GPII 1981 Insegnamenti - Emigrati polacchi offrono al Papa la "Casa Giovanni Paolo II" - Città del Vaticano (Roma)

Emigrati polacchi offrono al Papa la "Casa Giovanni Paolo II" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Questa casa sia un punto tracciato al crocevia tra le strade di Roma e del mondo

Cari fratelli e sorelle, amatissimi connazionali,

1. Nella prima udienza ai pellegrini polacchi e alle comunità polacche presenti a Roma per l'inaugurazione del mio pontificato, ho invitato i miei connazionali a farmi visita a Roma. Ho rinnovato poi questo invito molte altre volte. E' noto, infatti, quanto profondi siano i legami storici della nostra Nazione con Roma.

Ora che, grazie alla meravigliosa disposizione della Provvidenza, un polacco siede sulla Cattedra di san Pietro, appare ovvio che i legami della nostra Chiesa e della nostra Nazione con Roma, radicati nella storia, debbano approfondirsi in modo particolare e conformarsi al fine di rispondere alle esigenze dei tempi e della Chiesa universale, a quelle delle Chiese particolari ed anche alle esigenze della Chiesa in Polonia, come pure della nostra Nazione e del nostro Paese, alle esigenze spirituali di ciascun pellegrino che qui giunge.

La Chiesa che è in Roma, fondata dai santi apostoli Pietro e Paolo, cresciuta grazie alla loro testimonianza e al sangue dei martiri, desidera sempre, secondo le parole di san Ignazio di Antiochia, "presiedere nella carità".

Desidera, conformemente alla propria missione, presiedere nella carità all'intera Chiesa universale e a tutte le sue parti, fino "ai confini del mondo", ed anche a tutti gli uomini di buona volontà.


2. Essendo per volontà divina il successore di san Pietro alla Sede di Roma, desidero, con uguale amore e identica dedizione, servire sia la Chiesa universale, sia tutte le Chiese particolari, tutte le Nazioni, tutti i popoli e ciascun uomo.

Non posso pero nascondere quel particolare vincolo, che sento profondamente, che mi lega alla Chiesa e alla Nazione dalla quale provengo, a tutti i miei connazionali, sia quelli che vivono in Patria che quelli che vivono fuori di essa.

Mi rallegro dunque che, tra le genti di diverse lingue che giungono a Roma per gli incontri con il Papa, risuoni anche la nostra lingua madre e devo dire per mia esperienza che, grazie a Dio, la si sente qui sempre più spesso e sempre più alta.

L'incontro odierno, considerando ciò che comporta e l'iniziativa dalla quale nasce e i suoi frutti, potrebbe essere chiamato, se fosse possibile, "festa del grano". Infatti mi state consegnando il dono del cuore di tanti, molti polacchi e polacche e di altri che ritrovano in se stessi quell'unione con il "vecchio Paese", con la Chiesa, con Roma e che è pure dono degli amici di altre nazionalità che hanno voluto partecipare a questa iniziativa. Mi state infatti consegnando la Casa sulla via Cassia che dovrà servire alla Chiesa di Polonia, alla Patria, all'emigrazione e ai nostri connazionali ma anche, in un certo senso, a tutta la Chiesa e alla cultura cristiana di tutto il mondo.


3. Rivolgo un cordiale benvenuto ed un saluto a tutti i miei ospiti: ai Membri del Consiglio generale dell'Episcopato di Polonia che, con a capo Sua Eminenza il Cardinale Franciszek Macharski e l'Arcivescovo Josef Glemp, Primate di Polonia, successore nella sede di Gniezno e Varsavia dell'indimenticabile Cardinale Stefan Wyszynski, sono giunti per prendere parte all'inaugurazione del nuovo Centro polacco a Roma, al quale sono legate le speranze di noi tutti. Mi rivolgo in particolare a Sua Eminenza il Cardinale Ladislaw Rubin che ha assunto la presidenza del Consiglio di amministrazione della nuova Fondazione e all'Eccellentissimo Arcivescovo Andrzey Deskur, il più anziano polacco al servizio della Santa Sede.

Rivolgo il mio benvenuto ai numerosi rappresentanti della emigrazione polacca di tutto il mondo che ha partecipato alla costituzione di questa grande opera. Rivolgo le stesse espressioni di saluto a Sua Eminenza il Cardinale John Krol, al Signor Klement Zablocki, membro del Parlamento degli Stati Uniti d'America, ringraziandolo per il magnifico discorso. E a tutti color che in questa opera hanno impegnato la loro autorità, mettendovi tanto cuore e tanto lavoro.

Saluto poi tanti altri tra cui i Signori Edward Piszek e Harry John che hanno anch'essi avuto una grande parte in quest'opera. Si dovrebbero ricordare ancora tanti altri, ma tutti capiscono che questo è impossibile.

