GPII 1982 Insegnamenti - La Messa dell'Ascensione celebrata nella grotta della beata Vergine di Lourdes - Città del Vaticano (Roma)

La Messa dell'Ascensione celebrata nella grotta della beata Vergine di Lourdes - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'ascensione di Cristo, nostro Capo, ci impegna a testimoniare la fede

Testo:


1. "Il Signore fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio" (Mc 16,19).

In queste parole del Vangelo secondo Marco si compendia il mistero che ricordiamo oggi, festa dell'Ascensione di nostro Signore Gesù Cristo. Ed io sono contento di celebrare con voi questa Liturgia, cari fratelli e sorelle, in unione di fede e di intenti, di rinnovata adesione al Signore e alla sua Chiesa.

La solennità odierna ci invita, innanzitutto, a meditare sulla portata del mistero che celebriamo. Cosa significa che Gesù è asceso al cielo? Non sono le categorie spaziali che ci permettono di capire adeguatamente questo evento, che solo alla fede dischiude il suo senso e la sua fecondità. "Sedette alla destra di Dio": ecco il significato primo dell'Ascensione. E anche se l'espressione è immaginosa, poiché Dio non ha né destra né sinistra, essa racchiude un importate messaggio cristologico: Gesù risorto è entrato pienamente, anche con la sua umanità, a far parte della gloria divina e, anzi, a prendere parte all'attività salvifica di Dio stesso. L'abbiamo sentito nella seconda lettura: "Lo fece sedere alla sua destra nei cieli, al di sopra di ogni principato e autorità, di ogni potenza e dominazione" (Ep 1,20-21). Il cristiano ormai non ha altro capo all'infuori di Gesù Cristo. "Tutto infatti ha sottomesso ai suoi piedi" (Ep 1,22).

Cristo non è solo il nostro capo, ma anche il "Pantocrator", colui che esercita la sua signoria su tutte le cose. Queste affermazioni hanno una portata molto concreta per la nostra vita. Nessuno di noi deve più affidarsi a chi non è Cristo, poiché ciò che è al di fuori di lui gli è soltanto inferiore.

Siamo invitati, pertanto, a contemplare la grandezza e la bellezza del nostro unico Signore, e a fare nostra la preghiera della lettera agli Efesini, che abbiamo sentito leggere: "Possa Dio illuminare gli occhi della nostra mente per farvi comprendere... quale è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi credenti secondo l'efficacia della sua forza, che egli manifesto in Cristo" (Ep 1,18-20).

Si sente, in queste parole, la traboccante esultanza del cristiano che sa, o almeno intuisce, e adora la profondità del mistero pasquale e l'inesauribile ricchezza delle sue virtualità salvifiche nei nostri riguardi. La festa odierna, dunque, ci riconduce ai fondamenti stessi della nostra fede.


2. Ma c'è anche un altro aspetto essenziale, proprio della solennità dell'Ascensione, che viene espresso sia nella prima lettura sia nel Vangelo. "Mi sarete testimoni... fino agli estremi confini della terra" (Ac 1,8); "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura" (Mc 16,15). C'è un dovere di testimonianza, che promana direttamente dalla nostra fede. Non si può celebrare l'esaltazione di Gesù Signore e poi condurre una vita disimpegnata, ignorando la sua suprema consegna. L'Ascensione ci ricorda che la sottrazione di Gesù all'esperienza sensibile dei suoi discepoli ha anche lo scopo di lasciare il campo a questi, i quali ormai continuano nella storia la sua missione e proseguono lo zelo pastorale e la dedizione missionaria di lui, anche se ciò avviene insieme a molte debolezze. Non per nulla, secondo il racconto degli Atti degli Apostoli, segue a breve distanza la Pentecoste con il dono dello Spirito Santo, che dà il via alla storia missionaria della Chiesa.

Oggi, pertanto, siamo anche invitati a rinnovare i nostri impegni di apostolato, mettendo nelle mani del Signore i nostri propositi. Ciò facendo, dobbiamo mantenere viva la certezza che la sua Ascensione al cielo non è stata una partenza, ma soltanto la trasformazione di una presenza che non viene meno. Cristo è tra noi ancor oggi; egli è con noi. "Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo" (Mt 28,20). Solo di qui deriva la nostra forza, ma anche la nostra costanza e la nostra gioia.



3. Cari fratelli e sorelle, volgiamo in preghiera queste riflessioni, mentre la santa Messa prosegue. Rinnoviamo la nostra fede cristiana e il nostro slancio apostolico. E ci aiuti l'intercessione materna di Maria, cui facciamo appello in occasione della celebrazione di questa Liturgia alla Grotta della beata Vergine di Lourdes. Essa, che con ogni probabilità fu presente all'evento raccontato dagli Atti degli Apostoli (cfr. Ac 1,9 Ac 1,14), ci ispiri i pensieri opportuni in questo momento e le richieste più gradite al Signore. Amen.

