GPII 1982 Insegnamenti - Lettera a Vescovi austriaci - Austria

Lettera a Vescovi austriaci - Austria

Titolo: In occasione delle celebrazioni per i 1500 anni dalla morte di san Severino abate del Norico

Testo:

Ai Venerabili Fratelli Franz Cardinale Konig, Arcivescovo di Vienna Franz Zak, Vescovo di Sankt Polten Anton Hofmann, Vescovo di Passau Maximilian Aichern, Vescovo di Linz Come "Lucerna Ardens" e rilucente, in quell'epoca oscura, durante la quale l'impero dei Romani cominciava a vacillare per l'irruzione dei Germani e di altre popolazioni nel suo territorio, ed avveniva il passaggio dalla antichità al cosiddetto Medioevo, rifulse nel Norico San Severino, dalla cui morte sono trascorsi quindici secoli. Con ragione dunque viene celebrato questo ricordo nelle vostre diocesi, che furono come i teatri delle virtù e delle opere, per le quali egli divenne famoso.

Severino, "uomo del tutto latino", come dice Eugippio, suo discepolo e seguace, il quale scrisse la vita di così grande maestro, dall'Oriente, dove si era ritirato, per provvido disegno di Dio nel secolo V giunse, attraverso la Pannonia, nel Norico Ripense (= vicino alle rive del Danubio), cioè in quella regione che si estendeva pressappoco dal Danubio fino ai monti Taurisci, dalle vicinanze della città di Vienna fino al fiume Inn. In questa parte dell'Impero Romano non solo si erano affermati la lingua e i costumi latini, ma si era abbastanza consolidata la religione cristiana.

"Vivendo secondo la dottrina evangelica ed apostolica" fu monaco, non sacerdote, a quanto pare, ed ebbe gran desiderio di vita contemplativa, per attendere in essa soltanto a Dio. Vedendo pero i bisogni degli abitanti, coinvolti in tante calamità, spesso si allontano dalla "quiete della celletta" per non privare della sua presenza quelle popolazioni tormentate a "stare tra le numerose moltitudini di oppressi".

Quest'uomo, dunque, unitissimo a Dio e assai noto per il servizio dei fratelli, visse circa vent'anni in quella zona di confine, "fatto tutto a tutti": i quali a Flaviano - località dell'Austria ora chiamata "Mautern" - lo piansero morto nell'anno 482; ma con gli insegnamenti della sua vita egli parla pure agli uomini che ora vivono tra incertezze ed avversità.

San Severino insegna anzitutto l'importanza fondamentale della preghiera e dell'intimità spirituale, poiché "con la orazione continua stette più vicino a Dio". Bisogna che questo "primato della preghiera" sia più profondamente inculcato ai tempi nostri, nei quali gli animi, fra tante tensioni a assalti delle cose materiali, sono distolti dalle cose principali e durature. In realtà, se non si ricorre all'Assoluto, tutto il resto viene privato di senso, forza, efficacia. In modo particolare questo seguace di Cristo nella via stretta, più vivamente ammonisce quelli che si sono legati a Dio con la promessa solenne dei voti ed altri vincoli sacri, perché "seguano le orme dei beati Padri, dalle quali si acquista la disposizione alla santità della vita", cerchino cioè lo spirito originario della propria famiglia religiosa e lo pratichino in questa età; inoltre "fuggendo le attrattive del mondo preferiscano Cristo a tutti gli affetti e accordino i costumi con il proposito assunto": cose, queste, per le quali è necessario quel modo di vivere ascetico, nel quale egli si esercito continuamente.

Oltre alla cura esplicata assiduamente per le anime - per tale motivo era solito fondare in diversi luoghi piccoli monasteri, come a Flaviano e a Batavi (ora chiamato Passau), Boiotro (ora si chiama Innstadt), e spesso richiestone, visito comunità di fedeli e le confermo nella santa religione - Severino si dedico tutto a sollevare le miserie corporali, come quei tempi avversi esigevano. Con un aiuto veramente cristiano, che abbracciava tutti, si diede cura degli infermi, alcuni dei quali risano miracolosamente, come si racconta. Essendo gli abitanti oppressi dalla fame, egli provvide loro alimenti in abbondanza, fino al punto che, come dice Eugippio, "quasi tutti i poveri, nelle città e nei villaggi, erano nutriti dalla sua operosità"; provvide anche abbondanza di vestiti.

