GPII 1981 Insegnamenti - Lettera a Madre Teresa di Calcutta


Ai Vescovi della Sicilia in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Aiutate i fedeli a formarsi una retta coscienza etica

Signor Cardinale, venerati fratelli nell'Episcopato!

1. E' un giorno di sincera letizia, questo, per me e per voi, in quanto il presente incontro comunitario, a conclusione dei colloqui che ho avuto con ciascuno di voi, è una vivida ed efficace testimonianza di fede e di comunione nella carità. Con le visite "ad limina" voi avete voluto rendervi interpreti e garanti della fede delle vostre Chiese particolari ed altresì dell'unione nella carità, che tutte le unisce fra di loro e, in modo speciale, con la Chiesa di Roma e con il suo Vescovo, che, in quanto successore di san Pietro nella sede di Roma, è Vicario di Cristo in terra, Supremo Pastore e Capo Visibile di tutta la Chiesa, e "perpetuo e visibile principio e fondamento dell'unità sia dei Vescovi sia della moltitudine dei fedeli" (LG 23).

In questi giorni ognuno di voi mi ha riferito con molta sincerità e schiettezza quali siano, in questo tempo drammatico ed esaltante, le gioie e le speranze, le attese e le esigenze del buon popolo di Sicilia, al quale in questo momento così significativo desidero rivolgere il mio affettuoso saluto e manifestare la mia cordiale simpatia.

Una simpatia, che è motivata dalla nativa bontà del popolo siciliano, che porta nel proprio cuore - insieme con le ricchezze della sua lunga e travagliata storia - una intensissima carica di forza indomabile nell'affrontare le avversità; di generosa dedizione verso i deboli ed i piccoli; di fervido entusiasmo per i nobili ideali; di rispettosa gentilezza per l'ospite; ed ha altresì trasmesso, da generazione a generazione, il senso della sacralità del nucleo familiare; la gioia per la presenza dei bimbi salutati sempre come un prezioso dono del Padre celeste, oltre che come garanzia e speranza per il futuro; la fiducia tenera e filiale nei confronti della divina Provvidenza; un accentuato e profondo "senso religioso", che si è espresso e si esprime in quella "pietà popolare", così carica di simboli, di segni, di gesti, che coinvolgono il fedele in tutte le molteplici dimensioni della sua personalità.


2. Fin dagli inizi del suo annuncio, il messaggio cristiano ha trovato nel cuore dei siciliani un terreno fertilissimo per dare alla Chiesa frutti mirabili di santità e di grazia. La Sicilia è veramente un'isola di santi. Ho potuto scorrere con commossa ammirazione il Calendario Liturgico delle vostre Chiese particolari ed ho notato come Dio, in ogni secolo, abbia loro fatto dono di santi e di sante, appartenenti ad ogni condizione. E' una lunga ieratica teoria di uomini e donne, che nella vostra terra, in mezzo a difficoltà e persecuzioni, hanno vissuto in semplicità ed integralità il Vangelo: Agata, Lucia, Rosalia, Libertino, Euplo, Filippo di Agira, Berillo, Marciano, Calogero, Agatone Papa, Metodio, Leone, Giuseppe Innografo, Simeone, Silvestre, Nicolo Politi, Lorenzo da Frazzano, Corrado Confalonieri, Alberto da Trapani, Pietro Tommaso, Benedetto da San Fratello, e tanti altri santi e sante, Beati e Beate, degni figli di una terra naturalmente religiosa. Né posso non ricordare, in questo momento, il Beato Giordano Ansalone, martire, che ho avuto la gioia di elevare agli onori degli altari a Manila il 18 febbraio scorso, durante il mio pellegrinaggio apostolico nell'Estremo Oriente.


3. In mezzo a queste luci di grazia e santità, al tesoro veramente prezioso dei valori umani e cristiani che la buona gente di Sicilia si trasmette gelosamente da secoli, appaiono tuttavia alcune ombre, che debbono far riflettere tutti gli uomini pensosi dell'autentica promozione umana, spirituale e sociale della Regione. Esistono purtroppo alcuni fenomeni aberranti, ormai secolari. Si tratta di quella mentalità o struttura cosiddetta mafiosa che crea, a vari livelli e con diverse manifestazioni, misfatti deleteri per il buon nome stesso della Sicilia e della sua gente; tale mentalità deviata e deviante pretende di fare a meno della legge e di poterla impunemente violare; di qui il moltiplicarsi della violenza e degli omicidi, i cui mandanti ed esecutori sono protetti dall'omertà, purtroppo generalizzata per il timore di ritorsioni e di vendette. Una non bene intesa concezione dell'onore si associa a questo atteggiamento. Tali fenomeni provocano una lacerazione nel tessuto etico della società. So che la Chiesa, che è in Sicilia, ha sempre reagito con forza contro tale tipo di violenza - ricordo la vostra Nota dell'ottobre 1974 - e recentemente il Cardinale Arcivescovo di Palermo, per la solennità di Cristo Re, ha invitato fedeli ed autorità a pregare insieme ed a meditare, alla luce della Parola di Dio, su tali piaghe morali e sociali, per resistervi fermissimamente.

Si, carissimi fratelli nell'Episcopato, occorre reagire, non bisogna assolutamente rassegnarsi! Dinnanzi a queste aberrazioni bisogna aiutare i fedeli a formarsi e a maturare una retta coscienza etica; occorre fare in modo - e qui mi rivolgo in particolare alle competenti Autorità - che a tutti sia dato un lavoro dignitoso, una opportuna istruzione e che tutti si sentano e siano veramente uguali di fronte alla legge.

