GPII 1982 Insegnamenti - Ai responsabili della formazione sacerdotale dei giovani nei seminari maggiori d'Italia - Città del Vaticano (Roma)

Ai responsabili della formazione sacerdotale dei giovani nei seminari maggiori d'Italia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Rispondete con responsabilità alle nuove realtà dei seminari

Testo:

Venerati fratelli nell'Episcopato, figli diletti.


1. Nel rivolgervi il mio saluto cordiale, desidero esprimere la viva gioia che suscita in me questo incontro con voi, responsabili della formazione sacerdotale, impartita ai giovani nei Seminari maggiori d'Italia.

Siete convenuti a Roma, dietro invito della Commissione Episcopale per l'Educazione Cattolica della CEI, per una più attenta ed approfondita riflessione - alla luce soprattutto della "Ratio Institutionis" nazionale su: "La formazione dei presbiteri nella Chiesa italiana" - dedicata ad un tema che da sempre è stato oggetto della sollecitudine della Santa Sede, ma che in questi ultimi tempi è diventato anche motivo di preoccupazione. Si tratta del problema, antico e sempre attuale, di assicurare alla Chiesa i ministri, di cui essa ha bisogno.

In occasione dell'apertura del II Congresso Internazionale per le vocazioni, celebrato a Roma nel maggio dello scorso anno, mi fu offerta l'opportunità di ribadire ancora una volta con chiarezza che il problema delle vocazioni sacerdotali è il problema fondamentale della Chiesa. Le vocazioni sacerdotali sono infatti la verifica e l'espressione della sua vitalità, ed insieme sono condizione della sua missione e del suo sviluppo. E dicendo questo pensavo, come è ovvio, in particolare ai Seminari che hanno lo scopo di accogliere e coltivare le vocazioni.


2. L organizzazione stessa di questo Convegno, reso possibile dalla vostra qualificata presenza, è significativa testimonianza della volontà della Chiesa italiana di operare in tale delicatissimo settore. E vi incoraggio di cuore a rispondere sempre meglio alle rinnovate esigenze del vostro delicato ufficio. Di fatto, la vostra presenza è segno consolante della fiducia che riponete in Colui che è la sorgente prima della vocazione sacerdotale.

Sono lieto pertanto di esprimere ai benemeriti promotori e organizzatori del Convegno, a voi tutti qui presenti, Rettori, Direttori spirituali, Presidi e Prefetti degli studi, il mio vivo ringraziamento e sincero compiacimento. E, in voi, desidero ringraziare e incoraggiare altresi quanti condividono con voi - ai diversi livelli - il non lieve compito di preparare futuri sacerdoti.

La comune consapevolezza della difficile situazione - chiaramente indicata dalle statistiche - in cui oggi si trovano molti Centri di formazione ecclesiastica in Italia, seppure non manchino consolanti indizi di ripresa, suggerisce alcune riflessioni che toccano direttamente la vita e l'andamento dei Seminari nel vostro paese.

A voi è ben noto che la Chiesa non intende né nascondersi i problemi che oggi si pongono ai Seminari, né rimanere estranea al modo in cui gli stessi vengono affrontati e risolti. E' lo stesso Concilio Vaticano II che ci impegna alla riflessione ed alla ricerca in questo settore. Ma è pure il Concilio che ci offre i criteri e gli orientamenti riguardanti, in particolare, la preparazione spirituale, disciplinare, intellettuale dei candidati al sacerdozio.


3. La preparazione spirituale, innanzitutto. Lo sforzo educativo del Seminario deve tendere a portare il giovane alla conoscenza ed alla esperienza personale del Signore, per plasmare in lui un pastore di anime, che nella sua persona e nella sua attività si presenti e sia effettivamente "come ministro del Cristo e dispensatore dei misteri di Dio" (1Co 4,1) . Tra gli aspetti che sembrano meritare particolare considerazione nella preparazione spirituale dei futuri sacerdoti, vorrei sottoporre alla vostra attenzione quelli tanto opportunamente indicati nella Lettera circolare della Sacra Congregazione per l'Educazione Cattolica su "Alcuni aspetti più urgenti della formazione spirituale nei Seminari" (6 gennaio 1980). Essi possono sintetizzarsi nei seguenti punti: a) formare sacerdoti che accolgano e amino profondamente il Cristo, Parola di Dio, nostro Fratello, Amico, Salvatore; b) formare sacerdoti che sappiano vedere nel mistero pasquale l'espressione suprema dell'amore che il Verbo ha avuto per noi, immolandosi per la Chiesa: "in finem dilexit eos"; c) formare sacerdoti che non abbiano paura di riconoscere che la comunione reale e l'amicizia concreta col Cristo comportano un'ascesi, e quindi un impegno di rinuncia e di sacrificio; d) fare del Seminario una scuola d'amore filiale verso Colei che è la Madre di Gesù e la Madre nostra.

