GPII 1981 Insegnamenti - Ai Vescovi dell'Africa del nord in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)


Al Pontificio Consiglio "Co Unum" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Contribuite alla riabilitazione della carità evangelica

Cari amici, Sono particolarmente lieto di accogliervi questa mattina in occasione della decima Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio "Co Unum", al quale portate la vostra preziosa collaborazione. Ringrazio il Cardinale Bernardin Gantin per i sentimenti che mi ha espresso a vostro nome e formulo voti cordiali per un pronto ristabilimento di Padre Roger du Noyer, attualmente ricoverato alla Clinica Gemelli dove io stesso ho beneficiato di cure competenti e sollecite. In questo incontro familiare, vorrei invitarvi a rendere grazie al Signore per il primo e fruttuoso decennio di attività del Consiglio "Co Unum", a rinnovare e diffondere le vostre fondamentali convinzioni sulla necessità di questo grande servizio ecclesiale e a progredire nel concreto cammino intrapreso verso gli obiettivi fissati fin dall'inizio e sempre d'attualità.

Sia lodato Iddio per aver ispirato a Papa Paolo VI la creazione di questa moderna diaconia di carità, nel cuore stesso della Chiesa! Il Documento con il quale l'ha istituita, il 15 luglio 1971, come l'espressione, spesso ripetuta in seguito, del suo appoggio, rimangono riferimenti sicuri e luminosi, giustamente ricordati nel Documento che riassume la storia dei dieci anni passati. E' inoltre doveroso rendere grazie per l'illuminato appoggio del primo Presidente del Consiglio "Co Unum", il caro e rimpianto Cardinale Jean Villot, per l'illimitata devozione del suo primo Segretario, Padre Henri de Riedmatten, per l'opera spesso gravosa dei collaboratori attualmente in forze, per l'apprezzata collaborazione dei membri e dei consulenti. Senza sconfinare nell'autocompiacimento, non possiamo - sia voi che io - che essere colpiti e meravigliati per tutte le attività espletate in dieci anni con mezzi umani ben modesti, sia che si tratti dei lavori delle Assemblee plenarie con le loro discussioni tematiche o dei gruppi di riflessione organizzati nel corso dell'anno, o che si tratti delle riunioni convocate "ad hoc" in vista di importanti interventi caritativi o ancora di viaggi e missioni compiute dai responsabili. Si, benediciamo il Signore per i numerosi sforzi convergenti: essi hanno certamente fatto progredire le Chiese locali nella comprensione e nella realizzazione del mistero della Chiesa, che è per essenza e per vocazione una vasta comunione di comunità di carità.

Questa riconoscenza a Dio e ai collaboratori della Commissione "Co Unum", come la nostra ammirazione per la vitalità degli organismi caritativi internazionali, nazionali e diocesani, riassumono in verità tutta la storia passata e presente della Chiesa, costantemente intessuta di attività e di epopee di carità.

Attualmente si ha la tendenza - persino all'interno di gruppi cristiani - a far credere che la giustizia debba prendere il posto della carità. Io stesso ho tenuto a rivelare questa propensione nell'enciclica "Dives in Misericordia" (cfr. DM 12). Vi voglio incoraggiare vivamente a contribuire alla riabilitazione della carità evangelica. Sforzatevi di promuovere sempre più quella che è la vera concezione della Chiesa, quale l'ha voluta e la vuole il Cristo, quale il Concilio Vaticano II (cfr. LG 1) ha cercato di far capire ai cristiani del mondo d'oggi, nella fedeltà alle fonti stesse della Rivelazione e della Tradizione ecclesiale più ricca, cioè una Chiesa che sia una comunità di carità concreta e disinteressata, che abbia come scopo lo sviluppo umano e spirituale di tutti.

Senza venir meno ai vostri compiti di riflessione, di intervento, di coordinamento, desidero che voi aiutiate i cristiani di oggi ad accostarsi maggiormente alle sorgenti tonificanti della loro missione individuale e collettiva di carità. La prima di queste sorgenti è certamente una conoscenza rinnovata del mistero d'amore che è Dio stesso nella sua vita trinitaria. Una catechesi che non si appoggi su questo dogma fondamentale resterà ad un livello troppo orizzontale e si priverà di ricchezze di luce e di energia assolutamente vitali. Aiutate inoltre i cristiani e familiarizzarsi con le esperienze comunitarie e inter-comunitarie dei tempi apostolici e dei primi secoli. Esse susciteranno l'ammirazione dei non-cristiani. Il "vedete come si amano" ci interpella ancora. La società contemporanea, tentata e sfigurata dal materialismo pratico e multiforme, ha un bisogno profondo di incontrare comunità di credenti che vivono, con umiltà e convinzione, la vocazione alla quale ogni uomo è chiamato: quella della figliolanza divina e della fraternità umana.

