GPII 1982 Insegnamenti - Il ritorno - Roma


1. La ringrazio vivamente, signor Presidente del Consiglio dei Ministri, per le cortesi espressioni di saluto rivoltemi, a nome anche del Presidente della Repubblica e del Governo Italiano, al mio ritorno in Italia, dopo il pellegrinaggio tra le care popolazioni della Nigeria, del Benin, del Gabon e della Guinea Equatoriale, e per le considerazioni con le quali ha voluto nobilmente commentarne alcuni dei più significativi aspetti.

Ringrazio in pari tempo i Membri del Sacro Collegio dei Cardinali qui presenti, come pure i Membri del Corpo Diplomatico, il Sindaco di Roma e tutte le altre autorità della Provincia e della Regione. Un grato pensiero esprimo egualmente ai rappresentanti della Stampa, della Radio e della Televisione per avermi seguito con la consueta solerzia in questi giorni, nonché ai dirigenti, ai piloti e a tutto il personale delle compagnie Alitalia, Linea Aerea della Guinea Equatoriale, della Nigeria e Air Gabon, le quali si sono prodigate per rendere i voli sicuri e confortevoli. Sono riconoscente in modo speciale a quanti mi hanno accompagnato con le loro preghiere per ottenere dal Signore buon esito a questo mio secondo viaggio missionario in terra africana.


2. Conservo nel mio cuore un grande ricordo di questo breve ma emozionante e intenso soggiorno in quei Paesi ricchi di bellezze naturali, di antiche tradizioni culturali, ma soprattutto di vivaci impulsi destinati a favorirne un sempre maggiore sviluppo spirituale, sociale ed economico. Sono riconoscente alle autorità civili e ai miei fratelli nell'Episcopato per la cordiale accoglienza e premurosa attenzione dedicata alla mia persona e per la buona organizzazione che hanno saputo assicurare durante le varie manifestazioni religiose.

Il mio grato pensiero va altresi alle Comunità musulmane, alle quali ho tenuto a manifestare i miei sentimenti di amicizia e la disponibilità della Chiesa Cattolica a un dialogo rispettoso e leale; agli Esponenti delle Chiese separate che ho trovati generosamente impegnati nella ricerca delle vie atte a condurre alla piena unità nell'unica Chiesa di Cristo.


3. Gli oltre quattordicimila chilometri, percorsi in questi giorni, mi hanno permesso di prendere diretta conoscenza della realtà umana e cristiana dei Paesi visitati nelle città di Lagos, Enugu, Onitsha, Kaduna, Ibadan, Cotonou, Libreville, Malabo e Bata: delle difficoltà in cui tuttora i rispettivi paesi si dibattono, ma anche della forte volontà di quei popoli, di costruire un domani migliore mediante un generoso sforzo a livello nazionale e la cooperazione internazionale. Ho potuto ancora una volta costatare con vivo compiacimento come il fondamento, o rneglio il cemento unificatore delle popolazioni africane, anche di quelle non ancora raggiunte dalla voce del Vangelo, siano una visione spirituale della vita, l'idea della Divinità come causa prima di tutte le cose, il bisogno di rispetto della dignità dell'uomo e il senso della famiglia. Ma quello che ancor più mi ha confortato è stato il notare come proprio il fermento evangelico riesca sempre più a vivificare i valori della tradizione africana e ad assicurare al tempo stesso lo sviluppo, il rinnovamento e il perfezionamento. Di ciò molto si deve all'opera, eroica spesso, dei missionari che hanno generosamente lavorato nello spargere il seme del Regno di Dio - e che tuttora portano un prezioso servizio nelle Chiese locali - ma non poco merito va riconosciuto anche alla pronta corrispondenza dell'anima africana, quanto mai aperta al suo germogliare e fruttificare.


4. Il viaggio apostolico, come del resto quelli che lo hanno preceduto, ha inteso spargere ulteriormente questo seme divino, in un momento tanto significativo per la storia religiosa e civile di quei Paesi. Vi sono andato per proclamare il Vangelo di Gesù Cristo; per celebrare nella gioia con quei fedeli la comunione nella Chiesa cattolica; per rendere testimonianza a quella luce che all'uomo fa scoprire Dio e se stesso; il suo destino eterno di ciò che rende umana, e degna di essere vissuta, la sua vita terrena: nel rispetto dei suoi diritti inalienabili, nella giustizia, nella libertà, nella pace. E nell'amore.