Do il mio benvenuto a voi tutti qui presenti e, tramite voi, a tutti coloro che in qualsiasi modo hanno partecipato a quest'opera: con la preghiera, con il consiglio, con l'offerta, con l'affettuoso interesse. Portate le mie espressioni di gratitudine e la mia benedizione alle vostre case, alle vostre famiglie, ai vostri cari. Portate queste mie parole di ringraziamento espresse anche a nome della Chiesa che è in Polonia, a tutti i comitati, alle parrocchie, alle Congregazioni, ai diversi circoli, a tutti coloro che si sentono vicini a ciò di cui questa Casa è simbolo e, in qualche modo, attuazione e nello stesso tempo continuazione.

So che questa istituzione deve molto ad uomini che, pur non essendo polacchi e non avendo nemmeno origini polacche, vi hanno tuttavia contribuito con spontanea generosità.

Desidero ringraziare assai cordialmente sia coloro che sono oggi qui presenti sia coloro che non lo sono, per la loro bontà e generosità.

Saluto poi i qui presenti Membri della Commissione per i contatti permanenti tra il Governo polacco e la Santa Sede: l'Arcivescovo Luigi Poggi per la Santa Sede e, in assenza da Roma del Ministro Kasimierz Szablewski, i Signori Jerzy Jopa e Edward Kotowski.

Saluto infine i dipendenti dei due rami della nuova Istituzione: della pastorale e del centro di cultura cristiana che già svolge la sua attività, essendo al tempo stesso in riflessione e in ricerca delle modalità più adatte a questo centro. E' noto che al Centro si pongono compiti particolari, importanti e difficili perché nuovi. Per quanto riguarda la pastorale dei pellegrini, essa si è già fatta strada nel territorio romano.

Sono sempre stato tenuto al corrente dello svolgimento di questa nobile e necessaria iniziativa. Essa è stata e sarà sicuramente non facile. La rispondenza che avete dato voi e tutti gli altri qui presenti solo col pensiero e con il cuore, a questa iniziativa, testimonia che essa risponde alle necessità dei nostri tempi, del nostro oggi. Ringraziando dunque la Provvidenza per ciò che è stato compiuto, raccomando con uguale forza, oggi, questa Casa, questa Fondazione, il suo lavoro e il suo futuro, a Dio e alla santissima Madre di Cristo.

So, cari fratelli e sorelle, è stato infatti detto un attimo fa, che l'opera nata in qualche modo in relazione alla mia persona, alla mia elezione alla Sede di Pietro a Roma. Di qui la mia particolare gratitudine e insieme il mio desiderio che essa ben serva al raggiungimento di quelle mete per le quali è stata voluta. Permettete che elenchi qui almeno i Paesi nei quali si sono formati comitati per la realizzazione di quell'opera. Eccoli in ordine alfabetico: Argentina, Australia, Austria, Belgio, Brasile, Danimarca, Francia, Spagna, Olanda, Canada, Lussemburgo, Messico, Repubblica Federale di Germania, Norvegia, Nuova Zelanda, Polonia, Repubblica Sudafricana, Stati Uniti, Svizzera, Svezia, Uruguay, Venezuela, Gran Bretagna, Italia, Zimbabwe. Insieme con la nostra Patria, 25 Paesi. L'immagine è alquanto eloquente. Questi nomi sono stati scolpiti nel marmo: che rimangano a perenne testimonianza.

Se non tutti i comitati dei Paesi elencati, in ogni caso la maggior parte di loro è rappresentata in questa sala. Gli altri si uniscono a noi spiritualmente.


4. Circostanza degna di essere sottolineata è che tra noi sono presenti i Rettori delle Missioni polacche dei vari Paesi del mondo, che in questo periodo si sono dati appuntamento a Roma, dove si trova il Centro della Pastorale per l'emigrazione, in via delle Botteghe Oscure. Il Centro, alle dipendenze del Primate di Polonia, dopo tanti anni di lavoro del Cardinale Rubin, è adesso diretto dal Vescovo Szcepan Wesoly. I Rettori delle Missioni sono giunti per incontrarsi con il nuovo Primate, con il Consiglio generale dell'Episcopato e con il Delegato del Primate per l'emigrazione, per uno scambio di esperienze e per cercare insieme risposte alle esigenze dei tanti diversi ambienti che rappresentano e per tracciare linee e programmi di lavoro. Cari fratelli! Vi saluto cordialmente. Per vostro tramite desidero esprimere la mia gratitudine al clero, alle migliaia di fedeli dei Centri a voi affidati, per il contributo alla nascita di questa Casa che in questi giorni inauguriamo. Vi benedico e benedico tutti coloro che collaborano con voi: sacerdoti, religiose, religiosi, laici, tutte le vostre comunità.

