GPII 1982 Insegnamenti - Incontro con religiosi e religiose scozzesi - Murrayfield (Gran Bretagna)

Incontro con religiosi e religiose scozzesi - Murrayfield (Gran Bretagna)

Titolo: La credibilità della nostra testimonianza dipende dall'amore per il nostro sacerdozio

Testo:

Miei fratelli e sorelle in Cristo.


1. Poiché la Chiesa celebra il significativo canto di preghiera di Maria a Dio, il "Magnificat", sono molto felice di essere con voi in questa Cattedrale dedicata al suo nome. Ringrazio Dio per l'amore che portate a Cristo e per l'impegno verso la sua Chiesa.

Voi rappresentate tutti i sacerdoti e gli uomini religiosi di Scozia.

Siete i più vicini collaboratori dei Vescovi nel loro ministero pastorale. Siete presenti in ogni area della vita della comunità, sollecitando l'avvento del Regno di Dio con le vostre preghiere e il vostro lavoro. In voi sento il palpito dell'intera comunità ecclesiale. Nelle vostre vite leggo la storia della Chiesa in questa terra, storia di fede viva e amore intenso. Riconosco il contributo dato dai sacerdoti e dai religiosi di altre terre, specialmente dell'Irlanda, i quali hanno contribuito a rafforzare qui la comunità cattolica. La vostra presenza parla di speranza e vitalità per il futuro.

Durante le mie visite pastorali, i miei incontri con sacerdoti e religiosi sono momenti di particolare significato ecclesiale. E oggi, ancora una volta, posso adempiere al mio compito: confermarvi nella fede (cfr. Lc 22,31); e ricordarvi, con le parole di san Pietro, che voi siete stati rigenerati ad una speranza vivente, per una eredità che è imperitura (cfr. 1P 1,4).


2. Il mio saluto va in primo luogo ai sacerdoti, sia diocesani che religiosi, partecipi dell'unico sacerdozio di Cristo, sommo sacerdote, "costituito in favore degli uomini in ciò che riguarda Dio, affinché offra doni e sacrifici per i peccati" (He 5,1). La vostra presenza mi dà grande gioia e aiuto fraterno. In voi riconosco il buon pastore, il servo fedele, il seminatore che esce per spargere il buon seme, il lavoratore nella vigna, il pescatore che getta la sua rete. Voi siete gli amici intimi di Cristo: "Vi chiamo amici, non più servi, perché il servo non sa quel che fa il padrone" (Jn 15,15) Come sacerdoti dobbiamo riconoscere il mistero della grazia nelle nostre vite. Come afferma san Paolo, siamo stati investiti di tale ministero "per mezzo della misericordia di Dio" (2Co 4,1). Esso è un dono. E' un atto di fiducia da parte di Cristo, che ci chiama ad essere "amministratori dei misteri di Dio" (1Co 4,1). E' una configurazione sacramentale con Cristo, sommo sacerdote. Il sacerdozio non ci appartiene per fare quello che vogliamo. Non possiamo reinventare il suo significato secondo il nostro punto di vista. Esso deve essere fedele a Colui che ci ha chiamati.

Il sacerdozio ci è stato dato come dono. Ma in noi e attraverso di noi il sacerdozio è un dono per la Chiesa. Non separiamo mai la nostra vita sacerdotale e il ministero dalla comunione piena e generosa con la Chiesa intera.

Fratelli nel ministero sacerdotale, che cosa si aspetta da voi la Chiesa? La Chiesa si aspetta che voi, e i vostri fratelli e sorelle, i religiosi, sarete i primi ad amarla, ad ascoltare la sua voce e a seguire le sue aspirazioni, così che le persone del nostro tempo possano essere di fatto servite.


3. Come sacerdoti, voi siete a servizio di Cristo, il Maestro (cfr. "Presbyteroum Ordinis", 1). Una parte molto importante del vostro ministero è pregare e insegnare il messaggio cristiano. Nel passo sopra citato, san Paolo descrive la propria attitudine a tale ministero: "Noi ripudiamo di falsificare la Parola di Dio; manifestando invece chiaramente la verità, ci raccomandiamo alla coscienza di ogni uomo davanti a Dio" (2Co 4,2). Non dobbiamo falsificare la Parola di Dio.

Dobbiamo sforzarci di applicare la Buona Novella alle mutevoli condizioni del mondo e resistere, coraggiosamente e a tutti i costi, alla tentazione di alterare il suo contenuto, o reinterpretarla in modo da renderla confacente allo spirito dell'epoca attuale. Il messaggio che pronunciamo non è la saggezza di questo mondo (cfr. 1Co 1,20), ma le parole della vita, parole che sembrano follia agli uomini mondani (cfr. 1Co 2,14) "Nel loro caso - afferma san Paolo - il dio di questo mondo ha accecato le loro menti, perché non rifulga ad essi lo splendore del Vangelo della gloria di Cristo, che è l'immagine di Dio" (2Co 4,4). E continua: "Perché ciò che noi predichiamo non è noi stessi, ma Cristo Gesù, il Signore" (v.


5).

