GPII 1982 Insegnamenti - L'omelia durante la concelebrazione con i sacerdoti aderenti al Movimento dei Focolari - Città del Vaticano (Roma)


1. "Erano concordi nella preghiera... insieme con Maria, la Madre di Gesù e con i fratelli di lui" (Ac 1,14).

Queste parole della prima lettura biblica, miei carissimi fratelli nel presbiterato, ben si addicono al nostro odierno incontro, che avviene nella cornice solenne e insieme gaudiosa di una celebrazione eucaristica. Questo contesto di preghiera, pero, non impedisce che vi presenti il mio cordialissimo saluto, che volentieri estendo ai Ministri Anglicani, ai Pastori Evangelici ed ai Fratelli Ortodossi dell'Istituto Regensburg, i quali assistono a questo rito, auspicando che giunga presto il giorno in cui sia possibile la partecipazione comune all'Eucaristia.

Ringrazio poi i vostri Rappresentanti per gli indirizzi rivoltimi, e soprattutto vi esprimo la mia profonda letizia nel poter celebrare con voi questa sacra Liturgia. La mia gioia non è motivata soltanto dal numero considerevole, in cui siete convenuti a questo singolare appuntamento da molti Paesi dei cinque Continenti, ma anche da ragioni più profonde. In primo luogo, questo momento squisitamente sacerdotale, che stiamo vivendo, ci offre l'occasione propizia per una riflessione, oltre che per un'esperienza, sulla natura e sui compiti della vita presbiterale, che tanta parte di responsabilità ha nella coscienza e nella stessa configurazione della Chiesa come Popolo di Dio, corpo di Cristo e tempio dello Spirito. In secondo luogo, anche se non è la prima volta, sono lieto di incontrarmi con voi, presbiteri diocesani e religiosi, che appartenete al Movimento dei Focolari. Questo Movimento è ormai ampiamente diffuso e auspico che possa impegnarsi sempre più per la riscoperta di autentici valori evangelici all'interno della comunità cristiana, così da contribuire ad una rivitalizzazione dell'identità battesimale da una parte, ed in specie di quella presbiterale dall'altra.


2. So che vi siete radunati per ripensare alla figura del Sacerdote ministeriale.

Come dev'essere egli, per servire nella maniera più efficace e secondo i piani di Dio la Chiesa e l'umanità di oggi? L'interrogativo è altamente impegnativo, e la risposta che gli viene data non può certo essere indifferente né per la comprensione del mistero sacerdotale né per la stessa vita cristiana. Di grande aiuto, in questa riflessione, possono essere alcune grandi componenti del messaggio evangelico, che sono diventate anche capisaldi della spiritualità del Movimento dei Focolari; così è dei due poli fondamentali di Gesù crocifisso e dell'unità nella carità, che il Movimento riprende dal Vangelo, sottolineandoli ed applicandoli in forme rinnovate. In realtà, non è possibile alcun rinnovamento, nemmeno pratico, cioè di vita e di stile pastorale, se non ci si riporta e ci si fonda saldamente sui costitutivi essenziali della fede cristiana. Nessuna attività e tanto meno nessun attivismo può presumere di fondarsi su se stesso, così come nessun albero può vivere per pura forza endogena, ma prospera soltanto nella misura in cui le sue radici affondano in un terreno ricco e ferace, o, come dice il Salmista, è salutarmente "piantato lungo corsi d'acqua" (Ps 1,3). Questo terreno fertile, quest'acqua vivificante, è per voi, per tutti noi, la costante contemplazione del mistero centrale della Rivelazione, oggetto della fede della Chiesa, della sua adorazione e celebrazione, poiché motivo inaudito del riscatto e perciò della libertà e della gioia di ogni credente. E' il mistero dell'insondabile e incomparabile amore di Dio per l'uomo, per noi, il quale ci è stato manifestato, anzi documentato dal dono totale di sé fatto dal Figlio suo (cfr. Jn 3,16 Ga 2,20).



3. Pochi giorni fa abbiamo celebrato il mistero pasquale, e ancora viviamo liturgicamente dei grandi temi, sublimi e abissali, dell'estremo spogliamento che il Figlio di Dio ha fatto di sé fino alla morte ed alla morte di Croce, per essere poi intronizzato nella gloria di Dio (Ph 2,6-11) ed effondere su di noi il suo Spirito di vita (cfr. Ac 2,33 1Co 15,45). Soprattutto la Croce di Cristo campeggia davanti agli sguardi della nostra fede come dimostrazione sofferta, quant'altre mai, dell'amore sconfinato con cui Dio ci ha redenti, perdonando ogni nostra infedeltà e accogliendoci nella familiarità di una insospettata comunione con sé. Pensiamo a quanto ciò sia costato: il sangue prezioso di Cristo (cfr. 1P


1,18-19), il suo grido, pur confidente, di abbandono sul legno del suo supplizio (cfr. Mc 15,34)), la sua morte.