In questo campo risulta tuttora determinante e insostituibile l'opera del direttore spirituale, a cui spetta il compito di contribuire alla formazione di autentiche personalità sacerdotali. La sua azione è da considerarsi fondamentale nell'opera educativa, poiché costituisce un momento decisivo per creare nell'animo dell'alunno quella immagine del Cristo, a cui egli dovrà riferirsi come a supremo ideale durante tutta la vita. Per essere tale, la direzione spirituale deve configurarsi in un rapporto serio, chiaro, aperto, assiduo e continuo. Essa quindi non può ridursi ad un semplice ascolto, ad uno scambio di idee o di opinioni, nè confondersi col dialogo di gruppo, e neppure concepirsi come un dialogo personale, seppure spontaneo, che nasca nell'intimità dell'amicizia. La direzione spirituale deve essere un fatto di fede viva e profonda, vissuto sotto la responsabilità di un sacerdote ben preparato, esplicitamente incaricato dal Vescovo.

Per il conseguimento delle sue finalità, la direzione spirituale dovrà essere condotta alla luce dei contenuti biblici e teologici, con specifico riferimento a quelli ecclesiologici, e dovrà essere ripensata anche con una attenzione particolare alla condizione giovanile, alle sue reazioni psico-sociologiche e al cambiamento culturale della società del nostro tempo.

Essa non temerà, peraltro, di orientare i giovani verso l'assimilazione di quelle sane abitudini di preghiera e di vita spirituale che l'esperienza secolare di innumerevoli anime, profondamente permeate da un autentico spirito sacerdotale, e l'insegnamento collaudato delle classiche scuole di spiritualità, hanno indicato come particolarmente adatte a sostenere la volontà di generosa dedizione alla causa del Regno.


4. Vi è poi la preparazione disciplinare. Nella vita del Seminario. la disciplina non solo è richiesta dalla necessità di quadrare la personalità dei giovani, e di subordinare la spontaneità al dovere, ma è anche indispensabile perché siano rispettate le esigenze della vita comunitaria. La stessa deve inoltre considerarsi come elemento integrativo di tutta la formazione, per far acquistare il dominio di sé, per assicurare un armonico sviluppo della personalità, favorendo la capacità di controllo e di collaborazione, e per formare tutte quelle altre disposizioni d'animo, che giovano moltissimo a rendere ordinata e fruttuosa l'attività della Chiesa (cfr. OT 11).

Non v'è dubbio che in questo quadro la parte essenziale è costituita dall'azione del Rettore, rappresentante del Vescovo, in quanto "responsabile primo della vita del Seminario" ("Ratio Institutionis", v. italica, 102). Poiché il Rettore svolge il suo compito in comunione e collaborazione con gli altri educatori, è opportuno che periodicamente si incontri con essi per meditare, pregare insieme, celebrare comunitariamente l'Eucaristia, e per discutere i problemi riguardanti i singoli alunni e l'intera Comunità. Con i giovani egli sarà sempre un padre che sa ascoltare, dialogare, consigliare, favorendo così quel clima di confidenza e di mutua fiducia, che è condizione indispensabile per un proficuo e sereno lavoro.

Da essi, tuttavia, egli non mancherà di esigere, dopo averne debitamente spiegato le motivazioni, una generosa disponibilità al sacrificio ed alla rinuncia, giacché solo su tali presupposti è possibile costruire quella austerità di vita e di comportamento, che si rivela indispensabile perché il futuro ministero sia veramente incisivo e fruttuoso.


5. V'è infine, la preparazione intellettuale. L'applicazione allo studio - mezzo efficace di crescita e di perfezionamento personale - è, insieme con la pietà, il grande dovere quotidiano del seminarista, il suo lavoro professionale. Per gli alunni dei corsi filosofico-teologici, lo studio acquista una dimensione particolarmente ampia e profonda, perché deve porsi ormai come aiuto e arricchimento della vita di fede e come strumento indispensabile per il futuro ministero. E' necessario in particolare che la conoscenza dei movimenti di pensiero filosofico e della letteratura, la lettura degli avvenimenti della storia e della formazione culturale e sociale dei popoli, e tutta la formazione umanistica in generale possano dare al futuro pastore di anime quella capacità di interpretazione in chiave cristiana delle tappe salienti della civiltà umana, per essere veramente una guida spirituale per i contemporanei, specie per la gioventù.