Né si può passare sotto silenzio il grave problema della disoccupazione giovanile, che conduce a facili sbocchi nella delinquenza, nella violenza, nella droga, e che pone i giovani nella impossibilità concreta di formarsi una famiglia; come pure quello dell'emigrazione, che tante lacerazioni provoca nel campo affettivo e familiare, oltre ai seri problemi sul piano pastorale.


4. Per venire incontro alle giuste e legittime attese del popolo siciliano, la Chiesa deve fare ogni sforzo per dare il proprio contributo specifico, originale, concreto, efficace.

E' necessaria la presenza operosa e la testimonianza instancabile dei sacerdoti. La Sicilia ha bisogno di sacerdoti, numerosi, zelanti, culturalmente preparati. Tutta la Comunità ecclesiale deve operare e pregare il Signore perché non manchino le vocazioni ecclesiastiche; perché fioriscano i Seminari minori di Ginnasio-Liceo e quelli maggiori. Auspico che gli Istituti Teologici - quello di "san Paolo" di Catania, l' "Ignatianum" e il "san Tommaso" di Messina, e in particolare, la Facoltà Teologica di Sicilia "san Giovanni Evangelista", che ho recentemente eretto - siano centri di studio ad alto livello scientifico ma anche fervide fucine di preparazione spirituale, specie per i candidati al sacerdozio. A tutti i seminaristi della Sicilia il mio saluto ed ai suoi 2.500 sacerdoti e 1.300 religiosi la mia parola di affettuoso compiacimento e di fraterno incoraggiamento per il loro insostituibile ministero. Che siano vicini al loro popolo, ne percepiscano le ansie, le esigenze. La vita, l'insegnamento e l'esempio di Don Luigi Sturzo - il quale nella piena fedeltà al suo carisma sacerdotale seppe infondere non solo nei siciliani ma nei cattolici italiani il senso del diritto-dovere della partecipazione alla vita politica e sociale alla luce dell'insegnamento della Chiesa - siano presenti ed ispirino il loro apostolato di evangelizzazione e di promozione umana. Saranno i sacerdoti i principali artefici della pastorale catechistica in Sicilia, in conformità con le suggestioni e le indicazioni, contenute nella mia esortazione apostolica "Catechesi Tradendae" come pure nel vostro documento pubblicato nella prima domenica di Avvento del 1980.

Saranno i sacerdoti i principali formatori e plasmatori della retta coscienza morale dei loro fedeli; le guide sagge perché la ricca "religiosità popolare" non si esaurisca in segni esterni o in manifestazioni di semplice sentimento, ma sia incanalata in un continuo cammino di fede; una fede fondata su una catechesi permanente, a tutti i livelli, mediante la riflessione sulla Parola di Dio e sull'insegnamento della Chiesa, e vissuta, giorno dopo giorno, nella coerenza morale, richiesta dalle esigenze del Vangelo. Forse - come voi avete raccomandato nel documento del 1972 su "Le feste cristiane in Sicilia" e come avete ribadito in quello del 1980 sulla "Pastorale catechistica" - "sarà necessario ripulire le feste da eventuali incrostazioni superstiziose e sconvenienti o comunque aliene dalla sensibilità moderna".

Per essere autentici "ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio" (cfr. 1Co 4,1), i sacerdoti dovranno dare una testimonianza di intensa vita spirituale radicata nella preghiera, nella meditazione; con momenti o pause di riflessione come gli Esercizi spirituali possibilmente annuali, per un incontro silenzioso con il Signore.

Sarà anche opportuno studiare, con vigile attenzione e con il necessario discernimento, il problema di una distribuzione del Clero, perché ci sia un equo equilibrio di energie nel vasto campo della attività pastorale, che oggi di fronte ad una popolazione di circa 5 milioni di persone, deve affrontare problemi sempre più complessi, quali quello dei Seminari, delle parrocchie, della catechesi permanente, della formazione cristiana dei giovani, delle nuove coppie, delle famiglie, del mondo operaio, degli strumenti della comunicazione sociale, della cultura.

Accanto all'opera dei sacerdoti e dei religiosi, ci sarà quella non meno preziosa e meritoria di ottomila suore, che lavorano nell'Isola nel campo della educazione, della catechesi, dell'assistenza agli infermi e in quello, apparentemente anonimo e sconosciuto, del silenzio orante nei monasteri di clausura, dove con l'adorazione eucaristica perpetua, con la "laus perennis", con la mortificazione si implorano le divine benedizioni.

Un particolare impegno apostolico la Chiesa attende dal laicato cattolico, che in Sicilia ha una lunga e nobile tradizione. Le numerose confraternite, i vari rami dell'Azione Cattolica, i Gruppi, i Movimenti e le Comunità agiranno certamente in modo da non rinchiudersi in se stesse, da non assolutizzare le proprie esperienze, ma vivranno ed opereranno, insieme con gli altri, nelle più ampie comunità parrocchiali, in leale adesione ai loro Pastori.

La promozione del laicato sarà pertanto una delle principali sollecitudini del vostro servizio episcopale.


