GPII 1982 Insegnamenti - Nella sala del concistoro - Città del Vaticano (Roma)

Nella sala del concistoro - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Udienza ad un gruppo internazionale di sportivi

Testo:

Signor Presidente, Cari atleti e amici, In anticipo sul vostro campionato mondiale di corsa che avrà luogo domani, sono felice di questa occasione per estendervi un caldo e cordiale benvenuto in Vaticano.

Sono contento di sapere che i seicento atleti che parteciperanno a questo evento rappresentano circa cinquanta nazioni; e che assieme a loro sono venuti centinaia di giornalisti, operatori e tecnici radio-televisivi. Spero che questo evento sportivo internazionale sia per tutti voi un'occasione di grande gioia e soddisfazione, un momento per apprezzare più intensamente i doni e l'amicizia degli uni per gli altri.

La competizione atletica fa emergere alcune delle più nobili qualità dell'essere umano. Deve apprendere i segreti del proprio corpo, le sue forze e debolezze, la sua capacità di resistenza e il suo punto di rottura. Deve sviluppare, attraverso lunghe ore di esercizio e di sforzi, la capacità di concentrazione e l'abitudine alla disciplina, imparare a mettere in riserva le proprie energie e a conservare l'energia per il momento finale quando la vittoria dipende da una grande esplosione di velocità o da un ultimo sprizzo di energia.

Queste qualità e questi talenti sono importanti non solo per gli eventi sportivi, ma anche in altri campi della vita. Perché la persona matura è quella che conosce le proprie forze e debolezze, e che attraverso la disciplina e lo sforzo continuo, può mettere questi doni al servizio degli altri per costruire la società.

E' presente fra gli atleti una specie di fratellanza universale, un sincero rispetto per ogni persona ed un vivo riconoscimento delle capacità e dei doni dell'altro. Gli atleti si impegnano in serrate competizioni; amano essere sfidati e amano l'eccitamento di una grande competizione. Ma piuttosto che condurre alla rivalità e al dissenso, tali competizioni, quando svolte in un clima di amicizia, conducono ad un ancora maggiore rispetto e stima fraterna. così, eventi come quello di domani aumentano la nostra consapevolezza del valore della fratellanza e della sua possibilità di essere realizzata. Non ho dubbi che anche voi darete il vostro contributo per la costruzione di questo spirito fraterno.

Con questi pochi pensieri, vi assicuro dei miei migliori auguri e di un ricordo nelle mie preghiere. Che Dio onnipotente benedica voi e i vostri cari di abbondante gioia.


[Traduzione dall'inglese]




1982-03-20 Data estesa: Sabato 20 Marzo 1982




La Messa per le comunità cristiane cinesi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nello stesso sacrificio eucaristico la nostra comunione con la Chiesa in Cina

Testo:


1. "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia ma abbia la vita eterna" (Jn 3,16).

Celebrando l'Eucaristia, desideriamo rendere gloria a Dio: Padre Onnipotente, Creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili ed invisibili.

A lui stesso.

Egli, infatti, non solo ha creato il mondo, ma anche ha amato il mondo.

E in modo particolare, poi, ha amato nel mondo l'uomo, che ha creato a propria immagine e somiglianza.

Mediante questa immagine e somiglianza di Dio, che porta in sé, l'uomo è destinato alla vita eterna, a partecipare alla vita divina. L'amore di Dio per l'uomo consiste nel destinare l'uomo alla vita eterna nella unione con lui.


2. Questo amore si è manifestato ancora maggiormente dopo che l'uomo, mediante il peccato, ha deformato in se stesso l'immagine di Dio e si è esposto al pericolo dell'eterna perdita di Dio. Allora Dio per manifestare ancora più fortemente il fatto di aver destinato l'uomo alla vita eterna e di desiderare per lui l'eterna salvezza, ha dato all'uomo - ed insieme al mondo - il suo Figlio unigenito: "Ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito".

Celebrando l'Eucaristia, desideriamo anche in modo speciale esprimere la nostra fede in Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, Signore nostro, il quale è stato concepito dallo Spirito Santo e, grazie alla sua forza divina, è nato da Maria Vergine. Tutta la Chiesa onora Maria come Genitrice di Dio, cioè Madre di Dio.

L'eterno Padre ha dato il proprio Figlio, nato dalla Vergine, perché l'uomo - nonostante il peccato - "non muoia ma abbia la vita eterna".

Gesù Cristo, compiendo l'amore del Padre, e al tempo stesso a motivo del suo proprio amore per noi uomini, suoi fratelli e sorelle, ha dato la propria vita sulla croce in mezzo a terribili sofferenze e tormenti.

Celebrando l'Eucaristia, non solo ricordiamo la morte in croce di Cristo, ma anche in modo incruento rinnoviamo il suo Sacrificio per la salvezza del mondo.

Diamo a ciò una particolare espressione, dopo la Consacrazione, con le seguenti parole: "Annunziamo la tua morte Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell'attesa della tua venuta".


3. E' proprio questo Sacrificio della nostra Redenzione, che offriamo alla Trinità santissima insieme con tutta la Chiesa. Tutta la Chiesa lo offre, quando un sacerdote, un Vescovo o il Papa celebrano la Eucaristia.

D'altra parte, rinnovando in modo incruento - sotto le specie del pane e del vino - il Sacrificio di Cristo sulla Croce, offriamo a Dio stesso "per Cristo, con Cristo e in Cristo", tutti gli uomini e tutta la creazione: il mondo intero.

Lasciandoci guidare dalle particolari necessità del mondo e degli uomini, offriamo sempre questo santissimo Sacrificio con una precisa intenzione.

