GPII 1982 Insegnamenti - Ai membri della Giunta Regionale del Lazio - Città del Vaticano (Roma)

Ai membri della Giunta Regionale del Lazio - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La salvaguardia dei valori morali impegno imprescindibile per il bene comune

Testo:

Onorevole Presidente ed illustri Membri della Giunta Regionale del Lazio!


1. Sono lieto di poter oggi soddisfare il desiderio da voi manifestatomi per il cortese tramite del signor Presidente, riservandovi questo incontro che ha carattere augurale nell'atmosfera del nuovo anno, da poco incominciato. Sapete bene come, ogni volta che mi è dato di accostare persone che siano costituite in autorità a qualsiasi livello, viva è la mia attesa e grande è la mia soddisfazione per l'opportunità che mi si offre di conoscere più da vicino gli uomini ed, attraverso di essi, i problemi ed i fatti, che possono interessare - e tanto spesso effettivamente interessano - il settore religioso-morale. Ma oggi, evidentemente, maggiore è per me siffatta soddisfazione ed attesa, perché con la stessa vostra presenza portate dinanzi a me l'immagine ben precisa e definita della Regione Laziale, della quale è capoluogo la nostra Roma.

"Nostra", dico, perché questa è la città di cui, per arcana disposizione della Provvidenza divina, sono Vescovo, onde anche la circostante regione, che ne costituisce la naturale area di pertinenza e di espansione, interessa e sollecita direttamente, prima delle altre regioni, il mio personale impegno di Pastore. Si, come Roma anche il Lazio posso io considerare e chiamare "nostro", nel senso di un prioritario e quasi preferenziale riguardo che debbo avere per esso come suo Arcivescovo metropolita. Appartenenza dunque, quella di Roma e del Lazio, di ordine spirituale ed ecclesiale, il che vuol dire cura più attenta, speciale sollecitudine e, soprattutto, più generoso amore per le persone che vi abitano.


2. Ma il Lazio e Roma sono anche "vostri" sotto un aspetto certamente diverso, ma pure importante e pieno di responsabilità. Già - come è noto - l'ordinamento regionale ha ampliato competenze e poteri, accrescendo così i relativi doveri per quanto attiene al governo amministrativo della Regione, e la Giunta, che voi costituite, ha precise funzioni direttive e decisionali in ordine allo sviluppo, alla tutela, alla promozione di determinati settori della vita pubblica. Non sta certamente a me ricordare quali siano i settori di vostra competenza, né dare indicazioni di carattere tecnico-operativo per ciascuno di essi. Ma pure la specifica natura pastorale del mio servizio mi suggerisce qualche breve richiamo di ordine generale, che tocca il modo, lo stile e - diro meglio - la deontologia stessa del comportamento di chi è preposto a funzioni pubbliche. Si suol parlare, a questo proposito, di un agire o di un procedere che, come in linea oggettiva, così anche in linea soggettiva, cioè dal punto di vista di colui o di coloro che agiscono, sia costantemente ispirato alla pubblica utilità.

Ora, è facile rilevare come una tale "adesione" alla pubblica utilità sia un'esigenza morale, la quale rientra in quella più vasta nozione del bene comune, che è inseparabile e immanente in ogni forma di vita associata. Per questo, il bene comune - nel quale i valori etici e religiosi, tanto profondamente sentiti dalla regione laziale, occupano un posto certamente non secondario - deve costituire il punto di riferimento ed il criterio orientativo nelle scelte da fare, nelle decisioni da prendere, nelle opere da promuovere, nelle necessarie riforme da avviare. Il mio auspicio è appunto che questo rapido accenno, da me fatto oggi dinanzi a voi, possa esservi di stimolo e di conforto nel vostro lavoro di pubblici amministratori. Pur nel variare dei problemi e delle circostanze, pur in mezzo alle difficoltà che ogni impegno civico comporta, sia la visione, anzi la cura del bene comune la regola suprema del vostro operare, per attingere linearità, chiarezza, esemplarità. Sia questa cura costante l'elemento che trasforma il vostro impegno di amministratori in effettivo servizio ai concittadini ed ai corregionali. E' un onore, infatti, ma anche un onere essere servitori di Roma e del Lazio!


3. Per questo mi ha fatto piacere avvertire adesso, nel nobile indirizzo pronunciato dal signor Presidente, l'eco di questa stessa preoccupazione ed impegno per il bene comune. Ho seguito, infatti, con non poca attenzione i riferimenti ai problemi di emergente attualità, quali il terrorismo, la droga, la disoccupazione, specialmente quella dei giovani in cerca del primo impiego; ed ancora la casa e gli spinosi nodi di tante aree urbane e periferiche. Come non condividere l'ansia, da voi manifestata, per una situazione difficile e complessa, che coinvolge minacciosamente valori fondamentali in ogni civile ed ordinata convivenza? Il Pastore della Chiesa, per la missione stessa che gli è stata affidata da Cristo, non può restare insensibile di fronte alle ambasce di tante famiglie, su cui grava l'incertezza del domani, quando non già il peso di opprimenti ristrettezze nel presente.