1982-05-20 Data estesa: Giovedi 20 Maggio 1982




Con una lettera indirizzata al Segretario di Stato, Cardinale Agostino Casaroli GIOVANNI PAOLO II istituisce il pontificio consiglio per la cultura



Signor Cardinale.

Fin dall'inizio del mio pontificato, ho ritenuto che il dialogo della Chiesa con le culture del nostro tempo fosse un campo vitale, nel quale è in gioco il destino del mondo in questo scorcio del secolo XX. Esiste infatti una dimensione fondamentale, in grado di consolidare o di scuotere fin dalle fondamenta i sistemi che strutturano l'insieme dell'umanità, e di liberare l'esistenza umana, individuale e collettiva, dalle minacce che pesano su di essa.

Questa dimensione fondamentale è l'uomo, nella sua integralità. Ora l'uomo vive una vita pienamente umana grazie alla cultura. "Si, l'avvenire dell'uomo dipende dalla cultura", dichiaravo nel mio discorso del 2 giugno 1980 all'UNESCO, rivolgendomi ad interlocutori così diversi per la loro provenienza e le loro convinzioni, aggiungendo: "Ci ritroviamo sul terreno della cultura, realtà fondamentale che ci unisce... Ci ritroviamo per ciò stesso intorno all'uomo e in un certo senso, in lui, nell'uomo".

Per tali motivi, fin dal 15 novembre 1979, avevo voluto consultare, sul fondamentale problema delle responsabilità della Santa Sede di fronte alla cultura, tutti i Membri del Sacro Collegio dei Cardinali riuniti a Roma, e successivamente, il 17 dicembre 1980, tutti i Capi dei Dicasteri, per discutere con essi i pareri raccolti nella consultazione, di cui avevo, nel frattempo, incaricato il Cardinale Gabriel-Marie Garrone.

Infine, su mia richiesta, questi ha animato le riflessioni di un Consiglio, costituito il 25 novembre 1981, e richiesto di studiare concretamente, nello spazio di alcuni mesi, come meglio assicurare i rapporti della Chiesa e della Santa Sede con la cultura, in tutte le sue varie espressioni.

Desidero esprimere al venerato e caro Cardinale la mia viva gratitudine per l'esemplare lavoro da lui compiuto a tale scopo, con l'apporto generoso di organismi in stretti rapporti col mondo della cultura: la Sacra Congregazione per l'Educazione Cattolica, il Segretariato per i non Credenti, la Pontificia Accademia delle Scienze, e il Centro di Ricerca della Federazione Internazionale delle Università Cattoliche.

E' ora il momento di trarre profitto da tali lavori. Per questo mi sembra opportuno fondare uno speciale organismo permanente, con lo scopo di promuovere i grandi obiettivi che il Concilio Ecumenico Vaticano II si è proposti circa i rapporti tra la Chiesa e la cultura. Il Concilio infatti ha sottolineato, dedicandovi un'intera sezione della costituzione pastorale "Gaudium et Spes", l'importanza fondamentale della cultura per il pieno sviluppo dell'uomo, i molteplici legami tra il messaggio della salvezza e la cultura, il reciproco arricchimento della Chiesa e delle diverse culture nella comunione storica con le varie civiltà, come pure la necessità per i credenti di comprendere a fondo il modo di pensare e di sentire degli altri uomini del proprio tempo, così come si esprimono nelle rispettive culture (GS 53-62).

Sulle orme del Concilio, la Sessione del Sinodo dei Vescovi, tenutasi nell'autunno 1974, ha preso chiara coscienza del ruolo delle diverse culture nell'evangelizzazione dei popoli. E il mio predecessore Paolo VI, raccogliendo il frutto dei suoi lavori nell'esortazione apostolica "Evangelii Nuntiandi", dichiarava: "Il Vangelo, e quindi l'evangelizzazione, non si identificano certo con la cultura e sono indipendenti rispetto a tutte le culture. Tuttavia, il Regno che il Vangelo annunzia è vissuto da uomini profondamente legati a una cultura, e la costruzione del Regno non può non avvalersi degli elementi della cultura e delle culture umane. Indipendenti di fronte alle culture, il Vangelo e l'evangelizzazione non sono necessariamente incompatibili con esse, ma capaci di impegnarle tutte, senza asservirsi ad alcuna" (EN 20).

