GPII 1981 Insegnamenti - Ai partecipanti al Congresso Italo-Tedesco promosso dal Consiglio Sindacale della Fondazione "Konrad-Adenauer" - Città del Vaticano (Roma)


3. Nel tentativo di attuare praticamente questo principio, senza tralasciare naturalmente di tener sempre conto delle situazioni concrete, la responsabile compartecipazione dei lavoratori apporta un contributo decisivo, soprattutto nella forma di Sindacati organizzati. "L'esperienza storica insegna", come ho sottolineato nella mia enciclica "che le organizzazione di questo tipo sono un indispensabile elemento della vita sociale, soprattutto nelle moderne società industrializzate" (LE 20). Ma "la dottrina sociale cattolica non ritiene che i Sindacati costituiscano solo il riflesso della struttura di classe della società e che siano l'esponente della lotta di classe, che inevitabilmente governa la vita sociale... Il lavoro ha come sua caratteristica che, prima di tutto, esso unisce gli uomini; ed in ciò consiste la sua forza sociale: la forza di costruire una comunità. In definitiva, in questa comunità devono in qualche modo unirsi tanto coloro che lavorano, quanto coloro che dispongono dei mezzi di produzione, o che ne sono i proprietari (Ibid LE 20).

Nel vostro Congresso, illustri Signori e Signore, voi avete cercato metodi e soluzioni concrete, al fine di individuare come si possa, nonostante tutte le divisioni e i conflitti di interesse, raggiungere una maggiore unità e partecipazione. Di questo vi sono grato e incoraggio i vostri sforzi. In modo particolare sono lieto del fatto che voi operate in una collaborazione tra lavoratori tedeschi e italiani. Sono convinto che la soluzione delle scottanti questioni del mondo del lavoro in futuro è possibile solo in una solidarietà dei popoli e degli stati. Accompagno il vostro vasto lavoro con particolare interesse, per esso vi formulo i miei migliori auguri e imparto a voi e ai vostri associati la mia benedizione apostolica.

Desidero rivolgere un saluto, anche in italiano, per ribadire l'importanza che attribuisce la Chiesa alle vostre Organizzazioni, destinate a tutelare i legittimi interessi dei lavoratori per un pieno conseguimento del bene comune nella giustizia e nella pace.

Il successo della vostra attività, come voi ben sapete, sta nella unità di azione che assicura benessere ai singoli e progresso nella produttività; al contrario le divisioni e le antitesi, soprattutto quando volutamente spinte a scavare solchi pericolosi, non possono portare risultati positivi né per i lavoratori, né per i datori di lavoro.

Vi ispirino sempre in questo vostro lavoro tanto nobile, ma anche tanto difficile, i principi religiosi e morali da cui la Chiesa attinge ispirazione nella sua dottrina sociale: essi assicureranno alla vostra opera quella interiore linfa vitale, quella forza ed efficacia che sono indispensabili in un campo così impegnativo come il vostro.

Vi sia di conforto la mia speciale benedizione apostolica.

Data: 1981-11-21
Sabato 21 Novembre 1981


Durante l'incontro con tutte le comunità lasalliane - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Fedeltà alle geniali intuizioni di un grande apostolo della Scuola Cattolica

Diletti fratelli e sorelle, Carissimi studenti,

1. Sono particolarmente lieto di trovarmi oggi con voi, qui convenuti numerosi da varie parti d'Italia, in rappresentanza della scuola cattolica lasalliana.

A voi Superiori, e in primo luogo al Superiore Generale, a voi insegnanti, studenti, familiari ed ex alunni va il mio più cordiale saluto, che si ispira a sentimenti di sincera stima ed affetto.


2. Nel trovarci ora qui, vicini e quasi all'ombra del Santuario di san Giovanni Battista de La Salle, dove sono conservate le sue venerate reliquie, spontaneo si eleva dall'animo il pensiero riconoscente a Dio, datore di ogni bene per aver ispirato al Fondatore dei fratelli l'istituzione delle Scuole cristiane.

La preoccupazione primaria di formare buoni maestri; il coinvolgimento degli alunni e dei genitori nell'azione educativa; il clima fraterno dei rapporti tra i docenti e gli alunni, fondato sul rispetto, la fiducia e l'amore; la valida formazione religiosa alimentata dalla catechesi e dalla vita liturgica; la fondazione di scuole diversificate secondo i bisogni della gioventù del suo tempo: per i fanciulli poveri, per i figli degli artigiani, per gli operai, per i maestri...; ed anche l'uso della lingua materna, sono la dimostrazione evidente e concreta della grande attenzione che san Giovanni Battista de La Salle ebbe per l'uomo e per i segni dei tempi, e rappresentano felici intuizioni pedagogiche, profetiche e anticipatrici.

Della sua ricca spiritualità mi piace segnalare in questa circostanza l'amore profondo alla preghiera e alla meditazione della Parola, la filiale devozione a Maria, per cui era conosciuto come "il prete del Rosario", e infine l'incrollabile fedeltà al Romano Pontefice: proprio per questo, fin dalle origini dell'Istituto volle inviare a Roma due fratelli, per metterli a disposizione del Papa.

