento.

Per offrire una simile testimonianza è necessaria una efficace presenza cristiana all'interno del movimento operaio, così da svolgervi una funzione di lievito e di promozione, aiutando fra l'altro l'uomo del lavoro ad avere sempre piena coscienza della propria identità, ponendosi le domande fondamentali sul senso del lavoro, sul rapporto lavoro-famiglia, sulla dignità del lavoro e della persona umana, creata a immagine di Dio. A tale scopo, la pastorale in questo settore ha ancora spazio per offrire al mondo del lavoro, ed agli operai in particolare, nuovi contenuti per una ricostruzione della sua identità ed un metodo per una prassi, nella quale tale identità si esprima secondo la propria originalità cristiana e con una reale capacità di condivisione e di risposta ai concreti bisogni di fondo.


7. Cari confratelli, concludendo questo nostro incontro, non posso non rivolgere un particolare pensiero al Cardinale Michele Pellegrino, Arcivescovo già di Torino, da alcuni giorni gravemente malato. Gli auguro di cuore un pronto ristabilimento con l'aiuto del Signore, ed a lui associo tutti gli ammalati delle vostre diocesi, che con tutti i sofferenti hanno un posto speciale nelle mie preghiere. Vi ringrazio per la visita fattami, che mi ha molto rallegrato, e vi esorto sentitamente ad affrontare sempre con entusiasmo i doveri del ministero episcopale a servizio delle vostre Comunità diocesane. Del resto, sono certo che dal vostro pellegrinaggio alle tombe dei gloriosi apostoli Pietro e Paolo avete tratto decisione e slancio, così da pascere di buon animo il gregge di Dio che vi è affidato (cfr. 1P 5,2), potendo dire con verità: "Tutto posso in colui che mi dà la forza" (Ph 4,13). Da parte mia, mentre vi assicuro che potete contare sempre sulla mia comprensione ed il mio sostegno, vi prometto che sarà immancabile un particolare e costante ricordo al Signore "pastore supremo" (1P 5,4), perché cammini con voi, illumini le vostre menti e irrobustisca le vostre volontà, conformandovi sempre più a lui e riempiendovi di ogni conforto.

E sono lieto di avvalorare questi voti con la mia benedizione apostolica, che di gran cuore vi imparto e che amo estendere al vostro clero, ai religiosi e religiose, ed a tutti i fedeli delle vostre dilette diocesi.




1982-01-23 Data estesa: Sabato 23 Gennaio 1982




Nella Sala del Concistoro - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il saluto a cadetti della marina argentina

Testo:

Fratelli carissimi, Durante il viaggio d'istruzione che state realizzando come complemento degli insegnamenti ricevuti nell'Accademia della Prefettura Navale Argentina, siete venuti a rendere l'omaggio di adesione filiale al successore dell'apostolo Pietro in questa sede apostolica. Grazie tante per la vostra visita.

Permettetemi alcune parole per invitarvi a riflettere sul tema della recente giornata mondiale della pace: "La pace, dono di Dio affidato agli uomini".

Si, ogni persona deve dare grande importanza ai valori trascendenti, e questo della pace è un valore che l'umanità, in mezzo a tante lotte e divisioni esistenti, dovrebbe cercare più intensamente. Dunque, come ricordo di questo incontro, vi esorto ad essere nella vostra vita veri costruttori di pace, affinché con il vostro sforzo personale e comunitario possiate contribuire definitivamente e attivamente alla costruzione di una pace giusta e stabile, sia all'interno del vostro Paese che in ambito internazionale.

La Madre di Dio, che voi venerate particolarmente con il titolo di "Stella Maris", vi aiuti con la sua presenza materna a vivere gli ideali cristiani che il Figlio suo porto all'umanità.

Con questi desideri, vi impartisco di cuore la benedizione apostolica, che estendo alle vostre famiglie e a tutti vostri cari.