Severino attese a quest'opera di soccorso non in maniera disordinata, ma metodica, distribuendo le decime dei prodotti della terra, offerte da moltissimi "perché ne fossero sostentati i poveri", e importando aiuti dal Norico mediterraneo, dove lo stato delle cose era più prospero. Gli stette anche sommamente a cuore la sorte dei prigionieri, che riscatto o con denaro o trattando a voce.

San Severino sembra esortare all'esercizio di queste opere di carità e misericordia, con le quali si offre una "chiarissima testimonianza di vita cristiana". Si deve tuttavia considerare che il sentimento naturale della compassione, anche se lodevole, non basta in questo campo dell'apostolato, ma bisogna guardare più in alto e vedere Cristo stesso nei fratelli sofferenti.

Un'altra cosa, infine, dobbiamo ammirare in quest'uomo di Dio: egli fu infatti un autorevole assertore e difensore dei diritti dell'uomo. E' sufficiente addurre alcuni esempi: per riguardo a lui avvenne che i cattolici non venissero ribattezzati secondo le prescrizioni dell'eresia ariana; indusse il re degli Alamanni ad astenersi dal devastare la regione soggetta ai Romani; si oppose al capo dei Rugi, che avrebbe voluto condurre via "i superstiti di tutte le città" che erano scampati dalle spade nemiche, dicendo: "Vengo come ambasciatore di Cristo a chiedere misericordia per i sudditi".

Queste cose non riguardano forse anche i tempi nostri, nei quali devono essere sostenuti e difesi i medesimi diritti? Diciamo, la libertà di confessione religiosa, con cui "non si chiede un privilegio, ma soltanto il rispetto di un diritto primario"; la dignità dei lavoratori, i quali sono soggetti del lavoro, non oggetti; i diritti della famiglia, di cui poco tempo fa abbiamo promulgato lo statuto, e cose simili a queste.

perciò, venerabili fratelli nostri, noi godiamo con voi, perché - per usare di nuovo le parole di Eugippio - "Dio si è degnato di donare una tale luce a queste regioni", un uomo, cioè, che con una vita consacrata a Dio e agli uomini ha raggiunto la gloria vera. Fiduciosi che il suo ricordo, opportunamente rinnovato quest'anno, si risolva in incremento della vita cristiana, con grande affetto impartiamo la Benedizione Apostolica a voi, ai vostri Vescovi Ausiliari, ai sacerdoti, ai religiosi e ai fedeli affidati alla vostra cura pastorale.

Dai Palazzi Vaticani, il 27 aprile, l'anno 1982, quarto del nostro pontificato.


GIOVANNI PAOLO PP. II [Traduzione dal latino]




1982-05-24 Data estesa: Lunedi 24 Maggio 1982




Il Santo Padre tiene il Concistoro

Testo:

Gratissima mi è la vostra presenza, dilettissimi Padri Cardinali di Santa Romana Chiesa che, insieme ad altri aiutanti, siete miei eccellenti cooperatori ed assistenti nel governo della Chiesa, e cordialmente vi saluto in questo Concistoro, che rappresenta un momento particolare per la Chiesa, la quale avanza in mezzo alle vicende delle cose temporali. E' infatti "un momento importante e solenne" - per usare le parole di Paolo VI, mio predecessore di veneranda memoria - nel quale viene a trovarsi il Pastore universale della Chiesa con coloro che sono i suoi principali consiglieri. Conosco veramente che i sentimenti degli animi vostri sono rivolti al solo bene della Chiesa, e di ciò vi ringrazio moltissimo.

Ora, fratelli dilettissimi, siete stati convocati per trattare tre argomenti, dei quali: il primo concerne la nomina del Camerlengo del Sacro Collegio dei Cardinali; il secondo riguarda quattro canonizzazioni, vale a dire dei Beati Massimiliano Kolbe, sacerdote professo dell'Ordine dei Frati Minori Conventuali; Crispino da Viterbo, laico professo dell'Ordine dei Frati Minori Cappuccini; Margherita Bourgeoys, fondatrice delle Suore di Nostra Signora, vergine; Giovanna Delanoue, fondatrice della Congregazione di Sant'Anna della Provvidenza, vergine; il terzo, infine, si riferisce alla postulazione dei pallii.