Oggi celebro questa solenne santa Messa nella Basilica di san Pietro in Roma secondo l'intenzione della Chiesa in Cina.

Similmente fanno o faranno i Vescovi ed i sacerdoti in tutto il mondo.

Questo ho chiesto a loro e a questo li ho invitati comeVescovo di Roma e successore di san Pietro, al quale per istituzione dello stesso Cristo Signore, secondo l'apostolica ed antichissima tradizione della Chiesa, spetta di "presiedere nella carità". Di questo nostro amore hanno bisogno, e l'attendono, tutta la Chiesa, e in modo speciale i nostri fratelli e sorelle in Cina.


4. Desideriamo pure in modo particolare abbracciare, comprendere, nella comunione di questo Sacrificio Eucaristico, questi nostri fratelli e sorelle, particolarmente amati.

Sappiamo che anch'essi, nella propria patria, compiono la stessa offerta del pane e del vino, che diventa il Sacrificio di Cristo, il suo Corpo e il suo Sangue per la salvezza del mondo.

Essi, in questo Sacrificio, esprimono - insieme con noi - la loro fede, ereditata ormai da numerose generazioni di confessori di Cristo nella loro madre patria: una fede, che è stata provata tra esperienze e sofferenze diverse. Essi esprimono, altresi, le tradizioni della loro nazione, la sua cultura, il suo lavoro quotidiano, i suoi sforzi, che hanno come scopo una vita sempre migliore e più giusta nella loro società.

Portano tutto ciò come offerta nei loro cuori.

E quando depongono sull'altare il pane e il vino come frutto del lavoro delle proprie mani, desiderano esprimere tutte queste loro offerte a Dio nel dono che diventerà nell'Eucaristia il Dono proprio di Gesù Cristo: il suo Corpo e il suo Sangue.

Oh, cuori dei nostri fratelli e sorelle della lontana terra cinese! Siate uniti con noi in questo Sacrificio di Redenzione, così come noi siamo uniti a voi! Abbracci anche voi lo stesso Vangelo di Cristo, la stessa Luce e la stessa forza dello Spirito Santo, la stessa adorazione dell'eterno Padre, Creatore del cielo e della terra.

"Una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo" (Ep 4,5s; 1,3).

O Maria, Madre della Chiesa e Regina della Cina, a te affidiamo i nostri fratelli e sorelle che vivono in Cina. Intercedi per loro presso il tuo Figlio Gesù, nostro Signore e Salvatore, affinché possano vivere la loro fede, restando nell'unità cattolica della sua santa Chiesa.


Amen. 1982-03-21 Data estesa: Domenica 21 Marzo 1982




Recita dell'"Angelus Domini" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La preghiera di tutta la Chiesa per i fratelli e le sorelle cinesi

Testo:


1. Nel gennaio scorso ha indirizzato ai Vescovi di tutto il mondo una Lettera per invitare le Comunità cattoliche a pregare per la Chiesa in Cina e con la Chiesa in Cina. Questa mattina abbiamo offerto nella Basilica di san Pietro il Sacrificio Eucaristico per questa intenzione così sentita dal cuore di tutti.

Incontrandoci ora, come ogni domenica, per l'"Angelus", affidiamo le nostre suppliche alla potente intercessione di Maria santissima, che i fedeli cinesi invocano con fervore e tanta fiducia sotto il titolo di Regina della Cina.

Preghiamo la Madre di Dio e Madre nostra perché ottenga dalla misericordia divina i doni, la luce e le forze spirituali affinché - come ho detto nella citata Lettera - "siano assicurate alla Chiesa che è in Cina le condizioni indispensabili per godere dell'unione anche visibile con la Chiesa di Gesù Cristo, che è "una, santa, cattolica ed apostolica"".

Cari fratelli e sorelle in Cina, tutti noi siamo uniti a voi con il pensiero, con l'affetto e soprattutto con la preghiera. Mediante la preghiera di tutta la Chiesa, voi - anche se lontani - non cessate mai di rimanere nel cuore stesso della nostra grande famiglia cattolica, nella quale Cristo è incessantemente presente, così come ha promesso. In nome suo vi benedico di cuore.

In questa circostanza sono lieto di rinnovare l'espressione della mia simpatia e stima per tutto il popolo cinese, al quale va un augurio sincero di prosperità, di progresso e di pace.


2. Desidero poi ricollegarmi ancora al tema "La Riconciliazione e la penitenza nella missione della Chiesa", tema che ci accompagna durante l'intera Quaresima in considerazione del Sinodo dei Vescovi che è in preparazione.

La prima e fondamentale riconciliazione con Dio in Gesù Cristo e la prima conversione (cioè: penitenza) si compiono nel sacramento del Battesimo.

Nel caso del Battesimo degli adulti questa prima conversione a Dio e la fondamentale riconciliazione con lui in Cristo sono frutto di una lunga preparazione: di una profonda iniziazione. Questa preparazione si chiama - sin dai primi secoli della Chiesa - catecumenato.

Il catecumenato è stato sempre particolarmente intenso nel periodo della Quaresima. Questa tradizione rimane viva anche nei nostri tempi, in cui ricevono il sacramento del Battesimo in gran parte i neonati nell'ambito delle famiglie cristiane. Pero anche nei nostri tempi la Quaresima deve servire - se non alla preparazione della prima conversione mediante il Battesimo - almeno al suo approfondimento e rinnovamento. E quanto spesso essa deve servire alla nuova conversione e riconciliazione con Dio nel sacramento della Penitenza! perciò, specialmente nel periodo della Quaresima, si intensifica la catechesi della Chiesa sotto varie forme (per esempio: in parrocchie, in gruppi o in esercizi spirituali individuali, cosiddetti ritiri).

