GPII 1982 Insegnamenti - Dichiarazione comune di Giovanni Paolo II e dell'Arcivescovo di Canterbury

Dichiarazione comune di Giovanni Paolo II e dell'Arcivescovo di Canterbury

Testo:


1. Nella Chiesa Cattedrale di Cristo a Canterbury il Papa e l'Arcivescovo di Canterbury si sono incontrati alla vigilia della Pentecoste per ringraziare Dio del progresso compiuto nell'opera di riconciliazione tra le nostre Comunioni.

Insieme ai rappresentanti delle altre Chiese e comunità cristiane abbiamo ascoltato la Parola di Dio; insieme abbiamo ricordato il nostro battesimo e rinnovato le promesse fatte allora; insieme abbiamo riconosciuto la testimonianza di coloro la cui fede li aveva portati fino al punto di rinunciare al prezioso dono della stessa vita al servizio di altri, in tempi antichi e moderni.


2. Il vincolo del nostro comune battesimo in Cristo ha portato i nostri predecessori a dare inizio ad un dialogo approfondito tra le nostre Chiese, un dialogo basato sui Vangeli e sulle antiche tradizioni comuni, un dialogo che ha per scopo l'unità per la quale Cristo così pregava rivolto a suo Padre: "Perché il mondo sappia che mi tu hai mandato / e li hai amati come hai amato me" (Jn 17,23).

Nel 1966 i nostri predecessori Papa Paolo VI e l'Arcivescovo Michael Ramsey fecero una Dichiarazione Comune nella quale annunciarono la loro intenzione di aprire un serio dialogo tra la Chiesa Cattolica Romana e la Comunione Anglicana che avrebbe compreso "non solo argomenti teologici come la Scrittura, la Tradizione e la Liturgia, ma anche argomenti di difficoltà pratica per ambedue le parti" ("Dichiarazione Comune", par. 6). Dopo che questo dialogo ha già prodotto tre rapporti sull'Eucaristia, il Ministero e l'Ordinazione, e sull'Autorità della Chiesa, in una Dichiarazione Comune del 1977 il Papa Paolo VI e l'Arcivescovo Donald Coggan ebbero occasione di incoraggiare un completamento del dialogo su questi tre importanti argomenti, affinché le conclusioni della Commissione fossero considerate dalle Autorità rispettive attraverso procedimenti adeguati ad ognuna delle Comunioni. La Commissione Internazionale Anglicana-Cattolica Romana ha ora completato il compito affidatole con la pubblicazione del suo Rapporto Finale, e poiché le nostre due Comunioni procedono nello studio necessario, ci uniamo anche noi con il ringraziare i membri della Commissione per la loro dedizione, istruzione ed integrità in un lavoro lungo ed impegnativo intrapreso per amore di Cristo e per l'unità della sua Chiesa.


3. Il completamento del lavoro di questa Commissione ci invita a considerare la prossima fase del nostro pellegrinaggio comune nella fede e nella speranza verso l'unità che tanto auspichiamo. Siamo d'accordo che è l'ora di formare una nuova Commissione Internazionale. Il suo compito sarà quello di continuare il lavoro già cominciato; di esaminare, specialmente alla luce delle nostre rispettive opinioni sul Rapporto Finale, le principali differenze dottrinali che ancora ci separano, in vista della loro eventuale risoluzione; di studiare tutto ciò che ostacola il reciproco riconoscimento dei ministeri delle nostre Comunioni; e di consigliare quali passi seguire quando, in base alla nostra unità nella fede, riusciremo a procedere verso il ritorno ad una comunione completa. Ci rendiamo perfettamente conto che il compito di questa nuova Commissione non sarà facile, ma ci incoraggia la fiducia che abbiamo nella grazia di Dio e i risultati del potere di questa grazia che abbiamo potuto notare nel movimento ecumenico del nostro tempo.


4. Mentre continua questa necessaria opera di chiarimento teologico, essa deve essere accompagnata dal lavoro zelante e dalla fervente preghiera dei Cattolici Romani e degli Anglicani di tutto il mondo, poiché essi desiderano crescere nella reciproca comprensione, nell'amore fraterno e nella comune testimonianza del Vangelo. Ancora una volta dunque ci rivolgiamo ai Vescovi, al clero e ai fedeli delle nostre due Comunioni in ogni paese, diocesi e parrocchia in cui i nostri fedeli vivono a fianco a fianco. Raccomandiamo a tutti di pregare per questa opera e di fare del loro meglio per ottenerne maggiori risultati con la loro collaborazione verso una crescente fedeltà a Cristo e testimonianza di lui al mondo intero. Soltanto con una tale collaborazione e preghiera potrà essere cancellato il ricordo delle passate inimicizie e potrà aver fine il nostro antagonismo.


