GPII 1982 Insegnamenti - Il saluto ai giovani e a un pellegrinaggio dalla Maremma - Città del Vaticano (Roma)

Il saluto ai giovani e a un pellegrinaggio dalla Maremma - Città del Vaticano (Roma)



Carissimi giovani! La vostra presenza a questa Udienza riempie il mio cuore di profonda letizia, perché, con il vostro entusiasmo, date a tutti, ed alla Chiesa in modo particolare, la serena certezza di poter contare su di voi, sul vostro impegno, sulla vostra preparazione per proclamare il messaggio cristiano.

Ciò assume una importanza speciale ed un significato tipico in questo periodo liturgico di Quaresima, nel quale il Popolo di Dio si prepara alla celebrazione annuale del "Mistero pasquale", cioè a ripercorrere le tappe della passione, morte e risurrezione di Cristo, Figlio di Dio e Figlio dell'Uomo.

Riflettendo ed ispirandomi alla orazione, che la Chiesa ci fa innalzare a Dio, oggi mercoledi della terza settimana di Quaresima, auspico che siate sempre "formati nell'impegno delle buone opere", che in questo tempo di conversione e di grazia sono la rinuncia al peccato, la mortificazione, il senso del sacrificio, concepiti non come avvilimento e depauperamento della personalità e della natura umana, ma come sua nobilitazione ed esaltazione. A ciò occorrerà unire l'"ascolto della Parola" di Dio, un'attenzione devota, umile, silenziosa, obbediente, perché ci troviamo di fronte ad un Interlocutore, che è la Verità infinita e che risponde alle domande più segrete e più inquietanti della nostra esistenza di uomini e di cristiani. La Parola di Dio vi spingerà a servire a lui, con generosa dedizione "liberi da ogni egoismo", nella consapevolezza che lui, il Dio di Amore e di Misericordia, vuole donarsi totalmente a noi e dilatare il nostro cuore, per renderlo capace di donarci a lui, superando il nostro talvolta chiuso e gretto individualismo.

La Quaresima, tempo di conversione permanente, sarà anche tempo privilegiato per la "comune preghiera" a Dio, nostro Padre, per riconoscerci tutti "fratelli" in Cristo.

Vi auguro con tutto il cuore, carissimi giovani, che il vostro proposito di seguire Cristo sia mantenuto con fermezza, anche se tale sequela potrà comportare ed esigere continui sforzi ed un coraggio a tutta prova di fronte al mondo, che può essere sordo ed indifferente nei confronti della persona e della missione di Gesù.

La mia benedizione apostolica accompagni sempre voi e i vostri cari.

Desidero ora rivolgere un saluto ai fedeli della diocesi di Sovana-Pitigliano-Orbetello, i quali, insieme col loro Vescovo, Monsignor Giovanni D'Ascenzi, sono venuti in pellegrinaggio a Roma per esprimere pubblicamente la loro fede.

Carissimi fratelli e sorelle! Vi ringrazio sinceramente per la vostra visita e per la vostra testimonianza. Un pensiero di apprezzamento reputo doveroso indirizzare al numeroso gruppo che è giunto, con notevoli sacrifici, dall'lsola del Giglio.

Vi esorto a rendere sempre più intenso e capillare il lavoro della catechesi a tutti i livelli e l'impegno per le vocazioni, dando una coerente e concreta testimonianza di vita cristiana anche di fronte a quanti vengono a godere le bellezze naturali di cui Dio ha dotato la vostra regione.

Con questi voti, ben volentieri invoco dal Signore l'effusione dei favori celesti su voi qui presenti, su tutti i fedeli della vostra diocesi, specialmente sui minatori dell'Amiata ora disoccupati e sui marittimi imbarcati nelle navi, lontani dalle loro famiglie, e vi imparto di cuore la mia benedizione apostolica.




1982-03-17 Data estesa: Mercoledi 17 Marzo 1982



La preghiera alla Madonna di Jasna Gora

Testo:

Continuando la mia preghiera che, nel corso delle udienze del mercoledi, elevo a nostra Signora di Jasna Gora, leggo ancora una volta le parole dei Vescovi polacchi nel comunicato del 27 febbraio scorso: "L'intesa sociale deve garantire la soddisfazione delle necessità e la realizzazione delle aspirazioni della popolazione, la cooperazione dei cittadini alla vita pubblica e all'effettivo controllo sociale! Le parti dell'intesa sono: l'autorità reggente e i rappresentanti credibili dei gruppi sociali organizzati. Non possono mancare i rappresentanti dei sindacati temporaneamente sospesi e tra questi quelli dell'autonomo ed autogestito Sindacato "Solidarnosc" che incontra vasto consenso sociale... I problemi toccati sono una indicazione di direzione delle ricerche e delle soluzioni...".

Signora di Jasna Gora! Da intere generazioni tu educhi i figli e le figlie della mia Nazione.

Negli ultimi decenni sono divenuti particolarmente stretti i legami tra di essi e te.

Permetti quindi che anche oggi io esprima a te queste parole dei miei fratelli nel ministero episcopale.

Queste parole sono manifestazione della sollecitudine per il futuro della nazione, della sollecitudine nata in mezzo alle prove degli ultimi mesi ed anni.

Queste parole sono programma di vita per le condizioni dell'ordine sociale! O tu, che sei Madre della Vita, aiuta affinché si compiano queste parole!




1982-03-17 Data estesa: Mercoledi 17 Marzo 1982




Messaggio per l'XI assemblea del "Catholic International Education Office" - Bangkok (Tailandia)

Titolo: Il primato dei valori spirituali nella educazione dei giovani del 2000

Testo:

Al reverendo Ekwa Bis Isal della Compagnia di Gesù, Segretario Generale del Catholic International Education Office.

E' con grande piacere e particolare speranza che mi rivolgo a voi e, attraverso di voi, agli insegnanti cattolici di tutto il mondo, che vi siete radunati a Bangkok per l'XI Assemblea Generale del "Catholic International Education Office".

La vostra organizzazione, che al momento attuale include rappresentanti di ottantacinque paesi, vuole essere un'espressione della presenza della Chiesa nel mondo, e in particolare nel campo dell'educazione.

Il fatto poi che è stata scelta la Tailandia per questo importante incontro porta alla mia memoria piacevoli ricordi del mio pellegrinaggio nel nobile continente dell'Asia.

Il tema che vi proponete di studiare in questa assemblea è: "Educazione ai valori per la società del 2000". Ciò potrebbe sembrare un po' prematuro ma in effetti molti dei giovani che riceveranno la loro educazione all'inizio del terzo millennio sono già nati o nasceranno nei prossimi anni. Allo stesso modo, i futuri loro educatori stanno già insegnando oppure si stanno preparando a questa professione.

