GPII 1981 Insegnamenti - Al termine dell'udienza generale - Città del Vaticano (Roma)


Nella Sala del Concistoro - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Concerto offerto al Papa da un'orchestra sinfonica polacca

La visita e il concerto dell'Orchestra Filarmonica di Zielona Gora sono per me un buon segno. Quest'anno 1981, che da molti punti di vista è stato un anno difficile sia per me, sia - come mostrano gli ultimi avvenimenti - anche per la Polonia, sta per finire almeno per me con un buon segno. Nonostante le difficoltà oggettive, nonostante l'isolamento del Paese, nell'ultimo giorno di quest'anno, i polacchi - l'Orchestra Filarmonica polacca - sono dal Papa polacco, con un concerto. Questo possiamo interpretarlo come un segno della Provvidenza, un segno di speranza. Io lo interpreto così. Vi sono molto grato per la vostra presenza e per il vostro concerto. Colgo l'occasione per dire a tutti voi, al termine dell'anno vecchio e alla soglia del nuovo, il mio "Szczesc Boze", "Dio vi assista". Sono gli auguri per l'anno nuovo, auguri indirizzati a ciascuno di voi personalmente e nello stesso tempo alle vostre famiglie, a tutti i vostri cari con i quali la vostra vita è legata in modo più stretto, ai vostri ambienti tra i quali quelli di lavoro, anche creativo artistico del quale fate parte, e indirettamente anche a tutta la cultura polacca della quale siete rappresentanti.

So qual è l'importanza della cultura per una nazione, per la sua identità, per la sua vitalità e pertanto proprio questo augurio particolare è pieno di contenuti significativi, non solo individuali ma universali. E' in certo qual modo un augurio indirizzato a tutta la mia nazione, a tutta la Patria.

La cultura traccia le strade dell'identità di ciascuna nazione e così unisce in un tutt'uno la sua storia lungo il corso dei secoli, Auguro che i polacchi, che hanno un così profondo senso della propria storia, possano sulla base della propria cultura, della cultura polacca, partecipare alla cultura universale e formare anche il loro futuro perché la storia non riguarda solo il passato ma anche le prospettive, anche il futuro. Che possano formare questo loro avvenire nello spirito di ciò che sono e di ciò che meritano in considerazione del loro lavoro, delle loro sofferenze, di tutte le loro esperienze storiche. Di queste esperienze il mondo talvolta sa poco e ricorda poco, pero le ricorda la Divina Provvidenza che da parte sua traccia la storia dell'umanità e la storia delle nazioni. Perciò in giorni particolarmente difficili il mio pensiero si volge verso la Provvidenza Divina e, tramite l'intercessione della regina della Polonia, Madre di Cristo, le affida questa mia dilettissima nazione, la mia patria: proprio alla Divina Provvidenza affida soprattutto il futuro della Polonia.

Questi sono gli auguri per l'anno nuovo. Visto che siete qui come rappresentanti della mia nazione affido alle vostre mani gli auguri per la Polonia. Ci saranno altre occasioni per completarli. Per ora è tutto. Di tutto cuore vi ringrazio e ancora una volta vi benedico.

(Traduzione dal polacco)

Data: 1981-12-31
Giovedì 31 Dicembre 1981


L'omelia alla Chiesa del Gesù - Roma

Titolo: Rendiamo testimonianza alla ricchezza di tutto il creato



1. Proprio oggi, il 31 dicembre, mentre si avvicina ormai "l'ultima ora" dell'Anno del Signore 1981, la liturgia ci orienta verso "l'inizio": "In principio era il Verbo" (Jn 1,1).

Ci troviamo nel tempo del Natale - il giorno odierno è il settimo giorno fra l'ottava - e perciò questo rivolgersi verso "l'inizio" è largamente giustificato.

Prima di tutto la stessa nascita: la nascita dell'uomo è l'inizio dei suoi giorni sulla terra, l'inizio della sua propria storia.

Ogni giorno dell'anno, che oggi ormai va verso il termine, ha scritto la storia di ognuno di noi, di ognuno tra i più di quattro miliardi di uomini che abitano sul nostro pianeta. Molti di essi - proprio quelli più giovani - nel corso di questo anno, giorno dopo giorno, hanno iniziato la storia della propria vita.

