GPII 1981 Insegnamenti - Per la festa di San Andrea Apostolo - Città del Vaticano (Roma)


Nella Cappella del Santissimo della Basilica Vaticana - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La Messa per l'inaugurazione dell'esposizione perpetua dell'Eucarestia



1. "Signore, resta con noi".

Queste parole hanno pronunciato per la prima volta i discepoli di Emmaus. In seguito, nel corso dei secoli, le hanno pronunciate, infinite volte, le labbra di tanti tuoi discepoli e confessori, o Cristo.

Le stesse parole pronunzio io oggi come Vescovo di Roma e primo servo di questo tempio, sorto nel luogo del martirio di san Pietro.

Le pronunzio per invitarti, Cristo, nella tua presenza Eucaristica, ad, accogliere la quotidiana adorazione protratta per l'intero giorno, in questo tempio, in questa Basilica, in questa cappella.

Resta con noi oggi, e resta, d'ora in poi, tutti i giorni, conforme al desiderio del mio cuore, che accoglie l'appello di tanti cuori di varie parti, a volte lontane, e soprattutto segue il desiderio di tanti abitanti in questa Sede Apostolica.

Resta! affinché noi possiamo incontrarci con te nella preghiera di adorazione e di ringraziamento, nella preghiera di espiazione e di domanda, alla quale sono invitati tutti i visitatori di questa Basilica.

Resta! Tu che sei contemporaneamente velato nel mistero eucaristico della fede ed insieme svelato sotto le specie del pane e del vino, che hai assunto in questo Sacramento.

Resta! affinche si riconfermi incessantemente la tua presenza in questo tempio, e tutti coloro che vi entrano avvertano che esso è la tua casa, "la dimora di Dio con gli uomini" (Ap 21,3) e, visitando questa Basilica, trovino in essa la sorgente stessa "di vita e di santità che zampilla dal tuo cuore eucaristico".


2. Diamo inizio a questa adorazione perpetua, quotidiana, del Santissimo Sacramento al principio dell'Avvento dell'Anno del Signore 1981, l'anno in cui si sono celebrati giubilei ed anniversari importanti per la Chiesa, l'anno di rilevanti avvenimenti.

Tutto ciò ebbe e ha luogo tra la tua prima e seconda Venuta.

L'Eucaristia è la testimonianza sacramentale della tua prima Venuta, con la quale sono state riconfermate le parole dei profeti e compiute le attese. Ci hai lasciato, o Signore, il tuo Corpo e il tuo Sangue sotto le specie del pane e del vino perché attestino l'avvenuta redenzione del mondo, affinché mediante esse il tuo Mistero Pasquale giunga a tutti gli uomini, come sacramento della Vita e della salvezza. L'Eucaristia è, al tempo stesso, un costante preannunzio della tua seconda Venuta e il segno dell'Avvento definitivo e insieme dell'attesa di tutta la Chiesa: "Annunziamo la tua morte, Signore, / proclamiamo la tua risurrezione, / nell'attesa della tua venuta".

Desideriamo ogni giorno e ogni ora adorare te, spogliato sotto le specie del pane e del vino, per rinnovare la speranza della "chiamata alla gloria" (cfr. 1P 5,10), il cui inizio tu hai costituito col tuo corpo glorificato "alla destra del Padre".


3. Un giorno, o Signore, hai domandato a Pietro: "Mi ami?".

Lo hai domandato per ben tre volte, e per tre volte l'apostolo ha risposto: "Signore, tu sai tutto; tu sai che ti amo" (Jn 21,15-17).

La risposta di Pietro, sul cui sepolcro è stata eretta questa Basilica, si esprima mediante questa adorazione di ogni giorno e di tutto il giorno, che oggi abbiamo iniziato.

L'indegno successore di Pietro nella Sede romana e tutti coloro che parteciperanno all'adorazione della tua Presenza eucaristica, attestino con ogni loro visita e facciano nuovamente risuonare qui la verità racchiusa nelle parole dell'apostolo: "Signore, tu sai tutto; tu sai che io ti amo".

Amen. Data: 1981-12-02
Mercoledì 2 Dicembre 1981





Ai Vescovi d'Abruzzo e Molise in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Vivissima tradizione di fervore eucaristico

Venerati fratelli

1. Sono veramente lieto di accogliere oggi voi tutti, Arcivescovi e Vescovi della Conferenza Episcopale d'Abruzzo e Molise, convenuti a Roma per pregare insieme sulla Tomba di san Pietro e per incontrarvi col suo successore, in visita "ad limina".

