GPII 1982 Insegnamenti - Al Comitato Internazionale della Croce Rossa - Ginevra (Svizzera)

Al Comitato Internazionale della Croce Rossa - Ginevra (Svizzera)

Titolo: Ogni uomo deve poter contare sul diritto internazionale umanitario

Testo:

Signor Presidente, Signore, Signori.


1. Vi ringrazio vivamente delle parole che avete appena pronunciato nei riguardi dell'azione della Santa Sede e dei miei sforzi. Sono stato molto attento a tutto quello che avete detto del mio paese natio, del Salvador, del Medio Oriente, del Libano, della pace in generale, giacché sono situazioni che stanno profondamente a cuore ai cattolici che io rappresento e che sono sempre ben presenti nella mia preghiera.


2. E' per me una grande gioia salutare, nella sede stessa del Comitato internazionale della Croce Rossa, i rappresentanti qualificati di una Organizzazione nei confronti della quale l'umanità è grandemente debitrice! Infatti, dalla sua fondazione a opera di Henri Dunant or è più di un secolo, questa istituzione, che ha germogliato nel cuore di alcuni cittadini svizzeri generosi, ha incontrato nel mondo intero un'eco di cui è opportuno rallegrarsi.

E per il vostro tramite, piace al Papa rendere, a sua volta, un caloroso omaggio a tutti gli uomini e donne di buona volontà che, nell'ambito della Croce Rossa, non hanno avuto altra ambizione se non quella di servire, per umanità, i loro fratelli e sorelle che soffrivano a causa della disumanità di altri uomini, di conflitti assurdi o di calamità naturali.

Chi non sottoscriverebbe d'altra parte i principi fondamentali della Croce Rossa, adottati in occasione della sua ventesima Conferenza, e inparticolar modo l'impegno di "proteggere la vita" e di "far rispettare la persona umana" senza alcuna discriminazione, di favorire "la comprensione reciproca, l'amicizia, la cooperazione e una pace durevole tra tutti i popoli"?


3. Indubbiamente lo spirito stesso che animava il fondatore della Croce Rossa e i suoi primi collaboratori mi vieta di sottolineare troppo a lungo i benefici che sono dovuti al Comitato internazionale della Croce Rossa, e il mio pensiero va anche evidentemente all'opera ammirevole delle Società nazionali della Croce Rossa, come pure alla loro federazione o lega internazionale. La Croce Rossa ha portato questo aiuto, in mezzo a tante guerre e a tante calamità, alle vittime civili e militari di conflitti armati, ai feriti o malati di tutti i campi, come pure ai profughi, ai prigionieri, alle famiglie disperse e in questi giorni specialmente al Libano. Tale spirito è quello dell'abnegazione, il quale sa trovare la propria ricompensa nella coscienza del servizio reso, nella dedizione che non esita talvolta di fronte al supremo sacrificio, e si manifesta assai spesso nell'esecuzione di compiti oscuri ma quanto necessari! Compiendo le sue missioni di soccorso, di cura e di conforto, dando il necessario impulso e sostenendo le iniziative locali, restando fedele al proposito di neutralità che ha caratterizzato l'intuizione originaria dei fondatori, proponendo con rispetto ma con tenacia il suo intervento nel cuore stesso dei conflitti, la Croce Rossa ha acquisito un'autorità morale nel mondo intero. Sicché l'efficacia della vostra azione non si limita alla molteplicità dei servizi resi per alleviare tutte le sofferenze fisiche e morali incontrate, ma la comprensione che i belligeranti e le pubbliche autorità devono di norma testimoniare alla vostra missione - nel rispetto delle convenzioni - comporta per voi doveri morali che approfondiscono ancora il campo in cui si esercita la vostra responsabilità presso gli Stati e le organizzazioni internazionali. Si, voi contribuite a sviluppare il diritto internazionale umanitario, di cui cercate continuamente di ampliare il campo di applicazione.


4. A tal riguardo, nell'ambito dei diritti dell'uomo, mi permetto di insistere ancora sulla tortura e gli altri trattamenti disumani. I Governi che aderiscono alle quattro Convenzioni di Ginevra si sono d'altro canto impegnati a vietare tali trattamenti e ad autorizzare i delegati della Croce Rossa a visitare gli internati e a intrattenersi con i detenuti senza testimoni. Io auspico che, anche su questo punto, le vostre missioni siano accettate in tutti i paesi, per allontanare questa piaga sanguinante della umanità. In tal modo, con i vostri mezzi specifici, voi contribuite a instaurare il rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo e della sua dignità, riunendo d'altra parte senza distinzioni tutti coloro che, credenti o non credenti, si appassionano per questo ideale.