Sono convinto infatti che alla luce del Vangelo, non soltanto i problemi spirituali, ma anche quelli sociali che assillano i popoli possono trovare la necessaria soluzione.

Attraverso la comunione della potenza del Vangelo di Cristo le Chiese locali devono costantemente rafforzarsi e diventare sempre più comunità di fede, nelle quali e grazie alle quali i poveri e i sofferenti, gli oppressi e le vittime della prepotenza, i rifugiati trovino amore fraterno, solidarietà e sostegno.


5. Il Signore Gesù fecondi queste intenzioni e questi voti e continui ad assistere e proteggere le dilette popolazioni che ho avuto la gioia di visitare, come pure quelle dell'intero Continente Africano, premuto da tanti problemi, ma insieme così ricco di promesse e di speranze per il futuro.

Per loro, per voi qui presenti, come pure per tutto il popolo italiano invoco copiosi doni di prosperità e di pace, in pegno dei quali, nel rinnovare il mio ringraziamento a tutti voi, imparto di cuore la mia benedizione.




1982-02-19 Data estesa: Venerdi 19 Febbraio 1982




Ai partecipanti ad un congresso internazionale

Titolo: Una società fondata sulla vera giustizia è la migliore risposta al terrorismo

Testo:

Signore, Signori.

Desidero rivolgere il benvenuto a tutti voi, membri e rappresentanti della "Unione Mondiale Democratica Cristiana": voi che avete responsabilità politiche nei governi e nei parlamenti delle vostre rispettive Nazioni; voi che, in modi diversi, rappresentate il vostro Paese nei consigli internazionali e continentali; voi tutti che avete accettato e continuate ad accettare di partecipare attivamente all'azione politica nel quadro della democrazia ed ispirandovi ai principi cristiani.


1. Desidero innanzitutto esprimervi la mia stima e il mio incoraggiamento per le responsabilità che vi assumete. Il vostro compito non è quello di contribuire a costruire, a livello di strumenti giuridici o di decisioni politiche, un ordine di giustizia tra gli uomini e le donne all'interno della società che voi avete liberamente scelto per questo o che voi volete servire a questo scopo, ed anche tra gli Stati che costituiscono insieme la comunità delle nazioni? La protezione della vita di ciascun cittadino, della sua dignità, dei suoi diritti inviolabili, come pure la ricerca del bene comune della società, sono le due pietre angolari per un degno esercizio del potere. La democrazia esige che esso sia esercitato "con la partecipazione morale della società e del popolo" (RH 17), nell'interesse di tutti i cittadini e nel rispetto delle libertà fondamentali. Allo stesso modo è doveroso che esso si ispiri ad uno spirito cristiano, con una profonda sollecitudine per il bene comune, e cerchi di elaborare leggi giuste, che stabiliscano cioè rapporti più equi tra i cittadini, ma che incoraggino anche i valori umani e garantiscano le esigenze eque dell'ordine morale. Tutto questo richiede lungimiranza, competenza, onestà, disinteresse e coraggio. Ciò esprime la grandezza del vostro impegno.


2. Ma non voglio dilungarmi troppo oggi su questo tema, perché il mio pensiero va al tema tanto attuale che tratta la conferenza internazionale che vi riunisce in questi giorni: "Il terrorismo, la violenza politica, e la difesa della democrazia e dei diritti umani".

Noi sentiamo in effetti questa esigenza di responsabilità in modo particolarmente acuto quando dobbiamo affrontare l'insensato fenomeno del terrorismo entro uno Stato o al di là delle frontiere di uno Stato. Il terrorismo è l'antitesi di tutto ciò che voi vi sforzate di promuovere in quanto democratici e in quanto cristiani. Il terrorismo è l'opposto della legge e della ragione. Il terrorismo cerca di mutilare e di distruggere le persone e la società con atti che sono fondamentalmente atti di violazione: violazione dei valori umani garantiti dalla legge così come violazione della dignità e della vita umana (cfr. "Discorso all'Unione "Giuristi Cattolici Italiani"", 6 dicembre 1980: "Insegnamenti", III, 2 [1980] 1596ss).


