GPII 1982 Insegnamenti - Ai giovani di Azione Cattolica al Palasport - Roma

Ai giovani di Azione Cattolica al Palasport - Roma

Titolo: Protagonisti del futuro della storia, costruttori del mondo nuovo

Testo:

Carissimi Giovani di Azione Cattolica!


1. Siete venuti a migliaia da tutti i sentieri d'Italia, mossi da un imperioso desiderio di pace, con in cuore qualcosa di importante da dirvi l'un l'altro e da proporre alla società che vi circonda e nella quale siete vitalmente inseriti.

Avete voluto, insistentemente voluto, nel vostro appuntamento romano vedere anche il Papa; stare un po' con lui; raccontargli di voi; farvi confermare, mediante il suo universale ministero, nella vostra volontà di pace.

Eccomi ora con voi, in mezzo a voi, per dirvi: Siate benedetti, poiché "beati i pacificatori - dice il Signore -, perché saranno chiamati figli di Dio" (Mt 5,9).

Vi saluto ad uno ad uno con sincero affetto e vi ringrazio per la vostra calorosa e festosa accoglienza. Sono contento dei vostri propositi di pace e desidero mettere nuova lena nel vostro cuore, perché la pace trovi qui, oggi, nuovo insistente impulso; trovi braccia operose, intenzioni forti e rigogliose, corpi e spiriti allenati ad essere portatori di pace.


2. L'idea del vostro Convegno sottintende una lettura attenta e acuta della situazione, nella quale ci si trova a vivere. Una lettura aggiornata. E oggi la pace è drammaticamente in pericolo: gli strattoni si susseguono e sussulti di guerra si infittiscono in questa stagione. Tremano, in non poche parti del mondo, le fondamenta del libero, pacifico ordinamento. Non si allentano, ma anzi si acuiscono le tensioni sociali, e contrapposizioni tra cittadini e cittadini, tra cittadini e pubblici poteri.

Alla più larga e diffusa, alla più consapevole e motivata ispirazione alla pace, propria dei popoli e delle nazioni, fa troppe volte fronte un'iniziativa di segno opposto, in paradossale contraddizione tra parole dette o impegni solennemente sottoscritti e scelte effettivamente operate.

Si, un grido, notissimo oramai, sovviene ed io lo ripeto a voi, a tutti: tutto è perduto con la guerra; tutto è reso estremamente più difficile ed arduo.

In nome di Dio, siano fermati i sofisticati ordigni, portatori di morte e distruzione. Non c'è ragione, non c'è razionalità, non c'è speranza là dove si falcidia la vita umana, la si irride, la si polverizza. La guerra non prepara la pace, non è la strada della pace.

Si pratica il diritto della forza, della violenza, della sopraffazione: "Si curano - avverte il profeta - le ferite del mio popolo alla leggera, dicendo: 'Tutto va bene! Tutto è in pace, ma pace non c'è!"" (Jr 6,14).

Ma voi, giovani, notate come la non-pace sia assai più vasta della drammatica guerra. Un paese può essere apparentemente e militarmente in pace, ma la guerra bolle nelle vene, e sangue viene versato e dolore seminato; ad ingiustizia altra ingiustizia s'accumula.

Eppure qualcosa di nuovo si muove e avanza: una rinnovata, crescente sensibilità per la pace infervora gli animi e si esprime entro mentalità e orientamenti culturali diversi. E quanto più sembra a tratti rallentarsi il processo di pace e di convivenza tra i popoli e nell'ambito di una stessa nazione, tanto più alta, resistente e insistente si fa l'invocazione alla pace. Noi tutti vediamo con interesse questo fenomeno e vi riponiamo non poca speranza, giacché esso viene esprimendosi come una lievitazione delle coscienze. Lo vogliamo vedere come un segno dei tempi, che prepara l'avvento del terzo millennio della storia del Cristianesimo.

Voi oggi con la vostra entusiastica presenza dite che il cambiamento è possibile, che è compito, responsabilità, dovere dell'uomo "orientare il cambiamento verso il meglio", come avete scritto a tutti i giovani. Voi dite, ed io con voi: i cristiani non possono non cogliere questo segno; non possono mancare all'impresa nuova che s'avvia, l'impresa diuturna della pace; non possono rifiutare il contributo solidale allo sforzo comune, il contributo specifico di orientamento e di consolidamento, di prospettiva per la pace.