[Traduzione dallo spagnolo]




1982-01-23 Data estesa: Sabato 23 Gennaio 1982




Recita dell'"Angelus Domini" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Preghiere e auguri di pace per la nobile nazione cinese

Testo:


1. Riporto le parole della dichiarazione "Nostra Aetate" del Concilio Vaticano II, la quale parla delle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane: "La Chiesa guarda con stima i Musulmani che adorano l'unico Dio, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra, che ha parlato agli uomini. Essi cercano di sottomettersi con tutto il cuore ai decreti di Dio anche nascosti, come si è sottomesso Abramo, a cui la fede islamica volentieri si riferisce. Benché essi non riconoscano Gesù come Dio, lo venerano tuttavia come profeta; essi onorano la sua Madre Vergine, Maria, e talvolta pure la invocano con devozione. Inoltre attendono il giorno del giudizio quando Dio retribuirà tutti gli uomini risuscitati. Così pure essi hanno in stima la vita morale e rendono culto a Dio soprattutto con la preghiera, le elemosine e il digiuno" (NAE 3).


2. Nei miei viaggi apostolici ho ricordato molte volte queste parole ai rappresentanti delle comunità islamiche e le ho tenute presenti negli incontri con i Vescovi dei paesi dell'Africa nord-occidentale che nei mesi scorsi hanno compiuto la visita "ad limina Apostolorum". Sono i Vescovi cattolici che si trovano nella Libia, Tunisia, Algeria, Marocco, Mauritania.

Mi è grato oggi inviare il mio saluto affettuoso a tutti questi cari fratelli nell'Episcopato; con speciale ricordo al Cardinale Duval, Arcivescovo di Algeri.

Ma dietro i loro Pastori guardo in questo momento alle comunità cristiane del Maghreb. Sono comunità piccole, formate per la maggior parte di ospiti e forestieri e cooperatori laici provenienti da varie nazioni, che si trovano a lavorare in quei paesi. Queste comunità sono naturalmente chiamate a entrare in rapporti molteplici con i loro fratelli musulmani, a collaborare e ad aprire dialoghi amichevoli con loro. Esse devono essere il segno e la testimonianza tangibile dell'amore di Cristo per i musulmani e per quanti le accolgono. Malgrado tutte le difficoltà comprensibili, il dialogo e la collaborazione tra cristiani e musulmani possono svilupparsi e progredire sulla base del rispetto, della verità e della libertà, per il bene di tutti gli uomini.


3. Il Vescovo di Roma ha ricevuto con particolare venerazione i fratelli nell'Episcopato provenienti dai paesi dell'Africa settentrionale, perché questa regione è stata uno dei primi centri più fiorenti della fede e del pensiero cristiano. Come non menzionare i 6 martiri di Scillium, uccisi nel 180 dopo Cristo a Cartagine per la fede, e le eroiche figure di Perpetua e Felicita, e i grandi Vescovi san Cipriano e sant' Agostino, tutti autentici africani, che hanno fatto dell'Africa settentrionale una delle comunità ecclesiali più rinomate di vita cristiana? Oggi, ricordando la visita "ad limina" dei Vescovi del Maghreb, raccomandiamo nella preghiera tutti i nostri fratelli nella fede, che formano la Chiesa di Dio nell'Africa settentrionale. Insieme ai Vescovi ricordiamo i sacerdoti, generosi e discreti, la cui fatica richiede tanta abnegazione. Voglio ricordare, altresi, le religiose e le anime consacrate a Dio: la loro figura mite e sorridente le rende tanto apprezzate ed amate presso i Musulmani. Raccomandiamo al Signore le famiglie cristiane e i giovani per la testimonianza di vita, a cui sono chiamate in quei paesi.

Preghiamo anche per i nostri fratelli nella fede in un Dio unico, che portano con fierezza il nome di Musulmani, cioè di "sottomessi" a Dio e fidenti in lui, affinché possano camminare alla presenza di Dio in sincerità di cuore, operando la giustizia, cercando di fare la sua volontà e comprendere in tutta la sua ricchezza e profondità il Mistero di Cristo.