3. Ma innanzitutto che cosa genera l'estensione del terrorismo di oggi, il suo impatto, il suo carattere tanto pericoloso ed inquietante? Non mancano sicuramente analisi del fenomeno e non posso ora riprenderle in modo esaustivo. Tutto il mondo costata in primo luogo che i terroristi possono disporre oggi di armi temibili che essi si procurano in modo fin troppo facile. Questo favorisce la loro opera distruttrice ma non basta certamente a spiegare le ragioni del fenomeno né la sua acutezza.

Vi è soprattutto da notare il fatto che il terrorismo è potuto divenire una efficace arma psicologica, grazie alla ripercussione immediata e universale su cui possono contare, dovuta ai mass-media, i quali si fanno un dovere di segnalare la notizia.

Più profondamente, resterebbe da spiegare la ragione per cui degli esseri umani come noi debbano ricorrere a mezzi tanto deplorevoli. Da sempre nel cuore dell'uomo vi sono latenti pulsioni alla violenza, insieme a impulsi alla pace e all'amore; senza dubbio le prime sono le più sollecitate al giorno d'oggi.

Sarà la recrudescenza delle ingiustizie o la loro presa di coscienza a suscitare reazioni tanto violente? Ma come può la causa invocata giustificare il metodo? C'è soprattutto la diffusione sempre più frequente di ideologie di violenza, di lotta astiosa, che deformano la coscienza al punto da togliere ogni scrupolo a coloro che ordinano o compiono questi atti barbari, anzi, che arrivano a giustificarli, a gloriarsene come di un dovere o di una buona azione. Il male è radicato profondamente nella mente e nel cuore dell'uomo.

Vi è infine la complicità di tutta una rete internazionale del terrorismo, che trova appoggi e incitamenti nascosti presso questa o quella potenza.

Esistono diversi tipi di terroristi. Alcuni invocano la giustizia di una causa che non arriva a farsi capire come dovrebbe attraverso mezzi pacifici, o di diritti di popoli che sono stati gravemente lesi nel passato o nel presente, e prendono come bersaglio persone o istituzioni simboliche, spesso fuori del loro paese. Altri vogliono apertamente creare il panico per distruggere le fondamenta della società del loro paese che giudicano ingiusta e decadente, ma senza alcun riguardo per le istituzioni democratiche esistenti e senza alcun spirito costruttivo.



4. Dopo l'analisi sommaria di queste radici, cause o pretesti, è venuto il momento di giungere all'apprezzamento etico del comportamento terrorista. Quali che siano le radici dell'azione terrorista, quali che siano i tentativi di giustificazione, non possiamo che ripetere ancora e sempre: il terrorismo non è giustificato in una società civile. E' un ritorno contrabbandato alla barbarie, all'anarchia. E' sempre una manifestazione di odio, di confusione ideologica, con l'intenzione di seminare l'incertezza, la paura, nella vita nazionale e internazionale (cfr. "Discorso alla Curia Romana", 12; 22 dicembre 1981: "Insegnamenti", IV, 2 [1981]


1222s). Vuole giustificare il suo fine - e talvolta un fine miserabile - con mezzi indegni dell'uomo. Se la prende con beni e un patrimonio prezioso, senza alcun riguardo con i diritti che legittimamente hanno su di essi le persone o la società. Soprattutto - e questo non può essere ammesso sotto alcun pretesto - se la prende vilmente, sotto forma di rapimenti, di tortura o di assassinio, con la libertà e la vita umana di innocenti senza difesa, che non hanno a che vedere con la causa invocata o che sono semplicemente simboli di una responsabilità o di un potere che essi contestano.


5. Quando pensiamo al numero di persone innocenti, Capi di stato, uomini politici, poliziotti, industriali, leader sindacali o personalità religiose, che hanno collaborato alla società secondo le loro responsabilità e che sono state vittime del terrorismo, siano per lo meno scossi dallo stupore per questi crimini. Quando vediamo come l'edificio della società, così pazientemente costruito, conservato con tanto zelo da onesti cittadini e governanti responsabili, può essere saccheggiato e distrutto, abbiamo allora veramente ragione di allarmarci. Quando consideriamo il fatto che questi atti terroristici non sono limitati a un solo paese, ma che sembrano il frutto di una rete insidiosa con intrighi e scopi internazionali, allora dobbiamo accogliere arditamente la sfida e, in nome di tutti i popoli, unirci per vincere le forze dell'odio e del male e fare in modo che esse non prendano il posto della giustizia, i pazienti cammini del negoziato ragionevole e la ricerca difficile della democrazia siano rimpiazzati da un sistema di regolamenti, di compiti arbitrari che si avvicina a quello della giungla.

