GPII 1981 Insegnamenti - Recita dell'"Angelus" - Città del Vaticano (Roma)

Recita dell'"Angelus" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Questa preghiera è commento incessante alla verità insita nella parola "Theotokos



1. "Theotokos"! Con un'eco lontana suona questa parola, pronunciata con così grande trasporto di fede e di amore millecinquecentocinquanta anni fa al Concilio di Efeso, e da quella data ormai sempre solennemente pronunciata dalla Chiesa: pronunciata nella liturgia e nel magistero; pronunciata nella preghiera in lingue di tante nazioni e popoli diversi, e contemporaneamente con uno stesso "senso di fede" di tutto il Popolo di Dio.

"Theotokos": "Genitrice di Dio".

Oggi pronunciamo questa parola con particolare amore e venerazione, noi tutti riuniti per la comune preghiera: per l'"Angelus".

Questa preghiera è come un commento, ripetuto incessantemente, a questa unica parola: "Theotokos": "Genitrice di Dio".

Quando diciamo: "l'Angelo del Signore reco l'annuncio a Maria ed Ella concepi per opera dello Spirito Santo", noi esprimiamo la totale e piena verità contenuta in questa parola: "Theotokos", è Colei che alla Parola dell'Eterno Padre, trasmessale nell'annunciazione angelica, "ha concepito", cioè è diventata Madre del Verbo Eterno per opera dello Spirito Santo. In Essa il Verbo si è fatto carne.

Ecco il completo commento alla parola: "Theotokos".


2. Immacolata.

Oggi a quella parola che, confessata e insegnata dalla Chiesa, con una lontana e continua eco di fede, ci raggiunge da Efeso insieme con la gioia dei suoi abitanti e di coloro che erano là riuniti al Concilio dei Vescovi, si aggiunge una gioia particolare della nostra città: la gioia di Roma: Immacolata.

Colei, la cui vocazione umana era di diventare, nella pienezza dei tempi stabiliti, la Madre del Verbo Eterno: "Theotokos", in considerazione dei meriti di questo Figlio, Redentore del genere umano, è stata preservata fin dal primo momento del suo concepimento, - Lei, piccola figlia di genitori terreni - dal retaggio del peccato originale, che fa parte di ogni uomo - è stata concepita immacolata.

Libera dal peccato originale, è stata riempita, sin dal primo momento del suo concepimento, di Spirito Santo: è stata concepita "piena di grazia".


3. Quando ripeteremo fra breve nella nostra preghiera le parole del saluto dell'Angelo, meditiamo come l'Eterno Padre ha suggellato, con la potenza dello Spirito Santo, Colei che aveva da secoli designato per Madre del suo Figlio: "Theotokos".

E, contemplando questo mistero della fede, rallegriamoci con la gioia particolare della Chiesa: rallegriamoci con la gioia della venuta del Signore: Theotokos: Immacolata.

Angelus Domini...


4. Oggi, recitiamo la nostra preghiera dell'"Angelus", per la prima volta, davanti all'icona e sotto gli occhi della Vergine santissima, Madre della Chiesa, che s'affaccia su Piazza san Pietro dal mosaico, collocato su di un lato di questo Palazzo Apostolico. Nella cornice di questa Piazza stupenda mancava un'immagine, che richiamasse anche visibilmente la presenza di Colei che "la Chiesa cattolica, edotta dallo Spirito Santo, con affetto di pietà filiale venera come madre amatissima" (LG 53).

Sono lieto di inaugurare, nella Solennità dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, questa testimonianza del nostro amore e della nostra devozione, e confido che Ella, con sollecitudine costante, voglia continuare a "prendersi cura dei fratelli del Figlio suo ancora peregrinanti e posti in mezzo a pericoli ed affanni" (cfr. Is 62), concedendo anche alla nostra generazione di sperimentare l'invincibile potenza della sua protezione materna.

Benediro ora l'immagine della Madonna "Madre della Chiesa", esprimendo l'auspicio che quanti verranno in questa Piazza di san Pietro levino verso di Lei lo sguardo, per rivolgerle, con sentimento di filiale confidenza, il proprio saluto e la propria preghiera.

Data: 1981-12-08
Martedi 8 Dicembre 1981


La preghiera davanti alla Madonna in Piazza di Spagna - Roma

Titolo: Abbraccia con l'amore della Madre i popoli che più aspettano questo abbraccio



1. Madre Immacolata! In questo giorno solenne, mentre ci troviamo di fronte alla tua Figura conformemente alla tradizione della città in cui si trova la Sede di Pietro, desideriamo soprattutto esprimere l'amore e la venerazione, con cui circondiamo la tua Immacolata Concezione, che è segno dell'avvento di Dio e della umana speranza.

