GPII 1982 Insegnamenti - All'"Augustinianum" - Roma

All'"Augustinianum" - Roma

Titolo: Mettersi alla scuola dei padri vuol dire conoscere meglio Cristo e conoscere meglio l'uomo

Testo:

Illustri Professori e figli carissimi!


1. Sono lieto e ringrazio di cuore il Signore per aver potuto soddisfare il mio desiderio, che so essere stato anche vostro, di venire in mezzo a voi in questo Istituto Patristico, che prende nome dal grande Agostino, maestro insigne di verità e fulgido esempio di autentica vita cristiana. A lui ispirandosi, il vostro Istituto, da quando fu inaugurato dal mio venerato predecessore Paolo VI, ha percorso un cammino non ancora lungo nel tempo, ma, come abbiamo sentito or ora dalla voce del Preside, già fecondo di frutti.

Saluto i professori e gli alunni, in particolare il Priore Generale dell'Ordine, Moderatore dell'Istituto, il reverendo Preside che tanto nobilmente ha interpretato i comuni sentimenti, gli studiosi dell'antichità cristiana che celebrano il loro undicesimo incontro, tutti i membri - religiosi e religiose - della famiglia agostiniana e i presenti in quest'aula.

Desidero confermare con la mia benedizione la fervida attività del vostro Istituto, che "risponde in pieno - come disse Paolo VI nel discorso inaugurale - ai bisogni attuali della Chiesa", perché "fa parte di quella risalita alle origini cristiane senza la quale non sarebbe possibile attuare il rinnovamento... auspicato dal Concilio Ecumenico Vaticano II" (4 maggio 1970: "Insegnamenti", VIII [1970] 437).

E considero con grande stima le iniziative culturali, qui in atto.

Prima di tutto: i corsi di teologia e di patrologia. So che li tengono professori di provata competenza, ecclesiastici e laici e tra quelli, oltre gli agostiniani, membri di diverse famiglie religiose; e che li seguono con interesse numerosi giovani, appartenenti anch'essi, come i professori, al mondo internazionale, segno anche questo dell'universalità della Chiesa. E mi è motivo di gioia apprendere che vi sono anche alunni provenienti dalla Polonia.

Poi gli incontri di studiosi dell'antichità cristiana, nei quali i cultori delle scienze patristiche, italiani ed esteri, spinti dall'amore per la verità, s'impegnano, con le risorse storiche e filologiche, che sono loro proprie, ad approfondire i grandi temi di quell'epoca lontana e vicina della vita della Chiesa. E' da auspicare che dal loro assiduo lavoro la conoscenza della tradizione derivata dagli Apostoli tragga un grande profitto. La Chiesa è grata per questi studi e per l'impegno con cui i loro cultori li portano avanti.

Anche i Seminari di perfezionamento patristico meritano di essere continuati a beneficio di coloro che, impegnati già nell'insegnamento, vogliono approfondire le loro conoscenze approfittando della particolare competenza di altri loro colleghi.

C'è infine la fervida attività della Cattedra Agostiniana impegnata nell'edizione bilingue dell'"Opera omnia" di sant'Agostino, oltre che in un programma di approfondimento della filosofia e della spiritualità agostiniane, che tanta rilevanza hanno avuto ed hanno tuttora nella cultura cristiana.


2. Questo Istituto Patristico, incorporato alla Facoltà Teologica della Pontificia Università Lateranense, pur continuando direttamente, come abbiamo sentito dalle parole del suo Preside, lo studio generale romano eretto fin dagli inizi del secolo XIV presso la Chiesa di sant'Agostino e trasferito qui presso piazza san Pietro un secolo fa, si riallaccia alla lunga tradizione degli studi ecclesiastici che l'Ordine Agostiniano ha sempre coltivato lungo i secoli. I suoi membri, infatti, hanno insegnato nelle principali Università d'Europa, tra le quali anche quella di Cracovia, offrendo agli studi storici e patristici insigni maestri. Amo ricordare tra i primi Onofrio Panvinio, e Enrico Florez con i 27 volumi della "Espana Sagrada": tra gli altri, in questo secolo, il Cardinale Agostino Ciasca, che si è occupato prevalentemente della patrologia orientale, e Antonio Casamassa, interessatosi soprattutto di quella occidentale.

perciò l'impegno dell'Istituto Patristico è un importante servizio reso alla Chiesa, la quale non può fare a meno degli studi patristici, che il Concilio Vaticano II ha molto raccomandato sia parlando dell'insegnamento della teologia dogmatica (cfr. OT 16) sia illustrando le relazioni tra Scrittura, Tradizione e Magistero (cfr. DV 8-9).

Nella lettera apostolica "Patres Ecclesiae" per il XVI centenario della morte di san Basilio, io stesso ho avuto occasione di scrivere che i Padri "sono una struttura stabile della Chiesa, e per la Chiesa di tutti i secoli adempiono una funzione perenne. Cosicché ogni annuncio e magistero successivo, se vuole essere autentico, deve confrontarsi con il loro annuncio e il loro magistero; ogni carisma e ogni ministero deve attingere alla sorgente vitale della loro paternità; e ogni pietra nuova, aggiunta all'edificio santo che ogni giorno cresce e s'amplifica, deve collocarsi nelle strutture già da loro poste, e con esse saldarsi e connettersi" (2 gennaio 1980: "Insegnamenti", III,1 [1980] 51-52).