Vorrei, pertanto, rinnovare anche in questa circostanza l'assicurazione della sincera collaborazione, con cui l'Autorità ecclesiastica, nell'ambito della sua competenza, intende venire in aiuto ad ogni opportuna iniziativa, volta a far fronte alle accennate difficoltà. Mi preme, tuttavia, sottolineare come presupposto insostituibile di qualsiasi azione mirante al risanamento dei mali di cui soffre l'odierna società sia la salvaguardia dei valori morali, che devono alimentare quell'impegno personale e comunitario di cui ho parlato prima.


4. Scambiarsi voti augurali, come è costume fare all'inizio di ogni anno, significa aprire reciprocamente l'animo all'amicizia, alla comprensione, alla fraternità; significa, in una parola, sintonizzarsi interiormente con valori caratteristici di quella fede cristiana, che non solo ha plasmato il costume, ma che ha anche creato - è la parola esatta - un'intera civiltà. La nascita del Figlio di Dio, uomo tra gli uomini, uomo per gli uomini, - è il mistero che abbiamo contemplato or non è molto - ha avuto l'arcano potere di elevare la coscienza degli uomini ai problemi più alti che toccano le radici stesse della vita, facendo risuonare nei loro cuori l'annuncio angelico della gloria da rendere a Dio e della pace da instaurare nel mondo (cfr. Lc 2, Lc 2,14).

E' a questo comune e prezioso patrimonio di speranza e di fede che io desidero richiamarvi, illustri Signori della Giunta del "nostro" Lazio, perché più fervido e personale sia l'augurio che, anche per il nuovo anno, porgo a ciascuno di voi e, per vostro tramite, ai vostri figlioli ed alle vostre spose. Io prego non solo perché il Signore sempre vi assista nel vostro lavoro di pubblici amministratori, ma perché voglia, altresi, benedire i vostri focolari domestici, tenendovi costantemente accesa la fiamma dell'amore cristiano.




1982-01-28 Data estesa: Giovedi 28 Gennaio 1982




Ai membri del Tribunale della Sacra Romana Rota - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il vostro compito a servizio dell'amore è di riconoscere il pieno valore del matrimonio

Testo:

Signor Decano, cari Prelati e Officiali.


1. Sono lieto che l'inaugurazione del nuovo anno giudiziario del Tribunale della Sacra Romana Rota mi offra l'occasione di incontrarmi ancora una volta con voi, che con tanto impegno e qualificata competenza svolgete il vostro lavoro a servizio della Sede Apostolica.

Questo incontro tradizionale riveste quest'anno una nota particolare perché nel giorno di oggi - come è noto - entrano in vigore le "Novae Normae" che - dopo l'attento studio di revisione che era stato fatto delle precedenti disposizioni - ho ritenuto di approvare per il vostro Tribunale e che auspico possano rendere più proficua l'opera da voi svolta con preparazione giuridica e spirito sacerdotale per il bene della Chiesa.

Vi saluto con affetto e vi esprimo il mio vivo apprezzamento per tutta la vostra opera. In particolare, rivolgo il mio cordiale saluto al signor Decano uscente, Monsignor Enrico Ewers, ed al suo successore; ad ambedue assicuro il mio ricordo al Signore, perché sia lui a ricompensare l'uno per il lungo lavoro compiuto con generosa dedizione e ad assistere l'altro nell'incarico che da oggi inizia.


2. Mi è caro richiamare la vostra attenzione sull'esortazione apostolica "Familiaris Consortio" nella quale ho raccolto il frutto delle riflessioni sviluppate dai Vescovi nel corso del Sinodo del 1980.

Infatti, se questo recente documento s'indirizza a tutta la Chiesa per esporre i compiti della famiglia cristiana nel mondo di oggi, esso interessa da vicino anche la vostra attività, che si svolge per lo più nell'ambito della famiglia, del matrimonio e dell'amore coniugale. Il peso del vostro ruolo si misura dall'importanza delle decisioni, che voi siete chiamati a prendere con senso di verità e di giustizia, in vista del bene spirituale delle anime, in riferimento al giudizio supremo di Dio: "solum Deum prae oculis habentes".