Che tipo di mondo attende quelle generazioni future di studenti? Quale eredità riceveranno da questi anni, fitti come sono di sconvolgimenti sociali, minacce di guerre e profonde crisi sociali e religiose? Quale educazione può offrire loro la società, per aiutarli a costruire una società pacifica di individui e di popoli? Uno dei più seri aspetti dell'odierna situazione storica è il declino del rispetto per i valori essenziali che governano la vita umana. Come ho detto nella mia prima enciclica, la situazione umana sembra molto lontana dalle esigenze oggettive dell'ordine morale, della giustizia e dell'amore (cfr. RH 16).

L'uomo è l'unica creatura che Dio ha amato per se stessa (cfr. GS 24), ed è alla base di ogni valore. E i valori acquistano il loro significato solo in relazione all'uomo, creato com'è ad immagine e somiglianza di Dio. E' solo riconoscendo l'essenziale apertura dell'uomo all'infinito mistero di Dio che si stabilisce un autentico sistema di valori che non renderà l'uomo schiavo delle cose e delle istituzioni ma rispetterà il primato che appartiene all'ordine stabilito dal Creatore. Ma la Rivelazione ci dice che l'uomo non è soltanto immagine di Dio: egli è anche il figlio di Dio, innalzato a condividere la natura divina, mediante un libero dono del suo amore infinito accordato in Cristo. E' Gesù Cristo colui che è "luce che illumina gli uomini" (Jn 1,9) che ci rivela il vero significato dell'esistenza e la trasforma, rendendo così gli uomini capaci di pensare e di vivere in maniera degna dei figli di Dio. E' Gesù Cristo che rivela non soltanto Dio all'uomo, ma l'uomo a se stesso (cfr. GS 22).

La Scuola cattolica, avendo la grazia della luce della fede, è in una posizione privilegiata per proporre ai suoi allievi una educazione ai valori fondamentali per l'instaurazione di un mondo libero dalle minacce che oggi pesano su di esso. In questo modo i giovani impareranno a rifiutare i falsi valori di una società decadente e a scoprire i veri valori sui quali si può edificare una civiltà dell'amore.

A questo proposito è di fondamentale importanza che sia dato giusto riconoscimento al primato dei valori spirituali su quelli di ordine materiale ed economico, perché i valori dello spirito contribuiscano in modo più diretto allo sviluppo degli aspetti più nobili e più degni della persona umana. Sono i valori spirituali che conferiscono significato ai valori materiali. Come ho detto alla 34° Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il 2 ottobre 1979, questa preminenza dei valori spirituali "è anche un fattore capace di contribuire ad assicurare che lo sviluppo materiale e lo sviluppo della civiltà sono al servizio di ciò che costituisce l'uomo. Questo significa mettere in grado l'uomo di avere pieno accesso alla verità, allo sviluppo morale, e conferirgli la completa possibilità di godere dei beni della cultura che ha ereditato, e di accrescerli mediante la sua creativita" ("Discorso", 14: "Insegnamenti", II, 2 [1979] 532)).

Di fronte all'ingannevole influenza che la società dei consumi esercita oggi, la Scuola cattolica, sotto la guida del Vangelo di Gesù Cristo, deve mostrare che c'è più gioia nel dare che nel ricevere, che il valore di una persona è basato su ciò che essa, si tratti di un uomo come di una donna, è piuttosto che su ciò che possiede. Essi scopriranno così il valore liberante di una vita semplice ed austera.

I giovani di oggi, affascinati da ciò che è stato conseguito dalle scienze moderne, tendono a riporre una fiducia sconfinata in questi conseguimenti e anche a considerarli come valori supremi. E' perciò importante che la Chiesa cattolica mostri ai suoi alunni che il progresso dell'umanità non può essere misurato solamente dal progresso della scienza e della tecnologia; si ha vero progresso quando viene riconosciuto il primato dei valori morali e del progresso della vita morale.

Situazioni radicalmente ingiuste esistenti nella società materialistica fanno si che mentre alcuni vivono nell'abbondanza altri muoiono di fame. Per porvi rimedio è necessario un nuovo ordine mondiale, e dunque una educazione ai valori della giustizia e dell'amore che costituiscono la base per un tale ordine mondiale.

In una società secolarizzata che ha perso il senso del sacro e parimenti il senso della moralita, vi è urgente necessità di una educazione ai valori religiosi, una educazione che renda capaci i suoi beneficiari di discernere la chiamata della fede. E' compito della Scuola cattolica di destare i giovani al valore della vita interiore, così che essi possano rispondere alla chiamata della fede con entusiasmo e generosità.

Infine il cristianesimo non soffoca né ignora i valori umani che i nostri contemporanei stimano - valori come la sincerità, la coerenza, la libertà e la realizzazione dell'individuo. Ben lungi dall'ignorare tali valori, il cristianesimo li perfeziona ponendoli in riferimento alla sorgente divina dalla quale essi derivano, riconoscendo nello stesso tempo che, a causa della corruzione portata dal peccato nel cuore umano, essi debbono essere prima purificati.

perciò il messaggio cristiano può dare agli uomini e alle donne la pienezza del significato della vita e un interiore arricchimento che ideologie puramente umane non possono comunicare.

Concludendo queste riflessioni, invoco la grazia illuminante dello Spirito Santo sulle deliberazioni dell'assemblea generale, e imparto cordialmente la mia apostolica benedizione a tutti i partecipanti.

Dal Vaticano, 23 gennaio 1982.




IOANNES PAULUS PP. II




1982-03-18 Data estesa: Giovedi 18 Marzo 1982




Ai Vescovi di Francia in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Necessità di presenze spirituali oltre che di tecniche apostoliche

Testo:

Cari fratelli nell'Episcopato.


1. Ecco che avete ripreso il cammino verso Roma, per la visita "ad limina Apostolorum", come tanti altri Vescovi di Francia e del mondo intero che vi hanno preceduto. Venite a "vedere Pietro".

Il vostro passo costituisce un esempio per il popolo cristiano: anch'esso, e sempre più, comprende il beneficio di venire a ristorarsi, nella preghiera, nel luogo stesso in cui gli apostoli Pietro e Paolo, molti martiri, molti santi hanno dato la loro testimonianza a Cristo, e la necessità di rinsaldare concretamente i legami, spirituali ed anche affettivi, con il successore di Pietro, Vicario di Cristo, principio perpetuo e visibile e fondamento dell'unità (cfr. LG 18 LG 23).