"Dovete manifestare alla Chiesa quale amore avete per essa. Dovete darle prova del vostro zelo, perché lavorate per la Chiesa che è il corpo di Cristo. Voi siete ministri della Chiesa per la missione che Dio vi ha dato quali dispensatori della sua Parola" (M.P. 201,2). Questo ha lasciato scritto per voi il Fondatore, cari fratelli, a questo anch'io esorto.


3. La vostra scuola cattolica sta sommamente a cuore alla Chiesa. Infatti "la Scuola Cattolica" costituisce una comunità autentica e veridica, la quale, assolvendo il suo specifico compito di trasmissione culturale, aiuta tutti i suoi membri ad assumere lo stile di vita tipico del cristiano: in essa infatti il rispetto dell'altro diventa servizio alla persona del Cristo; la collaborazione nasce sotto il segno della fratellanza; l'impegno politico per il conseguimento del bene comune è responsabilmente assunto come impegno per la costruzione del regno di Dio", si legge nella Dichiarazione pubblicata il 19 marzo 1977 dalla Sacra Congregazione per l'Educazione Cattolica (n. 60).

Siate fedeli al carisma del vostro Istituto, siate fedeli alla vostra originale vocazione di "apostoli della scuola". Vocazione invero ardua, che comporta rinunce e sacrificio, dedizione totale alla missione educativa, fiducia inesauribile nei giovani e un amore grande per il Signore, nutrito nell'assidua preghiera, perché "è Dio che fa crescere" (cfr. 1Co 3,7).

Il mio vivo compiacimento vi sia il conforto e di incoraggiamento nel vostro prezioso apostolato per la Chiesa.

A voi e ai vostri collaboratori laici, che validamente cooperano al raggiungimento dei fini particolari della scuola cattolica lasalliana, si rivolge il documento conciliare "Gravissimum Educationis" quando afferma: "Da parte loro gli insegnanti ricordino che dipende essenzialmente da essi, se la scuola cattolica riesce a realizzare i suoi scopi e le sue iniziative. Stretti tra loro e con gli alunni dal vincolo della carità e ricchi di spirito apostolico, essi devono dare testimonianza sia con la vita, sia con la dottrina all'unico Maestro che è Cristo" (GE 3).


4. A voi studenti, che con la nostra numerosa e festosa presenza, mentre esprimete l'affetto al Papa, intendete anche manifestare la gratitudine e l'affetto ai vostri educatori, desidero dire: siate riconoscenti a questi bravi fratelli, che con amore e sacrificio curano la vostra formazione umana e cristiana.

Sappiate apprezzare il dono e il privilegio di frequentare la scuola cattolica; sappiate far fruttare questo "talento" che vi è stato dato.

Il primo atteggiamento che dovete avere è quello dell'ascolto attento e dell'accoglimento del messaggio evangelico che la scuola vi propone. "Aprite il vostro giovane cuore a Cristo"! E' Lui che vi salva, Lui che può appagare ogni vostra aspirazione, Lui che può tessere di gioia la vostra vita.

Il secondo atteggiamento che si chiede da voi è quello di un impegno diligente per conseguire una accurata preparazione culturale, morale e sociale. La Chiesa guarda a voi con fiducia, perché da voi dipende un migliore futuro per la società e per la civiltà.

Per questo l'alunno cristiano e gioiosamente aperto a tutti i valori umani del vero, del bene e del bello, per attuare nella propria persona la feconda sintesi di fede, cultura e vita, ed è proteso a trasmettere agli altri il messaggio ricevuto.


5. A voi genitori, ai quali per diritto naturale spetta in prima istanza la funzione educativa dei figli, rivolgo la pressante esortazione ad essere consapevoli della responsabilità. "Tocca infatti ai genitori creare in seno alla famiglia quell'atmosfera vivificata dall'amore e dalla pietà verso Dio e verso gli uomini, che favorisce l'educazione completa dei figli in senso personale e sociale" (GE 3).

La scelta della scuola cattolica presuppone dunque una consapevole elezione educativa e l'adesione leale al progetto educativo ispirato ai valori eterni del Cristianesimo.

Essa comporta poi sintonia e cooperazione tra scuola e famiglia nella coerente proposta di valori, di modelli e di comportamenti; occorre pertanto favorire le occasioni e gli strumenti per costruire insieme una vitale "comunità educante".

Cari fratelli e sorelle, a conclusione di questo incontro, desidero rinnovare l'espressione del mio apprezzamento per la meritoria azione educativa della scuola cattolica lasalliana, che innumerevoli benemerenze ha acquisito nei trecento anni della sua storia.

Estendo questo apprezzamento a tutta la scuola cattolica, incoraggiando lo sforzo sincero di quanti vi operano, per offrire al mondo una immagine limpida e leggibile di testimonianza cristiana, in profonda comunione con la Chiesa locale.

A tutti voi il mio cordiale voto di ogni bene, che accompagno con la mia apostolica benedizione, a sostegno delle vostre aspirazioni e propositi.

Data: 1981-11-21
Sabato 21 Novembre 1981


L'omelia nel corso della Messa celebrata nel Santuario di san Giovanni Battista de La Salle - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Educare i giovani all'incontro con Cristo

Carissimi fratelli e sorelle,

1. E' per me motivo di grande gioia potermi incontrare con voi, intorno all'altare del Signore, per celebrare la liturgia eucaristica, a chiusura dell'anno giubilare, con cui è voluta ricordare la fondazione di questo Istituto avvenuta trecento anni fa a Reims, in Francia, per opera di san Giovanni Battista de La Salle.