Su tale base si deve inserire lo studio della teologia, in tutte le sue branche, che apre al seminarista la visione completa del piano divino di salvezza, e gli offre gli strumenti insostituibili della sua attività ministeriale e catechistica, a cui tende con tutte le forze.

La crescente importanza attribuita allo studio nella preparazione dei futuri sacerdoti è felicemente testimoniata dalla creazione nel vostro paese, in questi ultimi anni, di Istituti o Centri teologici affiliati ad una Facoltà di teologia. Ciò serve infatti ad elevare il livello degli studi filosofico-teologici, a consentire la possibilità di conseguire il grado accademico del baccellierato e a favorire una più stretta e proficua collaborazione tra il clero diocesano e il clero religioso. Desidero inoltre rilevare con compiacimento che i suddetti Istituti stanno assumendo anche la preziosa funzione di centri promotori dell'aggiornamento culturale dei sacerdoti, nell'importante iniziativa della "formazione permanente" che deve essere sostenuta e promossa con ogni sforzo.

In questo quadro va sottolineata la figura del Preside o Prefetto degli studi al quale, in particolare, spetta il compito di realizzare l'unità dell'insegnamento, coordinando le singole discipline; di curare che venga offerto un insegnamento completo della dottrina della Chiesa, in una visione eminentemente pastorale, secondo gli orientamenti del Vaticano II; di fare in modo che negli alunni sia creata la consapevolezza che quanto essi imparano in Seminario non esaurisce il loro impegno di studio, ma deve anzi stimolare in loro il desiderio di un aggiornamento continuo, come parimente ha richiesto il Concilio. Il tutto, è superfluo ricordarlo, deve essere svolto in un'atmosfera di fedele adesione al Magistero della Chiesa, testimoniata anche dal discernimento con cui si sanno orientare gli alunni verso Autori che, nelle loro opere, mostrano di ispirarvisi con lealtà.

Carissimi, dalle testimonianze che da più parti mi vengono, so che gli alunni dei nostri Seminari - dopo un periodo di assestamento, di ripensamento e di riflessione - sono oggi più desiderosi di raccoglimento, e cercano con molto impegno di approfondire i valori essenziali della fede e della preghiera. Essi si mostrano più ansiosi di verità e di certezze, e manifestano chiara l'esigenza di scelte impegnative e totali.

A voi, Rettori, Direttori spirituali, Docenti, il compito tanto arduo quanto indispensabile di rispondere alle nuove realtà che si sono create nei nostri Seminari: con una adeguata preparazione pedagogica, didattica, culturale; con un impegno educativo, che favorisca relazioni personali di dialogo, di ricerca e di verifica tra tutti i responsabili della formazione, e con gli alunni; con un'ampia apertura ai problemi della società; con una stretta collaborazione del Seminario con il presbiterio diocesano.

Sono certo che non mancherete ad un appuntamento tanto atteso, che non consente ritardi. E' un atto di fiducia che intendo fare nella vostra capacità, nella vostra volontà, nel vostro senso di responsabilità.

Con questi sentimenti imparto di cuore la mia benedizione apostolica a voi, ai vostri collaboratori ed a tutti i vostri seminaristi, ai quali vi prego di portare l'attestazione del mio affetto e l'assicurazione del costante ricordo nella preghiera.




1982-01-05 Data estesa: Martedi 5 Gennaio 1982




Ai Vescovi del Triveneto in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Mantenete salde le tradizioni cristiane pur nella rapidità delle trasformazioni sociali

Testo:

Signor Cardinale, venerati confratelli nell'Episcopato!


1. Questo nostro incontro, durante il periodo liturgico natalizio ed all'inizio del nuovo anno, acquista un particolare significato di profonda comunione spirituale tra le vostre persone, che rappresentano qui tutte le buone popolazioni della regione delle Tre Venezie, ed il successore di Pietro nella sede di Roma.

Voi siete qui, in visita "ad limina", come testimoni autentici di quella fede, che tutti ci unisce nel nome di Cristo, Figlio di Dio, incarnato da Maria Vergine, morto e risorto per la nostra salvezza; quella fede che, nel corso ormai di venti secoli, ha ispirato e orientato la vita della vostra regione, la quale, pur presentandosi oggi, per posizione geografica, per vicende storiche e per la situazione politico-amministrativa, come una certa composita realtà etnico-linguistica, trova nel cristianesimo la sua grande e preminente forza unitaria ai fini di una concorde convivenza e per una vera elevazione umana, sociale e spirituale.

