GPII 1982 Insegnamenti - Incontro ecumenico - Lisbona (Portogallo)

Incontro ecumenico - Lisbona (Portogallo)

Titolo: La misericordia è indispensabile per dare solidità alle relazioni umane

Testo:

Signori e miei fratelli.


1. Grato per le deferenti parole e per gli auguri che mi sono stati rivolti, desidero salutare i rappresentanti delle Comunità cristiane, del Giudaismo e dell'Islamismo, qui presenti, esprimendo a tutti fraterno rispetto e stima. Poter affermare oggi, comunemente, la fede in un unico Dio, creatore di tutte le cose, vivo, onnipotente e misericordioso, sarebbe già sufficiente per rendermi gradito questo incontro; sono lieto che ci sia stata offerta questa opportunità di testimonianza, che è allo stesso tempo omaggio e atto di sottomissione al nostro Dio.

Ci unisce, in qualche modo, la fede, e un impegno, analogo in molti punti, nel dimostrare con le buone opere la coerenza della nostra rispettiva posizione religiosa; e anche il desiderio che, onorando come Signore il Creatore di tutte le cose, il nostro esempio serva per aiutare altri nella ricerca di Dio, nell'apertura verso la trascendenza, nel riconoscimento del valore spirituale della persona umana e, a volte, nell'individuazione del fondamento e fonte permanente dei suoi diritti. Questa - sappiamolo bene - è la condizione affinché sussistano criteri di stima della stessa persona umana, che non si limitino alla "utilità pratica", ma che possano salvaguardare la sua intangibile dignità. Oltre a ciò, per quanto riguarda i cristiani, la comune fede in Cristo Salvatore costituisce motivo speciale di unità e di testimonianza.


2. La società contemporanea ci appare distratta, o persino disposta su vasta scala a "prescindere" da Dio e dalla religione, e molto rivolta alle dimensioni materiali e terrene dell'uomo e della vita: ammirevoli progressi in tutti i campi procurano grandi benefici, ma sembrano favorire in alcuni una inversione e sostituzione di valori. Riconoscendo e proclamando i valori spirituali e religiosi potremo certamente suscitare e guidare una generale intuizione vitale e, tra le persone in condizioni normali, un certo barlume concettuale della realtà di un Creatore sussistente.

D'altra parte, nella fedeltà alla religione abbracciata, esiste sempre uno spazio per la solidarietà umana, perché, persuasi come siamo del bene che costituisce per noi il credere in Dio, viene spontaneo il desiderio di condividere con altri questo nostro bene. Con tutto il rispetto, noi possiamo farci segno dell'Onnipotente: colui che per molti, è il "Dio sconosciuto"; per altri, fallacemente indicato in potenze temporali, segnate inesorabilmente dalla fine e dalla caducità.


3. Questi nostri contatti, il dialogo e l'apprezzamento per gli innegabili tesori di spiritualità di ogni religione, la comunanza cristiana e, quando è possibile, la preghiera in comune, possono portare a far convergere gli sforzi per ovviare alla illusione di costruire un mondo nuovo senza Dio, e alla vanità di un umanesimo puramente antropocentrico. Senza la dimensione religiosa e, cosa ancor peggiore, senza la libertà religiosa, l'uomo viene impoverito o defraudato in uno dei suoi diritti fondamentali. E tutti desideriamo evitare questo impoverimento dell'uomo.

Così, quando, motivati anche dalla solidarietà umana, noi passiamo dalla preghiera, dall'obbedienza ai comandamenti e dall'osservanza della giustizia al vivere concretamente la coerenza religiosa, aiutando la ricerca di Dio, noi staremo contribuendo al bene del nostro prossimo e al bene comune dell'umanità. E ciò si potrà verificare: - tramite l'onestà personale e la disciplina dei costumi, nella vita privata e pubblica, frenando l'avanzata del rilassamento dei principi della morale e della giustizia, e del permessivismo etico; - nel rispetto per la vita e per la famiglia e i suoi valori, favorendo l'elevazione, in umanità e dignità, dei nostri simili, e il consolidamento degli insostituibili fondamenti della ordinata convivenza in società; - con il culto del senso autentico e della generosa pratica del lavoro umano, e con coraggiosa e sapiente partecipazione sociale e politica, ricercando il benessere di tutti e la costruzione delle società e del mondo ogni volta sempre più in accordo con i disegni e i decreti di Dio, in tutta la terra, poiché solo in questo modo può esserci un mondo più giusto, pacifico e imbevuto di amore fraterno.


4. Vengo in Portogallo, come sapete, in pellegrinaggio, principalmente per celebrare la misericordia di Dio. Ho in me la profonda convinzione che Dio misericordioso desidera vedere maggiormente riflesso nell'intera famiglia umana questo suo attributo: l'autentica misericordia mi appare come qualcosa di indispensabile per dar forma e solidità alle relazioni tra gli uomini, ispirate al più profondo rispetto per tutto ciò che è umano e per la fraternità.

I cristiani, in effetti, sono esortati ad imitare il Signore Gesù, modello di misericordia. Anche il Giudaismo considera la misericordia come un comandamento fondamentale. E l'Islamismo, nella sua professione di fede, attribuisce questo epiteto a Dio. E Abramo, nostro comune antenato, insegna a tutti - cristiani, giudei e musulmani - a seguire questo cammino di misericordia e di amore.

Mi sia consentito concludere queste mie parole elevando lo spirito in preghiera a Dio misericordioso: - o Ineffabile, di cui parla l'intero creato, - o Onnipotente, che mai costringe, ma solo invita ed orienta l'umanità verso il bene, - o Compassionevole, che desidera la misericordia tra tutti gli uomini: che egli ci guidi sempre per le sue vie, riempia i nostri cuori del suo amore, della sua pace e gioia, e ci benedica!