Nel rivolgervi il mio affettuoso saluto, guardo a voi non solo come a carissimi fratelli nell'Episcopato, ma anche come a guide spirituali di due Regioni italiane note per le loro bellezze naturali e per le profonde ed antiche tradizioni religiose e morali. La mia gioia nel vedervi accanto a me è motivata anche dai cari ricordi personali: non posso dimenticare i miei incontri con le "forti e gentili" popolazioni d'Abruzzo, in occasione della mia visita, in forma privata, durante l'Anno Santo del 1975, al Santuario del Miracolo Eucaristico in Lanciano e nel pellegrinaggio apostolico a l'Aquila per venerare le spoglie mortali di san Bernardino, nel sesto centenario della sua nascita. In quella circostanza ho pregato anche davanti all'urna del mio predecessore san Celestino V, il quale, nato nel Molise, ad Isernia, e vissuto per lo più in Abruzzo, unisce idealmente le due Regioni.


2. Che cosa devo raccomandarvi, venerati fratelli, in questo incontro così importante e significativo? Ho già detto che il popolo abruzzese e molisano è fortemente attaccato alla sua fede cristiana, ereditata da Roma fin dal IV e V secolo. Bisogna fare di tutto per conservare ed onorare tale tradizione religiosa.

La devozione verso i santi del luogo: san Gabriele dell'Addolorata, san Camillo de Lellis, san Francesco Caracciolo, san Giovanni da Capestrano - quest'ultimo molto venerato anche in Polonia - è garanzia per la salvaguardia della fede e stimolo a vivere in pienezza le esigenze del Vangelo. Questi esempi domestici di vita eroicamente vissuta per il Regno di Dio vanno debitamente ravvivati mediante una assidua opera di evangelizzazione e di catechesi. E' necessario, a questo proposito, un approccio pedagogico della fede, aderente all'esperienza umana, che restituisca al messaggio cristiano il sapore di buona novella e la sua inesausta attrattiva. Gesù si esprimeva con parabole, che riflettevano la concreta realtà quotidiana, e gli apostoli, a cominciare da san Paolo, hanno cercato di rendere comprensibile a tutte le mentalità l'annunzio della Parola.

Tutto ciò vale anche e soprattutto per quanto riguarda l'impegno che voi, Presuli di due Regioni prevalentemente a carattere agricolo, mettete nella evangelizzazione del mondo rurale. Per assicurare la buona riuscita a quest'opera bisogna anzitutto conoscere con chiarezza le situazioni locali e la loro evoluzione mediante una ricerca specifica delle trasformazioni psicologiche e culturali della gente dei campi. Col progredire dell'istruzione scolastica può manifestarsi un atteggiamento più critico ed esigente nei riguardi del catechista e del sacerdote. Mi ha fatto piacere apprendere dalle vostre relazioni che il sacerdote nei centri rurali è ancora stimato ed ascoltato: questo fatto consente alla parrocchia di raggiungere con la sua azione tutti i componenti della comunità, tuttavia non deve mancare mai l'impegno serio del clero: talvolta l'allontanamento dalla Chiesa della classe contadina ha potuto essere determinato da un atteggiamento un po' passivo del clero, il quale talora ha privilegiato le classi più colte dei professionisti. Alla luce di queste considerazioni, è necessario incrementare la pastorale delle comunità locali: anche quelle parrocchie, la cui popolazione è ridotta a causa dell'esodo migratorio, non possono essere abbandonate; togliere la presenza del sacerdote è da considerare un provvedimento estremo, perché verrebbe meno un conforto, a cui i rurali rinunciano molto a malincuore. Ne è da dimenticare che proprio dalle popolazioni della campagna proviene la maggior parte delle vocazioni sacerdotali e religiose, le quali germinano da un ambiente ancora profondamente imbevuto di convinzioni religiose sane e feconde. Occorre pertanto studiare la possibilità di lasciare colà sacerdoti preparati, esperti e zelanti che siano in grado di affrontare i complessi e delicati problemi del settore. Occorre assicurare poi che l'annunzio evangelico parta dal presupposto della crescita culturale del rurale: esso deve essere dunque proposto con motivazioni intese a favorire una fede convinta e in grado di resistere in qualsiasi situazione in cui verrà a trovarsi domani, e tenga presenti idee e opinioni che circolano e che possono mettere in discussione verità di fede, un tempo ritenute pacificamente.