La catechesi è anche il miglior mezzo per la riflessione sul problema stesso della riconciliazione e della penitenza nella missione della Chiesa, come l'attende da noi il Sinodo dei Vescovi.

Raccomandiamo a Dio questo lavoro quaresimale della Chiesa mediante l'intercessione della Madre del Verbo Incarnato.

Mercoledi, 24 marzo, ricorrerà il II anniversario della morte di Mons.

Oscar Arnulfo Romero, Arcivescovo di San Salvador, che, vittima indifesa, diede la vita per la Chiesa e per il popolo del suo amato paese.

Ricordando la figura di questo zelante Pastore, preghiamo il Signore affinché l'offerta della sua vita e il sacrificio di tante altre vittime ottengano che la nazione salvadoregna trovi presto, nella riconciliazione e con la collaborazione di tutti, una soluzione giusta per i gravi probleini che la tormentano.

Possano finalmente quei nostri fratelli, tanto provati, conseguire il grande bene della pace e un progresso umano, sociale e politico della loro grande comunità nazionale.

[Omissis, ad un gruppo di Sacerdoti colombiani, pronunciato in lingua spagnola] Ai membri del "Movimento Apostolico Ciechi" Desidero rivolgere un cordiale e beneaugurante pensiero al "Movimento Apostolico Ciechi", che celebra oggi l'annuale "Festa della Luce", nella città di Avellino, come manifestazione dello spirito di solidarietà di tutti i suoi Membri nei confronti dei fratelli e delle sorelle delle zone colpite dal terremoto.

Al benemerito Movimento va il mio sincero ed affettuoso compiacimento, con l'auspicio che esso possa continuare a svolgere con crescente impegno il suo apprezzato servizio, a favore dei fratelli non vedenti, non solo in campo nazionale ma anche in alcune zone del Terzo Mondo. Mentre invoco la grazia di Cristo "Luce del Mondo", imparto di cuore la propiziatrice benedizione apostolica.

Ai cantori-salmisti delle Comunità neocateumenali Rivolgo un saluto cordiale ai cantori-salmisti delle comunità noecatecumenali, venuti a Roma per un raduno di preparazione alla liturgia del triduo pasquale.

Carissimi, il mistero del Cristo risorto, che vi apprestate a celebrare con i vostri canti, sia testimoniato anche dalla vostra vita, così che dall'accordo armonioso delle parole e delle opere sia esaltato davanti al mondo Colui che "morendo ha distrutto la morte e risorgendo ci ha ridato la vita".

A tutti voi ed ai vostri cari la mia apostolica benedizione.

Ad un gruppo di ciclisti.

Saluto anche i ciclisti venuti da Ostia. Carissimi giovani, esprimo anche a voi la stima che ho più volte manifestato a quanti praticano lo sport, ed auspico che le vostre competizioni siano propizia occasione per rinsaldare ed accrescere valori di solidarietà fraterna, di mutua collaborazione e di personale disciplina interiore. Con la mia benedizione apostolica.




1982-03-21 Data estesa: Domenica 21 Marzo 1982




Al Sacrario delle Fosse Ardeatine - Roma

Titolo: Ascoltiamo le parole delle vittime: vinca l'amore, non l'odio

Testo:


1. Nell'approssimarsi del trentottesimo anniversario dell'eccidio di 335 persone - ragazzi, giovani, uomini maturi, anziani - sono venuto in mesto pellegrinaggio in questo luogo, dove il 24 marzo 1944 si compi la loro sanguinosa soppressione.

Sono venuto per pregare il Signore - Dio misericordioso e pietoso (cfr. Ex 36,6), Dio Amore (cfr. 1Jn 4,8), Dio supremo Giudice e Dominatore della storia - per le anime di questi nostri fratelli, le cui spoglie pietosamente raccolte riposano qui, in attesa della risurrezione.

Il Signore conceda loro il riposo eterno, la felicità senza fine.


2. Sono venuto per dire a voi, familiari delle vittime, i sentimenti della mia sincera commozione e della mia profonda partecipazione al vostro dolore, per questa tremenda ferita, ancora aperta nei vostri animi.

Voglia l'Onnipotente esservi di conforto ed aprire i vostri cuori alla serena speranza dell'immortalità beata!


3. Sono venuto per ascoltare, insieme con voi, le parole, forti e chiare, degli scomparsi, vittime della logica irrazionale e dissennata della barbarie omicida.

Qui, dove la violenza si è scatenata in smisurata follia, essi invitano tutti alla solidarietà, alla comprensione, e ci assicurano che la vittoria definitiva sarà quella dell'amore, e non quella dell'odio; essi ci avvertono che quando si nega e si offende Dio, si nega e si offende anche l'uomo, abbassandolo a strumento dei propri capricci, delle proprie ideologie, dei propri progetti di potenza e di sopruso; essi chiedono che il loro dolore non sia stato inutile per la società umana, e che Roma, l'Italia, l'Europa, il mondo vivano nella giustizia, nella concordia, nella pace, nel vicendevole rispetto dei diritti. inalienabili della persona umana, creata ad immagine e somiglianza di Dio (cfr. Gn 1,26).

E mentre elevo al Signore la mia orazione di suffagio per gli scomparsi - perennemente viventi in Dio e nei nostri cuori - imparto a voi la mia confortatrice benedizione apostolica.




1982-03-21 Data estesa: Domenica 21 Marzo 1982




L'omelia alla parrocchia di san Sebastiano - Roma - Domenica 21 marzo 1982


Titolo: Guardiamo la croce con gratitudine e con il senso della più grande responsabilità


Cari fratelli e sorelle!