I tempi in cui viviamo hanno un particolare bisogno di questo segno.


2. Infatti, il mondo di oggi - come insegna l'ultimo Concilio - soffre di molteplici squilibri e tutti "si collegano con uno squilibrio più fondamentale, radicato nel cuore dell'uomo".

"...E' nell'uomo stesso che molti elementi si contrastano a vicenda. Da una parte infatti... fa esperienza dei suoi molteplici limiti; dall'altra si sente illimitato nelle sue aspirazioni... Peggio, debole e peccatore, non di rado fa quello che non vorrebbe e non fa quello che vorrebbe.

Per cui soffre in sé stesso una divisione dalla quale provengono anche tante e così gravi discordie nella società...".

La vita di molti "è impregnata di materialismo pratico...".

Molti "sono persuasi che il futuro regno dell'uomo sulla terra appagherà tutti i desideri del loro cuore.

Non mancano pero anche coloro che hanno dubitato del senso della vita..." (cfr. GS 10).

Si potrebbe completare questo quadro, tracciato più di dieci anni fa dal Concilio, con diversi particolari che dimostrano la grande minaccia incombente sull'uomo e sul mondo. Questi particolari sono sufficientemente conosciuti da coloro che sono qui riuniti.


3. Perciò, i tempi nei quali viviamo hanno bisogno di te, Immacolata Madre del Salvatore, che per tutte le generazioni non cessi di essere il segno dell'avvento di Dio e il segno dell'umana speranza.

Di fronte a questo segno si è trovato il papa Pio Xll, il quale, negli orribili tempi della seconda guerra mondiale, ha consacrato al tuo Cuore Immacolato tutto il genere umano.

Di fronte a questo segno si pone colui che, per volontà divina, è oggi il suo successore nella Sede romana - e dice: "O Madre degli uomini e dei popoli, Tu conosci tutte le loro sofferenze e le loro speranze, Tu senti maternamente tutte le lotte fra il bene e il male, tra la luce e le tenebre che scuotono il mondo: accogli il nostro grido rivolto nello Spirito Santo direttamente al Tuo cuore ed abbraccia con l'amore della Madre e della Serva del Signore i popoli che questo abbraccio più aspettano, e insieme i popoli il cui affidamento Tu pure attendi in modo particolare. Prendi sotto la tua protezione materna l'intera famiglia umana che, con affettuoso trasporto, a Te, o Madre, noi affidiamo. S'avvicini per tutti il tempo della pace e della libertà, il tempo della verità, della giustizia e della speranza.


4. Monstra Te esse Matrem! Mostraci che sei Madre, anche se meritiamo così poco questo amore materno.

Pero l'amore di una madre è sempre più grande! In esso si manifesta la Misericordia di Dio stesso, che è più potente di ogni male che si è impadronito della storia dell'uomo e del suo cuore.

Tu, che calpestando la testa del serpente abbracci tutto il mondo nel tuo Cuore Immacolato, mostrati Madre! Monstra Te esse Matrem! Amen. Data: 1981-12-08
Martedi 8 Dicembre 1981




L'omelia nella Basilica Liberiana - Roma

Titolo: Affidandosi a Maria la Chiesa vuole testimoniare a tutti gli uomini la speranza



1. "Nulla è impossibile a Dio..." (Lc 1,37) La Chiesa, nell'odierna liturgia, ricorre a queste parole, desiderando onorare il mistero dell'Immacolata Concezione di Maria. Ricorre alle parole dell'Annunciazione, alle parole di Gabriele, il cui nome vuol dire: "la mia potenza è Dio".

Non è appunto l'onnipotenza di Dio, l'infinità potenza del suo amore e della sua grazia, che vengono annunciate da questo singolare messaggero? E insieme con lui le annuncia in un certo senso la Chiesa intera, in continuo ascolto delle parole del suo annuncio e ripetendole molte volte: "Nulla è impossibile a Dio".

Solamente con quella onnipotenza che ama, solamente con l'infinita potenza dell'amore si può spiegare il fatto che Dio-Verbo, Dio-Figlio si fa uomo.

Solo con l'onnipotenza che ama, solo con l'inscrutabile potenza dell'amore di Dio si può spiegare il fatto che la Vergine - figlia di genitori umani e di generazioni umane - diventa la Madre di Dio.