Non dovremmo essere sorpresi, quindi, se il nostro messaggio di conversione e di vita non è sempre ben accetto. Fate ogni cosa in vostro potere per presentare la parola tanto fedelmente quanto possibile, credete nel potere della parola stessa, e non scoraggiatevi mai: "Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme in terra: dorma o vegli, notte e giorno, il seme spunta e cresce senza ch'egli sappia come" (Mc 4,26-27). Tuttavia, in un altro senso, sappiamo come cresce il seme: "E' Dio che lo fa crescere" (1Co 3,7). In tal senso noi siamo "gli operai di Dio" (v. 6). Quanto dobbiamo essere solleciti nella nostra predicazione! Essa dovrebbe essere il proseguimento della nostra preghiera.


4. Noi sacerdoti partecipiamo del sacerdozio di Cristo. Siamo suoi ministri, suoi strumenti. Ma è Cristo che nei sacramenti, specialmente nell'Eucaristia, infonde la vita divina al genere umano (cfr. PO 5). Con quale cura, con quale amore dobbiamo celebrare i sacri misteri! Il carattere sacro di ciò che ha luogo nelle nostre celebrazioni liturgiche non deve essere oscurato. Tali celebrazioni devono essere un'esperienza di preghiera e di comunione ecclesiale per tutti coloro che vi prendono parte.

Sono a conoscenza dei molti sforzi che si compiono per assicurare un rinnovamento ecclesiale secondo le direttive del Concilio Vaticano II. Vi esorto a continuare a sviluppare tra i laici un senso di responsabilità partecipata della vita liturgica ed apostolica delle vostre parrocchie. Attraverso il loro sacerdozio spirituale, i laici sono chiamati a prendere il proprio posto nella vita della Chiesa secondo la grazia e il carisma dati a ognuno di loro.

Conduceteli alla fede. Ispirateli e incoraggiateli a lavorare per il benessere e la crescita della famiglia ecclesiale; il loro contributo è estremamente importante. Incoraggiate i giovani, specialmente, ad "aspirare ai doni più elevati" (1Co 12,31). Lavorate vicino ad essi e mostrate loro, inoltre, la sfida e l'attrazione del sacerdozio e della vita religiosa.


5. Spendete le vostre vite al servizio del Popolo di Dio; con la parola e il sacramento: questo è il vostro difficile compito, la vostra gloria, il vostro tesoro. Ma è san Paolo di nuovo che ci ricorda: "Noi portiamo questo tesoro in vasi di creta" (2Co 4,7). L'esperienza personale di ognuno di noi è che la nostra gioia e la nostra fertilità nella vita sacerdotale provengono da una completa accettazione della nostra identità sacerdotale. Dobbiamo amare la nostra vocazione e la nostra missione. Ma dobbiamo anche essere visti ad amare il nostro sacerdozio. Lasciate che le persone vedano che voi siete uomini di preghiera.

Lasciate che vedano che voi trattate i sacri misteri con amore e rispetto.

Lasciate che vedano che il vostro impegno verso la pace, la giustizia e la verità è sincero, incondizionato e audace. Lasciate che ognuno veda che amate la Chiesa e che siete un cuore ed una mente sola con essa. Ciò che è in gioco è la credibilità della nostra testimonianza!


6. Fratelli e sorelle, membri delle comunità religiose! Vorrei salutare ognuno di voi personalmente! Ascoltare da ognuno di voi le "magnalia Dei", come lo Spirito Santo opera nelle vostre vite! Nelle viscere del vostro cuore, nella lotta tra la grazia e il peccato, nei vari momenti e circostanze del vostro pellegrinaggio di fede - in quanti modi Cristo vi ha parlato e detto: "Venite a me"! Poteva venire il Papa in Scozia e non ringraziarvi per aver risposto a questa chiamata? Naturalmente no! così vi ringrazio a nome della Chiesa. Vi ringrazio per la particolare testimonianza e per il vostro contributo.

Poiché nella consacrazione religiosa avete portato la vostra grazia battesimale a un grado di "totale donazione a Dio sommamente amato" (cfr. LG 44), voi siete diventati segno di una vita superiore, una "vita che vale più del nutrimento e il corpo più del vestito" (Lc 12,23). Attraverso la professione dei consigli evangelici voi siete diventati un segno profetico del regno eterno del Padre. In questo mondo voi guardate "all'unica cosa necessaria" (Lc 10,42), al "tesoro inesauribile" (Lc 12,33). Voi possedete la sorgente di ispirazione e di forza per le varie forme di apostolato che i vostri Istituti sono chiamati ad eseguire.


7. Quelli di voi che appartengono alle comunità contemplative servono il Popolo di Dio "nel cuore di Cristo". Voi ricordate profeticamente quelli impegnati nella costruzione della città terrena che, se non è fondata nel Signore, sarà stata costruita invano (cfr. LG 46). La vostra è una singolare testimonianza al messaggio evangelico, molto necessaria perché le persone del nostro tempo spesso soccombono a un falso significato di indipendenza rispetto al Creatore. Le vostre vite testimoniano la preminenza di Dio e il regno di Cristo.