3. E che cosa proponete in concreto? Di guardare la pace negli occhi. Così dicono i vostri manifesti. Se solo per un attimo gli occhi di tutti gli uomini si rivolgessero e puntassero sugli occhi della pace, noi siamo certi che la guerra, ogni guerra cesserebbe.

Si, lasciamoci affascinare, incantare e coinvolgere dagli occhi della pace! E la persuasione ci viene dalla confidenza che abbiamo nel Signore: egli "è la nostra pace" (Ep 2,14); i suoi occhi sono su di noi; egli ci fissa e fissandoci ci ama. (cfr. Mc 10,21). E noi conosciamo la sua pace: a questa siamo stati chiamati (cfr. 1Co 7,15), di questa ci ricolma (cfr. Rm 15,13), in questa ci custodisce (cfr. Ph 4,7), e ci santifica (cfr. 1Th 5,23). La pace è suo dono, ho detto nel messaggio per la Giornata della Pace di quest'anno: egli, il Signore della pace (cfr. 2Th 3,16), la dona già e promette in abbondanza.

E' il Cristo pasquale, che propaga, per il tramite dello Spirito, la sua pace, quella stabilita in virtù del sangue della sua Croce (cfr. Col 1,20). Egli ha abbattuto le mura di divisione (cfr. Ep 2,14).

La sequela di Cristo è sequela di pace nella pace. Pace nell'accogliere il messaggio del suo Amore. Pace nell'accogliere il suo Spirito. Pace nel vivere nella sua grazia, nella sua intimità, mediante i Sacramenti e soprattutto l'Eucaristia.

Ora, tocca a voi andare a portare l'annuncio del Vangelo della pace (cfr. Ep 6,15). Siete infatti laici evangelizzatori della pace, promotori di opere della pace: portatori di parole e gesti di pace, di esempi vissuti e di gesti espliciti di pace, in serrata consequenzialità d'esistenza.


4. A voi, poi, è chiesta la persuasione che la pace è l'altro nome della vita; che vita e pace hanno lo stesso nome; la persuasione che annunciare la pace nel concreto è assumere come punto di partenza l'uomo storico e la sua trama d'esistenza fin dal primo attimo, la sua trama di rapporti con l'ambiente e con gli altri. La pace è servizio alla vita e promozione della vita, sviluppo, progresso per tutti e per ciascuno. "Il nostro si alla pace si allarga ad un si alla vita", diceva Paolo VI nel suo messaggio per la "Giornata della Pace" del 1978. Perché nasconderlo a tutti coloro che possono ascoltare? E' sul fronte della pace che ci si impegna per le ragioni della vita. E' illusorio, e alla fine contraddittorio, affermare di volere la pace e non rendere onore ad ogni vita umana che nasce. Qui i problemi sul piano locale, nazionale ed internazionale si ricongiungono, e la prospettiva della pace si fa vettore di radicale trasformazione. A questo punto le diverse culture umanitarie devono confrontarsi e decidere quale sviluppo imprimere al movimento dei cuori verso la pace. "Le aspirazioni dello spirito - non lo si dimentichi -portano alla vita e alla pace" (Rm 8,6). Per questo ben conviene assentire all'invito dei Vescovi italiani nell'andare "con decisione controcorrente e di porre sui valori morali le premesse di un'organica cultura della vita" ("Documento", 23 ottobre 1981, n. 11), che è come dire una organica, consapevole cultura della pace.


5. Desidero indicarvi alcuni binari privilegiati di impegno, per un progetto educativo ed apostolico. Dovete anzitutto cercare la pace come armonia e coesione della vostra struttura personale, vitale: la pace in voi, frutto di lotta interiore, di sincero impegno per una vita coerente con la propria fede, di un costante sforzo per restituire l'uomo all'integrità, all'armonia, alla bellezza della sua origine divina.

Si, bisogna lavorare - come sto ripetendo insistentemente nella catechesi del mercoledi - quali uomini casti, in coerenza con se stessi e le proprie responsabilità, senza nulla intorbidire. E, nella pace, accogliere la vocazione che Dio assegna, qualunque essa sia, anche la piu impegnativa.

Dovete "per ciò che sta in voi, vivere in pace con tutti" (Rm 12,18) a cominciare dalla famiglia e via via estendere la vostra iniziativa di pace a livello personale, di gruppo, di associazione.