La violenza non genera che violenza. In ultima analisi, il terrorismo si distruggerà con le sue mani, perché nel suo odio cieco ed insensato, porta i germi della propria distruzione. Noi dobbiamo pero accelerare la sua disfatta e la conversione dei suoi adepti collaborando tutti, ciascuno al suo proprio livello di responsabilità.


6. Non è infatti sufficiente costatare e piangere. Bisogna assumersi la sfida.

Bisogna agire, agire efficacemente. Bisogna portare a questo male che mina le nostre società un rimedio adeguato, e questo a molteplici livelli.

A livello internazionale, bisogna far progredire la solidarietà fra gli Stati affinché sia unanimemente smascherato, denunciato, condannato ogni atto di terrorismo, quali che siano i pretesti invocati. E' un metodo selvaggio, inumano da bandire assolutamente. E lo stato che incoraggia un tale metodo e si fa complice dei suoi istigatori non ha più la possibilità di parlare di giustizia di fronte al mondo.

A livello di ciascuna società, bisogna apportare dei rimedi corrispondenti ad un'analisi lucida delle cause del terrorismo. Certo, bisogna più che mai - grazie a leggi, decreti, misure di sicurezza appropriate che sono in parte di vostra competenza - proteggere la vita e i diritti degli individui innocenti, così come i diritti legittimi delle istituzioni democratiche, e dunque di prevenire e mettere in condizione di non nuocere coloro che si sono prefissi di non rispettarli. Ma, tenendo conto delle sovversioni che vengono dall'estero, bisogna domandarsi perché il terrorismo continua a raccogliere tanti adepti tra gli uomini e le donne di questa generazione. Bisogna prestare attenzione ai diritti che sono stati lesi, per stabilire o ristabilire dei rapporti paritari tra i diversi componenti della società, per compiere un onesto servizio verso tutti i gruppi, e in particolare presso coloro che detengono il potere, che vogliono assumere o mantenere delle responsabilità politiche. Così potremo togliere ai terroristi alcuni simpatizzanti.

E allo stesso tempo, mantenendo una sana libertà di opinione, bisogna creare un clima tale affinché gli educatori, i professori, i pubblicisti cessino di attizzare l'odio, di presentare la violenza come un rimedio, di disprezzare i diritti degli altri, di lasciare credere che solo una distruzione radicale della società possa permettere di ritrovare una società più umana. I terroristi di oggi non sono in parte il frutto di una certa educazione? Bisogna suscitare educatori che insegnino a costruire giorno dopo giorno, con mezzi pacifici e secondo un'autentica responsabilità, una società più giusta.

Si, in definitiva la migliore risposta alla violenza politica è sempre e in ogni luogo un tipo di società in cui le leggi siano giuste, in cui il governo faccia di tutto per soddisfare i legittimi bisogni della popolazione e in cui i cittadini possano, nella sicurezza e nella pace, vivere insieme e costruire il proprio avvenire e quello dei loro compatrioti.


7. Una tale società richiede sicuramente una grande onestà a tutti i livelli come ho già accennato.

Da parte dei dirigenti, innanzitutto. Perché, senza questa probità di carattere presso i leader politici, ogni atto di governo diviene rapidamente sospetto e deteriora l'atmosfera sociale. Bisogna sottolinearlo: questa onestà, questa lealtà, questo disinteresse concerne non solamente i governanti ma allo stesso modo i parlamentari, i funzionari delle diverse istituzioni, e anche, ad un titolo particolare, le persone impegnate nel campo della informazione a tutti i livelli. I cittadini hanno diritto, infatti, all'onestà dei loro responsabili; hanno diritto alla verità, ad una verità esente da manipolazioni e alterazioni. Le menzogne, le insinuazioni tendenziose, le affermazioni errate lacerano la società e preparano il terreno, direttamente o indirettamente, all'azione insensata dei terroristi.