Nel culmine del suo dolore c'è il culmine del suo amore.

Ebbene, qui scopriamo un motivo fondamentale, che diventa uno stimolo ineludibile, a partecipare con tutto il nostro cuore alle sofferenze di Gesù crocifisso e abbandonato, così da vivere in intima unione con lui le vicende personali e soprattutto gli impegni ministeriali di ogni giornata come espressione di amore per Dio e per i fratelli (cfr. Ep 5,1-2). Abbracciando nelle prove quotidiane Gesù sofferente, ci si unisce immediatamente con lo Spirito del Risorto e la sua forza corroborante (cfr. Rm 6,5 Ph 1,19).

Ecco perché, nella Lettera indirizzata a tutti i Presbiteri della Chiesa per lo scorso Giovedi Santo, scrivevo in forma di preghiera: "Siamo nati... dal Corpo e dal Sangue del tuo sacrificio redentore... Siamo nati nell'Ultima Cena e, al tempo stesso, ai piedi della Croce sul Calvario" (n. 1; 25 marzo 1982: "Insegnamenti", V, 1, [1982] 1061). Questo dato primordiale, che fonda la nostra identità, invita e stimola ogni battezzato, che abbia accolto la chiamata al Sacerdozio ministeriale, a conformarsi, anzi a uniformarsi sempre più a Cristo, unico ed eterno Sacerdote, e a trovare soltanto nella partecipazione a lui la vera ragion d'essere della propria vita. E se questo vale già per ogni presbitero diocesano, tanto più i religiosi vedranno in Gesù crocifisso la radice di tutte quelle virtù, che devono caratterizzare la loro vita di particolare consacrazione, anche nell'imitazione dei carismi dei loro Fondatori. Per tutti resta determinante l'immedesimazione con l'assoluta disponibilità di Gesù alla volontà del Padre, così che la volontà dell'uno coincide con quella dell'altro. "Ecco, io vengo a fare la tua volontà... Ed è appunto per quella volontà che noi siamo stati santificati, per mezzo dell'offerta del Corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre" (He 10,9 He 10,10). Solo se il presbitero fa proprie queste parole in tutta la loro concreta esigenza, e le estende a tutti gli ambiti della sua esistenza, potrà dire con piena verità, come si esprime il Concilio Vaticano II, di agire "in persona Christi" (LG 10).


4. C'è un'altra componente della spiritualità evangelica che il Movimento dei Focolari ha fatto propria e che merita anche qualche nostra considerazione: l'unità che Gesù ha chiesto al Padre prima di morire (cfr. Jn 17,21). E' per lo spogliamento del Cristo fino all'abbandono e alla morte che noi siamo stati fatti uno con lui e fra noi (cfr. Ga 3,26-28 Ep 2,14-18). E quando Gesù ci dà il comando di amarci come egli ci ha amati (cfr. Jn 15,12), ci invita ad avere come misura del nostro reciproco amore la sua stessa misura; ed è questa appunto che può fruttare l'unità poiché l'amore sempre unifica chi vi partecipa. Nell'unità, poi, si sperimenta viva la presenza del Cristo risorto, nel quale appunto siamo uno. Ben si esprimeva san Leone Magno: "Il Figlio di Dio ha assunto la natura umana con una unione così intima da essere l'unico e identico Cristo non soltanto in colui che è il primogenito di ogni creatura, ma anche in tutti i suoi santi" ("Discorso 12 sulla Passione": PL LIV, 355). Nell'unità realizzata nella loro vita presbiterale, i sacerdoti trovano la loro vera casa, che si amplia e si rinsalda nella comunione con i Vescovi ed il Papa. Riuniti nel suo nome, Cristo non può non essere in mezzo a loro (cfr. Mt 18,20): sia per dare efficacia alla Parola di Dio "che tutti hanno il diritto di cercare sulle labbra dei sacerdoti" ("Presbyteroum Ordinis", 4), sia per una feconda celebrazione dell'Eucaristia e degli altri Sacramenti (cfr. PO 5), sia per riunire in quanto pastori "la famiglia di Dio come fraternità animata nell'unità" (PO 6). I religiosi, in più, trovano nella pratica della comunione fraterna un rapporto più stretto con i loro Fondatori e la possibilità di far brillare la specificità dei loro carismi (cfr. LG 46). In tal modo, tutti insieme si trasmette al mondo un raggio almeno di quella superiore ed ineguagliabile comunione che vincola l'una all'altra le persone della santissima Trinità (cfr. GS 24), in un mistero fecondo di vita.