Il numero dei nati sull'intero globo nel corso dell'anno che sta per terminare si conta in varie decine di milioni Tale inizio terreno di ogni uomo indica contemporaneamente la fine e il termine. Lo stesso anno che è stato l'inizio della storia terrena per milioni di uomini - per quelli più piccoli - è stato contemporaneamente la fine e il termine della storia terrena per altri milioni - soprattutto per quelli più anziani, ma non soltanto per essi. La vita dell'uomo viene contata sempre di anno in anno, da una data all'altra. Il tempo ne è il metro - e perciò giustamente diamo importanza al tempo.


2. Ci troviamo ormai nell'ottava del Natale del Signore - e quindi il richiamo della liturgia odierna "all'inizio" è dettato da un fatto storico unico ed irrepetibile: quello che ha avuto luogo nella notte di Betlemme e al quale la liturgia della Chiesa fa riferimento sempre a cavallo e tra il vecchio e il nuovo anno: tra il 25 dicembre ed il 1° gennaio.

Per questo assume quasi una particolare eloquenza il tempo umano ed il passare di tutto ciò che è creato: esso rimane radicato nel ministero del Verbo che si è fatto carne.

Il Natale del Signore, l'Incarnazione del Verbo rende testimonianza all'inizio umano, all'inizio del tempo - di Colui che come Dio non ha alcun inizio e non è contenuto da alcun tempo.

E' oltre il tempo.

E' prima del tempo.

Quando "è stato fatto tutto ciò che esiste" (cfr. Jn 1,3) - e quindi nel momento "dell'inizio" dell'universo - il Verbo già era: "era presso Dio e il Verbo era Dio" (Jn 1,1).

Stasera, la mezzanotte, il mattino di domani, l'intero giorno di Capodanno ci chiamano e ci invitano a contemplare tutto ciò che ha un "inizio" alla luce del Verbo Eterno - perché "tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste" (Jn 1,3).


3. Questa chiamata, questo invito ci dirigono verso tutto il mondo visibile, verso il cosmo.

Tutto ciò che è stato fatto per mezzo del Verbo, che "in principio era presso Dio" - e "il Verbo era Dio" (cfr. Jn 1,1) - tutto ciò porta su di sé il segno del bene e del bello. Stimola all'ammirazione e alla gioia.

Con una forte eco risuonano l'ammirazione e la gioia nella liturgia odierna: "Cantate al Signore un canto nuovo, cantate al Signore da tutta la terra..." (Ps 95,1).

"Gioiscano i cieli, esulti la terra, / frema il mare e quanto racchiude; / esultino i campi e quanto contengono / si rallegrino gli alberi della foresta / davanti al Signore che viene... (Ps 95,11-13).

Il mondo visto nell'Eterno Verbo - il mondo come vestigio impresso dalla Divina Sapienza - è bello ed è buono. così lo vede a occhio nudo l'uomo sensibile alla bellezza del creato. E così lo vede il dotto naturalista che penetra nei segreti del creato.

E' necessario che noi, in questa che è la sera dell'ultimo giorno dell'anno 1981, rendiamo testimonianza alla ricchezza di tutto il creato. Esso infatti ha il suo inizio nell'Eterna Sapienza, cioè nel Verbo: "Senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste" (Jn 1,3).

E' lo stesso Verbo che si è fatto carne nella notte di Natale. Il Natale del Signore è accompagnato da una gioia "cosmica". Mediante la liturgia siamo chiamati a tale gioia.


4. Al punto centrale di questa gioia si trova l'uomo stesso.

Prima di tutto egli è chiamato col mistero della notte di Betlemme. Per lui l'Eterno Figlio si fa carne. Con tale Figlio si avvicina a noi "la luce vera, quella che illumina ogni uomo, quando viene nel mondo" (cfr. Jn 1,9).

A questa luce sono contrarie le tenebre.

Le tenebre non vogliono accogliere la luce del Verbo, nato per l'uomo.

Le tenebre vogliono distruggere la Vita, che è la luce degli uomini.

La liturgia odierna rende testimonianza alla lotta delle tenebre contro la luce. Alla lotta della morte contro la Vita.