La vostra visita "ad limina" è ugualmente un gesto efficace per situare il vostro ministero episcopale nell'unità del collegio episcopale, collegandolo non solamente a quello del Vescovo di Roma ma, mediante esso, a quello di tutti i Vescovi che lavorano nel mondo intero, affinché progrediscano sempre più la convergenza, la solidarietà, la comunione profonda. Questo si realizzerà anche negli scambi che voi avrete con i diversi Dicasteri che aiutano costantemente il Papa nella sua missione di servizio della Chiesa universale, per la sua fedeltà, la sua unità e l'armonia dei suoi sforzi di evangelizzazione. So che desiderate sottoporgli un gran numero di problemi che di volta in volta incontrate nel vostro ministero. Da parte mia, dopo aver ascoltato tutti e ciascuno, mi contentero di qualche riflessione di fondo.


2. Cinque anni fa, il mio venerato predecessore, Paolo Vl, aveva ricevuto i Vescovi di Francia in visita "ad limina" con una sollecitudine particolare: ricordate quale affetto, quali incoraggiamenti vi aveva manifestato, e la lucidità di cui egli aveva dato prova. Le riflessioni che in quell'occasione aveva esternato davanti a voi, su gran parte degli aspetti della pastorale in Francia, aveva attirato l'attenzione di molte altre Chiese locali ed esse rimangono molto valide, come ho già detto in occasione del mio viaggio a Parigi.

Dopo cinque anni, le vostre diocesi hanno ancora un po' cambiato aspetto. E vi ringrazio di aver voluto consegnarmi, così come di affidarle ai Dicasteri, nuove analisi, molto precise, delle realtà umane, sociali, culturali, religiose, pastorali. Esse costituiscono un vasto panorama di ombre e di luci. Ho notato che siete facilmente inclini a sottolineare gli aspetti della scristianizzazione, che si estende e tocca più profondamente una buona parte dei vostri fedeli, soprattutto le giovani generazioni, a livello delle convinzioni di fede, della partecipazione all'Eucaristia domenicale, del senso del sacramento della penitenza, dell'impegno a far battezzare o catechizzare i bambini, della conformità dei costumi, familiari o altri, alle esigenze evangeliche, della mancanza di vocazioni sacerdotali e religiose, ecc. Ma avete anche rilevato - e questo è cosa molto importante - dei segni di speranza, la serie di sforzi che si tentano e che occorre sviluppare.


3. Il nostro tempo - che alcuni osano descrivere come caratterizzato dall'assenza di Dio - è pero sempre il tempo di Dio, che non saprebbe abbandonare la sua creazione, che non saprebbe quindi a maggior ragione lasciare la sua Chiesa dibattersi sola tra le difficoltà del mondo, quando le ha promesso e donato il suo Spirito. Bisogna esserne ben persuasi; direi anche che questo aspetto fa parte di una visione realistica delle cose. L'uomo moderno è come trascinato dalle conquiste della scienza e dalle sue applicazioni, o dalle esperienze fatte liberamente in tutti i campi, che lo lasciano ora abbagliato, ora spaventato o indifferente, distratto e disperso riguardo alla ricerca dell'essenziale. Dunque, questo tempo può essere per lui tempo di una riscoperta di Dio e della fede cristiana. In ogni caso, è il migliore, poiché è il nostro, quello che ci è dato da vivere e trasformare a prezzo di lotte di ogni tipo e con la grazia di Dio.

E anche se la nostalgia di un passato più facile e più florido è molto comprensibile, è nostro compito, Pastori, di comunicare ai cristiani e agli uomini di buona volontà, giovani e meno giovani, il gusto di vivere oggi. Non, sicuramente, limitando ingenuamente la nostra visione a qualche isola privilegiata, e ancora meno considerando come normale e cristiano ciò che non lo è; ma mostrandosi convinti che questi uomini e queste donne possono progredire, aprirsi ai valori morali e spirituali e mostrarsi generosi. Si tratta di mantenere l'ardore apostolico, quello che animava san Paolo, durante tutte le sue corse missionarie e finalmente qui, a Roma, quando abbraccio tutto questo mondo pagano considerandolo capace di accedere alla vita secondo il Vangelo, mediante la fede e la conversione. Questo ardore, fondato sulla fede in Dio e la confidenza nell'uomo, non è una facile esaltazione; esso sa essere paziente, della pazienza di Dio; e disinteressato, perché molto spesso una persona semina e un'altra raccoglie (cfr. Jn 4,37 cfr. 1Co 3,6-9). Voi siete, oggi, con i vostri preti, i vostri diaconi e i vostri laici, coloro che preparano laboriosamente la Chiesa del domani. E sapete, come me, a quale punto la via di Gesù Cristo comporti la povertà personale e la povertà dei mezzi, l'umiltà, perfino lo scacco apparente, sempre la croce - lo ricordavo venerdi scorso ad Assisi - e nello stesso tempo è una via di risurrezione.

Certo, la situazione in cui voi lavorate, in occidente, è segnata da svantaggi. E' vero sul piano umano e sociale, voi parlate spesso di uno smarrimento dei giovani specialmente davanti alla disoccupazione. E' vero soprattutto sul piano morale e spirituale. Ma questo non è un appello, una richiesta urgente di "spirituali", di uomini di Dio che, con la loro vita, la loro preghiera e il loro messaggio, aiutino a sciogliere le difficoltà che chiudono su se stessi, aiutino a vedere il senso delle cose, a sperare, a mettersi in piedi e a camminare? Sempre più ci si rende conto dei limiti delle analisi, e anche delle "tecniche" apostoliche, se esse non sono condotte da questi " spirituali ".

Se le vostre diocesi dell'ovest, in particolare della Bretagna, dell'Angio, della Vandea hanno potuto diventare e restare a lungo delle "terre di cristianità", non è solamente perché erano "protette" da influenze estranee alla fede cristiana; ma è innanzitutto e soprattutto perchè esse hanno conosciuto questi "spirituali", missionari, come san Luigi Maria Grignion di Montfort, il beato Julien Maunoir, il venerabile Jean-Marie di Lamennais, il padre Michel Nobletz e tanti altri fondatori e fondatrici di congregazioni religiose: come fare a meno di pensare a Jeanne Jugan e a Jeanne Delanoue che avremo la gioia di beatificare o canonizzare quest'anno? E' in questo spirito che dobbiamo abbracciare con fiducia il nostro tempo, come un tempo di grazia, e formare i nostri fedeli a questo sguardo, a questo ardore.


4. E ora, senza entrare nei dettagli della pastorale necessaria, mi permetto di sottoporvi due esortazioni, rispondenti alla situazione dei vostri diocesani che voi vedete cambiare di anno in anno e abbandonare spesso la pratica religiosa e i loro legami con la Chiesa.