E per tutti i cristiani dell'Africa nord-occidentale e per ciascuno di noi diciamo: concedi, o Signore, per intercessione di Colei che ti ha accolto per prima nella fede e ha manifestato al mondo il Salvatore "di entrare profondamente nel tuo mistero di salvezza, e di viverlo con una carità sempre più grande, per dare al mondo una testimonianza credibile del tuo amore" (Dalla preghiera per i non cristiani del Venerdi Santo).


4. Ieri è stata pubblicata una Lettera che ho indirizzato a tutti i Vescovi per invitare i cattolici del mondo intero a pregare per i nostri cari fratelli e sorelle di fede che vivono in Cina.

Come Vescovo di Roma e successore di Pietro, invito voi qui presenti a pregare con me la santissima Vergine, Madre di Dio e Regina della Cina, per quella amata porzione della Chiesa di Cristo, a cui sono vicino con particolare affetto, e per quella nobile nazione.

Nella lieta circostanza dell'Anno Nuovo, che per i Cinesi inizia il 25 gennaio, esprimo la mia simpatia e stima per tutto il popolo cinese, al quale invio un cordiale augurio di prosperità, di progresso e di pace.

Lo esprimo con la tradizionale frase augurale in lingua cinese: Gong-he Xin-Xi - Gong-he Xin-Xi (Felice Anno Nuovo).


5. Anche oggi desidero chiedere a tutti di pregare per la mia patria, nello spirito della Lettera pastorale dell'Episcopato, che nella domenica odierna ed in quella ventura viene letta in tutta la Polonia.

In essa i Vescovi parlano del ristabilimento del normale funzionamento dello Stato, della pronta liberazione di tutti gli internati, della cessazione delle pressioni per motivi ideologici e dei licenziamenti dal lavoro a causa delle proprie convinzioni o dell'appartenenza al Sindacato.

"Nel nome della libertà - essi scrivono - riteniamo fermamente che agli uomini del lavoro bisogna restituire il diritto adorganizzarsi in Sindacati autonomi e autogestiti, ed alla gioventù il diritto ad organizzarsi in associazioni loro convenienti".

E tutto questo nel nome della pace tanto auspicata dalla nazione intera.

Desidero assicurare i miei connazionali che queste loro intenzioni sono anche le mie.

La Chiesa, insieme a tutti gli uomini di buona volontà, si adopera affinché siano rispettati i diritti dell'uomo e i diritti della nazione, come condizione della pace nel mondo contemporaneo.

Ai ragazzi romani dell'Azione Cattolica Sono lieto di salutare con particolare affetto il folto gruppo di ragazzi delle parrocchie di Roma appartenenti all'Azione Cattolica i quali con la presente manifestazione per la pace, "dono di Dio affidato agli uomini", hanno voluto darne concreta espressione coronando, in tal modo, la lunga serie di iniziative di preghiera, di carità e di impegno di fraterna concordia.

Nell'esprimevi il mio cordiale apprezzamento, carissimi ragazzi, vi esorto a perseverare nei vostri nobili sentimenti per essere validi costruttori di pace. Con la mia benedizione apostolica.

Ai componenti il complesso corale "Novantanove" dell'Aquila Rivolgo un saluto all'Associazione Musicale Corale "Novantanove" de L'Aquila.

Carissimi, col canto, nobile espressione dei sentimenti dell'uomo, voi diventate un aiuto ad elevare lo spirito verso tutto ciò che di bello il cuore umano desidera.

Di cuore vi incoraggio e vi benedico.

A un gruppo di Napoli Saluto poi cordialmente il gruppo di turisti provenienti da Napoli. Li ringrazio della loro presenza, messa in risalto dai palloncini da essi lanciati.

A tutti il mio ricordo e la mia benedizione.

La prossima celebrazione della giornata per i lebbrosi Domenica prossimaa, 31 gennaio, si celebrerà la Giornata Mondiale dei Lebbrosi: vi invito fin d'ora a predisporre il vostro animo a tale appuntamento annuale con questi nostri fratelli, bisognosi della nostra testimonianza di amore e di cristiana solidarietà.

