GPII 1981 Insegnamenti - Alla vigilia di Natale - Città del Vaticano (Roma)

Alla vigilia di Natale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il tradizionale incontro con la comunità polacca di Roma

Carissimi miei connazionali, Desidero ringraziarvi per la vostra presenza in questo giorno di Vigilia. Ringrazio per le parole del signor vescovo. Credo che anticipiamo di qualche ora la "Notte di Natale" e anticipiamo la Mezzanotte del Natale. Abbiamo infatti già cantato il canto che solitamente si canta a Mezzanotte o, al massimo, nel corso della cena di Vigilia. Pero tutto ciò rientra nella norma. Desidero ancora ringraziarvi per la vostra così numerosa presenza. L'anno scorso ci siamo incontrati nella sala accanto, più piccola di questa, e quest'anno a malapena riusciamo a stare qui in questa sala più grande. E' la prova che i polacchi a Roma ed in Italia sono numerosi. E forse questo è un buon segno, o forse è un segno non del tutto buono. In ogni caso, a prescindere dal numero dei connazionali che in questo momento stanno in Italia e a Roma, desidero esprimere i miei auguri a tutti i presenti e a tutti quelli che non son venuti qui - anche se, vista la loro presenza a Roma o in Italia, avrebbero potuto e dovuto farlo! -. E vi ringrazio ancora per quello che voi avete fatto a me.

Auguri reciproci, dunque, perché in questo consiste lo spezzare insieme l'"oplatek", simbolo cioè, ed insieme segno esteriore dei reciproci auguri che si scambiano persone vicine e lontane. Anche se si è lontani, infatti, tramite lo spezzare dell'"oplatek" e lo scambio degli auguri ci si sente sempre vicini. Per questo, anche noi qui radunati siamo vicini attraverso l'"oplatek", grazie alla consapevolezza di appartenere ad una famiglia, ad un'unica famiglia-patria. Questi nostri vicendevoli auguri desidero esprimerli a tutti i presenti e a tutti gli altri che prima ho ricordato. Il Vescovo ha ricordato tutti i polacchi che vivono fuori i confini della patria: si estendano così i miei auguri a tutti i polacchi residenti fuori della Patria. Che non ci siano di ostacolo le distanze: nonostante esse, che si incontrino, se non addirittura le nostre mani, almeno i nostri cuori, durante l'"oplatek" della Vigilia. E' questo il nostro desiderio comune, l'augurio del bene reciproco, da uomo a uomo, da polacco a polacco. E quando si parla di bene comune i nostri pensieri, i nostri cuori necessariamente si concentrano su quella terra sulla quale siamo tutti cresciuti, sulla patria che è la nostra madre comune.

La misura del bene comune è la misura del bene della patria. Il Vescovo ha accennato giustamente alle minacce che incombono su questo bene, così come sembrano rivelare questi ultimi giorni e settimane. Ad ogni modo per quanto riguarda l'inquietudine dei cuori dei polacchi per gli eventi in patria, anch'io sento queste inquietudini, ne risento molto profondamente e lo esprimo: qui bisogna aggiungere che se noi sentiamo inquietudine per ciò che accade in Polonia, tuttavia in queste nostre vicende siamo sostenuti in vari ambienti di tutto il mondo. Le vicende della nostra patria sono diventate in modo particolare le vicende di tante nazioni, di tante società, quasi dell'umanità intera.

Evidentemente gli avvenimenti della Polonia hanno un loro peso specifico, avvertito ampiamente non solo da noi, che siamo direttamente protagonisti indipendentemente dal fatto di essere al di dentro o al di fuori dalla Polonia, ma anche da molta altra gente.

Evidentemente sono fatti importanti, essenziali. Ebbene se così è, se interpretiamo bene i segni dei tempi, di questo tempo del Natale dell'Anno del Signore 1981, se, ripeto, interpretiamo bene allora i nostri auguri per il bene comune dovrebbero essere semplicemente una preghiera: una preghiera affinché ai nostri connazionali ovunque siano, ma soprattutto a quelli che sono rimasti in patria, non manchino le forze interne ed esterne necessarie per far fronte ai compiti che proprio in questo momento emergono dinanzi alla Polonia; che in questo momento la Polonia, come nazione, come società mette davanti a tutto il mondo.