Eppure questo fatto per Lei stessa era incomprensibile: "Come è possibile? Non conosco uomo" (Lc 1,34).

E probabilmente era difficile da capire per il popolo, del quale era figlia, il popolo che d'altronde attraverso tutta la sua storia attendeva proprio solo questo: la venuta del Messia, e in questo vedeva lo scopo principale della sua vocazione, delle sue prove e sofferenze.

E questo fatto è difficile ad essere compreso da tanti uomini e nazioni, anche nel caso che accettino l'esistenza di Dio, anche se ricorrono alla sua bontà e misericordia.

Pero, "nulla è impossibile a Dio"!


2. Se oggi la Chiesa si richiama a queste parole, allora è anche necessario che noi cerchiamo in esse la risposta per l'interrogativo sul mistero dell'Immacolata Concezione.

Dato che l'onnipotenza dell'Eterno Padre e l'infinita potenza di amore operante con la forza dello Spirito Santo fanno si che il Figlio di Dio diventi uomo nel seno della Vergine di Nazareth, allora la stessa potenza in considerazione dei meriti del Redentore, preserva la sua Madre dal retaggio del peccato originale.

La fa santa ed immacolata sin dal primo momento del concepimento.

La stessa onnipotenza, la stessa potenza d'amore, la stessa forza dello Spirito Santo fanno si che Lei sola, tra tutti i figli e le figlie di Adamo, sia concepita e venga al mondo "piena di grazia".

Così, anche nel momento dell'Annunciazione la saluterà Gabriele: "Ti saluto, o piena di grazia" (Lc 1,28).


3. Veniamo oggi a questo Santuario romano della Genitrice di Dio, colmi di speciale venerazione per la Santissima Trinità: colmi di gratitudine verso il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo per queste "grandi cose", che la grazia dell'Altissimo ha fatto sin dal primo momento di vita della Vergine di Nazareth.

Questo è infatti l'anno in cui, ricordando dopo milleseicento anni l'opera del I Concilio di Costantinopoli, ricordiamo anche il millecinquecentocinquantesimo anniversario del Concilio di Efeso.

Proprio per questo nella solennità della Pentecoste si sono riuniti i Vescovi di tutto il globo terrestre presso la tomba di san Pietro per venerare lo Spirito Santo, il Paraclito, in unione spirituale con la liturgia di ringraziamento, che ebbe luogo a Costantinopoli.

La sera poi dello stesso giorno, sono venuti qui nella Basilica mariana di Roma a ringraziare per il mistero dell'Incarnazione, che è l'opera suprema dello Spirito Santo nella storia della salvezza. In questo modo è stato venerato Colui, che "per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria, e si è fatto uomo", ed è stata venerata Lei, la Vergine Madre, che la Chiesa sin dai tempi del Concilio di Efeso chiama "Genitrice di Dio" (Theotokos).

Chiamando così Maria, la Chiesa professa la sua fede nella più grande opera salvifica, quale in Essa e mediante Essa ha compiuto lo Spirito Santo. "Nulla è impossibile a Dio"!


4. Non mi è stato concesso di partecipare personalmente a quella storica Solennità. Avevo lavorato pero con tutto il cuore per la sua preparazione, rendendomi conto che in essa si doveva esprimere non solo la fede di due millenni, ma anche quel particolare dialogo di amore e di affidamento, che la Chiesa della nostra epoca conduce con lo Spirito Santo mediante il Cuore della Genitrice di Dio. Questo dialogo si intensifica specialmente quando la Chiesa insieme con l'umanità attraversa dure esperienze e prove, ed anche quando rinasce in essa la speranza di rinnovamento e di pace.

Infatti, nel corso dei difficili anni dell'ultima guerra mondiale, il Papa Pio XII consacro tutto il genere umano al Cuore dell'lmmacolata, inserendo dopo alcuni anni in questa consacrazione i popoli particolarmente cari alla Genitrice di Dio: quelli della Russia.

Nei nostri tempi, insieme con l'opera del Concilio Vaticano II, è rinata nella Chiesa la speranza del rinnovamento. E, mentre questa speranza incontra diverse difficoltà, mentre in modo contemporaneo risente incessantemente la minaccia alla pace è sembrato che si debba un'altra volta rivolgersi allo Spirito Santo mediante il Cuore della Genitrice di Dio, Colei che il Papa Paolo VI spesso chiamava "Madre della Chiesa".