Abbiamo per loro gli stessi sentimenti con i quali il Signore Gesù nel Vangelo seppe accoglierli e venire in loro aiuto.

La conclusione dell'Ottavario di preghiera per l'unità dei cristiani E ancora un'ultima parola. Voglio invitare i presenti e tutti i romani per la celebrazione di domani, alle ore 17, nella Basilica di san Paolo Fuori le Mura per concludere la Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani. Per questa preghiera, che intendo presiedere domani, invito tutti i presenti.




1982-01-24 Data estesa: Domenica 24 Gennaio 1982




L'omelia a santa Teresa fuori Porta Salaria - Roma

Titolo: La parrocchia diventi sempre di più un centro di aggregazione umana e cristiana

Testo:


1. "Il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo" (Mc 1,15).

La Parola Divina della liturgia odierna pone dinanzi a noi due principali temi da meditare.

Il primo di essi è la conversione; il secondo è la vocazione.

La conversione è proclamata dal profeta dell'Antico Testamento Giona, che Dio ha mandato ad una grande città, Ninive: "Ancora quaranta giorni, e Ninive sarà distrutta" (Jon 3,4) a causa dei suoi peccati.

Così per bocca del profeta parlava agli abitanti di Ninive il Signore, di cui dice il salmista che "la via giusta addita ai peccatori" (Ps 25 [24],8) L'annunzio di Giona ottiene risultati: "si erano convertiti dalla loro condotta malvagia" (Jon 3,10) e il Signore, perciò, non invia il castigo preannunziato.

La conversione è proclamata anche da Gesù Cristo: "Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo" (Mc 1,15).

Nel primo e nel secondo caso la conversione significa allontanamento dal male, dal peccato.

Nel primo caso - il Libro di Giona - l'allontanamento dal male viene dettato dalla paura del castigo. Gesù Cristo, invece, invita alla conversione a motivo della vicinanza di Dio e del suo regno.


2. La conversione è un momento chiave nella vita interiore di ogni uomo, nella vita religioso-morale. Essa ha carattere molteplice e si attua nei diversi periodi della vita. Noi parliamo di conversione, quando essa è una svolta fondamentale che decide del cambiamento della direzione della vita e della condotta. Ma vi sono anche delle conversioni quotidiane, che sono esternamente quasi inavvertibili e riguardano i problemi apparentemente piccoli, eppure importanti per lo sviluppo dell'anima umana.

Si parla anche della conversione prima e seconda e, qualche volta, anche di terza. La prima significa l'allontanarsi dai peccati gravi che ingombrano la vita soprannaturale. Le successive conversioni riguardano le tappe ulteriori sulla via dell'allontanamento dal male e dell'avvicinamento a Dio.

Questo è il primo tema che scopriamo nella parola della liturgia odierna. A questo tema bisogna anche riferire le parole del Salmo responsoriale: "Ricordati, Signore, del tuo amore, / della tua fedeltà che è da sempre.

/ Non ricordare i peccati della mia giovinezza; / ricordati di me nella tua misericordia, / per la tua bontà, Signore" (Ps 25 [24], 6-7).

La conversione rimane in uno stretto ed organico legame con la misericordia divina.


3. Il secondo tema - come ho detto - è la vocazione.

Circa la vocazione dell'uomo da parte di Dio parla anche la rima lettura: "Alzati, va' a Ninive la grande città ed annunzia loro quanto ti diro" (Jon 3,2).

Giona si alzo e ando...

La lettura del Vangelo secondo san Marco ricorda la chiamata dei primi apostoli. In ambedue i casi citati si tratta di due fratelli: prima di Simone (chiamato poi Pietro) e del suo fratello Andrea; poi di Giacomo, figlio di Zebedeo, e del suo fratello Giovanni. Cristo ha chiamato i primi due nei pressi del mare della Galilea, quando, essendo pescatori, "gettavano le reti in mare" (Mc 1,16). Ha detto loro: "Seguitemi, vi faro diventare pescatori di uomini" (Mc 1,17). Gli altri li ha chiamati, quando presso lo stesso mare "sulla barca... riassettavano le reti" (Mc 1,19). Ed anche essi, "lasciato il loro padre Zebedeo sulla barca con i garzoni, lo seguirono" (Mc 1,20).