5. Carissimi fratelli nell'Episcopato! A conclusione delle vostre visite "ad limina", sento il bisogno di rivolgervi una parola di compiacimento per l'esemplare comunione di cuore e di anima, che qualifica la vostra Conferenza Episcopale, e per lo zelo indefesso, che dedicate al vostro servizio ecclesiale; una parola altresì di incoraggiamento per il lavoro vasto e spesso difficile che dovete quotidianamente affrontare. E mi rallegro anche tanto per l'esempio che date nel campo delicato e promettente dei rapporti sul piano dell'Ecumenismo.

Affido voi e tutta la diletta Sicilia alla Vergine santissima, che il vostro popolo, con commossa tenerezza chiama "La Bella Madre". A Lei, Madre di Dio e Madre della Chiesa, al suo Cuore Immacolato, presento i miei e i vostri voti; a Lei, che nell'Isola è devotamente venerata in tanti Santuari, intimamente legati alla storia, ora triste ora lieta, della vostra Regione: il Santuario di Gulfi, in diocesi di Ragusa; di Montalto, in diocesi di Messina; del Terzito, in diocesi di Lipari; di Valverde, in diocesi di Acireale; di Custonaci, in diocesi di Trapani; di Gibilmanna, in diocesi di Cefalù; di Tindari, in diocesi di Patti; della "Madonna della Sciara", di Mompileri, in diocesi di Catania; della Madonna delle Lacrime, in Siracusa. Sono, questi, luoghi privilegiati di grazia e di preghiera; sono roccaforti spirituali, in cui i siciliani ritemprano la loro fede in Cristo, sull'esempio di Maria, l'incomparabile modello di fede, l'umile e alta "ancella del Signore".

Pegno della mia continua comunione con voi e con tutti i fratelli e sorelle della Sicilia, sia la benedizione apostolica, che vi imparto di vero cuore.

Data: 1981-12-11
Venerdi 11 Dicembre 1981


Lettera per i 120 anni de "L'Osservatore Romano"

Titolo: Strumento di un missione di verità e pace

Al Professor Valerio Volpini Direttore de "L'Osservatore Romano" Città del Vaticano La commemorazione dei centoventi anni di vita de "L'Osservatore Romano", dettata dal desiderio di far conoscere sempre meglio l'idea ispiratrice che ne ha determinato il sorgere e guidato il cammino, è occasione propizia per trarre orientamenti e stimoli in vista degli impegni futuri.

1. Abbracciando in rapida sintesi più di un secolo di storia, in cui si sono succeduti avvenimenti memorabili, ora felici ora drammatici come la celebrazione di due Concili Ecumenici, l'opera di dieci Sommi Pontefici, due tragiche guerre mondiali, avversità e contrasti sofferti dalla Chiesa in Europa ed in altri Continenti, le fluttuanti vicissitudini di ideologie talora contrastanti con la visione cristiana dell'uomo, si deve riconoscere che in tutte queste situazioni "L'Osservatore Romano" è stato strumento di una superiore missione di verità e di pace.

Né può passarsi sotto silenzio il pregio di testimonianza storica del giornale: più di un secolo di vita ecclesiale e civile è alla portata di quanti, studiosi e fedeli, desiderano conoscere quali siano stati il pensiero e le direttive della Santa Sede a proposito di determinate questioni nei tempi moderni.

Per tale settore, "L'Osservatore Romano" costituisce una fonte copiosa ed insostituibile.

La sua storia si confonde, in certo modo, con quella della Chiesa stessa e del suo impegno costante di salvaguardare, specie nelle ore più incerte e tenebrose per l'umanità, la libertà e la dignità della persona umana.


2. Sensibile ai problemi ed alle ansie che caratterizzano l'uomo alla continua ricerca del significato del proprio destino, "L'Osservatore Romano" si era proposto di svolgere un'azione informativa oggettiva e serena, e insieme formativa.

Tale riflessione potrebbe interpretare l'ideale ed il programma de "L'Osservatore Romano": aiutare, cioè ad individuare nello scorrere dei fatti giornalieri "il punto" fermo e valido su cui far leva per indirizzare l'uomo e la società verso mete degne di una vocazione trascendente. Assolvendo questo compito formativo, il giornale realizza in forma eminente quanto scrisse il mio venerato predecessore Giovanni XXIII, venti anni or sono, in occasione del centenario di fondazione, l'essere esso cioè "non soltanto testimone, ma artefice di storia".


3. Da questa riflessione desidero prendere le mosse per una parola di viva esortazione e di fervido auspicio.

"L'Osservatore Romano" dovrà rimanere sempre fedele alla sua originaria ispirazione, per essere voce autorevole, unica e tipica, a ragione del suo ampio orizzonte di osservazione delle ricche sorgenti di informazione, dell'autorevole giudizio di orientamento e della sua benefica funzione di educazione: tale in sintesi il giudizio che Paolo VI di venerata memoria espresse, quando ancora era Arcivescovo di Milano.

Siffatta autorevolezza si presenta, peraltro, carica di richiami al più elevato senso di responsabilità, sia di fronte alla Chiesa che alla società. Di che cosa esse hanno particolarmente bisogno, di che cosa avvertono l'incalzante urgenza? Anzitutto di verità e di certezza.