Voi più di tutti, perché giovani, dovete vincere il male col bene, anche il male più inveterato, più incrostato. Aprite, a vostra volta, delle breccie nel muro dell'odio, non fatevi invischiare; provocate il superamento di ogni rancore, di ogni rivalità, di ogni invidia! Attraverso voi, sia pace nelle regioni, nelle città e nei paesi d'Italia, là dove occorre far diga con se stessi, non lasciarsi intimidire, avere alto senso civile e sociale! Attraverso voi, sia pace negli orientamenti delle culture che albergano nell'animo degli uomini. Se da tutti davvero si vuole l'emarginazione della violenza, si abbia il coraggio del disarmo dell'odio ideologico e si rivedano i propri propositi sul registro della pace. Sia l'Italia, anche per opera vostra, un fervido cantiere della pace.

Dovete lavorare anche per la pace in ambito internazionale. E non solo per l'intreccio inscindibile tra iniziativa personale e comunitaria o collettiva, ma specificamente per un'azione che a voi tutti è possibile.

Siete artefici, artigiani della pace internazionale grazie all'uso che decidete di fare dei mezzi a vostra disposizione, delle possibilità che vi sono riservate perché giovani.


6. Lo potete a livello di linguaggio, isolando e abiurando ciò che è sconveniente, improduttivo se non contrario alla pace, e mettendo in circolazione, dando credito, facendo riferimento solo alle parole di un vocabolario di pace. Va recuperato, infatti, il valore alla parola, perché essa sia innanzitutto rivelatrice dell'essere, perché sia densa, impegnata e impegnativa circa l'esistenza di ciascuno. In tal modo le parole possono costringere, invitare, incitare, denunciare.

Lo potete a livello di immaginazione, di inventiva riposte in gesti non-violenti, di più, in gesti pacifici, in gesti rivelatori della sorgente di forza che è in voi, ed è il vostro segreto. Mitezza e intransigenza, mansuetudine e fortezza, misericordia e temperanza, siano le modulazioni nel proporre gesti di pace.

Lo potete, praticando quelle iniziative culturali, artistiche, sportive, che ai giovani particolarmente sono riservate.

Lo potete, allenandovi ad un impegno professionale e civile, fondato sulla competenza, che vi porti ad acquisire posti di crescente responsabilità nell'ambito della società civile.

Il Papa è con voi, mentre percorrete le strade della pace! I vostri passi seguiranno le orme di Francesco d'Assisi e di Caterina da Siena, come pure di coloro, anche nostri contemporanei, che per la causa della pace tra i popoli e le nazioni hanno dedicato tutte le loro energie, e sono stati financo vittime della barbara violenza omicida! Pace a voi, carissimi Giovani, protagonisti del futuro della storia e costruttori del mondo nuovo! Siate gli ardenti messaggeri e gli entusiasti portatori di questo tesoro, preziosissimo ma anche fragilissimo, quale è il dono della pace, consegnato ed affidato da Dio ai nostri cuori ed alle nostre mani! Ma voi sarete autentici e credibili "operatori di pace", della pace che ci ha promesso e dato Gesù, se la vostra giovinezza sarà una limpida, generosa, coraggiosa testimonianza di fede, di modo che la vostra vita personale, familiare, scolastica, associativa sia in totale coerenza con l'insegnamento di Cristo, "Principe della Pace".

In questo cammino, esaltante ma anche difficile, vi accompagna il mio incoraggiamento, il mio affetto, la mia fiducia, di cui è segno la benedizione apostolica per voi e per i vostri cari!




1982-05-08 Data estesa: Sabato 8 Maggio 1982




Recita di "Regina coeli" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: A Fatima per vegliare con tutta la Chiesa

Testo:


1. "O Madre degli uomini e dei popoli, tu conosci tutte le loro sofferenze e le loro speranze, tu senti maternamente tutte le lotte tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre che scuotono il mondo, accogli il nostro grido rivolto nello Spirito Santo direttamente al tuo Cuore ed abbraccia con l'amore della Madre e della Serva del Signore gli uomini ed i popoli che questo abbraccio più aspettano, e insieme gli uomini ed i popoli il cui affidamento tu pure attendi in modo particolare. Prendi sotto la tua protezione materna l'intera famiglia umana che, con affettuoso trasporto, a te, o Madre, noi affidiamo. S'avvicini per tutti il tempo della pace e della libertà, il tempo della verità, della giustizia e della speranza".


2. Tali parole sono state pronunciate il giorno della Pentecoste dell'anno scorso nella Basilica di santa Maria Maggiore, nel contesto degli anniversari dei grandi Concili ecumenici di Costantinopoli e di Efeso, e le ho ripetute, per la seconda volta, nella solennità dell'Immacolata Concezione.