5. Nel Vangelo che è stato letto in questa Liturgia, abbiamo ascoltato le parole rivolte da Gesù in croce rispettivamente alla propria Madre ed al discepolo che egli amava, consegnando l'una all'altro in uno scambio di rapporti insieme materni e filiali (cfr. Jn 19,26-27). E' noto che il vostro Movimento si chiama anche "Opera di Maria", ed anche per questo non è possibile prescindere da un richiamo al posto che la Madre di Gesù deve avere nella vita presbiterale. Il testo evangelico appena citato ci offre il modello della nostra devozione mariana. "Da quel momento il discepolo la prese nella sua casa" (Jn 19,27). Si può dire altrettanto di noi? Accogliamo anche noi Maria nella nostra casa? Infatti, dovremmo inserirla a pieno titolo nella casa della nostra vita, della nostra fede, dei nostri affetti, dei nostri impegni, e riconoscerle il ruolo materno che le è proprio, cioè una funzione di guida, di ammonimento, di esortazione, o anche solo di silenziosa presenza, che da sola a volte può bastare per infondere forza e coraggio. D'altronde, la prima lettura biblica ci ha ricordato che i primi discepoli, dopo l'ascensione di Gesù, erano riuniti "con Maria, la Madre di Gesù" (Ac 1,14). Nella loro comunità, dunque, c'era anche lei; anzi, era forse lei a darle coesione. Ed il fatto che venga qualificata come "la Madre di Gesù" dice quanto Ella fosse rapportata alla figura del Figlio suo: dice, cioè, che Maria richiama sempre e soltanto il valore salvifico dell'operato di Gesù, nostro unico Salvatore, e dall'altra dice pure che credere in Gesù Cristo non può esimerci dal comprendere nel nostro atto di fede anche la figura di Colei che gli è stata Madre. Nella famiglia di Dio, e tanto più nella famiglia presbiterale, Maria custodisce la diversità di ciascuno all'interno della comunione fra tutti. E nello stesso tempo Ella può esserci maestra di disponibilità allo Spirito Santo, di trepida condivisione della dedizione totale di Cristo alla volontà del Padre, soprattutto di intima partecipazione alla passione del Figlio e di sicura fecondità spirituale nell'espletarnento del nostro ministero. "Ecco la tua madre" (Jn 19,27): ciascuno senta rivolte a sé queste parole e perciò attinga fiducia e slancio per un cammino sempre più deciso e sereno sulla strada impegnata della propria vita sacerdotale.


6. Fratelli carissimi, grazie per questa odierna dimostrazione di comunione fra di voi e con il successore di Pietro. E' una comunione che fra poco rinsalderemo mediante quella sacramentale che, durante questa Liturgia, stringeremo sentendo, si, tutta la nostra indegnità, ma pure esultando, con il Signore stesso. E, alla luce di questo vincolo eucaristico, ripeto a voi le parole di san Paolo a Timoteo: Ravvivate oggi e ogni giorno il dono di Dio che è in voi per l'imposizione delle mani (cfr. 2Tm 1,6). E sempre salga a Dio dal vostro intimo il canto del "Magnificat", che abbiamo letto poco fa. Coltivate una solida spiritualità, attingendola alle fonti di una preghiera incessante, di uno studio serio mai trascurato, di una fraternità veramente vissuta. Poiché molto dovete dare agli altri, cercate di arricchirvi sempre più in sapienza e in grazia. E che nessuno che vi accosta debba andarsene deluso, ma ciascuno trovi in voi luce per la propria intelligenza, calore per il proprio cuore, sostegno per i propri passi.

Siate sempre traboccanti di gioia per il dono del presbiterato, di cui Cristo sommo ed eterno sacerdote vi ha reso partecipi; date sempre una testimonianza serena ed incisiva di vita autenticamente evangelica, di modo che il carisma della vostra vocazione sia stimolo efficace e sorgente feconda di altre vocazioni sacerdotali e religiose, che sgorghino da tanti cuori, specie giovanili, aperti e disponibili all'invito ed alla chiamata di Gesù, che attende operai per la messe abbondante del mondo.

E siate certi che, da parte mia, trasformo questi voti in preghiera e vi raccomando di cuore al Signore, affinché "vi renda perfetti in ogni bene, perché possiate compiere la sua volontà, operando in voi ciò che a lui è gradito per mezzo di Gesù Cristo, al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen" (He 13,21).