Infatti si tratta dei valori così essenziali quali sono la dignità dell'uomo, del lavoro umano, il diritto della nazione di autodeterminazione; tutto ciò, con il linguaggio delle esperienze della nostra patria, parla all'umanità intera. E l'umanità è consapevole della portata di queste vicende e recepisce, o almeno mostra di aver recepito, l'importanza di questi fatti e dimostra di essere con noi.

Pertanto i nostri più profondi auguri diventino per noi una preghiera affinché noi possiamo da soli far si che la forza del bene trionfi in noi stessi sulla forza del male, affinché la forza della giustizia, del rispetto per l'uomo, dell'amor patrio trionfino su queste forze avverse che sono l'odio, la distruzione, sia essa fisica che morale. Una preghiera affinché noi possiamo essere da soli gli artefici, i creatori del nostro destino, responsabili creatori del nostro avvenire; che nessuno interferisca dall'esterno; che questo non ci venga imposto dall'esterno.

Queste sono le preghiere-auguri, auguri-preghiere che sgorgano dall'animo polacco in questi giornata di vigilia, nella notte di Natale. Ed io approfittando della vostra presenza formulo, non solo a voi qui presenti, ma anche alla mia patria, a tutte le sue varie componenti, a tutti i polacchi proprio questi auguri impregnati della giusta sollecitudine ed insieme segnati dalla speranza. Gli auguri natalizi sono sempre espressione di sollecitudine e di speranza; o forse son buoni soltanto quando esprimono sollecitudine e speranza. E così nello spirito di sollecitudine e speranza formulo tali auguri della vigilia alla mia patria. Desidero che la Chiesa in Polonia, così come nel corso delle generazioni, così anche nel nostro tempo decisivo sia buon ministro dei misteri di Dio. In tutto questo certamente un mistero della Provvidenza divina sovrasta sulla nostra terra, sul cuore dei polacchi e sulla storia del mondo.

Perché la Chiesa sia buon ministro dei misteri della Provvidenza, buon servitore dei suoi fratelli e sorelle, di tutti i connazionali in patria e nel mondo e perché in tutto ciò sia guidata in modo infallibile dal cuore materno della Signora di Jasna Gora. Ecco tutto.

Il Natale è nello stesso tempo la più grande festa della Madre: festa della maternità di Maria e perciò concludo con Lei. Nelle sue mani offro questi auguri, tramite Lei, Signora di Jasna Gora, Madre di Cristo, a voi tutti qui presenti e a tutta la Patria. Confido che consegnati in questo modo tali auguri portino frutti.

(Traduzione dal polacco)

Data: 1981-12-24
Giovedì 24 Dicembre 1981


L'omelia alla Messa di mezzanotte - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La solitaria notte di Betlemme ci dona il Figlio tanto atteso

"Poiché un bambino è nato per noi, / ci è stato dato un figlio. / Sulle sue spalle è il segno della sovranità" (Is 9,5).

1. Nasce un Bambino.

Ci siamo riuniti in questa veneranda Basilica - così come tanti nostri fratelli e sorelle nella fede si riuniscono oggi, a mezzanotte, nel mondo intero - perché: nasce un Bambino.

Viene al mondo dal seno della Madre, così come tanti bambini umani dall'inizio e continuamente...

Nasce...

Nel corso del censimento ordinato in tutto lo Stato romano da Cesare Augusto, quando Giuseppe di Galilea dalla città di Nazaret, doveva recarsi a Betlemme, dato che era della stirpe di Davide, e Betlemme era proprio la città di Davide.

Là si compirono per Maria i giorni del parto.

Nasce quindi un Bambino, il Figlio primogenito di Maria di Nazaret.

La Madre lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo.

Benché unico e irrepetibile per la sua divinità, e per la sua verginale concezione e nascita, il Bambino è nato così come nascono i bambini dei poveri.

Questo non aveva predetto Isaia, anche se aveva preannunciato questa nascita in mezzo alla notte profonda, quando aveva scritto: "II popolo che camminava nelle tenebre / vide una grande luce; / su coloro che abitavano in terra tenebrosa / una luce rifulse" (Is 9,1).


2. Ecco noi tutti riuniti così come tutti i nostri fratelli e sorelle nel mondo intero, andiamo incontro a questa luce: Ci è stato dato un Figlio: / Figlio della luce: / Dio da Dio, Luce da Luce. / Un figlio ci è dato: "Dio - Padre Eterno - infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito..." (Jn 3,16).