A questa missione catechetica del Consiglio "Co Unum", vorrei aggiungere ancora alcune indicazioni pratiche. La prima sarà di farvi conoscere di più, per lo meno i responsabili. Molte Chiese locali hanno ancora bisogno di scoprire, se non l'esistenza di "Co Unum", almeno la sua ragione d'essere e i suoi metodi d'azione. Proseguite dunque quest'opera delicata e necessaria di coordinamento tra le Chiese o gli organismi che danno e le Chiese e gli organismi che ricevono. Tutti i casi individuali dovranno essere soccorsi. Tuttavia è indispensabile che le istanze caritative interessate determinino i bisogni realmente prioritari, la cui soluzione avrà ripercussioni importanti sul bene comune di tutta una regione, con frutti immediati oppure più remoti.

D'altra parte, come ho recentemente sottolineato alla speciale riunione in favore del Sahel, continuate a perseguire una crescente cooperazione tra chi collabora a tutta l'importante azione caritativa. Non si tratta solamente di evitare, da un lato, le critiche di una assistenza paternalistica e dall'altra, i rischi di una passività sempre possibile, ma bisogna aiutare tutti coloro che collaborano a porsi in modo corretto nei loro ruoli di assistenti disinteressati e di assistenti pronti alla cooperazione, in vista di un autentico sviluppo umano e spirituale. Tutti, d'altronde, in un certo senso, beneficiano dell'instaurazione di questo scambio. Vi sono segni incoraggianti per voi in questo campo. Ricordo, tra gli altri, il recente incontro dei delegati della Chiesa e degli organismi al servizio delle popolazioni del Sahel. Penso poi a ciò che è stato abbozzato il giugno scorso tra "Cor Unum", il Celam e il Segretariato episcopale dell'America Centrale e Panama (Sedal). Infine, secondo le vostre possibilità, con uno spirito realistico che tenga conto degli immensi bisogni e delle limitate risorse a vostra disposizione, sviluppate i contatti e la collaborazione con gli Organismi governativi o non governativi che desiderano porsi al servizio delle popolazioni bisognose. Nel contesto di un rispetto reciproco, esse possono contribuire molto a meglio organizzare la vostra azione caritativa e voi potete, da parte vostra, condividere con loro lo spirito che vi anima.

Questi sono alcuni pensieri che ho creduto bene di esprimervi. Desidero che essi vi siano di conforto nel momento in cui si inizia il secondo decennio di attività del Consiglio "Co Unum". Queste parole non sono sufficienti a risolvere ogni vostro problema. Ma il dinamismo della Pasqua di Cristo e la potenza dello Spirito della Pentecoste sono sempre all'opera. Date ad essa grande spazio nelle vostre attività caritative! Ed io, a nome delle tre divine Persone, sorgenti dell'Amore, vi benedico di tutto cuore.

Data: 1981-11-23
Lunedì 23 Novembre 1981


Al Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Cardinale Anastasio Alberto Ballestrero

Titolo: Messaggio nel I° anniversario del terremoto

Al venerato fratello Cardinale Anastasio Alberto Ballestrero Presidente della Conferenza Episcopale Italiana E' ancora vivo nell'animo di tutti il ricordo del tremendo terremoto che il 23 novembre dello scorso anno sconvolse le zone della Campania e della Basilicata, provocando morte, dolore, rovine e disastri. In quella tragica circostanza da tutte le parti d'Italia e del mondo sorse una commovente manifestazione di fattiva e tempestiva generosità nei confronti di quanti, a causa del funesto evento, avevano ormai bisogno di tutto. Io stesso, il successivo 25 novembre, compii un mesto pellegrinaggio attraverso quelle regioni. Ho ancora negli occhi e nel cuore le fosche immagini delle indescrivibili distruzioni; ricordo la mia visita alla zona colpita dal sisma, in particolare a Potenza, a Balvano - uno dei centri più duramente provati -, ad Avellino, facendo scalo, nell'andata e ritorno, a Napoli. Mi recai in quei luoghi per ridire ai superstiti, ai feriti, a tutti, il messaggio della fede cristiana e per dare loro - come dissi ai ricoverati nell'ospedale San Carlo di Potenza - "un segno di quella speranza, che per l'uomo deve essere l'altro uomo. Per l'uomo sofferente, l'uomo sano; per un ferito, un medico, un assistente, un infermiere; per un cristiano, un sacerdote. così un uomo per un altro uomo". Volevo portare a tutti i fratelli e sorelle sofferenti per la perdita dei loro cari, delle loro case, dei loro beni, la testimonianza viva della mia presenza, della mia compassione, del mio cuore; volevo unire le mie preghiere alle loro preghiere, le mie lacrime alle loro lacrime.