3. Ma l'evangelizzazione non è fine a se stessa; essa tende al Sacramento, come è stato definito in un appropriato documento della Conferenza Episcopale Italiana.

Parola e Sacramento rendono attuale ed operante in tutta la sua efficacia la salvezza portata da Cristo. Spesso l'unica occasione di catechesi è la Messa festiva. L'evangelizzazione deve portare alla partecipazione attiva, comunitaria e frequente della celebrazione eucaristica. L'Eucaristia raccoglie i cristiani nell'unità e nella carità e li fa crescere nella loro vita di fede.

Nell'Eucaristia tutto il Popolo di Dio trova stimolo e vincolo di quella unità, che fa conoscere al mondo Cristo, secondo la sua preghiera: "Come tu, Padre, sei in me ed io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Jn 17,21).

Bisogna far comprendere ai fedeli - e qui il discorso si allarga per tutte le categorie di persone che compongono le vostre comunità diocesane - che l'Eucaristia è il centro della Chiesa e del mondo. Il mondo è destinato ad essere assunto dal Cristo per il Regno celeste. Dice il Concilio a questo proposito: "Il Signore ha lasciato ai suoi un pegno di questa speranza e un viatico per il cammino in quel Sacramento della fede, nel quale elementi naturali, coltivati dall'uomo, vengono trasmutati nel corpo e nel sangue glorioso di lui, in un banchetto di comunione fraterna che è pregustazione del convito del Cielo" (GS 38). Nell'Eucaristia questo processo di trasformazione pasquale di ogni credente è sempre in atto. Gli elementi della natura e l'impegno dell'uomo, che diventano ogni giorno corpo e sangue del Cristo, sono pegno e garanzia della glorificazione finale dell'uomo, ma anche forza e alimento nel cammino della vita, perché Cristo è vita e risurrezione (Jn 11,25).

In questo senso il culmine dell'evangelizzazione si realizza nell'Eucaristia, in essa infatti si raggiunge la piena identificazione dell'uomo con Cristo: "Vivo autem iam non ego, vivit vero in me Christus" (Ga 2,20). Di tutto ciò voi, venerati confratelli, siete ben consapevoli, ne percepite le più intime risonanze e perciò non tralasciate occasione per ravvivare negli animi la devozione verso la divina Eucaristia, che d'altronde è molto sentita tra le Comunità di entrambe le Regioni non solo per la presenza, fin dal secolo VIII, del già menzionato Santuario del Miracolo Eucaristico, ma anche per il ricordo, in tempi assai più vicini, delle solenni manifestazioni popolari in occasione di due Congressi Eucaristici Nazionali celebrati rispettivamente a Teramo nel 1935 ed a Pescara nel 1977, con la presenza di Paolo VI.

Continuate ad adoperarvi perché questa consolante tradizione non venga mai meno nelle vostre popolazioni: siano esse sempre più stimolate a desiderare l'Eucaristia, a riceverla ancora, a farne alimento, gaudio e cardine di un'autentica vita cristiana.


4. In questo quadro di consolante fervore eucaristico che porta innumerevoli fedeli, soprattutto i giovani, ad accostarsi al banchetto divino, voi non vi stancherete anche di illuminare le coscienze sulle dovute disposizioni con cui essi devono ricevere la santa Comunione. Dignità, purità e innocenza sono le principali doti raccomandate da san Paolo alle prime Comunità di Corinto: "Chiunque in modo indegno mangia il pane e beve il calice del Signore sarà reo del Corpo e del Sangue del Signore. Ciascuno pertanto esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna" (1Co 11,27-29). Una catechesi sacramentale impostata a dovere non può trascurare un compito così importante.

Come voi ben sapete, non è conciliabile con l'insegnamento della Chiesa la teoria secondo la quale l'Eucaristia perdonerebbe il peccato mortale senza che il peccatore ricorra al Sacramento della Penitenza. E' vero che il Sacrificio della Messa, da cui proviene alla Chiesa ogni grazia, ottiene al peccatore il dono della conversione, senza cui il perdono non è possibile, ma ciò non significa affatto che coloro che hanno commesso peccato mortale possono accostarsi alla Comunione Eucaristica senza essersi prima riconciliati con Dio mediante il ministero sacerdotale.