Che la vostra permanenza a Roma, la vostra visita odierna, il vostro incontro con l'Episcopato di Polonia e con i rappresentanti dell'emigrazione polacca in tutto il mondo, infonda in voi uno spirito nuovo, coraggio apostolico e saggezza, affinché possiate indirizzare le menti e i cuori dei fedeli a voi affidati, secondo le direttive della Chiesa e tenendo conto delle condizioni nelle quali vivono le vostre comunità, verso Cristo Redentore dell'uomo. A Maria, Madre della Chiesa, affido voi, il vostro incontro romano, le vostre speranze e preoccupazioni, l'oggi e il domani di tutti i Pastori d'anime, dei collaboratori e dei fedeli dei Centri che voi dirigete in varie parti del mondo.


5. L'incontro odierno e in qualche misura - lo dimostrano i fatti - la festa di tutti i polacchi e di tutti coloro nel mondo intero, le cui origini risalgono in qualche modo alla Vistola e insieme a quell'acqua e a quello Spirito nel quale, più di mille anni fa, comincio a rinascere la Nazione che vi abitava, quando il suo primo storico Sovrano, guidato dalla grazia dello Spirito ed anche da saggezza politica, decise di includerla nella famiglia delle Nazioni cristiane d'Europa e del mondo. La maggior parte dei presenti è costituita da rappresentanti della emigrazione polacca in tutto il mondo, cioè da uomini che spesso da numerose generazioni si sono radicati in un'altra realtà, diversa dalla Polonia che per molti di essi è la "vecchia Patria" oppure il "vecchio Paese". Nello stesso tempo essi sentono che la loro carta di identità o il loro passaporto non sarebbero completi se non vi fosse aggiunto, almeno col cuore, tutto ciò che, attraverso uno strato sottile o spesso, attraverso lungo o breve tempo, si è iscritto in loro e, in qualche modo decide della loro identità interiore. Alla base dell'identità, della solidità e della continuazione di ciascuna Nazione come anche, nel suo ambito, di ciascun uomo, vi sono soprattutto il carattere, la fede, il costume, la cultura. Pertanto la mappa spirituale e geografica dei presenti in questa sala oggi, la ricchezza che essi rappresentano, è molto eloquente. Essa esprime la Polonia, non solamente in senso geografico e politico ma in senso più ampio: spirituale, etnico e culturale.

Prima di giungere a Roma, san Paolo scrisse la celebre lettera ai Romani e poi, da Roma scrisse le altre lettere. Roma era per lui l'anello che lo univa con le altre province, le parti del mondo di allora. San Pietro, cinto dal suo Maestro, è stato condotto qui, forse contro la sua volontà, ma non ha potuto dimenticare in questa metropoli e centro del mondo di allora che il messaggio evangelico, fin dagli inizi, è stato indirizzato a tutto il mondo, a tutte le Nazioni, fino ai confini della terra. E quando si compirono i tempi segnati sull'orologio della storia della salvezza della nostra Nazione, giunsero a lei il Vangelo e le lettere dei santi Pietro e Paolo, il Vecchio e il Nuovo Testamento; arrivarono i missionari dall'Irlanda, dalla Germania, dall'Italia; appari anche la figlia del popolo ceco Dobrawa e sant'Adalberto, e poi tanti altri finché la nostra Nazione prese nelle proprie mani il suo destino cristiano e il proprio futuro. Comincio poi il processo inverso, quello dei polacchi verso Roma, soprattutto dai tempi in cui il Servo di Dio il Cardinale Osio ha avvertito la necessità di organizzare qui un tetto per i sempre più numerosi pellegrini provenienti da un Paese lontano. Hanno avvertito questa necessità anche i Vescovi polacchi, grandi figli della Nazione polacca, che fondarono man mano nuovi Centri.

Grazie al loro interessamento esistono a Roma il Pontificio Collegio Polacco, il Pontificio Istituto Polacco per la formazione spirituale, intellettuale e culturale dei sacerdoti polacchi ed anche il Pontificio Istituto di Studi Ecclesiastici. Esistono poi anche altri Centri di documentazione e studio, fra i quali l'Istituto Storico Polacco, per nominarne solo uno.

Ovviamente anche altre Nazioni, a seconda delle loro possibilità, possiedono qui i loro Istituti a volte molto sviluppati e da tempo noti nel mondo.