3. Poiché dunque nei Padri vi sono delle costanti che costituiscono la base di ogni rinnovamento, consentitemi che mi trattenga un poco con voi sull'importanza, anzi sulla necessità di conoscere gli scritti, la personalità, l'epoca. Da essi ci vengono alcune forti lezioni, fra le quali vorrei rilevare le seguenti: a) L'amore verso la Sacra Scrittura. I Padri hanno studiato, commentato, spiegato al popolo le Scritture facendone l'alimento della loro vita spirituale e pastorale, anzi la forma stessa del loro pensiero. Ne hanno messo in rilievo la profondità, la ricchezza, l'inerranza. "In esse tu possiedi la Parola di Dio: non cercare altro maestro", ha scritto san Giovanni Crisostomo che per spiegare la Parola di Dio pronuncio molti splendidi discorsi ("Comm. in Col. 9,1": PG 11, 361). Non vi è chi non ricordi la preghiera di sant'Agostino che implora la grazia di capire le Scritture: "Siano le tue Scritture le mie caste delizie: ch'io non mi inganni su di esse, né inganni gli altri con esse" ("Confessiones", 11,2.3: PL32, 810). Il principio esposto già da san Giustino, secondo il quale non ci sono antinomie nella Scrittura, e la sua disposizione a confessare piuttosto la propria ignoranza che accusare di errore le Scritture ("Dialogo con Trifone", 65: PG 6, 625) sono, si può dire, comuni a tutti: il Vescovo di Ippona le ripete con le note incisive parole: "...non ti è lecito dire: l'autore di questo libro non ha parlato secondo verità; ma: o il codice è scorretto, o la traduzione è sbagliata, o tu non capisci" ("Contra Faustum", 11,5: PL 42, 249).

b) La seconda grande lezione che i Padri ci danno è l'adesione ferma alla tradizione. Il pensiero corre subito a sant'Ireneo, e giustamente. Ma egli non è se non uno dei tanti. Lo stesso principio della necessaria adesione alla Tradizione lo troviamo in Origene ("De principiis", procl. 1: PG 11,116), in Tertulliano ("De praescriptione haer.", 21: PG 2,33), in sant'Atanasio ("Ep. IV ad Serapionem", 1,28: PG 26, 594), in san Basilio ("De Spiritu Sancto", 27,66: PG 32,186s). Sant'Agostino, ancora una volta, esprime lo stesso principio con parole profonde ed indimenticabili: "io non crederei al Vangelo se non mi ci inducesse l'autorità della Chiesa cattolica" ("Contra ep. Man.", 5,6: PL 42, 176), "la quale, fondata da Cristo e progredita per mezzo degli Apostoli, è giunta fino a noi con una serie non interrotta di successioni apostoliche" ("Contra Faustum, 28,2: PL 42, 486).

c) La terza, grande lezione, è il discorso su Cristo salvatore dell'uomo. Si potrebbe pensare che i Padri, intenti ad illustrare il mistero di Cristo, e spesso a difenderlo contro deviazioni eterodosse, abbiano lasciato nell'ombra la conoscenza dell'uomo. Invece a chi guarda bene in fondo appare il contrario. Hanno guardato con intelletto d'amore al mistero di Cristo, ma nel mistero di Cristo hanno visto illuminato e risolto il mistero dell'uomo. Anzi, spesso è stata la dottrina cristiana sulla salvezza dell'uomo - l'antropologia soprannaturale -, a servire di argomento per difendere la dottrina intorno al mistero di Cristo. Come quando sant'Atanasio, nella controversia ariana, affermava con forza che, se Cristo non è Dio, non ci ha deificati (cfr. "De Synodis", 51: PG 26, 784); o san Gregorio Nazianzeno, nella controversia apollinarista, che se il Verbo non ha assunto tutto l'uomo, compresa l'anima razionale, non ha salvato tutto l'uomo, poiché non viene salvato ciò che non è stato assunto ("Ep. I ad Cledon.", 101: PG 37, 186); o S. Agostino nella "Città di Dio" quando sostiene che se Cristo non è insieme Dio e uomo - "totus Deus et totus homo" ("Sermo 293", 7: PL 38, 1332) - non può essere mediatore tra Dio e gli uomini. "Bisogna cercare - scrive - un intermediario che non sia solamente uomo, ma anche Dio" ("De civitate Dei", 9, 15, 1: PL 41, 268).