3. Affidando a ciascuno di voi questo compito ecclesiale, Dio vi chiede di proseguire così, attraverso l'opera vostra, l'opera di Cristo, di prolungare il ministero apostolico con l'esercizio della missione a voi affidata e dei poteri a voi trasmessi; perché voi lavorate, studiate, giudicate, in nome della Sede Apostolica. Lo svolgimento di tali attività, pertanto, deve essere adeguato alla funzione dei giudici, ma investe anche quella dei loro collaboratori. In questo momento penso al compito, così difficile, degli avvocati, i quali renderanno ai loro clienti servizi migliori nella misura in cui si sforzeranno di rimanere entro la verità, l'amore della Chiesa, l'amore di Dio. La vostra missione, dunque, è prima di tutto un servizio dell'amore.

Di questo amore il matrimonio è realtà e segno misterioso. "Dio ha creato l'uomo a sua immagine e somiglianza: chiamandolo all'esistenza per amore, l'ha chiamato nello stesso tempo all'amore. Dio è amore e vive in se stesso un mistero di comunione personale d'amore" (FC 11).

Segno misterioso, il matrimonio lo è come sacramento: un legame indissolubile unisce gli sposi, come in un solo amore sono uniti Cristo e la Chiesa (cfr. Ep 5,32-33).

Secondo il disegno di Dio, il matrimonio trova la sua pienezza nella famiglia, di cui è origine e fondamento; e il dono mutuo degli sposi sboccia nel dono della vita, ossia nella generazione di coloro che, amando i loro genitori, ridicono ad essi il loro amore e ne esprimono la profondità (cfr. FC 14).

Il Concilio ha visto il matrimonio come patto di amore (GS 48). Questo patto "suppone la scelta cosciente e libera, con la quale l'uomo e la donna accolgono l'intima comunità di vita e d'amore, voluta da Dio stesso" (FC 11). Parlando qui di amore, noi non possiamo ridurlo ad affettività sensibile, ad attrazione passeggera, a sensazione erotica, a impulso sessuale, a sentimento d'affinità, a semplice gioia di vivere.

L'amore è essenzialmente dono. Parlando di atto di amore il Concilio suppone un atto di donazione, unico e decisivo, irrevocabile come lo è un dono totale, che vuole essere e restare mutuo e fecondo.


4. Per comprendere pienamente il senso esatto del consenso matrimoniale, dobbiamo lasciarci illuminare dalla rivelazione divina. Il consenso nuziale è un atto di volontà che significa e comporta un dono mutuo, che unisce gli sposi tra di loro e insieme li lega ai loro eventuali figli, con i quali essi costituiscono una sola famiglia, un solo focolare, una "chiesa domestica" (LG 11).

Visto così il consenso matrimoniale è un impegno in un vincolo di amore dove, nello stesso dono, si esprime l'accordo delle volontà e dei cuori per realizzare tutto quello che è e significa il matrimonio per il mondo e per la Chiesa.


5. C'è di più. Per noi, il consenso nuziale è un atto ecclesiale. Esso fonda la "Chiesa domestica" e costituisce una realtà sacramentale dove si uniscono due elementi: un elemento spirituale come comunione di vita nella fede, nella speranza e nella carità; e un elemento sociale come società organizzata, gerarchizzata, cellula vivente della società umana, elevata alla dignità del "sacramentum magnum", la Chiesa di Cristo, dove essa si inserisce come Chiesa domestica (cfr. LG 11). Sicché nella famiglia fondata sul matrimonio bisogna riconoscere in una certa misura la stessa analogia della Chiesa totale con il mistero del Verbo incarnato, dove in una sola realtà si uniscono il divino e l'umano, la Chiesa terrestre e la Chiesa in possesso dei beni celesti, una società ordinata gerarchicamente e il Corpo mistico di Cristo (cfr. LG 8).


6. Il Concilio ha sottolineato l'aspetto della donazione. E allora conviene soffermarsi qui un momento, per cogliere più in profondità il significato dell'atto del donarsi in oblazione totale con un consenso che, se si colloca nel tempo, assume un valore d'eternità. Un dono, se vuole essere totale, deve essere senza ritorno e senza riserve. perciò, nell'atto, col quale la donazione si esprime, noi dobbiamo accettare il valore simbolico degli impegni assunti. Colui che si dona, lo fa con la consapevolezza d'obbligarsi a vivere il suo dono all'altro; se egli all'altro concede un diritto, è perché ha la volontà di donarsi; e si dona con l'intenzione di obbligarsi a realizzare le esigenze del dono totale, che liberamente ha fatto. Se sotto il profilo giuridico questi obblighi sono più facilmente definiti, se vengono espressi più come un diritto che si cede che, come un obbligo che si assume, è pur vero che il dono non è che simbolizzato dagli impegni di un contratto, il quale esprime sul piano umano gli impegni inerenti ad ogni consenso nuziale vero e sincero. E' così che si giunge a comprendere la dottrina conciliare, così da consentirle di recuperare la dottrina tradizionale per collocarla in una prospettiva più profonda ed insieme più cristiana.