8. Questa opera capitale e permanente di risanamento e di messa a punto delle sfere dirigenti di ogni nazione al servizio del popolo, malgrado le incomprensioni, le critiche o le violenze ingiustificate, comporta grandi esigenze di tenacia e sangue freddo, che sono ammirabili e potrebbero anche scoraggiare coloro che vi consacrano generosamente i loro talenti, la loro vita. Noi lo sappiamo, la parola "scoraggiamento" non è degna dell'uomo, e ancor meno del cristiano. Nei giorni che hanno seguito il 13 maggio e nel corso della mia lunga convalescenza, ho molto meditato sul mistero del male, della sua espansione alle volte così contagiosa, ma ugualmente - e il numero incalcolabile di testimonianze di simpatia che ho ricevuto mi hanno aiutato - sul mistero ancora più strepitoso della solidarietà degli uomini nel bene, nella costruzione e ricostruzione di una società e di una civiltà fondata sull'amore e la condivisione. E la frase ben formulata dell'apostolo Paolo mi torna molto spesso alla memoria: "Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male col bene" (Rm 12,21).

Cari amici, vorrei che ritorniate dal vostro congresso romano e da questo incontro con convinzioni ed energie rinnovate. Se tutti coloro che portano il peso delle responsabilità ai diversi livelli della vita di ciascuna nazione o della vita internazionale sono d'accordo alla fine a darsi la mano per costituire una catena di solidarietà volta a far sparire la spaventevole piaga del terrorismo e a prevenire ogni causa che la faccia rinascere, allora possiamo credere all'avvenire del mondo e alla costituzione di una civiltà veramente umana. E poiché io mi indirizzo a dei cristiani, invoco, per voi e con voi, la luce e la forza di Dio per andare avanti coraggiosamente e serenamente sulle vie di ciò che si può autenticamente chiamare pace, libertà, responsabilità, democrazia, giustizia, e di cuore vi benedico.




1982-02-19 Data estesa: Venerdi 19 Febbraio 1982




La recita dell'"Angelus" - Castelgandolfo (Roma)

TitoloGIOVANNI PAOLO II parteciperà in Spagna alle celebrazioni per santa Teresa di Gesù

Testo:


1. In questa preghiera dell'"Angelus", che recito insieme con voi, cari fratelli e sorelle, riuniti qui a Castel Gandolfo o presenti in Piazza san Pietro e con noi collegati per il tramite della Radio e della Televisione, desidero prima di tutto rendere grazie a Dio per la sua grazia e la sua benedizione dimostratemi lungo il percorso della recente visita nel Continente africano.

Nigeria, Benin, Gabon, Guinea Equatoriale: ecco le varie tappe del mio viaggio, che sono anche, di conseguenza, le tappe del mio servizio di Vescovo di Roma nei confronti delle singole Chiese e società.

In una prossima occasione cerchero di dedicare un po' più di tempo e di attenzione sia all'insieme sia ai singoli momenti di tale visita.

Oggi, mentre ringrazio la Divina Provvidenza, desidero contemporaneamente ringraziare - oltre ai fratelli nell'Episcopato - le Autorità dei singoli Paesi, della cui ospitalità mi è stato dato di godere durante questi giorni. Desidero pure ringraziare nel modo più caloroso tutti coloro che, in qualsiasi maniera, hanno partecipato ai preparativi e all'attuazione di questa storica visita.


2. In questo momento mi rivolgo anche col pensiero e col cuore all'antichissima e benemerita Chiesa della vicina Penisola Iberica. Le visite "ad limina Apostolorum" dei Vescovi spagnoli erano programmate per l'anno scorso, così come era stato canonicamente prestabilito. Tuttavia un ritardo causato dall'avvenimento del 13 maggio ha fatto si che una notevole parte di queste visite si sia svolta solo nelle prime settimane dell'anno corrente.

Finora mi è stato dato di incontrarmi con i Vescovi delle province di Santiago, di Siviglia e di Granada, di Saragozza, di Oviedo e Valladolid, di Tarragona, oltre agli Arcivescovi di Madrid e di Barcellona.

Nei prossimi giorni aspetto ancora gli altri rappresentanti di questo grande Episcopato e cioè i Vescovi delle province di Toledo, Burgos e Pamplona e di Valenza.