5. In questo servizio dell'uomo, i cristiani raggiungono facilmente gli scopi e la pratica della Croce Rossa. Essi trovano nella loro fede uno stimolo e delle motivazioni supplementari per vedere nell'uomo ferito, avvilito o nell'indigenza, un prossimo da amare e da soccorrere, quale che sia la sua dignità; anzi, essi vi ritrovano l'immagine stessa del Cristo che si è identificato con il prigioniero, con il malato, con lo straniero, con l'uomo privo di tutto. Quante pagine del Vangelo assumono in questo caso un rilievo impressionante, a cominciare dalla parabola del buon Samaritano! E per quanto riguarda la tortura, il cristiano viene messo a confronto fin dalla sua infanzia con la narrazione della passione del Cristo. Il ricordo di Gesù, denudato, colpito, schernito fin nelle sofferenze dell'agonia, dovrebbe sempre fargli rifiutare di veder applicato un trattamento analogo a uno dei suoi fratelli in umanità. Spontaneamente, il discepolo del Cristo respinge ogni ricorso a simili mezzi, che nulla potrebbe giustificare e in cui la dignità dell'uomo viene avvilita tanto in colui che viene colpito quanto nel suo carnefice.


6. La Chiesa cattolica, dal suo canto, si incontra volentieri con le vostre organizzazioni. Durante le due ultime guerre mondiali, ad esempio, è stato svolto un lavoro di concerto tra le iniziative della Croce Rossa e quelle delle organizzazioni di carità cattoliche. Tale collaborazione è continuata, per assistere le popolazioni affamate dalla guerra o le vittime delle calamità naturali, tra le varie opere sostenute dalla Chiesa e il Comitato Internazionale della Croce Rossa e le Società della Croce Rossa. Si sono stabiliti già importanti rapporti sul campo, e io mi rallegro che la Santa Sede e il Comitato Internazionale della Croce Rossa stiano studiando forme di collaborazione più vaste nelle attività in favore della pace.


7. Infine, per raggiungere gli scopi che essa si è prefissa, la Croce Rossa deve essere garantita del rispetto delle Convenzioni internazionali e dei Protocolli aggiuntivi dai vari Stati e dalle autorità alle quali compete l'applicazione dei provvedimenti saggi. Con voi, io rivolgo un pressante appello affinché vengano sinceramente e scrupolosamente osservate le leggi umanitarie contenute in queste Convenzioni e anche affinché esse vengano all'occorrenza completate da strumenti internazionali contro i trattamenti disumani e la tortura in particolare. Esse potrebbero fornire serie garanzie per la salvaguardia fisica e psicologica delle vittime e per il rispetto che è loro dovuto. Ogni uomo dovrebbe ovunque poter contare su tali garanzie. Ed è dovere di ogni Stato, che si preoccupi del bene dei propri cittadini, sottoscrivervi senza riserve e avere a cuore di metterle in atto.


8. Lieto di avervi potuto esprimere la mia stima e i miei incoraggiamenti a proseguire l'opera intrapresa, prego Iddio, il Dio "ricco di misericordia", di benedire tutti coloro che, nei servizi della Croce Rossa, alla stregua della carità cristiana, sanno manifestare alle persone che si trovano nello sconforto, e sanno suscitare nei loro confronti, un rispetto e una dedizione che umanizzano il nostro mondo tormentato e dilaniato. E io lo prego affinché ispiri tali sentimenti a un numero sempre crescente dei nostri contemporanei. Possa l'umanità ascoltare ancor di più l'appello che ha profondamente scosso Henri Dunant: "Siamo tutti fratelli"!




1982-06-15 Data estesa: Martedi 15 Giugno 1982




Al Centro europeo per la ricerca nucleare - Ginevra (Svizzera)

Titolo: Armonizzare i valori della tecnologia con i valori della coscienza

Testo:

Signor Direttore Generale, Signore, Signori, e cari amici.


1. Mi sento onorato di rendervi visita oggi. E vi esprimo tutta la mia gratitudine per il vostro invito e la vostra accoglienza in questo Centro dell'Organizzazione europea per la ricerca nucleare. Si, sono molto felice d'incontrare voi e le vostre famiglie.