La vocazione significa, come si vede, la chiamata dell'uomo da parte di Dio. Dio chiama all'adempimento dei compiti che assegna all'uomo e, chiamandolo, gli ordina di avere fiducia che riuscirà ad assolvere il suo compito. Così fu proprio nel caso di Giona, che cercava addirittura di sfuggire alla chiamata di Dio, ritenendo che essa superasse le sue possibilità. I figli di Giona e di Zebedeo, che son chiamati presso il mare di Galilea, ben volentieri seguono Cristo. Si sa tuttavia che, sulla strada della loro vocazione apostolica, diverse prove aspettavano ciascuno di loro.

Al tema "vocazione" si riferiscono anche le parole del Salmo della liturgia odierna: "Fammi conoscere, Signore, le tue vie, / insegnami i tuoi sentieri. / Guidami nella tua verità e istruiscimi, / perché sei tu il Dio della mia salvezza, / in te ho sempre sperato" (Ps 25 [24], 4-5).

Appunto: la speranza. Se Dio pone davanti a noi i compiti, egli ci dà anche la grazia.


4. Questi due momenti - il momento della conversione e il momento della vocazione - hanno un'importanza determinante nella vita di ogni cristiano. Si può dire che in essi si sviluppi tutta l'economia salvifica di Dio a riguardo dell'uomo, e nell'ambito di questa divina economia l'uomo viene maturando dall'interno.

Questa maturazione presuppone l'allontanamento dal male, la rottura con il peccato, l'estirpamento delle brutte predisposizioni, la lotta a volte dura con le occasioni di peccato, il superamento delle passioni: tutto il grande lavoro interiore, grazie al quale l'uomo si allontana da tutto ciò che in lui si oppone a Dio e alla sua volontà, e si avvicina a quella santità, la cui pienezza è Dio stesso.

La conversione è, quindi, un movimento bipolare: l'uomo si distacca dal male per orientarsi verso Dio. E proprio per questo sulla strada della conversione si trova la vocazione. Infatti, nella misura in cui l'uomo si rivolge verso Dio, egli trova quel compito che Dio gli assegna nella vita. Ciò si può esprimere ancor meglio: man mano che l'uomo si rivolge verso Dio, scopre che la sua vita è un compito assegnatogli da Dio. E l'assunzione di questo compito significa una prova di amore verso Dio e verso gli uomini. Così l'uomo "diventa" in modo nuovo quel che "è".

Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni, essendo pescatori sul mare della Galilea, sono diventati in modo nuovo pescatori: "pescatori di uomini" (Mc 1,17).


5. Vengo oggi nella vostra parrocchia, dedicata a santa Teresa di Gesù, grande figura di mistica, la cui vita è stata caratterizzata da una profonda intimità con Dio e insieme da un grande amore ai fratelli. Così compio la prima visita pastorale nell'Anno del Signore1982, come Vescovo di Roma. Gioisco perché oggi posso essere qui, e tutti desidero salutare cordialmente.

Saluto, innanzitutto, il signor Cardinale Vicario, il Nunzio Apostolico in Italia Monsignor Carboni ed il Vescovo Ausiliare di zona, Alessandro Plotti. Ad essi associo il Parroco ed i suoi diretti coadiutori, appartenenti all'illustre Ordine Carmelitano con il Superiore Generale, i quali portano in modo zelante la responsabilità di guidare questa cara porzione della diocesi di Roma. Il loro benemerito ministero è affiancato da alcun gruppi laicali, che sono lieto di salutare con pari affetto: tra di essi menziono in particolare i Catechisti, e poi l'Azione Cattolica, la Fraternità carmelitana, il gruppo dei Giovani Sposi, e tutti gli altri. Il mio saluto va anche a tutti i membri di questa cara parrocchia, senza distinzioni: agli impiegati, agli operai, ai commercianti, alle casalinghe, alle persone anziane, a quanti soffrono, e soprattutto ai giovani, che occupano sempre un posto speciale nel mio cuore.