1982-05-14 Data estesa: Venerdi 14 Maggio 1982




L'omelia della Messa per i giovani - Lisbona (Portogallo)

Titolo: Ogni persona deve sentirsi protagonista della propria salvezza

Testo:


1. Il Regno di Dio è vicino! Si, "Dite a tutti: è vicino a voi il Regno di Dio!" (Lc 10,9). Con queste parole Gesù Cristo, inviando in missione i settantadue discepoli raccomando loro che annunciassero il Messaggio, come abbiamo appena sentito dal Vangelo di oggi. Ma queste parole sono anche dirette ai cristiani di tutti i tempi: a noi, pertanto che siamo qui riuniti nel nome del Signore, in continuità con i discepoli che le udirono direttamente.

Sono dirette specialmente a voi, giovani, che vi trovate qui, questo pomeriggio in gran numero, pieni di entusiasmo e gioia, manifestando la vostra disponibilità a Cristo e il desiderio di costruire un mondo più umano e cristiano.

Voi siete depositari di questa grande speranza della umanità, della Chiesa e del Papa. Dio mi ha dato la grazia di amare molto i giovani; perciò mi piacerebbe parlarvi come un amico parla all'amico, con ognuno individualmente, gli occhi negli occhi, da cuore a cuore. "Il Regno di Dio è vicino!". E quasi oserei dire: queste parole sono dirette specialmente a voi giovani portoghesi, figli di un popolo di missionari, che hanno divulgato questo messaggio, come ha sottolineato il signor Cardinale Patriarca, Don Antonio Ribeiro.

Grazie, signor Cardinale, per le sue parole. Esse mi confortano e le accetto come promessa di continuità, inviando i saluti a tutti coloro dei quali ha interpretato i sentimenti. E, in questa ora, rendo omaggio di gratitudine, in nome di tutta la Chiesa, alle grandi imprese di Evangelizzazione del Portogallo missionario.

Il Regno di Dio è veramente vicino! Si è avvicinato all'uomo in modo definitivo. E' tra noi e dentro di noi. La vicinanza del Regno di Dio consiste, prima di tutto, nel fatto che Dio è venuto ed ha assunto la natura umana. E' prossimo in Cristo. Infatti, in lui, il Regno è così vicino a noi, che in un certo senso, diventa difficile immaginare una vicinanza maggiore e più intima. Potrebbe Dio avvicinarsi all'uomo di più che facendosi Uomo? Essendo così prossimo, in Cristo, nostro Signore e Salvatore, il Regno di Dio è sempre dovanti all'uomo. E' proposta agli uomini, come missione da realizzare, come meta da raggiungere. Nelle diverse dimensioni della loro esistenza, gli uomini possono, pertanto, avvicinarsi a lui o allontanarsene.

Soprattutto, possono arrivare a raggiungerlo in se stessi e realizzarlo dentro di loro. Ma possono anche perderlo di vista, deviare dalla prospettiva. Possono perfino agire contro di lui. Possono anche cercare di allontanarlo dall'uomo, possono allontanare e sottrarre l'uomo da lui.

Invece Cristo venne al mondo per introdurre gli uomini nel Regno di Dio, per inserire il Regno nel cuore degli uomini ed in mezzo a loro. Ancora di più: Cristo affido proprio questo Regno agli uomini. Li ha chiamati a lavorare per il Regno di Dio. E questo lavoro ha il nome di evangelizzazione.


2. La parola "Evangelizzazione" viene dal "Vangelo", che significa "Buona Novella". Il Regno di Dio si costruisce sopra queste fondamenta della Buona Novella. E ancora: è lui stesso la Buona Novella. E' l'annuncio della salvezza definitiva dell'uomo. E qui si potrebbe chiedere: cosa è la "salvezza"? Soffermiamoci nelle parole di Isaia, udite nella prima lettura della santa Messa di oggi: "Lo spirito del Signore Dio è su di me, / perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione; / mi ha inviato a portare la Buona Novella a quelli che soffrono, / a curare quelli dal cuore triste, / ad annunciare la liberazione agli schiavi / e la libertà ai prigionieri, a promulgare l'anno di grazia del Signore" (61,1-2).

Queste parole del profeta sono rimaste per molti secoli in attesa del momento di essere lette, nella sinagoga di Nazaret, da Colui che era ritenuto come il "Figlio del Falegname": Gesù di Nazaret. E lui, dopo averle lette, disse: "Oggi si è adempiuto questo passo delle Scritture che voi avete udito con i vostri orecchi" (Lc 4,21).

Le parole di Isaia, che Gesù di Nazaret avrebbe preso come programma della sua missione, contengono esattamente la buona novella rispetto alla salvezza.

Cosa è dunque la salvezza? E' la vittoria del bene sopra il male, realizzata nell'uomo in tutte le dimensioni della sua esistenza. Lo stesso superamento del male ha già un carattere salvifico. La forma definitiva della salvezza consisterà per l'uomo nel liberarsi completamente dal male e nel raggiungere la pienezza del bene. Questa pienezza si chiama, ed è di fatto, la salvezza eterna. Si realizza nel Regno di Dio come una realtà escatologica di vita eterna. E' una realtà del "tempo futuro" che, mediante la croce di Cristo, ebbe inizio con la sua Resurrezione.

Tutti gli uomini sono chiamati alla Vita eterna. Sono chiamati alla salvezza.

Avete coscienza di questo? Avete coscienza di questo voi, miei giovani amici: che tutti gli uomini sono chiamati a vivere con Dio e che, senza di lui, perdono la chiave del "mistero" di se stessi?


3. Questo appello alla salvezza è portato da Cristo. Egli ha per l'uomo "parole di vita eterna" (Jn 6,68); e si rivolge all'uomo così com'è, in circostanze molto varie: si dirige all'uomo concreto che vive sulla terra. Si rivolge particolarmente all'uomo che soffre, nel corpo e nell'anima. Egli viene, come abbiamo sentito nella prima lettura, a "consolare quelli che piangono... / a dare a quelli che sono tristi una corona invece della cenere, / olio di gioia invece dell'abito da lutto, / gloria invece di disperazione" (Is 61,2-3). Ma si rivolge anche a voi giovani! Si, a voi giovani: perché nel vostro spirito è impressa, in modo particolare, la problematica essenziale della salvezza, con tutte le sue speranze e tensioni, sofferenze e vittorie.