Ringraziando già oggi per queste visite, desidero rilevare il particolare legame che la Chiesa di Roma e il suo Vescovo hanno sentito sempre e sentono continuamente nei confronti della Chiesa della grande Nazione spagnola.

Infatti gli inizi della Chiesa in Spagna, così come a Roma, risalgono ai tempi apostolici. Ed il cristianesimo spagnolo ha dato al comune tesoro della Chiesa universale un particolare contributo di fede e di dottrina, di amore e di sacrificio fino al versamento del sangue per Cristo nel martirio, contributo di speranza e di grande zelo missionario.

Infatti proprio a questa Chiesa dobbiamo tanti grandi santi, iniziando dal Papa san Damaso e dai santi Isidoro e Leandro per arrivare a Domenico di Guzman e san Giovanni d'Avila, san Giovanni della Croce e santa Teresa di Gesù, sant'Ignazio di Loyola e san Francesco Saverio, per ricordare soltanto i nomi più largamente conosciuti.

Il Vescovo di Roma dà il bacio della pace ai suoi fratelli Vescovi della Chiesa nella Spagna attuale e saluta tutto il popolo di Dio nell'anno caratterizzato da questo centenario della morte della Grande santa Teresa di Gesù.

ln questa occasione esprimo la fiducia che - se piacerà alla Provvidenza - partecipero personalmente a questo Centenario recandomi nel prossimo ottobre in Spagna.


3. Dopo la solenne commemorazione della Cattedra di san Pietro nella liturgia di domani, il prossimo mercoledi è il Mercoledi delle Ceneri, che ci porta l'inizio della Quaresima.

Andiamo con cuore aperto incontro a questo grande periodo, nel quale devono rivivere i misteri più profondi della nostra fede e le anime devono rinnovarsi con la potenza che scaturisce dalla santa Pasqua del Signore nostro Gesù Cristo. Sin dal primo giorno di questo periodo preghiamo reciprocamente gli uni per gli altri e insieme per tutti gli uomini con le parole del Salmista: "Crea in me o Dio un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo" (Ps 51,12).

Alle suore Figlie della Carità di san Vincenzo de Paoli, della provincia di Napoli.

Rivolgo un cordiale saluto alle religiose Figlie della Carità della provincia di Napoli, le quali hanno voluto concludere il Corso di Esercizi Spirituali, partecipando con noi alla preghiera dell'"Angelus".

Carissime suore, nell'esprimere l'augurio che i doni di luce e di fervore, ricevuti durante questi giorni di riflessione e di preghiera, possano fruttificare in rinnovato impegno di corrispondenza alla chiamata dello Sposo divino, imparto a ciascuna, quale pegno di speciale benevolenza, la propiziatrice benedizione apostolica.


[Omissis, ai fedeli dell'America Latina, pronunciato in lingua spagnola]




1982-02-21 Data estesa: Domenica 21 Febbraio 1982




A un gruppo di Vescovi amici del Movimento dei Focolari - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Azione pastorale dei Vescovi e dimensione cattolica del loro ministero

Testo:

Venerabili fratelli nell'Episcopato!



1. "Ove sono due tre sono uniti nel mio nome, là io sono in mezzo a loro" (Mt 18,20). Mossi dal desiderio di sperimentare più a fondo la verità di questa preziosa parola di Cristo, voi siete convenuti, da vicino e da lontano, nel "Centro Mariapoli" di Rocca di Papa, ove, facendo vita comune, avete passato una settimana di riflessione e di preghiera nel contesto della spiritualità dell'"Opus Mariae".

Mentre il Papa viveva un'intensa e consolante esperienza di comunione con alcune giovani Chiese nel Continente africano, celebrando con esse il mistero dell'unità che pulsa nel grande Organismo della Chiesa universale, voi celebravate questo stesso mistero nella carità di una riunione fraterna, che vi ha consentito di parteciparvi reciprocamente, sotto gli occhi di Maria, ansie, progetti, prospettive, fiduciose speranze.