8. E voi, fratelli e sorelle, la cui vocazione è un lavoro attivo nel servizio ecclesiale, dovete congiungere tra loro la contemplazione e l'ardore apostolico.

Per mezzo della contemplazione aderite a Dio con la mente e col cuore; con l'amore e l'ardore apostolico voi collaborate all'opera della redenzione e alla dilatazione del regno di Dio (cfr. PC 5). Nel vostro servizio alla famiglia umana dovete essere attenti a non confondere il "Regnum Dei" con il "Regnum hominis", la liberazione politica, sociale ed economica con la salvezza in Gesù Cristo (cfr. "Discorso", 20 settembre 1978: "Insegnamenti di Giovanni Paolo I", p. 74). Il vostro ruolo profetico nella Chiesa dovrebbe condurvi a scoprire e a proclamare il significato più profondo di tutte le attività umane. Solo quando l'attività umana preserva la sua relazione con il Creatore essa preserva la sua dignità e raggiunge l'adempimento.

Le vostre comunità sono state impegnate nel processo di rinnovamento auspicato dal Concilio Vaticano II. State cercando di essere sempre più fedeli al vostro ruolo che si svolge nella comunità ecclesiale secondo i vostri particolari carismi. Partendo dall'ispirazione originale dei vostri fondatori e seguendo il magistero della Chiesa, siete in una eccellente posizione per discernere i suggerimenti dello Spirito Santo riguardanti la necessità della Chiesa e del mondo attuale. Con un esteriore appropriato adattamento, seguito da una costante conversione spirituale, la vostra vita e la vostra attività, nel contesto della Chiesa locale ed universale, divengono una felice espressione della vitalità e della giovinezza della Chiesa.

Nelle parole di san Paolo: "Ringrazio il mio Dio per mezzo di Gesù Cristo a causa di tutti voi, perché la vostra fede è magnificata in tutto il mondo" (Rm 1,8).


9. Fratelli e sorelle, c'è qualcuno che ci cammina accanto lungo il sentiero dell'apostolato: Maria, la Madre di Gesù, che custodiva ogni cosa in cuor suo e sempre faceva la volontà del Padre (cfr. Lc 2,51 Mc 3,35). In questa Cattedrale metropolitana ad Ella dedicata, desidero ritornare ai pensieri e ai sentimenti che sussultarono nel mio cuore a Fatima il 13 maggio. Là, ancora una volta, le ho consacrato me stesso e il mio ministero: "Totus tuus ego sum". Ho ri-consacrato, ho affidato alla sua materna protezione la Chiesa e il mondo intero, così bisognoso di saggezza e di pace. Queste sono alcune delle invocazioni che ho rivolto al Cuore Immacolato di Maria, a Fatima: Dalla fame e dalla guerra, liberaci! Dalla guerra nucleare, da una autodistruzione incalcolabile, da ogni genere di guerra, liberaci! Dai peccati contro la vita dell'uomo sin dai suoi albori, liberaci! Dall'odio e dall'avvilimento della dignità dei figli di Dio, liberaci! Da ogni genere di ingiustizia nella vita sociale, nazionale e internazionale, liberaci! Dalla facilità di calpestare i Comandamenti di Dio, liberaci! Dal tentativo di affossare nei cuori umani la verità stessa di Dio, liberaci! Dai peccati contro lo Spirito Santo, liberaci! liberaci! Accogli, o Madre di Cristo, questo grido carico della sofferenza di tutti gli uomini! Carico della sofferenza di intere società! Si riveli ancora una volta, nella storia del mondo, l'infinita potenza dell'Amore misericordioso! Che esso fermi il male! Trasformi le coscienze! Nel tuo Cuore Immacolato si sveli per tutti la luce della speranza! E a ogni sacerdote e diacono, a ogni fratello e sorella religiosi, a ogni seminarista, lascio una parola di incoraggiamento e un messaggio di speranza.

Con san Paolo vi dico: "Per questo, infatti, lavoriamo e combattiamo, perché riponiamo la nostra speranza nel Dio vivente..." (1Tm 4,10). Si, cari fratelli e sorelle, le nostre speranze sono riposte nel Dio vivente!




1982-05-31 Data estesa: Lunedi 31 Maggio 1982




Incontro con capi di Chiese cristiane - Murrayfield (Gran Bretagna)

Titolo: La nostra volontà di unità sia speranza per il mondo diviso

Testo:

"La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia col vostro spirito, o fratelli" (Ga 6,18).


1. E' una gioia incontrarmi con voi questa mattina; ed io apprezzo molto la vostra cortesia nel venire qui così di buon'ora.

Ieri, poco dopo il mio arrivo in Scozia, ho avuto la fortuna di essere salutato dal Presidente dell'Assemblea Generale della Chiesa di Scozia, il Reverendissimo Professor John MecIntyre.