Il giornale avrebbe dovuto chiamarsi originariamente "L'amico della verità": verità sulla Chiesa e sul Romano Pontefice, oggetto spesso di infondate accuse ed attacchi da diverse ed opposte sponde; verità sulle vicende del mondo; verità sulla dottrina rivelata combattuta dall'esterno e travisata anche dall'interno; verità sulla missione di pace, di conciliazione e di carità esercitata dalla Santa Sede nei rapporti con gli Stati, nel concerto della comunità internazionale; verità sulla natura ed il fondamento dell'azione ecclesiale sia in campo dottrinale che pastorale.

"Conoscerete la verità e la verità vi fara liberi" (Jn 8,32) ha ammonito il Maestro divino, affinché "sia evitata qualsiasi libertà apparente, ogni libertà superficiale ed unilaterale, ogni libertà che non penetri tutta la verità sull'uomo e sul mondo" (RH 12).

L'esercizio di questa missione richiede attenta vigilanza, accorta prudenza, fine delicatezza, perspicace lungimiranza. E' necessario, pertanto, rafforzare l'unità nella vicendevole collaborazione per rendere un servizio alla verità e quindi a Cristo, mediante assidua diligenza, accompagnata dalla preghiera ed animata dalla speciale prospettiva del giornale.

Mi è caro, da ultimo, esprimere un voto cordiale. "L'Osservatore Romano" ha vissuto e registrato il corso di una età, nella quale la paura e lo sgomento sono sembrati prevalenti sulla speranza. Il nostro comune sguardo deve rivolgersi al futuro, individuando con realismo le difficoltà che si delineano all'orizzonte, ma soprattutto fissandosi nelle fonti e nei motivi della speranza che non inganna, perché fondata sull'amore di Dio, che è stato diffuso in abbondanza nei nostri cuori (cfr. Rm 5,5).

"L'Osservatore Romano" in questo scorcio del secondo millennio dell'era cristiana, dovrà farsi portavoce di fiducia evangelica, scoprendo nella notizia ogni possibile segno di speranza per offrirlo al mondo; il segno di una volontà, talvolta solo inconsapevole, di costruire un avvenire più consentaneo ai superiori destini dell'uomo.

Facendo particolarmente proprio tale compito, "L'Osservatore Romano" diverrà anche modello di strumento della comunicazione sociale, in vista dell'evangelizzazione. In conformità alle indicazioni del Magistero della Chiesa, tanto ampio e concreto in questo settore, l'organo vaticano potrà testimoniare, con lavoro professionalmente valido e vivificato da senso apostolico, che i "media" cristiani, mentre assolvono il servizio della verità, della bontà e della bellezza, si propongono, altresì, di essere canali della speranza per l'umanità.

Nell'esprimerle questi voti fervidissimi, elevo la mia preghiera al Signore invocando sull'intera Famiglia de "L'Osservatore Romano" i doni copiosi e consolatori della divina assistenza, in pegno dei quali imparto con paterna benevolenza la mia benedizione apostolica.

Data: 1981-12-12
Sabato 12 Dicembre 1981


Alle Figlie di Maria Ausiliatrice - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Siate modello della vostra consacrazione per le giovani alle quali vi rivolgete

Carissime sorelle, Mentre rivolgo il mio ringraziamento alla nuova Madre Generale per le belle parole che a nome di tutte ha voluto indirizzarmi, saluto ciascuna di voi che siete venute a rendere visita al Vicario di Cristo, in occasione del XVII Capitolo Generale, tappa importante per la vita del vostro Istituto. Da esso, infatti, dovranno scaturire le nuove Costituzioni che, dopo l'approvazione dell'Autorità ecclesiastica vi saranno di sicuro orientamento per l'attuazione dei vostri ideali religiosi in questa società aperta sull'orizzonte del terzo millennio cristiano.

1. Dai tempi della Comunità di Mornese, dai primordi eroici e promettenti dell'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, è stato compiuto un lungo cammino, contrassegnato da prove e sacrifici, ma anche coronato da frutti consolanti e preziosi per la vostra Famiglia e per la Chiesa intera, dei quali vogliamo essere grati al Signore dal profondo dello spirito. Le circa duecento Figlie di Maria Ausiliatrice lasciate dalla santa Maria Domenica Mazzarello al momento della sua morte, di cui si celebra quest'anno il centenario, sono diventate più di diciasettemila, sparse in sessantadue Nazioni, su ogni Continente; e le Case, nell'arco di un secolo, sono passate da ventisei circa a quasi mille e cinquecento.

Alla prova dei fatti, suonano oggi profetiche le parole del Vescovo di Acqui di allora, Monsignor G. Sciandra, presente alla cerimonia della prima professione il 5 agosto 1872: "Vi è un cumulo di circostanze che dimostrano una speciale Provvidenza del Signore per questo nuovo Istituto". Oggi voi svolgete il vostro apostolato per la gioventù in tutti i settori della formazione, in ordine e grado e scuole, anche di livello universitario, come pure in campo missionario, sempre in sintonia con le finalità del carisma di fondazione. Di fronte ad un insieme tanto complesso di opere, nate dall'impulso di Don Bosco e dalla fedeltà ubbidiente di una giovane umile di origine e povera di cultura, ma ricca di Spirito Santo, mentre da una parte viene naturale di costatare che il dito di Dio è presente in tanta crescita, dall'altra è interpellata la vostra responsabilità nei confronti delle giovani di oggi, dei loro problemi e delle loro speranze. In altre parole, siete chiamate ad assicurare la continuità della vostra missione, diretta a coinvolgere anche le figlie di questa generazione nell'avventura meravigliosa di una vita secondo il Vangelo, missione che richiede da voi un animo pieno di gioia.