L'anno che oggi giunge al suo termine, non riconferma forse questa lotta? Non la riconferma dentro ognuno di noi? Non la riconferma nelle dimensioni della vita, delle società e delle nazioni? Non la riconferma nelle dimensioni del globo intero? Siamo consapevoli dello sviluppo degli avvenimenti, sui quali ci informano i mezzi di comunicazione sociale. Perché tra questi avvenimenti, tanti suscitano inquietudine e minacce? Perché tanti testimoniano della presenza del male nel nostro mondo umano? Per questo ogni anno, proprio in questo ultimo giorno 31 dicembre, la Chiesa ci fa leggere le parole della prima lettera dell'apostolo Giovanni: "Figlioli... deve venire l'anticristo, di fatti ora molti anticristi sono apparsi.

Da questo conosciamo che è l'ultima ora..." (cfr. 1Jn 2,18).

L'anti-cristo - è la contraddizione di Colui che è nato nella notte di Betlemme. La contraddizione del Verbo che si fece carne.

La contraddizione di Cristo.


5. così dunque terminiamo l'anno. E sebbene siamo consapevoli dell'accavallarsi di un male molteplice, e sempre più spesso sentiamo come quel male minaccia l'uomo, la sua vita, la sua dignità, la sua coscienza - tuttavia portiamo a termine anche quest'anno col "Te Deum" di ringraziamento.

Rendiamo grazie ancora una volta perché il Verbo "si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi", rendiamo grazie perché insieme con Lui è venuta nel mondo la pienezza della grazia e della verità, perché da questa pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e continuamente riceviamo.

Rendiamo grazie pur tra le più dolorose prove, perché nel mondo brilla continuamente la luce, anche se le tenebre non l'hanno accolto.

Amen. Data: 1981-12-31
Giovedì 31 Dicembre 1981


L'omelia alla Messa per la XV giornata mondiale della pace - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La pace, dono di Dio, dipende dalla buona volontà degli uomini

"La Pace, dono di Dio affidato agli uomini".

1. Oggi entriamo in un Anno Nuovo: l'Anno del Signore 1982.

In questo primo giorno del nuovo anno sentiamo rivolto a noi, ancora una volta, il messaggio del Natale in tutta la sua semplicità e profondità. Esso ci parla con la testimonianza dei Pastori di Betlemme, i quali - dopo aver visto il Bambino con Maria e Giuseppe - riferirono ciò che era stato detto loro (cfr. Lc 2,17). E così divennero i primi messaggeri dell'Evento e del Mistero, che, grazie a loro, ha iniziato a diffondersi irradiandosi tra la gente.

Soprattutto, pero, la Chiesa entra nel nuovo anno celebrando la Divina Maternità di Maria, Vergine di Nazaret, la quale mediante il suo "fiat" è diventata, per opera dello Spirito Santo, la Madre del Verbo Eterno, la "Theotokos".

La nascita terrena di Dio, il Natale, si collega strettamente con la Divina Maternità di Maria. La nascita dell'uomo si collega strettamente con la maternità. L'uomo viene concepito nel seno della madre e nasce dal suo seno.

Quando venne la pienezza del tempo e Dio, Eterno Padre, mando il suo Figlio, lo mando anche come "nato da donna" (Ga 4,4).

L'Anno Nuovo dà inizio, per così dire, a una nuova "pienezza del tempo".

E proprio questa pienezza, che da oggi incominciamo ad esprimere con la cifra "1982", emerge dal mistero del Natale.

Insieme con la nascita terrena di Dio è venuto agli uomini il messaggio della pace. Esso ha caratterizzato l'evento di Betlemme con un particolare grido: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama" (Lc 2,14).


2. "Gli uomini che egli ama... ".

La Liturgia dell'odierna solennità indica che l'uomo ha il suo inizio in Dio; non soltanto nel tempo, non soltanto nel seno della madre, ma in Dio stesso.

Oggi festeggiamo la Maternità di Maria, fissando gli occhi sulla paternità di Dio, sul suo eterno disegno paterno.

"Quando venne la pienezza del tempo, Dio mando il suo Figlio, nato da donna... perché ricevessimo l'adozione a figli. E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre!" (Ga 4,4-6).

Così noi siamo figli mediante il Figlio.

La nostra origine è nel Padre per mezzo del Figlio.

La figliolanza d'adozione divina è in noi per opera dello Spirito Santo, che è lo Spirito del Figlio. Proprio questo Spirito ci permette di pensare a Dio come "Padre" e di parlare a Dio come "Padre".