Ecco il momento in cui si rivela al mondo il Dono del Padre: un Figlio Dalla profondità di questa notte di Avvento, che descrive Isaia, Egli è da tanto tempo aspettato...

E nello stesso tempo del tutto in-aspettato, dato che circondano la sua nascita la notte silenziosa e il vuoto della grotta-stalla per il bestiame, nelle vicinanze di Betlemme, e soltanto due persone, Maria e Giuseppe, in questo vuoto e in questa solitudine.

Questo vuoto e solitudine sono penetranti.

Sono grandi per la nascita di Dio: un figlio ci è dato.

In lui abbiamo ricevuto tutto. L'Eterno Padre non ci poteva dare di più.


3. Scrive l'apostolo Paolo: "E' apparsa infatti la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini" (Tt 2,11).

Che cosa è la Grazia? E' proprio l'amore che dona. Nel vuoto e nella solitudine di questa notte di Betlemme, l'amore "che dona" del Padre viene al mondo nel Figlio, nato dalla Vergine: un Figlio ci è dato.

Già col primo momento della sua venuta: "ci insegna - come scrive l'apostolo - a rinnegare l'empietà e i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo, nell'attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria..." (Tt 2,12-13).

Questo ci insegna il Bambino che è nato - il Figlio che ci è dato.

Tuttavia in questo momento nessuno sembra sentire la sua voce. Nessuno sembra neppure notare la sua nascita. Nessuno - fuorché Maria e Giuseppe.

Nessuno? E tuttavia vi sono già alcuni che per primi hanno notato. Per primi hanno accolto la buona novella. E sono venuti per primi.

I pastori. L'angelo aveva detto loro: "Troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia" (Lc 2,12).

Si recarono nella direzione indicata.

Primi tra gli abitanti di questa terra, si unirono "all'esercito celeste", proclamando la discesa del Figlio Eterno e l'inizio del Regno di Dio nei cuori degli uomini.


4. Quale potere e sulle spalle di questo bambino che nasce nella solitudine e nel vuoto della notte di Betlemme? Dice infatti il profeta: "Sulle sue spalle è il segno / della sovranità" (Is 9,5).

E dice poi: "Grande sarà il suo dominio / e la pace non avrà fine... / ora e sempre..." (Is 9,6).

Nulla sembra confermare questa sovranità e questo dominio, nel vuoto e nella solitudine della notte di Betlemme.

Piuttosto tutto parla di povertà, di "diseredazione"... Questa prima notte terrena del Figlio dell'uomo contiene già in sé quasi un lontano presagio della notte ultima, quando "umilio se stesso facendosi obbediente fino alla morte..." (Ph 2,8).

Questa prima notte senza tetto del Figlio che ci è dato, è libera da ogni segno di umana potenza e forza.

E' tutto il contrario...


5. E tuttavia questa notte di Betlemme, che ricordiamo ogni anno con la più grande emozione, suscita speranza e porta la gioia: una gioia quale il mondo non può dare pur con tutti i suoi ben noti mezzi di terrena potenza e forza.

Di questa gioia è piena la liturgia della Chiesa, che "canta al Signore un canto nuovo" (Ps 95,1), e invita a questo canto "tutta la terra".

"Gioiscano i cieli, esulti la terra, / frema il mare e quanto racchiude; / esultino i campi e quanto contengono / si rallegrino gli alberi della foresta" (Ps 95,11-12).

Il Regno di Dio sulla terra inizia durante questa notte della vigilia, non tra i segni della terrena potenza e forza, ma tra la gioia delle anime e dei cuori, che riempie tutti coloro che lo hanno accolto.

Così, otto secoli fa, essa ha riempito l'anima e il cuore di san Francesco, il Poverello di Assisi.


6. O voi tutti che mi ascoltate qui - in questa Basilica - in qualsiasi luogo del globo terrestre! Quanto vi auguro la rivelazione di questa Grazia! Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà. Amen. Data: 1981-12-24
Giovedì 24 Dicembre 1981


Messaggio natalizio - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Che gli uomini del nostro secolo sappiano accogliere Cristo



1. Cari fratelli e sorelle.

Abitanti di Roma e del Mondo! In quest'ora, quando il santo giorno della Nascita è giunto al suo meriggio, vi invito a meditare insieme con me il Mistero: "In principio era il Verbo... e il Verbo era Dio... tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste... E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Jn 1,1 Jn 1,3 Jn 1,14).