E' passato un anno da quel tragico avvenimento di lutto e di dolore e la Conferenza Episcopale Italiana, che tanto ha operato in questo periodo per lenire le sofferenze dei fratelli delle zone terremotate, mediante la "Caritas Italiana", intende ora ricordarlo con un incontro di preghiera e di riflessione, allo scopo di invocare da Dio, Padre di misericordia, il conforto e la speranza per i colpiti; di invitare le diocesi ed i fedeli d'Italia a sentire come propri i gravi e molteplici problemi di carattere spirituale, pastorale, materiale ed a contribuire alla loro soluzione; di richiamare l'attenzione di tutti gli uomini di buona volontà sulle ferite ancora aperte, che affliggono le vittime del sisma.

Desidero, in questa circostanza, così carica di significato, esprimere la mia viva compiacenza per tale iniziativa, ed intendo ripetere quanto raccomandavo nel mio appello, l'indomani di quel mio viaggio: "In questo momento occorrono soprattutto unità è solidarietà!". Ancora oggi, ad un anno di distanza, sono necessarie l'unità, nel coordinamento degli sforzi e delle iniziative, e la solidarietà, generosa, disinteressata, per i nostri fratelli, forse ancora inquieti per il loro futuro.

Auspico pertanto che la diletta gente del sud possa riavere presto le sue case, le sue chiese, i suoi paesi; ma possa, ancor più, ritrovare la serenità di una vita dignitosa e di un lavoro sicuro, nel conforto della intensa e profonda sollecitudine di tutto il popolo e, in particolare, di tutte le diocesi d'Italia.

Con tali voti, mentre assicuro la mia comunione nella preghiera, imparto ai diletti fratelli e sorelle della Basilicata e della Campania una speciale Benedizione Apostolica, che volentieri estendo a lei, signore Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, a monsignor Vincenzo Fagiolo, presidente della "Caritas Italiana", ed ai membri del benemerito e dinamico organismo, ai giovani dei vari movimenti ecclesiali, a tutti i presenti all'incontro ed a quanti hanno dato e daranno il loro concreto e generoso contributo per la sollecita ricostruzione delle zone colpite dal terremoto.

Dal Vaticano, 21 novembre 1981, quarto di pontificato.


IOANNES PAULUS PP. II

Data: 1981-11-24
Martedi 24 Novembre 1981





Ai Vescovi del Mali in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La fede in Cristo e il suo amore si traducono in quotidiana testimonianza

Cari fratelli nell'Episcopato, La vostra visita mi dà oggi la gioia di esprimervi la mia personale partecipazione alle vostre speranze come alle vostre preoccupazioni di Pastori della Chiesa del Mali.

Certamente da voi i cattolici non costituiscono la maggioranza. Ma io so che la qualità della loro vita cristiana è davvero autentica. D'altra parte hanno saputo guadagnarsi la simpatia di molti grazie al clima di amicizia che hanno saputo instaurare e alla testimonianza che essi rendono all'amore di Dio. Essi partecipano fraternamente, con tutti i loro concittadini, allo sviluppo del loro Paese.

E da parte vostra, voi avete giustamente percepito la necessità di proseguire su questa strada, nonostante le serie difficoltà incontrate. Penso in particolare, agli sforzi fatti per sostenere le scuole, per mantenere i dispensari, per contribuire al miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni più diseredate, in ciò che concerne, per esempio, i metodi di irrigazione, e tutto ciò grazie all'aiuto delle organizzazioni caritative. Vi incarico di esprimere a tutti coloro che, sacerdoti, religiose o laici, si dedicano generosamente a questi diversi compiti, come il Papa apprezzi l'impegno coraggioso e realista che ispirano loro la solidarietà e la carità.

Questo spirito di servizio disinteressato traduce il dinamismo stesso della fede e della preghiera. E non è questo che testimoniano le vostre comunità, cercando di comprendere e di vivere meglio insieme il Vangelo, e di stringere i vincoli tra tutti i membri? E quando voi invitate i cristiani ad entrare in dialogo con i musulmani - il cui sentimento di Dio è grande! - come con i fedeli di altre religioni, voi li aiutate ancora a scoprire la ragione più profonda di quei gesti concreti d'amicizia ricordati prima: si tratta di imparare - nel rispetto della coscienza degli altri - a rendere conto della speranza e dell'amore che la fede in Cristo fa vibrare in loro. E se questo tipo di relazioni amichevoli è necessario e prezioso anche nel quadro del vasto dialogo tra cristiani e musulmani - o appartenenti ad altre religioni - che si sta abbozzando un po' in tutto il mondo e che bisogna condurre a buon fine. Ciò genera evidentemente la necessità presso i cristiani di una formazione spirituale e dottrinale solida, che io vi incoraggio a perseguire con ogni mezzo.

Ma a questo dialogo mancherebbe una importante dimensione se non si avesse la possibilità di vedere il cammino di chi, liberamente, richiede il Battesimo. Vorrei ricordare qui l'entusiasmo e la tenacia dei catecumeni.