Quanti uomini nel mondo si esprimono così! E se alcuni non lo dicono espressamente, tuttavia, almeno con qualche movimento del pensiero, a volte inaspettato, si rivolgono a Dio proprio così: "Padre".

E quanto abbondantemente è "mandato nei cuori" lo Spirito del Figlio! così dunque, festeggiamo oggi l'anno nuovo, fissando gli occhi sulla paternità di Dio, sul suo eterno disegno paterno. Se contemporaneamente celebriamo questo giorno anche come Giornata mondiale di preghiera per la pace, lo facciamo proprio in considerazione del Padre. E' infatti in considerazione del Padre che siamo chiamati alla Pace. Bisogna che il primo giorno di ogni anno ce lo ricordi, e rinnovi così in tutta la famiglia umana il desiderio della pace. Siamo chiamati alla pace con tutta la verità della nascita terrrena di Dio. L'avvenimento di Betlemme è stato legato, una volta per sempre, col messaggio: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini".


3. Il messaggio di questa Giornata Mondiale della Pace sviluppa la verità che fu cantata sulla mangiatoia di Betlemme.

"La pace, dono di Dio affidato agli uomini", il che vuol dire: La Pace - dono di Dio - dipende dalla buona volontà degli uomini! In un mondo, in cui gravi minacce continuano a pesare sulla pace malgrado gli sforzi di tante persone per far prevalere una mentalità di pace, l'uomo deve sempre interrogarsi sul senso e sulle condizioni della propria esistenza, sia personale che comunitaria, al fine di creare questa pace, la quale "risulta dal dinamismo delle volontà libere, guidate dalla ragione verso il bene comune da raggiungere nella verità, nella giustizia e nell'amore" (Messaggio per la Giornata mondiale della Pace, 4; 8 dicembre 1981: "Insegnamenti", IV, 2 (1981) 1185. Questo ordine razionale e morale che è la pace non può venire che da Dio come dal suo fondamento, da Dio che dona la creazione all'umanità per metterla al servizio di tutti; da Dio, che è il garante di tutti i diritti umani fondamentali; da Dio, infine, che illumina i cuori e fortifica la volontà. Dio non rifiuta la sua pace: egli la offre agli uomini, la affida agli uomini.

Ma come si è ancora lontani, in molte situazioni, dalla realizzazione completa di questo dono di Dio! L'assenza di pace in diverse parti del mondo impone ancora maggiormente la convinzione che la pace è prima di tutto un dono di Dio e pertanto essa deve essere sempre implorata dalla misericordia divina, con una preghiera incessante e fiduciosa, universale ed unanime.

Rivelando nella notte di Betlemme la paternità di Dio nei confronti degli uomini, il Figlio di Maria rivelo il dono della pace nella sua stessa sorgente. Con la testimonianza di tutta la vita e con la parola del Vangelo,egli ha insegnato che gli uomini devono fare di questo dono il bene del loro cuore e il bene della loro storia terrena: "Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio" (Mt 5,9).

La pace - dono di Dio - dipende sulla terra dalla buona volontà degli uomini. Gli uomini di "buona volontà" sono simultaneamente uomini che egli, Dio, ama.


4. Scrive l'Apostolo: "Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre! Quindi non sei più schiavo, ma figlio; e se figlio, sei anche erede per volontà di Dio" (Ga 4,6-7).

Nel profondo del cuore umano si svolge una grande lotta: il "figlio" combatte con lo "schiavo". Questa lotta si svolge contemporaneamente nella storia dell'uomo sulla terra.

L'uomo può diventare "schiavo" in diversi modi. Può essere "schiavo" quando si restringe la sua libertà, quando lo si priva degli oggettivi diritti umani: ma egli può anche diventare schiavo per un abuso della libertà che gli è propria.

L'uomo contemporaneo è minacciato da una "schiavitù" derivante dai prodotti del suo proprio pensiero e dalla sua volontà, prodotti che possono servire all'umanità, ma possono anche essere rivolti contro l'uomo.

Proprio "in questo", come ho scritto nell'enciclica "Redemptor Hominis", "sembra consistere l'atto principale del dramma dell'esistenza umana contemporanea... L'uomo, pertanto, vive sempre più nella paura. Egli teme che i suoi prodotti, naturalmente non tutti e non nella maggior parte, ma alcuni e proprio quelli che contengono una speciale porzione della sua genialità e della sua iniziativa, possono essere rivolti in modo radicale contro lui stesso" (RH 15).