"... Non c'era posto per loro nell'albergo" (Lc 1,7).

"Venne fra la sua gente ma i suoi non l'hanno accolto. Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe" (Jn 1,11 Jn 1,10).


2. Vi prego, fratelli e sorelle, abitanti dell'Urbe e dell'Orbe, di meditare

oggi sulla nascita, nella stalla di Betlemme, del Figlio eternamente nato. Perché nasce dalla Vergine Colui che è eternamente nato dal Padre? Dio da Dio, Luce da Luce? Perché nella notte, quando è nato da Maria Vergine, non c'era posto per loro nell'albergo? Perché i suoi non l'hanno accolto? Perché il mondo non l'ha riconosciuto?


3. Il Mistero della notte di Betlemme dura senza intervallo. Esso riempie la storia del mondo e si ferma alla soglia di ogni cuore umano. Ogni uomo, cittadino di Betlemme, ha potuto ieri sera guardare Giuseppe e Maria e dire: non c'è posto, non posso accogliervi.

E ogni uomo di tutte le epoche può dire al Verbo, che si è fatto carne: non ti accolgo non c'è posto.

Il mondo fu fatto per mezzo di Lui, ma il mondo non l'ha accolto. Perché il giorno della nascita di Dio è giorno di non-accoglienza di Dio da parte dell'uomo?


4. Facciamo scendere il mistero della Nascita di Cristo al livello dei cuori umani: "Venne fra la sua gente". Pensiamo a coloro che hanno chiuso davanti a Lui la porta interiore, e chiediamo: perché? Tante, tante, tante possibili risposte, obiezioni, cause.

La nostra coscienza umana non è in grado di abbracciarle. Non si sente di giudicare. Solo l'Onnisciente scruta fino in fondo il cuore e la coscienza di ogni uomo. Soltanto Lui. E soltanto Lui, eternamente nato: soltanto il Figlio.

Infatti: "Il Padre ha rimesso ogni giudizio al Figlio" (Jn 5,22).

Noi uomini, chinati ancora una volta, sul mistero di Betlemme, possiamo soltanto pensare con dolore quanto abbiano perso gli abitanti della "Città di Davide", perché non hanno aperto la porta.

Quanto perda ogni uomo, che non lascia nascere, sotto il tetto del suo cuore, Cristo, "da luce vera, quella che illumina ogni uomo" (Jn 1,9) Quanto perda l'uomo, quando lo incontrare e non vedrà in Lui il Padre.

Dio infatti si è rivelato in Cristo all'uomo come il Padre.

E quanto perda l'uomo, quando non vede in lui la propria umanità. Cristo infatti è venuto nel mondo per svelare pienamente l'uomo all'uomo e fargli nota la sua altissima vocazione (cfr. GS 22).

"A quanti... l'hanno accolto, ho dato potere di diventare figli di Dio" (Jn 1,12).

Nella solennità del Natale nasce pure un caloroso voto e desiderio, un'umile preghiera: che gli uomini del nostro secolo accolgano Cristo; gli uomini dei diversi Paesi e Continenti, delle varie lingue, culture e civilizzazioni che lo accolgano, che lo ritrovino nuovamente, che sia data loro la Potenza, che è solo da Lui, perché essa è soltanto in Lui.


5. Gridiamo ai governi, ai responsabili degli Stati, ai sistemi e alle società che dappertutto venga rispettato il principio della libertà religiosa; che l'uomo a causa della sua fede in Cristo, e della fedeltà alla sua Chiesa non sia discriminato, pregiudicato, privato dell'accesso ai frutti dei suoi meriti di cittadino; che ai membri delle Comunità cristiane non manchino i pastori, i luoghi di culto; che non siano intimoriti, messi in prigione, condannati; che i cattolici della Chiesa in Oriente possano godere gli stessi diritti dei loro fratelli della Chiesa d'Occidente.

Noi gridiamo perché Cristo abbia posto nell'intera vasta Betlemme del mondo contemporaneo; perché sia concesso il diritto di cittadinanza a Colui che è venuto nel mondo ai tempi di Cesare Augusto, quando fu ordinato il censimento.


6. "Non c'era posto per loro nell'albergo".