A questo riguardo, non posso mancare di ricordare il primo storico incontro nel 1961 tra l'allora Presidente, Dottor Archibald Craig e il mio predecessore Giovanni XXIII; o la cortesia del Dottor Peter Brodie durante il suo anno presidenziale nel presenziare, nel 1978, sia alla incoronazione del mio pontificato che a quella di Giovanni Paolo I. Sono stato colpito anche dal significato del felice avvenimento della scorsa notte, dall'ambiente del Salone dell'Assemblea, sede della Corte Suprema della Chiesa di Scozia, e anche del "locus" del memorabile incontro nel 1910 della Conferenza Missionaria Mondiale che è generalmente considerata l'inizio del moderno Movimento Ecumenico.


2. E' stato in quello stesso spirito di devoto impegno ecumenico che ho avuto anche il grande piacere, sabato scorso, di incontrare i rappresentanti della Chiesa di Scozia e della Chiesa Episcopale in Scozia insieme con altri Capi della Chiesa britannica. Sono sicuro che converrete con me che incontri come questo hanno la loro importanza; il fatto stesso che essi hanno luogo è una testimonianza dinanzi al mondo che, malgrado la triste storia della discordia tra i seguaci della Chiesa, tutti noi che veneriamo l'unico vero Dio siamo desiderosi oggi di collaborare in nome di Dio e di lavorare insieme per la promozione dei valori umani di cui egli è il vero Autore.


3. In particolare sono soddisfatto di aver appreso dei dialoghi fecondi in cui la Chiesa Cattolica in questo Paese è stata impegnata con la Chiesa di Scozia, la Chiesa Episcopale in Scozia ed altre Chiese, e anche della sua collaborazione con il Consiglio delle Chiese Scozzesi, per molti aspetti della sua attività. Gradirei in special modo menzionare le Commissioni Associate sulla Dottrina e sul Matrimonio con la Chiesa di Scozia e il Gruppo di Studio Associato con la Chiesa Episcopale Scozzese, di cui alcuni membri sono presenti qui questa mattina. Che io possa esprimere il mio apprezzamento per il vostro paziente e diligente lavoro nel nome di Cristo.

Anche qui abbiamo un esempio di quella comune testimonianza che è, ad un tempo, espressione del grado di unità, limitata ma reale, che già possediamo attraverso la grazia di Dio, e del nostro sincero desiderio di seguire le vie attraverso cui Dio ci conduce a quella unità totale che lui solo può dare. Nel seguire questo cammino, abbiamo ancora molti ostacoli da superare, causati dalla triste storia di vecchie ostilità, dobbiamo risolvere importanti problemi dottrinali; tuttavia già il mutuo amore, la nostra volontà di unità, possono essere un segno di speranza per un mondo diviso - particolarmente in questi giorni, in cui la pace è così gravemente messa in pericolo.

Ho atteso molto questo incontro. Per quanto breve, ci offre l'opportunità di salutarci l'un l'altro come fratelli e, ciò che più importa, di unirci in preghiera affinché Colui il quale ha cominciato in noi questa magnifica opera la porti a compimento (cfr. Ph 1,6).

Sono lieto di salutare anche il rappresentante della comunità ebrea in Scozia, che, con la sua presenza qui, simboleggia i profondi legami spirituali che uniscono le nostre due comunità religiose così strettamente insieme (cfr. NAE 4).

Saluto allo stesso modo il rappresentante delle comunità islamiche in questo paese, e sono lieto di ricordare i valori religiosi che abbiamo in comune, come credenti nell'unico onnipotente e misericordioso Dio (cfr. NAE 3). Possa egli mostrarci il suo volto e darci la pace!




1982-06-01 Data estesa: Martedi 1 Giugno 1982




All'ospedale saint Joseph - Edimburgo (Gran Bretagna)

Titolo: Nell'assistenza agli handicappati offrite un segno di comunione

Testo:

Miei cari amici e figlioli in Gesù Cristo.


1. Sono felice di questa visita all'ospedale di "saint Joseph", a Rosewell, e sono venuto qui per diversi motivi. In primo luogo per salutare i pazienti dell'ospedale, che soffrono di handicap sia fisici che mentali, ed anche per salutare le Suore di Carità di san Vincenzo de' Paoli che amministrano la casa di cura, insieme ai medici consulenti, al personale infermieristico ed ausiliario, ai cappellani e ai volontari che prestano la loro opera in favore di tutti gli handicappati, ed ai genitori e alle famiglie di coloro che ricevono questo tipo speciale di cura.

Un altro motivo di questa mia visita è quello di testimoniare la missione della Chiesa, che viene da Cristo, di prendersi cura di tutto il Popolo di Dio, soprattutto di chi ha più bisogno. Ho appreso con interesse che l'antico linguaggio gaelico di Scozia ha una frase molto significativa, "corramaich fo chùram Dhè", che dice che gli handicappati vivono sotto la protezione di Dio - "Handicappati di Dio". Una descrizione, o titolo, così pieno di sensibilità, conduce a forza tutto un insieme di prospettive profondamente cristiane al significato della vita e della sua dignità, una vita che tutti noi abbiamo ricevuto dal Creatore ed il cui corso noi percorriamo in modi diversi, come individui diversi. Ed ancor più, per i battezzati questa è una nuova vita di grazia in ed attraverso Gesù Cristo, il Salvatore del mondo.