5. Il nostro scopo non è solo limitato all'unificazione delle nostre due Comunioni, escludendo gli altri Cristiani, ma piuttosto si estende al compimento della volontà di Dio che consiste nella unità visibile di tutto il suo popolo. Nel presente dialogo, e in quelli che si svolgono tra altri Cristiani tra di loro e con noi, noi riconosciamo, negli accordi che potremo raggiungere e nelle difficoltà che incontreremo, una nuova sfida ad abbandonarci completamente alla verità del Vangelo. Siamo quindi felici di fare oggi questa Dichiarazione alla gradita presenza di tanti fratelli cristiani le cui Chiese e Comunità sono già unite a noi nella preghiera e nel lavoro per l'unità di tutti.


6. Insieme a loro desideriamo servire la causa della pace, della libertà e della dignità umana, affinché Dio sia glorificato da parte di tutte le sue creature.

Insieme a loro salutiamo nel nome di Dio tutti gli uomini di buona volontà, sia quelli che credono in lui, che quelli che ne sono ancora alla ricerca.


7. Questo luogo santo ci ricorda la visione del Papa Gregorio che mando sant'Agostino apostolo in Inghilterra, zelante nel predicare il Vangelo e nel far da pastore al suo gregge. Durante questa vigilia di Pentecoste, ci rivolgiamo di nuovo in preghiera a Gesù, il Buon Pastore, che aveva promesso di chiedere al Padre di mandarci un altro Avvocato che sarebbe con noi per sempre, lo Spirito della verità (cfr. Jn 14,16), affinché ci conduca verso la completa unità alla quale siamo stati chiamati. Fiduciosi nel potere di questo stesso Spirito Santo, ci impegnamo nuovamente a lavorare per l'unità con fede ferma, rinnovata speranza e amore sempre più profondo.




1982-05-29 Data estesa: Sabato 29 Maggio 1982




L'incontro con capi di Chiese cristiane - Canterbury (Gran Bretagna)

Titolo: La nostra comunione nello Spirito si trasformi in comunione concreta

Testo:

Miei cari fratelli in Gesù Cristo.


1. Questo incontro che il Signore ci ha concesso oggi è tra quelli che per me contano di più. Ed è associato al rito di preghiere e suppliche per il quale ci siamo appena riuniti nella Cattedrale di Canterbury, e testimonia dell'opera di riconciliazione nella quale siamo tutti impegati. "Tutto questo, pero, viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione" (2Co 5,18).

"Tutto questo viene da Dio".

E' la sua opera che cerchiamo di compiere, è il suo volere che tentiamo di adempiere. Grazie al Battesimo e alla fede che ci accomuna, abbiamo appena celebrato nella Cattedrale. Egli ha già stabilito fra noi una certa comunione, una comunione reale anche se limitata. E' certamente una Comunione spirituale. "In compagnia dello Spirito Santo" (2Co 13,13) celebreremo ancora una volta domani la sua venuta nella Chiesa.


2. Ma questa comunione dello Spirito non può rimanere come cosa astratta. Deve trovare espressione nelle nostre Chiese e comunità. Deve essere abbastanza visibile per testimoniare la nostra volontà di un'unione cristiana, in un mondo in cui la pace è in pericolo in molti luoghi. Per questa ragione è una gioia per me sentire da parte vostra la speranza che aumenti più profondamente l'unione dei cristiani in questo Paese. Un'unione nella quale tutti, per mezzo della grazia di Dio, siamo impegnati, e che tutti noi intendiamo incoraggiare, qualsiasi siano le difficoltà che dobbiamo affrontare.


3. Voi mi avete esposto francamente le vostre speranze e i vostri problemi. E' chiaro che in un incontro informale e breve come questo non è possibile discutere tutto. Ma la mia speranza e, sono certo, anche la vostra, è che l'incontro di stamattina non sia la fine di uno scambio proficuo, ma piuttosto un inizio. Sono lieto di constatare che fra non molto alcuni di voi si preparano per una visita a Roma, insieme ad alcuni rappresentanti della Conferenza Episcopale della Gran Bretagna, e avranno inoltre conversazioni con il "Promoting Christian Unity" e altri uffici della Curia Romana. In tal modo, a Dio piacendo, saremo in grado di continuare a costruire sulle basi che così felicemente abbiamo gettato oggi.