1. Dice Gesù a Nicodemo le seguenti parole: "E come Mosè innalzo il serpente nel deserto così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna" (Jn 3,14s).

Ricordiamo, prima, il fatto al quale si riferisce il Signore nel colloquio con Nicodemo. Il popolo di Israele, in cammino verso la terra promessa, subi nel deserto la prova dei serpenti velenosi, che fecero morire molti israeliti. Allora Dio, per intercessione di Mosè, ordino di costruire un serpente di rame e di esporlo in alto agli occhi del popolo: chi lo guardava restava in vita (cfr. Nb 21,6-9).


2. Il serpente che Mosè innalzo nel deserto è divenuto figura di Cristo innalzato sulla croce.

In questo "innalzare", cioè nella crocifissione di Cristo, si rivelerà - secondo le parole di questo stesso Cristo pronunciate a Nicodemo - l'amore di Dio per il mondo: "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Jn 3,16).

L'amore di Dio per il mondo - per l'uomo vivente nel mondo - è a "misura" di Dio. Il metro di Dio è la Vita eterna. Secondo questa misura, Dio ha programmato il mondo e l'uomo nel mondo. perciò l'ha creato come sua "immagine e somiglianza". Il segno della vocazione alla vita eterna, secondo il testo dei primi capitoli della Bibbia (Gn 3), era "l'albero della vita". Da questo "albero" l'uomo si è staccato mediante il peccato, ed è stato da esso allontanato per il corso della storia umana.

Non pero nell'eterno pensiero e nella volontà di Dio, che è amore e misericordia.

Leggiamo, a questo proposito, nella lettera agli Efesini le parole di san Paolo: "...Dio ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatto rivivere con Cristo" (2,4s).

L'albero della croce è diventato per l'umamità, dopo il peccato, l'albero della vita.

Cristo dice a Nicodemo: "Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui" (Jn 3,17).

"Salvo" vuol dire introdotto alla vita eterna, alla partecipazione della vita di Dio stesso.

Scrive ancora l'Apostolo: "Per questa grazia infatti siete salvi mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù".


3. Leggiamo le magnifiche e profonde parole dell'odierna Liturgia, che attingono - in un certo senso alterandosi - dal Vangelo di Giovanni e dalla lettera agli Efesini. Mediante la parola di Dio ascoltiamo ed accettiamo la chiamata alla partecipazione alla vita di Dio stesso, come nostro eterno destino.

Al tempo stesso, guardiamo la Croce di Cristo. Il nostro destino è scritto definitivamente in questo Segno. In quanti luoghi lo troviamo! In quanti lo collochiamo! Dappertutto si parla solo di questo: "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna".

La Croce è il segno del dono di Dio: il più grande eternamente ideato, soprannaturale, a misura di Dio. Ed è anche il segno della fede. Ovunque, in tutti i luoghi della terra, di fronte a tutti gli uomini e ai popoli, la croce significa la stessa cosa: l'amore di Dio e il dono della vita eterna. Se nei singoli luoghi, nell'ambito di vita di alcuni uomini o di gruppi di uomini, notiamo la mancanza di questo segno, potrebbe voler dire che manca la fede; a volte una lotta programmata contro la fede e contro la croce.

"...Perché chiunque crede in lui, abbia la vita eterna". La fede stessa è un dono di Dio, che rende idonei alla vita eterna, che condiziona l'acquisizione di quest'ultimo dono. Questo non è solo una condizione per il futuro: nella fede, infatti, già ora troviamo il fondamento della partecipazione alla vita di Dio. Già in questo mondo.

Con quali ardenti parole scrive a questo proposito l'autore della lettera agli Efesini: "Per questa grazia infatti siete stati salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi ma è dono di Dio; né viene dalle opere perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone che Dio ha predisposto perché noi le praticassimo" (Ep 2,8-10).

Sarebbe difficile presentare in modo ancora più splendido la ricchezza della fede come dono di Dio. Veramente, mediante questo dono, siamo "creati in Gesù Cristo per le opere buone".


4. Bisogna che noi guardiamo la Croce con la più profonda gratitudine e con una fiducia immensa.

Al tempo stesso, bisogna che la guardiamo con il senso della più grande responsabilità.

Tutto il piano divino è opera d'Amore - d'Amore misericordioso. Al tempo stesso esso è indirizzato all'uomo, il quale - proprio perché è immagine di Dio - è anche libero. E può dire a Dio "no". Così ha detto già all'inizio; e lo dice o può continuare a dirlo: sia prima che apparisse nella sua storia la Croce di Cristo, sia dopo.

"Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'Unigenito Figlio di Dio" (Jn 3,17s).

Dunque, la Croce è anche il segno del giudizio.

Che cosa significano queste parole: "Chi non crede è già stato condannato"? A quanto pare, ciò avviene non solamente "dopo... in seguito...". Il Vangelo dice: "Già". può l'uomo essere già condannato mentre è in vita? Ascoltiamo come Cristo, rispondendo a Nicodemo, che è "maestro in Israele", spiega in che cosa consista questo giudizio, del quale la Croce è anche il segno.

"E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvage. Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio". (Jn 3,19-21).

Si. La Croce è segno del giudizio. E il giudizio ha un duplice compito: distinguere il bene dal male ed emettere una sentenza.

Secondo le parole di Cristo a Nicodemo, colui che emette la sentenza, pero, è prima di tutto l'uomo stesso. L'uomo mediante le sue opere - buone o cattive. La sentenza viene emessa prima di tutto nella coscienza.

La Croce di Cristo è testimone di quel giudizio e di quella sentenza. Un testimone muto? No! Un testimone eloquente. Di essa dà testimonianza Colui che il Padre ha "mandato nel mondo", perché il mondo si salvi per mezzo di lui: Testimone e Salvatore. E noi, a nostra volta, siamo "creati in Cristo Gesù per le opere buone".