Desidero abbracciare col mio cordiale saluto tutti, sia voi qui riuniti, sia pure quelli che non hanno potuto essere presenti, pensando a ciascuno proprio alla luce di questi due principali temi della liturgia odierna.

Penso, infatti, che ognuno si trova in un momento di conversione, che è noto soltanto a lui e a Dio stesso. Qualcuno, forse, è ancora molto lontano da Dio a motivo dei suoi peccati? O, forse, è il "mondo" che gli offusca la visione di Dio?... Forse, in lui ancora non si fa vedere la prima conversione?... Poi penso anche che ciascuno ha qui una vocazione, anche se forse qualcuno non è consapevole di averla. Non sa che tutto ciò che riempie la sua vita, se è lecito in se stesso, può essere, anzi è precisamente il compito assegnatogli da Dio.

Io saluto, dunque, ciascuno di voi come invitato dalla potenza della divina misericordia alla conversione e come chiamato: chiamato ad essere padre o madre, figlio o figlia, insegnante, medico o studente, lavoratore manuale o scienziato... A ciascuno Cristo in qualche modo dice: "Seguimi".

E chiedo ancora: che cosa pensare della vostra parrocchia? So che essa è inserita in un settore tipicamente urbano, dove cresce il numero degli anziani e decresce quello delle natalità per il mutamento di residenze in uffici; eppure sono numerose le Scuole pubbliche per la popolazione giovanile. E' importante che la parrocchia diventi sempre più un centro di aggregazione umana e cristiana, cioè realizzi una piena dimensione comunitaria, in cui ciascuno ritrovi se stesso veramente a misura d'uomo. Ed occorre essere coscienti che solo il Vangelo, conosciuto e vissuto, può condurre ad un simile traguardo. Pertanto, alla luce di tutto ciò, desidero dire sulla vostra parrocchia, dedicata a santa Teresa, prima di tutto questo: Essa è la comunità del Popolo di Dio che, nella più ampia comunità della Chiesa, che è in Roma, costituisce quasi un particolare spazio, in cui Dio continuamente chiama gli uomini alla conversione: "Il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo". E contemporaneamente, operando nella stessa comunità con la sua grazia, Dio aiuta gli uomini a scoprire che la loro vita è una vocazione. Egli li aiuta a trovare questa vocazione ed a realizzarla. Mediante ciò la vita di ciascuno assume il suo pieno significato. Ha il pieno senso.

Alla vostra parrocchia auguro con tutto il cuore che sia proprio una tale comunità. Sia essa un tale spazio spirituale, in cui opera la grazia di Dio e si trasformano i cuori umani.


6. Nella seconda lettura della liturgia odierna parla san Paolo con parole che possono qualche volta sorprendere:.

"Vi dico, fratelli: il tempo ormai si è fatto breve; d'ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l'avessero; coloro che piangono, come se non piangessero e quelli che godono come se non godessero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano del mondo, come se non ne usassero appieno: perché passa la scena di questo mondo" (1Co 7,29-31).

Si! Passa.

E' già passato l'anno 1981, ed è iniziato l'anno 1982.


Passa la scena del mondo.

Soltanto Dio non passa! E perciò ha un valore stabile la vita, in quanto ci allontaneremo dal male e ci avvicineremo a lui stesso, sulla strada della conversione. Ed ha un valore stabile la vita, in quanto assumiamo i compiti che egli ci assegna e li assolviamo.

Che l'anno nuovo ci permetta di proseguire sulla strada della conversione e della vocazione!




1982-01-24 Data estesa: Domenica 24 Gennaio 1982





GPII 1982 Insegnamenti - Ai vescovi del Piemonte in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)