2. Coloro che non godono della pienezza di ciò che è chiamato un modo di vivere normale, perché soffrono di seri handicap sia mentali che fisici, vengono spesso compensati in parte da qualità che la gente spesso dà per scontate o addirittura distorte, sotto l'influsso di una società materialistica: cose come un amore radioso - trasparente, innocente e struggente - e il desiderio di una cura amorosa ed altruistica. A questo proposito, noi troviamo spesso nel Vangelo l'esempio ristoratore dello stesso Gesù, e l'amorevole legame di affetto fra lui e i malati o gli handicappati: quante cose ha fatto per loro, le grandi parole di fede indirizzate i loro, ed i suoi meravigliosi interventi per loro conto, "perché da lui usciva una forza che sanava tutti" (Lc 6,19 cfr. Mc 1,32-34).Vi erano volte in cui egli lasciava la propria strada per identificarsi con gli ammalati ed i sofferenti, egli, che avrebbe sperimentato su se stesso una tale passione e morte: "...ero malato e mi avete visitato... ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25,36 Mt 25,40).



3. Queste ultime parole di Gesù sono anche una fonte di grande consolazione per tutti coloro che curano gli ammalati e gli handicappati: infermiere e personale medico, suore e cappellani, genitori, volontari ed amici. Per le vostre amorevoli cure ed il sacrificio di voi stessi anche voi tutti siete causa della vostra sofferenza, perché provate la stanchezza, la tensione emotiva e mentale, ed altri oneri di ogni genere. E in modo che, quando vi identificate con gli handicappati nel vostro servizio amorevole e pieno di attenzioni, anche voi condividete l'affermazione di san Paolo: "completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa" (Col 1,24 cfr. 2Co


1,5; 12,19). E quando vi sentite veramente al massimo della depressione, nostro Signore stesso ha un ulteriore messaggio di conforto, molto personale: "Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorero. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero" (Mt 11,28-30). Queste parole di incoraggiamento di Cristo, che io vi trasmetto nel suo nome, sono rivolte anche a coloro che curano gli handicappati a casa, e cercano di dar loro una vita il più possibile vicina ad una normale vita familiare.


4. Il Cardinale Gray mi ha comunicato che questa arcidiocesi di sant'Andrews ed Edimburgo, come pure altre diocesi in Scozia, si sono assunte un ruolo di conforto e di sostegno, con Messe particolari e riunioni per gli handicappati ed i loro assistenti ad intervalli regolari in diversi centri parrocchiali. In questo spirito di collaborazione cristiana e di servizio, obbedite mirabilmente alla chiamata di rallegrarsi con coloro che si rallegrano e di soffrire con coloro che soffrono (cfr. Rm 12,15). Ciò costituisce non soltanto uno stimolo ad una disponibilità umana e umanizzante, ma anche un segno di comunione che arricchisce sia chi dà che chi riceve.


5. Ma la visita a Rosewell non sarebbe completa se non facessi riferimento ad una giovane donna, la cui santa vita e la cui sofferenza finale hanno dato piena espressione al messaggio della Sacra Scrittura, sul quale oggi abbiamo meditato: la venerabile Margaret Sinclair, che da religiosa prese il nome di suor Mary Francis delle Cinque Piaghe, Poor Clare Colletine, che visse dal 1900 al 1925.

Perché fu proprio a Rosewell che Margaret venne in vacanza con altri membri della sua famiglia dalla loro casa di Edimburgo. Margaret potrebbe essere ben definita come uno dei piccoli di Dio, che, con la sua grande semplicità, venne toccata dal Signore con la forza di un'autentica santità di vita, sia nella fanciullezza, che nella giovinezza, come apprendista, lavoratrice, membro di un sindacato e come suora professa. Ed è veramente appropriato che Rosewell sia stato scelto come sede del Margaret Sinclair Center, allo scopo di far conoscere meglio il suo esempio ispiratore e di promuovere la sua causa di beatificazione. Io apprezzo pienamente le aspirazioni dei cattolici di Scozia e di altre Nazioni, perché tale scopo si realizzi, ed io so che voi pregate affinché ciò avvenga.

Con questo ricordo della venerabile Margaret Sinclair, io vi lascio con quanto ella vi ha ispirato. Nello spingerci all'amore e all'assistenza agli handicappati, Gesù tocca le nostre vite con la sua forza, e alla fine ci premia, secondo la sua promessa: "Ogni volta che avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25,40).

Sia lodato Gesù Cristo!




1982-06-01 Data estesa: Martedi 1 Giugno 1982




Incontro con il mondo della scuola scozzese - Edimburgo (Gran Bretagna)

Titolo: La causa dell'educazione cattolica è la causa di Gesù e del suo Vangelo

Testo:

Miei cari fratelli e sorelle in Gesù Cristo.


1. E' per me una grande gioia avere l'occasione di essere qui riuniti in questo magnifico "campus" del Saint Andrew's College of Education, Bearsden, Glasgow.

Desidero inoltre esprimere tutta la mia stima ai rappresentanti delle autorità civili e scolastiche della Scozia qui presenti insieme al gruppo insegnanti e agli studenti, ai loro genitori, al clero e ai religiosi, ed ai colleghi provenienti dalle scuole, università e collegi di istruzione superiore, e da altri istituti scolastici.