A voi, zelanti Pastori, ed ai vostri fedeli tutti delle Tre Venezie, il mio sincero, cordiale ed affettuoso saluto!


2. La vostra Regione - universalmente nota per le molteplici bellezze naturali, per i numerosi tesori d'arte, per la bontà nativa e la serena gentilezza degli abitanti - ha ereditato un ricco patrimonio di ben radicata fede, di vigoroso e sano costume cristiano da una lunga tradizione, fecondata dalla santità di tanti uomini e donne, che nei secoli hanno dato una esemplare ed eroica testimonianza al messaggio del Vangelo: mi piace ricordare, in questo incontro, i santi Ermagora e Fortunato, fondatori della Chiesa di Aquileia; san Vigilio, vescovo di Trento; san Prosdocimo, operante soprattutto a Padova, san Tiziano e san Magno; san Zeno, vescovo di Verona; san Cromazio di Aquileia; sant'Eliodoro, vescovo di Altino; i santi Vittore e Corona di Feltre; san Liberale di Treviso; san Pietro, martire, di Verona; e, poi, san Lorenzo Giustiniani, primo Patriarca di Venezia; san Girolamo Emiliani, fondatore della Congregazione Somasca; san Gregorio Barbarigo, grande riformatore post-tridentino; san Lorenzo da Brindisi; san Gaetano Thiene, uno dei grandi realizzatori della riforma tridentina e fondatore dei Teatini; san Pio X; santa Maria Bertilla Boscardin; né posso dimenticare il più celebre e popolare santo, che ha operato nella vostra regione, anche se nato in Portogallo, sant'Antonio di Padova, di cui abbiamo celebrato solennemente lo scorso anno il 750° anniversario della morte.

A questa ricca - anche se incompleta - schiera di santi dobbiamo aggiungere alcune figure insigni del Laicato del movimento cattolico, tra la fine del secolo scorso e questo nostro secolo, i quali, in vari campi - dall'impegno apostolico, sociale, assistenziale a quello culturale - hanno dato prova di una fede schietta ed adamantina.

La fede profonda ed operosa della vostra regione si è manifestata inoltre in molteplici istituzioni ecclesiali, che hanno avuto origine e che tuttora sono operanti nella vostra terra, nonché in numerose opere di carattere sociale e assistenziale.


3. Questa meravigliosa tradizione di fede si fonda principalmente sulla sanità ed operosità della famiglia, sullo zelo fervente e dinamico di Vescovi e sacerdoti - che hanno curato per generazioni e generazioni la catechesi e la frequenza ai Sacramenti -, sulla validità della comunità parrocchiale, che è stata sempre fortemente sentita e vissuta come istituzione privilegiata ed insostituibile del contesto ecclesiale, e sull'associazionismo dei Laici; essa è un patrimonio prezioso, che in gran parte si è conservato, rinnovato ed accresciuto.

Senonché, il tumultuoso e rapido cambiamento di idee e di costume della società italiana e le successive profonde trasformazioni sociali ed economiche della regione, hanno interessato anche il sistema dei valori ed hanno avuto ripercussioni nelle Chiese particolari delle Tre Venezie. Nelle zone di concentrata industrializzazione si sono acuiti alcuni problemi di carattere sociale. In certe facoltà universitarie ed in alcune scuole statali sono stati seminati fermenti di contestazione e di eversione, anche se circoscritti a gruppi ristretti; il turismo di massa ha influito non poco sul cambiamento di costume e di mentalità, mentre il distacco tra le generazioni si è dilatato ed il dialogo è diventato piuttosto faticoso e difficile.


4. In questa situazione in continua trasformazione emergono - a quanto voi stessi mi avete riferito nei colloqui personali - alcuni problemi, particolarmente meritevoli di una speciale ed organica sollecitudine pastorale.

Anzitutto, il problema dei giovani: essi sono alla continua ricerca dei valori della vita e sentono imperiosa l'esigenza che tali valori siano motivati sia sul piano della ragione che su quello della fede.

Il trapasso di cultura si ripercuote in maniera preponderante sulla famiglia, tradizionalmente sana e salda. Cresce, è vero, il numero dei fidanzati e degli sposi, impegnati a scoprire la dimensione sacramentale del loro amore e a vivere una profonda spiritualità coniugale. D'altra parte pero si registra, purtroppo, una crescita dei matrimoni civili e delle convivenze di fatto.