Il mondo, che non accetta Dio, cessa di essere ospitale nei confronti dell'uomo! Non ci scuote l'immagine di un tale mondo, - del mondo, che è contro l'uomo, prima ancora che questi riesca a nascere, - che, in nome di diversi interessi economici, imperialistici, strategici, caccia via intere moltitudini di uomini dal suolo del loro lavoro, le rinchiude nei campi di forzato concentramento, le priva del diritto della patria, le condanna alla fame, le fa schiave? Dio, che è diventato uomo, poteva venire nel mondo diversamente da come è venuto? Poteva esserci posto per Lui nell'albergo? Non "doveva" Egli, sin dall'inizio, essere con coloro per i quali non c'è posto?


7. Si, Cari fratelli e sorelle, riscopriamo la vera gioia del Natale. Un'altra gioia non sarebbe vera. Non sarebbe universale. Non parlerebbe a tutti e a ciascuno: Emmanuele - - E' con noi - Dio è con noi! / Benché il mondo non lo conosca - Egli è! / Benché i suoi non lo accettino - Egli viene! / Benché non ci sia posto nell'albergo - Egli nasce! Questa gioia della Nascita di Dio desidero condividerla oggi con l'Urbe e con l'Orbe, salutando nelle diverse lingue, tutti coloro per i quali il Verbo si è fatto carne.

Dopo aver rivolto l'augurio di Buon Natale nelle varie lingue, il Santo Padre ha indirizzato le seguenti parole d'augurio alla Polonia: E adesso io mi rivolgo a voi, miei prediletti connazionali.

Vi esprimo gli auguri dal presepio di Betlemme.

Vi trasmetto gli auguri del Neonato.

Abbraccio con questi tutti e ciascuno di voi, tutta la Polonia, nostra comune patria.

Voglio che questi auguri giungano specialmente a quelli che soffrono, che sono stati allontanati dai più vicini, quelli che sono visitati dalla depressione, oppure dalla disperazione.

Tanti uomini nel mondo pregano per la Polonia. Con tutti loro, con tutta la Chiesa, mi rivolgo a voi in questa ora degli auguri pronunciati nelle diverse lingue dei vari popoli.

E vi dico nella nostra lingua patria: "Alza la mano, Bambino Gesù, e benedici...".

Tu, che hai indicato la via ai pastori di Betlemme e ai Magi, indica la via ai figli e alle figlie della terra polacca verso un migliore futuro della patria nella pace, nella giustizia, nella libertà.

Data: 1981-12-25
Venerdi 25 Dicembre 1981


Recita dell'"Angelus" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Accanto a quanti soffrono per amore di Cristo e dei fratelli

Anche oggi, cari fratelli e sorelle, avete voluto raccogliervi in Piazza san Pietro, attorno a me, come per prolungare in qualche modo la gioia intima e profonda del mistero natalizio, che rivive la nascita del Figlio di Dio in mezzo agli uomini.

In realtà, il Natale è una ricorrenza così grande che non può essere circoscritta nel breve arco di una sola giornata. E così la Chiesa come ha pensato alla preparazione della festività con le quattro settimane dell'Avvento, allo stesso modo, dopo la data del 25 dicembre, ha voluto istituire una serie di celebrazioni liturgiche per mettere a fuoco ogni aspetto della festività centrale, farne percepire più adeguatamente l'immensa ricchezza spirituale, invitare a gustarne interiormente i contenuti, raggiungere il traguardo della pace auspicata dal coro degli Angeli.

Oggi, la liturgia commemora la nascita alla vita eterna del primo martire santo Stefano, giovane diacono lapidato all'alba della storia della Chiesa perché credeva in Cristo e già vedeva i cieli aperti ad accoglierlo.

Il martirio è una testimonianza di fede nel Salvatore degli uomini. Gesù è l'unico Salvatore. Non ce ne sono altri. La vita di ogni cristiano coerente con la sua fede è sottoposta di continuo al tormento di mille difficoltà; diventa un martirio, talvolta in senso anche fisico; e quindi assume valore di testimonianza.

Ebbene, fratelli e sorelle, il mondo, per essere salvato, ha bisogno di simili testimoni legati a Gesù Salvatore. Santo Stefano è stato cronologicamente il primo di una lunghissima serie, non mai interrotta nella storia della Chiesa.

In questo momento, il nostro pensiero corre vicino a quanti, in qualsiasi angolo della terra, soffrono per amore di Cristo e dei fratelli, sono umiliati e offesi entro i confini della stessa patria, del loro ambiente, della loro comunità; e li invitiamo ad alzare gli occhi in alto, a vedere, come Stefano, i cieli aperti.