Mantenete contro venti e maree la visibilità delle comunità cristiane e delle loro necessarie istituzioni. Avete notato voi stessi, in conclusione del vostro rapporto, la necessità di "segni" riconoscibili senza difficoltà che aiutino a mantenere o a ritrovare l'identità cristiana, in ciò che concerne la fede, la pratica o il comportamento cristiano. Penso che la catechesi, le pubblicazioni, i segni sacri possano fornire un contributo a questo. Avete parlato, in questo senso, di "nuove strutture di sostegno" esplicitamente cristiane, tanto più necessarie in quanto la secolarizzazione ha tolto molti appoggi tradizionali, sia che si tratti di mezzi, luoghi o di comunità. La famiglia e la parrocchia dovranno continuare a tenere a questo proposito un posto privilegiato e indispensabile. Ma unitamente a queste, c'è bisogno certamente di molti altri intermediari adatti, a condizione che essi non formino dei gruppi chiusi, ma veramente degli "intermediari" per Gesù Cristo e la sua unica Chiesa.

Mi sembra che, dalla vostra ultima assemblea di Lourdes, avete preso una coscienza più viva della necessità di questa faccia visibile della sacramentalità della Chiesa. Le Chiese d'occidente - che hanno i loro problemi di secolarizzazione - potrebbero trarre profitto dall'esperienza di certi paesi in cui le libertà religiose sono ridotte o soffocate e in cui la Chiesa tenta con tutti i mezzi di avere dei segni, dei luoghi, delle comunità capaci di nutrire la fede dei fedeli e di permetterle di esprimersi. Si, la Chiesa ha bisogno di segni visibili, e di sostegni. E questi sostegni, necessari all'identità e alla fedeltà dei cristiani, sono indispensabili ai loro impegni apostolici e pastorali. Sarebbe un errore psicologico dimenticarli o farli scomparire.


5. Vi incoraggio, in secondo luogo, a puntare sulla qualità delle comunità cristiane esistenti. Qualità che è importante senza dubbio più che la loro quantità. La gente ha bisogno di trovarvi innanzitutto un'accoglienza di qualità, grazie alla presenza, permanente o per lo meno regolare, di persone amabili e competenti, sia che si tratti del prete, di religiosi o di laici. Essa ha bisogno di cerimonie liturgiche di qualità, che aiutino la partecipazione attiva alla preghiera con un grande rispetto del mistero cristiano. Essi hanno bisogno, bambini, giovani e adulti, d'un insegnamento catechistico e dottrinale di qualità.

Ho prestato grande attenzione a ciò che mi dite della catechesi in cui voi investite molto, e mi rallegro con voi che i vostri numerosi catechisti siano formati con cura per testimoniare, non solamente della loro propria vita cristiana, ma di tutta la Tradizione vivente della Chiesa. Penso ancora alle molteplici scuole cattoliche alle quali voi tenete con ragione, alle quali i genitori cristiani tengono con forza e alle quali il Papa tiene tanto quanto voi tutti: è, ed e questo che costituisce il loro valore, l'educazione di qualità che esse possono fornire, con insegnanti cristiani che aderiscono a questo progetto educativo. Tutti gli altri settori della vita delle comunità - amministrazione, azione caritativa, compiti educativi, stampa, presenza nel mondo dei giovani, dei malati e degli anziani - richiedono che vi siano associati dei laici, ben preparati, e abbiano l'occasione di riflettervi in quanto cristiani. Infine, come non rendere omaggio ai laici che consacrano il loro apostolato diretto al loro vicinato o ai loro luoghi sociali o professionali, nella misura in cui cercano una vera evangelizzazione? Penso che, malgrado la crisi di cui parlano spesso i vostri rapporti e che è reale, voi avete ovunque o potete scoprire persone di qualità umana e cristiani che sono in grado di prendere, con voi e con i vostri preti, delle responsabilità al loro grado, che aiuteranno le diverse comunità a essere luogo di sostegno e di testimonianza.


6. Se il mio ruolo è quello di confermare i miei fratelli, il vostro, in un senso analogo, è quello di consolidare coloro di cui voi siete stati istituiti guida: di proclamare con chiarezza ciò che deriva dalla fede e dal Vangelo. E' quello di aiutare i vostri diocesani al discernimento, all'autenticità, senza mai permettere gli abusi. E' quello di riunire nell'unità e di trascinare il Popolo di Dio nella meravigliosa missione della Chiesa.

Questo suppone che voi viviate il più possibile con le vostre comunità, vicini ad esse. Sapete, come io so, quanto sia importante il contatto, frequente, diretto e prolungato; certo, voi avete altre responsabilità a livello delle strutture ecclesiali della regione, della nazione, a volte anche della Chiesa universale, che vi obbligano a frequenti spostamenti e a lunghi lavori di preparazione. Questa assunzione collettiva del carico degli impegni ha degli aspetti benefici, e anche necessari. Tuttavia, voi comprendete bene anche il pericolo che ci sarebbe nel lasciarvi prendere totalmente a questo livello, al punto di usare qui tutte le vostre forze o di essere meno presenti ai vostri preti, alle vostre comunità diocesane, parrocchiali, ecc. Non solamente l'élite, i responsabili hanno bisogno di voi, ma il popolo cristiano desidera legittimamente vedervi, pregare con voi, ricevere le vostre indicazioni. Da parte mia, sentivo molto forte questo aspetto quando ero a Cracovia, e ne sono convinto anche qui a Roma, città in cui le visite pastorali fanno, almeno ogni settimana, parte del mio ministero di Vescovo.

Siate sicuri, cari fratelli, che io rimango vicino a voi e al vostro ministero, nella preghiera e attraverso tutte le occasioni che avro di tessere nuovi legami con voi. Lavoriamo insieme, nel medesimo spirito. Confido in voi e mi auguro che tutti i vostri diocesani ripongano ugualmente in voi la loro fiducia, rispettino il vostro ministero, lo facilitino e cooperino con esso.

Che lo Spirito Santo sia la vostra pace e la vostra forza! Di tutto cuore, vi benedico, e benedico tutti coloro che collaborano con voi, preti, diaconi, religiosi, religiose, e le altre persone consacrate, laici cristiani, giovani e adulti. Trasmettete la mia benedizione particolare a coloro che sono nella prova. E che tutti camminino verso il rinnovamento pasquale!




1982-03-18 Data estesa: Giovedi 18 Marzo 1982




Ai cittadini - Rosignano (Livorno)

Titolo: La mia viva partecipazione alle vostre difficoltà e alle vostre gioie

Testo:

Signor Sindaco.

Grazie per le sue parole di benvenuto che ho seguito con vivo interesse.