Per la precisione, la data fissata, come ben sapete, era il 16 maggio scorso; ma la Divina Provvidenza, in cui il Fondatore dei Fratelli delle Scuole Cristiane credeva fermamente e a cui si affidava con estrema fiducia, decise diversamente. Appena pero è stato possibile, non ho mancato di realizzare la promessa, e sono venuto per prendere parte alla vostra letizia e per esprimere l'apprezzamento e la riconoscenza della Chiesa intera.

Ispirandovi agli esempi ed alla dottrina di san Giovanni Battista de La Salle, vero genio di educatore cristiano, voi avete ampliato in ben ottantadue nazioni i suoi ideali e le sue ansie apostoliche. Egli, in quel grande secolo che fu per la Francia il "Seicento", intui che era necessario insegnare soprattutto l'arte del vivere cristianamente, e si dedico all'ideale della scuola cristiana con l'intento di dare a tutti una solida cultura alla luce del Vangelo.

Le innovazioni e le opere da Lui compiute stanno a significare la grandezza di quell'uomo intelligente e lungimirante; la profondità della dottrina e l'eroicità delle virtù ne dimostrano la santità. Voi avete raccolto con animo ardente la sua preziosa eredità: il giorno della sua morte, avvenuta a Rouen il 7 aprile 1719, i fratelli erano 101 e tenevano scuole in varie regioni della Francia ed una anche in Roma, con approvazione pontificia; oggi circa undicimila di essi insegnano in tutte le parti della terra.

Tutto ciò è motivo per voi e per la Chiesa di gioia e di ringraziamento al Signore, che, nonostante difficoltà ed avversità, ha mantenuto viva la fiamma accesa dal Fondatore e ha permesso di continuarne l'opera tanto necessaria e benemerita.


2. L'odierno incontro, così solenne e significativo, ci offre l'occasione di meditare sugli insegnamenti di san Giovanni Battista de La Salle, prendendo lo spunto dalla scena descritta dal Vangelo, che è stato ora proclamato.

E' un episodio che a prima vista può sconcertare. Da una parte si nota l'affetto di Maria e dei parenti verso Gesù, i quali lo amano, lo seguono, trepidano per lui, talvolta perfino restano perplessi per i suoi discorsi e la sua condotta; dall'altra si vede l'attaccamento della folla a Gesù, protesa all'attento ascolto della sua parola. E Gesù, quando gli annunziano che sua Madre e i suoi parenti desiderano incontrarlo, gira lo sguardo sulla folla e dice: "Chi è mia Madre e chi sono i miei fratelli? Chi compie la volontà di Dio costui è mio fratello, sorella e madre" (Mc 3,31-35). Gesù, con parola serena, sembra staccarsi dagli affetti umani e terreni, per affermare un tipo di parentela spirituale e soprannaturale che deriva dal compimento della volontà di Dio. Certamente Gesù con quella frase non voleva eliminare il proprio amore per sua Madre e per i suoi parenti, né tanto meno negare il valore degli affetti familiari. Anzi, è proprio il messaggio cristiano a sottolineare continuamente la grandezza e la necessità dei legami familiari. Gesù voleva, in certo qual modo, anticipare o spiegare la dottrina fondamentale della vite e dei tralci, e cioè della medesima vita divina che passa tra Cristo Redentore e l'uomo redento dalla sua "grazia". Compiendo la volontà di Dio, noi siamo elevati alla dignità suprema dell'intimità con lui.

Questo fu l'assillo continuo del vostro santo Fondatore, che in punto di morte disse ancora: "Adoro in ogni cosa la volontà di Dio nei miei confronti", e tale ideale egli ci addita con tutta la sua carica spirituale. Si tratta di scoprire qual è in effetti la volontà dell'Altissimo! Si può dire, in generale, che prima di tutto fare la volontà di Dio significa accogliere il messaggio di luce e di salvezza annunciato da Cristo, Redentore dell'uomo. Infatti, se Dio ha voluto entrare nella nostra storia, assumendo la natura umana, è segno certo che desidera e vuole essere conosciuto, amato e seguito nella sua storica e concreta presenza. E poiché Dio è "Verità" per essenza, rivelandosi nella storia sempre mutevole e contrastata, Egli doveva necessariamente, per la logica intrinseca della verità, garantire la Rivelazione e la conseguente Redenzione mediante la Chiesa, composta di uomini ma da Lui stesso assistita in modo particolare, affinché la verità rivelata fosse mantenuta integra e sicura nel travaglio dei tempi. San Giovanni Battista de La Salle comprese perfettamente questa prima esigenza della volontà di Dio che è la fede in Cristo e nella Chiesa. Volle pertanto le "Scuole Cristiane" per l'educazione e la formazione dei fanciulli e dei giovani all'"incontro con Cristo"; e nel testamento spirituale chiedeva a Dio la grazia che la Famiglia da lui fondata "fosse sempre sinceramente sottomessa al Papa ed alla Chiesa Romana". E' questo un insegnamento molto valido anche nella nostra epoca, in cui bisogna educare a scoprire ed a valutare tutto ciò che vi è di buono nelle correnti del pensiero moderno, senza tuttavia cedere in nulla circa quanto è patrimonio della "Verità".