Il Sacramento della Penitenza è la via ordinaria e necessaria per tutti coloro che, dopo il Battesimo, sono caduti in peccato grave. La sua portata pero non si limita solo a cancellare i peccati negli animi pentiti, ma è altresì manifestazione della bontà misericordiosa di Dio e della sua gloria secondo la triplice espressione del grande Vescovo di Ippona: confessio vitae, confessio fidei, confessio laudis. Con questo Sacramento, come dice il rito della Penitenza al n. 7, "la Chiesa proclama la sua fede, rende grazie a Dio per la libertà con cui il Cristo ci ha liberati, offre la sua vita come sacrificio spirituale a lode della gloria di Dio". Non va perciò dimenticato che la celebrazione della Penitenza è sempre un atto di culto nel quale la Chiesa loda la santità di Dio e "confessa" le meraviglie del suo amore misericordioso, che sana, risuscita e santifica.

La Chiesa esercita il ministero della riconciliazione per mezzo di voi Vescovi e dei vostri presbiteri. Voi impartite la remissione dei peccati nel nome di Cristo e nella forza dello Spirito Santo: siate giudici saggi, che sanno capire le situazioni personali e suggerire i rimedi più adatti; siate soprattutto padri che rivelano agli uomini il cuore del Padre celeste. Non mancate di promuovere le celebrazioni penitenziali intese a far comprendere ai fedeli il senso cristiano del peccato e della necessaria conversione. Suscitate opportune iniziative destinate a ravvivare nelle comunità cristiane lo spirito di penitenza, soprattutto nei tempi "forti" dell'anno liturgico.

Tali celebrazioni potranno riuscire di particolare utilità per i fanciulli, rendendoli consapevoli della vera liberazione, operata da Gesù; nei giovani, poi, potranno sviluppare il senso della conversione richiamandone l'impegno e facendo vedere in essa il cammino verso la perfetta libertà dei figli di Dio. A questi ultimi, soprattutto, è necessario far comprendere l'importanza di avere un confessore stabile a cui ricorrere abitualmente per ricevere il Sacramento nei momenti difficili di smarrimento, di dubbio, e di incertezza. Il confessore, diventando così anche direttore spirituale, saprà indicare ai singoli la via da seguire per rispondere generosamente alla chiamata alla santità.

Anche per i malati e gli anziani, che non possono recarsi in chiesa sarà di sostegno e di conforto la possibilità di ricevere con una certa frequenza la grazia del Sacramento: sentiranno meno il peso della malattia e della solitudine e sapranno unire con più generosità le loro sofferenze alla passione redentrice del Cristo.


5. Carissimi confratelli, sulla scorta delle vostre relazioni vi ho presentato alcune considerazioni per incoraggiare il vostro lavoro di pastori delle anime.

Non mi sono sfuggite le difficoltà ed i problemi a cui il vostro zelo deve far fronte, in un momento in cui le vostre Regioni esperimentano l'urto provocato dalla rapida trasformazione delle vecchie strutture economiche e sociali. Questi mutamenti toccano non solo il volto esteriore delle vostre Comunità diocesane, ma portano altresì squilibri nel costume e nella vita religiosa. Ciò dimostra come sia divenuta oggi più che mai pesante la responsabilità che grava sul Vescovo.

Questo dice pure che anche voi avete bisogno di conforto e di esortazione alla fiducia. Certamente non sareste fedeli seguaci del Maestro divino se non trovaste la forza di spingere la vostra fiducia "in spem contra spem" (Rm 4,18), in ogni situazione, anche la più difficile. Fiducia dunque, venerati fratelli! Confidate nel Signore, affidate a lui l'avvenire delle vostre diocesi! Non vi stancate di avvicinare, di amare e di ascoltare il vostro popolo. Siate, per tutti, amici sapienti. Ma siatelo soprattutto per i sacerdoti, vostri collaboratori nel ministero pastorale e per gli aspiranti al sacerdozio: speranze delle vostre Comunità diocesane. Siatelo per i religiosi e le religiose, che con la loro presenza orante ed operante danno un inestimabile contributo all'opera di santificazione delle anime; siate sempre vicini agli appartenenti alla Azione Cattolica e agli altri movimenti ecclesiali che danno vigore alle vostre Chiese locali.

La Vergine santissima tanto venerata e frequentata nei numerosi Santuari a Lei dedicati nell'Abruzzo e nel Molise vi assista sempre nel vostro impegno pastorale. E la mia speciale Benedizione scenda su di voi, quale pegno di abbondanti grazie celesti, e in segno della mia particolare benevolenza.