Le porgo anche io il mio saluto più cordiale, che va pure con altrettanta cordialità a quanti Ella rappresenta. Lei ha espresso sentimenti di gioiosa accoglienza da parte dell'Amministrazione Comunale e dell'intera popolazione di Rosignano Solvay per la mia visita odierna. Ed io, da parte mia, voglio assicurarle che anch'io sono veramente lieto di trovarmi a Rosignano.

Questa giornata del 19 marzo infatti è consacrata dalla Chiesa alla celebrazione della figura di san Giuseppe, che brilla davanti a noi come esempio di uomo dedito al lavoro, col quale lo stesso Gesù di Nazaret ha trascorso la maggior parte della sua vita. Proprio questi due motivi, cioè la festa liturgica di san Giuseppe ed il connesso tema del lavoro, mi hanno indotto a venire qui oggi, dove c'è un grande complesso industriale, da cui dipende la sussistenza di numerose famiglie del Comune. Vengo per onorare il Santo e insieme coloro che, in qualche modo, sono lavoratori come lui.

Anche se non conosco i problemi personali dei singoli cittadini, siano questi lavoratori, studenti, impiegati, casalinghe, ecc., voglio assicurare a tutti la mia viva partecipazione alle loro difficoltà ed alle loro gioie. Infatti, nessuno, purtroppo, va esente da travagli e sofferenze di vario genere e di vario grado. Ebbene, in tutto questo occorre un superiore punto di riferimento, una luce, una forza, che il Vangelo ci propone in Gesù Cristo. E, nello stesso tempo, la sua promessa di essere con noi "tutti i giorni" (Mt 28,20) è anche uno stimolo, un incoraggiamento a proseguire, con dedizione ed entusiasmo, nei molteplici impegni di ciascuno, siano essi individuali, familiari, sociali. So che la gente di Rosignano Solvay già offre un chiaro esempio di serietà, di attaccamento al lavoro e di produttività. Io voglio benedire tutto ciò che significa apporto costruttivo alla pacifica e giusta convivenza della grande famiglia italiana, che a me è sempre tanto cara. E vorrei che la mia benedizione fruttificasse in un impegno civile sempre più responsabile e, nel contempo, in una adesione al cristianesirno sempre più convinta e nobilitante; infatti, se è vero che la Chiesa considera già implicitamente cristiano tutto ciò che è autenticamente umano, è pure vero che il messaggio cristiano aiuta l'uomo a scoprire e a realizzare sempre meglio la propria identità.

Questo auguro con tutto il cuore all'intera cittadinanza di Rosignano, ed il mio augurio è di prosperità e di felicità, vera e profonda, per tutti. Per questo lo affido al Signore, al quale tutti raccomando nella mia preghiera.

Intanto sono lieto di impartire a tutti i presenti ed ai loro Cari la propiziatrice benedizione apostolica.




1982-03-19 Data estesa: Venerdi 19 Marzo 1982




Ai lavoratori dello stabilimento Solvay - Rosignano (Livorno)

Titolo: La dignità del lavoro fa parte della dignità dell'uomo

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Eccomi finalmente fra voi, in questo giorno, in cui la Chiesa celebra la festa di san Giuseppe, esempio e protettore del mondo del lavoro. Mi avete invitato: grazie! Ed eccomi ora qui per testimoniarvi quanto interesse, quanta simpatia, quanto affetto abbia la Chiesa per voi lavoratori che, con la vostra quotidiana fatica, offrite un indispensabile contributo al progresso dell'umanità.

Ritengo perciò particolarmente importante e significativo questo incontro. Rinnovo il mio saluto al Presidente della Società ed ai membri della Direzione Generale, che mi hanno accolto con grande gentilezza al mio arrivo allo Stabilimento; lo rinnovo pure ai membri del Consiglio di Fabbrica ed ai Segretari dei Sindacati di categoria della zona, che ho avuto il piacere di conoscere nell'incontro di poco fa, al termine della visita al banco del vostro lavoro.

Rivolgo poi il mio saluto più caloroso a tutti voi, maestranze, operaie ed operai degli Stabilimenti Solvay, che avete voluto manifestarmi la vostra sincera simpatia accogliendomi con spontanea ed affettuosa cordialità. E penso ai lavoratori degli Stabilimenti Solvay delle altre zone, in particolare quelli della cava di san Carlo, presso i quali non ho potuto recarmi di persona a motivo del breve tempo a disposizione, ma che sono stati i primi ad invitarmi. So che una loro numerosa rappresentanza ha voluto essere qui presente. Sento il bisogno di esprimere loro il mio apprezzamento per questo gesto affettuoso, ed insieme rivolgo uno speciale saluto anche ai lavoratori di Ponte Ginori, che pure sono con noi con una loro rappresentanza.


2. Carissimi operai, impiegati e dirigenti degli Stabilimenti Solvay, ho ascoltato con grande attenzione gli indirizzi pronunciati dai portavoce delle varie componenti del vostro complesso industriale. Ne ho raccolto due chiari elementi: risultati e ansie. I risultati sono stati da voi raggiunti mediante il concorde impegno, la generosa dedizione e la ferma speranza, che vi hanno sorretto. Ma avete altresi ansie per la difficile congiuntura economica e per le ripercussioni che ne derivano sulla occupazione, sia nell'immediato che in prospettiva; ansie per le tensioni che agitano il Paese e per le esplosioni di violenza omicida; ansie, infine, per le nubi minacciose che oscurano l'orizzonte internazionale, a motivo della flagrante e spesso cruenta violazione dei diritti umani, perpetrata in varie parti dell'uno e dell'altro emisfero.

Ho ascoltato ed ho apprezzato la matura coscienza sociale, che in tali interventi si manifestava. Mi ha colpito, in particolare, accanto alla framca denuncia di una società "che rende l'uomo sempre più egoista, sempre più solo e sempre più insoddisfatto", la volontà riaffermata di operare per la costruzione di un mondo diverso, nel quale "al centro di tutto non ci sia più il profitto e la sete di potere, ma l'uomo con le sue esigenze di pace, di democrazia, di libertà".

Mi compiaccio con tutti voi, che avete saputo ben esprimere l'aspirazione, che vi muove nel vostro impegno quotidiano, verso "un'effettiva giustizia sociale ed il rispetto della dignità umana nel mondo del lavoro".

Queste cose voi avete detto, quasi aprendo un dialogo con me, in un incontro che non volete rimanga "fine a se stesso", ma che desiderate abbia una sua continuità nel futuro, grazie anche al contributo che dalle mie parole voi contate di trarre: sia per perseguire con rinnovato slancio i risultati ottenuti, e le speranze che li animano; sia per superare con animo forte le ansie accennate.