Il Concilio Vaticano II proclama che "in realtà, solamente nel mistero del Verbo Incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo... Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore, svela anche pienamente l'uomo all'uomo..." (GS 22). Queste parole, che ho ricordato anche nell'enciclica "Redemptor Hominis", non sono che l'eco della dottrina dei Padri, particolarmente - non occorre dirlo - di sant'Agostino, il quale le ha illustrate e difese durante tutta la controversia pelagiana. Del resto proprio nel momento della sua conversione, come ci assicura nelle sue "Confessioni", egli scopri, leggendo san Paolo, Cristo salvatore dell'uomo, e si aggrappo a lui come il naufrago all'unica tavola di salvezza. Fu da quel momento che vide nel Cristo la soluzione dei problemi essenziali dell'uomo e dell'umanità, come esporrà, più tardi nell'Opera della "Città di Dio", che è, come è stato detto, il "grande libro della speranza cristiana" (N.B.A. V/1, p. 7).

Mettersi dunque alla scuola dei Padri vuol dire imparare a conoscere meglio Cristo, e a conoscere meglio l'uomo. Questa conoscenza, scientificamente documentata e provata, aiuterà enormemente la Chiesa nella missione di predicare a tutti, come fa senza stancarsi, che solo Cristo è la salvezza dell'uomo.


4. Ma il discorso dei Padri su Cristo e sull'uomo non è mai disgiunto da quello della Chiesa, che è, per ripetere ancora una volta una felice espressione agostiniana, il "Christus totus". Essi vivono nella Chiesa e per la Chiesa. Della Chiesa, di cui tanto ci ha parlato il Concilio Vaticano II, possiedono in grado eminente il "senso" dell'unità, della maternità, della concretezza storica. La vedono peregrinante in terra "tra le consolazioni di Dio e le persecuzioni del mondo", come ancora dice il Concilio Vaticano II riprendendo le parole del Vescovo di Ippona, dal tempo di Abele fino alla consumazione dei secoli ("De civitate Dei", 18, 51, 2: PL 41, 614). Mettono in rilievo l'unità della Chiesa, perché nella cattedra dell'unità Dio ha posto la dottrina della verità ("Ep. 105", 16: PL 33, 403). perciò esortano i fedeli a starsene sicuri, per quante difficoltà possano sorgere: "in Ecclesia manebo securus" ("De Bapt.", 3, 2, 2: PL 43, 139).

Le controversie, quando sorgono, devono essere risolte in seno alla Chiesa "cum sancta humilitate, cum pace catholica, cum caritate christiana" ("De Bapt.", 2, 3, 4: PL 43, 129).

"Qualunque cosa noi siamo - dice ancora sant'Agostino ai suoi fedeli -, voi siete sicuri: voi che avete Dio per Padre e la Chiesa per Madre" ("Contra litt. Pet.", 3, 9 10: PL 43, 353). Ma ammonisce anche, come aveva ammonito già san Cipriano ("De Cath. Eccl. unitate", 6: PL 4, 502), che nessuno può avere Dio per Padre se non ha la Chiesa per Madre ("In Ps 88", s. 2, 14: PL 37, 1140)


5. Questi non sono che rapidi accenni alle inesauribili ricchezze, umane e cristiane, dei Padri, che voi avete il compito e la fortuna di scoprire ed illustrare per l'utilità di tutti.

So che nel vostro Istituto viene dedicata una particolare attenzione a sant'Agostino. I miei predecessori hanno sempre raccomandato lo studio e la divulgazione delle Opere di questo grande Dottore, fin da quando, ad appena un anno dalla morte, san Celestino I lo annovero "inter magistros optimos" (DS 237). Nei tempi più vicini a noi Leone XIII, Pio XI, Paolo VI ne hanno tessuto l'elogio. "Egli sembro - ha scritto il primo nella "Aeterni Patris" - togliere la palma a tutti gli altri Padri, poiché d'ingegno potentissimo e perfettamente addottrinato nelle scienze sacre e profane, ardentemente combattè, con fede somma e pari scienza, contro tutti gli errori della sua età" ("Leoni XIII Acta", 1P 270). Alla loro voce aggiungo volentieri anche la mia. Desidero ardentemente che la sua dottrina filosofica, teologica e spirituale sia studiata e diffusa, sicché egli continui, anche per mezzo vostro, il suo magistero nella Chiesa, un magistero umile e insieme luminoso che parla soprattutto di Cristo e dell'amore. Come fanno appunto, a suo giudizio, le Scritture.

Con questi voti e in pegno di sempre copiosi lumi celesti, imparto di gran cuore a voi ed ai vostri cari la benedizione apostolica.




1982-05-07 Data estesa: Venerdi 7 Maggio 1982




Alla curia generalizia degli agostiniani - Roma

Titolo: Sant'Agostino e la Chiesa esemplare comunione di vita

Testo:

Reverendo Priore Generale, e cari confratelli dell'Ordine Agostiniano!


1. "Ecce quam bonum et quam iucundum habitare fratres in unum" (Ps 132,1).

Dopo l'incontro di poco fa nella bella sede dell'Istituto Patristico sono veramente lieto di ritrovarmi ora in mezzo a voi che, come membri della Curia Generalizia, rappresentate visibilmente l'intera Famiglia spirituale di sant'Agostino. E sono anche lieto del fatto che questo secondo incontro si svolga all'interno della Cappella, quasi a segnare - io direi nello stile stesso del Santo - un emblematico itinerario dall'esterno all'interno, dall'attività didattico-formativa al suo centro ispiratore ch'è la preghiera, dalla derivazione di un così importante lavoro ecclesiale alla sua fonte di alimentazione ch'è il contatto con Dio.