Preparandosi alla loro nuova nascita nello Spirito Santo per parecchi anni, essi mostrano ai loro fratelli cristiani come ai non cristiani il prezzo che essi intendono pagare, contando sulla grazia di Dio, per vivere uno stile di vita autenticamente evangelico, tanto nelle loro famiglie quanto nella società, nei villaggi come nelle città. Anche a loro dite che essi sono vicini al cuore del Padre comune dei fedeli! E nominando loro, come non salutare con gioia i loro catechisti? Chi dirà abbastanza di tutto ciò che a loro deve la fede cristiana in Africa? Giustamente, voi cercate di associare intimamente il loro apostolato al ministero dei sacerdoti come al vostro. Non sono essi gli educatori permanenti della fede e della preghiera di coloro che a loro si affidano, e nello stesso tempo guide spirituali delle loro piccole comunità? Cercate poi di far acquisire loro tutta la competenza dottrinale e umana che richiede il loro qualificato servizio.

Attraverso di voi, come ho fatto al tempo del mio viaggio nel vostro continente, desidero ringraziarli di tutto ciò che fanno per Nostro Signore! Ma so inoltre che siete preoccupati per il futuro, di fronte ad una certa diminuzione del l'apostolato. L'età avanzata si fa sentire presso molti, e il ricambio non è così abbondante come sarebbe auspicabile. Prego con voi il Signore di suscitare operai per la sua messe. E questo, in primo luogo, tra i vostri fedeli africani. Questo non vi impedisce, sicuramente, di invitare altre Chiese e diversi Istituti a portarvi un aiuto sempre più generoso: come si vede negli Atti degli Apostoli, le prime comunità cristiane non esitavano ad inviare, per il servizio della missione, i loro migliori membri. I nuovi collaboratori e collaboratrici che verranno - e mi auguro siano numerosi - stimoleranno le vostre comunità, e potranno contribuire a suscitare nuove vocazioni offrendo ai giovani la testimonianza di preziosi e diversi modi di vivere lo stesso ideale sacerdotale o religioso. E non dubito che saranno essi stessi confortati dal bell'esempio di coloro, uomini e donne, che portano da molto tempo, nel vostro Paese, "il peso del giorno e il caldo".

Davanti ai Vescovi d'Africa, approfondisco di volta in volta questo o quell'aspetto della vita delle loro comunità cristiane. Per oggi, desidero attenermi a questo con voi. L'essenziale è custodire fedelmente questi due poli della vita di tutta la Chiesa: la fede indefettibile in Cristo, che va comunicata e l'amore, tradotto di giorno in giorno in opere di giustizia e di carità, anche se con mezzi molto poveri.

Quanto a voi, cari fratelli, siate certi di trovare sempre in me la comprensione della quale avete bisogno, e l'aiuto che posso eventualmente portarvi. Che Dio continui a donarvi la sua forza e la sua luce! Che Egli assista tutti i vostri collaboratori, sacerdoti, religiosi, religiose e laici, che benedico di gran cuore insieme a voi.

Data: 1981-11-26
Giovedì 26 Novembre 1981


Ai Superiori generali degli Istituti religiosi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Vivete, nella fedeltà al vostro carisma, la comunione con le Chiese particolari

Carissimi fratelli, Sono lieto di accogliere quest'oggi voi, membri della Unione dei Superiori Generali, al termine delle vostre giornate di studio che avete tenuto a Grottaferrata per riflettere sul documento emanato dalle Sacre Congregazioni per i Vescovi e per i religiosi e gli Istituti Secolari: "Mutuae Relationes".

Saluto tutti con particolare effusione di affetto; rivolgo un cordiale pensiero al vostro Presidente, Padre Pedro Arrupe, a cui tutti insieme vogliamo esprimere fervidi voti per la sua salute. Ringrazio il Padre Vincent de Couesnongle per le devote parole che ha voluto ora indirizzarmi e il Padre Enrico Systermans per la solerte ed apprezzata opera decennale da lui svolta in qualità di Segretario Generale del vostro Sodalizio.

1. Mi compiaccio anzitutto con voi per la scelta del tema dell'incontro: "Comprensione ed applicazione del documento "Mutuae Relationes"", alla cui luce avete cercato di approfondire la dottrina e i rapporti della vita religiosa con la Chiesa universale e con quella particolare, scendendo al concreto mediante un esame di coscienza della vita religiosa oggi, e la presentazione di alcune esperienze tra Vescovi e religiosi.

Nella linea di quanto fu studiato nel vostro incontro del maggio scorso: "Il carisma della vita religiosa per la Chiesa e per il mondo", vi siete certamente soffermati sull'identità dei religiosi, perché è come tale, cioè come consacrati, che essi sono chiamati ad inserirsi nella Chiesa di cui sono portatori di un carisma specifico, elargito dallo Spirito Santo perché la Chiesa stessa "non solo sia attrezzata per ogni opera buona... ma appaia anche adorna della varietà dei doni dei suoi figli, come una sposa ornata per il suo sposo" (PC 1).