Ebbene, io sono qui per corrispondere a questa vostra aspettativa, sono qui per offrire, in adempimento del ministero che mi è stato affidato, una risposta ai vostri interrogativi, sono qui per farmi eco della voce della Chiesa, che condivide - secondo le parole iniziali della costituzione "Gaudium et Spes", del recente Concilio -, "le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono" (GS 1).


3. Nei vostri interventi avete fatto riferimento diverse volte alla enciclica "Laborem Exercens", mostrando di apprezzare le riflessioni che in essa ho esposto.

Ve ne sono grato. Come sapete, con tale documento ho inteso ricordare il 90° anniversario della "Rerum Novarum", la grande enciclica di Leone XIII, che ha aperto la serie dei pronunciamenti della Sede Apostolica nel tempo moderno sui vari aspetti della questione sociale, realizzando come un grande colloquio "itinerante" con gli uomini delle generazioni via via emergenti.

La "Laborem Exercens" è in piena continuità con tale costante colloquio col mondo operaio. In essa ho riversato anche la diretta esperienza che ho fatto di questo mondo che è il vostro e che fu anche mio. Sono stato, infatti, uno di voi. Quanti ricordi sono affiorati alla mia memoria, mentre visitavo, poco fa, alcuni reparti di questo vostro grande complesso industriale, mentre gustavo la gioia di stringere la mano a molti di voi, di scambiare qualche impressione, di osservare da vicino gli ambienti entro i quali si svolge la vostra quotidiana fatica. Sono passato accanto al banco del vostro lavoro e mi è tornato spontaneamente alla memoria il tempo in cui anch'io, dopo aver lasciato, a Cracovia, le cave di pietra di Zakrzowek, entrai a lavorare alla Solvay, in Borek Falecki, come addetto alle caldaie.

Quante cose sono cambiate da allora! Ho ammirato l'alta tecnologia, di cui oggi si avvale la Società Solvay, che ha progressivamente affinato nel corso di questi anni i procedimenti di lavorazione. Ho visto quanto s'è fatto per migliorare le condizioni di vita di quanti a tali procedimenti contribuiscono con la prestazione della loro opera. Altri passi restano certamente da fare su questa strada. Sarà grazie all'impegno di tutti che tali passi potranno essere compiuti.

Quel che qui desidero riaffermare è che mi sento solidale con voi, perché mi sento partecipe dei vostri problemi, avendoli condivisi personalmente. Considero una grazia del Signore l'essere stato operaio, perché questo mi ha dato la possibilità di conoscere da vicino l'uomo del lavoro, del lavoro industriale, ma anche di ogni altro tipo di lavoro. Ho potuto conoscere la concreta realtà della sua vita: un'esistenza impregnata di profonda umanità, anche se non immune da debolezze, una vita semplice, dura, difficile, degna di ogni rispetto.

Quando lasciai la fabbrica per seguire la mia vocazione al sacerdozio, ho portato con me l'esperienza insostituibile di quel mondo e la profonda carica di umana amicizia e di vibrante solidarietà dei miei compagni di lavoro, conservandole nel mio spirito come una cosa preziosa.


4. Cari fratelli e sorelle! La Chiesa, in forza del suo mandato divino, vi è vicina, sta dalla parte vostra, perché essa è a fianco dell'uomo, di ogni uomo. La centralità e la dignità della persona umana spingono il Papa ed i Vescovi a proclamare la loro sollecitudine per il mondo del lavoro. La Chiesa ha molto da dire all'uomo del lavoro: non nelle questioni tecniche, ma nelle questioni fondamentali e nella difesa della dignità e dei diritti dei lavoratori. Essa proclama che la dignità del lavoro fa parte della dignità dell'uomo; e tutelando la dignità del lavoro, essa sa di contribuire positivamente alla difesa della giustizia sociale. E se non le sfuggono i "risultati" raggiunti, giusto motivo della vostra fierezza, essa conosce poi troppo bene le "ansie" e i pericoli, che essi costano.

Come operai del settore industriale, voi siete inseriti nell'ingranaggio del lavoro moderno che la forza inventiva del genio umano ha ingigantito. Allo stesso tempo, pero, voi siete esposti sia alle più entusiasmanti che alle più pericolose conseguenze di tale processo, non soltanto sotto l'angolatura economico-sociale, ma anche sotto quella etico-religiosa.

Lo sviluppo della tecnica ripropone oggi in modo nuovo il problema del lavoro umano. La tecnica, infatti, che è stata ed è coefficiente di progresso economico, può trasformarsi da alleata in avversaria dell'uomo. Essa, infatti, si presenta contrassegnata da una evidente ambivalenza: da un lato ha alleggerito la fatica dell'uomo ed ha moltiplicato i beni economici attraverso una produzione massiccia; dall'altro, pero, con la meccanizzazione dei processi produttivi essa tende di fatto a spersonalizzare colui che "esercita il lavoro togliendogli ogni soddisfazione ed ogni stimolo alla creatività e alla responsabilità. Nell'attività industriale si incontrano in effetti due realtà: l'uomo e la materia, la mano e la macchina, le strutture imprenditoriali e la vita dell'operaio. Chi avrà la preminenza? Diventerà la macchina un prolungamento della mente e della mamo creatrice dell'uomo, oppure questi soggiacerà ai meccanismi impellenti dell'organizzazione, riducendosi ad agire come un automa? La materia uscirà nobilitata dall'officina, e l'uomo invece degradato? Non vale forse di più l'uomo che non la macchina ed i suoi prodotti?


5. E' noto come l'era tecnico-industriale abbia promosso innovazioni profonde, trasformazioni radicali nella società. La presenza della macchina nel mondo dell'impresa ha modificato non solo le configurazioni tradizionali del lavoro, ma ha inciso sostanzialmente sul genere di vita del lavoratore, sulla sua psicologia, sulla sua mentalità, sulla sua coscienza e sulla stessa cultura dei popoli, dando origine ad un nuovo tipo di società.

Con l'affermarsi, poi, della organizzazione scientifica del lavoro e con le conseguenti catene di montaggio si è accentuata maggiormente la situazione di alienazione dell'uomo e la sua impossibilità di partecipare responsabilmente al lavoro che esegue.

In questi ultimi decenni inoltre ha fatto il suo ingresso nel campo dell'industria l'automazione, il cui carattere innovativo, basato sulla elettronica e sull'informatica, non sempre è pienamente a favore dell'uomo.


6. Nell'epoca moderna la consapevolezza che stanno acquistando gli esseri umani, particolarmente i lavoratori e le lavoratrici, circa la loro dignità va prendendo dimensioni universali. Tale fenomeno è stato espresso sul terreno storico non solo mediante la progressiva proclamazione e difesa dei diritti umani, ma anche mediante il profondo desiderio di una più viva e più concreta giustizia sociale.