Le suddette parole trovano il loro posto nell'atto di affidamento Mariale della Chiesa e per la sua missione nel mondo contemporaneo.

Nello spirito dello stesso affidamento mi rechero, per grazia di Dio, a Fatima il 13 maggio, nel contesto della visita alla Chiesa in Portogallo. Desidero in questo modo rispondere al cortese invito rivoltomi dal Presidente della Repubblica a nome della Nazione, e dal Cardinale e dall'Episcopato della Chiesa in quel nobile Paese di grandi tradizioni cattoliche.

Approfittando di tale invito, desidero soprattutto rispondere al bisogno del cuore, che mi spinge a recarmi, nel primo anniversario dell'attentato alla mia persona, ai piedi della Madre di Dio a Fatima, per ringraziarla del suo intervento per la salvezza della mia vita e per il ricupero della salute.

Il programma della visita è collegato anche con il 750° anniversario della morte di sant'Antonio, che è nato a Lisbona, e prevede una serie di tappe in vari luoghi ed ambienti, nei giorni dal 12 al 15 maggio.


3. Il Concilio Vaticano II ha rinnovato in noi sia la coscienza della Chiesa e della sua missione, sia anche la coscienza di un particolare rapporto della Chiesa col mondo contemporaneo.

Questo programma conciliare di rinnovamento mi induce ad aggiungere all'atto di affidamento della Chiesa alla Genitrice di Dio e alla Madre della Chiesa, pronunciato lo scorso anno, un particolare atto di affidamento del mondo contemporaneo.

Desidero, in questo modo, riferirmi all'atto che il Papa Pio XII compi quaranta e trenta anni fa e che ha ricordato anche il Papa Paolo VI, proclamando Maria "Madre della Chiesa", in occasione della chiusura della terza sessione del Concilio.

Il mondo contemporaneo è minacciato in diversi modi. E' forse minacciato più di quanto lo sia stato in qualsiasi altro tempo nel corso della storia. E' dunque necessario che la Chiesa vegli ai piedi di Colui, che è l'Unico Signore della storia e il Principe del secolo futuro. Desidero quindi vegliare insieme a tutta la Chiesa, elevando un grido al Cuore dell'Immacolata Madre.

Invito tutti a unirsi in spirito con me.

Ad un gruppo di ragazzi provenienti dalla città di Trento Saluto i vari gruppi presenti. In particolare saluto i numerosi ragazzi della Parrocchia del santissimo Sacramento in Trento, i quali hanno ricevuto in questi giorni la Cresima.

Carissimi, con la grazia propria della Confermazione siete diventati soldati di Cristo: siate fieri di appartenere alla sua milizia e di testimoniare la vostra fede con fortezza cristiana.

Vi accompagni la mia benedizione.




1982-05-09 Data estesa: Domenica 9 Maggio 1982




L'omelia alla Messa nella parrocchia di san Mauro Abate al Laurentino - Roma

Titolo: Rinnoviamo in noi la consapevolezza di essere Chiesa, popolo di Dio e corpo di Cristo

Testo:


1. "A te la mia lode, Signore, nell'assemblea dei fratelli, alleluia".

Ripetiamo oggi queste parole del Salmo, cari fratelli e sorelle, proprie della liturgia di questa Quinta Domenica di Pasqua. Specialmente in occasione di questa visita pastorale alla vostra parrocchia, sentiamo di essere una comunità, che rimane in unione con tutta la Chiesa, in unione, anzi, con tutta la grande assemblea del Popolo di Dio. La nostra comunità è collegata con questa grande assemblea del Popolo di Dio mediante molteplici legami. Tutti questi legami hanno inizio in Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, e a Dio conducono.

E così in questa grande assemblea ci sono tutti coloro che "cercano Dio" e "lo lodano"; e ci sono "poveri" che "saranno saziati" (cfr. Ps 22 [21],27).

L'assemblea del Popolo di Dio si estende a "tutti i confini della terra". Da tutte le parti "ricorderanno e torneranno al Signore tutti i confini della terra, si prostreranno davanti a lui tutte le famiglie dei popoli" (v. 28).

L'assemblea del Popolo di Dio non conosce i limiti della morte: al Signore "si prostreranno quanti dormono sotto terra, davanti a lui si curveranno quanti discendono nella polvere" (v. 30).