Le cose prodigiose che mi avete mostrato e spiegato, mi fanno capire meglio la funzione essenziale del CERN, già da quasi trent'anni: quella di mettere a disposizione degli scienziati - credo che siano più di duemila, provenienti da 140 università o laboratori nazionali - delle installazioni di ricerca in fisica delle particelle che non potrebbero essere ottenute mediante le sole risorse nazionali di ogni paese. Così il CERN è il principale centro europeo di ricerca fondamentale sulla composizione della materia, e in questo campo trova il suo posto tra i più grandi centri del mondo.


2. Ciò che prima di tutto vi caratterizza è che voi siete dei ricercatori. Ciò che vi riunisce, ricercatori e tecnici, è la vostra competenza al servizio di una causa totalmente disinteressata: la ricerca pura, al solo scopo di far avanzare la conoscenza scientifica. Voi lo fate grazie agli strumenti di alta qualità che sono a vostra intera disposizione, specialmente gli acceleratori di particelle e gli anelli di stoccaggio a intersezioni; ma ciò che vi guida è la passione della scoperta.


3. Questo nobile ideale della ricerca scientifica, voi lo perseguite in comune.Oggi, in un campo che richiede tanti strumenti, tante competenze e un gran numero di dati informatici, non potrebbe essere diversamente. Non si possono più immaginare dei ricercatori isolati. Ma credo di poter sottolineare la larga partecipazione, l'atteggiamento di collaborazione, lo spirito d'apertura che sottolineano in particolare l'atmosfera di lavoro del CERN e che molto l'onora.

Anche il luogo del vostro laboratorio è simbolicamente a cavallo del territorio francese e svizzero. Voi venite da dodici stati membri che sostengono generosamente questa prestigiosa impresa, ma accettate anche altri scienziati venuti dall'Ovest o dall'Est, appartenenti a paesi impegnati in politiche molto differenti. Indipendentemente dagli interessi politici o dalle ambizioni personali, voi lavorate gli uni e gli altri in gruppo, uniti nella stessa ricerca, ed è quello che vi permette di stabilire delle comunicazioni ad un livello veramente mondiale. Si, qui si realizza veramente uno degli aspetti più belli della scienza: quello di unire gli uomini.


4. Ma mi soffermo un poco su quanto forma la specificità della vostra ricerca: essa esplora sempre più profondamente l'intima struttura della materia, quindi, ciò che si può chiamare "l'infinitamente piccolo", al limite di ciò che è misurabile nel microcosmo, atomi, elettroni, nucleo, protoni, neutroni, quarks...

Insomma sono i segreti della materia, della sua composizione e della sua energia fondamentale che voi cercate di decifrare. Per questo, tutti gli ambienti scientifici, ma anche tutto il mondo culturale che ama riflettere su tali problemi e, si può dire, tutti gli uomini, sono interessati o almeno sollecitati, perché si svela una parte del loro mistero.


5. Dico "una parte". Perché davanti all'immensità e alla complessità delle cose ancora da scoprire in questo campo, voi siete, da veri scienziati, colmi d'umiltà.

Esistono delle componenti elementari e indivisibili della materia? Quali sono le forze che agiscono tra esse? E' come se queste domande indietreggiassero man mano che voi avanzate.

E soprattutto, sorgono altre domande più fondamentali ancora per la conoscenza, ma che sono ai limiti delle "scienze esatte", delle scienze della natura, o piuttosto già al di là, nel campo filosofico. Anche la vostra scienza permette di porle meglio ai filosofi e ai credenti: qual'è l'origine del cosmo? E perché troviamo l'ordine nella natura? Se vi fu un tempo in cui certi scienziati furono tentati di rinchiudersi in un atteggiamento imbevuto di "scientismo" - che era più una scelta filosofica che un atteggiamento scientifico, volendo ignorare altre forme di conoscenza -, questo tempo è compiuto. La maggior parte di scienziati ammettono che le scienze naturali, col loro metodo basato sulle esperienze e sulla riproduzione dei risultati, coprono solo una parte della realtà, o piuttosto la raggiungono sotto un certo aspetto. La filosofia, l'arte, la religione, e soprattutto la religione che è conscia di collegarsi a una rivelazione trascendente, percepiscono altri aspetti della realtà dell'universo e soprattutto dell'uomo. Pascal parlava già, in un altro senso è vero, di tre ordini di grandezza nell'uomo, le grandezze di potenza, le grandezze d'intelligenza e le grandezze dell'amore, ciascuna di esse superando infinitamente l'altra e chiamando del resto questo Altro che è il Creatore, Padre di tutti gli uomini, come loro sorgente e loro termine, perché "l'uomo supera infinitamente l'uomo".