Non è difficile rilevare come da ogni parte del nostro pianeta salga oggi l'aspirazione ad una maggiore giustizia, in connessione con le nuove condizioni dell'economia e con le nuove possibilità della tecnica, della produzione e della distribuzione dei beni. La percezione ed il bisogno di tale giustizia si fanno sempre più insistenti ed accorati nella coscienza umana, che se riconosce, da una parte, i "risultati" conseguiti, soffre dall'altra con maggiore acutezza per le "ansie" causate dalle discriminazioni e carenze, che possono ledere le legittime aspirazioni dei lavoratori.

In effetti, la giustizia sociale, nella visione cristiana costituisce la base, la virtù chiave e il valore fondamentale della convivenza socio-politica.

Essa dirige e regola le relazioni ed i rapporti dei cittadini verso il bene comune, in una ottica, quindi, non puramente contrattuale e individuale, ma comunitaria. Come tale essa rappresenta un diritto fondamentale di tutti gli uomini, conferito loro dal Creatore, e confermato dal Messaggio evangelico.

Superando le rigide delimitazioni della giustizia comunicativa, la giustizia sociale cerca pertanto di subordinare le cose all'uomo, i beni individuali al bene comune, il diritto di proprietà al diritto alla vita, eliminando ogni condizione di esistenza e di lavoro che sia indegna della persona umana.

Eccoci, allora, carissimi fratelli e sorelle, al punto centrale del problema a cui è dedicato il nostro odierno incontro.

Non mi stanchero di affermare che l'economia e le sue strutture sono valide ed accettabili unicamente se sono umane, cioè fatte dall'uomo e per l'uomo.

E non possono essere tali, se minano la dignità di quanti - operai e dirigenti - vi esplicano le loro attività; se snervano sistematicamente in essi il senso della responsabilità; se paralizzano in loro qualsiasi forma di iniziativa personale; se, in breve, non possiedono un senso ed una logica umana.


7. Desidero ora accennare ad alcuni elementi che considero essenziali perché l'ordine sociale sia realmente ispirato alla giustizia nei riguardi del lavoro umano.

In una società che vuole essere giusta ed umana, il profitto e il lucro non possono prevalere sull'uomo: è assolutamente necessario che l'uomo rimanga il soggetto dell'economia e delle diverse strutture di produzione. Ho scritto nella "Redemptor Hominis": l'uomo "non può rinunciare a se stesso né al posto che gli spetta nel mondo visibile: non può diventare schiavo delle cose, schiavo dei sistemi economici, schiavo della produzione, schiavo dei suoi prodotti" (RH 16).

Iddio lo ha creato perché sia signore e non schiavo del lavoro.

In questa esigenza di giustizia si debbono collocare il diritto al lavoro e gli altri diritti dei lavoratori.

Il lavoro costituisce infatti uno dei grandi e fondamentali diritti inalienabili dell'uomo, perché gli dona vita, serenità, significato. Mediante il lavoro l'uomo diventa più pienamente uomo e collaboratore di Dio nel perfezionamento della natura. E' da auspicarsi che tale diritto rappresenti veramente una realtà concreta per ogni cittadino, un diritto promosso e tutelato dalla società.

Procurare lavoro o impiego non è compito facile; e tuttavia è necessario affermare che in ciò sta un aspetto centrale ed un impegno fondamentale dell'ordine politico ed economico.


8. Ho scritto nella "Laborem Exercens" che la "concreta verifica della giustizia di tutto il sistema socio-economico e del suo retto funzionamento è rappresentata dal giusto salario". In effetti il modo più consistente di realizzare la giustizia nei rapporti di lavoro tra operaio ed imprenditore, indipendentemente dal tipo di sistema economico in cui l'attività umana si esplica, è quello della giusta remunerazione.

Mediante il salario viene infatti generalmente aperta la via concreta di accesso ai beni destinati all'uso comune. Adeguare il salario nelle sue molteplici e complementari modalità, così che si possa affermare che il lavoratore partecipa realmente ed equamente alla ricchezza, alla cui creazione egli contribuisce in modo solidale sia nell'impresa privata come nell'economia nazionale, è un postulato ed un'esigenza di una economia sana al servizio di una effettiva giustizia sociale.

L'attuazione delle proposte avanzate in campo cattolico al fine di fare in modo che l'operaio possa considerarsi comproprietario del grande banco del lavoro è un elemento base di quella verifica, a cui ho sopra accennato: non soltanto affinché l'uomo del lavoro trovi pieno appagamento nella sua aspirazione alla giusta remunerazione, ma anche e soprattutto perché sia salvaguardata la giustizia in tutte le strutture del processo economico (cfr. LE 14).

9. Desidero ancora attirare la vostra attenzione su un altro aspetto essenziale della giustizia sociale: e cioè la libertà di associazione, per cui deve essere riconosciuta ai lavoratori la possibilità effettiva di partecipare liberamente ed attivamente all'elaborazione e al controllo delle decisioni che li riguardano, a tutti i livelli. L'esperienza storica dimostra - come ho già affermato in altre occasioni - che tali associazioni o sindacati sono un elemento indispensabile della vita sociale, speciamente nelle moderne società industrializzate. Sorti per difendere i giusti diritti degli operai nei confronti dei proprietari dei mezzi di produzione, i sindacati, particolarmente quelli del settore industriale, sono cresciuti sulla base della lotta. Tuttavia, nei loro atteggiamenti di opposizione sociale, essi devono dare essenziale risalto ai valori positivi che li animano, al desiderio del giusto bene, nel contesto del bene comune, alla sete di giustizia sociale, non mai alla lotta "contro" gli altri, perché la prima caratteristica del lavoro è quella di essere "per", di unire gli uomini; e qui vi è la sua grande forza sociale. E' appunto attraverso l'unione e la solidarietà che i sindacati hanno potuto tutelare gli interessi degli operai ottenendo un salario giusto, condizioni di lavoro dignitose, sicurezza per il lavoratore e la sua famiglia.

I pubblici poteri, chiamati a servire il bene comune, debbono considerare pertanto loro compito proteggere nell'ambito statale queste associazioni attraverso leggi sagge; da parte loro i sindacati devono tenere sempre adeguatamente conto delle limitazioni che la situazione economica concreta generale può, a volte, richiedere, nel quadro del bene comune dell'intera Nazione.