Tutti questi valori vengono non soltanto ammessi, affinati e definiti dal diritto ecclesiastico, ma anche difesi e protetti. Ciò costituisce, peraltro, la nobiltà della sua giurisprudenza e la forza delle norme che essa applica.


7. Ora, non è puramente immaginario, soprattutto oggi, il pericolo di vedere messo in discussione il valore globale di tale consenso, per il fatto che alcuni elementi che lo costituiscono, che ne sono l'oggetto o che ne esprimono la realizzazione, sono sempre più spesso distinti o addirittura separati, a seconda dell'attenzione che vi portano specialisti in campi diversi o la specificità propria delle diverse scienze umane. Sarebbe inconcepibile che il consenso in quanto tale fosse respinto per sopravvenuta mancanza di fedeltà. Senza dubbio il problema della fedeltà costituisce spesso la croce degli sposi.

Vostro primo compito a servizio dell'amore sarà, dunque, riconoscere il pieno valore del matrimonio, rispettare nel miglior modo possibile la sua esistenza, proteggere coloro che esso ha uniti in una sola famiglia. Sarà soltanto per motivazioni valide, per fatti provati che si potrà mettere in dubbio la sua esistenza, e dichiararne la nullità. Il primo dovere che su voi incombe è il rispetto dell'uomo che ha dato la sua parola, ha espresso il suo consenso e ha fatto così dono totale di se stesso.


8. Indubbiamente, la natura umana in seguito al peccato è stata sconvolta, ferita; essa tuttavia non è stata pervertita; essa è stata risanata dall'intervento di Colui che è venuto a salvarla e ad elevarla fino alla partecipazione della vita divina. Ora, in verità, sarebbe demolirla, il ritenerla incapace d'un impegno vero, d'un consenso definitivo, d'un patto di amore che esprime quello che essa è, d'un sacramento istituito dal Signore per guarirla, fortificarla, elevarla per mezzo della sua grazia.

E così, allora, è nel quadro della prospettiva ecclesiale del sacramento del matrimonio che va collocato il progresso della scienza umana, le sue ricerche, i suoi metodi e i suoi risultati. La continuità dei suoi sforzi mette anche in rilievo la fragilità di alcune delle sue conclusioni anteriori o di ipotesi di lavoro di cui non si sono potute conservare le valutazioni.

Per tali ragioni il giudice, nell'emettere la sentenza, resta in definitiva il responsabile di quel lavoro comune, di cui ho parlato all'inizio. La decisione dovrà essere presa nella prospettiva globale già ricordata, e che l'esortazione apostolica "Familiaris Consortio" ha voluto mettere maggiormente in luce.

Mentre è in corso l'esame sulla validità di un vincolo matrimoniale, e si ricerca l'esistenza di ragioni che possano condurre alla eventuale dichiarazione di nullità, il giudice resta a servizio dell'amore, sottomesso al diritto divino, attento ad ogni consiglio o perizia seria. Sarebbe estremamente dannoso se a decidere fosse in definitiva l'uno o l'altro esperto, col rischio di vedere giudicata la causa secondo uno solo dei suoi aspetti.

Di qui scaturisce la necessità di riconoscere nel giudice il peso della sua funzione, l'importanza della sua responsabile autonomia di giudizio, l'esigenza del suo consenso ecclesiale e della sua sollecitudine per il bene delle anime. E non perché in materia matrimoniale una sentenza può sempre essere impugnata per sopravvenienti nuove gravi motivazioni, non per questo egli si sentirà spinto a mettere meno diligenza a prepararla, meno fermezza ad esprimerla, meno coraggio ad emetterla.


9. In questa luce, si ha modo di apprezzare sempre di più la particolare responsabilità del "defensor vinculi". Suo dovere non è quello di definire a ogni costo una realtà inesistente, o di opporsi in ogni modo a una decisione fondata, ma, come si espresse Pio XII, egli dovrà fare delle osservazioni "pro vinculo, salva semper veritate" ("Discorso agli Uditori della Sacra Romana Rota": AAS 36 [1944] 285). Si notano a volte tendenze che purtroppo tendono a ridimensionare il suo ruolo. La stessa persona poi non può esercitare due funzioni contemporaneamente, essere giudice e difensore del vincolo. Solo una persona competente può assumere una tale responsabilità; e sarà grave errore considerarla di minore importanza.


10. Il "Promotor iustitiae", sollecito del bene comune, agirà anche lui nella prospettiva globale del mistero dell'amore vissuto nella vita familiare; allo stesso modo, se egli sentirà il dovere di avanzare una richiesta di dichiarazione di nullità, lo farà dietro la spinta della verità e della giustizia; non per accondiscendere, ma per salvare.