4. Ancora una volta vi ringrazio della cortesia dimostrata nel venire ad incontrarmi. Mi rendo conto che a questo scopo avete tralasciato un incontro importante organizzato dal British Council of Churches. Quando vi ritroverete, vi prego di assicurare tutti coloro che vi prendono parte che il Papa attende il giorno in cui, nell'adempimento della volontà di Cristo, noi tutti saremo uniti: uniti con lui, uniti con tutti. Dio garantisce che quel giorno non può essere rimandato a lungo. "Pace ai fratelli e carità e fede da parte di Dio Padre e del Signore Gesù Cristo. La grazia sia con tutti quelli che amano il Signore nostro Gesù Cristo, con amore incorruttibile" (Ep 6,23-24). Amen.


1982-05-29 Data estesa: Sabato 29 Maggio 1982




La Messa per il rinnovo delle promesse battesimali - Wembley (Gran Bretagna)

Titolo: L'essenza della vocazione cristiana consiste nell'essere luce e sale per il mondo

Testo:

Mei cari fratelli e sorelle in Cristo.


1. Dopo l'Ascensione gli Apostoli salirono al piano superiore dove Gesù aveva istituito l'Eucaristia e aveva detto che la legge dell'amore è il primo e il più completo dei suoi Comandamenti. E là essi si riunirono, "assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la Madre di Gesù e con i fratelli di lui" (Ac 1,14).

Stasera noi siamo riuniti qui in un'atmosfera ugualmente spirituale.

Alla vigilia di Pentecoste io celebro questa Messa con voi. Insieme rinnoveremo le nostre promesse battesimali come dono di noi stessi al Padre celeste uniti nell'offerta del sacrificio di Cristo nell'Eucaristia.

Riflettiamo insieme sulla Parola di Dio. Gli apostoli erano timorosi.

Essi pregavano. Anche noi preghiamo perché siamo pieni di paure e debolezze. "Noi gemiamo interiormente aspettando la redenzione del nostro corpo"; anche noi aspettiamo con perseveranza perché lo Spirito Santo venga ad aiutarci nella nostra debolezza (cfr. Rm 8,22-26).

Disgraziatamente non tutti i discepoli del Signore sono completamente uniti nella fede e nella carità. Questa è una delle ragioni della mia visita in Gran Bretagna e del mio pellegrinaggio odierno alla Cattedrale di Canterbury.

Ma sono venuto innanzi tutto per fare una visita pastorale alla Comunità Cattolica, per visitare la Chiesa d'Inghilterra e del Galles: per rinnovare il nostro comune amore ed entusiasmo per il Vangelo di Cristo. Per confermarvi nella fede e per dividere con voi le speranze, le ambascie e le ansietà.


2. Guardando questa grande assemblea mi sento pieno di rispetto per ognuno di voi.

Voi siete figli e figlie di Dio; egli vi ama. Io credo in voi, credo in tutta l'umanità, credo in un'unica dignità di ogni essere umano e credo che ogni individuo abbia un valore che non può mai essere ignorato, di cui non può essere privato.

So anche che spesso, troppo spesso, la dignità umana e i diritti umani non sono rispettati. L'uomo è istigato a combattere contro un altro uomo, una classe contro un'altra classe, in confltti inutili. Immigranti, genti di colore diverso e di diverse religioni e cultura sono oggetto di discriminazione e ostilità. Il cuore dell'uomo è inquieto e turbato. Conquista lo spazio ma è incerto per quanto lo riguarda. E' confuso circa la direzione in cui sta andando ed è tragico osservare che la nostra supremazia tecnologica sia più grande della nostra saggezza verso noi stessi. Tutto questo deve cambiare. "Quanto sono grandi, Signore, / le tue opere... Mandi il tuo Spirito, sono creati, / e rinnovi la faccia della terra" (Ps 103 [104],24.30). Sia questa la nostra supplica, che noi si sia rinnovati nel profondo del cuore per opera dello Spirito Santo.


3. Insieme rinnoveremo le promesse battesimali.

Dobbiamo respingere il peccato, la seduzione del male e Satana, il padre del peccato e principe delle tenebre. Dobbiamo professare la nostra fede in un solo Dio, nel Figlio suo nostro Salvatore Gesù Cristo e nell'avvento dello Spirito Santo, della vita eterna. E saremo responsabili di ciò che diciamo, legati ad un'alleanza con nostro Signore.