Ho saputo che il saint Andrew's College è il frutto recente di due gloriose tradizioni nel campo dell'insegnamento: il Notre Dame College of Education di Bearsden e Dowanhill, Glasgow, e il Craiglockhart College of Education di Edimburgo. Nella sua attuale qualità di Collegio nazionale ha lo stesso patrono che protegge la Scozia, l'apostolo sant'Andrea, fratello di Simon Pietro, con il quale ricevette l'importante invito da parte del Signore quasi 2000 anni fa: "Seguitemi, vi faro diventate pescatori di uomini" (Mc 1,17). Oggi il successore di san Pietro si trova in gradita compagnia con i figli spirituali di Andrea, qui nella vostra bellissima Scozia. E sebbene anche io sia un "uomo venuto da un lontano paese", mi rendo conto del ricco retaggio della Scozia, e di questa grande città di Glasgow, e della circostante regione dello Strathclyde. Glasgow, la città di san Kentigern o Mungo, l'uomo buono che la storia considera il primo Vescovo, risale all'inizio del VI secolo. Una città la cui famosa Università medioevale ha come motto le parole dello stesso Cristo: "Via, Veritas, Vita", di Colui che è veramente "la via, la verità, la vita" (Jn 14,16).

Questo luogo di incontro assai piacevole ci induce a riflettere sull'importanza da lungo tempo attribuita dalla Scozia alla promozione di una efficace educazione e a prevederne le implicazioni per il futuro, presente ed immediato.


2. Per citare solo alcuni esempi delle conquiste del passato si pensi al contributo di santa Margherita che nell'XI secolo divento regina e patrona della Scozia; alla fondazione dell'Università di sant'Andrea, Glasgow e Aberdeen, (King's College) nel XV secolo; al coro di "sang schull" e al liceo classico dello stesso periodo, e alle successive scuole parrocchiali in ogni parte del paese dove il "Dominie" o direttore incoraggiava in tutti i modi i "lad o' pairts" (i ragazzi del luogo).

I figli e le figlie della Scozia non soltanto portarono la cultura nei paesi più lontani del Commonwealth, ma anche molti capi dei paesi in via di sviluppo sono stati istruiti presso le vostre antiche Università, compresa quella di Edimburgo, e le vostre più recenti istituzioni quali Strathclyde, Stirling e Glasgow.

Particolarmente degno di nota è l'interesse della Chiesa di Scozia per assicurare un'istruzione a tutti i livelli e ci rallegriamo della crescente collaborazione dei suoi Comitati con la Chiesa Cattolica nel campo dell'istruzione religiosa.

Ritengo degni di speciale menzione i provvedimenti statutari dell'Education (Scozia) Act del 1918, per i quali le scuole cattoliche sono parte costituente del sistema statale, con garanzie importanti che comprendono l'educazione religiosa e il ruolo degli insegnanti.

In questa occasione desidero rendere omaggio agli insegnanti religiosi e laici, la cui dedizione ha aperto la via a questo sistema, senza dimenticare la lungimiranza delle autorità civili ed ecclesiastiche che lo hanno reso possibile, nonché la loro paziente discrezione nell'adempiere questo compito.

Mentre gli insegnanti cattolici possono, a ragione, essere orgogliosi dei loro successi passati, sono sicuro che il loro realismo non è inferiore a quello di Thomas Reid e della "Common Sense", scuola di filosofia scozzese; poiché il semplice buon senso escluderebbe ogni tentazione ad essere soddisfatti di sé, e men che meno in vista di rapidi sviluppi nell'ordine sociale ed economico.

Naturalmente ogni valida educazione filosofica dovrebbe tener presente tutto questo.


3. Sembra che nei tempi moderni, il successo di un particolare programma o sistema di istruzione sia dovuto, in larga misura, alla riconosciuta qualificazione che esso può fornire in vista di una qualche prospettiva di carriera. Ciò si sente particolarmente nella scuola secondaria, dove la scelta per il futuro è di importanza cruciale. Di qui l'importanza, fino ad ora, di una specializzazione, come se il diploma fosse la garanzia di una carriera assicurata.

Una tale mentalità tende ad incoraggiare un esteriore "orientamento" nell'educazione. Non è un male per se stesso, ma si è perduto un certo senso dell'equilibrio e della prospettiva. La prospettiva della personalità nel suo insieme, il suo "io" interiore, come pure le sue aspirazioni esteriori.

Purtroppo oggi ci dobbiamo rendere conto che un pezzo di carta non significa un impiego sicuro. Questa amara realtà non solo ha provocato una profonda frustrazione tra i giovani, molti dei quali hanno lavorato duramente per ottenerlo, ma anche una diffusa sensazione di malessere nel sistema scolastico. Di qui la domanda: dov'è l'errore? Che cosa ha portato la specializzazione oggi, in termini reali, in termini di vita? Qual è il rimedio?