6. D'altronde, di questo uomo, anche voi mettete in luce la grandezza e il mistero. La grandezza del suo potere investigativo, della sua ragione, della sua capacità di raggiungere una più grande verità, la sua potenza di volontà nel generoso perseguimento di un disinteressato lungo cammino. Il suo mistero anche, e, forse, l'abissale novità della ricerca pura sulla natura della materia è infine meno importante della emozionante novità dell'atteggiamento dell'uomo che si sente tutto piccolo di fronte a queste scoperte. Si, quale cambiamento nella rappresentazione scientifica del mondo, come l'abbiamo ereditata dai nostri padri, come essi l'avevano ricevuta dalle generazioni che li avevano preceduti nella grande comunità degli uomini! Ma, nello stesso tempo anche, permettete al credente che io sono di dirlo in tutta semplicità, quale continuità nel disegno del Dio creatore, che ha fatto l'uomo "a sua immagine e somiglianza", affidandogli la missione di "dominare" tutto il mondo che egli aveva creato per amore, e di cui l'autore del primo libro della Bibbia, la "Genesi", non cessa di ripetere con meraviglia: "Dio vide che ciò era buono, Dio vide tutto quello che aveva fatto, ed ecco che questo era molto buono" (Gn 1,31).


7. Voi stessi, fisici, dovete qui dispiegare le vostre energie e la vostra competenza con i soli metodi scientifici delle scienze della natura. Ma come uomini, non potete non porvi quelle altre domande fondamentali, esistenziali, di cui parlavo, alle quali rispondono la saggezza filosofica e la fede. Vi auguro di essere anche su questo terreno degli uomini di ricerca, poiché sapete che non potrebbe esistere opposizione fra questi campi ma piuttosto un'armonia, quella di essere degli uomini aperti alla pienezza della verità. So d'altronde che personalmente un certo numero di voi siete credenti e dividete, per esempio, le convinzioni della fede cristiana, senza che ne derivi alcun disturbo nel rigore del vostro lavoro scientifico, né nel rispetto reciproco che dovete manifestare tra di voi. Direi di più, la struttura fondamentale della materia non rivela a tutti un ordine logico che sembra molto più vicino a un'interpretazione filosofica trascendente dei fenomeni naturali di quello di una concezione puramente materialista? Ai cristiani io dico, come l'affermavo agli studenti e ai professori dell'Istituto Cattolico di Parigi: Possiate "unificare esistenzialmente, nel vostro lavoro intellettuale, due livelli di realtà che si ha troppo spesso tendenza ad opporre, come se fossero antitetici, ossia la ricerca della verità e la certezza di conoscere già la fonte della verità" ("Discorso", 4; 1 giugno 1980: "Insegnamenti", III, 1 [1980] 1581).


8. La Chiesa mantiene bene la distinzione specifica delle conoscenze scientifiche e religiose e dei loro metodi. E' sicura anche della loro complementarità e della loro armonia profonda intorno ad uno stesso Dio creatore e Redentore dell'uomo.

Essa vuole sciogliere ogni malinteso in proposito. Rispetta, nel suo ordine, la scienza della natura che, per essa, non è una minaccia ma piuttosto la manifestazione del Dio creatore. Si rallegra del suo progresso e dunque, Signore e Signori, incoraggia la vostra ricerca fatta nello spirito che vi abbiamo esposto.

Ammette peraltro che la cultura scientifica di oggi chiede ai cristiani una maturazione della loro fede, un'apertura al linguaggio e alle domande degli scienziati, un senso dei livelli del sapere e dei diversi approcci della verità.

Insomma, essa desidera che il dialogo fra scienza e fede, anche se storicamente ha conosciuto tensioni, entri in una fase sempre più positiva e si intensifichi ad ogni livello.

L'amore della verità, ricercata con umiltà, è uno dei grandi valori capaci di riunire gli uomini di oggi attraverso le varie culture. La cultura scientifica non si oppone né alla cultura umanistica, né alla cultura mistica.

Ogni cultura autentica è apertura verso l'essenziale, e non esiste verità che non possa diventare universale.