La grande comunità terrena e celeste, temporale ed eterna, si unisce in Dio, il quale è il Principio e la Fine di tutto e di tutti. In mezzo a questa grande assemblea ogni anima umana, ogni uomo trova il suo posto davanti a Dio: da lui attinge la vita, lui serve, di lui parla ai nuovi uomini, alle nuove generazioni sulla terra.

"E io vivro per lui, / lo servirà la mia discendenza. / Si parlerà del Signore alla generazione che viene; / annunzieranno la sua giustizia; / al popolo che nascerà... " (vv.30-32).


2. Tale immagine si delinea davanti a noi per mezzo delle parole del Salmo responsoriale dell'odierna liturgia. Troviamo affinità tra questo quadro biblico e l'insegnamento sul Popolo di Dio, contenuto nella costituzione conciliare sulla Chiesa "Lumen Gentium".

Tuttavia, per capire pienamente la realtà della Chiesa come Popolo di Dio, come grande assemblea unita da identità di ispirazioni ed aspirazioni, bisogna che rileggiamo con attenzione e meditiamo nel profondo del cuore l'allegoria presente nell'odierno Vangelo, cioè l'immagine della vite e dei tralci, che Cristo espresse, secondo la relazione di Giovanni evangelista, il giorno prima della sua Passione e Morte, all'ultima Cena. "Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla" (Jn 15,5).

Questa grande assemblea, non solo di uomini, ma anche di popoli, che raggiunge i confini della terra, supera i limiti della temporalità e della morte degli individui e delle generazioni; questo grande Popolo di Dio costituisce un'unità, grazie a Cristo. Costituisce una unità per mezzo di lui con lui ed in ui, a somiglianza dell'unità della vite, cioè di un organismo vivente; ed è quindi una unità di vita.

Grazie al fatto che una stessa vita scorre nella vite e nei tralci, essi costituiscono un'unità. E' dalla vite che i tralci attingono la vita, e per questo costituiscono con essa un organismo vivo.

Grazie al fatto che uomini così numerosi e così diversi sotto l'aspetto delle generazioni, delle lingue, delle razze, delle culture, della geografia, attingono la vita da Cristo, essi costituiscono un tutt'uno. Sono "un Popolo". Ma non solo: san Paolo dirà che sono "un Corpo".

Ciò che Cristo, secondo il racconto di Giovanni evangelista, ha espresso con la metafora della vite, Paolo lo ha espresso con il paragone del corpo.


3. L'immagine della vite (come quella del corpo in Paolo) ci permette al tempo stesso di trovare in questa unità "sociale" il posto di ciascun uomo individualmente preso. Si, Cristo, in un modo particolare, si sofferma accanto a ciascuno. Dicendo: "Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo", dice contemporaneamente: "Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto" (Jn 15,1-2).

Cristo dice più innanzi: "Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato..." (v. 3).

Dice "voi", e per mezzo di questo "voi" vuole raggiungere ogni "tu" umano: pensa singolarmente ad "ogni tralcio".

Anche in seguito è lo stesso. Dice: "Rimanete in me ed io in voi" (v. 4). E subito dopo: "Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me" (v. 5).

Cristo dice "voi" e con questo vuol dire "ognuno di voi". L'immagine che traccia riguarda lui stesso con Una vite: in lui solo ci sono tanti tralci, cioè molti uomini, infinitamente numerosi. Ma al tempo stesso "ogni tralcio" significa ogni uomo. La molteplicità non diventa massa. Ogni tralcio ha con la vite il suo proprio contatto. Similmente ogni uomo con Cristo.

Questo intimo rapporto con Cristo è contemporaneamente contatto, in Cristo, con il Padre. Il Padre coltiva il grande campo dell'umanità, che porta frutto per mezzo dell'unità costituita da tutti gli uomini nell'opera della Redenzione compiuta dal Figlio. E'' nel Figlio, in Cristo, che si compie quel vivificante processo di potatura dei tralci, perché ciascuno di essi "porti più frutto" (Jn 15,2). E anche in lui - in riferimento alla Redenzione che ha operato - si svolge il processo di eliminazione dei tralci che non portano frutto.

L'immagine dell'odierno testo evangelico ci fa pensare in modo particolare alla Chiesa: la vite come Popolo di Dio e come Corpo Mistico. La Chiesa come "noi" e come "io". La Chiesa come "tutti" e come "ognuno".