Raccogliendo anch'io la ricca eredità del Concilio Ecumenico, del Sinodo dei Vescovi e del mio venerato predecessore Paolo VI, l'1 e il 2 giugno 1980 ho proclamato a Parigi, prima all'Istituto Cattolico, e poi davanti all'eccezionale assemblea dell'UNESCO, il legame organico e costitutivo che esiste tra il cristianesimo e la cultura, con l'uomo, quindi, nella sua stessa umanità. Questo legame del Vangelo con l'uomo, dicevo nel mio discorso davanti a quell'areopago di uomini e di donne di cultura e di scienza del mondo intero, "è, in effetti, creatore della cultura nel suo fondamento stesso". E, se la cultura è ciò per cui l'uomo, in quanto uomo, diviene maggiormente uomo, è in gioco, in essa, lo stesso destino dell'uomo. Di qui l'importanza per la Chiesa, che ne è responsabile, di un'azione pastorale attenta e lungimirante, riguardo alla cultura, in particolare a quella che viene chiamata cultura viva, cioè l'insieme dei principi e dei valori che costituiscono l'ethos di un popolo: "La sintesi tra cultura e fede non è solo un'esigenza della cultura, ma anche della fede... Una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta" ("Discorso ai partecipanti al Congresso Nazionale del Movimento ecclesiale di impegno culturale": "Insegnamenti", V, 1 [1982] 131), come dicevo il 16 gennaio 1982.

Certamente molti organismi operano da lungo tempo nella Chiesa in questo campo (cfr. "Sapientia Christiana") e innumerevoli sono i cristiani che, secondo il Concilio, si sforzano, insieme a molti credenti e non credenti, di "permettere a ogni uomo e ai gruppi sociali di ciascun popolo, di raggiungere il pieno sviluppo della loro vita culturale, in conformità con le doti e le tradizioni loro proprie" (GS 60). Anche là dove ideologie agnostiche, ostili alla tradizione cristiana, o anche dichiaratamente atee, ispirano certi maestri di pensiero, tanto più grande è l'urgenza per la Chiesa di intrecciare un dialogo con le culture affinché l'uomo d'oggi possa scoprire che Dio, ben lungi dall'essere rivale dell'uomo, gli dona di realizzarsi pienamente, a sua immagine e somiglianza. Infatti l'uomo sa oltrepassare infinitamente se stesso, come ne danno prova, in modo evidente, gli sforzi che tanti geni creatori compiono per incarnare durevolmente nelle opere d'arte e di pensiero valori trascendenti di bellezza e di verità, più o meno fuggevolmente intuiti come espressione dell'assoluto. Così l'incontro delle culture è oggi un terreno di dialogo privilegiato tra uomini impegnati nella ricerca di un nuovo umanesimo per il nostro tempo, al di là delle divergenze che li separano: "Anche noi - diceva Paolo VI a nome di tutti i Padri del Concilio Ecumenico, di cui anch'io ero membro - abbiamo più di chiunque altro il culto dell'uomo" (Discorso di chiusura del Vaticano II, 7 dicembre 1965). E proclamava davanti all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite: "La Chiesa è esperta in umanità" (4 ottobre 1965): quell'umanità che essa serve con amore.

L'amore è come una grande forza nascosta nel cuore delle culture, per sollecitarle a superare la loro finitezza irrimediabile aprendosi verso Colui che di esse è la fonte e il termine, e per dare loro, quando si aprono alla sua grazia, un arricchimento di pienezza.

D'altronde, è urgente che i nostri contemporanei, e in modo particolare i cattolici, si interroghino seriamente sulle condizioni che sono alla base dello sviluppo dei popoli. E' sempre più evidente che il progresso culturale è intimamente legato alla costruzione di un mondo più giusto e più fraterno. Come ho detto a Hiroshima, il 25 febbraio 1981, ai rappresentanti della scienza e della cultura riuniti nell'Università delle Nazioni Unite: "La costruzione di una umanità più giusta o di una comunità internazionale più unita non è un sogno o un vano ideale. E' un imperativo morale, un sacro dovere, che il genio intellettuale e spirituale dell'uomo può affrontare mediante una nuova mobilitazione dei talenti e delle energie di ognuno e sfruttando tutte le risorse tecniche e culturali dell'uomo" ("Insegnamenti", IV 1 [1981] 545).

Di conseguenza, in virtù della mia missione apostolica, io sento la responsabilità che mi incombe, nel cuore della collegialità della Chiesa universale, e in contatto ed accordo con le Chiese locali, di intensificare i rapporti della Santa Sede con tutte le realizzazioni della cultura, assicurando anche un rapporto originale in una feconda collaborazione internazionale, in seno alla famiglia delle nazioni, ossia delle grandi "comunità degli uomini uniti da vincoli diversi, ma soprattutto, essenzialmente dalla cultura" ("Discorso all'UNESCO", 2 giugno 1980: "Insegnamenti" III [1980] 1636ss).

Per questo, ho deciso di fondare e di istituire un Consiglio per la Cultura, capace di dare a tutta la Chiesa un impulso comune nell'incontro, continuamente rinnovato, del messaggio salvifico del Vangelo con la pluralità delle culture, nella diversità dei popoli, ai quali deve portare i suoi frutti di grazia.