Proprio nel giorno della Pentecoste, dunque, durante la solennità celebrata in questa Basilica di fronte ai Vescovi di tutto il mondo, è stato pronunciato l'atto di affidamento all'Immacolata Madre di Dio, il quale è una testimonianza dell'amore che la Chiesa nutre verso Maria, fissando lo sguardo in Essa come nella figura della propria maternità. Questo atto è anche una testimonianza di speranza, che, nonostante tutte le minacce, la Chiesa vuole annunciare a tutti i popoli: a quelli che più l'aspettano, insieme a quelli, il "cui affidamento la Genitrice di Dio stessa sembra attendere in modo particolare" (cfr. Celebrazioni Commemorative... p. 29).

Questo atto di affidamento lo ripetiamo anche oggi.


5. La Provvidenza incessantemente ci chiama a leggere con perspicacia i "segni dei tempi". E proprio seguendo i segni dei tempi, abbiamo venerato nel giorno della Pentecoste il ricordo di entrambi i grandi Concili della Chiesa perfettamente unita. Proprio seguendo i segni dei tempi, abbiamo rinnovato presso la tomba di san Pietro la fede nello Spirito Santo che è Signore e dà la vita", secondo le parole del nostro comune Credo. Proprio seguendo i segni dei tempi, ci siamo riuniti la sera dello stesso giorno nel Santuario mariano di Roma.

I segni dei tempi ci comandano di leggere i piani divini risalendo fino alle parole originarie e più antiche.

Non si trovano forse tra quelle parole anche quelle del Libro della Genesi, che sono state oggi ricordate nella prima lettura: "Porro inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno..." (Gn 1,15)? I segni dei tempi indicano che ci troviamo nell'orbita di una grande lotta fra il bene e il male, tra l'affermazione e la negazione di Dio, della sua presenza nel mondo e della salvezza che in Lui ha il suo inizio e il suo termine.

Non ci indicano forse questi segni la Donna, insieme con la quale dovremmo scendere sull'orlo del tempo tracciato dal secolo e dal millennio che stanno per chiudersi? Non dovremmo proprio con Lei far fronte ai travagli, dei quali il nostro tempo è pieno? Non dovremmo proprio in Lei ritrovare quella fortezza e quella speranza, che nascono dal cuore stesso del Vangelo?


6. "Nulla è impossibile a Dio"! Raccogliamoci sul mistero dell'Immacolata Concezione.

Meditiamo secondo il magistero del Concilio Vaticano II la meravigliosa presenza di Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa.

In ascolto della Parola di Dio vivo, la quale ci parla dal profondo del primo avvento, andiamo incontro a tutto ciò che il tempo dell'uomo e del mondo ci può portare. Andiamo uniti con la Donna per eccellenza, Maria.

Data: 1981-12-08
Martedi 8 Dicembre 1981


Il Papa affida tutti i popoli della terra a Maria Immacolata Madre di Dio

Titolo: Atto di affidamento

O Tu, che più di ogni altro essere umano sei stata affidata allo Spirito Santo, aiuta la Chiesa del tuo Figlio a perseverare nello stesso affidamento, perché possa riversare su tutti gli uomini gli ineffabili beni della Redenzione e della santificazione, per la liberazione dell'intera creazione (cfr. Rm 8,21).

O Tu, che sei stata con la Chiesa agli inizi della sua missione, intercedi per essa affinché, andando in tutto il mondo, ammaestri continuamente tutte le Nazioni ed annunzi il Vangelo ad ogni creatura. La parola della Verità Divina e lo Spirito dell'Amore trovino accesso nei cuori degli uomini, i quali senza questa Verità e senza questo Amore non possono davvero vivere la pienezza della vita.

O Tu, che nel modo più pieno hai conosciuto la forza dello Spirito Santo, quando ti è stato concesso di concepire nel tuo seno verginale e di dare alla luce il Verbo Eterno, ottieni alla Chiesa che possa continuamente far rinascere dall'acqua e dallo Spirito Santo i figli e le figlie di tutta la famiglia umana, senza alcuna distinzione di lingua, di razza, di cultura, dando loro in tal modo il "potere di diventare figli di Dio" (Jn 1,12).