Il saluto, pertanto, che ora rivolgo a ciascuno di voi, qui presenti, ed attraverso voi desidero estendere a tutti i religiosi dell'Ordine, sparsi in più di quaranta Paesi, è secondo questa linea di priorità nel nome di Dio Padre e del suo Figlio Gesù Cristo. "Gratia vobis et pax - vi ripetero con san Paolo - a Deo Patre nostro et Domino Iesu Christo" (1Co 1,3). Voglia il Signore, che ci trova riuniti, confermare il nostro spirito nella pace e nella grazia, facendoci assaporare la gioia di quel vivere insieme nel vincolo della comunione fraterna, di cui il vostro Maestro ed insieme il grande Dottore di tutta la Chiesa, Agostino, in tante pagine delle prestigiose sue Opere ha celebrato la spirituale e corroborante fecondità. Guidati dal suo esempio e dal suo insegnamento, noi tutti qui presenti vogliamo sperimentare l'ineffabile letizia di questa comunione: "Ecce quam bonum et quam iucundum habitare fratres in unum".


2. Ma io ho anche un debito di riconoscenza da soddisfare: riconoscenza per il modo non soltanto ospitale e cortese, ma tanto caloroso ed intimamente familiare con cui sono stato accolto nell'odierna mia visita alle tre Istituzioni, nelle quali si articola questo complesso unitario; riconoscenza per le amabili e deferenti parole, che mi ha or ora rivolto il Superiore Generale nel suo indirizzo di saluto; riconoscenza, soprattutto, per i servizi molteplici che il vostro Ordine presta alla Chiesa ed alla Santa Sede, a cominciare dall'operosità che viene svolta e promossa in questa Curia, e dal ministero dei religiosi agostiniani presso il Vicariato Generale per la Città del Vaticano e presso la Pontificia Parrocchia di sant'Anna.

Chiamato a reggere la Chiesa in questo periodo della storia, io non posso dimenticare la peculiare origine del vostro Ordine, il quale nacque, nel cuore stesso dell'età medievale, per l'iniziativa dei miei predecessori Innocenzo IV e Alessandro IV e, per tale ragione, si differenzia dagli altri Istituti religiosi, configurandosi come tipico nella vasta gamma delle diverse forme e strutture canoniche per la professione dei consigli evangelici. Nel riferimento alla lettera ed allo spirito della "Regula" agostiniana, nell'altissimo titolo di nobiltà che il nome stesso del Santo gli conferisce, il vostro Ordine per la sua istituzione giuridica ha come fondatrice la santa madre Chiesa.


3. Agostino e la Chiesa, dunque: due grandi nomi stanno a definire, fratelli carissimi, la vostra specifica fisionomia come religiosi. L'eredità dell'uno e la realtà stessa dell'altra (ed Agostino - è superfluo star qui a ricordarlo - resta un insuperato maestro di tale realtà per la profondità delle sue intuizioni ecclesiologiche) vi sollecitano a vivere in un'intima ed esemplare comunione di vita, ad attuarla ed esprimerla in modi sempre genuini, a non smentire mai quel che giustamente è chiamato il "carisma agostiniano" di una vita comunitaria resa una dalla carità.

Fate in modo che quel che su un piano generale è la Chiesa (come vi ricorda e vi insegna il vostro padre Agostino) si verifichi per ciascuna delle vostre comunità: sappiate promuovere in esse una tale coesione di vita, per cui i molti, che vi si ritrovano insieme, siano fusi per mezzo della carità ed abbiano "unità di mente e di cuore protesi verso Dio" (Sant'Agostino,"Regula", 1,3).

Potrete allora comprendere appieno la verità delle citate parole del Salmo: "Ecce quam bonum et quam iucundum habitare fratres in unum". Difatti, "tanto dolce è il suono di queste parole. E' tanto dolce, quanto è dolce la carità che fa si che i fratelli stiano a vivere insieme... Si, queste parole del Salterio, questo dolce suono, questa soave melodia... ha anche generato i monasteri. A questo suono si sono destati i fratelli che han desiderato di vivere insieme: questo versetto fu per loro come una squilla" (Sant'Agostino, "Enarrat. in Ps. 132", 1-2: PL 37,1729).

Facendo eco a richiami tanto suggestivi quanto autorevoli, io fraternamente vi invito a mantenervi sempre fedeli, affrontando i necessari sacrifici, rispettando le sue esigenze intrinseche, alla vita comunitaria, generata e radicata nella carità.