Lo scambio di lettere tra Roma, che Pietro aveva scelto come sua sede e dove subi la morte, e le nuove Chiese che nascevano e continuavano a nascere nell'orizzonte del mondo arricchi la costruzione della Chiesa universale di nuovi valori e di sangue fresco. Allo stesso modo si venne formando la storia della Chiesa in Polonia e della Chiesa universale attraverso il contributo della Chiesa in Polonia: oggi bisogna situare in questo disegno la Casa sulla via Cassia ed in questa luce bisogna vedere il suo programma e si suoi compiti. Non è questo il tempo né il luogo per parlare delle premesse; del programma, o della struttura di questa Casa. Mi sono del resto pronunciato a questo proposito in un'altra occasione. Il resto sarà compiuto dai responsabili dei singoli settori, dai loro collaboratori e consiglieri. Che questa Casa, questa Istituzione, che si trova a Roma, sia un punto sensibile tracciato al crocevia di quelle strade che da Roma vanno verso il mondo e di quelle che portano a Roma.

Non molto tempo fa ho benedetto nelle Grotte Vaticane, vicino alla Tomba di san Pietro e di molti suoi successori, la nuova Cappella dei Patroni d'Europa, i santi Benedetto, Cirillo e Metodio.

Inoltre si svolge in questi giorni a Roma, organizzata dalla Università Lateranense e dalla Università Cattolica di Lublino, il Colloquio internazionale sulle comuni radici cristiane delle Nazioni d'Europa. Entrambi i fatti, nonostante abbiano diverso carattere, sono molto eloquenti il loro compito e quello al conferire un'orizzonte più universale a quei valori che hanno concorso e continuano a concorrere alla creazione dell'Europa, della sua cultura e del suo profilo spirituale e di rilevare il contributo dato all'Europa e, attraverso essa, al mondo, dai grandi e nobili popoli slavi. Anche ciò dovrebbe far luce su ciò che dovrebbe essere questa Casa che oggi mi offrite, e di ciò che mediante essa si deve compiere.

Questo Centro che con la grazia di Dio oggi inauguriamo, sia capace di leggere con ogni realismo, nel contesto della storia e in quello del mondo d'oggi, i segni mediante i quali si esprimono i bisogni della Chiesa e del cristianesimo in Polonia, i bisogni della cultura polacca e le aspettative degli altri. Che sia all'altezza dei suoi compiti e delle sue possibilità, luogo d'incontro per l'arricchimento spirituale dei pellegrini. Che vada incontro alle culture delle altre Nazioni che servono l'uomo e l'aiutano a definire il suo ambito nella propria nazione e nel mondo.

Benedico di cuore questo vostro lavoro, offrendo tutta questa opera alle mani di Maria, Madre del Buon Consiglio e Sede della Sapienza.

Prima di concludere, desidero ancora rispondere all'invito rivoltomi dal Primate di Polonia, a nome del Consiglio generale dell'Episcopato polacco e della Chiesa in Polonia, invito di recarmi in Polonia in occasione del giubileo che si celebrerà il prossimo anno, il 600° della presenza della Signora di Jasna Gora nel suo Santuario a Jasna Gora. Desidero rispondere a questo invito ufficiale in modo molto personale. Dico semplicemente che mi sentivo invitato da molto tempo e ciò che abbiamo ascoltato dalla voce del Primate, è solamente la conferma di ciò che sentivo ed è quindi probabile che dopo questo invito non sapro resistere a questo sentimento.

Data: 1981-11-07
Sabato 7 Novembre 1981


Recita dell'"Angelus" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Giustizia sociale per il mondo rurale



1. La liturgia dell'odierna domenica contiene l'elogio della Sapienza. Contiene anche un appello alla prudenza e alla vigilanza. E benché queste ultime abbiano un carattere espressamente escatologico, poiché parlano "dell'economia dell'eterna salvezza" dell'uomo, tuttavia possiamo riferirle pure all'economia dell'umana temporalità legata al lavoro.

Perciò oggi desidero rivolgermi in modo particolare agli uomini ed ai problemi del lavoro agricolo.


2. Occorre innanzitutto ricordare che la terra è un dono di Dio, un dono che l'Onnipotente fa a tutti gli uomini e che deve produrre benefici a vantaggio di tutti. Il moderno sviluppo dell'industrializzazione ha accresciuto la crisi rurale, favorendo il crescente esodo dalle campagne e creando problemi di proletarizzazione intensiva. Si impone quindi la necessità di studiare il coordinamento tra industria e agricoltura, per superarne lo squilibrio e l'opposizione (cfr. MM 36). Le disuguaglianze, che si riscontrano qua e là nel mondo dei lavoratori rurali, non dipendono solo dal grado di sviluppo della tecnologia, ma anche "dalle leggi della politica agricola, dal livello di tutta l'etica sociale" (Angelus, 15 luglio 1979). Soprattutto nei Paesi del Terzo Mondo, "dove la maggioranza della popolazione vive della terra" (), sono urgenti cambiamenti radicali che garantiscano, mediante una giusta legislazione, i diritti primari dei lavoratori agricoli.