I religiosi, i quali chiedono ai Vescovi di essere accolti come tali, cioè per quello che sono (cfr. "Mutuae Relationes", Parte I, cap. III), dovranno approfondire per primi la loro identità di consacrati e rendere manifesta e credibile questa loro identità attraverso la vita e le opere, anche quando vogliono essere più vicini alle necessità del mondo odierno. La testimonianza della vita consacrata e la fedeltà al proprio carisma è la prima forma di evangelizzazione e anche la più efficace, sia per i religiosi contemplativi sia per quelli dediti alle opere di apostolato, essendo queste richiamo e stimolo a vincere le tre maggiori tentazioni, quelle del godere, del possedere e del potere, sull'esempio dei santi loro Fondatori. Un'autocritica coscienziosa ed oggettiva vi ha certamente aiutato a rendervi conto se il vostro modo di vivere è tale per cui la Chiesa possa "ogni giorno meglio presentare Cristo ai fedeli e agli infedeli" (LG 46). Anche nelle varie opere di apostolato, alle quali i religiosi si dedicano, secondo le finalità dell'Istituto, dovrà trasparire il loro impegno per la sequela radicale del Cristo: il non volersi distinguere nel modo di vivere e di agire sarebbe un grave impoverimento per la Chiesa.


2. La fedeltà al carisma della vita consacrata deve generare nei religiosi una profonda e sentita coscienza ecclesiale e quindi uno sforzo costante a vivere con la Chiesa, per la Chiesa e nella Chiesa. Se la dottrina della vita religiosa fa parte della ecclesiologia, ancor più la vita religiosa vissuta è espressione della vita ecclesiale. In questo si fonda l'atteggiamento di fede, di amore e di docilità dei religiosi verso i Pastori posti a reggere la Chiesa, come pure il dovere di inserirsi nella vita della Chiesa particolare arricchendola con i propri doni specifici, operando dentro di essa e come parte di essa e non semplicemente come forze complementari.

Di qui deriva anche l'impegno dei Vescovi, dei sacerdoti e degli altri componenti la famiglia diocesana a considerare i religiosi come parte viva della Chiesa particolare, per la quale il Pastore ha una propria responsabilità. Dalla coscienza ecclesiale sgorgano pure la comunione ne che deve unire i sacerdoti ai confratelli religiosi, partecipi dell'unico sacerdozio, e il dovere di aiutare ed assistere le anime consacrate specialmente attraverso il sacramento della riconciliazione e la direzione spirituale, e, per tutti, il dovere di favorire e coltivare le vocazioni alla vita consacrata che sono un segno manifestativo della vitalità della Chiesa particolare.


3. Nel recente discorso ai membri della Plenaria della Sacra Congregazione per i religiosi e gli Istituti Secolari raccomandavo ai Vescovi di fornire ai seminaristi ed ai sacerdoti "una informazione sempre più profonda e più completa" per una migliore conoscenza della vita religiosa in quanto tale. Il documento "Mutuae Relationes" esorta, al numero 30, a far si che "i religiosi e le religiose fin dal noviziato si formino ad avere una piena consapevolezza e sollecitudine per la Chiesa particolare" sempre nella fedeltà alla loro specifica vocazione.

L'approfondimento anche dottrinale dei vincoli che legano i religiosi alla Chiesa universale e a quella particolare aiuterà ad armonizzare il loro inserimento in quest'ultima, facendo maggiormente sentire e vivere la dipendenza del Pastore Supremo, anche in forza del voto di obbedienza ed aiuterà a comprendere la sua missione di santificatore, perfezionatore e maestro nei riguardi delle persone consacrate.

Una convinta coscienza ecclesiale faciliterà poi le scelte che i religiosi non raramente sono chiamati a compiere, nel quadro del piano pastorale, tra le varie forme di presenza, anche nuove, nel campo apostolico e nei settori in cui impegnarsi; presenza che dovrà essere sempre la conseguenza e il segno della loro vita consacrata, rinnovata ed approfondita, pur nel necessario ed opportuno adattamento (cfr. PC 2-3), evitando così il pericolo del secolarismo.

L'Unione dei Superiori generali, come anche le Conferenze dei Superiori maggiori possono dare per questo un valido contributo. Toccherà poi ai Superiori dei singoli Istituti, docili alle direttive della Chiesa, e in collegamento con la Chiesa particolare, assicurare il proseguimento delle opere volute dal Fondatore, rinnovandole e adattandole secondo i bisogni dei tempi e studiare, e apprestare nuove presenze apostoliche (cfr. "Mutuae Relationes", 40-49), tenendo conto delle esigenze della missione pastorale e quelle della vita religiosa.