4. Sapete bene che questa vita non significa in alcun modo chiusura in se stessi ed esclusione degli altri: tanto meno, direi, che potrebbe significarlo per voi, figli di sant'Agostino. La vostra è e deve essere una comunità apostolica, cioè aperta e dinamica, protesa - come ho già ricordato - verso Dio, ma proprio per questo protesa anche verso i fratelli. Secondo tale impostazione, io mi rifaccio a quanto ha accennato il Priore Generale, e plaudo alle nuove iniziative che, in coerente continuità con tutto ciò che è stato fatto in passato dall'Ordine Agostiniano e con singolare onore s'inscrive nell'albo d'oro dell'attività ministeriale e missionaria della Chiesa, sono avviate e promosse al presente, "affinché la Parola di Dio si diffonda e sia glorificata" (2Th 3,1). Per questo lavoro molto opportuno e tanto promettente vi rivolgo, con grande fiducia, il mio più vivo incoraggiamento, implorando su di esso l'abbondanza dei favori celesti.

Voi che professate - ed è un altro titolo d'onore per l'Ordine - una speciale devozione alla Madre di Dio e tanto spesso la invocate sotto il bel titolo di "Mater Boni Consilii", possiate ottenere da lei aiuto e conforto nel rinnovato proposito di stringere i vincoli della vita comunitaria e di proiettarla, appunto in ragione di questo radicamento interiore, nell'intera comunità ecclesiale ed anche al di fuori. Possiamo soprattutto ottenere da lei quel superiore "consiglio", che è discernimento e saggezza nelle decisioni, ma più ancora individuazione degli accresciuti bisogni spirituali della nostra età, visione della realtà sociale ed umana alla luce del Vangelo e, di conseguenza, anche coraggio nel dare a quei bisogni ed a quella visione le adeguate risposte.




1982-05-07 Data estesa: Venerdi 7 Maggio 1982




Il saluto ad un gruppo di operatori economici nel settore agricolo - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Ridiamo all'agricoltura il giusto valore

Testo:

Signor Presidente, Signore, Signori.


1. In quanto membri del Comitato centrale della "Confederazione internazionale del Credito agricolo", eccovi riuniti a Roma, e avete manifestato il desiderio di incontrarmi.Vi rispondo volentieri, testimoniandovi la stima che nutro per la vostra professione e incoraggiando il servizio qualificato che volete rendere al mondo agricolo.

Come scrivevo nell'enciclica "Laborem Exercens", è importante "ridare all'agricoltura - e agli agricoltori - il loro giusto valore come base di una sana economia, nell'insieme dello sviluppo della comunità sociale" (LE 21). Tutti vedono infatti che il mondo rurale si trova di fronte quasi ovunque a seri problemi. Nei paesi che hanno voluto e che hanno potuto concentrare la maggior parte dei loro sforzi nella produzione industriale, gli agricoltori sono spesso rimasti come marginali in rapporto a questo progresso economico e sociale. E in modo ancora più grave, nei paesi in via di sviluppo, la mancanza di strumenti appropriati e di formazione professionale, come anche strutture sociali ingiuste, fanno in modo che i contadini vivano in condizioni precarie. Nei due casi, ne deriva, tra l'altro, un esodo massiccio dalla campagna verso le città, in cui i contadini rischiano di trovare condizioni di vita ancora più disumanizzanti. La Chiesa si interessa a queste situazioni perché è in gioco la dignità dei lavoratori rurali, e anche il bene comune dei popoli: quando l'agricoltura non ha più il suo posto, è l'equilibrio della società che è in pericolo, senza contare che si aggrava anche la mancanza di beni alimentari di primaria necessità. Ci si ricollega qui alla drammatica questione della fame nel mondo.


2. Non è direttamente un vostro problema. Ma questo sottolinea a che punto il mondo agricolo ha bisogno di aiuto, di investimenti, di assistenza tecnica, di promozione a tutti i livelli. Ed è qui che interviene il sistema del Credito agricolo, organizzato principalmente a partire dal mondo agricolo, sotto forma per esempio di risparmio, e soprattutto per il mondo agricolo, sotto forma di prestiti. Il fatto di disporre per questo genere di finanziamenti, di istituti bancari specializzati si comprende agevolmente; è importante in effetti che il sistema di credito sia ben adattato alle realtà del settore, del dipartimento, della provincia, della regione; che esso tenga conto delle caratteristiche umane e socio-economiche di società rurali molto diverse, che voglia servire in Europa, in Africa o altrove; che abbia la fiducia degli agricoltori, in una parola che sia semplice, umano ed efficace. E' evidentemente necessario assicurare anche legami con i differenti organismi che, a livello nazionale, continentale o internazionale, hanno lo scopo di promuovere l'agricoltura, nell'interesse di tutto un paese o dell'intera comunità umana.

E' proprio a questo scopo che si è formata, or sono trent'anni, la Confederazione internazionale del Credito agricolo, che promuove e armonizza l'azione di circa cinquecento istituti di credito in quaranta paesi.