4. Fratelli e sorelle, prima di essere fedeli a questa alleanza dobbiamo essere un popolo di preghiera e profonda spiritualità. La nostra società ha bisogno di ritrovare il senso dell'amorevole presenza di Dio e un rinnovato senso di rispetto per la sua volontà. Impariamolo da Maria, nostra Madre. In Inghilterra, il "Dowry of Mary", la fedele, per secoli è stato meta di pellegrinaggi al suo Santuario di Walsingham. Oggi Walsingham è a Wembley e la statua di nostra Signora di Walsingham, qui presente, ci induce a meditare sulla nostra Madre. Essa obbedi senza timore al volere di Dio. Genero il Figlio di Dio per opera dello Spirito Santo. Fedele ai piedi della Croce essa attese in preghiera che lo Spirito Santo discendesse sulla Chiesa nascente. E' Maria che ci insegnerà a tacere ed ascoltare la voce del Signore nel mezzo di un mondo affaccendato e chiassoso. E' Maria che ci aiuterà a trovare il tempo per la preghiera. Per mezzo del Rosario, questa grande santa preghiera ci aiuterà a conoscere Cristo. Noi abbiamo bisogno di vivere come lei ha vissuto, in presenza di Dio, elevando verso Dio la mente e il cuore nelle nostre giornaliere attività e preoccupazioni.

Possano le vostre case diventare luoghi di preghiera per genitori e figli. Dio dovrebbe essere il cuore vivo della vostra vita familiare. Santificate la domenica, andate alla Messa domenicale. Alla Messa dove il Popolo di Dio si raduna unito intorno all'altare per venerare e intercedere. Alla Messa voi mettete in pratica il grande privilegio del Battesimo, lodare Dio in unione con Cristo suo Figlio. Lodare Dio in unione con la sua Chiesa.

E' inoltre molto importante che voi siate in armonia con i vostri Vescovi. Essi sono i successori degli Apostoli. Sono i custodi e i maestri della vera fede. Amateli e rispettateli e pregate per essi. Sono loro che hanno ricevuto il compito di condurvi a Cristo.

E voi, miei cari fratelli nel Ministero del sacerdozio, voi avete una responsabilità particolare: dovete costruire il Corpo di Cristo. Dovete incoraggiare i laici nella loro specifica vocazione nella società; dovete aiutarli a "identificarsi con Cristo". Dovete sostenerli nella loro vita cristiana e sfidarli ad una santità ancora piu grande. Offrite al vostro popolo i tesori della liturgia della Chiesa. Celebrate la Messa con competenza, riverenza e amore. Non stancatevi di predicare l'importanza di frequenti Comunioni. Incoraggiate la Confessione fatta regolarmente. E' un Sacramento che ha forza e importanza durature. Date impulso nelle parrocchie ad un'atmosfera e ad una consuetudine di fervida preghiera e di vita comunitaria.


5. Fratelli e sorelle, per essere fedeli all'alleanza con Dio non solo dobbiamo essere un popolo che prega, ma anche un popolo che esegue la volontà del Padre celeste. Ancora una volta è Maria che ci insegna. Obbedendo essa accetto interamente il progetto di Dio per la sua vita. E facendo questo consegui la sua grandezza. "E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore" (Lc 1,45).

Noi esprimiamo la nostra intera accettazione della parola di Cristo rispettando i dettami morali della vocazione cristiana. E l'adempimento di queste richieste è un atto di obbedienza affettuosa verso Gesù Cristo, il Verbo Incarnato di Dio. Se la nostra fede è forte, le leggi morali della vita cristiana - sebbene a volte siano difficili da adempire e richiedano sempre sforzi e disponibilità - non sembreranno né irragionevoli né impossibili.

Certo, la nostra fedeltà ci mette in contrasto con lo spirito dell'"era presente". Si, noi siamo nel mondo, come discepoli di Cristo siamo inviati nel mondo, ma non apparteniamo al mondo (cfr. Jn 17,16 Jn 17,18).

Il conflitto fra certi valori del mondo e i valori del Vangelo è una parte della vita della Chiesa che non si può ignorare, proprio come è un'inevitabile parte della vita di ciascuno di noi. Ed è qui che dobbiamo trovare quella "pazienza" di cui ci ha parlato san Paolo nella seconda lettura: "Noi gemiamo interiormente mentre aspettiamo la nostra salvezza con speranza e perseveranza" (cfr. Rm 8,23-25).