La catechesi, che, per una lunga e lodevole tradizione, è stata oggetto di specifiche attenzioni da parte dei Vescovi e dei sacerdoti, registra una certa rarefazione nel mondo degli adolescenti, dei giovani e degli adulti. Occorrerà che i sacerdoti, i genitori, le religiose, i catechisti e le catechiste uniscano i loro sforzi per una catechesi continua, rinnovata, rivolta ed adattata alle varie categorie, servendosi anche degli strumenti e dei metodi moderni, e, in particolare, dei vari testi, preparati dalla Conferenza Episcopale Italiana.

A questo si aggiunga la crisi delle vocazioni, provocata da una visione secolarizzata della vita.

Il passaggio poi dalla economia rurale e montana a quella industrializzata ha reso più evidente in questi ultimi tempi il problema sociale e pastorale del mondo del lavoro.


5. Questo breve accenno ai problemi più urgenti, che si manifestano nella vostra Regione, vuole essere l'invito ad una riflessione comunitaria, che sia per voi tutti sprone ed incoraggiamento a continuare ad operare nel solco tracciato dalle tradizioni e dai valori cristiani, che ancora in gran parte riescono a permeare, ad animare e ad ispirare le zone delle Tre Venezie.


Il mio pensiero va ai


6.000 sacerdoti, ai quali voglio esprimere il mio apprezzamento per il lavoro quotidiano, instancabile, generoso, che compiono nei vari campi del loro ministero. In particolare desidero ricordare i tanti e tanti sacerdoti, che guidano le piccole parrocchie, specie di montagna, in mezzo a grandi difficoltà, talvolta nella più completa solitudine, ma che, nel nascondimento, continuano ad essere veramente luce e sale dei loro fedeli.

Che i sacerdoti delle Tre Venezie siano fieri e degni continuatori dei loro predecessori, i quali hanno lasciato esempi luminosi di dedizione, di spiritualità, di carità; curino la propria formazione permanente, la loro vita interiore, mediante la preghiera, la recita devota della "Liturgia delle Ore", il sacramento della Riconciliazione, la direzione spirituale, i ritiri, gli Esercizi spirituali, lo studio personale.


Il pensiero rivolto ai sacerdoti mi porta naturalmente a quello verso i Seminari minori e maggiori, che nel Triveneto hanno, da secoli, illustri ed esemplari tradizioni per quanto concerne la formazione spirituale e la preparazione culturale. Ai


1.130 alunni dei Seminari minori ed ai 480 di quelli maggiori il mio affettuoso augurio di serena e generosa perseveranza.


Nelle Chiese particolari - come nella Chiesa universale - è preziosissima l'opera apostolica dei religiosi e delle religiose, che nella vostra regione costituisce un dato veramente consolante. Ben



3.845 religiosi, appartenenti a 55 diverse Congregazioni e a 403 comunità, e

10.265 religiose, di cui 455 dedite alla vita contemplativa, svolgono svariate attività di carattere catechistico, assistenziale, culturale, dando un contributo insostituibile e concreto alla crescita spirituale del Popolo di Dio. Mentre auspico che, in piena concordia, si realizzi sempre più l'inserimento dei religiosi e delle religiose nella pastorale della Chiesa locale, manifesto a questi carissimi fratelli e sorelle il compiacimento della Chiesa tutta per il servizio che compiono per la genuina ed integrale promozione dell'uomo, ed altresi l'augurio che tanti altri giovani e ragazze seguano il loro esempio della totale donazione a Dio nella consacrazione religiosa.

Non meno importante ed efficace sarà l'opera del Laicato cattolico per affrontare insieme i sopra citati problemi pastorali di particolare urgenza. Ho appreso da voi, con viva soddisfazione, che al presente i Laici impegnati costituiscono una forza rilevante ed operante e che le associazioni, i movimenti, i gruppi ecclesiali sono molto numerosi, pieni di generoso entusiasmo e si dedicano con impegno nei vari settori della pastorale, quali la liturgia, la catechesi, l'educazione, la scuola, l'assistenza, il mondo del lavoro. La Chiesa può contare su di loro; sa che in essi ha degli efficaci, disinteressati collaboratori per la diffusione del Regno di Dio.


6. Carissimi confratelli nell'Episcopato! A conclusione delle vostre visite "ad limina", nel corso delle quali mi avete manifestato con grande apertura d'animo le gioie del vostro servizio episcopale, come pure le vostre vive preoccupazioni, desidero dirvi la mia compiacenza per l'opera instancabile da voi compiuta perché i fedeli delle vostre diocesi accolgano con letizia e vivano con coerenza il messaggio cristiano, in un continuo cammino di fede.