3. Oggi, 8 novembre, si celebra in Italia l'annuale "Giornata del Ringraziamento" per i frutti della terra e del lavoro umano. L'iniziativa è promossa dalla Confederazione Nazionale dei Coltivatori Diretti. Oggi, pertanto, sono protagonisti nella lode a Dio proprio i lavoratori dell'agricoltura e delle comunità rurali. Io mi associo di cuore alla loro esultanza, che so frutto di impegno e di fatica, ma che è anche profonda e genuina. La Chiesa desidera oggi manifestare, ancora una volta, la sua particolare sollecitudine per la benemerita, laboriosa gente rurale il cui animo religioso viene accresciuto dal continuo contatto con la natura e con Dio; auspica che siano riconosciuti, nell'ambito della società, il prestigio e la considerazione che le sono dovuti; e invita tutti i lavoratori della terra a superare ogni forma di individualismo o di isolamento e a sentire la mutua solidarietà come una esigenza vitale. La Chiesa considera questo impegno di giustizia sociale come "sua missione, suo servizio, come verifica della sua fedeltà a Cristo" (LE 8).


4. II mese di novembre ci dispone poi in modo particolare alla preghiera per i defunti.

San Paolo, nella sua prima lettera ai Tessalonicesi, ci invita a non soccombere alla tristezza a riguardo dei morti, come fanno invece tutti coloro che non hanno speranza. "Noi crediamo infatti che Gesù è morto e risuscitato; così anche quelli che sono morti, Dio li radunerà per mezzo di Gesù insieme con lui" (1Th 4,14).

Lasciandoci guidare da questa fede e speranza, raccomandiamo tutti i defunti all'infinita misericordia di Dio, recitando l'"Angelus".

(Al termine della recita dell'"Angelus", il Santo Padre ha aggiunto:) Desidero ora annunciarvi che domenica 22 novembre, Festa di Cristo Re, a Dio piacendo mi rechero in visita al Santuario dell'Amore Misericordioso di Collevalenza, in diocesi di Todi, per ricordare, in quel luogo di preghiera e di pietà cristiana, quanto scrissi nella lettera enciclica "Dives in Misericordia", pubblicata esattamente un anno fa: "Il mondo degli uomini può diventare sempre più umano solo se introdurremo nel multiforme ambito dei rapporti interumani e sociali, insieme alla giustizia, quell'amore misericordioso che costituisce il messaggio messianico del Vangelo" (DM 14).

Vi esorto ad accompagnarmi con le vostre preghiere, affinché la mia visita possa recare copiosi frutti di bene per le anime.

Data: 1981-11-08
Domenica 8 Novembre 1981


All'Istituto slovacco dei santi Cirillo e Metodio - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Le radici della cultura slava sono nel cristianesimo, in Dio

Cari fratelli nel servizio episcopale, amati figli e figlie! Le fonti storiche narrano che Papa Adriano II ando personalmente a dare il benvenuto ai santi Cirillo e Metodio quando essi vennero a Roma portando con sé anche le reliquie di san Clemente, martire e Vescovo di Roma (cfr. Vita di Costantino XVII, 1).

L'attuale successore di Clemente e di Adriano viene oggi fuori le porte della Città per salutare i santi fratelli di Tessalonica e venerare la loro memoria in questa chiesa, nella casa loro dedicata.

Il saluto si estende poi a tutti i presenti. In primo luogo saluto voi, carissimi fratelli nel servizio episcopale. Particolarmente saluto Lei, Arcivescovo Andrea Pancrazio: come Vescovo diocesano Lei veglia, con amore e con occhio attento, sulla vita e sull'attività della famiglia slovacca cirillornetodiana che vive in questo Istituto e ne assicura l'inserimento nella Chiesa universale. Saluto Lei, Vescovo Andrea Grutka, protettore e custode di questa famiglia dall'inizio fino ad oggi. Saluto anche Lei, Padre direttore, Monsignor Dominik Hrusovsky. Saluto voi tutti che lavorate nell'Istituto slovacco dei santi Cirillo e Metodio. sacerdoti, religiosi, religiose, aiutanti. Con amore speciale saluto voi, cari seminaristi. E qui il mio sguardo spiritualmente va ancora più lontano, verso tutti quelli che voi qui, in qualche modo, rappresentate: vi saluto, cari slovacchi, in Patria e fuori della Patria. Vi saluto tutti, con tutto il cuore e con l'amore del padre.