O Tu, che sei così profondamente e maternamente legata alla Chiesa, precedendo sulle vie della fede, della speranza e della carità tutto il Popolo di Dio, abbraccia tutti gli uomini che sono in cammino, pellegrini attraverso la vita temporale verso gli eterni destini, con quell'amore che lo stesso Redentore divino, tuo Figlio, ha riversato nel tuo cuore dall'alto della croce. Sii la Madre di tutte le nostre vie terrene, perfino quando esse diventano tortuose, affinché tutti ci troviamo, alla fine, in quella grande Comunità che il tuo Figlio ha chiamato Ovile, offrendo per essa la sua vita come Buon Pastore.

O Tu, che sei la prima Serva dell'unità del Corpo di Cristo, aiutaci, aiuta tutti i fedeli, che risentono così dolorosamente il dramma delle divisioni del cristianesimo, a ricercare con costanza la via dell'unità perfetta del Corpo di Cristo, mediante la fedeltà incondizionata allo Spirito di Verità e di Amore, che è stato a loro dato a prezzo della Croce e della Morte del tuo Figlio.

O Tu, che sempre hai desiderato di servire! Tu che servi come Madre tutta la famiglia dei figli di Dio, ottieni alla Chiesa che, arricchita dallo Spirito Santo con la pienezza dei doni gerarchici e carismatici, prosegua con costanza verso il futuro per la via di quel rinnovamento che proviene da ciò che dice lo Spirito Santo e che ha trovato espressione nell'insegnamento del Vaticano II, assumendo in tale opera di rinnovamento tutto ciò che è vero e buono, senza lasciarsi ingannare né in una direzione né nell'altra, ma discernendo assiduamente tra i segni dei tempi ciò che serve all'avvento del Regno di Dio.

O Madre degli uomini e dei popoli, Tu conosci tutte le loro sofferenze e le loro speranze Tu senti maternamente tutte le lotte tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre che scuotono il mondo: accogli il nostro grido rivolto nello Spirito Santo direttamente al tuo cuore ed abbraccia con l'amore della Madre e della Serva del Signore i popoli che questo abbraccio più aspettano, e insieme i popoli il cui affidamento tu pure attendi in modo particolare. Prendi sotto la tua protezione materna l'intera famiglia umana che, con affettuoso trasporto, a te, o Madre, noi affidiamo. S'avvicini per tutti il tempo della pace e della libertà, il tempo della verità, della giustizia e della speranza.

O Tu, che mediante il mistero della tua particolare santità, libera da ogni macchia sin dal momento del tuo concepimento, risenti in modo particolarmente profondo che "tutta la creazione geme e soffre... nelle doglie del parto" (Rm 8,22), mentre, "sottomessa alla caducità", "nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione" (Rm 8,20-21), contribuisci, senza sosta, alla "rivelazione dei figli di Dio", che "la creazione stessa attende con impazienza" (Rm 8,19), per entrare nella libertà della loro gioia (cfr. Rm 8,21).

O Madre di Gesù, glorificata ormai in Cielo nel corpo e nell'anima, quale immagine e inizio della Chiesa, che dovrà avere il suo compimento nell'età futura qui sulla terra, fino a quando non verrà il giorno del Signore (cfr. 2P 3,10) non cessare di brillare innanzi al popolo pellegrinante di Dio quale segno di sicura speranza e di consolazione (cfr. LG 68).

Spirito Santo Dio, che con il Padre e il Figlio sei adorato e glorificato! Accetta queste parole di umile affidamento indirizzate a te nel cuore di Maria di Nazaret, tua Sposa e Madre del Redentore, che anche la Chiesa chiama sua Madre, perché sin dal cenacolo della Pentecoste da Lei apprende la propria vocazione materna! Accetta queste parole della Chiesa pellegrinante, pronunciate tra le fatiche e le gioie, tra le paure e le speranze, parole che sono espressione di affidamento umile e fiducioso, parole con cui la Chiesa affidata a te, Spirito del Padre e del Figlio, nel cenacolo della Pentecoste per sempre, non cessa di ripetere insieme con te al suo Sposo divino: Vieni! "Lo Spirito e la sposa dicono al Signore Gesù "Vieni"" (cfr. Ap 22,17).

Così la Chiesa universale si presenta come un popolo adunato nell'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo)) (LG 4).

Così noi oggi ripetiamo: "Vieni", confidando nella tua materna intercessione, o clemente, o pia, o dolce Vergine Maria.