Nel ricordo del mio indimenticabile immediato predecessore, Giovanni Paolo I, Papa Luciani, degno figlio della vostra terra, affido oggi voi, le vostre Chiese particolari, i vostri fedeli alla Vergine santissima, la Madre di Dio, che nella vostra regione è venerata con intensa devozione in numerosi Santuari, centri di preghiera e di vita spirituale: quello di santa Maria della Salute a Venezia; di Monteberico a Vicenza; di Castelmonte a Udine; della Madonna Madre e Regina di Monte Grisa a Trieste; di Piné e delle Laste a Trento; di Pietralba e di Novacella a Bressanone; della Corona di Montebaldo a Verona; di Barbana a Gorizia; della Madonna del Pilastrello a Rovigo; di Pellestrina a Chioggia.

Segno di comunione e di affetto vuole essere la mia particolare benedizione apostolica, che imparto a voi, alle vostre diocesi e a tutta la diletta regione delle Tre Venezie.




1982-01-05 Data estesa: Martedi 5 Gennaio 1982




Al rito di ordinazione di 9 nuovi Vescovi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Aiutate l'uomo contemporaneo a riconoscere in sé l'epifania di Dio

Testo:


1. La Chiesa, che oggi celebra l'Epifania del Signore, invita voi, venerati e cari fratelli, a ricevere dalle mani del Vescovo di Roma la consacrazione episcopale.

Siete venuti per questo giorno da diversi paesi: dal Ciad, dalla Lituania, dalla Romania, dal Ghana, dagli Stati Uniti d'America, dal Brasile, da Malta e dalla Terra Santa. Voi rappresentate in qualche modo la Chiesa universale, ma siete anche l'espressione di alcune Chiese locali. Ebbene, la voce delle Chiese dalle quali provenite, afferma che voi siete degni dell'eredità del ministero apostolico.

Con gratitudine accogliamo questa voce. Prima di imporre su di voi le mani, trasmettendo a ciascuno di voi lo Spirito Santo, permettete che ancora brevemente io mediti sulla vostra nuova vocazione alla luce del mistero liturgico del giorno.


2. La prima Epifania di Dio è tutto il mondo creato, e l'uomo nel mondo. Dovete essere testimoni di questa epifania.

Fin dall'inizio, il mondo visibile parlava all'uomo del suo invisibile e incircoscritto Creatore. E ne parla anche oggi.

L'uomo contemporaneo sa incomparabilmente molto di più sul mondo che in qualsiasi tempo precedente. Ne ha approfondito incomparabilmente meglio i segreti, ed ha svelato le risorse che esso nasconde in sé.

Tuttavia, di pari passo con ciò, "le tenebre ricoprono la terra, nebbia fitta avvolge le nazioni" (Is 60,2), come proclama Isaia nella prima Lettura della Liturgia odierna.

Il mondo che non è l'epifania di Dio - il mondo che non parla all'uomo su Dio - non cessa di essere gigantesco, potente, ricco, ma contemporaneamente diventa minaccioso.

L'uomo abbraccia questo mondo col proprio pensiero, penetra i suoi segreti, strappa le sue risorse - e in pari tempo questo mondo conquistato dimostra all'uomo la sua propria caducità e distruttibilità: "Polvere tu sei e in polvere ritornerai" (Gn 3,19).

Voi, cari fratelli, ricevete oggi il sacramento dell'episcopato per diventare i testimoni dell'epifania di Dio nel mondo.


3. Ricevete lo Spirito Santo in questo sacramento, affinché, mediante il vostro ministero, l'uomo nel mondo riconosca in sé una particolare epifania di Dio.

Soprattutto, l'epifania divina viene proclamata dalla solennità odierna: "Abbiamo visto sorgere la sua stella e siamo venuti per adorarlo" (Mt 2,2).

Nella notte del Natale del Signore i pastori sui campi di Betlemme hanno visto la luce e sono venuti per adorarlo.

Oggi vengono i Magi dall'oriente. Li guida una stella. Vengono e adorano. Chi adorano? Il Bambino. L'uomo Neo-nato. L'uomo che è una particolare epifania di Dio.

Essi hanno compiuto un lungo viaggio per trovarsi in questo luogo, al quale li ha condotti la stella.

Nel Bambino nato a Betlemme hanno riconosciuto l'ultimo Dono che il Padre Eterno fa all'uomo. In questo Dono, l'uomo, nel mondo appare come una particolare epifania di Dio.

Lo era dall'inizio, creato a immagine e somiglianza di Dio. Egli sapeva che nessuna delle creature che lo circondavano nel mondo era a misura di lui.