4. La vitalità della Chiesa è determinata dalla forza del legame tra Cristo e "ciascuno" dei suoi membri. Il "rimanete in me" si forma per mezzo del reiterato e molteplice "rimani in me". A volte, questo potente invito "Rimani in me" possiede la capacità di estendersi a molte altre chiamate. A tradursi in tanti, tanti altri inviti a "rimanere" in unione con Cristo, come in una vite.

La prova di questo può essere Paolo di Tarso. La prima lettura biblica odierna ricorda quanto potente sia stata la chiamata di Cristo a "rimanere" in lui nei riguardi di un uomo, che fino a quel momento era stato persecutore, tanto che, dopo la conversione, "venuto a Gerusalemme cercava di unirsi con i discepoli, ma tutti avevano paura di lui, non credendo ancora che fosse un discepolo" (Ac 9,26).

All'improvviso, in quel tralcio che finora cresceva quasi per dispetto alla vite, si è fatta sentire la vera Vita, quella che pulsa in Cristo come vite.

Ed ecco che egli comincia a crescere diversamente, nella più stretta unione con lui. E comincia a portare frutto abbondante, sovrabbondante, sapendo di attingere da Cristo tutta la sua forza apostolica, poiché senza di lui niente avrebbe potuto fare (cfr. Jn 15,5)


5. Giovanni evangelista ed apostolo - che ci parla oggi non solo col suo Vangelo, ma anche con le parole della sua prima lettera - spiega come in ognuno di noi, in "ogni tralcio", dovrebbe svilupparsi questa vita, che prende il suo inizio dalla vite che è Cristo.

Scrive dunque: "Figliuoli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità. Da questo conosceremo che siamo nati dalla verità; e davanti a lui rassicureremo il nostro cuore..." (1Jn 3,18-19).

Infatti, questo legame vivificante, che ci unisce con Cristo, raggiunge l'interno dell'uomo, il suo cuore. Di questo scrive Giovanni: "Qualunque cosa esso ci rimproveri... Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa... se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio... perché osserviamo i suoi comandamenti e facciarno quel che è gradito a lui" (vv. 20-22).

Conosciamo questo polso interiore del cuore - la coscienza -, che ci "rimprovera" o "non ci rimprovera" a seconda che operiamo male oppure bene. Con altre parole: a seconda che osserviamo i comandamenti di Dio.

Se li osserviamo - scrive l'apostolo - "abbiamo fiducia in Dio; e qualunque cosa chiediamo la riceviamo da lui" (vv. 21-22).

Per colui che comunemente viene chiamato "l'apostolo dell'amore", si tratta prima di tutto del comandamento dell'amore: "Che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato" (v. 23).

Mediante la fede e l'amore rimaniamo in Cristo, come il tralcio nella vite - così proclamano le parole del Vangelo. Nella lettera dell'apostolo, invece, leggiamo: "Chi osserva i comandamenti di Dio dimora in Dio ed egli in lui" (v. 24).

Mediante la fede e l'amore rimaniamo in Cristo come il tralcio nella vite, lui invece rimane in noi - così il testo evangelico. Da parte sua, la lettera apostolica scrive: "E da questo conosciamo che dimora in noi: dallo Spirito che ci ha dato" (v. 24).

Cristo rimane in noi mediante lo Spirito Santo. E rimanendo in Cristo, rimaniamo nell'unione vivificante con il Padre.


6. La Parola di Dio dell'odierna Liturgia ci permette di rinnovare in noi la consapevolezza della Chiesa, come Popolo di Dio e come Corpo di Cristo. Della Chiesa che siamo noi: "tutti" e "ognuno".

Che questa verità vi aiuti a vivere più profondamente la comunità costituita dalla vostra parrocchia, specialmente nel giorno della visita del vostro Pastore, il Vescovo di Roma.

Sono lieto, pertanto, di salutare il Cardinal Vicario, il Vescovo di Zona, Monsignor Clemente Riva, con il Parroco ed il Vice-Parroco, che si spendono generosamente per il bene di tutti. Ad essi unisco tutti voi, cari parrocchiani di san Mauro al Laurentino, che formate questa comunità da appena un anno e mezzo. La recente costituzione di questa Parrocchia vi rende tutti giovani! Avete davanti a voi un cammino ecclesiale e cristiano ancora tutto da compiere: e vi auguro, e prego il Signore, affinché lo sviluppo della vostra parrocchia abbracci tutto il Quartiere nel segno di una efficace testimonianza di Cristo e del suo Vangelo, e soprattutto affinché ciascuno di voi si senta parte viva di questo compito, pienamente responsabilizzato nella costruzione di una nuova e luminosa comunità cristiana in Roma.