11. Nella stessa prospettiva della globalità della vita familiare, infine, è necessario auspicare una sempre più attiva collaborazione degli avvocati ecclesiastici.

La loro attività deve essere al servizio della Chiesa; e pertanto va vista quasi come un ministero ecclesiale. Deve essere un servizio all'amore, che richiede dedizione e carità soprattutto a favore dei più sprovvisti e dei più poveri.


12. A conclusione di questo incontro, desidero esortarvi a collaborare, "cordialmente e coraggiosamente, con tutti gli uomini di buona volontà, che vivono con la loro responsabilità al servizio della famiglia" ("Familiaris Consortium", 86), in modo tutto speciale voi, che ne dovete riconoscere la base e il fondamento nel consenso nuziale, sacramento di amore, segno dell'amore che lega Cristo alla sua Chiesa, sua Sposa, e che è, per l'umanità intera, una rivelazione della vita di Dio e l'introduzione alla vita trinitaria dell'Amore divino.

Nell'invocare il Signore di assistervi nella vostra missione al servizio dell'uomo salvato da Cristo, nostro Redentore, vi imparto di cuore la mia benedizione propiziatrice della grazia del Dio dell'Amore.




1982-01-28 Data estesa: Giovedi 28 Gennaio 1982




Lettera al cardinale Antonio Samorè - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Per la chiusura delle celebrazioni per il I centenario dell'apertura dell'archivio segreto vaticano

Testo:

Al venerato fratello Cardinale Antonio Samorè, Bibliotecario e Archivista di santa Romana Chiesa.


1. Si concludono in questi giorni le solenni celebrazioni per il centenario di apertura dell'Archivio Segreto Vaticano alla consultazione degli studiosi, che - come è noto - fu decisa dal mio predecessore Leone XIII nel 1880 e messa in atto nel 1881. In questa significativa circostanza desidero, anzitutto, esprimere a lei ed ai suoi valenti Collaboratori sincero e vivo compiacimento per le degne manifestazioni di tale centenario, alle quali ho preso parte il 18 ottobre 1980, in occasione dell'inaugurazione dei nuovi locali di deposito, e il 4 aprile dello scorso anno, per ammirare l'interessante mostra documentaria.


Alla chiusura di tali celebrazioni non posso non ribadire quanto sia stato lungimirante il gesto - allora reputato ardito - di Leone XIII, ed altresi quanto esso sia stato benefico nei suoi effetti: si pensi all'enorme messe di studi, raccolta in questi ultimi cento anni di lavoro e di ricerca da parte di specialisti di tutto il mondo; alla testimonianza ed al servizio reso alla verità, alla storia, alla cultura. Veramente emblematica ed incisiva fu l'affermazione di Papa Leone, contenuta nella epistola "Saepenumero Considerantes" del 18 agosto


1883: "Primam esse historiae legem ne quid falsi dicere audeat: deinde ne quid veri non audeat"; e che tutti i tentativi fatti contro la verità saranno superati ed infranti dalla stessa verità "quae obscurari aliquandiu potest, extingui non potest" ("Acta Leonis", III [1884] 268.270).

Ho voluto sottolineare il gesto di quel grande Papa, veramente benemerito della storia e della cultura, dando agli studiosi la possibilità di consultare i documenti del suo lungo e luminoso pontificato, nella sempre più piena consapevolezza che "la Chiesa desidera servire l'uomo anche in questo, nel consegnargli parte non indifferente della sua storia" ("Insegnamenti", III, 2 [1980] 909).


2. Ma la conclusione delle celebrazioni del menzionato centenario non può costituire una specie di chiusura, di punto fermo. Dopo un opportuno momento di riflessione, per prender coscienza del cammino percorso e per ponderare i risultati raggiunti, occorre affrontare con nuova lena e con sereno vigore il lavoro che si prepara per gli anni a venire. Che cosa e come sarà nel futuro l'Archivio Segreto Vaticano, l'Archivio centrale della Santa Sede? Quale e quanta mole di documenti verranno ad aggiungersi a quelli, preziosissimi, già in esso contenuti e custoditi? Sono, queste, domande più che legittime. In un periodo come il nostro gli avvenimenti si succedono con grande rapidità e le "carte" si moltiplicano mediante gli strumenti più svariati: di tali avvenimenti dovrà raccogliersi testimonianza accurata, fedele e sicura nell'Archivio Segreto Vaticano, nel cosiddetto "scrinio... dominae nostrae Sanctae Romanae Ecclesiae" ("Liber Diurnus", f. 68).