Si sa quanto voi siete sensibili alla tensione tra il bene e il male, che esiste nel mondo e in voi stessi. Nell'intimo di voi stessi, soffrite nel vedere il trionfo della menzogna e della ingiustizia; soffrite per sentirvi incapaci di far trionfare la verità e la giustizia; soffrite, per scoprirvi, allo stesso tempo, generosi ed egoisti. Desiderereste essere utili e servire sempre con iniziative in favore degli oppressi, ma... vi sentite traditi da tante cose e attratti da altre che vi tagliano le ali. Spontaneamente siete portati a rifiutare il male e desiderare il bene. Ma, qualche volta avete difficoltà nel constatare ed accettare il fatto che per arrivare al bene bisogna passare attraverso la rinuncia, lo sforzo, la lotta, la croce; successe a quel giovane che, desiderando la perfezione e volendo seguire Gesù, non riusciva a comprendere ed accettare che era necessario rinunciare ai beni materiali.

Soprattutto, cari giovani, oltre queste tensioni, possedete una attitudine quasi connaturale per evangelizzare. Perché l'evangelizzazione non si fa senza l'entusiasmo giovanile, senza la giovinezza del cuore, senza un insieme di qualità delle quali la gioventù è prodiga: gioia, speranza, trasparenza, audacia, creatività, idealismo... Si, la vostra sensibilità e la vostra generosità spontanee, la tendenza verso tutto ciò che è bello, fanno di ognuno di voi un "alleato naturale" di Cristo. In più, solo in Cristo troverete risposta ai vostri problemi e alle vostre inquietudini. E voi sapete perché: egli fu l'uomo che più amo; e ci ha lasciato un "codice" di amore, il suo Vangelo che, letto dal Concilio, "...proclama la libertà dei figli di Dio; rifiuta tutta la schiavitù, derivata, in ultima analisi, dal peccato; rispetta integralmente la dignità della coscienza e la sua libera decisione; senza interrompere, ricorda che tutti i talenti umani devono convertirsi in servizi di Dio e degli uomini; e, finalmente, a tutti raccomanda la carità" (GS 41).

Infine, solo l'amore salva. E ripeto: la problematica della salvezza - cioè la vittoria del bene sul male - è un tema fondamentale della vita umana. La vita dell'uomo si svolge interamente nell'orbita di questo richiamo. Per questo il tema "salvezza" è di quelli che sono incisi, in modo particolare, nell'anima dei giovani. E' importante saper fare la sua lettura con perspicacia e di svilupparla onestamente nella vita e nell'operato.


4. La salvezza è una missione. Cristo è venuto per dirci che la salvezza - cioè, il Regno di Dio - è una missione. E' venuto anche per insegnarci come la dobbiamo sviluppare.

Ai settantadue discepoli, che invia "a due a due avanti a sé, in tutte le città e luoghi dove egli stava per andare", Cristo disse: "La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe" (Lc 10,2).

La Chiesa ci ricorda queste parole frequentemente. Le ricorda in modo particolare, per invitarci a pregare per le vocazioni sacerdotali e religiose, per le vocazioni missionarie.

Ma, cari giovani, non basta pregare perché il Signore desti vocazioni.

Bisogna stare personalmente attenti all'appello che egli vuole rivolgervi, bisogna che non manchi il coraggio per rispondere generosamente a questo appello. Le comunità cristiane necessitano di sacerdoti che le alimentino con la Parola e il Corpo di Cristo, hanno bisogno di vita religiosa, che sia il segno di Dio e offerta a Dio a beneficio dei fratelli. E voi non desiderate prolungare la presenza del Signore nel mondo di oggi, rispondere ai piccoli che cercano chi divida loro il pane e non lo trovano (cfr. Lm 4,4)? Parlare di evangelizzazione, ricordare il compito missionario qui, in Portogallo, è evocare uno degli aspetti più positivi della storia del vostro Paese. Da qui sono partiti tanti missionari, vostri antenati, che portarono la Buona Novella della salvezza ad altri uomini. Dall'Oriente all'Occidente (Giappone, India, Africa, Brasile...); e ancora oggi sono visibili i frutti di questa evangelizzazione. E molti di questi missionari erano giovani come voi. Come non ricordare, tra gli altri, qui a Lisbona, l'esempio di san Joao de Brito, giovane lisbonese, che, lasciando la vita facile della corte, parti per l'India, a portare il Vangelo della salvezza ai più poveri e abbandonati, identificandosi con loro e suggellando la sua fedeltà a Cristo ed ai fratelli con la testimonianza del martirio.

Ragazzi e ragazze del Portogallo: Alzate gli occhi e guardate "i campi dorati dalle messi", in attesa di braccia per il "lavoro".


5. Abbiamo parlato di sacerdozio, della vita religiosa e del lavoro missionario, come forma di vocazione che hanno importanza particolare rispetto alla evangelizzazione, e per le quali la Chiesa prega in modo particolare. Si sente chiamata a questa preghiera dalle parole del Signore: "Pregate dunque il padrone della messe, perché mandi operai per la sua messe".

Ma le parole del Signore Gesù riguardo alla "molta messe" e degli operai, dobbiamo capirle in un senso ancora più fondamentale e, allo stesso tempo, più ampio di quello indicato nei modi di vocazione nella Chiesa, che abbiamo appena menzionato.

Parlando della "messe", della "molta messe" e degli "operai", Cristo vuole, prima di tutto, far comprendere ai suoi ascoltatori che il "Regno di Dio", cioè la "salvezza", è il grande compito di tutti gli uomini. Ogni persona deve sentirsi "lavoratore", protagonista della propria salvezza: il lavoratore che è chiamato per la "messe". Ogni persona deve guadagnare onestamente questa salvezza.

E questo è essenziale anche per tutta l'opera di evangelizzazione.

"Messe" vuol dire, pertanto realizzare in se stessi la missione di evangelizzare. Ogni persona è chiamata dalla Parola di Dio a questo genere di lavoro; è chiamato specialmente ogni giovane - ragazzo o ragazza. Non possiamo evangelizzare gli altri, se prima non siamo noi evangelizzati. Non possiamo collaborare alla salvezza degli altri se prima non entriamo noi nel cammino della salvezza.