Se, dunque, non veniamo salvati, se ci condanniamo mediante le opere del male, è perché "non siamo venuti alla luce": a questa Luce, che è proprio la Croce di Cristo. Non "abbiamo operato la verità". Non abbiamo cercato "che le nostre opere siano fatte in Dio": fatte cioè, in questa Luce che viene dalla "verità" delle parole di Cristo e della sua Croce. Queste realtà, infatti, testimoniano l'amore di Dio, il quale è la fonte, la misura e l'ispirazione di ogni opera buona, così come è anche il suo scopo e il suo definitivo compimento.


5. Accogliete, cari fratelli e sorelle, questa meditazione. Essa riguarda i problemi di ogni uomo, i problemi più profondi, e pone davanti ai nostri occhi il Mistero della Croce di Cristo nella sua luce divina. La mia visita nella vostra parrocchia cade nella quarta Domenica di Quaresima; e alla Liturgia di questa Domenica dobbiamo la Parola di Dio, che è divenuta il canovaccio della presente riflessione.

Desidero allo stesso tempo salutare tutti i presenti a questa Liturgia, a partire dal Cardinale Vicario, al Vescovo di Zona Clemente Riva, al signor Parroco ed ai suoi Collaboratori più diretti, compresa la Comunità Francescana che regge la cura di questa Basilica e delle annesse Catacombe.

In modo particolare intendo salutare tutte le forze vive della parrocchia di san Sebastiano: le numerose Famiglie religiose qui presenti ed operanti, i vari gruppi laicali pastoralmente impegnati, come l'Azione Cattolica, i soci volontari dell'Unitalsi, il gruppo del Vangelo e quello giovanile del dopo-Cresima.

Voglio specialmente sottolineare l'importanza della Catechesi parrocchiale ai vari livelli e nei vari momenti della vita sacramentale della Comunità, e perciò voglio lodare e incoraggiare quanti con generosità e competenza si dedicano ad essa: soprattutto le Catechiste, ma amche i Genitori, che invito a partecipare sempre più responsabilmente all'educazione dei giovani alla fede.

Proprio ai giovani rivolgo la mia parola particolarmente sentita, perché sappiano scoprire sempre più in Cristo il senso della loro vita e poi testimoniarlo al mondo con gioia e con decisione. Saluto, inoltre, con speciale affetto gli infermi e assicuro loro la mia preghiera per la loro guarigione e perché siano sempre forti nella fede.

Tutti voi, cari parrocchiani di san Sebastiano, avete un posto nel mio cuore, e prego il Signore che vi assista sempre nella vostra vita familiare e professionale; e che faccia ognor più della vostra parrocchia un'autentica comunità cristiana, che viva a fondo il Vangelo e lo sappia luminosamente presentare agli altri.


6. Cari fratelli e sorelle! Che non vi abbandoni mai la Croce di Cristo come fonte di certezza che "Dio ha amato il mondo in essa": che ha amato l'uomo.

Che non vi abbandoni mai la speranza della vita eterna.

Non cessate di tendere ad essa, amando la luce - ed avvicinandovi sempre ad essa. A questa luce che è la Croce di Cristo. E la sua Risurrezione. Alla luce che è Cristo stesso (Jn 8,12).


Amen.




A dirigenti della Confederazione Latinoamericana dei Lavoratori - La dignità umana sia criterio di servizio



Cari fratelli, dirigenti della Confederazione latinoamericana dei lavoratori.

Con piacere ho accettato la richiesta di un incontro con voi, rappresentanti qualificati del mondo del lavoro, al quale mi uniscono tanti ricordi e vincoli di stima profonda.

Mi compiaccio di vedere in questo settore della società, a partire dalla vostra presenza come uomini e come cristiani, una ammirevole capacità di condivisione, che tanto arricchisce l'essere umano; soprattutto quando non solo anima una solidarietà esterna tra le persone, famiglie o gruppi sociali, ma si apre alla sfera dello spirito, condividendo anche le ricchezze religiose e morali.

Desidero innanzitutto esprimervi il mio più vivo apprezzamento per il messaggio che mi avete inviato alcuni mesi or sono, per manifestare la vostra piena identificazione con lo spirito e gli orientamenti dell'enciclica "Laborem Exercens". Ho apprezzato anche le vostre iniziative in favore della diffusione, lo studio e l'attuazione di questo Documento pontificio tra i lavoratori dell'America Latina. Tanto più che la vostra Confederazione conta su più di nove milioni di lavoratori in questo "continente della speranza". Vi incoraggio, poi, a continuare a prestare attenzione ai principi etici che ispirano l'insegnamento sociale della Chiesa.

Il lavoro sindacale è una vera vocazione che deve servire alla autentica partecipazione dei lavoratori nella difesa e promozione dei loro valori e interessi vitali: a partire dalla loro dignità integrale come persone, sia per quanto riguarda le loro necessità economiche individuali, familiari, culturali ed etiche, sia in vista di una partecipazione pubblica finalizzata al bene comune.

Non ignoro le difficoltà e gli ostacoli che il vostro servizio sindacale deve affrontare davanti a condizioni di vita e di lavoro, molte volte dure, di milioni di lavoratori, così come per le indebite restrizioni che attentano al legittimo diritto della libertà di associazione. O anche per le pressioni ideologiche che tendono a ridurre l'azione sindacale a funzioni burocratiche lontane dalla vita dei lavoratori, o limitate a meri orizzonti economicistici.