Cari responsabili delle Congregazioni, confido nella vostra saggezza e nel vostro zelo, per la creazione di questa armonia tra le varie forme di apostolato che sia connessa a concreti sviluppi. Si tratta di un problema acuito dalla crescita dei bisogni apostolici nella Chiesa di oggi e della diminuzione del numero dei religiosi. Per forza di cose si apre un vasto campo di collaborazione tra i Vescovi e gli Istituti religiosi. E in quest'opera evangelica concertata in modo chiaro, bisogna che ogni Famiglia religiosa continui ad essere in modo evidente segno della sua vita consacrata e della sua fedeltà al carisma particolare del proprio Istituto.

Per concludere, cari fratelli, incoraggio voi tutti a rimanere fedeli al vostro carisma, fedeli alla vostra vocazione alla santità, fedeli al vostro ministero di salvezza: in questo ispiratevi a Maria, Madre di Cristo. Ella vi incoraggia mediante il suo esempio di fedeltà; ella vi sostiene mediante la sua fedele preghiera. Il vostro amore, come il suo, si deve esprimere nella fedeltà - una fedeltà a tutto ciò che Dio vi chiede attraverso la sua Chiesa: Fiat voluntas tua! Per voi la fedeltà è la condizione per poter contribuire efficacemente alla costruzione del Regno di Dio; e il presupposto per una reale partecipazione all'opera di evangelizzazione. L'Incarnazione del Verbo era legata alla fedeltà di Maria, e la vita di Gesù nel mondo è oggi legata alla vostra fedeltà. Il vostro più grande contributo sarà senza dubbio il vostro amore - un amore che si manifesta in una prolungata fedeltà a Gesù Cristo e alla sua Chiesa.

Con la mia benedizione apostolica.

Data: 1981-11-28
Sabato 28 Novembre 1981


Ai Vescovi della Basilicata e della Puglia in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Difendere l'inviolabilità della famiglia per l'elevazione delle genti del sud

Venerabili fratelli della Puglia e della Basilicata! E' con grande affetto che vi rivolgo oggi il mio saluto, accogliendovi tutti insieme in visita "ad limina Apostolorum"; ed il mio benvenuto si estende in un fraterno colloquio sulla condizione delle vostre Comunità ecclesiali, le quali insieme ad alcuni aspetti comuni, ne offrono altri diversi tra le due Regioni e da diocesi a diocesi.

1. Le vostre popolazioni, in dipendenza da particolari cause socio-economiche, hanno dovuto affrontare e lamentano tuttora condizioni di povertà e di precarietà, con i conseguenti fenomeni della disoccupazione e della migrazione.

La disoccupazione, che si presenta con prospettive poco serene, è collegata col momento di crisi delle grosse industrie e di quelle artigianali. Da ciò consegue un flusso migratorio, in alcune zone massiccio e patologico, con i gravi risvolti dello sradicamento dal proprio ambiente, dello scompaginamento delle famiglie e del depauperamento crescente delle Comunità locali. Non sono da sottovalutare, inoltre, i fenomeni del lavoro minorile nel settore della pastorizia e nei grandi centri, come pure del lavoro al di sotto dei minimi contrattuali e procurato a prezzo di compensi, spesso prolungati nel tempo.


2. Di fronte a questo insieme di problemi, risaltano maggiormente le doti ed i valori di quelle popolazioni, le quali offrono espressioni di altissima, consapevole dignità, e manifestano una grande fortezza di carattere ed una tenace volontà, quali sono emerse lungo i secoli ed in modo tutto particolare nel tragico terremoto dello scorso anno. Va ricordato, infatti, che la furia del sisma del 23 novembre 1980 si è abbattuta nel modo più violento sul potentino e sul melfese, sconvolgendo tutta la vita civile ed ecclesiale. Sono trentaseimila i senza tetto, diciasettemila gli abitanti trasferiti altrove in Italia, e cinquemila quelli che sono partiti per i'estero. Tanta distruzione materiale, ed una prova così sconvolgente, non hanno indebolito il coraggio di quelle popolazioni, ma ne hanno invece messo in evidenza il proposito fermo di ricostruzione.

Volendo accennare brevemente agli aspetti morali e religiosi, si deve dire che la gente della Puglia e della Basilicata ha profonde radici non solo religiose ma cristiane, che vanno approfondite e difese, di fronte all'assedio di un'immoralità invadente, diffusa talvolta come cultura dai mass-media, e di una mentalità laica e secolarizzata.

La religiosità prevalentemente trasmessa per tradizione e per ambiente sociologico si è resa fragile, insufficiente, ed è divenuta più difficile da accettare e da comprendere. La crisi è avvertita specialmente nella struttura e nell'ambito della famiglia, come pure dei giovani, assaliti da molteplici ed avverse ideologie. Una certa espressione religiosa che si manifesta in forme tradizionali di devozione e di costume, evidenzia il problema, del resto diffuso, del distacco della vita dalla fede, che rischia di essere vissuta in modo strumentale.