Abbiamo incominciato questo cammino della salvezza nel giorno del nostro Battesimo, quando rinunciando al male, abbiamo scelto il bene, in Gesù Cristo; cominciammo a vivere la Nuova Vita, frutto della sua Morte e Risurrezione. Questa vita deve svilupparsi sempre. Per questo, egli rimane con noi, nella Chiesa: rimane specialmente nei Sacramenti; rimane nella Eucarestia e nella Penitenza.

Voi tutti, voi miei giovani amici, apprezzate queste fonti di vita? Sapete corrispondere all'invito di Gesù - il Pane di Vita! - partecipando coscientemente alla Eucarestia, con il desiderio di vivere in pienezza, di vincere il male e conquistare il bene? E, quando è necessario, per causa del peccato, della imperfezione o della debolezza, sapete percorrere il cammino della conversione e della riconciliazione cercando il sacramento della Penitenza, il perdono e la vita? Formate la vostra coscienza e siate fedeli al Signore che ama e perdona.


6. Man mano che intraprendiamo il "lavoro in noi stessi", vediamo chiaramente che non possiamo essere "lavoratori della propria salvezza", senza pensare simultaneamente agli altri. Il problema della propria salvezza è legato organicamente alla questione della salvezza degli altri. Ed anche questo è essenziale per la evangelizzazione.

L'uomo comincia la sua vita ricevendo. Nascendo si trova inserito in un mondo fatto dagli altri, principalmente dai più vicini: genitori, fratelli e sorelle. Il bambino riceve praticamente tutto, dall'alimento alla formazione. Li impara a parlare, a camminare ed a convivere. Quando scopre le sue ricchezze e capacità, il giovane cerca di oltrepassare questa fase infantile del ricevere per passare alla fase del dare. Non si accontenta del mondo che ha ricevuto, vuole creare il "suo mondo". E' il momento della grande opzione di vita. E' il momento in cui si disegna e si prepara la orientazione basilare da imprimere al resto della vita.

Questo passaggio, dal ricevere al dare, dalla dipendenza all'assumere la propria responsabilità, non avviene senza crisi. Ma è soprattutto crisi di crescita e di maturazione. Molte volte il giovane non è compreso né si comprende lui stesso. Già non vuole essere trattato come un bambino; ma sente che ancora non è adulto. Molte volte vacilla nel suo intimo.

D'altra parte tutto sembra destarsi in lui: scopre i valori, il sesso, l'amore e l'ideale; e scopre anche la vera dimensione della fede. Grandiosa scoperta per voi cari giovani! Il mondo ormai non vi appare come mito, ma come grande compito che vi si impone, la vostra vita ormai non si presenta più come dono. Diventa impegno. La vostra attitudine non si riduce ad aspettare il tutto pronto.

Due grandi preoccupazioni vi interpellano nella prospettiva del futuro: la preparazione per la professione e la preparazione per lo stato di vita. Queste due preoccupazioni vi assorbono particolarmente a volte fino all'impazienza. La vostra tensione di giovani si può riassumere tra il "già" e il "non ancora".

Sentite già la responsabilità, ma ancora non avete l'opportunità di dimostrarla.

Già vorreste contribuire efficacemente al bene comune, tanto con idee come con opere, ma ancora non si presentano le occasioni.

Ora è esattamente in questo momento, nel grande momento della opzione e preparazione del vostro futuro, che avete più bisogno di Cristo. E, guidati da lui, potrete scegliere la vostra professione e il vostro futuro, avendo in vista il bene comune e le esigenze del regno di Dio, le esigenze della fede. Siete chiamati a "lavorare" per la salvezza degli altri nello stesso tempo che lavorate alla vostra salvezza. Siete chiamati a essere apostoli, a evangelizzare la Buona Novella, qualunque siano le vostre opzioni per il futuro.

Siate generosi: scegliete con amore e preparatevi bene. Preparatevi per la professione onestamente e degnamente; preparatevi per lo stato di vita che abbraccerete; e se opterete per il matrimonio, fatelo con serietà e con rispetto per chi un giorno dovrà condividere con voi la vita e gli ideali della famiglia secondo Dio.


7. In verità la "messe è molta". Ed importa soltanto che ognuno di noi diventi quel "lavoratore" autenticamente evangelico. La "messe" indica il frutto del lavoro umano. Ma indica, allo stesso tempo, il dono che ci giunge, per mezzo della creazione.

La salvezza che Cristo pone davanti all'uomo come sua missione è, allo stesso tempo, un dono, è soprattutto un dono.

"...avrete forza dallo Spirito Santo, che scenderà su di voi, e sarete miei testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria, e fino agli estremi confini della terra" (Ac 1,8). Sono queste le ultime parole che, secondo gli Atti degli Apostoli, Cristo Risuscitato pronuncio sulla terra, prima della sua ascensione al cielo. Ci troviamo nel periodo liturgico che va dalla Resurrezione alla Venuta dello Spirito Santo: per questo, tali parole si rivestono per noi di particolare attualità.

E' dallo Spirito Santo che gli uomini ricevono la forza per salvarsi.

Cioè, la salvezza che è per l'uomo il compito personale e comunitario, deve essere realizzata con la forza dello Spirito Santo. Per questo essa significa, prima di tutto, un dono. E' un grande dono attraverso cui Dio divide con l'uomo qualcosa che è essenzialmente suo. In un certo senso, "dona Se stesso all'uomo": dona Se stesso in "Cristo".

Si dona per essere quella forza di verità e amore, che forma l'"uomo nuovo", capace di trasformare il mondo: verità che, manifestandosi come esigenza della coscienza e della dignità umana, detta le opzioni di amore, dell'amore che avvicina, unisce, eleva, costruisce e salva, quando diamo una mano agli altri in fraternità umana, cristiana ed ecclesiale. Si dona, in particolare nei Sacramenti - Battesimo, Cresima, Penitenza, Eucarestia - attraverso i quali è dato o aumentato il dono che, dal Cenacolo è arrivato fino a noi, come Pane di Vita e come "Forza", che ci arricchisce, giorno dopo giorno, fino alla nostra risurrezione alla Vita eterna (cfr. Jn 6,51 Jn 6,58), con Cristo per vivere insieme al Padre.