Per questo, ringrazio ed insieme incoraggio caldamente tutti coloro che già si dedicano con fervore alle necessarie iniziative parrocchiali: le suore ed i religiosi, i catechisti, i membri dei Movimenti Cattolici. A tutti assicuro uno speciale ricordo nella preghiera: soprattutto ai sofferenti, perché sappiano offrire con fortezza le loro pene; ai lavoratori, perché non manchi mai la possibilità di una occupazione onesta e sicura; ai giovani, perché vedano la bellezza di convogliare in una autentica vita cristiana le loro energie ed i loro entusiasmi.



7. Al termine di questo meraviglioso incontro, ascoltiamo ancora le parole di Gesù lette nel Vangelo: "Rimanete in me ed io in voi: chi rimane in me... porta molto frutto (Jn 15,4 Jn 15,5). Ciascuno senta rivolto a sé questo invito. E ciascuno ne sappia scoprire tutta la profonda verità. Solo in Cristo la nostra vita fruttifica in pienezza. Rimaniamo, perciò, in lui: nella sua luce, nel suo amore, nella sua gioia. Amen.

1982-05-09 Data estesa: Domenica 9 Maggio 1982




Ad un gruppo di giovani diplomatici - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Offrite le vostre forze per la creazione di un ordine internazionale più equo

Testo:

Signore, Signori.


1. Tornate dunque dalla bella città di Firenze, in cui la "Fondazione di Ricerche e Studi internazionali" ha avuto la felice iniziativa di organizzare per voi il secondo Corso di Specializzazione in affari internazionali. Siate ora i benvenuti in questa Casa, in cui ciascuno deve trovare comprensione e accoglienza, data la missione universale della Santa Sede! Nel ringraziare il vostro rappresentante per i nobili sentimenti espressi, desidero dirvi in poche parole insieme i miei più cordiali auguri per ciascuno dei vostri paesi d'Africa, d'America Latina o del Vicino Oriente, e la mia stima per la delicata funzione diplomatica alla quale vi esercitate e i miei calorosi incoraggiamenti affinché attraverso di essa offriate un contributo a servizio della pace.


2. Penso che il vostro Corso di perfezionamento vi abbia aiutato ad affrontare i problemi internazionali con una accresciuta lucidità, ed una grande obiettività.

Il distacco è necessario al diplomatico che deve sapere sciogliere le situazioni che la passione o gli interessi di parte hanno potuto acuire, complicare o anche rendere praticamente insolubili.

Con questa competenza, servirete meglio i vostri paesi, il cui onore, progresso e libertà vi stanno giustamente a cuore. Vi auguro di concepire sempre il vostro ruolo non come una carriera personale, ma come un servizio reso ai vostri compatrioti, e di essere animati dal solo fine del loro bene comune. E spero anche che avrete a cuore di preoccuparvi delle condizioni di giustizia e di pace degli altri paesi, perché il vostro sguardo deve abbracciare tutta la scena internazionale, in cui nessun conflitto può lasciarvi indifferenti.


3. Siate dunque, come voi dite così bene, degli "agenti di pace", precisamente secondo le vie che caratterizzano la diplomazia: il dialogo, l'ascolto, la capacità di comprendere i punti di vista e gli interessi delle parti contrapposte, il negoziato, in breve i mezzi ragionevoli e degni dell'uomo, che dovranno sempre essere possibili, invece di ricorrere alla volontà di imporsi con la forza non tenendo conto delle vittime e delle distruzioni, e finalmente del diritto. I giorni che noi viviamo ci fanno sospirare una tale saggezza! La discussione è questione di persuasione e non di minacce.


4. Ma la persuasione stessa deve tener conto del diritto e dei principi morali, e spero che, anche su questo punto, vi familiarizziate con il diritto internazionale. La politica non è in grado di affrancarsene senza gravi danni. C'è un diritto scritto, quello delle convenzioni internazionali. Vi è anche - ed è la caratteristica delle coscienze ben preparate a percepirlo - tutto ciò che comporta il rispetto delle libertà e dei diritti fondamentali delle persone e dei popoli, il fine non giustificando mai i mezzi contrari a questo rispetto. Possiate contribuire con tutte le vostre forze alla costituzione di un ordine internazionale più equo, avendo il coraggio di portare la testimonianza delle vostre convinzioni etiche ovunque sarete inviati in missione!