Così, signor Cardinale, ben sapendo quanto Ella partecipi strettamente alle mie preoccupazioni, dopo aver profondamente ponderato i motivi sopra espressi, e averne anche considerata l'opportunità nella preghiera, le affido la cura di presiedere all'organizzazione di questo Pontificio Consiglio per la Cultura, che comprende un Comitato di Presidenza e un Comitato esecutivo, oltre ad un Consiglio Internazionale, composto di qualificati rappresentanti della cultura cattolica mondiale, che sarà convocato almeno una volta all'anno. Per suo tramite, il Pontificio Consiglio resterà legato direttamente a me, come un servizio nuovo e originale, che la riflessione e l'esperienza permetteranno a poco a poco di strutturare in maniera adeguata, giacché la Chiesa non si pone di fronte alle culture dall'esterno, bensi dal di dentro, come un fermento, a motivo del legame organico e costitutivo che strettamente le unisce.

Il Consiglio perseguirà le proprie finalità in spirito ecumenico e fraterno, promuovendo anche il dialogo con le religioni non cristiane, e con individui o gruppi che non si richiamano ad alcuna religione, nella ricerca congiunta di una comunicazione culturale con tutti gli uomini di buona volontà.

Esso porterà regolarmente alla Santa Sede l'eco delle grandi aspirazioni culturali del mondo d'oggi, approfondendo le attese delle civiltà contemporanee ed esplorando le nuove vie del dialogo culturale, per consentire così al Pontificio Consiglio per la Cultura di meglio rispondere ai compiti, per i quali è stato istituito, e che sono nelle loro grandi linee:


1. Testimoniare, davanti alla Chiesa e al mondo, il profondo interesse che la Santa Sede, per la sua specifica missione, presta al progresso della cultura e del dialogo fecondo delle culture, come pure al loro benefico incontro col Vangelo.


2. Farsi partecipe delle preoccupazioni culturali che i Dicasteri della Santa Sede incontrano nel loro lavoro, in modo da facilitare il coordinamento dei loro incarichi per l'evangelizzazione delle culture, e assicurare la cooperazione delle istituzioni culturali della Santa Sede.


3. Dialogare con le Conferenze Episcopali, anche allo scopo di fare beneficiare tutta la Chiesa delle ricerche, iniziative, realizzazioni e creazioni che permettono alle Chiese locali un'attiva presenza nel proprio ambiente culturale.


4. Collaborare con le Organizzazioni Internazionali cattoliche, universitarie, storiche, filosofiche, teologiche, scientifiche, artistiche, intellettuali e promuovere la reciproca cooperazione.


5. Seguire, sotto il profilo che ad esso è proprio, e salve sempre le specifiche competenze di altri Organismi della Curia in materia, l'azione degli organismi internazionali, a cominciare dall'UNESCO e dal Consiglio di cooperazione culturale del Consiglio d'Europa, che s'interessano alla cultura, alla filosofia delle scienze, alle scienze dell'uomo, e assicurare l'efficiente partecipazione della Santa Sede ai Congressi internazionali che si occupano di scienza, di cultura e di educazione.


6. Seguire la politica e l'azione culturale dei diversi governi del mondo, legittimamente preoccupati di dare piena dimensione umana alla promozione del bene comune degli uomini dei quali hanno la responsabilità.


7. Facilitare il dialogo Chiesa-culture a livello di Università e di Centri di ricerca, di organizzazioni di artisti e di specialisti, di ricercatori e di studiosi, e promuovere incontri significativi mediante questi mondi culturali.


8. Accogliere a Roma i rappresentanti della cultura interessati a conoscere meglio l'azione della Chiesa in questo campo e a far beneficiare la Santa Sede della loro ricca esperienza, offrendo loro a Roma un luogo di riunione e di dialogo.

Messi gradualmente in opera, sotto la sua alta direzione e secondo le possibilità, ma con lucido e costante impegno, questi grandi orientamenti saranno certamente una testimonianza e un impulso.

E' con grande fiducia e con viva speranza, signor Cardinale, che le affido un così importante incarico, mentre di cuore invoco su questa iniziativa, oggi tanto opportuna e necessaria, l'abbondanza dell'aiuto divino.

Con la mia particolare benedizione apostolica.

Dato a Roma, presso la Basilica di san Pietro, nella festa dell'Ascensione di nostro Signore, il 20 maggio 1982, anno quarto del mio pontificato.




1982-05-20 Data estesa: Giovedi 20 Maggio 1982




Ai Vescovi del Madagascar in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Lo spirito di comunione che anima il vostro impegno travalichi i confini della comunità cattolica

Testo:

Cari fratelli nell'Episcopato.