Mentre ci disponiamo, perciò, a preparare la solennità della Pentecoste, giorno in cui fu donato alla Chiesa lo Spirito Santo, noi preghiamo questo insistentemente di assisterci propizio e fare che il nostro lavoro risulti ad utilità della Chiesa e incremento della religione cattolica.

Volentieri ho ascoltato ciò che Pietro Palazzini, cardinale di Santa Romana Chiesa, ha egregiamente detto circa le cause proposte. L'importanza di questo argomento è tale da sembrare che si debba richiedere il vostro parere sulle medesime cause.

Come l'oggetto richiede, ho esaminato attentamente quanto è stato riferito per illustrare e provare le cause. Tuttavia, come or ora a mio nome è stato significato, l'importanza della cosa consiglia che io conosca il vostro parere, prima di pronunziare il mio giudizio definitivo.

Vi prego, perciò, che, mirando alla gloria di Dio e all'utilità delle anime, diate il vostro voto sulle singole cause.

Sono davvero lieto che all'unanimità si chiede di decretare per questi Beati gli onori dei santi. Pertanto credo che non si debba prescindere dai giudizi dei periti e dei membri della Congregazione per le cause dei santi, in quanto sono confermati da prove importanti.

Ritengo dunque che questi Beati siano degni di essere ascritti nel catalogo dei Santi. Cosa che faro quest'anno, con l'aiuto di Dio, in rito solenne, nella Basilica Vaticana o nella piazza antistante. Nominatamente concedero questo: al Beato Massimiliano Kolbe il 10 del mese di ottobre; alle Beate Margherita Bourgeoys e Giovanna Delanoue il 31 dello stesso mese.

Infine chiedo a voi tutti di alzare fervide preghiere a Dio, affinché quanto è stato ora stabilito torni felicemente a bene della Chiesa e ad incremento della vita cristiana.


[Traduzione dal latino]




1982-05-24 Data estesa: Lunedi 24 Maggio 1982




Ai partecipanti ad una riunione del comitato del CCIC - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il dialogo della Chiesa con le culture è vitale per la Chiesa stessa e per l'uomo

Testo:

Signor Presidente, signor Segretario Generale, Signore e Signori.


1. Saluto cordialmente tutti i partecipanti della decima Assemblea Generale del Comitato di sostegno e di promozione del Centro Cattolico Internazionale per l'UNESCO (CCIC).

La vostra visita mi fa ricordare l'incontro che ho già avuto la gioia d'avere con alcuni di voi, rappresentanti di questo Centro e delle Organizzazioni Internazionali Cattoliche riuniti attorno al caro signor Larnaud, nella cappella delle Clarisse a Parigi, poco prima di andare alla sede dell'UNESCO. E ora, siete voi che avete voluto venire a Roma, al centro della Chiesa, per studiare i differenti aspetti del tema della cultura, a partire dal discorso che ho pronunciato all'UNESCO, il 2 giugno 1980, in armonia con il programma della sessione del Consiglio esecutivo di questa organizzazione. Molto sensibile alla scelta che avete fatto, apprezzo vivamente questa iniziativa e mi felicito con voi.


2. In effetti, la riflessione sulla cultura e i suoi rapporti con la vita del mondo e con la missione della Chiesa deve essere perseguita e approfondita in molti modi. I quattro aspetti che avete scelto per l'assemblea di quest'anno mi sembrano altamente significativi: cultura e sviluppo, specificità e universalità della cultura, cultura e comunicazione, religioni e culture. Non posso oggi entrare nel vivo di questo appassionante ed importante tema, ma spero che, con l'aiuto dei partecipanti venuti da diversi continenti, abbiate potuto ampliare la vostra esperienza e cogliere i problemi in maniera più precisa, far emergere così dei punti essenziali che nutriranno le vostre convinzioni e guideranno la vostra azione, nei differenti settori e ambienti in cui lavorate.