Nel fare ciò, voi non vi siete nutriti soltanto del patrimonio di una spiritualità che vi è particolarmente cara, ma avete altresi posto in atto una dimensione caratteristica della vostra realtà ontologica di Vescovi. Come, infatti, ogni cristiano è, per sua natura, con-discepolo di Cristo, così ogni sacerdote è con-sacerdote ed ogni Vescovo è, per definizione, con-Vescovo. Un vincolo di autentica fraternità lega fra loro i Vescovi non solo di una stessa provincia o della medesima nazione, ma dell'intera Chiesa cattolica. Al di là della vicinanza spirituale che può essere indotta dalla formazione avuta, dall'amicizia, dal genere di lavoro, sta infatti il dato sacramentale dell'inserimento nel Corpo Episcopale universale, che Cristo ha voluto come "collegium" (cfr. LG 22; CD 4). Il Vescovo pertanto, è chiamato a far sue spiritualmente - ed a volte anche praticamente - le preoccupazioni dei Vescovi di altre Chiese locali e della stessa Chiesa universale, prendendo su di sé, come l'Apostolo, la "sollicitudo omnium ecclesiarum" (2Co 11,28) e contribuendo in tal modo al progresso del Regno di Dio nel mondo (cfr. LG 23; CD 3 CD 6 CD 7).


2. Questo impegno ad integrare la vostra missione, giuridicamente circoscritta ad una diocesi, mediante una simile corresponsabilità aperta, non vi porterà affatto a trascurare il gregge che vi è stato affidato né il compito a cui siete direttamente deputati. Un'azione pastorale, che sia costantemente consapevole della dimensione "cattolica" del ministero episcopale, ha in sé maggiori garanzie di essere pienamente in sintonia con Cristo nel costruire ciò che fu il suo supremo anelito nell'ora della Passione: "che tutti siano una cosa sola" (Jn 17,21). "Una cosa sola" i sacerdoti tra di loro e con i fedeli; "una cosa sola" le associazioni ed i movimenti all'interno della parrocchia e della diocesi; "una cosa sola" le diverse Chiese locali sparse nel mondo.

L'ansia dell'unità vi porterà, altresi, a farvi carico con sempre rinnovato slancio del problema ecumenico, spingendovi a tentare ogni utile iniziativa, per affrettare il momento in cui, secondo la parola di Cristo, si farà "un solo gregge ed un solo pastore" (Jn 10,16).

D'altra parte, l'aver in voi ravvivato la consapevolezza del peso che grava sulle spalle degli altri Vescovi, vi aiuterà a portare con maggiore serenità il vostro fardello. Ed ancora: l'aver fatto una più diretta esperienza della spiritualità di discepoli e di pastori, che anima tanti vostri fratelli nell'Episcopato, vi stimolerà ad approfondire e ad arricchire di sempre maggiore generosità la vostra personale risposta a Colui che vi ha chiamati "amici", introducendovi alla conoscenza dei segreti a lui confidati dal Padre (cfr. Jn 15,15).


3. Se dei Vescovi riflettono, come voi avete fatto, sulla loro reciproca unità, nel contesto della universale comunione ecclesiastica, non possono non essere coerentemente condotti a rapportarsi al ministero di Pietro. Vi sono grato, fratelli, per la cordiale disponibilità con cui, oltre ad aver approfondito nello studio le esigenze della vostra unione col successore di Pietro, voi vi siete impegnati a riconoscerle e ad attuarle concretamente nella vita.

Il Vescovo di Roma è il vostro primo con-vescovo. Egli conta su di voi ed è vicino a ciascuno di voi.

Così uniti ci vuole lo Spirito Santo, mentre siamo in attesa dei suoi doni di luce e di sapienza, circondati - come allora lo erano i Dodici in mezzo ai centoventi - dai nostri fratelli. E, come allora, abbiamo in mezzo a noi Maria, Madre di Cristo e Madre della Chiesa, alla quale è affidato anche il ministero di Pietro. "Regina Apostolorum, Mater unitatis, ora pro nobis"!




1982-02-21 Data estesa: Domenica 21 Febbraio 1982




Ad un anno dal pellegrinaggio apostolico - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Udienza ad un gruppo di fedeli giapponesi

Testo:

Dilettissimi pellegrini giapponesi guidati dall'Arcivescovo Shirayanagi, siete venuti fin qui a Roma per ricambiare la mia visita fatta in Giappone. Ve ne ringrazio sentitamente. Sono molto lieto di aver potuto visitare personalmente la Chiesa cattolica giapponese, la quale benché sia numericamente piccola, spiritualmente è molto ricca: sappiate mantenere sempre questa ricchezza sotto la protezione della Madre di Dio Maria santissima.