[Prima di impartire la benedizione conclusiva della Messa, il Papa si rivolge ai concelebranti con i diversi saluti, pronunciati in varie lingue (omissis)]




1982-04-30 Data estesa: Venerdi 30 Aprile 1982




Al consiglio dell'AGESCI - Città del Vaticano (Roma) - Lo scoutismo allena alle virtù difficili


Testo:

Fratelli e sorelle.


1. Sono lieto di vedervi qui riuniti, carissimi Membri del Consiglio Generale dell'Associazione Guide e Scouts Cattolici Italiani, in occasione del vostro Convegno a Bracciano. Vi sono grato per questa visita che offre a voi la possibilità di rinnovare e rinsaldare la comunione ecclesiale sulla tomba di Pietro ed a me l'opportunità di esprimere, per il vostro tramite, a tutta la grande famiglia dell'AGESCI quei sentimenti di affetto che nutro per essa, e di affidamento sulla sua attività e disponibilità ad impegnarsi per la sempre necessaria animazione cristiana nel mondo odierno.

So che tale impegno, già raccomandato al laicato dal Concilio Vaticano II (cfr. AA 7), forma lo slancio dei vostri cuori e il nucleo dei vostri programmi. Anch'io ho fatto a ciò allusione nel recente incontro con gli scouts di Tor Sapienza, in Roma, dicendo loro: "Lo scout è convinto, data la sua formazione, che non può vivere senza impegni... Cristo ha formato i suoi discepoli, e tutti noi, con questa realtà che è l'impegno" (7 Marzo 1982). Ed è questa appunto la consegna che vi rinnovo quest'oggi, aggiungendo che se vi sforzerete nel perseverare in questa prospettiva, non solo sarete in linea con gli ideali che hanno mosso lo Scoutismo in questi suoi 75 anni di vita, ma sarete in grado di offrire sempre più e sempre meglio la vostra collaborazione alle diocesi ed alle parrocchie in tutte le varie opere di promozione spirituale e sociale, alle quali voi potete, anzi dovete, dare il vostro contributo "a guisa di fermento" (cfr. LG 31), soprattutto nel campo a voi proprio dell'educazione. Fa onore, a questo proposito, ricordare con quale spirito di intraprendenza e di abnegazione tanti scouts hanno saputo portare soccorso materiale e morale alle infelici popolazioni dell'Irpinia e della Basilicata durante la dura prova del terremoto.


2. Nel vostro Convegno avete discusso, tra gli altri argomenti, un Progetto Unitario di Catechesi, dal titolo: "Dalla Promessa alla Partenza", che servirà ai capi dell'Associazione per un'animazione cristiana, secondo il metodo educativo dello Scoutismo. So che è il frutto di due anni di lavoro, e che si propone di sensibilizzare i giovani affinché sappiano riscoprire il senso della storia, riacquistare fiducia nell'uomo, e ritrovare la gioia di vivere stabilendo un armonico rapporto con le meraviglie della natura, e di conseguenza si impegnino in favore degli altri come unica via per raggiungere la felicità.

Questa iniziativa mi sembra centrale per la vita del vostro Movimento perché è destinata a suscitare in tutte le Branche, dai Lupetti e Coccinelle agli Esploratori e Guide, dai Rovers e Scolte agli Animatori di Comunità, una coscienza viva delle proprie responsabilità. In codesto impegno catechetico abbiate premura per tutti i gruppi sopra menzionati, ma portate una particolare attenzione per coloro che attraversano l'età critica dell'adolescenza, i quali, come ho detto nell'esortazione "Catechesi Tradendae", vivono una fase quanto mai delicata, trattandosi di "un momento di scoperta di se stessi e del proprio universo interiore, un momento di progetti generosi, un momento in cui zampillano il sentimento dell'amore, gli impulsi biologici della sessualità e il desiderio di stare insieme, un momento di una gioia particolarmente intensa, connessa con la scoperta inebriante della vita" (CTR 37).

Auspico che il vostro Progetto Unitario di Catechesi non manchi di tener presenti questi aspetti e di condurre i giovani al dialogo, ma soprattutto presenti "Gesù Cristo come amico, come guida e come modello ammirevole e tuttavia imitabile; la rivelazione del suo messaggio capace di dare risposta agli interrogativi fondamentali" (CTR 37). Sia cioè una catechesi che sappia conferire ai giovani una visione della vita, in cui prevalgano i sentimenti di bontà, di vigore e di letizia, e un'esuberanza interiore che trabocchi in quella carità esteriore, che prende il nome di apostolato. Voglio auspicare che in questo settore, così importante, la vostra Associazione vorrà continuare a far onore alle proprie tradizioni, educando i suoi membri a quella saggezza, a quel senso di giustizia, a quella austerità, a quel vigore morale, a quella lealtà di parola e di contegno, a quella fraternità di rapporti, che hanno sempre caratterizzato il suo stile di vita.