3. L'interesse della Santa Sede - e del Papa personalmente - per queste questioni è tale che è stato appena fondato un nuovo organismo nella Curia, in data 20 maggio: il "Consiglio pontificio per la cultura". Nella linea di ciò che il Concilio Vaticano II ha espresso a questo proposito nella sua costituzione "Gaundium et spes", sono ben convinto che il dialogo della Chiesa con le culture sia un campo vitale per la Chiesa stessa come per l'uomo. Il legame tra il Vangelo e l'uomo è creatore di cultura. E se la cultura è ciò per cui l'uomo diventa più uomo, è il destino stesso dell'uomo che è in gioco. La sintesi tra cultura e fede è un'esigenza non solamente della cultura ma anche della fede. Negli scopi che ho assegnato al nuovo organismo - che comprenderà del resto, un consiglio internazionale di rappresentanti qualificati della cultura cattolica -, ho indicato tra gli altri: testimoniare il profondo interesse della Santa Sede e della sua missione specifica concernenti il progresso della cultura, il dialogo tra le culture e l'incontro cultura-Vangelo; coordinare il lavoro di evangelizzazione delle culture; collaborare con le Organizzazioni Internazionali Cattoliche; seguire le azioni degli organismi internazionali che si interessano della cultura, a partire dall'UNESCO.

Questo sta a significare quanto i vostri studi e l'azione del vostro Centro sono più che mai al cuore delle preoccupazioni della Santa Sede.


4. La Chiesa e l'UNESCO contribuiscono, ciascuno per la propria parte, con i propri mezzi e secondo propri obiettivi particolari, a promuovere la cultura e particolarmente l'educazione, e attraverso questo, servire l'uomo che è, in un senso, "il fatto primordiale della cultura". La mia visita alla sede dell'UNESCO, che mi aveva invitato, ha potuto dare una testimonianza dei fruttuosi rapporti del dialogo e della cooperazione che si intensificano tra questa Organizzazione e la Santa Sede. L'Osservatore permanente di questa ne è il simbolo. Ed è li anche che il vostro Centro cattolico internazionale per l'UNESCO gioca un ruolo di capitale importanza, sostenuto da dieci anni a questa parte dall'Associazione che si riunisce oggi. Avete infatti compiuto dalla fondazione dell'UNESCO un lavoro notevole al quale sono felice di rendere omaggio: non solamente osservate e sintetizzate i molteplici aspetti delle iniziative e delle attività di questa organizzazione mondiale - penso per esempio alla vostra rivista "Le mois à l'Unesco" -, ma suscitate anche una riflessione su queste imprese e sul dialogo delle culture al quale assistete, e questo in una prospettiva antropologica coerente con la fede. Perché i cristiani in questo campo hanno una testimonianza da portare. E facendo questo, rendete un apprezzabile servizio alle Organizzazioni Internazionali Cattoliche che hanno uno statuto consultativo presso l'UNESCO.

Assicurate, nei due sensi, una mediazione fruttuosa, un intermediario per l'informazione, la riflessione e l'azione dei cattolici.


5. Precisamente, ne approfitto per sottolineare anche il ruolo delle "Organizzazioni Internazionali Cattoliche" che, in virtù dell'articolo 71 degli Statuti dell'ONU e dell'articolo 11,4 degli Statuti dell'UNESCO, sono ammessi, come Organizzazioni non governamentali, per apportare la loro opinione e cooperare così al lavoro multiforme dell'UNESCO.

Questo fa parte della testimonianza e dell'azione dei cristiani. di cui il Concilio Vaticano II ha fortemente sottolineato l'importanza, in tutti i campi dell'attività umana. Non ho bisogno di insistervi con voi che l'avete così ben compreso. Ma quando ogni cristiano o ogni gruppo particolare di cristiani - famiglia, associazioni diverse - assume questa responsabilità di agire nelle cose temporali in conformità con la fede e l'amore secondo il Vangelo per migliorare le mentalità e le strutture, le Organizzazioni Internazionali Cattoliche hanno grandi possibilità e portano una testimonianza collettiva legata alla Chiesa universale.

Questo dice l'importanza del loro apostolato e delle sue esigenze. Per esse, come per il CCIC, la collaborazione con l'UNESCO richiede competenza, apertura, lealtà; una cooperazione attiva, congiunta a un discernimento critico e al rifiuto di tutte le discriminazioni ingiuste. Essa suppone soprattutto che i membri di questo laicato, solidamente radicati nella fede, offrano la loro testimonianza in conformità profonda con il Vangelo, con tutto l'insegnamento della Chiesa, con gli orientamenti che essa ha precisato. Voglio vedere nella vostra presenza in questo luogo e nella vostra visita al successore di Pietro il segno che voi desiderate questa unità.


6. Non dimentico, infine, che avete voluto, venendo qui, incontrare ugualmente i Superiori e le Superiore maggiori, o i loro rappresentanti, per parlare con loro della presenza dei cristiani, e in particolare degli Istituti religiosi, in seno alle Organizzazioni promotrici della cultura.