Insieme con la fede in Cristo è ugualmente volontà di Dio la vita di "grazia", e cioè l'attuazione della "legge morale", espressione appunto della volontà divina nei riguardi dell'essere ragionevole e volitivo, creato a sua immagine. Esiste oggi purtroppo il tentativo di eliminare il senso della colpa e della realtà del peccato. Noi sappiamo invece che la "legge morale" esiste e che la preoccupazione fondamentale dell'uomo deve essere quella di amare sinceramente Dio eseguendo i suoi voleri, che formano poi, in realtà, la sua autentica felicità. Volontà di Dio è perciò il vivere in "grazia", lontani dal peccato, e di ritornare in "grazia" mediante il pentimento e la Confessione sacramentale, qualora essa sia stata perduta. Questo fu pure l'intento di san Giovanni Battista de La Salle con l'istituzione delle Scuole Cristiane: "Siamo in questo mondo unicamente per salvarci!" - scriveva nelle sue Meditazioni sopra le principali feste dell'anno e invitava a chiedere alla Vergine santissima la grazia di poter evitare il male.

Infine, è certamente volontà di Dio l'impegno nella carità. "Se non ho la carità - scriveva san Paolo - sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna". E continuava: "Se possedessi anche la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla" (1Co 13,1-2).

Spinto da questo appassionato spirito di carità san Giovanni Battista de La Salle volle dedicarsi ai ragazzi più poveri economicamente, culturalmente e spiritualmente, e inculco che sotto l'abito dimesso e miserabile fosse sempre vista la persona di Cristo.

Il santo Fondatore interpreto esattamente l'affermazione di Gesù. Esorto anche voi a seguirlo, sempre, in ogni luogo, con amore, con fervore, con generosità e letizia.


3. Carissimi! Oggi, 21 novembre, Festa della Presentazione di Maria al tempio, viene spontaneo concludere questa omelia ricordando la tenera devozione che sempre san Giovanni Battista de La Salle coltivo verso Maria santissima e di cui sono dense le sue opere ascetiche e pedagogiche. Diceva esplicitamente: "Se avremo una vera devozione per la santissima Vergine, nulla potrà mancarci di quanto sarà necessario alla nostra salvezza" (Meditazioni sulle principali feste dell'anno) ed insisteva particolarmente sulla recita quotidiana del Rosario; desiderava che la giornata si chiudesse con la preghiera "Maria, Mater gratiae", l'ultima che egli stesso recito sul letto di morte.

San Giovanni Battista de La Salle vi sia di esempio e di guida nell'impegno per compiere la volontà di Dio e nello sforzo per acquistare una tenera e autentica devozione alla Madonna, la quale non mancherà di ottenervi la perseveranza nell'amore a Cristo ed ai fratelli.

Desidero aggiungere una parola nella lingua del vostro Fondatore, che è poi la lingua di molti di voi. Tutti voi, maestri, genitori, alunni abbiate fiducia nelle capacità di fede, di bene, di dono di sé che albergano nel cuore delle giovani generazioni, ma che bisogna elevare, affermare e sviluppare, secondo l'amore esigente di Gesù Cristo, "non come vasi da riempire, ma come anime da formare", secondo l'espressione di san Giovanni Battista de La Salle. Che questo grande santo illumini il vostro cammino, susciti nuovi fratelli, affinché grazie a voi e a loro, la Chiesa di oggi persegua con ardore la sua missione educatrice!

Data: 1981-11-21
Sabato 21 Novembre 1981


Ai Fratelli delle Scuole Cristiane - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Siate per i giovani esempio di vita fraterna

Dopo aver incontrato i vostri allievi venuti da tutto il mondo, dopo esserci ritrovati tutti intorno all'altare in una preghiera unanime e fervente, non voglio terminare questa giornata senza rivolgere una speciale parola d'apprezzamento e d'incoraggiamento a voi, cari fratelli delle Scuole Cristiane, rappresentanti le migliaia di fratelli sparsi in tutto il mondo.

1. La lettera che vi ho inviato il 13 maggio 1980 per l'apertura dell'anno che commemora il trecentenario della fondazione del vostro Istituto, esprimeva l'essenza del mio pensiero. Per più di un anno avete celebrato in varie circostanze questo giubileo, meditando sulla fedeltà al carisma del vostro Fondatore. Questo carisma - occorre ricordarlo - è quello di aver concepito la scuola, mettendola a disposizione di tutti e specialmente dei poveri, come una comunità educante, secondo la visione cristiana, cioè fondata sull'amore, capace di formare l'anima e nello stesso tempo lo spirito dei bambini e degli adolescenti grazie a maestri altamente preparati e competenti, essi stessi consacrati a Dio, familiari alla preghiera e abituati a vivere come fratelli alla scuola dell'unico Maestro Cristo Gesù. In lui la scuola cristiana trova la sua ispirazione e il suo modello.