Data: 1981-12-08
Martedi 8 Dicembre 1981





Ai Vescovi della Calabria in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Impegno della Chiesa locale nella cura pastorale dei migranti

Se è sempre una gioia, per me, l'incontrarmi con ogni categoria di fedeli e di persone, lo è soprattutto quando, come Pastore di tutta la Chiesa, posso rivolgermi, singolarmente o a gruppi, ai Pastori delle Chiese locali, per avere più direttamente da loro informazioni sui problemi delle loro diocesi, le difficoltà di oggi, le prospettive per il domani.

Così le sollecitudini della cura pastorale si sentono più da vicino, dal vivo, sono condivise, diventano comuni, e insieme si possono trovare le linee di soluzione a servizio dell'Unico Supremo Pastore e a bene di tutte le anime.

Oggi ho la gioia di stare in mezzo a voi, Vescovi di una terra ricca e generosa come la Calabria. Ricca, dal punto di vista della natura, di sole, di aria, di luce, di cielo, di mare. Ricca, dal punto di vista umano e religioso, di bontà di cuore, di generosità, di senso di ospitalità, dei grandi valori spirituali e cristiani, soprattutto dei grandi affetti della famiglia, ancora unita, solidale, numerosa. Una terra di tradizioni religiose, dove diffusa e sentita è la devozione alla Madonna, e numerose sono state sempre le vocazioni sacerdotali e religiose, offerte generosamente a servizio anche di altre regioni d'Italia e del mondo.

Tuttavia, nello stesso tempo, dal punto di vista economico e sociale, come voi stessi avete voluto sottolineare nella relazione sulla situazione socio-religiosa della vostra regione, una terra povera di risorse, come, in genere, tutto il Meridione italiano. Le condizioni del terreno non consentono un'agricoltura intensiva a vasto raggio. Il processo di industrializzazione, già in corso da vari anni anche in più parti del Sud, non ha raggiunto nella Regione calabrese i livelli sufficienti a venire incontro alle esigenze crescenti della popolazione provata da una lunga abitudine alla sofferenza e all'abbandono. A tutto questo si aggiunge la minaccia quasi permanente di calamità naturali, e penso al terremoto, che costituisce l'insidia nascosta di tutto il Meridione ed ha più volte recato desolazione e devastazione a vaste e ridenti zone della vostra terra.

Non si può non restare insensibili davanti ai problemi, così numerosi, gravi e annosi, della cosiddetta "questione meridionale", con le differenze economiche e sociali tra Nord e Sud; né si può ignorare che anche all'interno della questione meridionale esiste, come voi la chiamate, una "questione calabrese", che ha dietro alle spalle cause molteplici di natura storica, geografica, culturale e sociale.

E' per tutte queste ragioni che la Calabria, come del resto tutto il Sud, è divenuta, almeno da quasi due secoli, e continua a essere, terra di emigrazione.

Un fenomeno, questo, da considerare più in particolare, perché mentre in genere l'Italia, tradizionale terra di emigrazione, si è rapidamente trasformata da qualche tempo in terra di immigrazione, capovolgendo la vecchia realtà, la Calabria, insieme con altre poche regioni italiane, continua a mandare fuori della propria terra la sua ricchezza maggiore, cioè i propri figli, le forze più fresche e più giovani.

E' uno dei problemi più assillanti di oggi, su cui vorrei richiamare in modo particolare la vostra attenzione e quella di tutta la Chiesa locale, affidata alle vostre cure pastorali.

Conoscendo bene il fenomeno e i problemi dell'emigrazione del mondo, perché già prima di avere sulle spalle la responsabilità pesante di tutta la Chiesa, ho avuto modo di incontrarmi più volte, da Vescovo e da Cardinale, con i connazionali emigrati fuori della patria in vari Paesi del mondo, al di qua e al di là dell'oceano, e nei miei viaggi internazionali di questi tre anni ho preso sempre contatto con i gruppi immigrati nelle nazioni ospitanti.

Nell'enciclica "Laborem Exercens", pur riconoscendo il diritto, che ha l'uomo, di lasciare il proprio Paese d'origine per vari motivi ho presentato l'emigrazione come una perdita del Paese dal quale si emigra: effettivamente, si allontanano uomini e insieme membri di una grande comunità, che è unita dalla storia, dalla tradizione, dalla cultura, per iniziare un cammino, spesso incerto, in mezzo ad un'altra società, unita da un'altra cultura e molto spesso anche da un'altra lingua.

Il fenomeno dell'emigrazione, interna ed esterna, così diffuso nel mondo, dalle proporzioni numeriche calcolabili a non poche decine di milioni, deve sollecitare di continuo l'attenzione e la cura pastorale della Chiesa, sia di accoglienza sia di partenza, con l'occhio vigile su tutta l'ampia gamma delle sue implicazioni.