6. Ho spesso parlato del declino del rispetto per i fondamentali valori morali che sono parte essenziale della vita cristiana. Invero, i valori morali sono essenziali alla vita di ogni essere umano libero e responsabile, creato a immagine e somiglianza di Dio e destinato ad una vita più alta.

Il mondo ha perso largamente il rispetto per la vita umana fin dal momento della concezione. Non riesce a sostenere l'indissolubile unità del matrimonio. Manca il sostegno della stabilità e santità della vita familiare. C'è una crisi di verità e responsabilità nei rapporti umani. L'egoismo è imperante. La permissività sessuale e la droga distruggono le vite di milioni di esseri umani. I rapporti internazionali sono carichi di tensioni a causa di eccessiva disparità e ingiustizia nelle strutture economiche, sociali, culturali e della lentezza nel porvi i rimedi necessari. Spesso sotto tutto questo c'è un falso concetto dell'uomo e della sua vera dignità, e una sete di potere piuttosto che un desiderio di essere utili.

Come possiamo noi cristiani essere d'accordo con questo stato di cose? Possiamo mai chiamarlo questo progresso? Possiamo forse alzare le spalle e dire che non si può far niente per cambiare? Fratelli e sorelle, l'essenza della vocazione cristiana consiste nell'essere "luce" e "sale" per il mondo in cui viviamo. Non dobbiamo essere timorosi: "Lo Spirito Santo viene in aiuto alla nostra debolezza" (Rm 8,26).

Tenete in mente quella immagine di Maria e degli Apostoli durante la Pentecoste a Gerusalemme. Ricordate che lo stesso Spirito Santo che ha riempito le loro menti e i loro cuori riempie oggi la Chiesa intera e ci porta i doni più belli e più potenti: "Amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé" (Ga 5,22).

Accettiamo realmente le parole di Gesù: "Chi ha sete venga a me e beva" (Jn 7,37). Allora noi riceveremo il suo dono. "Fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno... Questo egli disse riferendosi allo Spirito Santo che avrebbero ricevuto i credenti in lui". E allora per opera dello Spirito Santo noi diventeremo un popolo che prega: lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi (cfr. Rm 8,26). E noi diventeremo un popolo santo.

Miei cari fratelli e sorelle in Cristo, siate consapevoli della vostra vocazione cristiana. Cristo vi ha chiamati dal buio verso la sua meravigliosa luce. Pensate che cosa ha fatto Dio per voi nel Battesimo e alzate gli occhi e guardate la gloria finale che vi attende.

"Benedici il Signore anima mia! / Signore mio Dio, quanto sei grande! / Quanto sono grandi, o Signore, le tue opere. / Mandi il tuo Spirito, sono creati, / e rinnovi la faccia della terra (Ps 103 [104],1.24.30). Amen.




1982-05-29 Data estesa: Sabato 29 Maggio 1982




Il messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale - La missione è grazia per ogni Chiesa e condizione di rinnovamento



Venerati fratelli e carissimi figli e figlie della Chiesa! All'avvicinarsi della prossima Giornata Missionaria Mondiale desidero, come ogni anno, rivolgere a voi tutti un mio personale messaggio, che giovi ad una comune riflessione sulla dimensione missionaria, che appartiene all'essenza stessa della Chiesa, Corpo Mistico di Cristo e Popolo di Dio, ed altresi sul conseguente impegno, che tutti ci coinvolge, perché il Vangelo di Gesù sia predicato ed accolto in tutto il mondo.

Quest anno il mio messaggio prende lo spunto da un evento particolarmente significativo: il 25° anniversario dell'Enciclica "Fidei Donum" del mio venerato predecessore Pio XII (Pio XII, Fidei Donum: AAS 49 [1957] 225-248). Con essa aveva inizio, nel campo della pastorale missionaria, una importante svolta, che ha ricevuto, poi, dal Concilio Vaticano II quelle direttrici, lungo le quali la Chiesa, cosciente della propria intrinseca natura e missione e sempre rivolta a studiare i segni dei tempi, continua oggi il suo cammino nell'intento di servire l'uomo e di condurlo alla salvezza dischiudendogli "le imperscrutabili ricchezze di Cristo" (Ep 3,8).

Tale importante Documento, pur concentrado la sua attenzione specifica sull'Africa, conteneva delle chiare direttive, valide per l'attività missionaria della Chiesa in tutti i Continenti della terra, ed il suo originale contributo è confluito, come è noto, specialmentenel Decreto Conciliare "Ad Gentes" e, ancor più recentemente, nelle "Notae directivae" "Postquam Apostoli" della Sacra Congregazione per il Clero.