3. II quadro sopra delineato, le cui linee particolari sono oggetto della vostra quotidiana considerazione, suggerisce alcune riflessioni pratiche e programmatiche, che desidero, cari confratelli nell'Episcopato, sottoporre alla vostra attenzione.

Collegandomi al vostro grave compito di responsabili della fede, vorrei anzitutto invitarvi a potenziare una catechesi che porti i credenti alla comprensione del significato trascendente ed esistenziale insieme delle verità religiose, alla consapevolezza della fede e quindi alla coerenza nella prassi, cioè ad una religione integrata, capace di rinnovare la vita. E' necessario fare appello ad una saggezza perspicace per potenziare in tutti i modi l'istruzione religiosa, e maturare così coscienze veramente cristiane, illuminate, equilibrate, solide, che sappiano far fronte alla mentalità corrente, alla mentalità del mondo, alla quale non possiamo adattarci: "Non vogliate conformarvi al mondo presente" (Rm 12,2).

Una tale opera di illuminazione e formazione deve essere riservata con particolare cura ed intensità alla famiglia ed ai suoi problemi. Anche dall'esame delle vostre relazioni, si prospetta l'urgenza di una azione unitaria e concorde di tutte le diocesi di ambedue le Regioni, per l'impostazione e lo svolgimento di una pastorale più larga, che abbia come oggetto la famiglia. Preparare i giovani alla famiglia mediante una seria direzione spirituale nelle parrocchie, nei gruppi di Azione Cattolica e di presenza cristiana; aiutare le famiglie ad assolvere i loro compiti; coinvolgerle, come chiese domestiche, nel ministero di evangelizzazione e di santificazione; prendere l'avvio dalle famiglie per la formazione completa dell'uomo e del cristiano, sono i contenuti e le mete di una pastorale organica familiare, da svolgersi attentamente con azione congiunta, sottoposta a reciproci confronti, in tutte le Chiese particolari. Non è da disattendere, a tal proposito la messa in opera di efficienti consultori cattolici, dove regni la serietà di impostazioni dottrinali e scientifiche, come pure una serenità di comportamenti in un'opera che richiede credibilità, profonda comprensione, generosa disponibilità e partecipazione. In tale settore, una collaborazione con le Autorità civili si presenta auspicabile, in vista di una comune difesa dei cardini morali e spirituali per il miglioramento delle condizioni sociali, del livello di occupazione e di tutte quelle situazioni, che attengono da vicino alle problematiche della famiglia. Non è il caso che mi soffermi sulla necessità di una pastorale organica circa il Sacramento del Matrimonio, dal momento che tale urgenza ha costituito oggetto di riflessione dell'intera Conferenza Episcopale Italiana, trovando espressione in un noto documento pastorale. Solo desidero sottolineare la necessità di formare i giovani alla realtà umana e soprannaturale dell'amore, alle responsabilità derivanti dal matrimonio elevato alla dignità del Sacramento, in una parola, al grande servizio che sono chiamati a rendere alla Chiesa ed alla società.

Sullo studio di questi temi riguardanti la famiglia, sono state profuse molte energie; è ora il tempo di passare all'opera con uno sforzo unitario e congiunto, animato e sostenuto dalla fede. Se non si faranno salvi i valori sacri della famiglia, annoverati tra il patrimonio più prezioso delle vostre genti, se non si difenderanno i suoi inviolabili contenuti di unità e di indissolubilità, se non si restituirà alle coppie la gioia di un costante impegno di dedizione, purtroppo aggredito da modelli spesso capziosamente imposti, è impossibile pensare alla elevazione spirituale e materiale delle popolazioni del Sud d'Italia. Il problema resterebbe senza soluzioni, anzi peggiorato nelle sue difficoltà. Sono preoccupazioni queste che affido alla vostra pastorale sollecitudine.


4. Un altro punto che vorrei sottoporre alla vostra attenzione riguarda la formazione delle coscienze cristiane ad uno spirito liturgico, in vista di una sana e sapiente valorizzazione della pietà popolare.

Da più parti, infatti, si va felicemente riscoprendo la realtà e l'importanza della religiosità popolare, i cui significati devono essere interpretati in maniera non riduttiva. Esiste infatti il pericolo di annettere a tali espressioni dello spirito un senso solo antropologico o sociologico di sub-cultura, escludendo ed ignorando il contenuto genuinamente religioso, in conseguenza di schemi pregiudiziali. Al contrario si tratta spesso di momenti di religiosa pienezza in cui l'uomo recupera un'identità perduta o frantumata, ritrovando le proprie radici. Assecondando una certa moda svalutativa della religiosità popolare, si corre il rischio che i quartieri, i paesi ed i villaggi, diventino deserto senza storia, senza cultura, senza religione, senza linguaggio e senza identità, con conseguenze gravissime.