Quest'amore ha guidato i miei passi anche verso l'Istituto dei santi Cirillo e Metodio: l'amore verso i due santi fratelli e l'amore verso di voi. La mia visita in quest'lstituto è come un nuovo anello nella catena delle manifestazioni di rispetto e di fiducia verso gli apostoli degli slavi. Alla fine dello scorso anno ho affidato alla loro protezione tutta l'Europa, affinché, insieme a san Benedetto, la custodissero e guidassero verso l'unione, verso la pace, verso la fedeltà alle proprie sorgenti spirituali. Il pellegrinaggio alla tomba di san Cirillo, nella Basilica di san Clemente, il 14 febbraio di quest'anno, è stato una espressione di preghiera, perché l'eredità spirituale dei compatroni d'Europa portasse anche oggi frutti copiosi. La benedizione della Cappella dei santi Benedetto, Cirillo e Metodio nella cripta della Basilica di san Pietro, Lunedì di questa settimana, ha significato la dedicazione permanente di quell'insigne luogo al culto dei protettori d'Europa. Oggi siamo qui, in questo posto, dove il messaggio spirituale dei santi Cirillo e Metodio è regola di vita e programma consapevole di lavoro quotidiano, per meditare insieme sul loro messaggio, per ispirarci al loro esempio, per invocare la loro protezione.

La lettura dell'Antico Testamento che è risuonata qui poco fa ricorda la Sapienza. La trovano quanti l'amano e la cercano. Va incontro a quanti ne sono degni e li cerca (cfr. Sg 6,12 Sg 6,16). Chi non penserebbe subito al giovane Costantino che sceglie la Sapienza per compagna di vita? (cfr. Vita di Costantino III, 1-8). Si tratta della Sapienza Divina, di Dio stesso. Dio ha pensato tutto dall'eternità, ha creato tutto nel tempo e tutto incessantemente governa. Ha trovato anche il cuore puro di Cirillo il quale lo accolse, gli si consacro e visse solo per Lui. Da Dio promanava tutta la saggezza di Cirillo, il suo amore alla verità ed il suo desiderio di diffondere la verità. Questo scienziato, ricercatore di nuove vie nella filologia e nella maniera di annunciare il Vangelo, questo fondatore della cultura dei popoli slavi, attingeva tutto dalla Sapienza Divina. Questa gli ha restituito anche la dignità andata perduta dal progenitore; gli ha restituito la dignità di figlio di Dio, che stimava più delle ricchezze e delle posizioni nel mondo (cfr. ibid IV, 14).

Qui sono dunque le radici della cultura slava, nel cristianesimo, in Dio. La fede in Dio ne è il presupposto e la garanzia della sua piena ricchezza.

Ciò vale per ogni manifestazione della vita e dell'attività culturale. Ciò sia anche per voi, carissimi, regola di condotta e di azione! La parabola delle vergini sagge e imprudenti ci porta a considerare la saggezza vitale dell'uomo che veglia per essere in ogni momento preparato all'incontro con Dio. Quando pensiamo in questa luce all'opera dei santi fratelli di Tessalonica, possiamo riflettere sull'importanza del loro contributo per la vita sociale e civile. L'ambito della loro attività non si limitava al campo esclusivamente religioso, ma dalla fede in Dio traevano conseguenze efficaci per la vita quotidiana dei singoli, delle famiglie e di tutta la società, perché ogni settore, ogni ambito di vita avesse in Dio la sorgente e il fine. così costruirono le fondamenta di una nuova società, della nuova giustizia e pace. Non temettero di combattere e di soffrire per questi principi. In Dio trovarono il fine, l'appoggio e la forza. Quante accuse ingiuste, quante umiliazioni ha dovuto subire Metodio a causa della fedeltà alla missione che considerava come volontà di Dio e che eseguiva come l'ultimo messaggio del fratello morente! Un esempio della saggia vigilanza dei santi apostoli si scorge anche nel loro sforzo di prepararsi dei successori. E' noto che nel viaggio alla Città eterna li accompagnava anche il gruppo di discepoli, raccolti e preparati al servizio sacerdotale. Non è questa anche una delle finalità principali di questo Istituto? Perseguitela dunque con saggia vigilanza, secondo il grande esempio dei santi Cirillo e Metodio! Cirillo che ha molto lottato per le sue iniziative e Metodio che ha molto sofferto per la sua attività hanno consegnato ai popoli, che erano il campo del loro apostolato, un'ulteriore prova di una saggia vigilanza anche con il fatto che hanno loro insegnato a soffrire e li hanno condotti verso il modello dell'uomo sofferente, verso la Vergine Maria. I vostri apostoli hanno frequentato le scuole civili e religiose a Costantinopoli, dove la pietà mariana, nei primi secoli cristiani, ha avuto più di una chiarificazione. Non avrà qui la sua radice ultima anche la venerazione degli slovacchi verso la Vergine Dolorosa? La Croce sul Calvario, sulla Croce il Cristo morente, sotto la Croce la Madre provata ed amorevole: è l'immagine che pende sulla storia del popolo slovacco nel passato ed oggi. Il Cristo sofferente è la forza nelle lotte e nelle sofferenze, Maria invece è sempre la Madre. Il Cristo morente dà la certezza della risurrezione, la Madre assunta in cielo assicura la consolazione della vita eterna. Ciò valeva nel passato, vale oggi e sarà sempre una garanzia di fedeltà al contenuto pieno dell'eredita dei padri.