Il sindacalismo viene deformato se diviene espressione di corporazioni chiuse in se stesse o strumento di manipolazioni da parte di interessi ideologici e politici. Al contrario, esalta la sua missione quando, in un clima di rispetto verso ogni gruppo sociale e al di sopra degli odi, assume la dignità umana integrale come criterio di servizio a tutti i lavoratori, come presa di coscienza del significato profondo del lavoro nella realizzazione dell'uomo, come ricerca di elevazione e democratizzazione autentica degli ambienti del lavoro e della vita sociale. E' questo il substrato etico che deve ispirare e guidare l'attività sindacale.

Molte speranze può offrire in America Latina un sindacalismo rinvigorito nella prova, se è capace di divenire interprete delle migliori tradizioni popolari e nazionali di matrice cristiana e basate sugli insegnamenti sociali della Chiesa. Dall'incontro cordiale e rispettoso tra la Chiesa e il mondo del lavoro possono nascere tanti frutti di quella "civiltà dell'amore" che hanno auspicato il mio predecessore Paolo Vl e i Vescovi latinoamericani a Puebla.

La Chiesa continua ad offrire al mondo del lavoro la presenza stimolante e portatrice di speranza di Cristo, Signore della storia, che invita i sistemi economici, le culture, le persone, i gruppi sociali, gli Stati e l'ordinamento internazionale ad aprirsi a nuove prospettive di azione in favore dell'uomo, a partire dalla comune figliolanza in Dio Padre e dalla conseguente fraternità tra tutti gli uomini.

A conclusione di questo incontro, saluto in voi, con grande stima ed affetto, tutti i lavoratori dell'America Latina e prego Dio affinché benedica voi, le vostre famiglie e coloro che rappresentate.




1982-03-23 Data estesa: Martedi 23 Marzo 1982




A Vescovi francesi in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Favorite la partecipazione responsabile dei laici alla vita pastorale delle diocesi

Testo:

Cari fratelli nell'Episcopato.


1. E' per me una grande gioia accogliervi per la prima volta in visita "ad limina".

Durante questa settimana, vissuta presso il successore di Pietro e le Congregazioni romane che l'assistono nel suo compito pastorale della Chiesa universale, voi portate nel vostro spirito e nel vostro cuore tutte le realtà ecclesiali e i problemi umani del Centro della Francia. I vostri lavori di analisi e di sintesi, ed anche uno sguardo alla carta della vostra regione, mi hanno aiutato a meglio cogliere il profilo delle vostre Chiese locali che si situano nella Touraine, nel Blésois, nella Beauce, nel Berry, nel Bourbonnais, nella Sologne, nel Gâtinais, nel Nivernais, nell'Auxerrois e nel Sénonais. Che panorama di ricchezze storiche e artistiche! Che varietà di sensibilità umane e di temperamenti! Ed anche quanti problemi per queste popolazioni, in generale vicine alla Chiesa, ma abbastanza lontane da una pratica religiosa regolare, anche se molto attente a conservare legami episodici con le parrocchie delle vostre diocesi.


2. In questo preciso contesto vorrei confermare il vostro coraggio pastorale, che è grande, lo so. Avete ben ragione di vivere sempre più vicini al vostro popolo.

In un certo senso questa vicinanza, che ho raccomandato ai vostri confratelli dell'ovest, mi appare ancora più urgente. Il Vescovo, percorrendo senza posa la sua diocesi, non deve sostituirsi ai responsabili locali. Ma, in mezzo ai suoi sacerdoti e ai suoi fedeli egli è portatore di una grazia speciale per rinserrare, tessere insieme tutte le fibre umane e cristiane, che anche riunioni modeste rendono visibili, perché si formino comunità di credenti.

Il mio venerato predecessore Paolo Vl si era soffermato, cinque anni or sono, a confermare le vostre convinzioni su alcuni punti essenziali: le vocazioni sacerdotali, le assemblee domenicali, la catechesi. Senza che le sviluppi oggi di nuovo insieme con voi, desidero assicurarvi comunque che vi attribuisco la medesima importanza. E l'invecchiamento del clero, per esempio, è come un appello ancora più pressante a mettersi al lavoro per risvegliare e sostenere le vocazioni al presbiterato e al diaconato. Si potrebbe anche ricordare con altrettanta insistenza il posto delle religiose nella pastorale. Questa è per voi una preoccupazione profonda, condivisa nella preghiera dai migliori fra i vostri diocesani.

Oggi, fermo la mia attenzione su due altri aspetti complementari che mi sembrano rispondere alla vostra preoccupazione di preparare l'avvenire: la necessità di associare ancora di più i laici e quella di assicurare in particolare l'evangelizzazione dei giovani. Mi sembra in effetti che il vostro compito episcopale fondamentale è attualmente quello di aiutare i vostri sacerdoti a vivere il loro ministero presbiterale in maniera nuova, voglio dire suscitando sempre più e sempre meglio la collaborazione dei laici, senza confusione di persone e di funzioni. Questo sostegno dei vostri sacerdoti su una tale strada suppone che voi facilitiate loro, a loro innanzitutto, tutte le risorse teologiche e spirituali indispensabili.


3. I laici: diciamo innanzitutto per onestà e gratitudine, che essi hanno portato alla Chiesa, durante tutta la sua storia, un contributo apostolico, talvolta notevole, sotto svariate forme. Ma il Concilio Vaticano II, prendendo una coscienza più viva del loro apporto specifico in una visione ecclesiologica piu completa, e alla luce dei suoi bisogni attuali, ha riproposto e stimolato "l'apostolato dei laici" (cfr. LG 30-38 e "Apostolicam Actuositatem").