Come dissi nell'Omelia pronunciata nel Santuario di Nostra Signora di Zapopan, in Messico il 30 gennaio 1979: "Questa pietà popolare non è necessariamente un sentimento vago, carente di solida base dottrinale... Quante volte essa è, al contrario, la vera espressione dell'anima di un popolo in quanto toccata dalla grazia e forgiata dall'incontro felice fra l'opera di evangelizzazione e la cultura locale" ("Insegnamenti di Giovanni Paolo Il", II (979) 293). Alla base della maggior parte delle espressioni di religione popolare accanto ad elementi da eliminare, ve ne sono altri i quali, se bene utilizzati, aiutano a progredire nella conoscenza del mistero di Cristo e del suo messaggio (cfr. CTR 54). E' necessario quindi valorizzare la pietà popolare, ed al tempo stesso purificarla ed elevarla, in una parola evangelizzarla, arricchendola cioè sempre più di contenuti validi, veramente cristiani.

A questo proposito, si profila urgente l'impegno concreto di una pastorale liturgica che porti il cristiano alla consapevolezza della fede, in ordine alla partecipazione personale al Mistero della salvezza. Anzitutto mediante il Sacrifico Eucaristico, siamo ogni volta introdotti nel Mistero di Dio stesso che eleva e salva, ed anche in tutta la profondità della realtà umana.

L'Eucaristia è annunzio di morte e di risurrezione e quindi di nuova vita per l'uomo della presente generazione; ed il Mistero pasquale si esprime in essa come inizio di un nuovo tempo e come attesa finale. così, l'Opus salutis è sempre attuale e l'azione di Cristo Redentore è continuamente presente ed efficace nei misteri celebrati liturgicamente.

Vivendo la liturgia, l'uomo non è abbandonato al suo sforzo spesso inane, al suo impegno labile e discontinuo, ma è innestato ed immerso nella grande corrente vitale della condiscendenza di Dio e della ascensione umana sempre "per Christum, in Spiritu Sancto, ad Patrem".


5. Da ultimo desidero indicare un altro settore importante al vostro zelo apostolico: l'assistenza spirituale agli ammalati.

In tale campo sono intervenute diverse mutazioni socio-culturali, con rilevanza pastorale che mettono in evidenza diversi modi di concepire la promozione della salute e la lotta contro la malattia. Ne potrebbe conseguire una tendenza alla neutralità in campo spirituale, la quale non può sempre identificarsi col dovuto riguardo per la persona del malato ma anzi potrebbe sfociare in una manipolazione delle coscienze e nel mancato rispetto della vera libertà decisionale. Di fronte a problemi tanto vasti, è necessario delineare un progetto unitario di pastorale della salute, disponendo l'intera Comunità cristiana a tale tipo di apostolato.

Esso richiede una preparazione particolare dei medici, di questi professionisti della salute, di tutto il personale paramedico, dei fedeli di fronte al tempo della malattia e del ricovero in ospedale, una preparazione specifica all'accoglienza ed all'ascolto dei malati. Tale programma rientra nei compiti dell'assistenza al malato, come l'amministrazione dei Sacramenti, essendone la propedeutica e disponendone il propizio ambiente.

In modo tutto speciale dovrà curarsi il servizio dei cappellani.

L'azione del dispensamento dei Misteri di Dio è talvolta esercitata in condizioni di disagio, ed in circostanze non bene accette. I cappellani svolgano un ministero discreto ed intelligente, prudente ed esigente; sia la loro una pastorale illuminante, che inviti alla confidenza, al sereno pentimento, alla speranza. Nel quadro di una tale pastorale di insieme, si presenta, quale traguardo operativo immediato, la creazione di collegamenti stabili ed incisivi tra la pastorale di questo specifico settore e quella dell'intera Chiesa locale.

Carissimi confratelli, Il campo che si apre alle vostre quotidiane prospettive è immenso: "La messe è veramente grande, ma gli operai sono pochi" (Mt 9,37). E' quindi alla fiducia serena e coraggiosa che invito ad indirizzare i cuori, perché: "Se il Signore è con noi, chi sarà contro di noi?" (Rm 8,31). E' ancora Lui che ci ripete: "vi ho detto tali cose affinché abbiate pace in me... Fatevi coraggio, io ho vinto il mondo" (Jn 16,33).

Con questi sentimenti di affetto e di viva partecipazione alle vostre ansie e fatiche, in auspicio di intime gioie dello spirito, imparto a voi, ed alle vostre Comunità ecclesiali, con particolare riguardo ai sacerdoti ed a tutti i Consacrati all'avvento del Regno di Cristo, la mia apostolica benedizione.

Data: 1981-11-28
Sabato 28 Novembre 1981



GPII 1981 Insegnamenti - Ai Vescovi dell'Africa del nord in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)