Quale e quanta è, pertanto, la responsabilità dei Dirigenti dell'Archivio Segreto, sia per i rapporti con gli altri Organismi della Santa Sede, in vista delle modalità dei versamenti, al fine di evitare, in futuro, danni alla conoscenza della verità storica; sia per una oculata conservazione dei documenti; sia per una loro diligente ed esatta sistemazione, in prospettiva della futura consultazione.

Rinnovo sinceramente a tutto il Personale dell'Archivio Segreto l'espressione del mio sincero apprezzamento per il prezioso lavoro, che essi hanno compiuto e compiono al servizio della ricerca, la quale richiede ed esige continua pazienza, lucido metodo e generosa dedizione.


3. Auspico di cuore che l'Archivio Segreto Vaticano, in fedeltà alla sua gloriosa tradizione, continui ad essere una limpida testimonianza ed un autentico segno di "amore alla verità", che è, con ciò stesso, amore verso l'uomo e amore verso Dio; sia sempre modello e sprone per tutti gli altri Archivi ecclesiastici, che hanno il compito della custodia, della cura e dello studio delle fonti documentarie della vita delle Chiese particolari, nelle sue più svariate manifestazioni.

Rivolgo uno speciale pensiero di compiacimento e di apprezzamento alla "Scuola di Paleografia, Diplomatica ed Archivistica", che ha la funzione di preparare e formare ottimi archivisti, che svolgano il loro meritorio servizio ecclesiale nelle diocesi, nelle Curie religiose, negli Enti ecclesiastici di cultura.

Con tali voti, a suggello del lavoro compiuto ed in auspicio di quello, certamente ampio ed esaltante, che si profila per l'avvenire, imparto di gran cuore la propiziatrice benedizione apostolica, segno della mia costante benevolenza.


Dal Vaticano, il 19 gennaio dell'anno 1982, IV del pontificato IOANNES PAULUS PP. II




1982-01-29 Data estesa: Venerdi 29 Gennaio 1982




Ai Vescovi delle provincie ecclesiastiche di Siviglia e Granada in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Camminare verso una maggiore fedeltà a Cristo

Testo:

Signor Cardinale e cari fratelli nell'Episcopato.


1. E' per me motivo di vera gioia incontrarmi oggi con questo vostro numeroso gruppo, composto dai Pastori della zona sud della Spagna e in particolare delle province ecclesiastiche di Siviglia e Granada.

Si tratta approssimativanente della quarta parte di tutta la cara nazione spagnola; una nazione di ricca storia cristiana e precristiana, e di venerabile tradizione ecclesiale, che risale all'era apostolica.

Per questo, incontrarmi con voi nell'occasione della vostra visita "ad limina", e nel pensare alle comunità, il cui palpito di fede cristiana portate sino a qui, mi viene in mente quel pensiero paolino di tanta risonanza comunitaria: "Ringrazio il mio Dio ogni volta che io mi ricordo di voi, pregandolo sempre con gioia per voi in ogni mia preghiera, a motivo della vostra collaborazione alla diffusione del Vangelo, dal primo giorno fino al presente, e sono persuaso che colui che ha iniziato in voi quest'opera buona, la portera a compimento fino al giorno di Cristo Gesù" (Ph 1,3-6).

Sono questi i sentimenti che assorbono il mio spirito in questo incontro personale, come Vescovo di Roma e successore di Pietro, con i fratelli e pastori di una parte del gregge di Cristo.

Negli incontri individuali con voi vado acquisendo una conoscenza sempre più profonda della vostra Chiesa locale, che mi facilita il compimento di quella missione ricevuta dal Maestro: "Conferma i tuoi fratelli" (Lc 22,32). In questo modo, rivedendo l'allegria e le preoccupazioni, le realizzazioni e le speranze, e rinvigorendo lo sforzo di costruzione incessante della Chiesa di Cristo, siamo in comunione verso una sempre maggior fedeltà a lui.


2. Il momento attuale è particolarmente importante per il Popolo di Dio delle vostre circoscrizioni ecclesiali, giacchè la situazione specificatamente religiosa e i fattori ambientali socio-culturali, economici e politici, pongono alla fede dei vostri fedeli, e non lo faranno in minor grado nel prossimo futuro, molteplici sfide alle quali noi come pastori non possiamo essere insensibili. Questa situazione richiederà che voi abbiate chiari discernimenti, sicure opinioni prese a partire dal Vangelo e valenti iniziative che siano idonee ad orientare validamente le coscienze dei vostri diocesani.