Nessuna, in realtà, è simile a lui. Egli solo, l'uomo, ha avuto in sé, fin dall'inizio, quella particolare somiglianza con Dio. Fu la sua immagine.

Questa somiglianza egli ha offuscato in sé col peccato. Ha deformato l'immagine. Ma non l'ha distrutta.

Sulle orme di questa somiglianza l'uomo camminava verso il Messia. Ha seguito la stella dei suoi Divini destini, così come quei Magi venuti dall'oriente. E così si svolge ulteriormente la storia. Cristo è venuto, affinché l'uomo possa riconoscere in sé una particolare epifania di Dio.

Il vostro ministero episcopale, cari fratelli, deve aiutare in ciò l'uomo dei nostri tempi, tutti gli uomini ai quali siete mandati.


4. I Magi d'oriente "prostratisi lo adorarono..., aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra" (Mt 2,2).

I doni sono una risposta al Dono.

In Cristo, nato nella notte di Betlemme, i Magi d'oriente riconoscono quel definitivo Dono, che l'Eterno Padre fa all'uomo. E' il dono del Figlio: dono dell'Eterno Figlio; "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito..." (Jn 3,16).

Attraverso questo Dono, l'uomo riscopre e porta in sé l'epifania del Dio Vivente. L'Eterno Figlio ha dato agli uomini il "potere di diventare figli di Dio" (Jn 1,12). Ha dato questo potere come Fratello ai fratelli. Ha rivelato e continuamente rivela il Padre in coloro che il Padre "gli ha dato in eredità" (cfr. Jn 17,24).

L'uomo che porta in sé l'epifania del Dio Vivente, vive una nuova vita.

Egli sa che deve produrre frutti. Sa che al Dono deve rispondere con un dono.

Porta quindi oro, incenso e mirra.

In questo dono dell'uomo, che è una risposta al Dono dall'alto, è racchiuso il pieno significato della vita umana, e nello stesso tempo il preannunzio della chiamata alla gloria. In questa l'uomo e il mondo si riconfermano come l'epifania di Dio, che si estende oltre i limiti della temporalità e della distruttibilità.

Cari fratelli, che oggi ricevete la consacrazione episcopale, fate tutto ciò di cui siete capaci, affinché gli uomini, ai quali siete mandati, credano che essi sono epifania del Dio Vivente.

Fate tutto ciò che potete, perché essi rispondano con un dono al Dono: che portino oro, incenso e mirra.

Fate di tutto, perché il preannunzio della chiamata alla gloria cresca e si rafforzi nei cuori umani.


5. Il Vescovo di Roma - successore di san Pietro Apostolo - che compie oggi nei vostri confronti il ministero della consacrazione episcopale, implora oggi lo Spirito Santo: Spirito di Verità e Spirito di Amore, e lo chiede per voi insieme con tutta la Chiesa.




1982-01-06 Data estesa: Mercoledi 6 Gennaio 1982




Ad un gruppo di cattolici rumeni di rito orientale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Perseverate forti nella fede e vivete uniti nell'amore di Cristo

Testo:

Carissimi fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio.

E' con grande, grande gioia che ricevo la vostra visita, in questa festività dell'Epifania di nostro Signore, nella quale ho avuto il piacere di conferire l'ordinazione episcopale al vostro connazionale, Sua Eccellenza Monsignor Traian Crisan, nominato recentemente Segretario della Sacra Congregazione per le Cause dei Santi.

Questo incontro mi offre la gradita occasione di salutare cordialmente la comunità cattolica romena che si trova nell'Urbe e, tramite essa, anche quella che è in patria, e di esprimere a tutti i sentimenti di affetto e di sollecitudine che ho avuto sempre per essi nel mio cuore, e ancora più da quando la Provvidenza mi ha chiamato ad essere Vescovo di Roma e successore di Pietro.

Conosco bene, infatti, l'antica cultura e la ricca storia della nobile nazione romena. Mi sono note anche le benemerenze delle comunità cristiane in Romania, composte di gruppi di diversa origine, unite da un solo amore e da una grande lealtà per la loro patria. In particolar modo, voglio ricordare la Chiesa cattolica di rito orientale, alla quale il nuovo Arcivescovo appartiene e che ha avuto un ruolo tanto importante, da tutti riconosciuto, nella formazione e nell'educazione civica e spirituale dei figli del popolo romeno, così come nel risveglio e nello sviluppo della vostra coscienza nazionale.