2. E' tale gioia una delle note caratteristiche del carisma pedagogico salesiano assimilato integralmente dalla Madre Maria Domenica, con assoluta fedeltà ed intuizione personale. Ella, infatti, si preoccupava continuamente della gioia delle sue figlie, quasi fosse la prova principale della loro santità, e soleva chiedere con frequenza a ciascuna: "Sei allegra?". Si tratta di quella gioia che Gesù promise ai suoi e sempre raccomandata da san Paolo (cfr. Ph 3,1 Ph 4,4), che ne ha fatto uno dei primi frutti dello Spirito: "Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia" (Ga 5,22).

Tale atteggiamento di letizia è radicato anzitutto in un profondo senso di fede, in cui domina ed è sempre prevalente la presenza del Signore come Colui che ama e salva, come Padre che ha cura, nella sua provvidenza, di ogni nostra cosa. Se non approfondiamo un tale contatto interiore col Padre Celeste, che ci metta al riparo da tutti i nostri timori, dubbi ed angosce, e che ci consenta di superarli, è vano pensare alla gioia del cuore e tanto meno cercare di esprimerla.

Ne risulterebbe un atteggiamento forzato e non convincente.

Dal contatto intenso con Dio, da un convinto spirito di fede, che trova concreta espressione nella costante adesione alla Chiesa e al suo Magistero, voi trarrete le motivazioni profonde della vostra gioia salesiana, ed anche la capacità di discernimento delle situazioni e soprattutto dei cuori delle giovani, discernimento intelligente e soprannaturale che ha qualificato inconfondibilmente il ministero educativo di Don Bosco e di Madre Maria Domenica.


3. A proposito di tale ministero vorrei ora soffermarmi un momento sul ben conosciuto sistema preventivo salesiano, racchiuso nel trinomio: "ragione - religione - amore". Il rispetto delle esigenze della ragione e della religione - cioè un fiducioso atteggiamento di fronte ai valori naturali e soprannaturali della persona - è certamente fondamentale in un proposito educativo. Tuttavia, per ristrettezza di tempo, aggiungero una parola solo sulla terza caratteristica del sistema preventivo, quella cioè dell'amore, o, per esprimermi con Don Bosco, dell'"amorevolezza".

Questa non è soltanto per lui un caposaldo del suo metodo educativo, ma si può dire che ne sia il principio ispiratore. Riflesso e partecipazione della paternità di Dio, l'"amorevolezza" salesiana ha nel cuore stesso di Cristo la sua sorgente ed in Maria santissima il modello e l'ispiratrice. Essa è zelo ardente per la salvezza integrale delle giovani; e sollecitudine pastorale estremamente rispettosa della persona; è potenza affettiva capace di guadagnare il cuore, che ha un valore determinante, secondo lo spirito salesiano, nel processo educativo.

Traducendo in pratica le esigenze dell'"amorevolezza" appare subito fondamentale il rispetto nei confronti dei talenti delle giovani cioè dei doni e degli orientamenti del Signore nei loro confronti. E' questo un atteggiamento di profondo ossequio dell'azione di Dio, e di radicata fede in Lui.

Tale rispetto fiducioso condurrà inevitabilmente ad una seconda tappa molto importante, cioè a farsi voler bene. Affinché la vostra sollecitudine per le giovani raggiunga i loro cuori, è necessario farsi accettare, porsi coraggiosamente per quello che siamo e come tale venire accolti. Se non è salvaguardata una tale acquisizione, ogni zelo nei confronti delle giovani rischia di rimanere senza successo, senza i desiderati frutti, perché non si giungerà mai alla tappa successiva, quella cioè di farsi ascoltare e di farsi ubbidire.

E' necessario quindi imporsi con la coerenza serena della propria testimonianza in ordine a tutti quei valori, in cui si crede e che si vogliono partecipare. E' questo un dovere ineludibile; nulla di valido passerà da noi ai giovani, nulla di stabile potremo loro "tradurre, se non ci si preoccupa di essere conseguenti con la nostra consacrazione. A questo riguardo vorrei attirare la vostra attenzione sull'importanza di una testimonianza anche esterna, che abbraccia le parole, gli atteggiamenti e lo stesso abito, quale segno di una missione e di una missione e di un appartenenza.

La giovane ha bisogno di modelli che avvincano anche la sua sensibilità e la rendano così disposta - come sopra accennavo - ad ascoltare e ad ubbidire. E' questa una esigenza profonda, anche se talvolta inconfessata e rimossa, della nostra gioventù: essere incamminati verso una formazione esigente mediante la fiducia in quanti propongono loro ideali di vita.

Le altre riflessioni che potrebbero scaturire dall'approfondimento di questo tema le affido alla vostra perspicace intuizione, mentre prego Maria santissima Ausiliatrice, da voi tanto amata, a suggerirvele ed a radicarle nei vostri cuori. A Lei consegno tutta la vostra Famiglia, voluta da Don Bosco come "monumento vivente di amore mariano", e la prego di proteggervi in ogni momento della vostra crescita per le vie del mondo.

In pegno di questi fervidi voti, vi imparto di cuore la mia benedizione apostolica.