Con la recita dell'"Angelus", preghiamo che tutti gli uomini accolgano il messaggio salvifico del Natale.

Data: 1981-12-26
Sabato 26 Dicembre 1981


Recita dell'"Angelus" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La famiglia sia il santuario della vita e dell'amore



1. Oggi i nostri pensieri e i nostri cuori si rivolgono verso la Sacra Famiglia di Nazareth. Mediante il mistero del Natale del Signore il Figlio di Dio è diventato figlio dell'uomo, venendo a far parte della famiglia umana. Dio, che è Amore, è entrato in una Famiglia, volendo mediante ciò fare di essa un luogo particolare dell'amore ed una vera "Chiesa domestica".

Dalla storia della Famiglia nazaretana conosciamo solo alcuni avvenimenti; tuttavia, ognuno di essi è pieno di eloquenza. Il brano del Vangelo di san Luca, che leggiamo oggi, ricorda la presentazione del Bambino nel Tempio gerosolimitano il quarantesimo giorno dopo la sua nascita a Betlemme: "Portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore" (Lc 2,22). In questo modo essi compirono il dovere previsto dalla legge dell'Antica Alleanza, che stabiliva: "Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore" (cfr. Ex 13,2).

Tuttavia, nessuno dei figli degli uomini, che è venuto al mondo in qualsiasi tempo, in qualsiasi famiglia umana, è stato così consacrato a Dio come Gesù già nello stesso concepimento e nella sua nascita. Pertanto egli rivela più pienamente all'umanità questa verità, che cioè la famiglia è la comunità in cui nasce l'uomo per vivere per Dio e per gli uomini. Nasce per vivere a misura di questi destini, che hanno il loro inizio nell'eterno Amore.


2. Nel corso del Sinodo dei Vescovi del 1980, che fu dedicato ai compiti della famiglia cristiana, la Chiesa recito la seguente preghiera, che volli io stesso comporre e che ora vi invito a seguire, mentre dinanzi a voi la ripeto: Dio dal quale proviene ogni paternità in cielo e in terra, / Padre, che sei Amore e Vita / fa' che ogni famiglia umana sulla terra diventi, / mediante il tuo Figlio, Gesù Cristo, "nato da Donna", / e mediante lo Spirito Santo, sorgente di divina carità, / vero santuario della vita e dell'amore / per le generazioni che sempre si rinnovano.

Fa' che la tua grazia guidi i pensieri e le opere dei coniugi / verso il bene delle loro famiglie / e di tutte le famiglie del mondo.

Fa' che le giovani generazioni trovino nella famiglia un forte sostegno / per la loro umanità e la loro crescita nella verità e nell'amore.

Fa' che l'amore, rafforzato dalla grazia del sacramento del matrimonio / si dimostri più forte di ogni debolezza e di ogni crisi, / attraverso le quali, a volte, passano le nostre famiglie.

Fa' infine, te lo chiediamo per intercessione della Sacra Famiglia di Nazaret, / che la Chiesa in mezzo a tutte le nazioni della terra / possa compiere fruttuosamente la sua missione / nella famiglia e mediante la famiglia.

Per Cristo nostro Signore, / che è la via, la verità e la vita / nei secoli dei secoli. Amen.


3. I frutti del Sinodo, che si svolse nell'ottobre 1980, conforme al desiderio dei Vescovi che vi parteciparono, hanno trovato la loro espressione nell'esortazione apostolica "Familiaris Consortio". Insieme a questa esortazione sono state trasmesse al Consiglio per la Famiglia, recentemente istituito, tutte le "Propositiones" del Sinodo, affinché costituiscano tutte insieme un fondamento per il lavoro, con cui la Chiesa vuole manifestare il suo amore per la famiglia.

"Amare la famiglia significa saperne stimare i valori e le possibilità, promovendoli sempre. Amare la famiglia significa individuare i pericoli ed i mali che la minacciano, per poterli superare. Amare la famiglia significa adoperarsi per crearle un ambiente che favorisca il suo sviluppo. E, ancora, è forma eminente di amore ridare alla famiglia cristiana di oggi, spesso tormentata dallo sconforto e angosciata per le accresciute difficoltà, ragioni di fiducia in se stessa, nelle proprie ricchezze di natura e di grazia, nella missione che Dio le ha affidato.