Il cammino che si apre alla vostra responsabilità di guide del Popolo di Dio è molto ampio. Senza alcun dubbio, non ci mancherà la grazia promessa dal Maestro ai suoi Apostoli, e il vostro fervore vi suggerirà ogni giorno le risposte che dovrete dare agli interrogativi posti dalle anime che in voi confidano. In questa occasione desidero da parte mia limitarmi ad attirare la vostra attenzione su alcuni punti concreti, che particolarmente giudico opportuno segnalare alla vostra sollecitudine pastorale.


3. Desidero prima di tutto riferirmi alla religiosità popolare, che il mio predecessore Paolo VI chiamava anche "pietà popolare" o "religione del popolo" (cfr. EN 48), e della quale ho trattato io stesso, facendomi eco delle conclusioni del quarto Sinodo dei Vescovi nell'esortazione apostolica "Catechesi Tradendae" (cfr. CTR 54) e in altre occasioni (cfr. "Omelia a Zapopan", 30 gennaio 1979; "Insegnamenti", II [1979] 288-289.291-292).

Alla vostra situazione concreta possono applicarsi tante delle riflessioni li contenute. In effetti, i vostri popoli, che affondano le loro radici nell'antica tradizione apostolica, hanno recepito poi numerose influenze culturali, che hanno dato loro caratteristiche proprie. La religiosità popolare che da qui è sorta, è frutto della presenza fondamentale della fede cattolica, con un'esperienza propria del sacro, che comporta a volte l'esaltazione ritualista dei momenti solenni della vita dell'uomo, una tendenza devozionale e una dimensione molto festosa.

Tutti questi fattori, che sono presenti e che caratterizzano in parte la religiosità del vostro popolo, meritano la vostra continua attenzione, rispetto e cura - benché abbiate a ciò dedicato il vostro studio in vari momenti -, unite alla vostra incessante vigilanza, affinchè gli elementi meno perfetti si vadano progressivamente purificando, e i fedeli possano giungere ad una fede autentica e alla pienezza di vita in Cristo.

In modo particolare, dovrete stimolare e canalizzare le tre devozioni peculiari, che sono state da secoli, e continuano ad esserlo tuttora, oggetto della predilezione nella religiosità popolare della vostra gente. Mi riferisco alla devozione a Gesù Cristo nel mistero della sua passione e nel sacramento dell'Eucaristia, così come alla devozione alla sua Madre santissima nei suoi misteri di dolore, di gioia e di gloria.


4. Intimamente in relazione con questo, e come soluzione graduale di ciò che è stato indicato anteriormente, desidero raccomandare qui la necessità di una evangelizzazione intensa e accurata dei vostri fedeli. Nei documenti prima citati e nelle conclusioni della Conferenza di Puebla, alla quale tante volte mi sono riferito, dedicata precisamente allo studio di questo tema, troverete validi orientamenti in questo compito.

Occorre agire in modo da ottenere un'evangelizzazione che impegni tutta la Chiesa e le sue strutture, con la testimonianza del Vangelo, con la predicazione viva e adeguata, con la liturgia della Parola ben preparata, con la catechesi nelle parrocchie, nelle famiglie, nell'ambito della scuola e delle altre istituzioni o comunità, con una attiva presenza nell'importante campo dei mezzi della comunicazione sociale che possono moltiplicare tanti sforzi, con il contatto personale e con l'intensa preparazione ai Sacramenti e alla loro debita celebrazione (cfr.EN 41-47; CTR 67-70).

Si potrà così ottenere che la religiosità popolare venga irrobustita nei suoi elementi validi e completata nel suo complesso, in tal modo che si arrivi alla solidità della vita cristiana.


5. Perché questa evangelizzazione desiderata possa essere una realtà, sempre più consolatrice, dovrete aver cura con particolare diligenza, degli agenti di evangelizzazione, che condividono con voi questo compito: i sacerdoti, i religiosi, le religiose e le altre persone consacrate con titolo speciale al Signore e alla Chiesa.

Per questo affrontate con fermezza e comprensione le situazioni difficili dei vostri sacerdoti, siate molto vicini ad essi, affinchè, vivendo con gioia e fedeltà la loro consacrazione a Cristo e alla Chiesa, superino gli ostacoli che trova il ministero nel nostro tempo e le tentazioni che possono insinuarsi nell'abbandono, nella delusione o mancanza di entusiasmo.

Trattateli come fratelli, nell'amicizia e intimità vera, appoggiandoli in ogni momento, confortandoli e facendo loro sentire, con il vostro atteggiamento nei loro confronti, che essi, oltre ad essere i vostri più preziosi collaboratori, costituiscono quella porzione della Chiesa che merita le primizie del vostro tempo e delle vostre energie.

In modo analogo, ricercate la collaborazione e l'appoggio dei religiosi, con vivo apprezzamento per il loro stato e nello spirito del documento sulle relazioni tra Vescovi e religiosi emanato dalle Sacre Congregazioni per i Vescovi e per i Religiosi e gli Istituti secolari. Tutto ciò servirà ad un migliore coordinamento e potenziamento delle forze vive della Chiesa, con il valido apporto di tutte le anime consacrate.