E' quanto accadrebbe, in particolare, nell'ipotesi di un conflitto nucleare. Come, infatti, risulta dal documento preparato dalla Pontificia Accademia delle Scienze e presentato da apposite Delegazioni, che ho inviato a quattro Capi di Stato ed al Presidente dell'Assemblea delle Nazioni Unite, "ogni guerra nucleare spargerebbe inevitabilmente, la malattia e la sofferenza in proporzioni e su scala gigantesche e senza che sia possibile un intervento medico efficace". A parte, infatti, la distruzione massiccia di vite umane, "le sofferenze della popolazione sopravvissuta sarebbero senza confronto. Le comunicazioni, l'approvvigionamento alimentare e di acqua sarebbero completamente interrotti. Non si potrebbe, nei primi giorni, avventurarsi fuori dagli edifici per recare soccorsi, senza rischi di radiazioni mortali. La disgregazione sociale dopo un simile attacco sarebbe inimmaginabile...

L'esposizione a dosi massicce di radiazioni diminuirebbe la resistenza ai batteri ed ai virus, e potrebbe in conseguenza aprire la via ad infezioni diffuse. Le radiazioni agirebbero inoltre su numerosi feti comportando lesioni cerebrali irreversibili e deficienze mentali. Sarebbe inoltre considerevolmente aumentata l'incidenza di numerosi tipi di cancro nei sopravvissuti. Deteriorazioni genetiche verrebbero trasmesse alle generazioni successive nell'ipotesi che ve ne fossero.

Un esame obiettivo della situazione sanitaria che si avrebbe dopo una guerra nucleare conduce ad una sola conclusione: la prevenzione è il nostro unico scampo".

Nel primo giorno dell'Anno Nuovo noi preghiamo che in questa lotta del "figlio" con lo "schiavo" - lotta che attraversa i cuori e la storia dell'uomo - vinca il "figlio".

Al tempo stesso, rivolgiamo lo sguardo al personaggio che, dopo otto secoli, continua a splendere all'orizzonte di quest'anno con la sua piena luce: san Francesco d'Assisi.

Egli dice, con la testimonianza della sua vita, a tutti gli uomini del nostro tempo: "Non sei più schiavo, ma figlio; e se figlio, sei erede per volontà di Dio" (Ga 4,7).

Egli ci invita inoltre a pregare per la pace anche con l'orazione da lui composta: Signore, fa' di noi degli artefici di pace; là dove domina l'odio, che noi annunciamo l'amore; là dove ferisce l'offesa, che noi offriamo il perdono, là dove infierisce la discordia, che noi costruiamo la pace.


5. così, dunque, alla soglia del Nuovo Anno meditiamo, ancora una volta, sull'avvenimento di Betlemme, sul mistero della Nascita terrena di Dio e preghiamo per la pace, dono del Padre, che egli ha affidato a ogni uomo e a tutti.

Nel centro stesso di questa nostra preghiera per la pace in terra ritroviamo la Madre. Ritroviamo Maria, che serbava e meditava nel suo cuore tutte queste cose, collegate con la Nascita terrena di Dio (cfr. Lc 2,51).

La Madre: vigile testimone del mistero dell'Incarnazione.

La Madre: testimone della Nascita di Dio in un essere umano.

La Madre: testimone dell'elevazione dell'uomo in questa Nascita.

La Madre: testimone di tutte le sofferenze e gioie umane, delle umane speranze e minacce: Madre della Pace! Prima a Betlemme, poi a Nazaret, poi sul Calvario, poi nel Cenacolo della Pentecoste, e poi in tanti luoghi della terra.

Ella serba e medita tutte queste cose nel suo cuore: basta passare in rassegna col pensiero i suoi santuari, da Guadalupe a Lourdes, a Fatima, fino a Jasna Gora nella mia terra natale e tanti altri: Ella è sempre la Madre: Madre di Dio e degli uomini.

Ella alimenta sempre la pace, dono di Dio affidato agli uomini.

Ebbene, in questo primo giorno dell'Anno Nuovo desidero ancora una volta legare la grande causa della pace sulla terra con la Maternità di Maria, Madre di Dio e degli uomini.



GPII 1981 Insegnamenti - Al termine dell'udienza generale - Città del Vaticano (Roma)