"Bisogna che le famiglie del nostro tempo riprendano quota! Bisogna che seguano Cristo!"" (FC 86).

In questo spirito preghiamo oggi, abbracciando col pensiero e col cuore tutte le famiglie del mondo intero.

Data: 1981-12-27
Domenica 27 Dicembre 1981


Ai partecipanti alla XXXV Assemblea della Federazione degli Istituti di attività educative - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: A servizio della Chiesa e della comunità civile

Carissimi fratelli e sorelle.

Sono lieto di accogliere quest'oggi voi, Dirigenti e Rappresentanti della Federazione degli Istituti di Attività Educative, convenuti a Roma per l'annuale Assemblea generale, in cui vi siete proposti di dibattere il tema de "La Scuola cattolica a servizio della Chiesa locale e del territorio".

1. Vi esprimo la mia riconoscenza per la vostra visita, che indica il vostro filiale ossequio al magistero della Chiesa, dal quale le vostre Scuole ricevono ispirazione e sostegno. Essendo breve il tempo a disposizione, non intendo entrare nel merito specifico dell'argomento proposto alle vostre considerazioni, ma desidero semplicemente manifestarvi il plauso, la lode e l'incoraggiamento per l'impegno che mettete nella promozione sociale e spirituale di un ambiente così delicato e vitale qual è quello della Scuola. Ne prendo lo spunto dalla silenziosa ed efficacissima lezione, che in questi santi giorni del tempo di Natale ci viene dalla culla di Betlemme. Quel Bambino, che apre le mani all'abbraccio, che è venuto a salvare l'intera umanità, è la Sapienza del Padre rivestita dell'umile natura umana. Ma da quella mangiatoia a noi deriva un insegnamento e un monito ad amare e a rispettare in Colui che, Dio, si è fatto piccolo e debole, tutti i bambini, i fanciulli, gli adolescenti e i giovani, vedendo in essi la dignità della loro anima immortale e il riflesso del volto di Dio.


2. Quale ispirazione per voi che fate di questa vocazione la ragion d'essere della vostra vita! La Scuola cattolica trae da così sublime concezione, che le viene dal mistero della Natività, il suo ideale educativo e la sua forza di azione. Per questo essa non trascura nessuno degli elementi che concorrono a formare la personalità integrale del cristiano. La duplice finalità del vostro convegno, cioè quella di indicare alla scuola italiana la necessità di porsi a servizio della comunità ecclesiale e di quella civile, già di per sé e significativa dell'importanza che voi attribuite a due dimensioni essenziali nella vita di un uomo. Ma per conseguire pienamente questi fini occorre costituire una Scuola cattolica che sappia essere, in seno alle comunità locali, effettivo luogo di formazione integrale della persona mediante la elaborazione e l'assimilazione della cultura umana nelle sue varie forme ed espressioni; luogo di formazione alla libertà ed alla responsabilità, al gusto del bello ed alla creazione artistica, all'apertura verso gli altri ed alla socialità.

Ma la Scuola cattolica non può limitarsi solo a questo; deve porre Gesù Cristo e il suo messaggio di salvezza a fondamento della visione della vita. In tale modo essa, senza rinnegare la propria natura di Scuola destinata all'insegnamento di tutto lo scibile, persegue tale fine nella visione cristiana della realtà, mediante la quale la cultura acquista il suo posto privilegiato nella vocazione integrale dell'uomo. Sia una Scuola che sappia far maturare le attitudini insite in ciascun giovane e, alla luce delle varie situazioni familiari, morali e sociali, sappia orientarlo per operare buone scelte. Una Scuola che offra, limpidamente e senza artifici, i valori che si rifanno al Vangelo e agli insegnamenti perenni della Chiesa.


3. Per corrispondere pienamente a queste esigenze, la Scuola cattolica dovrà stabilire, in campo ecclesiale, costanti rapporti con la diocesi, inserendosi col proprio apporto nel piano pastorale. A loro volta, i Vescovi faranno in modo che i rappresentanti della Scuola cattolica siano inseriti nei diversi consigli diocesani, perché possano partecipare alla elaborazione dei piani pastorali. In campo civile, la Scuola cattolica si impegnerà a mantenere una sua presenza come contributo al "pluralismo istituzionale"; soltanto la presenza di più Scuole potrà permettere ai genitori la libera scelta scolastica per i propri figli.