Così dobbiamo accogliere sempre la salvezza come un Dono, e, allo stesso tempo, ad essa ci dobbiamo dedicare come ad una missione.

Quanto più coscienza avremo della grandezza del Dono, tanto più ardentemente assumiamo la missione, tanto più seriamente diventeremo gli "operai della messe". Qui è il fondo della questione; questo è il contesto vitale dell'evangelizzazione.


8. Cristo Risuscitato chiama i suoi discepoli alla evangelizzazione, dicendo loro: "sarete i miei testimoni" (Ac 1,8). Ecco le parole-chiave! Diventiamo testimoni di Cristo, quando, come suoi discepoli del Vangelo, matura in noi il problema della salvezza, il problema della chiamata al Regno di Dio. Quando lo accogliamo, ce ne appropriamo e ci identifichiamo con esso. Quando dà significato a tutta la nostra vita ed al nostro modo di agire.

Giovani, ragazzi e ragazze, figli del Portogallo dei nostri giorni: Guardate a tanti che vi hanno preceduto nel passato, anche loro figli di questa Patria. Figli della sua cultura e della sua lingua. Delle sue sofferenze e delle sue vittorie.

Quanti di loro risposero, con il dono totale della vita, all'appello di Cristo! Dalla Regina santa Isabel a Joao de Deus, da Antonio de Lisboa a Joao de Brito - per parlare solo di santi canonizzati - per differenti cammini, essi tutti si mossero nella carità di Dio, innamorati dell'ideale della verità e dell'amore, mossi dallo Spirito di Cristo.

E chi potrà dire, davanti al vostro entusiasmo e gioia, che i giovani portoghesi di oggi sono meno interessati, meno disponibili e meno attenti a Cristo di quelli del passato? Si, Cristo confida in voi! La Chiesa confida in voi! Il Papa confida in voi! Accogliete, amati giovani, accogliete ancora una volta l'appello di Cristo: Siate i suoi testimoni.




1982-05-14 Data estesa: Venerdi 14 Maggio 1982




L'incontro con il Vescovo di Coimbra - Coimbra (Portogallo)

Titolo: Coimbra è santità e bellezza, storia e vita

Testo:

Sia lodato nostro Signore Gesù Cristo!


1. Ringrazio il Signor Vescovo di Coimbra, Monsignor Joao Alves, per le sue vibranti parole di saluto! Grazie, eccellentissime Autorità, per la vostra deferente presenza! Grazie, miei fratelli Vescovi! Grazie a tutti, fratelli e sorelle in Cristo! Quando leggevo riferimenti o sentivo parlare di questa famosa città di Coimbra, nel mio spirito si associavano queste idee: santità e bellezza, storia e vita.

- Santità, legata soprattutto ai nomi di san Teutonio e della Regina santa Isabella e, in qualche modo, a sant'Antonio; - bellezza, che Dio ha elargito a questo angolo di terra portoghese e bellezza creata dall'uomo, nell'arte, letteratura e musica; - storia, che si perde nella fuligine dei secoli: dalla "Conimbriga" dei romani, passando per gli inizi della nazionalità, fino agli otto secoli di vita e cultura portoghese; - vita, infine, legata a questa simpatica popolazione, tra cui emergono i giovani studenti di questa celebre "Atene lusitana", la cosiddetta "combriccola" - se mi è concesso - a cui voglio dire: guardate, "combriccola", il Papa conta su di voi! O meglio, Cristo conta su di voi!


2. Ma in questo momento Coimbra, davanti ai miei occhi, ha preso il posto delle immagini e delle idee. Coimbra siete voi. Tutti voi: clero, religiosi e fedeli di questa diocesi; voi, seminaristi; voi, padri e madri di famiglia, giovani e fanciulli; voi, che fate lavori importanti e voi che prestate umili servizi; voi, "i più piccoli" - come vi ha chiamato il Signore - tutti voi che soffrite nel corpo o nello spirito, pensando in modo speciale ai sofferenti dei vari ospedali della città; tutti, senza voler tralasciare nessuno. Il Papa saluta tutti, desidera confortare e benedire tutti.

Coimbra siete voi! In voi vedo concretamente tradotte bellezza e vita; e nella speranza, confermata nella vostra storia, la santità che per tutti auguro e imploro, per intercessione dei vostri santi patroni, la cui memoria desiderate certamente onorare, onorando la tradizione coimbricense, per la fedeltà a Dio, tramite Cristo, nella Chiesa santa.


3. Ma, mi sia concesso allargare il mio orizzonte e esprimere i sentimenti che ho nell'animo, per abbracciare tutta la regione - centro del Portogallo - da Leiria a Castelo Branco e a Guarda, e da Aveiro a Viseu, che qui si trova ben rappresentata: dai suoi Pastori e fedeli diocesani (e mi sembra siano numerosi), che sono qui venuti all'incontro con il Papa, successore di san Pietro. Saluto tutti cordialmente! A tutti auguro ogni bene! A tutti ripeto e voglio lasciare come ricordo una parola che ha scritto il primo Papa, l'apostolo pescatore della Galilea: la lascio qui, in Portogallo, e in una zona dove ci sono tanti pescatori, a cui va tutta la mia simpatia: Per Cristo, "credete in Dio... / che la vostra fede e la vostra speranza siano fisse in Dio. / Obbedendo alla verità... amatevi gli uni gli altri" (1P,


1,21-22). E state certi che Dio misericordioso vi ama molto.

Salutandovi con "il bacio della carità", imploro per tutti i favori divini, per intercessione della santa Vergine Regina in particolare, con la benedizione apostolica.




1982-05-15 Data estesa: Sabato 15 Maggio 1982




L'incontro con i docenti universitari e con gli uomini di cultura - Coimbra (Portogallo)

Titolo: La cultura è per l'elevazione dell'uomo e per lo sviluppo della collaborazione tra i popoli

Testo:

Eccellentissimo signor Magnifico Rettore, signori Professori e Alunni di questa Università, Signori e Signore.