Data: 1981-12-12
Sabato 12 Dicembre 1981




L'omelia alla Messa per il 450° anniversario delle apparizioni di Nostra Signora di Guadalupe - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il messaggio guadalupano per l'evangelizzazione e il progresso integrale dei popoli dell'America Latina

Signori Cardinali, Cari fratelli nell'Episcopato, amatissimi fratelli e sorelle,

1. Con la celebrazione di questa Eucaristia desidero partecipare con voi, accanto all'altare del Signore, in un atto di omaggio filiale alla Madre del Cristo e della Chiesa, alla quale il popolo messicano si accosta in modo particolare in questi giorni, alla commemorazione del 450° anniversario della presenza di Maria santissima di Guadalupe a Tepeyac.

Così mi accingo, pellegrino di fede, come quella mattina del 27 gennaio


1979, a continuare quel gesto mariano che ho compiuto nel Santuario del popolo del Messico e di tutta l'America Latina, e nel quale da secoli si è mostrata la maternità di Maria. Perciò, sento che questo luogo sacro nel quale noi ci incontriamo, la Basilica di san Pietro, si estende con l'aiuto della immagine teletrasmessa fino alla Basilica di Guadalupe, da sempre cuore spirituale del Messico ma in modo particolare in questa singolare circostanza.

Pero non solo in quel luogo, e nemmeno solo in tutta la nazione messicana risuona questo palpito di fede cristiana, mariana ed ecclesiale, ma sono moltissimi i cuori che, da tutte le nazioni dell'America, da nord a sud, convergono in pellegrinaggio devoto verso la Madre di Guadalupe. Ne è prova la significativa partecipazione a questa celebrazione, all'unisono con le genti dei loro rispettivi Paesi, dei Rappresentanti dei Paesi latino-americani e della Penisola Iberica, uniti da comuni vincoli di cultura e dalla devozione mariana.

Desidererei che la mia presenza tra di voi avesse uno spessore anche fisico; ma non essendo possibile, ho inviato presso di voi quale mio Legato il Cardinale di Stato Agostino Casaroli, perché sia prolungamento della mia persona durante queste celebrazioni e segno della mia particolare benevolenza.


2. Il messaggio di Guadalupe e la presenza della venerata Immagine di Nostra Signora che presiede al suo nuovo tempio, come lo è stata per circa tre secoli nella Basilica precedente, è un fatto religioso di prima grandezza, che ha contrassegnato in modo determinante le vie dell'evangelizzazione nel continente americano e ha suggellato la configurazione del cattolicesimo del popolo messicano e delle sue espressioni vitali.

Questa presenza di Maria nella vita del popolo è divenuta una caratteristica ineliminabile della radicata religiosità del popolo messicano. Una buona prova di ciò sono state le moltitudini incessanti che, nei secoli passati, hanno diretto il loro cammino verso la Madre e Signora, e che presso di lei hanno rinnovato il loro proposito di fedeltà alla fede cristiana. Ne sono prova evidente anche i quasi otto milioni di persone che annualmente si recano in pellegrinaggio al suo Tempio, così come la presenza di Maria in tanti focolari, fabbriche, strade, chiese e montagne del Paese.

Questo fatto guadalupano racchiude elementi costitutivi ed espressivi che contengono profondi valori religiosi e che bisogna saper valorizzare affinché siano, sempre più, canali di futura evangelizzazione.


3. Mi limitero a esporre tre aspetti che rivestono un significato particolare.

Nel messaggio guadalupano emerge con forza singolare il riferimento costante alla maternità verginale di Maria. Il popolo fedele ha conservato sempre, infatti, una viva coscienza del fatto che la buona Madre del cielo alla quale si stringe implorante è la "perfetta sempre Vergine" della antica tradizione cristiana, la aeiparthènos dei Padri greci, la vergine del Vangelo (cfr. Mt


1,18-15; Lc 1,26-38), la "piena di grazia" (Lc 1,28), oggetto di una singolarissima benevolenza divina che la destina ad essere la Madre del Dio incarnato, la Theotokos del Concilio di Efeso, la Deipara venerata in tutto il Magistero ecclesiale sino ai nostri giorni.

Dinanzi a questa realtà tanto ricca e profonda, ancora percepita a volte in modo semplice e incompleto, ma in sincero spirito di fede e di obbedienza alla Chiesa, questo stesso popolo, cattolico nella sua maggioranza e guadalupano nella sua totalità, ha reagito con una entusiastica manifestazione di amore mariano, che lo ha unito in un medesimo sentimento collettivo e ha reso per lui ancora più simbolica la collina del Tepeyac. Poiché in quel luogo ha incontrato se stesso, nella professione della sua fervente religiosità mariana, la stessa degli altri popoli dell'America, coltivata anche in altri Santuari, come ho potuto costatare personalmente durante la mia visita in Brasile.


4. Un altro aspetto fondamentale proclamato dal messaggio guadalupano è la maternità spirituale di Maria verso tutti gli uomini, tanto intimamente unita alla maternità divina. Infatti, nella devozione guadalupana appare da principio questo tratto caratterizzante, che i Pastori hanno sempre sottolineato e i fedeli hanno vissuto con fiducia certa. Un tratto appreso nella contemplazione di Maria nel suo singolare ruolo all'interno del mistero della Chiesa derivatole dalla sua missione di Madre del Salvatore.