Si pongono sul tappeto numerosi e complessi problemi di natura non soltanto economica politica, sociale, giuridica, internazionale, ma anche, e soprattutto, di natura umana, personale, familiare, etnica, religiosa.

Ancora una volta il protagonista, e spesso la vittima, del complesso e grave fenomeno dell'emigrazione è l'uomo. La Chiesa, che guarda all'uomo, non può non guardare all'emigrazione, come del resto ha fatto da quando il problema si è presentato in tutta la sua gravità e complessità, con istituzioni appropriate e figure di apostoli, come la santa Cabrini e il Vescovo di Piacenza Giovanni Battista Scalabrini. Per questa ragione la Santa Sede ha costituito, da oltre dieci anni, una Pontificia Commissione specializzata in tali problemi, per studiarli, seguirli e dare utili indicazioni agli operatori pastorali.

La Chiesa ha il dovere di pensare ai colossali problemi degli agglomerati umani che stanno superando ogni prevedibile dimensione, come in America del Sud, dove la Calabria ha inviato, in un primo tempo, tanti suoi figli; così come in seguito, in un secondo tempo, li ha inviati a gruppi nelle grandi città dell'Europa, e, con un fenomeno di massa, nelle grandi città italiane del Nord.

Sono nati i grandi problemi dell'emigrazione, che sono soprattutto problemi dell'emigrante: l'impatto generalmente traumatizzante con le zone superindustrializzate nei Paesi d'arrivo; il distacco e, non di rado, la scomposizione della famiglia; la disparità di trattamento legislativo; lo svantaggio nell'ambito dei diritti, che spesso diventa sfruttamento; la solitudine e l'emarginazione.

Sono soltanto alcuni dei tanti aspetti del fenomeno dell'emigrazione, che io, ben conoscendo la vostra sollecitudine e il vostro impegno in questo campo, richiamo alla vostra considerazione per stimolarvi ad andare sempre avanti, ancora più avanti su questa strada dell'aiuto all'emigrante nei modi propri della Chiesa, soprattutto col servizio pastorale.

Sono bene al corrente della generosità di tanti sacerdoti, che hanno fatto liberamente la scelta di divenire essi stessi emigranti per stare vicino ai fratelli costretti dalla necessità a lasciare il luogo di origine. E' un dovere della Chiesa locale di partenza non lasciar mancare l'assistenza umana e religiosa ai propri figli lontani. Una cura pastorale apprestata nella propria lingua, col linguaggio della cultura d'origine, pur nel dovere dell'emigrante d'inserirsi nella cultura del Paese di arrivo, ha il vantaggio di essere strumento efficace nel contribuire a salvaguardare valori che non si devono perdere, a fare dell'emigrante cristiano un animatore del mondo contemporaneo, un collaboratore nell'opera di evangelizzazione.

La Chiesa calabrese, sempre ricca di energie umane e generosa nell'offrirle agli altri, non mancherà di fare la sua parte nel campo dell'emigrazione. Se alto è il tasso dell'emigrazione della Calabria, anche alto deve essere il contributo della Chiesa locale alla cura pastorale dei migranti.

Sono sicuro che i Pastori e i sacerdoti s'impegneranno in misura adeguata.

Avrei voluto considerare con voi anche altri aspetti della vostra specifica azione pastorale in terra di Calabria, la cui responsabilità ci è stata affidata dallo Spirito Santo: ma mi premeva sottolineare un aspetto direi emblematico, che nell'azione dei Vescovi della vostra Regione, come del resto anche di altre, dev'essere privilegiato e messo a fuoco per una sempre più adeguata risposta, secondo le esigenze del momento.

Mi compiaccio nell'apprendere che vi siete proposti come impegni prioritari la catechesi, la vita liturgica e sacramentale, l'impegno sociale di testimonianza cristiana, il servizio di carità, la pastorale della famiglia, della gioventù, delle vocazioni oltre ad altre provvide iniziative. Sono tutti campi che mi stanno molto a cuore, e sui quali ho avuto modo - e ne avrò ancora - di soffermarmi con i Vescovi delle altre Regioni italiane, che vengono quest'anno a questo incontro, tanto corroborante per me e per tutti, delle visite "ad limina".