1. I Vescovi, responsabili della evangelizzazione del mondo L'Enciclica "Fidei Donum" richiamava anzitutto solennementeil principio della corresponsabilità dei Vescovi, in forza della loro appartenenza al Collegio Episcopale, nella evangelizzazione del mondo.

Ad essi, infatti, quali successori degli Apostoli, Cristo ha affidato ed affida, prima che a chiunque altro, il mandato comune di proclamare e propagare la Buona Novella fino ai confini della terra. Essi, quindi, pur essendo pastori di singole parti del gregge, sono e debbono sentirsi solidamente responsabili, in unione con il Vicario di Cristo, del cammino e del dovere missionario della Chiesa intera; saranno pertanto vivamente solleciti verso "quelle parti delmondo dove la parola di Dio non è stata ancora annunciata o dove, a motivo dello scarso numero di sacerdoti, i fedeli sono in pericolodi allontanarsi dalla pratica della vita cristiana, anzi, di perdere la stessa fede" (CD 6).

Questo principio basilare fortemente approfondito e sviluppato dal Concilio (cfr. LG 23-24 AGD 38), desidero oggi sottolineare ancora una volta, sia per porne in evidenza l'attualità, sia per esortare tutti i miei venerati fratelli nell'Episcopato a prendere sempre più coscienza di questa loro altissima responsabilità, ricordando che essi "sono stati consacrati non soltanto per una diocesi, ma per la salvezza di tutto il mondo" (AGD 38).

Tale principio risulterà ancor più chiaro tenendo presenti le mutue e strette relazioni fra le Chiese particolari e la Chiesa universale. Se, infatti, in ogni Chiesa particolare, che ha nel suo Vescovo il cardine e il fondamento, "è presente ed agisce la Chiesa di Cristo, una, santa, cattolica, apostolica" (CD 11), ne consegue che essa, nel suo ambiente concreto, deve promuovere tutta l'attività che è comune alla Chiesa universale.

Ogni diocesi è perciò chiamata a prendere sempre più coscienza di questa dimensione universale, cioè a scoprirè o riscoprire la propria natura missionaria, allargando "gli spazi della carità fino ai confini della terra, dimostrando per quelli che sono lontani la stessa sollecitudine che ha per coloro che sono suoi membri" (AGD 37).

Pertanto ogni Vescovo, a capo e guida della Chiesa locale, dovrà impegnare in questo senso le sue energie, dovrà cioè adoperarsi il più possibile per imprimere un vigoroso impulso missionario alla sua diocesi: a lui spetta innanzitutto creare nei fedeli una mentalità cattolica nel senso pieno della parola, aperta alle necessità della Chiesa universale, sensibilizzando il popolo di Dio al dovere imprescindibile della cooperazione nelle sue varie forme; promuovere le opportune iniziative di sostegno e di aiuto spirituale e materiale alle missioni, potenziando le strutture già esistenti o realizzandone di nuove; favorire in modo specialissimo le vocazioni sacerdotali e religiose, aiutando contemporaneamente i presbiteri ad acquistare consapevolezza della dimensione tipicamente apostolica del ministero sacerdotale (cfr. AGD 38).


2. La carenza di apostoli, urgenza primaria della missione Forma concreta di cooperazione, cui i Vescovi potranno ricorrere per realizzare questa loro corresponsabilità nell'opera di evangelizzazione, è l'invio di sacerdoti diocesani in missione, poiché una delle urgenze più vive di molte Chiese è oggi proprio la preoccupante carenza di apostoli e di servitori del Vangelo.

E' questa la grande novità, cui la "Fidei Donum" ha legato il suo nome.

Una novità che ha fatto superare la dimensione territoriale del servizio presbiterale per destinarlo a tutta la Chiesa, come sottolinea il Concilio: "Il dono spirituale che i presbiteri hanno ricevuto nell'Ordinazione non li prepara ad una missione limitata e ristretta, bensi ad una vastissima e universale missione di salvezza "fino agli estremi confini della terra" (Ac 1,8), dato che qualunque ministero sacerdotale partecipa della stessa ampiezza universale della missione affidata da Cristo agli Apostoli" (PO 10).