3. Carissimi Consiglieri ed Assistenti ecclesiastici, non abbiate timore di presentare queste verità ai giovani, che sanno apprezzare i grandi ideali, mentre detestano quelli mediocri. Lo Scoutismo è palestra per l'allenamento alle virtù difficili e solo coloro che sanno anteporre a una vita comoda ed insignificante quella austera e fattiva possono accedervi, avendo davanti agli occhi la figura del Cristo: il suo eroismo e la sua santità. Sono certo che voi, in qualità di Capi e responsabili, non mancherete di essere loro di esempio e di aiutarli ad accogliere questi principi.

La Vergine santissima, nel cui onore domani si aprirà il mese di maggio, per intercessione del vostro patrono san Giorgio, vi assista in questo vostro impegno così nobile ed ardito; e vi sia di conforto la benedizione apostolica che ora vi imparto e che estendo a tutti i vostri Cari.




1982-04-30 Data estesa: Venerdi 30 Aprile 1982




Recita di "Regina coeli" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: I lavoratori prendano coscienza della loro personale dignità

Testo:


1. "Qualunque cosa facciate, fatela di cuore come per il Signore... Servite a Cristo Signore" (Col 3,23s).

Come non vedere in queste parole della liturgia di oggi il programma e la sintesi dell'intera esistenza di san Giuseppe, la cui testimonianza di generosa dedizione al lavoro la Chiesa propone alla nostra riflessione in questo primo giorno di maggio? San Giuseppe, "uomo giusto", passo gran parte della sua vita faticando accanto al banco del carpentiere, in un umile borgo della Palestina. Una esistenza apparentemente non diversa da quella di molti altri uomini del suo tempo, impegnati come lui nello stesso duro lavoro. Eppure, un'esistenza così singolare e degna di ammirazione, da indurre la Chiesa a proporla come modello esemplare a tutti i lavoratori del mondo.

La ragione di una simile distinzione? Non è difficile riconoscerla. Essa sta nell'orientamento a Cristo, che sostenne tutta la fatica di san Giuseppe. La presenza nella casa di Nazaret del Verbo Incarnato, Figlio di Dio e figlio della sua sposa Maria, offriva a Giuseppe il quotidiano perché del tornare a curvarsi sul banco di lavoro, per trarre dalla sua fatica il sostentamento necessario alla famiglia. Veramente "tutto quello che fece", Giuseppe lo fece "per il Signore" e lo fece "di cuore".


2. All'esempio di questo "uomo giusto" sono oggi invitati a guardare tutti i lavoratori. L'esperienza singolare di san Giuseppe si riflette in qualche modo nella vita di ciascuno di loro. Per quanto diverso, infatti, sia il lavoro a cui essi attendono, la loro attività è sempre volta a soddisfare qualche necessità umana, è orientata a servire l'uomo. Il credente sa bene, peraltro, che Cristo ha voluto nascondersi in ogni essere umano, asserendo esplicitamente che "qualunque cosa si faccia per un fratello anche piccolo, è come se la si facesse a lui medesimo" (cfr. Mt 25,40). In ogni lavoro è dunque possibile "servire Cristo", adempiendo la raccomandazione di san Paolo e imitando l'esempio di san Giuseppe, custode e servitore del Figlio di Dio.

Nel rivolgere oggi, primo maggio, un cordialissimo saluto a tutti voi, convenuti qui nel Cortile san Damaso, il mio affettuoso pensiero va in modo speciale ai lavoratori qui presenti e, mediante loro, a tutti i lavoratori del mondo, esortandoli a prendere rinnovata coscienza della dignità che è loro propria: con la loro fatica essi servono i fratelli: servono l'uomo e, nell'uomo, Cristo. Li aiuti san Giuseppe a vedere in questa prospettiva il lavoro, per valutarne tutta la nobiltà e non mancare mai di forti motivazioni a cui fare ricorso nei momenti difficili.