1. Lasciate che vi esprima la gioia profonda che sento nel ricevervi tutti insieme attorno al vostro caro Presidente, il Cardinale Razafimahatratra, nel corso del pellegrinaggio che compite alle tombe degli apostoli Pietro e Paolo. Conosco l'importanza che riveste, per voi stessi e per il cuore di tutti i cristiani malgasci che sono uniti a voi nel pensiero in questa circostanza, la comunione con coloro che consideriamo, a giusto titolo, come nostri padri nella fede. Essa ci permette di riconoscerci fratelli negli stretti legami della famiglia cristiana nel mondo e, per una disposizione misteriosa del Signore Gesù, io ne sono il primo servitore.

Le conversazioni molto chiarificatrici che ho avuto con ciascuno di voi, insieme ai vostri rapporti scritti molto precisi, mi hanno reso familiare con i grandi problemi umani e spirituali che affliggono oggi le popolazioni del Madagascar, e anche con le energie che voi dispiegate nella situazione presente.

Qui ricordo solamente alcuni di questi problemi, ma sappiate che rimangono tutti ben presenti nel mio pensiero e nella mia preghiera.


2. Desidero sottolineare in primo luogo la volontà di coesione che vi anima nei lavori della vostra Conferenza Episcopale. Questo conferisce ai saggi orientamenti forniti, così come ai vostri interventi, una forza di persuasione che si percepisce al di fuori della comunità cattolica. Di fronte alle difficoltà che attraversa il vostro paese - come purtroppo tanti altri - e a proposito dei bisogni della Chiesa stessa, i cristiani possono così trovare un esempio e uno stimolo nel modo di lavorare dei loro Vescovi. Sacerdoti, religiosi, religiose e laici sono così invitati a superare le possibili tentazioni di particolarismi di ogni tipo, per unire tutte le loro energie e per lavorare insieme in uno spirito di servizio della maggioranza.


3. Il vostro primo impegno è di proseguire l'evangelizzazione ben iniziata presso di voi dallo zelo missionario, e portata avanti con coraggio dai fedeli e dai pastori originari di questo paese. Bisogna dunque annunciare senza sosta al popolo malgascio la Buona Novella dell'amore di Dio, aiutarlo a ben comprenderla e ad accoglierla affinché essa penetri veramente nel suo linguaggio, nella sua mentalità e nel suo modo concreto di vivere, personalmente, in famiglia, a scuola, nella società.

Perché questa evangelizzazione fosse reale e profonda, avete saputo voi stessi condividere le migliori aspirazioni dei vostri compatrioti alla libertà, alla verità, alla giustizia, al progresso sociale, alla condivisione fraterna, attraverso le vicissitudini della vostra storia. In maniera aperta e positiva, vi sforzate, con discernimento e tenacia di incoraggiare tutte le iniziative promettenti, per aiutare il popolo malgascio a risolvere i suoi problemi nella dignità e nella pace, con i mezzi di cui dispone; e se necessario, con chiarezza e fermezza, sapete rilevare le imperfezioni o le contraffazioni.

Vi sentite responsabili in tutti i campi dell'etica, per contribuire a formare dei cristiani che siano allo stesso tempo dei cittadini lavoratori, onesti, capaci di cooperare, con competenza e disinteresse, al bene comune del paese. Sapete che, per questo, bisogna accollarsi l'impegno di chiamare senza sosta i cuori alla conversione e di educarli pazientemente alla verità e alla carità.


4. D'altra parte, il progresso lascia ai margini una folla di poveri di ogni tipo, di persone che si sentono mal amate, o anche persino senza speranza. La Chiesa, come il Signore, deve annunciare la Buona Novella ai poveri: essa sente dunque come un particolare dovere di preoccuparsi di essi, d'attirare l'attenzione sulla loro sorte, di suscitare verso essi la solidarietà. Così facendo, voi siete, come avete promesso nel giorno della vostra ordinazione episcopale, i padri dei poveri e la voce di coloro che non possono farsi ascoltare.


5. I giovani, malgrado la scolarizzazione di cui beneficiano, in modo particolare soffrono di questo smarrimento umano e spirituale, e so che questa è una delle vostre più gravi preoccupazioni. Con voi penso alla gioventù delle campagne, pur industriosa e generosa, ma che risente in primo luogo il contraccolpo della crisi economica. Penso anche alla gioventù delle città, di frequente abbandonata a se stessa: perdendo le proprie radici nella società, essa si lascia prendere dalle illusioni di un conformismo influenzato da ciò che si potrebbe chiamare un "internazionalismo senza anima", alla fin fine molto riduttivo di quei valori autenticamente umani, e che crede di poter fare a meno di Dio, mentre la società malgascia, anche non cristiana, resta animata da una sensibilità spirituale. Tutti coloro che hanno a cuore il bene di questo paese non possono non considerare la posta in gioco della loro civilizzazione.


6. Occorre dire che è di capitale importanza per questi giovani incontrare dei pastori attenti, come siete voi, capaci di accogliere le loro aspirazioni, forse confuse, ma degne di rispetto, per farle prendere in considerazione da tutti i responsabili.