2. Come alle origini del vostro Istituto, questo apostolato possiede una importanza primaria e una scottante attualità, tanto più che l'insufficiente numero di educatori devoti, competenti e disinteressati si fa sentire dappertutto e lo statuto delle scuole cattoliche ha bisogno di essere riaffermato - con modalità diverse secondo i Paesi - e il suo progetto educativo valorizzato.

So quanto voi vi sforziate, nella vostra azione educativa, di ascoltare i bisogni reali dei giovani, con una pedagogia centrata sulla persona: di questo mi congratulo e vi ringrazio. Sono anche sicuro che voi avete a cuore di promuovere la cooperazione con i genitori e le loro associazioni.

L'opera che voi compite, in unione con le altre Congregazioni d'uomini e di donne consacrati alla formazione dei giovani e con altri maestri laici, fa parte dell'insieme di una pastorale di cui ciascun Vescovo e le Conferenze Episcopali sono responsabili di primo piano. Come dicevamo ieri con i membri dell'Assemblea plenaria della Congregazione per i religiosi e gli Istituti secolari, i rapporti di fiducia, di comprensione e di collaborazione si devono approfondire mutuamente tra Vescovi e religiosi e tra gli stessi Istituti religiosi, per affrontare i bisogni attuali, soprattutto quando si pongono problemi di ristrutturazione, nel rispetto certamente del vostro carisma e della vostra vita religiosa.


3. A chi è sul cammino spirituale che voi invitate i giovani a percorrere, ricordate quanto diceva il vostro santo fondatore: "I giovani che Dio vi affida sono figli di Dio; essi sono come voi consacrati alla Trinità dopo il loro Battesimo". Il vostro ruolo è quello dunque di sviluppare le conseguenze di questa loro appartenenza spirituale, in un clima di fiducia, di pazienza e di libertà ben compresa, cosa che suppone: risvegliare la loro fede, fortificarla o riscoprirla in una catechesi viva e rinnovata secondo gli orientamenti della gerarchia; formarli alla preghiera, al bisogno di una solitudine appropriata, aiutarli ad accogliere le esigenze evangeliche come vie di liberazione, di vita e di donazione; insegnare loro ad amare la Chiesa e a prenderne parte attiva, ad assumere le loro responsabilità d'uomini e di cristiani nel loro ambiente, in spirito di servizio; sostenere la loro volontà di aiuto ai Paesi meno favoriti; coltivare come conviene il loro anelito missionario. E per i vostri allievi che non condividono la fede cattolica, la testimonianza della vostra devozione competente, del vostro rispetto delle coscienze, dei valori spirituali e morali che voi insegnate è ugualmente importantissimo: esso fa parte della missione evangelizzatrice della Chiesa.


4. Per voi, il servizio educativo che rendete alla società e alla Chiesa è parte della vostra missione religiosa. Questo vuol dire che dovete attingere nella preghiera e nella fedeltà quotidiana ai vostri voti l'anima del vostro apostolato.

Nella mia lettera, avevo insistito a proseguire sulla via della preghiera, che è capitale. Vorrei sottolineare un altro elemento fondamentale della vostra vita religiosa, per il quale san Giovanni Battista de La Salle è non solo un maestro, ma un modello: penso alla vita comunitaria. La celebrazione del trecentenario vi ha rimesso davanti agli occhi gli inizi laboriosi del vostro Istituto, pieno di difficoltà esterne ma anche interne: i primi discepoli, contestati da tutte le parti, senza sicurezza per il domani, erano assaliti da violente tentazioni di scoraggiamento e di abbandono. E' stato allora che il Signor de La Salle, abbandonando i privilegi di Canonico, si mise a condividere il loro stile di vita in mezzo ad essi; rinuncio ai suoi privilegi per rivestirsi della loro insicurezza materiale. Essendo dei loro mise in comune tutto, i "Maestri di Scuola", divenuti "fratelli delle Scuole Cristiane" non erano che un cuore e un'anima sola, a immagine della prima comunità cristiana.

Quale preziosa fonte di meditazione per voi, cari fratelli, inseriti in un mondo che riscopre il senso comunitario! Vi invito cordialmente a vivere intensamente questa vita fraterna! I giovani della nostra epoca sono particolarmente sensibili alla testimonianza di una comunità unita nella carità e nella donazione di sé agli altri; in essa scoprono Cristo e questa presenza li attira.


5. Quale campo meraviglioso d'apostolato vi è affidato! Esso suppone che ciascuno dei fratelli sia saldo nell'intimo della sua coscienza della vicinanza di Gesù Cristo, che gli domanda continuamente, come a Pietro: "Mi ami tu?", fai questo per amore? Si, che il Cristo - che festeggeremo domani come Re dell'universo - regni nei vostri cuori e che il suo Regno di amore e di santità si estenda grazie a tutti i Fratelli delle Scuole Cristiane! Che Egli sia la vostra gioia e la vostra forza! Che Egli chiami ad operare con voi nuovi operatori evangelici! Che la Vergine Maria ci mantenga alla scuola di Cristo! Che san Giovanni Battista de La Salle vi conduca con sicurezza sulle vie antiche e nuove della fede! Di tutto cuore, benedico i responsabili della vostra Congregazione e, insieme a voi, tutti i Fratelli che compiono umilmente la loro opera nel mondo.