Miei cari, rimanete sempre fedeli a questa eredità! Conoscetela sempre meglio, le conseguenze per la vostra vita personale e sociale! Vivete secondo questa eredità, restatele fedeli, difendetela e arricchitela nella certezza che essa costituisce la base della vostra grandezza spirituale e della reale grandezza culturale del vostro popolo e di ogni popolo e nazione. In questo vi guidi l'esempio dei vostri santi apostoli e la protezione dell'Addolorata Patrona della Slovacchia.

Data: 1981-11-08
Domenica 8 Novembre 1981


Ad un gruppo di giovani, nel cortile de san Damaso - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il saluto agli allievi delle scuole centrali antincendi

Carissimi giovani! Anche quest'anno, al termine del Corso per Allievi Vigili volontari ausiliari antincendi, avete desiderato quest'incontro con il Papa: avete voluto portare qui la vostra giovinezza, i vostri ideali, la vostra fede.

Vi ringrazio di cuore per il vostro gesto e, mentre porgo il mio sincero saluto ai vostri Superiori, al Cappellano Capo e a ciascuno di voi in particolare, desidero esprimere il mio vivo compiacimento per la buona volontà con cui vi siete preparati al coraggioso e benefico compito che vi attende.

Oggi la liturgia ci fa celebrare la festa di san Martino, un santo molto celebre e popolare, ufficiale romano convertito dal paganesimo e battezzato sui vent'anni, divenuto poi diacono, quindi presbitero ed infine fu Vescovo di Tours in Francia. Che cos'è che caratterizzo la sua vita in modo particolare? Il coraggio della fede e la generosità verso tutti. Per la fedeltà al messaggio di Cristo dovette lottare, soffrire, impegnarsi duramente contro i pagani, eretici e miscredenti: all'amore per il prossimo consacro tutta la sua esistenza, cominciando da quella notte famosa, in cui, ancora catecumeno, durante la ronda, in pieno inverno, incontro un povero seminudo e, presa la spada, taglio in due la clamide, e ne dono la metà al povero. Nella notte seguente vide in sogno Gesù stesso, rivestito della meta del suo mantello.

Siate coraggiosi anche voi, nel vivere e testimoniare la vostra fede cristiana, convinti che essa è veramente la soluzione dei più gravi problemi della vita! Siate generosi anche voi, sempre, verso tutti, con amore, con carità, con spirito di sacrificio, sicuri che la vera gioia si trova nell'amare e nel donare! Vi auguro sinceramente che, come preghiamo nella Santa Messa di oggi, in perfetto accordo con la volontà del Signore e obbedendo alla sua volontà, i vostri giorni trascorrano nella pace e possiate gustare la gioia di essere veramente cristiani! Con questi voti, vi imparto con grande affetto la mia benedizione che estendo volentieri a tutte le persone care.

Data: 1981-11-11
Mercoledì 11 Novembre 1981




Ai Vescovi del Ghana in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La santità predomini nella nostra vita di pastori

Cari fratelli in Cristo!

1. Sono trascorsi diciotto mesi da quando ci siamo trovati insieme in terra ghananese ed abbiamo celebrato il centenario della nascita della Chiesa nella vostra terra. Sono stati giorni di gioia per noi poiché abbiamo percepito lo Spirito Santo in mezzo a noi. In particolare, nella Cattedrale di Accra, dedicata allo Spirito Santo, abbiamo evocato la sua presenza e la sua missione nella Chiesa.

Ed oggi siamo ancora una volta vivamente consci della sua presenza e ci rallegriamo nel celebrare la sua azione nella Chiesa. Lodiamo lo Spirito Santo per averci riuniti insieme in comunione ecclesiale come ministri di Cristo, Vescovi della sua Chiesa, uomini a cui è stato dato il potere di comunicare, mediante la parola ed il Sacramento, il vivificante messaggio della morte e della Risurrezione di Gesù Cristo.