Per questa ragione, ho voluto creare recentemente a Roma un "Consiglio Pontificio per la cultura", ben conscio di questa realtà fondamentale che unisce tutti gli uomini, e ho voluto esplicitamente che questo Consiglio sia aperto a tutti i ricercatori e ai centri di ricerca. Questo vi dice bene quanto io mi rallegri dell'apertura del CERN a tutti coloro che vogliono partecipare alle sue ricerche anche se questi ricercatori non sono parte integrante della sua struttura. La vera ricerca, come la cultura, riunisce comunità di uomini, al di là delle frontiere e delle diversità di ogni tipo.


9. L'ho detto all'inizio: voi vi dedicate alla ricerca pura. Proprio in questo luogo, i tecnici sono al servizio della scienza. Ed io mi sono posto soltanto sul terreno dell'investigazione culturale.

Tuttavia mi permetterete, per finire, di evocare le applicazioni possibili delle vostre ricerche, anche se vanno oltre il vostro lavoro, le vostre responsabilità e lo scopo di questo Centro. Poiché la storia ci dimostra che la scoperta di nuovi fenomeni conduce, con il tempo, a delle applicazioni prodigiose, spesso completamente inaspettate. Già, sicuramente, nei vostri Paesi, i Governi e i tecnici dei vostri paesi, seguono le vostre ricerche con un interesse tanto più grande che ne aspettano, a breve o lungo termine, un'intensa utilizzazione. E quale utilizzazione non si può prevedere a partire dalla struttura dell'atomo e della sua possibile disintegrazione? Gli uomini potranno trarne il meglio o il peggio. Il meglio per il servizio dell'uomo e del suo sviluppo, in applicazioni che potranno riguardare la sua salute, le sue risorse alimentari, le sue fonti energetiche, la protezione della natura; e il peggio, che sarebbe la distruzione dell'equilibrio ecologico, una radioattività pericolosa, e, soprattutto, gli ordigni di distruzione che sono già terribilmente pericolosi per la loro potenza e per il loro numero.

Lo dicevo all'UNESCO, il 2 giugno 1980, lo ripetevo davanti agli scienziati dell'Università delle Nazioni Unite a Hiroshima, il 25 febbraio 1981: siamo confrontati a una grande sfida morale che consiste nell'armonizzare i valori della tecnologia sorta dalla scienza con i valori della coscienza. "Bisogna mobilitare le coscienze!". La causa dell'uomo sarà servita se la scienza si unisce alla coscienza. In altre parole, bisognerà controllare con la massima cura il modo con cui l'uomo utilizzerà queste scoperte, e l'intento che definirà le sue scelte.

La Chiesa ha parlato abbastanza del pericolo delle armi atomiche e io stesso ho preso abbastanza iniziative in questo senso, perché io mi astenga di insistere in questa sede. Ma, anche per l'utilizzazione pacifica dell'energia nucleare, come lo ricordavo ai membri della Pontificia Accademia delle Scienze il 14 novembre 1980, la Chiesa si augura, con tanti uomini di buona volontà, che tutte le conseguenze siano esattamente studiate, - concernenti per esempio l'impatto radioattivo, la genetica, l'inquinamento dell'ambiente, lo stoccaggio dei rifiuti -, che le garanzie siano prese con rigore e che l'informazione sia all'altezza di questi problemi. La Santa Sede ha un Rappresentante permanente presso l'Agenzia internazionale dell'Energia Atomica a Vienna, al fine di manifestare il suo interesse verso l'utilizzazione pacifica e sicura dell'energia nucleare.

Per voi, ciò non è vostra diretta responsabilità. Tuttavia, vedete meglio degli altri la posta in gioco e, di conseguenza, vi incombe in modo particolare la promozione dell'informazione in questi campi, soprattutto presso i vari responsabili dell'applicazione tecnica e di insistere affinché i risultati della scienza, per quanto siano meravigliosi, non si volgano mai contro l'uomo a livello della tecnologia e siano impiegati solo per il bene dell'umanità da persone ispirate dal più grande amore per l'uomo.


10. Concludendo, vi affido il mio augurio. Spero che lo scienziato, a livello della sua cultura, conservi il senso della trascendenza dell'uomo sul mondo, e anche di Dio sull'uomo, e che a livello della sua azione, aggiunga al senso universale della cultura che lo caratterizza, il senso universale dell'amore fraterno di cui Cristo in modo particolare ha dato il gusto al mondo. Ripeto a questo proposito il mio appello dell'UNESCO: "Si, l'avvenire dell'uomo dipende dalla cultura! Si, la pace del mondo dipende dal primato dello Spirito! Si, l'avvenire pacifico dell'umanità dipende dall'amore!" ("Discorso all'"Unesco", 23; 2 giugno 1980: "Insegnamenti", III, 1 [1980] 1655).