Data: 1981-11-21
Sabato 21 Novembre 1981


Il Discorso all'arrivo a Collevalenza

Titolo: L'itinerario spirituale dall'uomo a Dio passa anche attraverso questo Santuario

Signor Ministro, e cari cittadini di Collevalenza, di Todi e dell'intera regione!

1. Debbo esprimervi un ringraziamento sincero per l'accoglienza cordiale che mi avete riservato, convenendo così numerosi e devoti in questo luogo a porgermi il vostro saluto per il ritorno nell'ospitale terra dell'Umbria. Dico ritorno, perché é ormai la quarta volta che, dall'inizio del mio servizio pontificale, mi è dato di recarmi in questa storica regione che, posta com'è al centro dell'Italia, sembra esprimere e riassumere le caratteristiche dell'intera popolazione della Penisola: l'equilibrio, la laboriosità, l'attaccamento ai valori morali, l'autentico spirito religioso. A tutte le popolazioni dell'Umbria l'attestato del mio affetto e del mio apprezzamento.


2. Oggi sono qui fra voi pellegrino, a un anno di distanza dalla pubblicazione dell'enciclica "Dives in Misericordia", nella quale, integrando quanto già avevo scritto nella "Redemptor Hominis", invitavo a rivolgere lo sguardo a Dio nostro Padre, da cui solo ogni paternità prende nome nei cieli e sulla terra (cfr. Ep 3,15), come prende consistenza la reale dignità dell'uomo-figlio. Dicevo in quel documento che dalla verità intorno all'uomo bisogna risalire, in Cristo, alla verità del mistero del Padre e del suo amore (cfr. "Insegnamenti di Giovanni Paolo II", III, 2 (1980) 1533-1534).

Vorrei dire ora che questo spirituale itinerario dall'uomo a Dio, basato sulla mediazione di Cristo rivelatore, mi ha suggerito il presente itinerario, che è propriamente un pellegrinaggio al Santuario dell'Amore Misericordioso. Fortunata è l'Umbria, fortunata in particolare è la vostra antica ed illustre città, cari abitanti di Todi, perché accanto alle numerose e ben note tradizioni religiose, accanto ai tanti artistici e suggestivi templi e monumenti cristiani, possiede questo Santuario, che è centro eletto di spiritualità e di pietà. Col suo stesso nome, come con la sua mole e con l'attività spirituale, pastorale e formativa che vi è promossa, esso a tutti ricorda e proclama la grande e consolante verità della misericordia paterna del Signore. Che sarebbe l'uomo, se non avesse il supremo suo fondamento in Dio? Che sarebbe di lui, se non ci fosse per lui, su nel cielo, un Padre che lo segue e lo ama con la generosità della sua provvidenza? Che sarebbe di lui peccatore, se non potesse contare sulla certezza di avere in questo stesso Padre colui che sempre lo comprende e lo perdona con la generosità della sua misericordia? Eco, fratelli e sorelle, a simili interrogativi, a cui già con la mia enciclica intendevo richiamare tutti i figli della Chiesa per una convinta risposta di fede, ci richiama altresì questo insigne Santuario, che tanto opportunamente è sorto in mezzo a voi. Esso costituisce un "segno", e quindi un invito a meditare e ad accogliere l'eterno messaggio della salvezza cristiana, quale scaturisce dal disegno misericordioso di Dio Padre.


3. Ritrovandomi in questa terra nell'anno centenario della nascita di san Francesco, desidero elevare anche a lui il mio pensiero devoto, nel ricordo del sublime insegnamento che egli ci ha lasciato proprio a riguardo della misericordia divina. Nel suo Cantico delle Creature egli ha detto, fra l'altro: "Laudato sie, mi Signore, per quelli che perdonano per lo tuo amore, et sostengono infirmitate et tribulatione: ...che da te Altissimo saranno incoronati". Francesco, maestro dell'amore e del perdono, si appella alla misericordia generosa di Dio.

Né posso dimenticare il vostro concittadino fra Jacopone da Todi che, discepolo del santo di Assisi, tradusse ed interpreto nell'originalità della sua arte l'interna fiamma di amore verso Dio, come personale risposta all'anteriore e preveniente amore di Dio per noi. Nel nome dei santi dell'Umbria, nel ricordo di Jacopone e di tanti altri uomini della Todi francescana e cristiana, io do inizio all'odierno pellegrinaggio, a tutti porgendo fin d'ora il mio cordiale saluto con l'apostolica benedizione.

Data: 1981-11-22
Domenica 22 Novembre 1981


Omelia, Santuario dell'Amore misericordioso - Collevalenza

Titolo: Il Regno di Dio già esiste. Esso è nel mondo: è in noi



1. "Venite benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo" (Mt 25,43). Abbiamo sentito queste parole poco fa, nel Vangelo della solennità odierna. Tali parole pronuncerà il Figlio dell'uomo quando, come re, si troverà dinanzi a tutti i popoli della terra, alla fine del mondo. Allora, quando "Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri" (Mt 25,32), a quanti si troveranno alla sua destra, rivolgerà le parole: "ricevete in eredità il regno".

Questo regno è il dono definitivo del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. E' il dono maturato "fin dalla fondazione del mondo" (Mt 25,34), nel corso di tutta la storia della salvezza. Esso è dono dell'Amore misericordioso.