Proprio perché accetto liberamente di collaborare al piano salvifico di Dio, ella partecipa in modo attivo, unita a suo Figlio, all'opera di salvezza degli uomini. Su questa funzione di Maria si è espresso in modo luminoso il Concilio Vaticano II: Maria, "col concepire Cristo, generarlo, nutrirlo, presentarlo al Padre nel tempio, soffrire col Figlio suo morente in croce, coopero in modo tutto speciale all'opera del Salvatore con l'ubbidienza, la fede, la speranza e l'ardente carità, per restaurare la vita soprannaturale delle anime.

Per questo fu per noi Madre nell'ordine della grazia (LG 61).

E' un insegnamento che, oltre a segnalare la cooperazione della Vergine santissima alla restaurazione della vita soprannaturale delle anime, definisce la sua missione quale Madre spirituale degli uomini. Perciò la Chiesa le tributa il suo omaggio di amore ardente "quando considera la Maternità spirituale di Maria verso tutti i membri del Corpo Mistico" (Marialis Cultus, 22). Su questa stessa linea di insegnamento, Papa Paolo VI ha coerentemente dichiarato Maria, "Madre della Chiesa" (cfr. AAS, (1964), 1007). Per questa stessa ragione ho desiderato anch'io affidare alla Madre di Dio tutti i popoli della terra (7 giugno e 8 dicembre 1981).

Questi contenuti dottrinali sono divenuti esperienza vissuta, continuata sino ad oggi nella storia religiosa latino-americana, e più in concreto del popolo messicano, sempre incoraggiato su questa via dai suoi Pastori. Un'opera questa iniziata dalla significativa figura episcopale di Fra Giovanni di Zumarraga e continuata zelantemente da tutti i suoi fratelli e successori. Si è trattato di un impegno insistentemente perseguito dovunque e realizzato in maniera singolare nel Santuario guadalupano, comune punto di incontro. così è stato anche in questo centenario che segna al tempo stesso il 450° anniversario della arcidiocesi del Messico. Una volta di più, il popolo fedele ha sperimentato la presenza consolante e animatrice della Madre, come ha del resto sempre percepito durante tutta la sua storia.


5. Guadalupe e il suo messaggio sono, infine, l'avvenimento che ha creato ed espresso nel modo più preciso i tratti salienti della cultura originale del popolo messicano, non come qualchecosa che si impone dall'esterno, ma in armonia con le sue tradizioni culturali.

Infatti nella imperante cultura azteca è penetrata, dieci anni dopo la conquista, l'avvenimento evangelizzatore di Maria di Guadalupe, percepita come nuovo sole, creatore di armonia tra gli elementi in lotta e che ha aperto un'altra era. Questa presenza evangelizzatrice, con la immagine meticcia di Maria che unisce in sé due razze, costituisce una storica pietra miliare di creatività connaturale ad una nuova cultura cristiana in un Paese e, parallelamente, in un continente. Per questo potrà giustamente dire la Conferenza di Puebla che "Il Vangelo incarnato nei nostri popoli li unisce in una originalità storica e culturale che chiamiamo America Latina. Questa identità e simbolizzata molto luminosamente dal volto meticcio di Maria di Guadalupe che si pone all'inizio dell'evangelizzazione" (Puebla, 446). Perciò nella mia visita al Santuario di Guadalupe ho affermato che "da quando l'indio Juan Diego ha parlato della dolce Signora del Tepeyac, Tu Madre di Guadalupe, sei entrata in modo determinate nella vita cristiana del popolo messicano" (Omelia, 27 gennaio 1979). Ed effettivamente, la coesione attorno ai valori essenziali della cultura della nazione messicana si realizza intorno ad un valore fondamentale, che per il messicano - così come per il latino americano--è stato Cristo, presentato da Maria di Guadalupe. Per questo, Ella con ovvio riferimento a suo Figlio, ha costituito il centro della religiosità popolare del popolo messicano e della sua cultura, ed è stata presente nei momenti decisivi della sua vita individuale e collettiva.


6. Questa realtà culturale, insieme alla presenza tanto sentita della Madre e Signora, costituiscono un elemento potenziale che deve essere sviluppato in tutte le sue virtualità evangelizzatrici in prospettiva futura, al fine di condurre il popolo fedele, per mezzo di Maria, verso Cristo, centro di tutta la vita cristiana. In questo modo la pietà mariana non deve tralasciare di porre sempre più in rilievo "il vincolo indissolubile e il riferimento essenziale della Vergine al Divino Salvatore" (Marialis Cultus, 25).

Non vi è dubbio che da qui, dalla radice religiosa che deve ispirare tutti gli altri aspetti della cultura; dai legami di fede che lo uniscono a Dio e dalla nota mariana, si dovrà cercare in Messico, così come nelle altre nazioni, i fattori promotori della comunione e della partecipazione che dovranno condurre alla evangelizzazione dei diversi settori della società.

Di qui si dovrà prendere ispirazione per un impegno urgente in favore della giustizia, per cercare seriamente di colmare i gravi dislivelli esistenti in capo economico, sociale e culturale; e per costruire questa unità nella libertà che facciano del Messico e ciascuno dei Paesi dell'America, una società solidale e responsabilmente partecipata, una autentica ed inviolabile comunità di fede, fedele alle sue esigenze e dinamicamente aperta ad una conveniente integrazione - a partire dalla comunione di credo - a livello nazionale, latino-americano e internazionale.