Data: 1981-12-04
Venerdi 4 Dicembre 1981


Ai Vescovi delle Marche e dell'Umbria in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Confermate la fede nell'uomo della società industriale

Venerati fratelli nell'Episcopato!

1. Saluto con gioia in voi i degni Pastori delle arcidiocesi e diocesi delle Marche e dell'Umbria, che siete convenuti a Roma per la vostra visita "ad limina Apostolorum", la quale, da tempo programmata, ci offre finalmente la lieta possibilità di un incontro atteso e fraterno. L'occasione, infatti, è la più propizia per rinnovare e rinsaldare quei vincoli di comunione, che legano da una parte i Vescovi con la Santa Sede e dall'altra il successore di Pietro con i suoi confratelli nel ministero episcopale. E' così che si realizza quell'unità del gregge di Cristo, per la quale il nostro Salvatore ha ardentemente pregato (cfr. Jn 17,11) e che si propone al mondo come esempio luminoso e fecondo di mutua solidarietà e cooperazione nel nome dell'unico e altissimo ideale cristiano.

La vostra presenza qui, oggi, rinnova per me in particolare il gaudio ripetutamente provato, quando mi fu dato di incontrarmi con varie Comunità cristiane delle vostre terre: a Loreto e ad Ancona, ad Assisi, a Norcia, a Terni, a Collevalenza e Todi. E rivedo, alla vostra presenza, l'esultanza e la fede di quanti, nelle diverse stazioni dei miei pellegrinaggi, mi hanno accolto con giubilo e mi hanno testimoniato nell'ascolto e nella comune preghiera la loro adesione a Cristo ed il loro impegno a favore del suo Vangelo e della sua Chiesa.

Di queste corroboranti esperienze ancora una volta ringrazio i generosi fedeli marchigiani e umbri e soprattutto voi, che ne portate la cura pastorale.


2. Una visita "ad limina", venerati fratelli, è occasione di consultivi e di progetti, è tempo di costatazioni e di speranze. So che voi avete minutamente esaminato la situazione pastorale delle vostre diocesi con vivo senso di responsabilità, con realismo e con slancio insieme. E so che ciascuno di voi individualmente e ciascuna delle vostre Conferenze Episcopali regionali siete portatori di problemi molteplici e pressanti. Il trapasso dell'assetto sociale da un tipo di vita a cultura rurale ad un tipo nuovo, che si va man mano affermando, quello della piccola e media industria o dell'impresa cooperativa, ha certamente dei risvolti sull'impostazione o almeno sul timbro della vita cristiana delle popolazioni locali. Il rischio di un cristianesimo di superficie, insidiato da ideologie o visioni dell'uomo aliene o indifferenti, se non ostili, alla tradizione cristiana, richiede prese di posizione precise e illuminate. La crisi vocazionale, anche se non allarmante, spinge ad un impegno meditato e fermo, che si dovrà esercitare sia direttamente sulla chiamata di persone adatte al ministero pastorale, sia indirettamente nella formazione di famiglie e comunità cristiane dalla fede adulta e responsabile. So che ciascuno di questi problemi è oggetto della vostra attenzione e della vostra premurosa sollecitudine; e per ciascuno di essi assicuro la mia fraterna partecipazione alle vostre ansie ed il mio compiacimento per il vostro zelo.

Così godo pure con voi per i segni, anzi i fermenti, che lasciano intravedere positivi sviluppi verso una promettente maturità cristiana delle vostre Comunità diocesane. L'impegno dei numerosi e benemeriti Ordini religiosi, presenti nelle vostre diocesi, il dinamismo di movimenti cattolici vari, l'istituzione di Corsi di teologia per Laici, la disponibilità da parte dei giovani e anzi la loro ricerca di un messaggio che valorizzi e promuova l'uomo nella sua interezza: questi sono altrettanti motivi di fiducia, che danno spazio e offrono materia a quanti hanno a cuore l'affermazione del Vangelo e la gloria di Dio.