1982-06-15 Data estesa: Martedi 15 Giugno 1982




L'omelia alla Messa al palazzo delle esposizioni - Ginevra (Svizzera)

Titolo: Non c'è religione autentica senza ricerca di giustizia

Testo:


1. Cari fratelli e sorelle.Dopo i molteplici e significativi incontri, che questa troppo breve giornata a Ginevra mi ha permesso di avere, dopo vari discorsi che ci siamo scambiati, dopo i voti di ogni genere che abbiamo formulato secondo le finalità delle istanze esaminate, era giusto, nel momento in cui la pace della sera avvolge la città, radunarci fra credenti, in questo incontro con Cristo. Ascoltare le parole pronunciate nel nome di Dio dal profeta Isaia e dai figli di Dio. Entrare noi stessi nell'alleanza che ci impegna più di qualsiasi voto, condividendo il Corpo e il Sangue del Signore offerti per il rinnovamento del mondo intero.

Come ogni celebrazione Eucaristica, questa che ho la gioia e la grazia di presiedere fra voi, è in realtà la realizzazione del sacrificio unico del Signore Gesù attraverso il tempo e lo spazio: celebrazione che si compie in un punto del globo, ma che si ripete sempre a beneficio dell'umanità intera.

Cristiani, venuti soprattutto da Ginevra, ma anche da altre regioni della Svizzera e dai paesi vicini, prendiamo insieme coscienza degli effetti straordinari e misteriosi di questa Eucaristia. Del resto il fatto di celebrarla in questo luogo del mondo ci può aiutare a comprendere qualcosa del diffondersi invisibile dell'offerta sacramentale della vita, morte e resurrezione del Signore. Ginevra, nel contempo ricca di lunghissima storia e limitata in questa posizione geografica, ha una vocazione universale, per il fatto che vi risiedono in permanenza organizzazioni internazionali che hanno lo scopo di aiutare a risolvere i grandi problemi di cui si discute nella nostra epoca.

Oggi il Signore - come ieri, come sempre - è luce e vita per i credenti.


2. La prima luce che scaturisce da questa liturgia della parola è che non c'è religione autentica senza ricerca di giustizia fra gli uomini. Isaia esorta i suoi compatrioti alla conversione, alla ripresa seria degli accordi che costituiscono l'alleanza fra Dio e il suo popolo. La penitenza e il digiuno, certo, esprimono questa conversione, ma per essere veri, per "giustificare" l'uomo, per raggiungere il Dio invisibile, bisogna che essi includano un impegno di giustizia verso il prossimo visibile: "far cadere le catene ingiuste", "bandire le azioni minacciose", "spezzare i gioghi", "liberare gli oppressi, soccorrere colui che non ha pane, né tetto, né vestiti. Allora per te che sei alla ricerca di un'alba di speranza in questo mondo difficile, "la tua luce scaturirà come l'aurora, le tue forze rapidamente ritorneranno, la giustizia marcerà davanti a te".


3. Isaia, e ancor di più Gesù, ci permettono di aggiungere: non c'e giustizia senza amore, senza carità. Spesso noi stessi non ci rendiamo conto di aver imposto al nostro prossimo catene ingiuste, gioghi pesanti, oppressioni, parole crudeli, se non nel momento in cui noi stessi siamo partecipi di una situazione ingiusta.

Ma ciò che ci viene chiesto continuamente è: hai mai sfuggito un tuo simile? Hai considerato come fratelli coloro che, vicini o lontani dalla tua casa - poichè oggi le distanze sono presto abolite -, appartengono a popolazioni affamate, sono ammalati o mancanti di igiene, considerati come stranieri o di parte avversa, in prigione o ammassati in un campo? Ciò presuppone il vedere nell'altro, qualsiasi sia la sua infelicità, un essere la cui dignità umana è simile alla propria, una dignità di figli di Dio. Ciò presuppone che ci si metta in qualche modo al suo posto; per desiderare con lui un gesto di conforto, di aiuto, di partecipazione, di fiducia. L'amore è questo: desiderare per l'altro quello che si vorrebbe per se stessi (cfr. Mt 7,12).