In questa ampia prospettiva, guidato dalla Vergine di Guadalupe, patrona dell'America Latina, rivolgo i miei pensieri ed il mio affetto a tutti i popoli del continente, specialmente a quelli che soffrono maggiori privazioni, e in modo particolare a quelli dell'America Centrale, particolarmente provati oggi da dure e dolorose situazioni che suscitano tanta preoccupazione nel mio animo e in tutta l'opinione pubblica, per le loro conseguenze negative in vista di una convivenza pacifica e per il rischio che comportano per l'ordine internazionale stesso.

E' necessario ed urgente che la fede mariana e cristiana dia impulso ad una azione generalizzata in favore della pace per quei popoli che tanto stanno soffrendo; che si mettano in pratica metodi efficaci di giustizia che superino la crescente distanza tra coloro che vivono nell'opulenza e coloro che mancano anche dell'indispensabile; deve essere superato, mediante procedimenti che lo attacchino alla sua stessa radice, il fenomeno della sovversione-repressione che alimenta la spirale di una funesta violenza; deve essere ristabilito nella mente e nelle azioni di tutti la stima per il valore supremo e la tutela della sacralità della vita; deve essere eliminato ogni tipo di tortura che degrada l'uomo, rispettando integralmente i diritti umani e religiosi della persona; bisogna guidare con impegno la promozione delle persone, senza imposizioni che ne impediscano la realizzazione libera come cittadini, membri di una famiglia e di una comunità nazionale. Non va omessa la debita riforma di certe strutture ingiuste, evitando allo stesso tempo metodi di azione che rispondano a concezioni di lotta di classe; bisogna promuovere l'educazione culturale di tutti, salvaguardando la dimensione umana e religiosa di ogni cittadino o padre di famiglia.

Un impegno per una moralità pubblica deve essere il requisito primo nella instaurazione di una solida moralità privata; e se è certo che devono essere salvaguardate le esigenze di una convivenza ordinata, mai la persona umana e i suoi valori devono essere subordinate ad altre istanze o finalità, e nemmeno essere vittime di ideologie materialistiche - di qualunque tipo esse siano - che soffocano nell'essere umano la sua dimensione trascendente.

L'amore all'uomo immagine di Dio, la opzione preferenziale per il più povero - senza esclusivismi né odi -, il rispetto alla sua dignità e alla sua vocazione terrena ed eterna, devono essere il parametro guida al quale ispirarsi nei valori della fede.

In questo spirito di servizio all'uomo, anche dal punto di vista nazionale ed internazionale, ho accettato - pochi giorni prima della mia visita al Santuario di Guadalupe - l'opera di mediazione tra le nazioni sorelle dell'Argentina e del Cile.

Si trattava di evitare subito, e lo si è evitato, un conflitto bellico che appariva imminente, e che avrebbe avuto conseguenze funeste. Sono quasi tre anni che si sta lavorando a quest'opera, senza risparmiare sforzi né tempo.

Invito tutti a pregare la Madre di Guadalupe, affinché si risolva prontamente questa controversia vasta e difficile. I vantaggi per i due popoli interessati saranno grandissimi - così come per tutta l'America Latina ed anche per il mondo - che ardentemente desiderano tale esito. Una prova di ciò sono le numerose firme raccolte fra i giovani e che saranno deposte davanti a questo altare. Possano essere questi giovani araldi della pace.

Se si esaminano serenamente i sacrifici che la concordia implica, si vedrà allora che vale la pena di affrontarli, in vista di beni superiori.


7. Ai piedi della Vergine di Guadalupe depongo queste intenzioni, insieme ai problemi ed alle difficoltà dell'America Latina intera.

Sii tu o Madre, Colei che protegge i Vescovi, i sacerdoti, i religiosi e le religiose affinché, colmi di un amore profondo per la Chiesa e generosamente fedeli alla loro missione, proseguano con il debito discernimento nel loro servizio ecclesiale, ed edifichino nella verità e nella carità il popolo di Dio.

Sii tu Colei che ispira i governanti, affinché nel rispetto profondo dei diritti di ogni cittadino e in uno spirito di servizio al loro popolo, perseguano sempre la pace, la giustizia, la concordia, il vero progresso, la moralità in tutta la vita pubblica. Sii tu Colei che illumina con propositi di giustizia e di rettitudine coloro che detengono nelle loro mani il potere economico e sociale, perché non trascurino le esigenze della giustizia nelle relazioni comunitarie, soprattutto con i meno favoriti. Aiuta i giovani e gli studenti, perché si preparino bene ad infondere nuove energie di onestà, competenza e generosità nelle relazioni sociali.

Guarda con bontà i contadini, affinché raggiungano un livello di vita più giusto e decoroso. Proteggi i fratelli di Juan Diego, gli indigeni, perché sia concesso loro un posto degno nella società, senza emarginazioni ne discriminazioni. Guida i bambini, affinché abbiano sempre il buon esempio e l'amore dei loro padri. Proteggi nell'unità, le famiglie, perché siano forti e perseveranti nell'amore cristiano. E dal momento che sei Imperatrice delle Americhe, estendi la tua protezione su tutte le nazioni del Continente americano e su quelle che hanno recato qui la fede e l'amore in te.

Fai in modo, infine, Madre, che questa celebrazione centenaria del popolo messicano, che segna la sua fedeltà mariana nei trascorsi 450 anni, sia, in te, principio di una rinnovata fedeltà a Cristo e alla sua Chiesa. così sia.

Data: 1981-12-12
Sabato 12 Dicembre 1981



GPII 1981 Insegnamenti - Lettera a Madre Teresa di Calcutta