3. Il Papa non può entrare negli aspetti tecnici dei vostri lavori; è vostro onore e vostro dovere di apportarvi il massimo di competenza e di probità nella gestione dei fondi. Ma auguro che tutti i responsabili e i collaboratori di "banche" o "casse" che voi rappresentate, e quelli della Confederazione stessa, non si contentino di gestire dei fondi importanti per trarne dei benefici, ma che essi abbiano sempre chiaro la finalità umana di una tale impresa, quella che ha ispirato generalmente i fondatori: vale a dire il servizio del mondo agricolo, non solamente per sviluppare le risorse e le tecniche di questo mondo agricolo, ma per assicurare la promozione integrale degli uomini del mondo rurale sul piano materiale, sociale e morale, per avere, anche in seno a operazioni di credito e di risparmio, una preoccupazione di formazione. Prego Dio di aiutarvi a mantenere la qualità di questo spirito di servizio. E gli domando anche di benedire le vostre persone, le vostre famiglie e tutti coloro che vi sono cari.




1982-05-08 Data estesa: Sabato 8 Maggio 1982




Ai fedeli della Diocesi di Todi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il pellegrinaggio qualifica la comunità cristiana

Testo:

Fratelli e sorelle di Todi.

Avete amabilmente insistito per venire qui, in una Udienza particolare per la sola diocesi tudertina, ed eccovi accontentati.


1. Benvenuti in questa casa.

Intendo salutare tutti e ciascuno, Autorità religiose e civili, dirigenti delle varie associazioni cattoliche, religiosi e religiose, laici, ognuno dei presenti, singolarmente, in special modo voi sacerdoti, che con la iniziativa presa durante la vostra riunione ordinaria mensile, immediatamente dopo la mia visita alla vostra città, avete reso possibile l'odierno incontro.

Vi saluto e vi ringrazio di tutto cuore, ben sapendo che la presenza di un gruppo così numeroso e qualificato della vostra antica e nota diocesi, guidato dal vostro Vescovo Decio Lucio Grandoni, che nella sua persona unisce anche la vicina diocesi di Orvieto, vuole assumere significati molteplici.

Voi siete venuti a Roma, in pellegrinaggio alla casa del Padre comune, innanzitutto, secondo i vostri propositi, per restituire la visita da me fatta alla vostra bellissima città, il 22 novembre scorso, in occasione del mio pellegrinaggio al Santuario dell'Amore Misericordioso di Collevalenza. Vi ringrazio per questo vostro pensiero, tanto più gradito in quanto io vedo in voi l'immagine di quelle folle, che dovunque, in Italia, in Europa, in ogni continente, hanno accompagnato con devozione e fervore i miei viaggi, e vorrebbero venire qui a Roma per restituirmi la visita, ma non possono farlo a motivo della lontananza.

Per voi non è così. Ed eccovi, a vostra volta, pellegrini, a realizzare il secondo incontro di comunione ecclesiale.


2. Voi sapete che queste iniziative - inaugurate con l'ultimo Concilio - del Papa itinerante che abbandona periodicamente per alcuni giorni la città eterna per andare incontro alle anime, hanno un significato esclusivamente spirituale, apostolico ed ecclesiale. Sono pellegrinaggi del Vicario di Cristo al Popolo di Dio, per costruire, realizzare la Chiesa, come ha ordinato Gesù agli apostoli di andare in tutto il mondo, ammaestrare tutte le nazioni, per sviluppare la coscienza, di cui oggi il mondo ha particolarmente bisogno, della paternità di Dio, della fraternità universale fra tutti gli uomini.

Il Papa si fa itinerante, perché il pellegrinaggio è una nota qualificante della comunità cristiana. La Chiesa è pellegrina.

Il 22 novembre scorso io sono venuto pellegrino da voi per comunicare con voi, Popolo di Dio della diocesi di Todi, per rendere anche così il mio servizio alla Chiesa universale; e voi ora venite in pellegrinaggio in Vaticano non solo per restituire la visita, ma soprattutto per dirmi, come mi ha scritto il vostro Vescovo, che il nostro primo incontro a Todi ha avuto l'effetto di contribuire ad edificare la Chiesa; e quindi voi, nell'incontro rinnovato di oggi, intendete riaffermare la vostra volontà di proseguire sulla via della rifioritura della Fede, della Speranza e della Carità.

Rinnovate questo vostro proposito nel periodo pasquale, che ricorda e rivive la Risurrezione di Cristo, in questo particolare giorno del mese dedicato a Maria, per assumere l'impegno di contribuire alla rinascita della vita cristiana in tutta la vostra diocesi. Il dono, dato a voi dal Signore, di vivere la vita del Risorto, voi avete in animo, così come deve essere, di comunicarlo agli altri, perché si moltiplichino i fratelli, perché si allarghi la famiglia di Dio, e nessuno, se fosse possibile, rimanga escluso dai benefici della Redenzione.


3. Il mistero pasquale, pero, non è solo un mistero di risurrezione, ma anche, e prima, di sofferenza e di morte, come per Gesù, così per ciascuno di noi. Nei giorni trascorsi sono stato col pensiero e col cuore a Todi, partecipando intensamente al profondo dolore che ha sconvolto la vostra città in maniera drammatica, con l'incendio distruttore del 25 aprile, che, oltre a gravissimi danni materiali, ha provocato numerosi morti e feriti. Davanti ad una simile tragedia, non posso fare a meno di raccomandare ancora una volta all'Amore Misericordioso del Padre celeste le anime delle vittime, d'invitare i loro familiari alla fortezza ed alla speranza cristiana, e voi qui presenti ad alzare gli occhi in alto, a guardare a Dio che è Padre amoroso, anche quando, nei suoi misteriosi disegni, permette la sofferenza.