Poiché uno degli ostacoli più gravi alla diffusione del messaggio di Cristo è proprio la carenza di "operai della vigna del Signore", vorrei cogliere questa occasione per esortare tutti i Vescovi, nella loro opera di ausilio e promozione delle opere di evangelizzazione, ad inviare generosamente propri sacerdoti in quelle regioni chene hanno urgente necessità, anche se la loro diocesi non sovrabbondi di clero. "Non si tratta - ricordava Pio XII citando San Paolo - di mettere voi in ristrettezza per sollevare gli altri, ma di dare uguaglianza (2Co 8,13). Le diocesi che soffrono la scarsezza del clero non rifiutino di ascoltare le istanze supplichevoli provenienti dalle missioni che chiedono aiuto. L'obolo della vedova secondo la parola del Signore sia l'esempio da seguire: se una diocesi povera soccorre un'altra povera non potrà seguire un suo maggior impoverimento poiché non si può mai vincere il Signore in generosità" (Pio XII, Fidei Donum: AAS 49 [1957] 244).

Ma, oltre ai sacerdoti, la "Fidei Donum" chiamava in causa direttamente anche i laici, la cui prestazione a fianco dei sacerdoti e religiosi in missione si presenta oggi più che mai preziosa ed indispensabile (cfr. AGD 41). Ciò ha creato i presupposti per l'esperienza di quel fenomeno tipico del nostro tempo, che vivamente desidero raccomandare, quale è il volontariato cristiano internazionale (cfr. Giovanni Paolo II, Allocutio, 31 gennaio 1981).


3. Sviluppo della coscienza missionaria nelle chiese locali L'introduzione di queste forme di cooperazione, nonché il forte richiamo al principio della corresponsabilità del Collegio Episcopale nella evangelizzazione del mondo, hanno avuto il merito indiscutibile di dare l'avvio al rinnovamento missionario della Chiesa, i cui presupposti appaiono già nella lungimirante affermazione di Pio XII secondo la quale "la vita della Chiesa nel suo aspetto visibile", anziché dispiegare di preferenza la sua forza - come in passato - "nei paesi della vecchia Europa donde si spandeva... verso quel che si poteva chiamare la periferia del mondo", si configura oramai, al giorno d'oggi, come "scambio di vita e di energia fra tutti i membri del Corpo Mistico" (Pio XII, Fidei Donum: AAS 49 [1957] 235).

Si è acquisita, anzitutto, sempre più profondamente l'idea base, poi ampiamente sviluppata ed affermata dal Concilio, del dovere imprescindibile per ogni Chiesa locale, di impegnarsi direttamente, secondo le proprie possibilità, nell'opera di evangelizzazione; e si è determinato, quindi, un innegabile approfondimento della coscienza missionaria delle Chiese particolari, essendo state queste sollecitate, a superare la mentalità e la prassi di "delega", che aveva in gran parte caratterizzato il loro atteggiamento verso il dovere missionario.

Si è così verificata per codeste Chiese una decisa spinta a divenire sempre più soggetti primari di missionarietà (cfr. AGD 20), responsabili in prima persona della missione (cfr. AGD 36-37), come ho potuto constatare personalmente nei miei viaggi in Africa, America Latina, Asia.

L'aver accentuato, inoltre, questo ruolo di "soggetto di missionarietà", ha spinto le Chiese particolari a porsi in rapporto alle Chiese sorelle sparse nel mondo in quella "comunione"-"cooperazione" che è "tanto necessaria per svolgere l'opera di evangelizzazione" (cfr. AGD 38), e che è una delle realtà più attuali della missione, in un interscambio di valori e di esperienze, che permette alle singole Chiese di beneficiare dei doni, che lo Spirito del Signore va disseminando dappertutto (cfr. AGD 20).

Nessuna chiusura, quindi, da parte delle Chiese particolari, nessun isolazionismo o ripiegamento egoistico nell'ambito esclusivo elimitato dei propri problemi; ché, altrimenti, lo slancio vitale perderebbe il suo vigore portando inevitabilmente ad un pernicioso impoverimento di tutta la vita spirituale (cfr. Paolo VI, EN 64).


4. La cooperazione missionaria reciproco scambio di energie ed esperienze Ecco allora delinearsi il concetto nuovo di cooperazione, non più intesa "a senso unico", quale aiuto fornito alle Chiese più giovani dalle Chiese di antica fondazione, bensi quale scambio reciproco e fecondo di energie e di beni, nell'ambito di una comunione fraterna di Chiese sorelle, in un superarnento del dualismo "Chiese ricche"-"Chiese povere", come se esistessero due categorie distinte: Chiese che "danno" e Chiese che "ricevono" solamente. In realtà esiste una vera reciprocità in quanto la povertà di una Chiesa, che riceve aiuto, rende più ricca la Chiesa, che si priva nel donare.