3. Le vostre Regioni, poi, hanno caratteristiche peculiari di vita cristiana, che, mentre affondano le loro radici in un illustre passato, così è auspicabile incidano tuttora e in futuro sulla qualità ed intensità della specifica identità dei battezzati. Penso innanzitutto alla grande tradizione di santi fioriti sulle vostre terre. I nomi di Benedetto, Francesco, Chiara, Rita, Gabriele per l'Umbria; e poi Nicola da Tolentino, Giuseppe da Copertino e Maria Goretti per le Marche, sono universalmente noti. Ciascuno di questi santi corrisponde davvero ad una vivida sorgente luminosa posta in alto, "perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa" (Mt 5,15). Qual è l'invito che essi ancora e sempre rivolgono a tutti noi ed in special modo ai loro conterranei? E' un chiaro stimolo a coltivare la vita interiore, la preghiera: in una parola, ad una sequela di Cristo, contrassegnata dalla santità. Sappiamo bene che il mondo odierno offre all'uomo innumerevoli sollecitazioni di varia natura, di cui molte in pratica tendono a distoglierlo dalle realtà più importanti e disperderlo in altre di poco conto, scompigliando la scala dei genuini valori, sui quali si può impostare, crescere e nobilitare la sua vita terrena. E così si viene distratti, più o meno inconsciamente, dall'attenzione per la "sola cosa di cui c'è bisogno" (Lc 10,42).

Ma la distrazione è come una fotografia mossa e sfocata, che finisce per tradire l'oggetto ritratto. Anche l'uomo d'oggi è esposto, forse più che mai, ad un simile travisamento di se stesso. Occorre invece che si metta a fuoco, cioè riscopra il meglio di sé, la propria originaria vocazione ad una dignità, che solo Dio può conferirgli e solo Gesù Cristo può restaurare. I santi che ho menzionato, se posso continuare nel paragone, sono delle fotografie riuscite: immagini, i cui netti contorni coincidono con le intenzioni divine su di loro. E proprio qui sta la lezione. Ma, appunto, si tratta di un ideale raggiungibile solo coltivando un rapporto di comunione, intimo e stabile, con il Signore. E ciò è possibile riconoscendo il primato dello spirituale, dell'interiorità, accogliendo in concreto e nel vissuto quotidiano la parola di Cristo: "Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio" (Mt 4,4). Questo occorre instancabilmente proporre, e con impegno profetico richiamare; infatti è in gioco il bene dell'uomo, che solo Cristo aiuta ad essere "più uomo" (GS 41). Di qui promanano quei semplici doveri del cristiano, che lo portano insieme a manifestare ed a scoprire la bellezza della sua identità: leggere e meditare la Parola di Dio, essere sensibili alla vita della Chiesa, partecipare ai momenti di preghiera comunitaria, e in ogni cosa recare quell'atteggiamento di interiore colloquio col Signore, sempre cercandolo, magari "a tentoni, benché non sia lontano da ciascuno di noi" (Ac 17,27). E allora è auspicabile che si ripeta la meravigliosa avventura dei molti santi umbri e marchigiani, i quali certo non considerano i loro posteri preclusi al cammino da essi percorso.


4. Non posso, inoltre, dimenticare il ruolo del Santuario mariano di Loreto, meritatamente celebre per la sua incidenza sulla vita cristiana in Italia, ma prima di tutto nelle vostre zone. Esso conduce il nostro pensiero alla Madre di Gesù, che "sulla terra brilla innanzi al peregrinante Popolo di Dio quale segno di sicura speranza e di consolazione" (LG 68). Nel mistero di Cristo, che impronta di sé l'esistenza dei cristiani, ella ha un posto tutto particolare: quello della donna, che accoglie giubilando l'amore di Dio per lei e gli si dona completamente; e quello della madre, che genera il Verbo incarnato, accompagnandolo nella sua crescita umana, e dilata poi la sua maternità sulla Chiesa nascente (cfr. Ac 1,14). Mediante l'imitazione di Maria, che, per la sua singolare santità, è colei che in massimo grado ha manifestato Cristo al mondo, la Chiesa progredisce nella fede, nella speranza e nella carità, divenendo essa stessa portatrice e quasi ostensorio del Salvatore a tutti gli uomini. Ma, come sappiamo, il Santuario di Loreto ci propone la Vergine-Madre dell'umile Casa di Nazaret e invita tutti i cristiani all'esercizio delle virtù quotidiane nell'ambito della famiglia e del lavoro. Soprattutto ci ricorda che anche nel nascondimento e nelle occupazioni più modeste si trova la presenza vivificante del Signore, che è con noi tutti i giorni (cfr. Mt 28,20); e perciò è concretamente attuabile la nostra comunione con Lui. Pertanto, l'ancella del Signore (cfr. Lc


1,38) sta davanti ai nostri occhi come fulgido punto di riferimento per modellarvi la pratica traduzione dei grandi ideali di dedizione al Padre, di unione a Cristo, di docilità allo Spirito, di servizio alla Chiesa, di rivelazione agli uomini. E come tale dobbiamo presentarla ai fedeli, perché ne traggano alimento per la loro fede e conforto nel loro impegno. Al di sopra di tutto, abbiamo la certezza che ella, Regina di tutti i santi perché tutti sono anche a lei debitori della propria sanità, intercede in nostro favore e soccorre premurosamente quanti a lei ricorrono con animo filiale.