E le comunità cristiane ne sono sicuramente segnate. Tuttavia, ci sarebbe ancora molto da fare per aprire a queste forze vive del laicato cristiano tutto il possibile campo di iniziative e d'azione, per prepararli e formarli al loro ruolo, per articolarli con il ministero dei sacerdoti e la testimonianza dei religiosi.

E questo innanzitutto a livello delle convinzioni. Certo c'e una sete di partecipazione attiva e di responsabilità sempre più diffusa presso gli uomini e le donne della società civile. Ma la società ecclesiale ha per se stessa delle motivazioni non meno grandi: il battesimo e la confermazione costituiscono un appello, un mandato a prendere la propria responsabilità in tutti i settori della vita comunitaria: preghiera, testimonianza, apostolato, servizi molteplici. Non si tratta dunque di un bisogno che deriva dalla rarefazione dei preti e dei religiosi, anche se questa rarefazione ne può stimolare la presa di coscienza. C'e in ogni comunità cristiana, pur ristretta, delle possibilità che aspettano di essere messe in azione. L'apostolo Paolo, nelle comunità che fondava, sapeva meravigliosamente suscitare o piuttosto incoraggiare questa diversità di doni o di servizi che sono anche l'opera dello Spirito (cfr. 1Co 12,4-7). Possano i laici mostrare, in questo campo, più convinzione e generosità! E possano anche i sacerdoti accettare ancora più ampiamente questa visione ecclesiologica, risvegliare nei laici la comprensione della loro propria vocazione, affidare loro reali responsabilità. Molti sacerdoti soffrono di essere soli, di affrontare dei compiti che superano le loro forze e li comprendiamo: ma essi hanno saputo, con la loro confidenza, creare il clima che permette ai laici di offrire loro aiuto? Mi sembra che dovete ancora aiutare i vostri sacerdoti, peraltro così meritevoli, a meglio comprendere il loro ruolo di stimolatori.


4. Sul piano pratico, è importante anche concepire con più immaginazione e audacia i possibili settori di partecipazione dei laici, che sono ben lontani dall'essere esplorati.

Pensiamo naturalmente al campo dell'azione cattolica, generale e specializzata, che, per definizione, è un apostolato proprio dei laici per lavorare, come dall'interno, alla santificazione delle realtà temporali, all'evangelizzazione delle mentalità, dei luoghi di cultura. So che voi siete, giustamente, preoccupati di promuovere un tale apostolato e di vegliare sulla sua autenticità, affinché manifesti veramente uno spirito cristiano al cuore delle realtà sociali. Si potrebbero aggiungere altre associazioni di laici cristiani che cercano di testimoniare la fede, di educare, di incarnare la carità. Come dicevo ai laici durante il mio viaggio in Francia il 31 marzo 1980, bisogna sempre promuovere tra le associazioni e i movimenti una stima reciproca, un dialogo, una concertazione, una collaborazione, perché è l'evangelizzazione e la testimonianza che bisogna ricercare sotto differenti aspetti complementari.

Ci sono anche molti altri laici cristiani che, senza sentire una vocazione specifica ad un apostolato organizzato, sono comunque attenti a ricoprire bene il loro ruolo di padri e madri di famiglia, vale a dire ad educare i loro figli alla fede, alla preghiera, ai gesti religiosi, alle esigenze morali e spirituali della vita. Se i genitori sono essi stessi poco credenti e poco praticanti, non si tratta - e voi ne siete ben convinti - di liberarli da un tale dovere, ma di aiutarli a compierlo, completandolo. In questo senso, avete molto sviluppato la partecipazione dei genitori alla catechesi dei loro figli, o di un gruppo di bambini vicini. Questa assunzione di impegno, che fa progredire le stesse famiglie, è un mezzo e un segno di vitalità dei laici, che comporta evidentemente altre esigenze di formazione per questi catechisti o questi "accompagnatori", affinché l'iniziazione religiosa corrisponda veramente alla fede della Chiesa.

Ma io volevo ricordare soprattutto i molteplici settori della vita delle comunità cristiane in cui i laici possono riscoprire la loro responsabilità e apportare un attivo contributo: diversi compiti educativi, gestioni di bilanci, sostegno della preghiera in riunioni domenicali che non possono, purtroppo, sempre beneficiare della presenza del sacerdote, animazione di assemblee liturgiche presiedute dal sacerdote, cooperazione nella preparazione al sacramento del battesimo, della cresima, del matrimonio; ecc. Non voglio continuare un inventario che voi conoscete molto bene poiché vi lavorate. Ma con voi auspico profondamente che la partecipazione dei laici - sia che si tratti di permanenti o volontari - si sviluppi e si congiunga con giudizio all'azione del sacerdote e del diacono. E' chiaro che il sacerdote deve mantenere tra i laici il suo ruolo di stimolatore, di formatore, di coordinatore, senza parlare poi degli atti che si riferiscono propriamente al suo sacerdozio ministeriale e che devono essere l'essenziale della sua vita: insegnamento autorizzato delle verità della fede, formazione delle coscienze, impulso alla preghiera, dono della grazia di Dio attraverso i sacramenti, in particolare l'Eucaristia e la riconciliazione. Prospettiva stimolante per i laici e per i sacerdoti, il prepararli, la quale compete a voi!


5. Voi siete, cari fratelli, particolarmente preoccupati dell'avvenire religioso dei giovani. Avete del resto a cuore di incontrarli sul posto, nelle loro riunioni, come io ho fatto in ciascuna delle mie visite pastorali.