La missione diventa così non solo generoso aiuto di Chiese "ricche" a Chiese "povere", ma grazia per ogni Chiesa, condizione di rinnovamento, legge fondamentale di vita (cfr. AGD 37).

Bisogna comunque sottolineare che l'appello rivolto alle Chiese particolari per l'invio di sacerdoti e di laici, non ha voluto significare un superamento delle forme e forze tradizionali di cooperazione missionaria, che continuano a portare il peso maggiore della evangelizzazione. E' stata una novità, che non si è posta in sostituzione o in alternativa, ma in complementarietà, come ricchezza nuova, suscitata dallo Spirito, affiancatasi alle forze tradizionali.

Dopo venticinque anni di queste esperienze, che hanno raggiunto una notevole consistenza e solidità, si incominciano tuttavia ad avvertire alcuni segni di stanchezza, dovuti da una parte al calo delle vocazioni e dall'altra all'urgenza di far fronte alla crisi nella quale si dibattono molte comunità cristiane di antica tradizione. Di fronte al fenomeno della scristianizzazione, può nascere la tentazione di ripiegarsi su se stessi, di chiudersi nei propri problemi, di esaurire la spinta missionaria al proprio interno.

Occorre pertanto un vigoroso rilancio missionario, radicato nella ispirazione più profonda, che proviene alla Chiesa direttamente dal divino Maestro (cfr. Paolo VI, EN 50), dettato da una fiduciosa speranza e sostenuto dal comune impegno delle Chiese particolari e di tutti i cristiani,


5. Ruolo prioritario delle Pontificie Opere Missionarie Nella programmazione di questo vigoroso rilancio missionario, fattore indispensabile per la vita stessa e la crescita delle Chiese locali e di tutta la Chiesa, desidero infine raccomandare il ricorso a quello strumento insostituibile della cooperazione missionaria tanto vivamente raccomandato dai miei Predecessori, costituito dalle Pontifcie Opere Missionarie, cui sempre e dappertutto, come dichiara l'"Ad Gentes" (AGD 38), "deve essere riservato il primo posto" e che è quanto mai opportuno potenziare e sviluppare in tutte le diocesi.

La Giornata Missionaria Mondiale ci fa ricordare, in particolare, la Pontificia Opera della Propagazione della Fede, alla quale spetta il merito di aver proposto a Sua Santità il Papa Pio XI, nel 1926, la felice iniziativa di indire l'annuale Giornata in favore dell'attività missionaria della Chiesa, ed ha l'incarico di promuovere e di organizzare, col concorso delle altre Opere Pontificie e sotto la direzione dei rispettivi Vescovi, questa stessa Giornata.

Sia anche dato il debito impulso alla Unione Missionaria del Clero, cui spetta il compito precipuo di animare e sensibilizzare alle urgenze del problema missionario - attraverso la rete capillare dei sacerdoti, religiosi e religiose - tutte le fasce del popolo di Dio.

Da un giusto sviluppo di tale Associazione dipenderà in buona parte il grado di "missionarietà" della intera Chiesa locale e, in modo speciale, la sensibilità missionaria dei sacerdoti, cui l'Unione primariamente si dirige, sicché questi saranno naturalmente sospinti - in una presa di coscienza sempre più viva e profonda della apostolicità intrinseca al loro sacerdozio - a valicare non solo spiritualmente, ma anche materialmente, i confini della propria diocesi, per prestare il loro servizio anche nelle Chiese più lontane della terra, laddove più forti si levano invocazioni di aiuto.

A conclusione di questo messaggio, desidero esprimere tutta la mia riconoscenza a quanti - Vescovi, sacerdoti, religiosi, religiosee laici - sovente a prezzo di inimmaginabili fatiche e sacrifici, spendono le loro migliori energie, la loro vita, "in prima linea", ma anche "nelle retrovie", per propagare l'annuncio di salvezza fino ai confini del mondo, sicché il nome di Cristo Redentore sia da tutti conosciuto e glorificato.

A voi tutti, venerati fratelli e carissimi figli e figlie della Chiesa, imparto di cuore la mia paterna apostolica Benedizione, pegno di copiosi favori celesti e segno della mia costante benevolenza.

Dal Vaticano, il 30 Maggio, Solennità di Pentecoste, dell'anno 1982, quarto di pontificato.




1982-05-30 Data estesa: Domenica 30 Maggio 1982





GPII 1982 Insegnamenti - Dichiarazione comune di Giovanni Paolo II e dell'Arcivescovo di Canterbury