La Quaresima è imminente, sappiamola vivere bene affinché noi possiamo poi celebrare degnamente la Risurrezione del Signore Gesù.

Voi ora tornate in patria. Portate tanti cari saluti a tutti i giapponesi, dite loro che il Papa per mezzo vostro li benedice tutti ed ognuno con la sua apostolica benedizione. Dite pure loro che il Papa li ringrazia profondamente per le preghiere fatte per lui.

Vi ripeto di nuovo, alla fine, il mio grazie.




1982-02-23 Data estesa: Martedi 23 Febbraio 1982




Messaggio per la quaresima

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle.

"Chi è il mio prossimo?" (Lc 10,29).

Ricordate? E' con la parabola del Buon Samaritano che Gesù risponde alla domanda di un dottore della Legge, subito dopo che questi ha citato quanto recita la Legge: "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso".

Il Buon Samaritano è il Cristo; è lui che per primo si è avvicinato a noi facendo di noi il suo prossimo, per soccorrerci, guarirci e salvarci: "...spoglio se stesso, assumendo la condizione di servo e diventando simile agli uomini; apparso in forma umana, umilio se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce" (Ph 2,7-8).

Ma se c'è ancora qualche distanza tra Dio e noi, ciò non dipende che da noi, dagli ostacoli che frapponiamo a questo avvicinamento. Il peccato che è nel nostro cuore, le ingiustizie che commettiamo, l'odio e le divisioni che alimentiamo: tutto ciò ci porta a non amare ancora Dio con tutta la nostra anima, con tutta la nostra forza. Il tempo quaresimale è il tempo privilegiato della purificazione e della penitenza per permettere al Signore di farci Prossimo suo e di salvarci col suo Amore.

Il secondo Comandamento è simile al primo (cfr. Mt 22,39) e forma un tutt'uno con esso. Noi dobbiamo amare gli altri con lo stesso Amore che Dio riversa nei nostri cuori e col quale egli stesso li ama. Anche qui, quanti ostacoli per fare dell'altro il nostro prossimo: non amiamo abbastanza Dio e i nostri fratelli.

Perché ancora tante difficoltà ad abbandonare lo stadio, importante ma insufficiente, della riflessione delle dichiarazioni e delle professioni per farci emigranti con gli emigranti, rifugiati coi rifugiati, poveri con quanti sono sprovvisti di tutto? Il tempo quaresimale è dato a noi come Chiesa e tramite la Chiesa, per purificarci dai residui di egoismo, di eccessivo attaccamento ai beni, materiali od altri, che ci tengono distanti da quanti hanno diritti su di noi: principalmente quelli che, fisicamente vicini o lontani da noi, non hanno possibilità di vivere con dignità la loro vita di uomini e di donne, creati ad immagine e somiglianza di Dio.

Lasciatevi dunque permeare dallo spirito di penitenza e di conversione, che è spirito d'amore e di condivisione; ad imitazione del Cristo, fatevi vicini ai poveri, ai feriti ed a quelli che il mondo respinge. Partecipate a tutto quanto si realizza nella vostra Chiesa locale affinché i cristiani e tutti gli uomini di buona volontà procurino a ciascuno dei loro fratelli i mezzi, anche quelli materiali, di vivere degnamente, di assumere in proprio la loro promozione umana e spirituale e quella delle loro famiglie.

Le collette quaresimali - e ciò vale anche per i paesi poveri - vi diano modo di aiutare, attraverso la condivisione, le Chiese locali dei paesi ancora più poveri a compiere la loro missione di Buoni Samaritani verso coloro di cui esse sono direttamente responsabili: i poveri, gli affamati, le vittime dell'ingiustizia e quanti non possono ancora essere i responsabili dello sviluppo proprio e delle loro Comunità umane. Penitenza, conversione: questo è il cammino, non triste ma liberatore, del nostro tempo di Quaresima.

E se vi ponete ancora la domanda: "Chi è il mio prossimo?", leggerete la risposta sul volto del Cristo e l'ascolterete dalle sue labbra: "In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25,40).


GIOVANNI PAOLO PP. II




1982-02-24 Data estesa: Mercoledi 24 Febbraio 1982





GPII 1982 Insegnamenti - Il ritorno - Roma