Felice di darvi questi incoraggiamenti, benedico di tutto cuore le vostre persone, le vostre famiglie e i vostri collaboratori, e, in questo tempo liturgico, imploro la luce dello Spirito Santo sui lavori che proseguite per la promozione dell'uomo e la diffusione della Chiesa.




1982-05-24 Data estesa: Lunedi 24 Maggio 1982




Messaggio televisivo

Titolo: Messaggio al congresso della società "Kolping"

Testo:

Cara comunità "Kolping", Cari fratelli e sorelle! Saluto cordialmente voi tutti che partecipate al congresso internazionale di Innsbruck, da voi posto sotto il motto: "Insieme con Kolping costruire ponti".

I ponti uniscono ciò che è diviso; superano abissi e vallate. I ponti rendono possibile di oltrepassare i fossati: i fossati tra Dio e l'uomo, i fossati tra uomo e uomo. Il mondo diviso di oggi invoca in molti modi i costruttori di ponti.

Il fondatore della vostra opera ha eretto tali ponti. In un'epoca in cui le inquietudini rendevano insicura la vita sociale e religiosa, egli getto dei ponti, per mezzo dei quali gli uomini potessero trovare Dio. Contro gli sconvolgimenti nell'economia e nella politica, progetto ponti per l'unione tra la chiesa e la società; ponti tra i diversi strati sociali; ponti della comprensione tra popoli e razze. In tal modo egli realizzo quello che il Concilio Vaticano II ha descritto come compito e autocomprensione della chiesa, che è chiamata "segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano" (LG 1).

Adolf Kolping ha trovato nella chiesa la sua fede profonda e nello stesso tempo aperta verso il mondo: senza riserve confidava nella provvidenza divina; ogni persona e ogni cosa sapeva metter al sicuro nelle mani del Padre.

Dice egli stesso: "Il braccio di Dio giunge molto più in là di quello che noi possiamo pensare". La chiesa era per lui anche il luogo dove la medesima fiducia in Dio deve essere donata agli altri. perciò il suo primo insegnamento per noi è il seguente: riconosci con amore Dio e sérvilo, perché è il Signore. Veramente un insegnamento di vita per ogni membro della comunità Kolping; veramente una parola d'ordine per chiunque, come apostolo laico, vuole mostrare agli altri la strada verso la felicità umana e verso la salvezza eterna.

Una simile unione con Dio non impedisce mai l'impegno per gli uomini.

Pertanto non fa meraviglia che il sacerdote Adolf Kolping sia diventato padre degli apprendisti e degli artigiani. In appena vent'anni di vita sacerdotale pose il fondamento spirituale e organizzativo di una comunità educativa e formativa, che oggi come Opera internazionale Kolping vuole essere presente per il bene degli uomini in tutti i continenti del mondo.

L'Opera Kolping, fin dalle sue origini storiche, è diffusa più fortemente nei prosperi paesi industrializzati del vecchio continente. Oggi questi paesi sono contrassegnati in modo particolare dall'angoscia per il futuro e dal materialismo pratico. E nessuno può ignorare che anche i cristiani sono stati contagiati da questa mentalità; molti cristiani si preoccupano anzitutto del proprio benessere, di ciò che possiedono e del divertimento. Siate consapevoli di questo pericolo! Con una tale mentalità egoistica e con la bramosia dell'avere l'uomo costruisce, come dice Adolf Kolping, "barricate attorno al suo cuore".

Non stancatevi dunque, cari figli di Kolping, di tener desto negli adolescenti la fiducia verso il Padre celeste e il senso dei valori spirituali.

Solo Dio è il Signore del futuro. Egli può toglierci la paura e per suo mezzo la nostra vita può acquistare una serena tranquillità. Invece di preoccuparvi eccessivamente di voi stessi, impegnate ulteriormente i vostri ricchi mezzi e la vostra fantasia per i vostri fratelli che sono in necessità, soprattutto per la formazione degli operai nei paesi in via di sviluppo. Già da tempo con questo prezioso contributo siete a fianco di quelli che combattono contro l'ingiustizia sociale nel mondo e lottano perché il divario tra i paesi più ricchi e quelli più poveri non diventi sempre più grande.