3. Oggi ha inizio il mese che la pietà popolare ha consacrato in modo speciale al culto della Vergine Maria. Parlando di san Giuseppe e della casa di Nazaret, il pensiero va spontaneamente a Colei che, in quella casa, fu per anni sposa affettuosa e madre tenerissima, esempio incomparabile di serena fortezza e di fiducioso abbandono. Come non auspicare che la Vergine santa entri anche nelle nostre case, ottenendo con la forza della sua intercessione materna - come dicevo nell'esortazione apostolica "Familiaris Consortio" - che "ogni famiglia cristiana possa diventare veramente una "piccola Chiesa", nella quale si rispecchi e riviva il mistero della Chiesa di Cristo"? (FC 86).

Perché questo avvenga è necessario che nelle famiglie rifiorisca la devozione a Maria, specialmente mediante la recita del Rosario. Il mese di maggio, che oggi incomincia, può essere l'occasione opportuna per riprendere questa bella pratica che tanti frutti di generoso impegno e di spirituale consolazione ha recato, nei secoli, alle generazioni cristiane. Torni fra le mani dei cristiani la corona del Rosario e col suo aiuto si intensifichi quel dialogo tra la terra e il cielo che è garanzia del perseverare del dialogo fra gli uomini stessi, affratellati sotto lo sguardo amorevole della Madre comune.

Ad un centinaio di pellegrini croati.


Mi è ben noto con quanto amore avete desiderato di vedere il Papa prima di ritornare nella vostra cara Croazia. Il Papa vi accoglie con le braccia aperte, prega per voi e vi benedice di tutto il cuore. Siate sempre fedeli a Dio, devoti alla Madonna e attaccati alla Sede Apostolica. Queste sono state in ogni tempo le caratteristiche più belle della vostra gloriosa patria. Non dovete tradirle mai! [Omissis, ad un gruppo di fedeli di lingua inglese, pronunciato in lingua inglese]




1982-05-01 Data estesa: Sabato 1 Maggio 1982




Ad un gruppo di pellegrini provenienti dalla Jugoslavia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Promuovere ardentemente l'unità e il reciproco amore

Testo:

Sia lodato Gesù e Maria! Benvenuti in questa Città Eterna, Roma, per celebrare il 100° anniversario della Bolla "Ex Hac Augusta" (5 luglio1881), pubblicata nella festa dei santi fratelli Cirillo e Metodio, con la quale il mio predecessore Papa Leone XIII ha ricostituito la gerarchia ordinaria ecclesiastica in Bosnia ed Erzegovina.

Questo vostro giubileo, che si conclude nel mese di luglio prossimo, entra nel ciclo delle celebrazioni dei "tredici secoli del cristianesimo dei Croati". La vostra storia è piena di mutamenti, di prove e di testimonianze cristiane. Mi sono note le sofferenze sopportate dai fedeli delle vostre regioni in varie epoche e circostanze storiche. Sono anche noti i frutti spirituali ottenuti dai cattolici guidati dai loro Pastori ecclesiastici nel corso della vostra storia, in particolare: il vostro amore verso Cristo, la devozione a Maria, ed anche la vostra fedeltà verso la Chiesa Cattolica e la Santa Sede. Siate fieri di tutti questi testimoni che hanno combattuto per la fede in Cristo ed hanno sacrificato la propria vita per "la croce onorata e per la libertà dorata".

Per voi cattolici di Bosnia ed Erzegovina sono di particolare importanza questi ultimi cento anni di storia. Dopo la scomparsa dell'impero ottomano, in Bosnia ed Erzegovina, il Papa, di sua propria iniziativa, soppresse i vicariati apostolici e ricostitui la metropolia di Vrhbosna con sede a Sarajevo, e le diocesi suffraganee di Banja Luka e Mostar. Ad Arcivescovo di Sarajevo fu nominato il dr. Josip Stadler, ardente apostolo, ecumenista ed esimio pastore del suo gregge.

Lo "status missionis" persistito per più secoli in Bosnia ed Erzegovina, sotto la guida dei padri francescani, maturava gradatamente ed esigeva che si costituisse la ordinaria gerarchia ecclesiastica dei Vescovi residenziali. I nuovi Vescovi hanno ricevuto l'incarico dalla Santa Sede di erigere i Seminari e di educare i sacerdoti diocesani quali ordinari operai nella cura pastorale dei fedeli. La Santa Sede ha sempre seguito attentamente e stimolato tali attuazioni, rallegrandosi per ogni progresso, come oggi si rallegra per il notevole numero di sacerdoti, religiosi e religiose nella vostra provincia.

All'inizio di questo vostro anno giubilare, i Vescovi vi hanno invitato alla preghiera ed ad altre devozioni, alle quali voi avete risposto molto bene.