1. E' per me un momento di grande gioia, trovarmi in questa Università, una delle più antiche d'Europa, e intimamente legata ai fatti della Chiesa. Fin dai suoi primordi, posta sotto la protezione di Dio e della santissima Vergine, ha assunto nel decorrere della sua storia, anche un formale impegno di difendere la dottrina della Immacolata Concezione di Maria santissima. Sento per questo qui palpitare una lunga tradizione di devozione mariana, elevata al più alto livello della cultura nazionale.

Saluto particolarmente il Magnifico Rettore che mi ha accolto, saluto il Corpo docente, i Professori, i Professori Straordinari e Assistenti e il Corpo discente, i cari studenti, e quanti completano in questa famosa Università la comunità di lavoro intellettuale. Saluto, con intensità di sentimento, tutti gli uomini di cultura di questa nobile Nazione, qui presenti o qui rappresentati.

Riconoscendo il valore del vostro lavoro a favore dell'uomo, vengo a quest'incontro con rispettosa stima, ricordando i lunghi anni in cui lavoravo nello stesso ambiente universitario, e dei momenti felici che questa convivenza mi offri. Siamo tutti convinti che è in primo luogo con l'intelligenza e, solo dopo, con il lavoro che si può modellare una nuova civiltà, in sintonia con le aspirazioni e le necessità della nostra epoca. Sta a voi, uomini di cultura, il compito primordiale di proiettarla per i giorni a venire, basandovi sugli inestimabili valori della vostra tradizione culturale e nelle immense ricchezze dell'anima portoghese. Mi trovo qui come un amico che apre il cuore con fiducia in una attitudine d'incitamento e di comunione per gli identici problemi.


2. Conoscete bene quanto la Chiesa sia grata alla cultura e quanto rispetti la sua promozione. Essa è molto interessata alla cultura, perché sa bene cosa questa significhi per l'uomo. La persona umana, infatti, non potrà svilupparsi completamente, sia a livello individuale che sociale, se non mediante la cultura.

Questo sembra evidente, se consideriamo che la cultura, nella sua realtà più profonda, non è se non il modo particolare che un popolo ha di coltivare le proprie relazioni con la natura, tra i suoi membri, e con Dio, in modo da raggiungere un livello di vita veramente umano; è lo "stile di vita comune" che caratterizza un determinato popolo (GS 53).

Tra le varie culture, occupa un posto d'onore la cultura portoghese. Una cultura plurisecolare, ricca, con caratteristiche ben precise che la distinguono chiaramente dagli altri popoli. Essa esprime il modo personale dei portoghesi di "stare al mondo", la loro propria concezione di vita ed il loro senso religioso dell'esistenza. E' una cultura forgiata nel decorrere di otto secoli come Nazione, e arricchita dai molteplici e prolungati contatti che il Portogallo ebbe durante la sua storia, con i più diversi popoli dei vari continenti.

Mi è grato, in questo momento, ricordare l'ammirevole opera di civilizzazione che i portoghesi, insieme alla evangelizzazione, realizzarono attraverso i secoli in tutte quelle parti del mondo dove arrivarono. In questo ambiente di contatti con nuovi mondi, e in questo livello di cultura, come non ricordare Luis de Camoes e i suoi "Lusiadas", giustamente considerati come una delle principali opere della letteratura mondiale. Voglio ricordare anche il notevole contributo che il vostro Paese, con le scoperte, ha dato allo sviluppo della scienza. Tra i molti nomi che potremmo citare, mi limito a evocare Pedro Nunes, l'inventore "Nonio", e il medico e naturalista Garcia de Horta. Anche nel campo delle arti, questo incontro di civilizzazione si materializzo nel vostro inconfondibile stile manuelino.


3. La cultura è dell'uomo, a partire dall'uomo e per l'uomo.

La cultura è dell'uomo. Nel passato, quando si voleva definire l'uomo, quasi sempre ci si riferiva all'intelligenza, alla libertà o al linguaggio. I recenti progressi della antropologia culturale e filosofica mostrano che si può ottenere una definizione non meno precisa della realtà umana riferendosi alla cultura. Questa caratterizza l'uomo e lo distingue dagli altri esseri non meno chiaramente che la intelligenza, la libertà e il linguaggio. Tali esseri infatti non hanno cultura, non sono artefici di cultura; al massimo sono recettori passivi di iniziative culturali realizzate dall'uomo. Per crescere e sopravvivere, essi sono dotati dalla natura di certi istinti e determinati sussidi sia per la sopravvivenza che per la difesa; al contrario, l'uomo, invece di queste cose, possiede la ragione e le mani, che sono l'organo degli organi, in quanto con il loro aiuto l'uomo può munirsi di strumenti per conseguire i suoi fini (cfr. San Tommaso, I 76,5 ad 4).

La cultura viene dall'uomo. Questo riceve gratuitamente dalla natura, un insieme di capacità, di talenti, come li chiama il Vangelo, e con la sua intelligenza, la sua volontà e il suo lavoro deve svilupparli e farli fruttificare. Lo sviluppo dei propri talenti tanto da parte dell'individuo come da parte di un gruppo sociale, con il fine di perfezionarsi e di dominare la natura, costruisce la cultura. Così nel coltivare la terra, l'uomo attua il piano creatore di Dio; nel coltivare le scienze e le arti, lavora per l'elevazione della famiglia umana e per arrivare alla contemplazione di Dio.

La cultura è "per" l'uomo. Questo non è solamente l'artefice della cultura, ma anche il suo principale destinatario. Nelle due accezioni fondamentali, di formazione dell'individuo e della forma spirituale della società, la cultura ha come fine la realizzazione della persona in tutte le sue dimensioni, con tutte le sue capacità. L'obiettivo primario della cultura è di sviluppare l'uomo in quanto uomo, l'uomo in quanto persona, ossia, ogni uomo in quanto esemplare unico e irripetibile della famiglia umana.