In questo mese, tipico della rinascita della natura, affido le vostre aspirazioni ad una più intensa vita spirituale, la vostra volontà d'impegnavi per la rinascita della fede nella vostra diocesi alle cure materne della Vergine santa, che prima di essere assunta in cielo per raggiungere in corpo e anima il Figlio ha sperimentato la lama della spada, che ha trafitto il suo cuore. La Madre di Gesù e Madre della Chiesa vi protegga maternamente e vi aiuti nella realizzazionedei vostri propositi.

Con questi sentimenti imparto di cuore a tutti voi qui presenti, alle vostre famiglie, a tutta la cara diocesi di Todi, la mia speciale benedizione apostolica.


4. Ed ora desidero rivolgere un saluto intensamente cordiale, anche se breve, a tutti i benemeriti Insegnanti di educazione fisica ed agli Operatori fisici e sportivi, riuniti in questi giorni a Roma per un Convegno Nazionale, indetto dalla loro Federazione.

Carissimi, voi svolgete delicate responsabilità in seno alla Scuola, alle Società sportive ed anche nei Centri di rieducazione e riabilitazione motoria. Quello da voi reso - ne sono ben consapevole - è un rilevante servizio della società civile, soprattutto in vista della maturazione psico-fisica di ogni suo giovane membro.

Sui vostri compiti, sulle vostre persone e sulle vostre famiglie invoco la protezione divina, di cui è pegno la mia affettuosa benedizione.

Un particolare saluto desidero rivolgere a voi, giovani sportivi italiani e belgi, presenti a Roma per un incontro agonistico, ai Dirigenti della Banca Popolare di Novara e della Société Générale de Banque di Bruxelles, che ne sono gli organizzatori, ed ai rispettivi familiari. Vi ringrazio per questo vostro atto di filiale devozione e vi esorto a mantenere sempre saldo e profondo questo vincolo di fraternità e di amicizia che vi unisce e che è segno di fede cristiana e di sensibilità umana. Con questo auspicio, con grande affetto vi concedo l'implorata benedizione apostolica, che estendo volentieri a tutti i vostri cari.




1982-05-08 Data estesa: Sabato 8 Maggio 1982




Alla Congregazione dei Figli della Carità, Canossiani - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il nostro tempo esige il coraggio delle fede

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle nel Signore!


1. Da tanto tempo attendevate questo incontro col Papa, e oggi, finalmente, il vostro desiderio, che è anche il mio, può essere soddisfatto! Voi, infatti, siete parte attiva della Chiesa e ben volentieri io vi apro il mio cuore, e nel ricordo della vostra Fondatrice, la beata Maddalena di Canossa, porgo il mio saluto deferente ed affettuoso al Preposito dei Figli della Carità, alla Madre Generale delle Religiose Canossiane, a tutti voi presenti, Collaboratori e Responsabili, ai Sacerdoti, ai Fratelli, ai Chierici, alle Suore, agli allievi ed amici, ai benefattori delle vostre varie Opere. Desidero estendere questo mio cordiale saluto a tutti i membri delle due Congregazioni, esprimendo nello stesso tempo la mia riconoscenza per tale atto di fedeltà, di ossequio, di amore al Vicario di Cristo ed alla sua Missione di Pastore universale.


2. Avete voluto sottolineare in modo solenne e fervoroso il 150° anniversario della fondazione del vostro Istituto e la consegna delle nuove Costituzioni alle religiose, approvate dalla Sacra Congregazione il 23 dicembre dello scorso anno.

Questo perciò è un momento di particolare riflessione sulla vostra spiritualità e sui vostri ideali, che vi permetterà di riprendere con maggiore ardore il cammino, nello spirito e sulla strada della vostra Fondatrice.

Meditando sulle vicende del passato e considerando le tante tribolazioni e contrarietà che dovette incontrare e superare prima la beata Maddalena di Canossa, per la fondazione dei due rami religiosi, e i suoi successori, poi, per la loro realizzazione e il loro incremento, dobbiamo prima di tutto ringraziare il Signore per il suo costante aiuto e la sua predilezione. Si avvero il desiderio manifestato dalla Fondatrice: "Vorrei che l'Istituto germogliasse sul Calvario, tra il Crocifisso e l'Addolorata e avvampasse di carità, pur rimanendo nell'umiltà e oscurità della croce". La spiritualità e le opere di Maddalena di Canossa hanno superato ormai il secolo e anche oggi possiamo ripetere ciò che nel 1923, in un momento cruciale dell'Istituto maschile, il servo di Dio Don Giovanni Calabria disse al Cardinale La Fontaine, Patriarca di Venezia: "L'opera dei Canossiani deve rimanere, perché "digitus Dei est hic"'". Le due Congregazioni si sono dilatate anche all'estero, nella testimonianza di Cristo e nell'esercizio della carità: "servi e serve dei poveri", come voleva l'intrepida marchesa, messasi al servizio dei più umili e dei più diseredati. Anche la Città di Roma deve essere riconoscente ai religiosi canossiani per le due parrocchie di cui hanno cura.