4. Forse dovremmo riflettere sulla filosofia a monte dell'istruzione: istruzione come completamento della persona. Essere istruiti vuol dire essere più preparati alla vita; avere una maggiore capacità di apprezzarne la qualità, quello che essa può offrire e quello che la persona ha da offrire in cambio all'umanità nel suo insieme. così, se noi basassimo le nostre capacità e risorse educative moderne su questa filosofia, potremmo riuscire ad offrire valori durevoli ai nostri studenti, come antidoto alle immediate prospettive di frustrazione e di noia, per non parlare dell'incertezza del futuro.

Ho saputo che le autorità scolastiche scozzesi hanno già affrontato questo problema ed hanno attribuito la giusta importanza all'istruzione come sviluppo della personalità nel suo insieme; non solo capacità intellettuale, ma anche sviluppo emotivo, fisico e sociale. Questi aspetti complementari sono, credo, un tema ricorrente in vari Rapporti ufficiali. Così le mie parole siano un appoggio morale e un incoraggiamento per continuare ad adempiere a queste raccomandazioni ad ogni livello nel settore scolastico, primario e secondario. So inoltre che questo programma di sviluppo educazionale è reso ancora più difficile da gravi fattori economici che hanno grande influenza sia per quanto riguarda l'impiego del personale che del materiale didattico. Ma non si può fare a meno di riconoscere e rallegrarsi dei risultati incoraggianti che sono stati raggiunti attraverso gli stessi sviluppi educativi.

In primo luogo il crescente interessamento dei genitori, specialmente nel settore primario e secondario, ed anche, sebbene meno accentuato, nel settore terziario. Ciò è stato in parte ottenuto attraverso le strutture di collaborazione genitori/insegnanti o gruppi simili; il concetto di scuole comunitarie; l'apertura di biblioteche e l'organizzazione del tempo libero per i genitori; ed inoltre la splendida opportunità della Istruzione Continua o per Adulti (Adult or Continuing Education) verso un completo sviluppo della persona e del suo potenziale innato.

E' giusto che i genitori si interessino maggiormente alle strutture educative. Non sono forse i genitori, nella visione del Signore, i primi educatori dei loro figli? Tale principio basilare è stato sottolineato dal Concilio Vaticano II, in particolare nella dichiarazione sull'Educazione Cristiana: "poiché sono i genitori che hanno dato alla luce i loro figli, sono loro che hanno il serio compito di educarli nella loro prima infanzia. perciò i genitori devono essere considerati come i primi e più importanti educatori dei loro figli" (GE 3).

La promozione di questa educazione "Integrata, personale e sociale" è anche, inutile dirlo, il necessario e complementare ruolo della scuola. Anche qui, nel quotidiano procedere verso tali obiettivi, troviamo elementi effettivi di incoraggiamento.

Considerando che la "personalità completa" comprende anche una dimensione spirituale, le autorità educative scozzesi oltre ad approvare corsi e qualificazioni per insegnanti specializzati nell'educazione religiosa, prestano un'attenzione particolare ad altri provvedimenti quali gli esami statali e i servizi dell'Ispettorato di Sua Maestà. Ed è particolarmente incoraggiante apprendere che la Commissione per l'Educazione dell'Assemblea Generale della Chiesa in Scozia e la Commissione Cattolica Romana per l'Educazione hanno intrapreso insieme una trattativa che riguarda importanti aspetti di questa deliberazione.


5. I problemi fin qui delineati, specialmente quelli che riguardano la personalità completa, la dimensione spirituale dell'istruzione, e il coinvolgimento dei genitori, sono stati sempre alla base dell'"ethos" della Chiesa Cattolica. Questo è vero soprattutto nella scuola primaria, dove si ha uno stretto legame fra la famiglia, la scuola, la parrocchia e la comunità locale. Né si può dire che sia mancato nella situazione più complessa della scuola secondaria, dove la diocesi spesso fornisce Cappellani, innanzitutto per la scuola come comunità di fede centrata sull'Eucaristia, e anche, dove sia possibile, per servire da anello di congiunzione pastorale con le parrocchie locali. Tuttavia sempre attenta al suo costante bisogno di miglioramento la Chiesa Cattolica dovrebbe utilizzare pienamente le nuove possibilità esistenti, se non altro per adempiere al suo ruolo e alla sua identità. E a questo punto è giusto ricollegarci a quello che è l'identità e lo scopo della scuola cattolica.

Tale promemoria è giustamente messo in evidenza in un documento intitolato "La Scuola Cattolica", pubblicato dalla Sacra Congregazione della Santa Sede per l'Educazione Cristiana nel marzo 1977: "La scuola cattolica" dichiara "è impegnata... nello sviluppo dell'uomo completo, poiché in Cristo, Uomo perfetto, tutti i valori umani trovano il loro compimento e la loro unità. Qui sta il carattere specificamente Cattolico della scuola. Il suo compito di coltivare valori umani nel loro legittimo diritto in accordo con la sua particolare missione di servire tutti gli uomini ha origine nella figura di Cristo... Il suo compito è fondamentalmente una sintesi di cultura e fede, ed una sintesi di fede e vita" (nn. 35-37).