E soprattutto bisogna offrire a questi giovani una solida educazione che sia in grado di renderli forti per affrontare le sfide del mondo moderno. E' qui che si colloca, tra gli altri, l'apporto insostituibile delle scuole cattoliche.

Conosco la cura che avete di esse, malgrado serie difficoltà. A questo proposito sono felice di costatare che le autorità civili hanno saputo ascoltare le richieste provenienti da diverse istanze della società e accettare il dialogo che è sfociato nel 1979 nella promulgazione dello "Statuto dell'Insegnamento privato".

Auguro, come del resto è vostro grande desiderio e desiderio dei genitori, che questo statuto possa ormai trovare applicazione piena a tutti i livelli.

Nello stesso ordine di idee, è essenziale che gli alunni dell'insegnamento pubblico possano ricevere, in un clima di libertà e di rispetto, l'appoggio spirituale, la formazione umana e cristiana di cui essi hanno bisogno per divenire dei cristiani adulti e responsabili.


7. Nel vostro apostolato, voi siete affiancati dai sacerdoti, dai religiosi e dalle religiose, tanto più meritori in quanto devono far fronte ad un compito immenso. La Chiesa in Madagascar ha la possibilità di beneficiare di un buon numero di Congregazioni religiose, sia maschili che femminili. Sono sicuro che i loro membri hanno a cuore di lavorare nell'unità, salvo, se ce ne fosse bisogno, a rafforzare le istanze che permettono di favorire la loro collaborazione con l'episcopato. L'esempio della loro vita fraterna, tra di loro e con tutti i sacerdoti secolari, sarà, non c'è dubbio, un fattore determinante affinché sorgano in Madagascar numerose vocazioni sacerdotali e religiose, di cui tutta la comunità deve avere la preoccupazione prioritaria.


8. E' importante infatti che il Popolo di Dio, già riunito dai sacramenti, come del resto coloro che ancora non conoscono il nome di Cristo, possano contare sul ministero di sacerdoti numerosi, ragguardevoli per le loro qualità spirituali e umane. E' dunque indispensabile che il Vescovo stesso si preoccupi, come voi fate, del risveglio delle eventuali vocazioni, grazie ad un particolare servizio. La funzione di un tale servizio è quella di sensibilizzare coloro che, a gradi diversi, collaborano alla formazione dei giovani, affinché trasmettano senza timore l'invito del Signore: "Vieni e seguimi!". Perché è importante che le famiglie cristiane siano coscienti della grandezza della vocazione sacerdotale; e bisogna che nelle vostre scuole, l'immagine del sacerdote appaia per quello che essa è: il compimento di una missione che nobilita l'uomo mettendolo interamente al servizio di Dio e dei suoi fratelli. La ricchezza del sacerdozio cattolico si traduce sia nella vocazione del sacerdote religioso sia in quella del sacerdote secolare. L'uno e l'altro sono egualmente vostri collaboratori. Ma il sacerdote secolare, proprio per il suo collegamento permanente alla diocesi, è posto in legami di comunione specifici con voi. Deve mostrarsi pronto ad assumersi i compiti pastorali più diversi. Questo gli richiede una notevole capacità di adattamento apostolico, senza il sostegno molto personale che un religioso ha il diritto di attendersi dalla sua famiglia spirituale. così, nel medesimo tempo in cui si sottolinea la grandezza del ministero del sacerdote diocesano, bisogna assicurargli, come vi sforzate di fare, i mezzi di una formazione adeguata, non solamente nel corso degli studi, ma durante tutta la vita. Nella misura in cui questi sacerdoti sono formati con cura, spiritualmente e intellettualmente, si può sperare che il loro zelo sarà un fattore determinante per il risveglio delle vocazioni sacerdotali di cui il Madagascar ha il piu grande bisogno.

Attraverso voi, vorrei salutare e incoraggiare affettuosamente tutti i seminaristi malgasci: possa lo Spirito Santo, in questi tempi di preparazione alla Pentecoste, illuminarli, renderli forti e gioiosi per il servizio del Signore!


9. Un'altra fortuna della Chiesa malgascia, è il senso di responsabilità che distingue il suo laicato, tanto nelle città che nelle campagne. E' questa un'antica tradizione delle vostre comunità: risale ai tempi della persecuzione, segnata dall'azione di quella donna ammirevole che fu Vittoria Rasoamanarivo.

Questo laicato, da allora si è sviluppato, e assume numerosi compiti al servizio della missione della Chiesa. Conviene sottolineare, a questo proposito, il felice ruolo delle stutture che avete stabilito per assicurare con esso una stretta collaborazione, attraverso la quale vi apporta la ricchezza delle sue riflessioni e delle sue iniziative.