Coraggio! Seguite con tutta la vostra attenzione e con tutta la vostra tenacia questi programmi, vasti e impegnativi, affinché le carissime popolazioni, che vi sono state affidate, possano sempre progredire nella vita di fede profonda, di invitta speranza, di convinto amore a Dio e ai fratelli, per una vera promozione umana e cristiana della loro terra forte e generosa.

Dite loro che il Papa li ama, li segue, li conforta: e, insieme con voi, li benedice di gran cuore.

Data: 1981-12-10
Giovedì 10 Dicembre 1981


Lettera a Madre Teresa di Calcutta

Titolo: Un'ideale di donazione totale ai malati

Alla diletta figlia Sor Teresa di Calcutta Ho appreso con vivo compiacimento che, in occasione del XX anniversario dell'inaugurazione della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, le Autorità accademiche hanno unanimemente deciso di conferirle la Laurea "honoris causa" in Medicina e Chirurgia, quale riconoscimento degli eccezionali meriti, da lei acquisiti nel recare il sollievo della medicina applicata e dell'assistenza alle varie forme di umano dolore.

L'iniziativa appare particolarmente felice. Essa assurge, infatti, al valore di un gesto emblematico, mediante il quale la Facoltà di Medicina e Chirurgia intende indicare il senso ultimo del proprio sforzo di studio e di ricerca nei diversi campi della scienza: il senso cioè di un servizio all'uomo, che animato dall'amore non si ferma al corpo, ma raggiunge lo spirito, per suscitarvi la fiamma della speranza nel mondo trascendente dei valori cristiani.

Con questa finalità fu fondata, vent'anni or sono, codesta Facoltà. Si volle, allora, creare un Centro, nel quale chi si sentiva chiamato alla nobile arte della Medicina potesse ricevere non soltanto una sicura preparazione scientifica, ma anche una solida formazione cristiana, che lo rendesse capace di testimoniare Cristo nell'esercizio stesso della professione sanitaria. Si volle, allora, dar vita ad un'Istituzione nella quale, per usare le parole del Fondatore stesso dell'Università Cattolica, il giovane fosse orientato ad "imprimere alla propria attività una fisionomia ben caratteristica, quella del credente che ogni cosa ed ogni avvenimento giudica e valuta dal punto di vista cristiano" (cfr. Vita e Pensiero, XLI, 1958, n. 1).

Alla luce di questi ideali la Facoltà di Medicina dell'Università Cattolica ha cercato di camminare con costante impegno e dedizione in questi 20 anni di vita. E la ricorrenza odierna mi è propizia per esprimere - mentre mi unisco di cuore alla celebrazione di questa data - vivo compiacimento per i traguardi raggiunti e sinceri voti augurali di crescente sviluppo nell'irradiazione della sua opera, ispirata e sostenuta da amore fraterno e da profonda fede.

La fede cristiana, del resto - ella, carissima sorella, ne offre ampia testimonianza con la sua vita - non altera né mortifica, ma anzi illumina di superiori riflessi quel servizio alla vita umana, che è compito specifico della Medicina. Come non riconoscere, infatti, la nuova ricchezza di motivazioni, che a tale servizio arreca la capacità di scoprire, nella fede, il fulgore dell'immagine divina, impressa sul volto di ogni uomo, che da essa trae l'intangibilità del proprio essere e la dignità trasfigurata delle proprie infermità? So bene come tale consapevolezza abbia costantemente animato il suo impegno e quello delle persone generose che, in numero crescente, si sono via via unite a lei, condividendo l'ideale di donazione totale ad ogni categoria di malati, di poveri, di emarginati, di persone recanti nel corpo e nello spirito il marchio bruciante della sofferenza. Col suo esempio ella dimostra come le parole evangeliche: "Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi" (Mt 25,35s) valgono ad aprire dinanzi al cuore del credente orizzonti nuovi, nei quali la realtà dell'umana sofferenza si pone quale "sacramento" della trascendente presenza di Cristo.

Rinnovo, pertanto, l'espressione del mio apprezzamento per l'opportuna iniziativa accademica, che la vede oggi meritatamente premiata e, mentre invoco su di lei e sulla sua attività copiose effusioni di favori celesti, le imparto di cuore la propiziatrice benedizione apostolica, che volentieri estendo ai Professori ed agli Alunni della cara Università Cattolica ed a quanti sono intervenuti alla significativa cerimonia.

Data: 1981-12-10
Giovedì 10 Dicembre 1981


GPII 1981 Insegnamenti - Recita dell'"Angelus" - Città del Vaticano (Roma)