Non credete, prima di tutto, che bisogna parlarne con una grande fiducia? L'ho ripetuto recentemente nello stadio di Libreville, così come in tutti i paesi in cui sono passato: il nostro mondo ha un avvenire grazie ad essi. Quale ricordo incoraggiante mi rimane, per la Francia stessa, del nostro incontro al Parco dei Principi! E so che a Lourdes, i diecimila giovani del Congresso eucaristico hanno dimostrato una profondità di fede, una qualità di preghiera, un'apertura di carità che hanno suscitato l'ammirazione. Certo, si tratta di gruppi ferventi e ristretti: immagino senza fatica che essi si ritrovino spesso dispersi in una massa di giovani che ignorano quasi tutto della fede e ai margini della Chiesa. Ma rimane il fatto che, malgrado l'attuale clima di secolarizzazione o di permissivismo, questi giovani cristiani convinti e generosi esistono e potrebbero essere piu numerosi. Come farli sorgere, fortificarli, permettere loro di avere la piena diffusione? Non sarebbe innanzitutto una questione posta alla vita stessa degli adulti? Certo, malgrado l'esempio di adulti ammirevoli, molti giovani rimangono fragili, molto poco impegnati, poco perseveranti, tentati da facili soluzioni, e conviene evitare ogni demagogia a loro riguardo. Bisogna d'altra parte sottolineare che molti soffrono per la disoccupazione, per altri handicaps sociali, e più ancora di un vuoto morale, di un orizzonte fissato ad un benessere immediato, o di situazioni di ingiustizia nel mondo. Ma essi trovano sufficientemente presso gli adulti qualcosa che li liberi dallo smarrimento, dalla paura, dal ripiegamento su di sé, dal dubbio, dal materialismo? In ogni caso, allorché incontrano adulti di tempra solida, convinti, disinteressati, educatori, i giovani accettano più facilmente di lasciarsi guidare da essi.


6. In prima fila fra questi adulti, bisogna nominare i genitori. Molti tra loro, malgrado la loro buona volontà, sono disorientati davanti all'evoluzione dei loro figli. Sono a volte anche colpevolizzati in maniera esagerata, perché le molteplici influenze che vengono dall'esterno della famiglia possono rovinare gli sforzi più validi. Tuttavia, l'opera educativa dei genitori, dopo la prima infanzia fino all'adolescenza, rimane di capitale importanza, e la Chiesa ha il dovere di aiutare i genitori a far fronte, con coraggio, avvedutezza pedagogica, pazienza e fede, al loro ruolo difficile e così meritevole.

Precisamente un contributo scelto rimane quello della catechesi. La Chiesa in Francia, l'ho già notato, dispiega uno sforzo considerevole per i bambini, almeno per quelli i cui genitori chiedono che siano catechizzati. Ma voi soffrite nel vedere che ben pochi fra gli adolescenti che sono battezzati seguono una catechesi regolare durante tutti i loro studi secondari, nella scuola pubblica, malgrado gli sforzi degli insegnanti di religione, e anche a volte nella scuola cattolica. Certo gli adolescenti vogliono giungervi liberamente, ma ci si è impegnati a fondo in una proposta qualificata fatta da testimoni convinti? Allo stesso modo, in generale, la scuola cattolica è adatta a fornire un mezzo educativo che può aiutare il giovane ad approfondire la sua fede con lo stesso ritmo della sua cultura e a sviluppare i suoi doni in un clima di fraternità, di servizio e di libertà ben compresa. Sono felice di rendere questo omaggio all'insegnamento cattolico, in presenza del Presidente della Commissione episcopale di questo insegnamento, di cui conosco e approvo lo zelo e la vigilanza, in questo campo. E' qui che bisogna far nascere delle équipes legate ad un progetto educativo che sia in coerenza con il Vangelo.


7. Infine e soprattutto, se i giovani hanno bisogno di essere aiutati e guidati dagli adulti, nell'ambito familiare, parrocchiale, della scuola o dell'insegnamento della religione, sono essi stessi in primo luogo gli apostoli degli altri giovani. I movimenti, le associazioni o i gruppi cattolici di giovani sono per eccellenza i luoghi in cui essi trovano un trampolino di lancio per questo apostolato. Più ancora che gli adulti, essi hanno bisogno di una comunità cristiana che li tocchi, risvegli l'ideale sopito in loro, mostrando loro la possibilità per la loro età, li inviti ad approfondire la loro fede e a viverla passando all'azione. Dobbiamo dunque favorire questi incontri di giovani cristiani evitando i rischi del ghetto, per permettere loro di dare la loro testimonianza comunitaria. Ai Vescovi dell'ovest, ho parlato di punti di riferimento e di comunità visibili capaci di nutrire la fede e di permetterle di esprimersi.


8. Al termine di questo scambio necessariamente limitato, vorrei che voi sentiste profondamente quanto io condivida le vostre preoccupazioni pastorali in questi due campi - laici e giovani - come in tutti gli altri. Vi accompagnero con lo spirito nelle vostre diocesi, e soprattutto con la preghiera: solo la preghiera ci ottiene lo Spirito Santo che vivifica le nostre comunità e suscita operai dell'evangelizzazione.

A qualche giorno di distanza dal Giovedi santo che riunirà i vostri sacerdoti attorno a voi, portate loro l'assicurazione della mia fiducia. Essi sono capaci di dare alle comunità cristiane un volto di speranza suscitando più ampie collaborazioni. A questi sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, a tutti i laici cristiani già impegnati e a molti altri che potranno apportare il loro contributo alla vita e alla diffusione di queste comunità, indirizzo i miei ferventi voti.

Che tutti, in una società spaccata e in mezzo a certe tensioni ecclesiali, si impegnino a vivere e a lavorare insieme, in una comunione fraterna! Con voi, io li benedico di tutto cuore.




1982-03-23 Data estesa: Martedi 23 Marzo 1982





GPII 1982 Insegnamenti - Nella sala del concistoro - Città del Vaticano (Roma)