A questi uomini e a queste donne, impegnate nel servizio delle scuole, dei dispensari, delle opere caritative, delle parrocchie, dell'animazione di movimenti di giovani, o anche semplicemente padri e madri di famiglia, vogliate recare questa sicurezza: il Papa pensa a loro, li ringrazia della loro preghiera e si felicita con loro per la parte che si assumono con generosità, con la parola e la testimonianza, nella trasmissione della fede che essi stessi hanno ricevuto!


10. Offrite anche tutta la vostra attenzione alla questione dell'inculturazione.

Avete già intrapreso a questo proposito una riflessione, e vi siete proposti di approfondirla ulteriormente. Certo, si tratta di un'impresa delicata; è pero un compito esaltante che deve essere condotto a buon frutto, con discernimento e tenacia. E' infatti di capitale importanza per l'avvenire, che la fede cristiana - dopo essersi aperta la strada per comprendere l'anima malgascia - possa ugualmente trovare nella cultura del Madagascar dei mezzi di espressione che le siano propri, nel rispetto dell'integralità delle ricchezze del Vangelo e della Tradizione. Non si tratta di cedere alla tentazione del nuovo e del sensazionale, ma di mostrarsi attenti ai ritmi e agli accenti interiori di un popolo che ha fatto suoi la preghiera e i sentimenti cristiani, riconoscendo in esso la capacità di tradurli secondo la propria peculiarità e nell'armonia dell'unità cattolica. Bisogna che non ci sia frattura tra cultura e liturgia, così come non ci deve essere tra cultura e catechesi.

So quali sforzi sono già stati compiuti a proposito di quest'ultimo aspetto; simili sforzi devono essere continuati e sostenuti, con determinazione e chiaroveggenza, nei differenti campi della liturgia, della formazione dei seminaristi e degli operatori apostolici in generale. Ed è importante evidentemente che gli adattamenti necessari siano compiuti in stretta e permanente relazione con la Santa Sede.


11. Prima di separarci, permettete che sottolinei ancora questo: nelle circostanze cariche di significato che attraversa il vostro paese, la vostra voce si è levata - nella sola considerazione della vostra sollecitudine pastorale e delle responsabilità legate alla vostra missione di pastori e di dottori - per la difesa dei valori spirituali e sociali senza dei quali è gravemente compromessa la vita in società fondata sul rispetto della dignità della persona umana.

In quanto interpreti zelanti della nobile ricca tradizione malgascia - che privilegia l'intesa fraterna e la partecipazione di tutti all'edificazione della comunità - avete percepito, con serenità e coraggio, le difficoltà e i pericoli, e avete saggiamente indicato gli orientamenti e le soluzioni che permettono di pervenire ad una reale promozione di tutto l'uomo e di ciascun uomo.


12. A voi, Pastori della Chiesa del Madagascar, vanno i miei incoraggiamenti calorosi. Continuate su questa strada, forti nella fede, trovando solidità nella tradizione della Chiesa di Cristo e nel suo Magistero, e aiutati dalle forze vive della vostra comunità cattolica, così generosa.

Attraverso le vostre persone, voglio salutare tutta la Chiesa del Madagascar, con un particolare pensiero verso coloro che soffrono. Desidero ancora ricordare con voi tutti i fratelli cristiani della Grande Isola, con i quali voi collaborate amichevolmente in molti campi, nell'attesa della piena comunione.

A ciascuno di voi, i miei auguri di pace e la mia affettuosa benedizione apostolica.




1982-05-21 Data estesa: Venerdi 21 Maggio 1982




A partecipanti ad un congresso scientifico - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La Chiesa ha bisogno della cultura come la cultura ha bisogno della Chiesa

Testo:


1. Vi saluto di cuore, partecipanti al LXIX Congresso Nazionale della Società Italiana di Otorinolaringologia e Chirurgia Cervico-Facciale, promosso dall'Università Cattolica del Sacro Cuore. Vi sono sinceramente grato dei sentimenti che vi animano e che vi hanno spinti a chiedere questo incontro.

So che nel corso dei lavori del Congresso, voi non solo vi soffermate ad analizzare e a valutare le attività della vostra Società, nel campo della didattica, della ricerca e dell'assistenza, ma soprattutto, scambiandovi reciprocamente le esperienze, intendete contribuire al progresso della scienza e potenziare nuovi filoni di sviluppo.


2. Vi esprimo l'apprezzamento e la stima della Chiesa, non solo in quanto voi siete rappresentanti della cultura e della scienza, ma anche in quanto operatori del vostro campo specifico di competenza.

Voi sapete quali rapporti legano la Chiesa al mondo della cultura e della scienza. Nei secoli passati, essa ha dato vita a una serie di Centri di studi superiori sparsi nel mondo e divenuti poi celebri Università.