10. Voi tutti, cari fratelli e sorelle, siete giustamente desiderosi che nei vostri cantieri, nelle vostre fabbriche regni la giustizia quale dimensione fondamentale delle vostre attività lavorative. Non è così? Ciò vi fa onore: ma certo non basta! Dal mondo del vostro lavoro deve anche scaturire la soluzione per realizzare la giustizia sociale: sono necessari sempre nuovi movimenti di solidarietà tra gli uomini del lavoro e con gli uomini del lavoro per creare l'unione dei cuori, una unione costruttiva, sincera, animata dalla formazione morale e da spirito di responsabilità.

"L'esperienza del passato e del nostro tempo dimostra che la giustizia da sola non basta e che, anzi, può condurre alla negazione e all'annientamento di se stessa, se non si consente a quella forza più profonda, che è l'amore, di plasmare la vita umana nelle sue varie dimensioni... Tale affermazione non svaluta la giustizia e non attenua il significato dell'ordine che su di essa si instaura: ma indica solamente la necessità di attingere alle forze dello spirito, ancor più profonde, che condizionano l'ordine stesso della giustizia" (DM 12).

Voi sapete, infatti, che l'amore cristiano anima la giustizia, la ispira, la scopre, la perfeziona, la rende fattibile, la rispetta, la eleva, la supera; ma non la esclude, non la assorbe, non la sostituisce, anzi la presuppone e la esige perché non esiste vero amore, vera carità senza giustizia. Non è forse la giustizia la misura minima della carità? Ho ascoltato attentamente la lavoratrice che ha parlato all'inizio di questo incontro: ebbene, essa ha bene sottolineato la necessità di cercare nell'amore l'ispirazione per un impegno sociale più pieno. Ritengo importante questa intuizione. Se infatti la giustizia sociale dona una fisionomia umana all'impresa, la carità le infonde lo slancio vitale della vera solidarietà.


11. Carissimi fratelli e sorelle! Nutro fiducia che questo odierno incontro consolidi in ognuno di voi la sincera adesione al Vangelo del lavoro, proclamato da Colui che, essendo il Figlio di Dio fatto uomo, volle appartenere al mondo del lavoro manuale presso il banco del carpentiere Giuseppe, sposo di Maria santissima.

Gesù guarda con amore il nostro lavoro, le sue diverse manifestazioni, vedendo in ognuna di esse un riverbero della somiglianza dell'uomo con Dio Creatore. Il lavoro è voluto e benedetto da Dio: porta con sé non più il peso di una condanna, ma la nobiltà di una missione, quella di rendere l'uomo protagonista con Dio nella costruzione dell'umana convivenza e del dinamismo che riflette il mistero dell'Onnipotente.

Al vostro lavoro guarda la Chiesa, la quale cerca, insieme con tutti gli uomini di buona volontà, di convalidare i "risultati" ottenuti, e di trovare la risposta alle "ansie" che si agitano nel vostro animo. La fede cristiana possiede l'arcano potere di dare un'anima al lavoro, di conferirgli serenità, pace, forza, razionalità facendone così un momento di crescita umana non solo personale, familiare, comunitaria, ma anche religiosa.


12. E adesso consentitemi di rivolgermi a tutti voi che partecipate a questo incontro - a tutti ed a ciascuno in particolare. Così facendo penso, al tempo stesso, alle vostre famiglie, ai vostri bambini, ai vostri figli, alle vostre spose, alle vostre mamme, ai vostri ammalati, a tutti i vostri cari: so quale posto essi hanno nel vostro cuore, so quale grande valore essi rappresentano per voi. Per essi voi trovate nella fatica e nel lavoro di ogni giorno la piena espressione e la misura spontanea del vostro amore.

Amate le vostre famiglie! Ve lo ripeto: amatele! Siatene le guide gioiose, la luce sicura, i vigili tutori contro i germi della disgregazione morale e sociale, che purtroppo conducono inesorabilmente alla decomposizione tanti nuclei familiari.

Aprite le vostre famiglie ai valori sociali, alle esigenze dello spirito! La vita familiare deve essere esperienza di comunione e di partecipazione. Lungi dal rinchiudersi in se stessa la famiglia è chiamata ad aprirsi all'ambito sociale per divenire - mossa dal senso della giustizia, dalla sollecitudine verso gli altri e dal dovere della propria responsabilità verso la società intera - strumento di umanizzazione e di personalizzazione, servizio al prossimo nelle multiformi espressioni di fraterno aiuto, difesa e tutela cosciente dei propri diritti e doveri.

Aprite le vostre famiglie a Cristo e alla sua Chiesa! Non a caso la famiglia cristiana è stata definita "Chiesa domestica", "piccola Chiesa". Tra i suoi compiti fondamentali vi è pure quello ecclesiale di testimoniare il Cristo al mondo: "essa, cioè, è posta al servizio dell'edificazione del Regno di Dio nella storia, mediante la partecipazione alla vita e alla missione della Chiesa" (FC 49) ed è chiamata a diventare ogni giorno più una comunità credente ed evangelizzante, superando la tentazione di vivere pavidamente la propria fede nell'intimità delle pareti domestiche.

Mantenete viva e costante la vostra sensibilità per il rispetto della giustizia sociale nel mondo del lavoro; alimentandola e sostenendola con l'amore che è "il vincolo della perfezione" (Col 3,14).

Regni sempre nelle vostre fabbriche, nei vostri posti di lavoro, la serenità della modesta officina di Nazaret, la serenità che proviene dalla coscienza di avere compiuto quotidianamente il proprio dovere, la serenità che rende il lavoro umano fattore di crescita e gli dà la dimensione di vocazione feconda. La Chiesa è vivamente sensibile al valore dell'ambiente "fabbrica", il luogo nel quale si realizza la vita del lavoratore - la vostra vita! - ma dove anche dovete portare la fede ad incidere in modo costruttivo; farla diventare operante.

Il Signore è qui con noi; non solo adesso; egli è sempre con voi al banco del vostro lavoro, per donare a tutti la forza rigeneratrice del suo Vangelo, della sua grazia e del suo amore. Non ignoratelo mai! Non emarginatelo mai! Abbiate sempre, come meta della vostra attività, quella di costruire un mondo più umano, più fraterno, più cristiano; la volontà di creare forme più perfette di unione, di solidarietà, di socialità secondo le esigenze dei tempi; l'ideale di crescere in umanità, maturando ogni giorno di più nella giustizia e nell'amore.

Per questo, tutti vi benedico! Tutti vi porto nel cuore, lavoratrici e lavoratori della Solvay! E preghero sempre per voi, per le vostre famiglie, per il vostro lavoro, ricordando sempre con commozione questo giorno bellissimo! San Giuseppe vi protegga, la Madonna vi aiuti; Cristo vi conservi nella sua grazia! E sia lodato Gesù Cristo.




1982-03-19 Data estesa: Venerdi 19 Marzo 1982





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