Vorrei inoltre incoraggiarvi a dare ulteriormente, nei vostri progetti e programmi, l'alto posto che le spetta all'autentica tradizione della vostra Opera al servizio della famiglia. Le esperienze di ciascuno di noi e le ricerche scientifiche dimostrano quanto benefici siano gli effetti dell'ambiente familiare sulla salute spirituale di un bambino e di un adolescente. Nessun'altra scuola è più adatta a trasmettere l'amore di Dio e del prossimo, come il vivo esempio dei genitori e dei parenti. perciò vorrei che vi stessero particolarmente a cuore le parole da me pronunciate nella mia lettera apostolica: dovete "prestare un amore speciale verso la famiglia. E' un compito concreto e vincolante" (FC 86).

Cari amici della famiglia Kolping, estesa in tutto il mondo, se pongo davanti ai vostri occhi questi traguardi, lo faccio anzitutto per confermarvi sul vostro cammino. Conosco l'alta stima che avete per il matrimonio e per la famiglia cristiana; i vostri sforzi per l'istruzione e la formazione permamente dei giovani, la vostra cura per i disoccupati. Mi è ben noto il molteplice aiuto della vostra associazione a favore delle persone che si trovano in necessità. Sono informato sullo straordinario impegno dell'Opera Kolping a livello internazionale nell'ambito degli aiuti per lo sviluppo delle persone e dei popoli del Terzo mondo. Mi rallegro soprattutto per la diffusione benefica dell'Opera Kolping in questi Paesi. Incoraggio cordialmente tutti quelli che, nello spirito del vostro fondatore, con pazienza e costanza si dedicano colà, spesso in difficili condizioni, alla qualificata formazione e alla promozione dei lavoratori e delle loro famiglie.

La mia sincera preghiera per voi è che possiate crescere a misura della profondità di fede e della forza di testimonianza del vostro fondatore. Sarete allora degli apostoli, come Cristo si aspetta: mediante il vostro essere e il vostro operare potrete conquistare sempre più numerosi membri della chiesa e persone di buona volontà, perché aderiscano agli ideali significativi e sempre attuali di Adolf Kolping. Per questo scenda su di voi, che vi siete riuniti a Innsbruck, sui membri della vostra associazione in tutto il mondo, come pure sulle vostre famiglie, la benedizione di Dio onnipotente: Padre, Figlio e Spirito Santo.


[Traduzione dal tedesco]




1982-05-24 Data estesa: Lunedi 24 Maggio 1982




In occasione della celebrazione del Katholikentag di Augusta

Titolo: Lettera al Vescovo di Augusta

Testo:

Al mio venerato fratello Mons. Josef Stimpfle, vescovo di Augusta (Augsburg) Con gioia ho appreso che nella domenica della novena di Pentecoste i fedeli della sua diocesi si sono radunati nella città di Augusta, sede vescovile, per far rivivere il messaggio spirituale, che un anno e mezzo fa ho potuto annunciare durante i giorni di grazia del mio viaggio pastorale attraverso il suo stimato Paese. Il buon seme, che Dio diffuse allora mediante la mia parola in tanti cuori così aperti, non deve "essere soffocato dalle spine" (Mt 13,7), come il Signore stesso ci ammonisce, ma deve portare frutto fino alla sua piena maturità. In una grande novena la sua intera diocesi, mediante molteplici iniziative a diversi livelli, nelle famiglie, nelle comunità parrocchiali e nelle associazioni ecclesiali, ha meditato su quell'annuncio di fede, che durante la mia visista aveva potuto mettere radici nei cuori di molte persone all'interno e all'esterno della chiesa visibile e che nel frattempo anche in altri luoghi ha conosciuto un qualche sviluppo e approfondimento.

"Io ho piantato", scrive san Paolo, "Apollo ha irrigato, ma è Dio che ha fatto crescere" (1Co 3,6). Uno pianta, un altro si prende cura; ma è sempre Dio che dà lo sviluppo. Voglia il Signore rendere fruttuoso con la sua benedizione anche il grande impegno, con cui il triduo di questo Katholikentag diocesano è stato preparato sotto il profilo spirituale e organizzativo! Il nostro Dio è un Dio che dà origine a sempre nuovi inizi. Nella mia visita vi augurai come frutto permamente che "la storia del cristianesimo nella vostra terra...dovesse ora incominciare di nuovo" (discorso di Giovanni Paolo II a Fulda, 18 novembre 1980). Nello stesso modo auguro anche in occasione di questo Katholikentag che avvenga un profondo rinnovamento, per così dire un "nuovo inizio" della storia del cristianesimo nella diocesi di Augusta; un nuovo inizio al quale invitano e incoraggiano gli esempi vincolanti di innumerevoli santi e alcuni significativi avvenimenti nel passato di questa diocesi: la fedeltà nella fede di santa Afra al tempo dell'impero romano; la cura pastorale di san Sintperto nell'epoca di Carlo Magno; il coraggio e la decisione di san Ulrico nella difesa della cristianità occidentale; la dottrina illuninata e la santità di Alberto Magno, l'appello esigente della Confessio Augustana, come pure la pace religiosa di Augusta, fino al grande studioso e pastore Giovanni Michele Sailer, della cui morte ricorre in questi giorni il 150° anniversario.