La carità sottintende chiaramente la giustizia, ma si può dire anche che essa salva la giustizia e le permette di raggiungere la pienezza. E, dice Gesù, soltanto colui che manifesta un tale amore è suo discepolo, egli ama lo stesso Cristo che si identifica in questo mondo con l'uomo che è infelice e non ha niente da temere dal suo giudizio.


4. Precisiamo inoltre: la giustizia e la carità non sono che vento se non si accompagnano ad azioni concrete verso uomini concreti.Indubbiamente né Isaia né Gesù hanno elencato tutte le ingiustizie e le infelicità che richiedono amore. Queste hanno mille sfaccettature e le nostre società moderne ne creano sempre di nuove. Nei riguardi dei disoccupati, dei rifugiati, dei torturati, degli innocenti sequestrati, di coloro che sono oppressi ideologicamente ecc. Ma sarebbe insufficiente parlare di problemi. E' necessario giungere ad esempi precisi e trovare un'applicazione precisa. Gesù parla di chi ha fame, di chi ha sete. Il prossimo ha un volto umano.


5. Infine questa Eucaristia ci illumina sulla origine dell'amore e della giustizia per noi credenti. L'amore deriva non solo dall'esempio di Cristo, ma dalla carità - "agapê" - che procede dal Padre, che si manifesta nel Figlio, che si diffonde per mezzo dello Spirito Santo. Dio è Amore. Tale è la nostra fede. Ma perché gli uomini abbiano accesso a questa giustizia, cioè a questa santità che viene da Dio, e al suo amore, è stato necessario che il peccato, il muro di orgoglio, di egoismo, di odio, fosse abbattuto dal Sacrificio del Giusto, dall'amore del Figlio. La Messa ci fa partecipare, sul piano sacramentale, a questa liberazione.

Bisogna che noi ci giriamo verso la Fonte. Dobbiamo convertirci. Non c'e religione cristiana autentica, non c'e giustizia né carità cristiana senza questa conversione, che è rottura con il peccato, adesione al suo sacrificio, comunione col suo Corpo donato, col suo Sangue versato.

E a questo prezzo possano i cristiani acquisire il dinamismo del Vangelo per costruire un mondo nuovo, possano diventare come degli ostensori di Dio, del suo amore trinitario attraverso lotte non violente per il regno della giustizia.


6. Ma, voi mi direte, come può la spiritualità di questa omelia riallacciarsi alla problematica moderna, quella che incontriamo nella vita, nel lavoro, specialmente a Ginevra dove hanno sede tante organizzazioni internazionali? Voi avete senza dubbio l'impressione di essere immersi in problemi estremamente difficili da risolvere. Sono così numerosi, man mano che i mezzi di comunicazione e la accresciuta solidarietà vi ci coinvolgono. Sono così vasti su scala mondiale; sono così complessi, ingarbugliati, dipendenti da tanti fattori sui quali avete ben poca autorità, senza contare a volte la cattiva volontà e gli ostacoli che pongono coloro che hanno interessi divergenti! Quanta lucidità, quanta pazienza e quanta speranza è necessario avere! Coloro, per esempio, che lavorano nelle istituzioni internazionali, che elaborano senza sosta provvedimenti giuridici, convenzioni, petizioni, iniziative destinate a risanare il clima mondiale forse si rendono conto che il loro contributo personale alla giustizia e alla pace resta ancora molto limitato, ancora molto fragile, indiretto e lontano, a meno che non intervengano efficacemente su individui o gruppi precisi di rifugiati o altri infelici.

Il mio pensiero va a tutti quelli che operano per la pace, il disarmo e i diritti dell'uomo all'ONU, per la giustizia sociale all'OIT, per la salute all'OMS, per i rifugiati all'Alto Commissariato, per le vittime della guerra alla Croce Rossa, ecc.

I cristiani fanno la loro parte con tutti gli uomini di buona volontà, e rinnovo ad essi il mio incoraggiamento, soprattutto a quelli che oggi non ho potuto visitare. Che essi abbiano coscienza di partecipare all'opera di giustizia richiesta da Cristo preparandone la via a livello mondiale. Essi tessono, attraverso tanti ostacoli, la trama di un mondo nuovo che la nostra fede spera, e che è l'inizio, qui in terra, della salvezza completamente realizzata nell'al di là.