Il vostro impegno deve anche tendere a coinvolgere i genitori e i docenti laici sia nella elaborazione del progetto educativo della Scuola, sia nella organizzazione e nella gestione della stessa. Come ho detto nella recente esortazione apostolica "Familiaris Consortio": "Lo Stato e la Chiesa hanno l'obbligo di dare alle famiglie tutti gli aiuti possibili, affinché possano adeguatamente esercitare i loro compiti educativi. Per questo sia la Chiesa sia lo Stato devono creare e promuovere quelle istituzioni ed attività, che le famiglie giustamente richiedono: e l'aiuto dovrà essere proporzionato alle insufficienze delle famiglie. Pertanto tutti coloro che nella società sono alla guida delle scuole non devono mai dimenticare che i genitori sono stati costituiti da Dio stesso come primi e principali educatori dei figli, e che il loro diritto e del tutto inalienabile" (FC 40).


4. Cari fratelli e sorelle, continuate con coraggio ad impegnarvi sulla scia dell'insegnamento della Chiesa. Non scoraggiatevi davanti alle inevitabili difficoltà di vario genere, non ultima a quella della scarsezza di personale specializzato. Siate sempre più consapevoli che tra le professioni degne d'impegnare l'esistenza umana, la vostra ha un posto di primo ordine, proprio per il rapporto che viene a stabilirsi con i giovani che si modellano sulla vostra ricchezza scientifica e soprattutto sul vostro comportamento morale e spirituale.

L'insegnante infatti, se fedele alla sua missione, è un autentico benefattore dell'umanità, come lo è un padre. Questo è vero soprattutto per chi fa della Scuola un tirocinio cristiano; per chi, tra i molteplici scopi, didattici e pedagogici, sa avvalorare quello religioso e far proprie così le parole di san Paolo: "Mediante il Vangelo, io vi ho generato" (1Co 4,15).

Con questi sentimenti affido la vostra opera alla protezione della Vergine santissima, Sede della Sapienza, e vi imparto di gran cuore la benedizione apostolica.

Data: 1981-12-28
Lunedì 28 Dicembre 1981





Al termine dell'udienza generale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Sollecitudine della Chiesa per la Polonia

Oggi, ultima udienza generale dell'anno 1981. Ci troviamo davanti ad un Anno Nuovo. Ci troviamo pieni di sollecitudine in relazione alla situazione che si è creata in Polonia dopo la proclamazione dello "stato d'assedio".

L'opinione pubblica dell'Europa e del mondo intero partecipa con emozione a questi avvenimenti, dando numerose manifestazioni di solidarietà verso la Nazione polacca. Molte di queste manifestazioni hanno carattere religioso.

Ringrazio per tutte, non solo per quelle che vengono indirizzate nelle mie mani.

Sempre ho avanti gli occhi le parole del Primate di Polonia pronunciate il 13 dicembre: La Chiesa "ha appreso con dolore la rottura del dialogo, che si allacciava con tanta fatica, e l'ingresso sulla strada della violenza, qual è lo stato d'assedio. E ciò non può avvenire senza la violazione dei fondamentali diritti civili. Porta con sé, in molti casi, gli arresti di innocenti, l'avvilimento degli uomini della cultura e della scienza, le incertezze in tante famiglie".

Una particolare inquietudine suscita la sorte degli arrestati e dei condannati al forzato "internamento".

Ovunque nel mondo, in qualsiasi stato e sistema, avesse luogo un simile fatto, dovrebbe suscitare una giusta reazione, dettata dalla sollecitudine per l'uomo e per il rispetto dei suoi fondamentali diritti. E la Chiesa ne darebbe espressione.

E' difficile dunque - che io (insieme ai Vescovi polacchi) - non esprima la mia trepidazione, in particolare quando si tratta dei miei connazionali, figli e figlie della stessa Patria.

In generale non conosciamo i nomi di questi uomini. Intanto lo l "stato d'assedio" si prolunga nonostante le richieste per la sua sospensione.

E cresce l'inquietudine del mondo e la sollecitudine della Chiesa per gli uomini privi della libertà. Sollecitudine giusta.

Con tale sollecitudine entriamo nell'Anno Nuovo, che raccomandiamo a Dio per opera di Nostra Signora di Jasna Gora.

Data: 1981-12-30
Mercoledì 30 Dicembre 1981


GPII 1981 Insegnamenti - Alla vigilia di Natale - Città del Vaticano (Roma)