Lo Spirito creatore, che in tutti questi secoli, nonostante alcuni insuccessi, ha fatto fiorire tante magnifiche realtà, possa render capaci i figli e le figlie della sua diocesi, anche nella nostra generazione, "a far diventare Dio il contenuto della loro vita", come dice il motto che avete scelto, in modo che si realizzi una nuova fioritura del suo Regno in mezzo a voi. E' questo il mio intimo desiderio e la mia preghiera.

Di cuore saluto tutti i partecipanti a questo Katholikentag diocesano e a Lei, venerato signor Vescovo, ai Vescovi suoi confratelli, ai sacerdoti e ai diaconi, ai religiosi e religiose, ai collaboratori laici come pure a tutta la diocesi di Augusta, fiducioso nella materna intercessione di Maria, impartisco la benedizione di Dio onnipotente: Padre, Figlio e Spirito Santo. Amen.

Dal Vaticano, 10 maggio 1982.


GIOVANNI PAOLO PP. II [Traduzione dal tedesco]




1982-05-24 Data estesa: Lunedi 24 Maggio 1982




Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Lettera ai fedeli dell'Argentina

Testo:

Ai cari figli e figlie della nazione argentina,


1. Vi scrivo di mio pugno, perché sento il dovere di ripetere il gesto paterno dell'apostolo Paolo verso i suoi figli, assicurandoli nella fede (cfr. Col 4,18).

Vi scrivo questa lettera mosso da un sentimento di affetto e sollecitudine verso la Chiesa una ed universale, diffusa su tutta la terra, in tutte le nazioni ed i paesi. Vi scrivo perché giudico necessario un particolare chiarimento a voi che abitate nella terra argentina. Richiedono questo chiarimento i problemi sorti a causa del mio viaggio apostolico e pastorale in Inghilterra, Scozia e Galles nel periodo di Pentecoste del corrente anno.

Se in queste ultime settimane non si fossero verificati i tragici avvenimenti che hanno il loro fulcro nella regione meridionale dell'Oceano Atlantico e che sono in stretta relazione col conflitto tra Argentina e Gran Bretagna, questo viaggio non richiederebbe alcuna spiegazione, come nessuna spiegazione è stata necessaria per ogni altro viaggio che il Papa ha compiuto nei diversi Paesi e continenti. Purtroppo, date le dolorose circostanze attuali, debbo darvi questo chiarimento, sapendo che voi lo accettate come testimonianza leale di affetto, nel servizio evangelico al mondo.


2. Il viaggio del Papa alle Chiese di Inghilterra, Scozia e Galles è stato programmato due anni fa, e si sta preparando intensamente da circa un anno e mezzo tramite una serie di iniziative di tipo pastorale. L'attesa che queste iniziative hanno prodotto nella gente è tanta che non posso fare a meno di realizzare questa visita che viene a coronare secoli di fedeltà alla Chiesa ed al Papa da parte di quei cattolici. Inoltre, nonostante abbia tentato insistentemente di rimandare il viaggio, i Vescovi della Gran Bretagna si sono dichiarati unanimi nell'affermare l'assoluta impossibilità di tale cambiamento di programma, che a loro giudizio equivarrebbe praticamente ad una cancellazione.

La cancellazione del viaggio sarebbe una delusione non soltanto per i cattolici ma anche per moltissimi non cattolici che lo considerano singolarmente importante anche per il suo significato ecumenico, ed effettivamente lo è. Loro sanno infatti, che la visita del Papa ha un carattere strettamente pastorale e niente affatto politico.