Oggi, guidati dai vostri Pastori, siete venuti a Roma come pellegrini. Il Papa vi ringrazia. Vi accoglie cordialmente, vi saluta e vi sprona a rimanere fedeli ai vostri Vescovi uniti alla Sede Apostolica. Vi scongiuro a promuovere ardentemente quanto favorisce l'unità ed il reciproco amore: tra i fedeli e il clero, tra i sacerdoti regolari e secolari, tra il clero e i Pastori.

Imparto una benedizione speciale ai Vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose qui presenti e su quelli che sono nella patria, a tutto il Popolo di Dio delle vostre provincie. Benedico le vostre famiglie, i malati, i giovani e i bambini. Il Papa pensa a voi, prega per voi, vi ama paternamente tutti e invoca la benedizione di Dio, per l'intercessione della nostra Mamma celeste su di voi e su tutta la vostra bella patria.

Saluto, infine, anche l'Oratorio "Branimir", coro che canta nella parrocchia di santa Maria a Zagabria. Voi con il vostro canto onorate Gesù e Maria, e fate molto bene. Vi esorto a continuare. Anche a voi e ai vostri cari in Zagabria la mia benedizione apostolica.




1982-05-01 Data estesa: Sabato 1 Maggio 1982




Recita di "Regina coeli". Giornata delle vocazioni - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: I chiamati sappiano accettare questo dono ineffabile

Testo:


1. Gesù ha detto agli apostoli: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi... Ricevete lo Spirito Santo" (Jn 20,21).

Queste parole ha pronunciato Cristo la sera del primo giorno dopo il sabato. Furono le prime, che gli apostoli sentirono dalla bocca del Risorto.

In queste parole Cristo si è manifestato come il Buon Pastore ed insieme come il Principe dei Pastori.

E' il Buon Pastore, perché dice: "Ricevete lo Spirito Santo", l'invisibile cibo e rafforzamento delle anime.

E' il Principe dei Pastori, perché dice: "Anch'io mando voi...".


2. Nella domenica odierna la Chiesa prega in particolare per le vocazioni sacerdotali. Seguendo le indicazioni del suo Maestro prega il Signore della messe perché mandi operai per la sua messe" (cfr. Mt 9,38, Lc 10,2).

Ritornando al cenacolo il giorno della risurrezione, la Chiesa prega perché il Buon Pastore mandi e continui a mandare le nuove schiere dei suoi discepoli in questa missione, che egli stesso ha ricevuto dal Padre.

La Chiesa prega: - perché a molti cuori giovani giunga questo invito: "Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi" (Jn 20,22-23); - perché nella potenza dello Spirito Santo nascano, tra tutti i popoli e le nazioni del globo terrestre, i servi di Cristo e gli amministratori dei misteri di Dio.



3. Riporto le parole della preghiera per il Giovedi Santo dell'Anno del Signore

1982: "Questo amore sponsale di Redentore, questo amore salvifico di Sposo, rende fruttiferi tutti i "doni gerarchici e carismatici", con i quali lo Spirito Santo "provvede e dirige" la Chiesa.

E' lecito, Signore, che noi dubitiamo di questo tuo amore? Chiunque si lascia guidare da viva fede nel Fondatore della Chiesa può forse dubitare di questo amore, al quale la Chiesa deve tutta la sua vitalità spirituale? E' lecito forse dubitare - che tu possa e desideri dare alla tua Chiesa veri "amministratori dei misteri di Dio", e, soprattutto, veri ministri dell'Eucaristia? - che tu possa e desideri risvegliare nelle anime degli uomini, specialmente dei giovani, il carisma del servizio sacerdotale, così come esso è stato accolto ed attuato nella tradizione della Chiesa? - che tu possa e desideri risvegliare in queste anime, insieme con l'aspirazione al sacerdozio, la disponibilità al dono del celibato per il Regno dei cieli, di cui in passato hanno dato e ancor oggi danno prova intere generazioni di sacerdoti della Chiesa cattolica?" (n. 5; 25 marzo 1982: "Insegnamenti", V,1 [1982] 1065-1066).


4. Regina caeli, laetare! O Madre del Risorto, permettici di gioire dei doni sempre nuovi del mistero pasquale! Implorali per noi dall'Amore Eterno e Misericordioso! Quando Cristo dice: "Ricevete lo Spirito Santo", i chiamati sappiano accettare questo Dono ineffabile.

Ai pellegrinaggi italiani.

Rivolgo ora un particolare saluto ai membri del Movimento "Pro Sanctitate", riuniti a Roma per il Convegno Nazionale.