Intesa in questo modo, la cultura abbraccia la totalità della vita di un popolo: un insieme di valori che lo anima e che essendo condivisa da tutti i cittadini, li riunisce in una stessa "coscienza personale e collettiva" (EN 18); la cultura abbraccia anche le forme attraverso le quali i valori si esprimono e si configurano, ossia, i costumi, la lingua, l'arte, la letteratura, le istituzioni e le strutture della convivenza sociale.


4. così, l'uomo, come essere culturale - voi lo sapete, Signore e Signori - non è pre-fabbricato. Egli deve costruirsi con le proprie mani. Ma, secondo quale progetto? Che modello, se ne esiste uno, deve avere davanti agli occhi? Non mancarono, lungo la storia proposte di tale modello. E qui, come è risaputo, appare l'importanza della antropologia filosofica.

Per essere valido un progetto culturale non potrà non attribuire il primato alla dimensione spirituale, a quella dimensione che riguarda la crescita dell'essere, più che la crescita dell'avere. Mi permetto, a questo proposito, ricordare quello che dicevo ai rappresentanti dell'UNESCO: "La cultura è quella cosa per la quale l'uomo, in quanto uomo, diventa più uomo, e in più, ha più accesso all'"essere". E' anche qui che si fonda la distinzione capitale tra quello che l'uomo è e quello che l'uomo ha, tra l'essere e l'avere (...). L'"avere" dell'uomo non è il più importante per la cultura; non è perlomeno fattore creativo della cultura, se non nella misura in cui serve all'uomo, per "essere" più pienamente uomo, in tutte le dimensioni della sua esistenza, in tutto quello che caratterizza la sua umanità ("Discorso", 7; 2 giugno 1980: "Insegnamenti", III, 1 [1980] 1640). L'obiettivo della vera cultura, pertanto, è fare di un uomo una persona, uno spirito pienamente sviluppato, capace di arrivare alla perfetta realizzazione di tutte le sue facoltà.

Storicamente ogni società, ogni nazione, ogni popolo ha cercato di elaborare un progetto umano, un ideale di umanità, attribuendo in maniera generale, il primato ai valori dello spirito.

E la Chiesa, com'è noto, detiene anche un progetto di umanità, ravvivato e proposto dal Concilio Vaticano II. In pieno accordo con i risultati delle ricerche dell'antropologia filosofica e culturale, il Concilio affermo che la natura è un elemento costitutivo essenziale della persona, dovendo, pertanto, essere sollecitato con tutti i mezzi.

Sono parole dello stesso Concilio: la cultura deve tendere alla perfezione dell'uomo, il quale "dedicandosi alle varie discipline della storia, filosofia, scienze matematiche e naturali, e coltivando le arti, può aiutare molto la famiglia umana ad elevarsi a concezioni più sublimi di verità, di bene e di bellezza ed a formare giudizi di valore universale" (GS 57).


5. A proporre il suo ideale di umanità, la Chiesa non pretende negare l'autonomia della cultura. Anzi al contrario, nutre per essa il maggior rispetto, come nutre il maggior rispetto per l'uomo; per ambedue difende apertamente la libera iniziativa e lo sviluppo autonomo. Infatti dato che la cultura deriva immediatamente dalla natura razionale e sociale dell'uomo, ha una costante necessità di giusta libertà e di legittima autonomia, di agire secondo i propri principi per svilupparsi. Con ragione, poiché proteggendo sempre, come è evidente, i diritti della persona e della comunità particolare e universale, la cultura ha bisogno di uno spazio di inviolabilità, esige di essere rispettata e di poter mantenere l'esenzione relativamente alle forze politiche o economiche (cfr. GS 59).

La storia, pero, ci insegna che l'uomo, così come la cultura che costruisce, possono abusare dell'autonomia alla quale hanno diritto. La cultura, come il suo artefice, possono cadere nella tentazione di rivendicare per se stessi una indipendenza assoluta davanti a Dio. Possono arrivare perfino a rivoltarsi contro di lui. Questa verifica, per noi che abbiamo la felicità della fede in Dio, non si fa senza dolore.

La Chiesa è cosciente di questa realtà. Questo fa parte - voi ben sapete, Signore e Signori - di una lotta perenne tra il bene e il male. E la Chiesa è chiamata, per natura, ad additare il bene ed a curare ed estirpare il male. Essa ha ricevuto da Cristo la missione di salvare l'uomo dal male, l'uomo concreto, l'uomo storico, l'uomo con tutto il suo essere: esteriore ed interiore, personale e sociale, spirituale, morale e culturale. E delle vie per il compimento di questa missione della Chiesa, fa parte l'incentivo alla cultura, sia come fondo spirituale che come informazione sociale.

Pertanto, nella visione della Chiesa la cultura non è qualcosa che rimane estranea alla fede, ma da questa può ricevere profondi e benefici influssi.

Tuttavia è necessario non considerare la relazione della cultura con la fede come puramente passiva. La cultura non è solo soggetto di redenzione e di elevazione; ma può essere anche fautrice di mediazione e di collaborazione. Infatti, Dio, rivelandosi al popolo eletto, si è servito di una particolare cultura; lo stesso ha fatto Gesù Cristo, Figlio di Dio: la sua incarnazione umana è stata anche un'incarnazione culturale.

"Nello stesso modo, la Chiesa, vivendo nel decorso dei tempi in diversi condizionamenti, impiego le risorse delle diverse culture, per far arrivare a tutte le genti il messaggio di Cristo, per spiegarlo, comprenderlo e penetrarlo più profondamente e per dargli una espressione migliore; questo appare in modo particolare nella Liturgia" (GS 58).

Ai nostri giorni, senza abdicare dalla sua tradizione, ma cosciente della sua missione universale, la Chiesa cerca di dialogare con le diverse forme di cultura. E' preoccupata di scoprire cosa unisce il magnifico patrimonio dello spirito umano: nonostante che l'armonia della cultura con la fede non sempre si realizzi senza difficoltà, la Chiesa non desiste dalla ricerca di avvicinamento a tutte le culture, a tutte le concezioni ideologiche e a tutti gli uomini di buona volontà.