E' implicito a questo riguardo per la scuola cattolica l'imperativo dell'impegno cristiano da parte dei suoi insegnanti. La scuola cattolica "deve essere una comunità il cui scopo è la trasmissione di valori per la vita. La sua opera deve essere vista come promozione del rapporto di fede con Cristo nel quale tutti i valori trovano compimento. Ma la fede si assimila soprattutto attraverso il contatto con le persone la cui vita quotidiana ne è testimone" ("La Scuola Cattolica", 53).

A proposito del valore delle Scuole Cattoliche e dell'importanza degli insegnanti ed educatori cattolici, è necessario sottolineare il punto centrale dell'educazione cattolica stessa. Essa è prima di tutto comunicazione con Cristo, un aiuto per portare Cristo nella vita degli altri. Chi è stato battezzato deve abituarsi a vivere la sua nuova vita cristiana nella giustizia e nella santità della verità. La causa dell'educazione cattolica è la causa di Gesù Cristo e del suo Vangelo al servizio dell'uomo.

Né possiamo ignorare l'integrità del messaggio catechistico che dice: "Colui che diventa discepolo di Cristo ha il diritto di ricevere "la parola della fede" (Rm 10,8), non mutilata, non falsificata, non diminuita ma completa e integrale... Di conseguenza nessun catechista autentico potrebbe compiere di suo arbitrio una selezione tra ciò che egli ritiene importante, nel deposito della fede, e ciò che egli ritiene senza importanza, per insegnar l'uno e rifiutare l'altro... Il metodo e il linguaggio utilizzati devono rimanere certamente degli strumenti per comunicare la totalità e non una parte delle "parole di vita eterna" (Jn 6,68 cfr. Ac 5,20 Ac 7,38); o delle "vie della vita" (Ps 16,11, cit. in Ac 2,28)" (CTR 30-31).


6. Sebbene la maggior parte del mio discorso riguardi soprattutto l'argomento cruciale della scuola e le conseguenti implicazioni a proposito della preparazione degli insegnanti, spero che i presenti provenienti dalle Università riconoscano, insieme al loro professore, l'importanza che ha la scuola per l'Università: non solo in quanto terreno di reclutamento per studenti, ma anche come parte essenziale di un processo educativo che continua.

Per quanto riguarda l'Università stessa, desidero semplicemente menzionare alcuni punti a cui ho già avuto occasione di riferirmi durante la Conferenza Generale dell'UNESCO, di fronte a vari gruppi universitari di Roma, ed a Bologna lo scorso aprile. Quest'ultima città la ricordo con particolare piacere in quanto mi è stato detto che l'Università di Bologna ha fornito alle antiche Università scozzesi i più significativi elementi della sua splendida tradizione.

Fin dalle origini, e per la ragione stessa della sua istituzione, lo scopo dell'università è l'acquisizione di una conoscenza scientifica della verità, di tutta la verità. Per ciò costituisce uno dei mezzi fondamentali creati dall'uomo per appagare il suo bisogno di conoscenza. Ma, come risulta dal Concilio Vaticano II, "Oggi, più che nel passato, è difficile sintetizzare le varie discipline della conoscenza e delle arti. Mentre si ha un indiscutibile aumento nel volume e nella diversità degli elementi che portano ad un arricchimento della cultura, si nota allo stesso tempo una diminuzione della capacità umana ad accorgersene ed a collegare organicamente questi fattori, e quindi l'immagine dell'uomo universale diventa sempre più evanescente" (GS 61). Per cui qualsiasi interpretazione che ignori o diminuisca l'elemento spirituale dell'uomo, le sue aspirazioni alla pienezza dell'essere, la sua sete di verità e di assoluto, tutte le domande che rivolge a se stesso di fronte ad enigmi come il dolore e la morte, non soddisfa le sue più profonde ed autentiche necessità. E poiché è proprio all'Università che i giovani mettono alla prova l'alto livello della loro formazione ed educazione, essi dovrebbero poter trovare una risposta non solo sulla legittimità e la finalità della scienza, ma anche sui più alti valori morali e spirituali - risposte che rafforzeranno la loro fiducia nel potenziale della conoscenza acquisita e nell'esercizio della ragione, a vantaggio loro e di tutta la società.


7. Per ricapitolare, vorrei ripetere ciò che scrissi nel novembre scorso, nell'esortazione apostolica sulla Famiglia nel Mondo moderno: "Si rende pertanto necessario recuperare, da parte di tutti, la consapevolezza della preminenza dei valori morali, che sono i valori della persona umana come tale. Il grande compito che ci troviamo oggi ad affrontare per il rinnovamento della società consiste nel ritrovare il senso ultimo della vita e dei suoi valori fondamentali" (FC 8).

E, come cristiani, noi crediamo che il significato ultimo della vita e dei suoi valori fondamentali siano rivelati in Gesù Cristo. E' lui - Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo - che ci dice: "Voi mi chiamate il Maestro e il Signore; e dite bene, perché lo sono" (Jn 13,13-14).




1982-06-01 Data estesa: Martedi 1 Giugno 1982





GPII 1982 Insegnamenti - Incontro con religiosi e religiose scozzesi - Murrayfield (Gran Bretagna)