Non dimentico neanche tutti i presenti a questa Messa, di Ginevra, della Svizzera o di altre parti, che lavorano nell'ambito della propria famiglia, delle loro imprese, della municipalità, della loro patria, della loro comunità cristiana. Molti qui vivono in condizioni confortevoli, favoriti dalle circostanze e dal loro lavoro. Con i loro pastori, possono agevolmente riflettere sul modo adeguato di partecipare, a casa o fra la gente, al progredire della giustizia, alla condivisione con gli altri, all'aiuto reciproco rispettoso della dignità altrui, all'ospitalità ampiamente aperta.


7. Come collocare quindi l'intervento della Chiesa, del suo Magistero, in questo contesto? Come Isaia, come Gesù, essa non ha intenzione di fare un discorso prettamente politico. Con la sua autorità religiosa ereditata dal Signore, la Chiesa non ha neanche la competenza per dare soluzioni tecniche ai vostri problemi. Ne lascia la responsabilità ai laici cristiani e alle organizzazioni cristiane dei laici, in grado di escogitare nella loro coscienza cristiana, solidamente formata, le decisioni corrispondenti ai vostri bisogni concreti.

Ma Gesù, dopo i profeti, ha recato un messaggio che non cessa di interrogare e di sconvolgere gli uomini e le donne di fronte all'ineguaglianza, alla povertà, alle ingiustizie, a tutte le conseguenze del peccato. Si, questo messaggio, che trascende la politica e il sociale, pur avendo un impatto su di essi, contiene una forza di interrogazione di cui il mondo ha bisogno. Per suo tramite, è Dio che chiama tutti gli esseri umani credenti e uomini di buona volontà a ricreare con lui un'umanità a sua immagine e somiglianza, una umanità fraterna. Il suo messaggio non vuole scoraggiarli, ma incoraggiarli nelle loro buone intenzioni. E' in questo senso che egli li invita anche a dare un'importanza relativa ai loro progetti provvisori, nonché alle strutture stabili che essi hanno sinceramente costruito per risolvere i loro problemi. Cioè, riprenderli in considerazione col metro della giustizia e dell'amore al fine di cancellare le ingiustizie e gli egoismi che rinascono di continuo e rispondere meglio alle nuove necessità.


8. Cari fratelli e sorelle, se la Chiesa, se la Sede Apostolica, il Papa, adoperano questo linguaggio forte, desiderano nello stesso tempo che esso sia recepito come un linguaggio umile. Innanzitutto essi non vogliono proporre altre leggi o altre esigenze morali se non quelle che provengono dal Vangelo, che essi stessi hanno ricevuto senza alcun merito da parte loro. Inoltre, ciò che la Chiesa vi reca non è un giudizio di condanna, alla maniera di Isaia, ma un soffio nuovo, sulle orme del Cristo, uno slancio in cui lo Spirito Santo ha la sua parte, una speranza, in breve, un contributo positivo. E d'altronde essa sa bene che porta questo messaggio in un vaso d'argilla (cfr. 2Co 4,7).

I suoi membri, tutti i suoi membri, compresi quelli della gerarchia, hanno coscienza di partecipare personalmente alla debolezza, ai limiti degli uomini, sempre peccatori e sempre salvati; e cercano di intraprendere un cammino sempre migliore malgrado la pesantezza e la viltà che la propria storia può comportare. Ma la loro debolezza personale non può offuscare il messaggio di giustizia e amore che viene da Dio.

Noi facciamo nostro l'atteggiamento della Vergine Maria, forte ed umile ad un tempo, manifestato il giorno della Visitazione nel "Magnificat". Come ho ricordato di fronte agli operai a Saint-Denis, in Francia, i lavoratori - e tutti quelli che sono qui li considero lavoratori - "devono essere capaci di lottare nobilmente per ogni forma di giustizia... La disponibilità ad intraprendere una lotta così nobile, una lotta per il bene vero dell'uomo in tutte le sue dimensioni, deriva dalle parole che pronuncia Maria a proposito del Dio vivente: "Egli ha spiegato la potenza del suo braccio, / ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; / ha rovesciato i potenti dai troni, / ha innalzato gli umili"" ("Omelia", 31 maggio 1980: "Insegnamenti", III, 1 [1980] 1562ss).

Davanti a Maria, davanti a suo Figlio Gesù che ha proclamato questa beatitudine, noi tutti dobbiamo domandarci: "Abbiamo sufficientemente fame e sete della giustizia, della giustizia di Dio?".




1982-06-15 Data estesa: Martedi 15 Giugno 1982





GPII 1982 Insegnamenti - Al Comitato Internazionale della Croce Rossa - Ginevra (Svizzera)