Nell'arco della sua storia bimillenaria, la Chiesa cattolica si è arricchita delle culture, delle tradizioni, dei costumi di tutte le popolazioni che hanno accolto la Buona Novella. Per conseguenza, essa si è espressa e continua ad esprimersi anche in una diversità di riti, latino e orientali, pur nella salda base di una sola fede e dell'unica divina costituzione della Chiesa universale.

Questa realtà è stata messa in luce anche dal Concilio Vaticano II, il quale "non solo circonda di doverosa stima e di giusta lode il patrimonio ecclesiastico e spirituale delle Chiese Orientali, ma lo considera fermamente quale patrimonio di tutta la Chiesa", e pertanto desidera che esse "fioriscano e assolvano con nuovo vigore apostolico la missione loro affidata, oltre a quanto riguarda tutta la Chiesa..." (LG 23 OE 1 OE 5).


Tale unità nella diversità ha distinto anche la storia della Chiesa Cattolica che è in Romania. La Santa Sede ha seguito e segue con particolare sollecitudine, nella gioia e nelle molte e tristissime prove, la condizione della comunità cattolica di rito orientale, come quella di una porzione ecclesiale molto amata e a cui è molto vicina nel pensiero e nella preghiera.

Questa Sede Apostolica non cessa di sperare e di adoperarsi perché essa possa vivere, riconosciuta e tranquilla, com'è suo diritto nativo, ed anche in forza dei principi di libertà religiosa, garantiti nelle moderne Costituzioni e sanciti in documenti internazionali. Oltre agli inteventi in questo senso fatti dai Rappresentanti della Santa Sede in diverse occasioni - in particolare, nelle Riunioni di Belgrado (1977) e di Madrid (1980/81), tenute nel quadro della Conferenza sulla Sicurezza e a Cooperazione Europea di Helsinki - ricordo la Lettera che ho indirizzato, il 1° settembre 1980, a tutti i Capi di Stato dei paesi firmatari dell'Atto Finale della suddetta Conferenza di Helsinki. In questo documento, ho messo in risalto, con rispettosa ma doverosa chiarezza, l'esigenza che i diritti fondamentali della libertà religiosa, sul piano personale e comunitario, siano rispettati, garantiti e tutelati anche sul piano della legge civile. In particolare, ho sottolineato la necessità che sia riconosciuta la libertà di aderire a una fede determinata e alla comunità confessionale corrispondente, nonché la libertà, per le comunità confessionali, di avere una propria gerarchia interna, oppure ministri liberamente scelti, secondo le loro norme istituzionali.

Ho fiducia che questi principi trovino adesione e risonanza in tutti gli uomini di buona volontà, e particolarmente nelle varie comunità cristiane di Romania. E' una speranza che già fu espressa dal mio predecessore Paolo VI, il quale, nell'auspicare il superamento degli ostacoli frapposti alla vita e allo sviluppo della Chiesa cattolica orientale di Romania, si augurava che "anche i nostri fratelli di Romania, ai quali ci unisce la medesima fede cristiana, ma che ancora non sono in piena comunione con la Chiesa cattolica, condividano queste nostre ansie e sentano come propri i vostri e nostri desideri" (Discorso a sacerdoti romeni, 22 ottobre 1973: "Insegnamenti", XI [1973] 1016).

Voglio, quindi, esortare voi e tutti i vostri fratelli e sorelle cattolici romeni a perseverare forti nella fede e a vivere uniti nell'amore di Cristo. Non potete immaginare quanta consolazione provo al ricevere informazioni circa l'intrepida lealtà dei cattolici in Romania, senza distinzione di riti, verso la Sede di Pietro, e circa la fede viva e l'operosa carità di cui sono animati.

Affido le vostre preoccupazioni e le vostre speranze - per le mani di Maria santissima, venerata con tanto amore e fiducia dalla comunità ecclesiale romena - al Signore Onnipotente e Misericordioso, che "tutto fa tendere al bene di quelli che lo amano" (Rm 8,28), per il bene della Chiesa che è in Romania e di tutto il vostro diletto popolo.

Auguro, specialmente nella circostanza odierna, che il ministero episcopale di Monsignor Crisan sia fruttuoso per la Chiesa universale e per la Chiesa in Romania, specialmente per la sua Chiesa, la Chiesa orientale tanto vicina e cara al nostro cuore.

A tutti imparto volentieri la mia apostolica benedizione, invitando i Vescovi a condividere quella benedizione con me.




1982-01-06 Data estesa: Mercoledi 6 Gennaio 1982





GPII 1982 Insegnamenti - Ai responsabili della formazione sacerdotale dei giovani nei seminari maggiori d'Italia - Città del Vaticano (Roma)