3. Nel discorso tenuto in occasione della beatificazione della vostra Fondatrice, il 7 dicembre 1941, Pio XII così si esprimeva: "Le vicende della vita dei santi, se sono la palestra della loro virtù, divengono per noi un ammaestramento e un ammonimento: Dio li suscita, affinché il loro esempio risplenda come luce e sprone ai nostri passi" ("Discorsi e Radiomessaggi", III [1941] 291-292). Vorrei ricavare dalla vita e dall'insegnamento della beata Maddalena di Canossa una direttiva ed un proposito, per proporli a voi tutti, come ricordo e come particolare consegna di questo incontro così qualificato, affinché vi aiutino a proseguire con perseveranza e con fervore il vostro cammino.

Ella fu veramente una donna forte e coraggiosa.

Fu una mistica in azione, che dalla forza della fede contemplata e vissuta con intimo gaudio, traeva il coraggio della sua azione caritativa. Oggi è proprio il tempo in cui si esige il coraggio della fede cristiana! Questa è la direttiva che in nome suo vi suggerisco: siate coraggiosi e intrepidi, saldi nella certezza che solo Cristo è la salvezza, solo lui è la Verità, la Luce, la Pietra angolare: "Chi ci separerà dall'amore di Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?... Io sono infatti persuaso che... nessuna creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore" (Rm 8,31 Rm 8,35 Rm 8,39). Inquadrando gli avvenimenti storici del tempo, Pio XII così diceva nel citato discorso: "Impavida e generosa la beata Maddalena conobbe tutta la crisi politica e sociale che, dall'inizio della rivoluzione francese nel1789 fino alla estrema caduta di Napoleone nel 1815, sconvolse l'Europa con venticinque anni di convulsioni di popoli e di continue guerre". Nelle crisi della storia che continuamente si succedono, non dobbiamo temere: solo la fede cristiana dà il senso alla vita ed offre la vera salvezza.

Bene ha potuto scrivere un biografo, parlando degli incontri avvenuti tra la Marchesa e Napoleone Bonaparte a Verona: "Quelle due personalità a fronte...


rappresentavano due grandezze. Senza menomare i meriti politici e amministrativi dell'uomo, è certo che essi andarono accompagnati a immani guerre, le quali dissanguarono l'Europa: mentre quella creatura gracile attese a ricostruire là dove malattie e nequizie avevano distrutto. Un giudizio facile mette sul piedistallo i grandi conquistatori; ma un giudizio più profondo non può non mettere i grandi benefattori" (Igino Giordani, "Maddalena di Canossa", Brescia


1947).


4. Strettamente unita a questo coraggio apostolico sta una caratteristica tipica della beata Maddalena di Canossa: il suo assiduo impegno per l'istruzione religiosa. Ella ebbe certamente come ideale e come attività principale la carità verso i poveri, gli orfani, i malati, ma volle che fosse sempre accompagnata dalla dottrina, giungendo fino a comporre un catechismo, a scrivere un commento ai Vangeli della domenica, a dettare delle regole di pedagogia. Affermava infatti che "Dio non era amato, perché non era conosciuto". Donna veramente intelligente e lungimirante, si dimostra in questo anche moderna e attuale. Seguendo pertanto le orme della vostra Fondatrice, dedicatevi anche voi con amore e con scrupolo all'insegnamento della dottrina cristiana, mediante una costante ed aggiornata preparazione, salvaguardando sempre la purezza della fede, docili e ossequienti al Magistero ecclesiale, come lo fu la beata Maddalena. Questo è il proposito che di cuore vi suggerisco, per il bene della Chiesa, per la vostra santificazione, per l'aumento delle Vocazioni nelle vostre benemerite Congregazioni.


5. Il giovane sacerdote Antonio Rosmini il 10 dicembre 1825 scriveva da Rovereto una lettera molto importante alla Marchesa Maddalena di Canossa, in cui tracciava il primo abbozzo dell'Istituzione che egli aveva in animo di fondare. In essa così si esprimeva: "Quanto mi piace il concetto che ho sentito più volte dalla sua bocca, che bisogna avere un cuore grande; che il nostro Signore è grande; e che il Cristiano fa torto al suo Signore impicciolendolo!".

Carissimi! Abbiate anche voi "un cuore grande", che sa comprendere, amare, donarsi; che non si spaventa né del male né dell'errore; che abbraccia coraggiosamente i fratelli e si impegna totalmente nella carità, in nome e con la forza di Cristo! Ve lo conceda Maria santissima, la Madre di Gesù Crocifisso e risorto, alla quale vi affido, mentre volentieri imparto a voi e a tutti i membri delle Congregazioni la mia propiziatrice benedizione apostolica.




1982-05-08 Data estesa: Sabato 8 Maggio 1982





GPII 1982 Insegnamenti - All'"Augustinianum" - Roma