5. Alla Madre di Dio, pertanto, venerati fratelli, rimettiamo fiduciosamente anche il nostro ministero episcopale. Alle sue cure materne affidiamo la nostra sollecitudine per le Chiese di cui siamo Pastori (cfr. 2Co 11,28). E tutti voi incoraggio vivamente a proseguire con zelo, intelligenza ed entusiasmo in quel servizio alle vostre Chiese, che già svolgete con encomiabile diligenza e amore.

Continuate ad armonizzare le esigenze delle vostre diocesi con quelle della Conferenza Episcopale Italiana, al fine di procedere sempre di comune accordo nelle programmazioni pastorali. Soprattutto ci sia tra voi ed il vostro Clero e le vostre Comunità diocesane quell'intima fraternità evangelica, così da poter dir loro con san Paolo: "Chi, se non proprio voi, potrebbe essere la nostra speranza, la nostra gioia e la corona di cui ci possiamo vantare, davanti al Signore nostro Gesù, nel momento della sua venuta? Siete voi la nostra gloria e la nostra gioia" (1Th 2,19-20). E che essi a loro volta possano dire altrettanto di voi.

Sappiate che faccio costantemente menzione di voi nelle mie preghiere, e tutti vi raccomando alla potenza di Colui, "che suscita in voi il volere e l'operare secondo i suoi benevoli disegni" (Ph 2,13). E siate sempre fiduciosi nella forza della sua grazia, con la quale soltanto tutto possiamo (cfr. Ph 4,13), come lo furono gli intrepidi apostoli Pietro e Paolo, le cui tombe siete venuti a visitare in quest'Urbe.

Sono lieto di assicurarvi anche tutto il mio affetto, e di gran cuore imparto a ciascuno di voi una particolare benedizione apostolica, che amo estendere a quanti sono affidati al vostro ministero.

Data: 1981-12-05
Sabato 5 Dicembre 1981


Ai partecipanti al corso di aggiornamento per i giudici e altri ufficiali dei tribunali ecclesiastici - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La Chiesa ha bisogno di esperti per attuare il nuovo codice

Carissimi fratelli, Sono davvero lieto di accogliere qui tutti voi che avete partecipato al IX Corso di rinnovamento canonico per Giudici ed altri Ufficiali dei Tribunali ecclesiastici presso la Pontificia Università Gregoriana. Vi saluto di cuore ad uno ad uno singolarmente: riconosco con animo grato la vostra nota fedeltà al successore di Pietro e al Magistero della Chiesa.

Il Corso di quest'anno è dedicato ad un attento esame del rinnovato Codice di Diritto Canonico, particolarmente in quelle parti che riguardano il matrimonio nella Chiesa. E' ben evidente a tutti quanto ciò sia opportuno. Infatti il nuovo corpo canonico è stato valutato nella Sessione plenaria della Commissione e sarà promulgato a tempo debito.

La Chiesa ha perciò veramente bisogno di esperti che studino ed esaminino a fondo il nuovo Codice. Infatti ho detto a quella stessa Sessione plenaria che questo Codice è stato ideato, annunziato e steso come una cosa sola con tutto il Concilio Vaticano II e dunque è strumento giuridico e pastorale nel quale sono raccolti per l'avvenire i frutti più sicuri e più solidi del Concilio.

Questa nuova legislazione si è resa assolutamente necessaria alla Chiesa, perché essa possa ogni giorno secondo la logica e la disciplina del Concilio nelle sue azioni e nelle sue istituzioni, perché il messaggio stesso del Vangelo possa essere ovunque più efficacemente annunziato e possa radicarsi più profondamente nel cuore degli uomini, perché infine la causa dell'unità dei cristiani sia promossa in modo più efficace mediante una forma di vita ecclesiale più semplice e luminosa.