Perciò oggi, festa di Cristo Re dell'universo ed ultima domenica dell'anno liturgico, ho desiderato venire al Santuario dell'Amore misericordioso.

La liturgia di questa domenica ci rende consapevoli, in modo particolare, che nel regno rivelato da Cristo crocifisso e risorto si deve compiere definitivamente la storia dell'uomo e del mondo: "Cristo, infatti, è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti" (1Co 15,20).


2. Il regno di Cristo, che è dono dell'eterno Amore, dell'Amore misericordioso, è stato preparato "fin dalla fondazione del mondo".

Tuttavia, "a causa di un uomo venne la morte" (1Co 15,21) e "tutti muoiono in Adamo" (1Co 15,22). All'essenza del regno, nato dall'Eterno Amore, appartiene la vita e non la morte.

La morte è entrata nella storia dell'uomo insieme con il peccato.

All'essenza del regno, nato dall'eterno Amore, appartiene la Grazia, non il peccato.

Il peccato e la morte sono nemici del regno perché in essi si sintetizza, in un certo senso, la somma del male che è nel mondo, penetrato nel cuore dell'uomo e nella sua storia.

L'Amore misericordioso tende alla pienezza del bene. Il regno "preparato fin dalla fondazione del mondo" è regno della verità e della grazia, del bene e della vita. Tendendo alla pienezza del bene, l'Amore misericordioso entra nel mondo segnato col marchio della morte e della distruzione. L'Amore misericordioso penetra nel cuore dell'uomo, aggravato dal peccato e dalla concupiscenza, che è "dal mondo". L'Amore misericordioso instaura un incontro con il male; affronta il peccato e la morte. E proprio in ciò si manifesta e riconferma il fatto che questo Amore è più grande di ogni male.

San Paolo, tuttavia, ci rende consapevoli di quanto sia lunga la via che questo Amore deve percorrere, la via che conduce al compimento del Regno "preparato fin dalla fondazione del mondo". Egli, scrivendo sul Cristo Re, si esprime così: "Bisogna... che Egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L'ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte" (1Co


15,25s).

La morte è stata già annientata, per la prima volta, nella risurrezione di Cristo, che in tale vittoria si è manifestato Signore e Re.

Tuttavia, nel mondo continua a dominare la morte: "tutti muoiono in Adamo", perché sul cuore dell'uomo e sulla sua storia grava il peccato. Esso sembra pesare in modo particolare sulla nostra epoca.

Quanto grande è la potenza dell'Amore misericordioso, che aspettiamo fino a quando Cristo non avrà messo tutti i nemici sotto i suoi piedi, vincendo fino in fondo il peccato ed annientando, come ultimo nemico, la morte! Il regno di Cristo è una tensione verso la vittoria definitiva dell'Amore misericordioso, verso la pienezza escatologica del bene e della grazia, della salvezza e della vita.

Questa pienezza ha il suo inizio visibile sulla terra nella croce e nella risurrezione. Cristo, crocifisso e risorto, è fino in fondo autentica rivelazione dell'Amore misericordioso. Egli è re dei nostri cuori.


3. "Bisogna infatti che Egli regni" nella sua croce e risurrezione, bisogna che regni fino a quando "consegnerà il regno a Dio Padre..." (1Co 15,24). Quando infatti ridurrà "al nulla ogni principato e ogni potestà e potenza", che tengono il cuore umano nella schiavitù del peccato, e il mondo nella sottomissione alla morte; quando "tutto gli sarà stato sottomesso", allora anche il Figlio farà atto di sottomissione a Colui che gli ha sottoposto ogni cosa, "perché Dio sia tutto in tutti" (1Co 15,28).

Ecco la definizione del regno, preparato "fin dalla fondazione del mondo".

Ecco il definitivo compimento dell'Amore misericordioso: Dio tutto in tutti! Quanti nel mondo ripetono ogni giorno le parole "venga il tuo regno", pregano in definitiva "perché Dio sia tutto in tutti". Tuttavia, "a causa di un uomo venne la morte" (1Co 15,21), la cui dimensione interna nello spirito umano è il peccato.

Ed ecco, l'uomo, permanendo in questa dimensione di morte e di peccato, l'uomo tentato fin dall'inizio con le parole: "diventerete come Dio" (cfr. Gn 3,5), mentre prega "venga il tuo regno", purtroppo si oppone alla sua venuta, la respinge addirittura. Sembra dire: se in definitiva Dio sarà "tutto in tutti", che cosa rimarrà per me uomo? Questo regno escatologico non assorbirà forse l'uomo stesso, non lo annienterà? Se Dio è tutto, l'uomo è niente; egli non esiste. così proclamano gli autori delle ideologie e dei programmi, che esortano l'uomo a voltare le spalle a Dio, ad opporsi al suo regno con assoluta fermezza e determinazione, perché solo così può costruire il proprio regno; cioè il regno dell'uomo nel mondo, il regno indivisibile dell'uomo.