5. Infine, non si tratta solamente di regolare le divergenze e di evitare le guerre. In un'epoca in cui tanti esseri umani - compreso in alcuni dei vostri paesi - mancano tragicamente del minimo che permette una vita decente, bisogna fare il possibile affinché gli uomini concentrino i loro sforzi sullo sviluppo delle risorse alimentari, dell'istruzione, dell'igiene, piuttosto che sulle spese di guerra. Ecco il nobile combattimento che bisogna far prevalere. Spero che voi stessi ne sarete i difensori e gli artefici.


6. Tali principi ispirano anche i diplomatici della Santa Sede, con i quali avrete senza dubbio l'occasione di incontrarvi. Vi auguro di intrattenere con loro relazioni fruttuose.

Che il Signore benedica le vostre persone, le vostre famiglie, i vostri paesi! E che vi aiuti a compiere con saggezza e coraggio il vostro compito particolare negli affari internazionali, in modo che valga anche per voi l'augurio del Vangelo: "Beati gli artefici della pace!".




1982-05-10 Data estesa: Lunedi 10 Maggio 1982




Il saluto ai soci del "Lions Club" di Taormina



Signor Cardinale, illustri Autorità, signor Presidente e Soci del "Lions Club" di Taormina e Delegati di Malta.

Nella circostanza del XXI anniversario di fondazione del vostro Club di Taormina avete desiderato un incontro col Papa, nell'intento di approfondire gli ideali del vostro Sodalizio e di confermare i vostri propositi di servizio.

Vi saluto di cuore, con uno speciale pensiero al Cardinale Carpino, che vi segue da anni, ed al vostro Presidente che con nobili parole ha sinteticamente illustrato le direttive della vostra attività.

Uomini che operate nel campo della politica, delle arti, della scienza, dell'economia ed in ogni altro settore, in cui si fatica generosamente per la costruzione della città degli uomini, voi vi siete prefissi degli scopi, come pure l'osservanza di un codice etico, in consonanza con la vostra dignità di uomini e di cristiani. Mi piace rilevare come tra le vostre finalità figuri quella di "promuovere un costante elevamento del livello di efficienza e di serietà morale, nel commercio, nell'industria, nelle professioni, nei lavori pubblici ed anche nel comportamento privato", mentre, secondo il vostro codice, vi proponete di "conseguire il successo ed i giusti profitti, senza pregiudicare la dignità e l'onore con atti sleali".

Tutto ciò indica che avete presente la trascendente vocazione dell'uomo, e come la sua libertà, la sua operosità ed il suo progresso debbano confrontarsi con una misura di valore che è assoluta e costante, profluendo da quella legge naturale, riflesso del piano divino sull'uomo medesimo. A questo proposito, piace ricordare le parole del Concilio Vaticano II: "Questa è la norma dell'attività umana: che secondo il disegno e la volontà di Dio, essa corrisponda al vero bene dell'umanità, e permetta all'uomo singolo o come membro della società, di coltivare ed attuare la sua integrale vocazione" (GS 35).

E' questo un compito non facile, perché l'uomo, specie se investito di responsabilità di vertice, o comunque impegnato in alti compiti sociali, è particolarmente sottoposto alle suggestioni di un disordinato esercizio del potere, che si traducono in note manifestazioni sociali abnormi. Per costruire una linea coerente di dedizione al bene comune, di impegno di volontà sincere e pronte al sacrificio, sono necessarie energie morali illuminate e vigorose, che i credenti - quali voi vi professate - devono continuamente implorare con retto animo dal Datore di ogni bene. Ho rilevato, quindi, con compiacimento che nella preghiera della vostra associazione si chiede al Signore: "l'umiltà, la conoscenza e la forza per compiere i propri doveri... e per alimentare in tutti l'aspirazione a servire l'umanità che soffre".

Sappiate, dunque, vivere di questi ideali, mettendo a loro disposizione i vostri talenti di ingegno, di operosità e di mezzi, e trasmetteteli ai vostri figli. Vi auguro che il gioioso incontro odierno vi stimoli a salutari riflessioni alla luce di una generosa dedizione fraterna, tanto in sintonia col nucleo essenziale del Vangelo, ed invocando di cuore su ciascuno di voi, sulle vostre famiglie e sulle vostre attività i conforti e le consolazioni della protezione divina, vi imparto con animo grato la mia benedizione apostolica.




1982-05-10 Data estesa: Lunedi 10 Maggio 1982





GPII 1982 Insegnamenti - Ai giovani di Azione Cattolica al Palasport - Roma