6. E' ben conosciuto da tutti voi, Signore e Signori, che le condizioni di vita dell'uomo di oggi hanno sofferto di trasformazioni profonde nel campo sociale e culturale, più o meno in tutte le parti; a tal punto che sembra lecito parlare di "una nuova era della storia umana" (GS 54). Lo sviluppo ed il progresso della civilizzazione, marcati dal predominio della tecnica, aprono alla diffusione della cultura nuovi cammini, preparatori all'immenso avanzare delle scienze naturali, umane e sociali e per lo stupendo perfezionamento e coordinazione dei mezzi di comunicazione.

Pertanto credo che tutti noi siamo pieni di gioia, con motivi ben fondati e ci sentiamo profondamente grati al mondo della scienza e ai suoi protagonisti.

Ma questo progresso tanto meraviglioso, nel quale è difficile non intravedere il segnale dell'autentica grandezza dell'uomo, non manca di suscitare alcune preoccupazioni. E, non rara sorge negli spiriti la domanda: questo progresso del quale è autore e fautore l'uomo, lascia sulla terra una vita umana, in tutti i suoi aspetti, "più umana"? L'uomo, in quanto uomo, favorito da tutto questo progresso, diventa migliore? Voglio dire: si presenta e si comporta più maturo spiritualmente, più cosciente della sua dignità, più responsabile, più aperto con gli altri - in particolare con i più deboli e i più bisognosi - e, infine, più disponibile per aiutare tutti (cfr. RH 15)? Sembra che non ci siano dubbi oggi, che la cultura moderna, anima della società occidentale durante secoli e, per mezzo di questa, in larga misura anche delle altre società, sta attraversando una crisi: già non si presenta come principio animatore ed unificatore della società, la quale, a sua volta, si presenta disgregata ed in difficoltà per assumere la sua missione, di far crescere interiormente l'uomo in tutta la linea del suo essere. Questa perdita di vigore e di influenza della cultura sembra avere nella sua base una vera crisi. Il senso della verità ha sofferto un serio impatto da tutte le parti. Se osserviamo bene, si tratta, in fondo, di una crisi metafisica. Ne segue la perdita di valore della parola, il disprezzo della quale ha la sua origine in una certa perplessità e sfiducia tra le genti.

L'uomo si chiede angustiato: "infine, chi sono io?". La visione obiettiva della verità, molte volte è sostituita da una posizione soggettiva più o meno spontanea. La morale oggettiva cede il posto ad una etica individuale, in cui ognuno sembra proporsi a se stesso come norma di azione, e volere che si esiga da lui esser fedele unicamente a questa norma. E la crisi si approfondisce quando l'efficacia assume la funzione di valore. In conseguenza sorgono manipolazioni di tutti gli ordini e 1'uomo si sente ogni volta più insicuro, con l'impressione di vivere in una società che sembra carente di certezze e di ideali e confusa in quanto a valori.


7. Nell'esercizio della missione che per misterioso disegno della Provvidenza mi è stata affidata, nelle pellegrinazioni apostoliche che faccio per il mondo, mi anima sempre il desiderio di essere portatore di un messaggio e di collaborare, con la parte umile, ma per me indeclinabile, finché è nelle mie possibilità, perché un autentico senso dell'uomo prevalga nelle menti e nei cuori, come punto d'incontro di tutte le buone volontà, in vista dell'edificazione di un mondo sempre più degno dell'uomo.

Nel processo di questa convergenza di buone volontà occupano posti di rilievo i centri e gli uomini di cultura. Si tratta effettivamente di operare mentalmente le persone e animare spiritualmente la società; e in questo potranno avere parte preponderante, non solo le istituzioni come la Chiesa, che qui rappresento, ma anche i centri e le strutture destinate alla creazione e promozione della cultura. Così entrano in causa le Università. E conoscete i miei sentimenti, di grande stima e rispetto, per le responsabilità che riconosco alle Università nel mondo contemporaneo.

Sono - per me - uno di quei luoghi, forse il principale luogo di lavoro nel quale la vocazione dell'uomo alla conoscenza, come anche al legame costitutivo dell'uomo con la verità come fine della conoscenza, diventa una realtà quotidiana, diventa in un certo modo, il pane quotidiano per quelli che la frequentano e per molti altri desiderosi di conoscenza della realtà del mondo che li circonda e della conoscenza dei misteri della sua umanità (cfr. "Discorso ai responsabili dell'Unesco", 19; 2 giugno 1980: "Insegnamenti", III, 1 [1980] 1650s).

Signore e Signori, Intellettuali e uomini di cultura portoghese.

La situazione può sembrare disperata, precorritrice di una "Nuova Apocalisse". Ma, in realtà, non è così. Per l'umanità dell'Anno 2000 esiste sicuramente una soluzione e molti motivi di speranza. Basta che tutti gli uomini di buona volontà, soprattutto quelli che professano la fede in Cristo, s'impegnino seriamente in una profonda rinnovazione della cultura alla luce di una sana antropologia e dei principi del Vangelo.

Credo che siate già animati - e questi sono anche i voti che vi esprimo - da un desiderio di migliorare l'aspetto dell'uomo ed abbiate un autentico senso della persona umana, nel vostro nobile lavoro. Avete nelle vostre tradizioni tanti indizi, tanti elementi di universalità, di apertura agli altri popoli, di stima e sensibilità per i nobili sentimenti. Sembra perfino che attraverso i secoli si dia più importanza al cuore che alle costruzioni intellettuali. La civilizzazione che il Portogallo ha diffuso per il mondo si può dire che ebbe in speciale considerazione la persona umana. Approfondito questo, mi permetto di ripetere qui un appello che credo sia da tutti conosciuto: "Aprite al potere salvatore di Cristo... i vasti campi della cultura, della civilizzazione, del progresso. Non abbiate paura. Permettete a Cristo di parlare all'uomo ("Omelia", 5; 22 ottobre 1978: "Insegnamenti", I [1978] 38s.), anche in Portogallo, per il quale e per voi auguro le migliori felicità.




1982-05-15 Data estesa: Sabato 15 Maggio 1982





GPII 1982 Insegnamenti - Incontro ecumenico - Lisbona (Portogallo)