4. così ritengono, così proclamano, e per questo si battono. Impegnandosi in tale battaglia, sembrano non avvertire che l'uomo non può regnare finché in lui continua a dominare il peccato; che egli non è veramente re quando su di lui domina la morte... Che tipo di regno è mai questo, se non si libera l'uomo da quel "principato, potestà e potenza", che trascinano al male la sua coscienza ed il suo cuore, e fanno scaturire dalle opere del genio umano orribili minacce di distruzione? Tale è la verità sul mondo in cui viviamo. La verità sul mondo in cui l'uomo, con tutta la sua fermezza e determinazione, respinge il regno di Dio, per fare di questo mondo il proprio regno indivisibile. E, nello stesso tempo, sappiamo che nel mondo già esiste il regno di Dio. Esiste in modo irreversibile.

Esso è nel mondo: è in noi! Oh! di quanta potenza di Amore hanno bisogno l'uomo odierno e il mondo! Di quanta potenza dell'Amore misericordioso! Perché quel regno, che già esiste nel mondo, possa ridurre a nulla il regno del "principato, potestà e potenza", che inducono il cuore dell'uomo al peccato, e sul mondo stendono l'orribile minaccia della distruzione.

Oh! quanta potenza dell'Amore misericordioso si deve manifestare nella croce e nella risurrezione di Cristo! "Bisogna che Egli regni...".


5. Cristo regna per il fatto che tutti e tutto conduce al Padre, regna per consegnare "il regno a Dio Padre" (1Co 15,24), "per sottomettere se stesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa" (1Co 15,28).

Egli regna come Pastore, come il Buon Pastore.

Pastore è colui che ama le pecore e ne ha cura, le protegge dalla dispersione, le raduna "da tutti i luoghi dove erano disperse nei giorni nuvolosi e di caligine" (Ez 34,12).

L'odierna liturgia contiene un commovente dialogo del Pastore con il gregge.

Dice il Pastore: "Io stesso condurro le mie pecore al pascolo e io le faro riposare... Andro in cerca della pecora perduta e ricondurro all'ovile quella smarrita; fascero quella ferita e curero quella malata, avrò cura della grassa e della forte: le pascero con giustizia" (Ez 34,15-16).

Dice il gregge: "Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla; - su pascoli erbosi mi fa riposare, - ad acque tranquille mi conduce. Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino per amore del suo nome... - Felicità e grazia mi saranno compagne - tutti i giorni della mia vita, - e abitero nella casa del Signore - per lunghissimi anni" (Ps 22,1-3 Ps 22,6).

Questo è il parlare quotidiano della Chiesa: il dialogo che si svolge tra il Pastore e il gregge ed in tale dialogo matura il regno "preparato fin dalla fondazione del mondo" (Mt 25,24).

Cristo Re, come Buon Pastore, prepara in diversi modi il suo ovile, cioè tutti coloro che Egli deve consegnare al Padre "perché Dio sia tutto in tutti" (1Co 15,28).


6. Quanto desidera Egli dire a tutti un giorno: "Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno" (Mt 25,34)! Quanto desidera Egli incontrare, nel compiersi della storia del mondo, coloro ai quali potrà dire: "...io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi" (Mt 25,35-36)! Quanto desidera Egli riconoscere le sue pecore dalle opere di carità, anche solo una di esse, anche dal bicchiere di acqua dato nel suo nome (cfr. Mc 9,41)! Quanto Egli desidera riunire le sue pecore in un solo ovile definitivo, per porle "alla sua destra" e dire: "ricevete... il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo"! E tuttavia, nella stessa parabola Cristo parla dei capri che si troveranno "alla sinistra". Sono coloro che hanno rifiutato non soltanto Dio, considerando e proclamando che il suo regno annienta l'indiviso regno dell'uomo nel mondo, ma hanno rifiutato anche l'uomo: non l'hanno ospitato, non l'hanno visitato, non gli hanno dato da mangiare né da bere.

Il regno di Cristo, infatti, si conferma, nelle parole dell'ultimo giudizio, come regno dell'amore verso l'uomo. L'ultima base della condanna sarà proprio quella motivazione: "ogni volta che non avete fatto queste cose ad uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me" (Mt 25,45).

Questo è dunque il regno dell'amore verso l'uomo, dell'amore nella verità; ed è perciò il regno dell'Amore misericordioso. Questo regno è il dono "preparato... fin dalla fondazione del mondo", dono dell'Amore. E anche frutto dell'Amore, che nel corso della storia dell'uomo e del mondo si fa costantemente strada attraverso le barriere dell'indifferenza, dell'egoismo, della noncuranza e dell'odio; attraverso le barriere della concupiscenza della carne degli occhi e della superbia della vita (cfr. Jn 2,16); attraverso il fomite del peccato che ogni uomo porta in sé, attraverso la storia dei peccati umani e dei crimini, come ad esempio quelli che gravano sul nostro secolo e sulla nostra generazione... attraverso tutto ciò! Amore misericordioso, Ti preghiamo, non venire meno! Amore misericordioso, sii infaticabile! Sii costantemente più grande di ogni male, che è nell'uomo e nel mondo.

Sii più grande di quel male, che é cresciuto nel nostro secolo e nella nostra generazione! Sii più potente con la forza del Re crocifisso! "Beato il suo Regno che viene".

Data: 1981-11-22
Domenica 22 Novembre 1981



GPII 1981 Insegnamenti - Ai partecipanti al Congresso Italo-Tedesco promosso dal Consiglio Sindacale della Fondazione "Konrad-Adenauer" - Città del Vaticano (Roma)