La Chiesa vuole essere vicina alla scienza e alla cultura per una ragione di fondo, che tocca nel vivo la sua stessa missione evangelica: il servizio da rendere all'uomo. Ho avuto già altre volte l'occasione di affermare, e intendo ripeterlo qui, ora, che la Chiesa ha bisogno della cultura, così come la cultura ha bisogno della Chiesa. Scienza e fede devono rimanere collegate per il raggiungimento dell'obiettivo primario, che è la promozione umana, condizione indispensabile per assicurare lo sviluppo dei popoli e della civiltà.

Sicché, come la Chiesa oggi non potrebbe rendere un servizio adeguato all'uomo, ignorando la scienza, così la scienza, se volesse ignorare la fede. La Chiesa staccata dalla scienza lascerebbe scoperti settori assai ampi e importanti dell'attività umana. La scienza senza la fede diventerebbe presto meno umanizzante.


3. Ed ecco che queste ragioni, valide sul piano generale, sembrano acquistare ulteriore concretezza considerando il vostro settore specifico di attività. La vostra specialità, che è una branca della Medicina, svolge un'importante funzione per la vita di relazione dell'individuo.

Ogni male fisico tocca la personalità umana. Ma quando è colpito l'organo dell'udito o della parola, la personalità umana, perché vulnerata nella sfera più sensibile e più alta dei suoi rapporti con il mondo esterno, si sente particolarmente ferita.

Certo la personalità umana nel suo vivo valore complessivo è una grandezza così alta da non essere sostanzialmente condizionata dall'esercizio delle sensazioni. La storia di tutti i tempi ci presenta numerosi esempi di uomini divenuti eccellenti, di statura morale e intellettuale fuori del comune, malgrado l'insufficienza di organi fisici. E proprio l'arte dei suoni annovera, nell'elenco dei massimi compositori, un musicista privo dell'udito. Linguaggio e suoni, tuttavia, appunto perché strumenti di relazione, arricchiscono non poco la vita umana e ne rendono più facile lo sviluppo.

Per tal ragione, il vostro lavoro, indirizzato a ristabilire la funzione dell'udito e della voce, rende alla persona umana un servizio quanto mai prezioso.


4. Ma se ora, dalle considerazioni a carattere più generale della funzione della scienza e da quelle più specifiche relative al vostro campo di lavoro, diamo uno sguardo ad alcune considerazioni di fede, in particolare ad alcuni riferimenti biblici, la vostra attività appare in una luce più suggestiva e inserita in una missione più grande.

Il Dio della Bibbia è per eccellenza un Dio che parla e ascolta, a differenza degli idoli, che "hanno bocca e non parlano,... hanno orecchi e non odono" (Ps 113B [115],5.6).

Voce e udito sono ben dati dal Creatore perché l'uomo, fatto simile a lui, più facilmente possa sviluppare la sua relazione con Dio fino all'amore dell'amicizia e della filiazione. Dio ha dato all'uomo una bocca per cantare la sua lode (cfr. Is 50,4). La mistica sposa del Cantico dei Cantici riconosce subito, quasi trasalendo, il suo sposo al suono della voce (Ct 2,8).

"Ascoltare la parola del Signore" è un programma ed un dovere fondamentale dell'uomo biblico (cfr. Os 4,1 Am 7,16). Ma questo è anche frutto della grazia divina: "Daro loro un cuore e orecchi che ascoltano" (Ba 2,31).

Come ogni singolo uomo, così le folle nel loro insieme si pongono coralmente davanti al Signore. "La folla gli faceva ressa intorno per ascoltarlo" (Lc 5,2), realizzando la beatitudine promessa già al tempo dell'antico saggio: "Beato l'uomo che mi ascolta" (Pr 8,34) e per cantare la lode del Signore: "La folla dei discepoli comincio a lodare il Signore a grande voce" (Lc 19,37).

Gesù, che è la Parola di Dio venuto sulla terra per parlare agli uomini con le loro stesse parole, ripristina amorevolmente la voce e l'udito quando incontra chi ne è privo: "Pieni di stupore dicevano: Ha fatto bene ogni cosa; fa udire i sordi e fa parlare i muti" (Mc 7,37).


5. Di fronte all'insegnamento biblico, specie davanti alle ultime parole tratte dal Vangelo di Marco, la vostra professione si eleva al compito di missione. Chi ha fede è spinto a considerarla non solo in funzione di promozione esclusivamente umana, ma anche di collaborazione con Dio.

Con questi sentimenti e con questo augurio, vi assicuro del mio ricordo nella preghiera, mentre imparto a ciascuno di voi, alle vostre famiglie e alle persone da voi assistite la mia benedizione.




1982-05-21 Data estesa: Venerdi 21 Maggio 1982





GPII 1982 Insegnamenti - La Messa dell'Ascensione celebrata nella grotta della beata Vergine di Lourdes - Città del Vaticano (Roma)