2. Lo scopo della mia visita in Ghana è stato quello di proclamare insieme a voi Gesù Cristo e il suo Vangelo. La mia speranza è stata quella di dare, per grazia di Dio, un nuovo impeto all'evangelizzazione e di confermare voi nella vostra missione di Pastori del gregge. Il nostro ritrovarci qui a Roma ha lo stesso scopo. Insieme noi dedichiamo nuovamente noi stessi alla causa del Vangelo nella fedeltà a Cristo che ci ha affidato il compito di diffondere tutto ciò che Egli ci ha comandato (cfr. Mt 28,20). Ci siamo uniti in preghiera con Maria, chiedendo l'effusione dello Spirito Santo, in modo da perpetuare l'opera stessa redentiva di Cristo. Mediante la parola di Dio e nella potenza dello Spirito Santo, noi intendiamo continuare a costruire la comunità dei fedeli, incoraggiandoli a dare testimonianza a Cristo mediante la loro vita e a compiere la loro missione di servizio fraterno nel mondo.


3. Attraverso il contatto personale che ho avuto il privilegio di avere con la Chiesa del vostro Paese e attraverso i vostri stessi rapporti, so che gli ostacoli all'evangelizzazione e alla catechesi sono molti. Ma noi crediamo e siamo profondamente convinti della potenza della grazia di Cristo in tutte le zone di vita cristiana - anche in quelle dove si riscontrano maggiori difficoltà.

Dal tempo della mia visita pastorale nel Ghana, la Chiesa tutta si è adoperata e ha pregato per il successo del Sinodo dei Vescovi sulla famiglia nel mondo moderno. Entro breve tempo desidero pubblicare un documento che porrà le osservazioni elaborate da quella Assemblea al servizio pastorale di tutti i Vescovi della Chiesa, così che essi possano assistere le famiglie cristiane in modo sempre più adeguato.

Spero che questo documento possa essere di aiuto a voi, Vescovi del Ghana, nella vostra ardua missione di proclamare e sostenere il disegno di Dio per il vostro popolo, quale è stato confermato da Cristo suo Figlio.


4. Siate certi che vi sono vicino nell'aiuto fraterno che voi siete chiamati a dare ai vostri sacerdoti, così come nell'incoraggiamento che dovete offrire ai religiosi. Confido che voi continuerete, con l'aiuto di Dio e con la collaborazione di tutti i settori delle vostre Chiese locali, a sostenere quelle grandi cause apostoliche che con ardore mi sono sforzato di promuovere, insieme con voi, durante la mia visita. Penso in particolare alla cura delle vocazioni ecclesiastiche, all'apostolato dei laici, al ruolo dei catechisti ed al costante radicamento del messaggio evangelico nella vita del Popolo di Dio. Tra tutte le responsabilità che incombono su di noi nel nostro sacro ministero, confidiamo sempre fermamente in Colui "che in tutto ha potere di fare molto di più di quanto possiamo domandare o pensare, secondo la potenza che già opera in noi" (Ep 3,20).


5. Oltre a tutte queste ed altre pressanti sollecitudini del nostro ministero, oltre alle discussioni collegiali ed ai piani pastorali nei quali siamo chiamati ad impegnarci, oltre ai singoli problemi pastorali che interessano le nostre Chiese locali e la Chiesa universale in generale, c'è ancora un'altra questione.

Si tratta del nostro amore personale a Gesù Cristo e la nostra fedeltà alle indicazioni del suo Spirito Santo.

Si tratta della nostra somiglianza a Cristo, Sacerdote e Vittima; in altre parole, si tratta della nostra personale santificazione. Non dimentichiamo le parole di san Paolo; esse possono applicarsi direttamente a noi: a Perché questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione" (1Th 4,3). Nel piano di Dio, la santità è essenziale per ogni effettivo servizio autorevole nella Chiesa; è alla base di ogni genuina sollecitudine pastorale e attività collegiale. Si, la santità ha una grande priorità nella nostra vita.

Permettetemi di ricordare le parole che ho rivolto a tutti voi quel giorno a Kumasi: "... Come Vescovi, invitiamo senza posa il nostro popolo alla conversione della vita, e col nostro esempio indichiamo ad esso la via... Come Vescovi, noi siamo chiamati a fornire una salda testimonianza a Cristo, Sommo Sacerdote e Pontefice di salvezza, diventando segni di santità nella sua Chiesa.

Un discorso difficile? Si, fratelli. Ma questa è la nostra vocazione, e lo Spirito Santo è sopra di noi. Inoltre la fecondità del nostro ministero pastorale dipende dalla nostra santità di vita. Non abbiamo paura. perché la Madre di Gesù è con noi, oggi e sempre. E noi siamo forti per i meriti della sua preghiera e sicuri perché affidati alle sue cure (9 Maggio 1980).

Data: 1981-11-12
Giovedì 12 Novembre 1981





GPII 1981 Insegnamenti - Emigrati polacchi offrono al Papa la "Casa Giovanni Paolo II" - Città del Vaticano (Roma)