Rimane ora il compito di erudire nuovi studiosi di diritto canonico nelle nuove formule legislative, nei nuovi principi che le pervadono, nei nuovi criteri di interpretazione e di applicazione delle leggi ecclesiastiche ai singoli casi e nelle singole difficoltà dei fedeli. Una cosa sola mi auguro insieme a voi e vi chiedo e prego di cuore: che con procedimenti di questo tipo a Roma o altrove nel mondo, si faccia in modo che i giudici stessi presso i Tribunali ecclesiastici si rinnovino profondamente e siano quasi reintegrati. Bisogna infatti che essi siano d'ora in poi più zelanti garanti della giustizia e custodi delle leggi umane.

Per un compito di tale gravità si richiede una conoscenza acquisita non tanto in modo teorico quanto con la massima attenzione ma in vero la conoscenza dell'animo del popolo cristiano e inoltre una quotidiana consuetudine con gli uomini del nostro tempo, rivolti sempre più gravi impedimenti alla fede, nelle condizioni connesse alla vita, negli acerbi dubbi della coscienza. La giustizia sarà infatti preservata, se sarà considerato l'uomo stesso, le stesse sue condizioni di vita qui sulla terra e nella comunità ecclesiale secondo la severa legge del Vangelo di Cristo e l'eccellente qualità di vita cristiana.

Il nuovo Codice di diritto e perciò i giudici, i magistrati e gli esperti di diritto che hanno studiato profondamente il nuovo Codice e lo hanno espletato fedelmente, custodiranno per loro dovere le leggi fondamentali dei fedeli di Cristo nella Chiesa, e illustreranno anche i loro doveri o i loro obblighi. Ma per ogni uomo - e tanto più per il cristiano - la legge esiste perché i singoli siano riconosciuti e accolti dai loro fratelli e amici così come sono nati, cresciuti ed educati. Inoltre la legge per loro esiste, per partecipare con gli altri fedeli alla vita piena della Chiesa, per ottenere dai dottori della Chiesa una retta dottrina ecclesiale, per fortificare se stessi per sempre per mezzo dei Sacramenti di Cristo. La legge inoltre anche come compito di tutti i figli della Chiesa ha per sua natura lo scopo di servire gli altri, di istruire gli altri, di portare agli altri il lieto annunzio salvifico di Cristo Salvatore.

Bisogna certamente osservare la giustizia - per il cristiano, ad onore di Dio e per un vero aiuto agli uomini: terreno e celeste, temporale ed eterno. A questo fine sono rivolte le leggi della Chiesa ed il loro nuovo Codice. A ciò debbono dunque essere indirizzati gli studi canonici di questi prossimi anni, perché attraverso le chiare direttive per il vivere e l'agire si diffonda sempre più ampiamente il nuovo spirito del Concilio Vaticano II in ogni ordine e parte della Chiesa di Dio sulla terra. Gli animi dei Vescovi e dei sacerdoti, dei religiosi e dei laici devono venir nuovamente confermati con una nuova fiducia verso la Madre Chiesa; devono essere nuovamente infiammati di un nuovo ardore per così dire missionario, col quale si sforzino di condurre vicendevolmente tutti gli uomini a Cristo e Cristo a tutti gli uomini mediante la parola e l'esempio. Questo certamente verrà effettuato con la divulgazione del vero rinnovamento del Concilio che, come ho detto, ha rivestito il suo corpo visibile di quelle nuove leggi ecclesiastiche, che avete esaminate e considerate assiduamente in questi giorni.

Vi esorto dunque affinché, ciò che in poche settimane avete giustamente cominciato, voi continuiate in seguito mediante lo studio e l'analisi, la riflessione e l'azione coscienziosa nei vostri molteplici incarichi presso i Tribunali o anche, nelle aule dei Seminari e delle Facoltà, presso altri discepoli delle leggi ecclesiastiche. Prego con voi lo Spirito Santo affinché venga in aiuto degli esperti di Diritto e dei magistrati vostri colleghi con la sua luce e con l'eterno dono della sapienza cristiana.

Desidero darvi assicurazione della mia benevolenza verso tutti voi singolarmente e della mia gratitudine per la vostra testimonianza di fedeltà alla Chiesa impartendo con affetto a voi sia ai maestri che ai discepoli la benedizione apostolica in Gesù Cristo.

Data: 1981-12-05
Sabato 5 Dicembre 1981


GPII 1981 Insegnamenti - Per la festa di San Andrea Apostolo - Città del Vaticano (Roma)