So che in occasione del Giovedi santo del 1978 avete indirizzato un documento speciale ai Sacerdoti. Vi esorto a continuare a perseguire quei propositi manifestati in quella occasione, specialmente dedicando una sollecitudine particolare alle vocazioni al sacerdozio, tanto necessarie nelle vostre diocesi e in tutta la Chiesa, e delle quali, grazie a Dio, si va notando un promettente incremento in alcune parti della vostra zona ecclesiale.


6. Un altro campo, che riveste una grande importanza e che può far sentire una notevole influenza sulle vocazioni, è la famiglia. Vi prego di dedicare ad essa una abnegazione e una sollecitudine perseverante, come ho recentemente indicato nella esortazione apostolica "Familiaris Consortio".

Infatti, nella famiglia cristiana, fondata su di una fede viva e su di una autentica religiosità, si basano tante speranze per il futuro. Per questa ragione la Chiesa ha dedicato sempre un particolare interesse a questo tipo di apostolato, la cui importanza non è venuta meno nei vostri ambienti. Ma al contrario va acquistando sempre più un ruolo di maggior rilievo, giacché le circostanze esterne e il nuovo ordinamento legale in campo civile su questo tema, possono sgretolare l'edificio della unità familiare, con non poco danno per la società intera.

Così pure, curate con grande sollecitudine, facendovi aiutare in questo dai vostri sacerdoti e collaboratori, il settore dei Movimenti familiari cristiani, di spiritualità e di apostolato. Non trascurate la preparazione remota, prossima e immediata al matrimonio; fate in modo che i focolari dei vostri fedeli siano altrettante Chiese domestiche (cfr. FC 55). E attraverso la famiglia e l'organizzazione diocesana e parrocchiale programmate un intenso apostolato giovanile, che sostenga ed accresca la fede dei vostri giovani, vero tesoro della Chiesa, quali cristiani di oggi che saranno i responsabili del futuro ecclesiale e sociale.


7. Infine, non posso tralasciare di riferimi, anche se brevemente, al difficile momento della situazione economica e del lavoro nella vostra zona. Il doloroso fenomeno della diffusa disoccupazione di cui soffre la vostra regione, sia nelle campagne come nelle città, esige da voi una testimonianza chiarificatrice e di mediazione, un insegnamento adeguato e un profondo impegno in favore di una maggiore giustizia sociale.

Inoltre, secondo le circostanze, esige un richiamo urgente alla messa in comune dei beni, efficacemente canalizzata attraverso le vostre organizzazioni caritative (cfr. LE 18).

Siate certi che le riflessioni che si formuleranno durante la programmata Settimana Sociale della Spagna, dedicata precisamente a questi importanti temi, vi offrirà elementi molto utili al fine di suscitare una reale collaborazione solidale, nell'ambito delle vostre possibilità e competenze, per dare un valido contributo alla progressiva soluzione di questo doloroso fenomeno, che genera in molte persone e famiglie della vostra zona, della Spagna e fuori di essa, tante inquietudini e angustie, con ripercussioni umane e morali estremamente gravi.

Non mancate poi di educare i vostri laici che si sentono più disponibili alla responsabilità che a loro compete in questo campo, perchè siano artefici della promozione sociale e richiedano gli opportuni interventi da parte delle autorità pubbliche, senza il cui efficace impegno non si potrà conseguire alcun risanamento di una piaga sociale di tale entità ed estensione.


8. Sono queste alcune delle riflessioni di cui desideravo farvi partecipi, sicuro che, quali prudenti Pastori del vostro gregge, saprete tradurli nei vostri impegni ecclesiali.

Nella carità di Cristo che ci sospinge e ci unisce, ricevete la mia parola con l'animo pronto a proseguire nel vostro generoso servizio alla Chiesa.

Fatene a vostra volta parte ai vostri sacerdoti, religiosi, religiose, anime consacrate, seminaristi, padri di famiglia e laici impegnati che collaborano nelle parrocchie, nelle istituzioni e associazioni cattoliche.

Dite loro che il Papa li pensa, li ricorda nelle sue preghiere ed è lieto della loro fedeltà alla Chiesa. Maria, madre di Gesù e madre nostra, ci ottenga dal Padre la pienezza della vita in Cristo. E di essa sia pegno la benedizione apostolica che a tutti imparto di cuore.




1982-01-30 Data estesa: Sabato 30 Gennaio 1982





GPII 1982 Insegnamenti - Ai membri della Giunta Regionale del Lazio - Città del Vaticano (Roma)