Tale carattere strettamente pastorale ed ecumenico è così essenziale e prevalente che, date le circostanze, i rappresentanti del mondo governativo si sono spontaneamente ritirati da tutti i contatti già previsti e che normalmente hanno avuto luogo in altre circostanze durante visite simili.

Il programma prevede un incontro con gli alti rappresentanti della Comunione anglicana e con i rappresentanti delle altre Comunità cristiane separate dalla Chiesa cattolica.

E' anche prevista una visita alla regina Elisabetta che, come sappiamo, ha una specialissima posizione nella chiesa d'Inghilterra.


3. Nell'intraprendere questo viaggio - malgrado le difficoltà che si vanno accumulando e con il mio animo carico di dolore per le morti originate dal conflitto tra Argentina e Gran Bretagna - nutro la ferma speranza che si trovi presto, gradualmente, una soluzione onorevole tramite una pacifica negoziazione.

Per conto mio, sin dal principio mi sono sforzato, con ogni mezzo a me possibile, per favorire una soluzione che, mantenendo il carattere di una decizione giusta e concorde al senso dell'onore nazionale, sia capace di risparmiare ad ambo le parti, e forse anche ad altre società, spargimento di sangue e altri terribili effetti della guerra. Ho pregato tante volte per questa intenzione, in particolare durante il mio recente pellegrinaggio a Fatima ed in maniera specialissima durante la Messa concelebrata da me, il 22 del corrente mese, nella Basilica di San Pietro insieme ai Pastori della Chiesa di Argentina, dell'America Latina e quelli della Chiesa d'Inghilterra, Scozia e Galles. Rimangono ancora vive, con tutta la loro esigenza, le frasi che ho pronunciato in una circostanza così storica: "La pace è possibile, la pace è un dovere imperioso".

I giorni della mia permanenza nella Gran Bretagna saranno una incessante preghiera a favore della pace, elevata insieme al popolo di Dio che porta iscritte nel cuore le parole del Cristo: "Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio" (Mt 5,9).


4. Soprattutto durante quei giorni, il mio pensiero e il mio affetto saranno anche con voi, amati figli di Argentina. E' ben nota la mia predilezione per il vostro Paese e per tutta l'America Latina dove già ho fatto due visite che conservo vive nel mio cuore di pastore universale. Nei miei progetti c'è una terza visita per i primi mesi del prossimo anno. Profondamente preoccupato per la causa della pace e mosso dall'amore verso di voi, così provati in questo momento di dolore, desidererei potermi dirigere dall'Inghilterra direttamente verso l'Argentina e li, tra voi e con voi, cari fratelli e sorelle, elevare la stessa preghiera per la vittoria della giusta pace sopra la guerra. Nutro la speranza che possiate presto unirvi al Papa nel santuario della Madre di Dio a Lujan, consacrando le vostre famiglie e la vostra patria cattolica al cuore materno della Madre di Dio. Questo breve viaggio non comporterà la rinuncia ad una visita pastorale presso di voi, che si farà a tempo debito, con un programma appropriato e con la dovuta preparazione.


5. Chiedo specialmente a voi, venerabili Fratelli nell'Episcopato, di porre davanti alla vostra società il vero significato del viaggio apostolico del vescovo di Roma, soprattutto se tale significato fosse stato presentato sotto un falso aspetto per intaccare la credibilità del suo servizio universale. Allo stesso tempo, pur rispettando le giuste esigenze del patriottismo, siate portavoci di quell'unità che in Cristo e davanti a Dio, Creatore e Padre, abbraccia tutti i popoli e tutte le nazioni, al di sopra di ciò che distingue, divide o addirittura oppone reciprocamente.

La Chiesa, pur conservando l'amore verso ogni singola nazione, non può fare a meno di tutelare l'unità universale, la pace e la comprensione reciproca.

In questo modo, anche in mezzo alle tensioni politiche e alle calamità che comporta la guerra, la Chiesa non smette di testimoniare l'unità della grande famiglia umana e cerca le vie che rendono manifesta tale unità, al di sopra delle divisioni tragiche. Sono le vie che conducono alla giustizia, all' amore ed alla pace.

Come dimostrazione della mia affettuosa vicinanza vi impartisco, assicurandovi delle mie preghiere, una speciale benedizione apostolica.


Vaticano, 25 Maggio 1982.IOANNES PAULUS PP. II [Traduzione dallo spagnolo]Data 1982-05-26 Data estesa: Mercoledi 26 Maggio 1982





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