Carissimi, la vocazione alla santità, ricevuta con il Battesimo, ci impegna a seguire, nella vita personale, la Legge fondamentale dell'Amore, e a diventare, nel contesto sociale, artefici di comunità vive ed aperte, che siano espressione della grande Comunità che è la Chiesa. Il mondo contemporaneo ha bisogno di vedere persone e comunità che siano segni trasparenti della santità, attuandone le esigenze in ognuno degli ambienti in cui si articola la vita concreta dell'uomo. Cristo Risorto benedica, quindi, il vostro Apostolato.

Porgo poi un affettuoso saluto agli alunni della Scuola "sant'Antonio" di Busnago, accompagnati dai loro genitori, dagli Insegnanti e dai benemeriti Fratelli di nostra Signora della Misericordia che dirigono l'Istituto.

Saluto inoltre, i Bambini della Scuola Elementare di Lauriano Po (diocesi di Torino), che festeggiano la loro prima Comunione, insieme al Parroco, agli Insegnanti ed ai Familiari. Così saluto i ragazzi Cresimati di Rovellasca (Como), gli Studenti ed i Professori del Liceo classico "Virgilio", sia di lingua italiana che tedesca, provenienti da Vipiteno (Bolzano).

Il mio saluto va anche alle numerose religiose, Insegnanti di Scuola Materna, appartenenti alla Federazione Italiana Religiose Educatrici e ai partecipanti ai pellegrinaggi parrocchiali delle parrocchie di santa Maria in Fabriago e san Bernardino della diocesi di Imola e della parrocchia di Poncarale (Brescia).

Infine, saluto i Soci ed i familiari del Circolo Ricreativo dell'Ospedale di Negrar (Verona) ed i Collaboratori di Radio Mortegliano del Friuli con i loro familiari.

A tutti l'assicurazione del mio ricordo nella preghiera e la mia benedizione.




1982-05-02 Data estesa: Domenica 2 Maggio 1982




Accorato appello per la pace tra Argentina e Gran Bretagna

Testo:

Quel che si temeva, quel che si sperava non accadesse, quello per cui anch'io ho ripetutamente insistito, pregato ed invitato a pregare perché non si verificasse, è invece ormai una realta? Due grandi, e nobili, e care Nazioni, l'Argentina e la Gran Bretagna, hanno iniziato nell'Atlantico del sud un confronto militare che sembra andare inasprendosi sempre più.

Dolorosa e preoccupante realtà! Dolorosa e preoccupante per le vite preziose già sacrificate e che ancor più possono essere sacrificate. Per l'abisso già aperto e che minaccia di approfondirsi fra i due popoli. Per le ripercussioni che può avere su una più vasta scala.

Ma non meno mi addolora e mi preoccupa un'altra considerazione: Il mondo aspira alla pace, cerca la pace, ha studiato mezzi ed organismi per tutelare la pace. Ed ecco che quando una seria vertenza si presenta (grave, molto grave, certamente, soprattutto perché tocca principi fondamentali e sentimenti profondamente vivi negli animi) gli uomini sembrano incapaci, pur con l'impegno di volenterosi mediatori, di trovare una soluzione che salvi quei principi, rispetti quei sentimenti e nello stesso tempo preservi la pace.

Come non dolerci, come non preoccuparci per questo? Come potrà l'umanità avere ancora fiducia nelle possibilità di pace, soprattutto, se anziché una vertenza grave, si, ma pur relativamente circoscritta se ne dovessero presentare ancora piu gravi e complesse, che oppongano fra di loro più numerose nazioni, o blocchi di Paesi? Per tale motivo la mia esortazione, il mio appello, si fa in questo momento particolarmente serio ed insistente.

Sentano tutti, non solo le Parti direttamente coinvolte, ma le Nazioni loro amiche e l'intera Comunità internazionale, la loro responsabilità storica e non si abbandonino, come scoraggiate, di fronte ad una situazione i cui sviluppi potrebbero apparire ormai quasi irreversibili. E ridonino al mondo la speranza che il buon volere, l'intelligenza, la magnanimità, la lungimiranza politica possono in ogni momento, anche il più difficile, riuscire a far superare la tentazione di tagliare con la spada i nodi che mettono in pericolo la pacifica convivenza internazionale.

A questo scopo vi invito tutti ad elevare con me la vostra preghiera al Signore ed alla Vergine santissima.




1982-05-02 Data estesa: Domenica 2 Maggio 1982




L'omelia alla parrocchia di san Ponziano - Roma

Titolo: Il bene della salvezza in Gesù Cristo supera e vince la forza del male

Testo:


GPII 1982 Insegnamenti - L'omelia durante la concelebrazione con i sacerdoti aderenti al Movimento dei Focolari - Città del Vaticano (Roma)