GPII 1982 Insegnamenti - L'omelia nella Messa di suffragio per il Cardinale Benelli - Città del Vaticano (Roma)

L'omelia nella Messa di suffragio per il Cardinale Benelli - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Con chiarezza, coraggio e fedeltà al servizio di Cristo e dei fratelli

Testo:


1. "Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese" (Lc 12,35).

Ascoltando queste parole di Cristo, che ammoniscono circa la precarietà della vita ed invitano alla vigilanza operosa, il nostro pensiero si volge spontaneamente alla compianta figura del nostro venerato fratello, il Cardinale Giovanni Benelli, rapito martedi scorso da morte immatura all'affetto dei suoi Cari e di quanti lo conoscevano e lo stimavano. Cristo, quando gli si è fatto incontro, ha veramente trovato in lui il servo vigilante "con la cintura ai fianchi e la lucerna accesa".

Raccolti in preghiera in questa Cappella, sotto l'incombente visione del capolavoro michelangiolesco, noi offriamo a Dio questa Celebrazione eucaristica di suffragio per l'anima di lui, soffermandoci pensosi a riflettere sulla sua vicenda terrena alla luce delle parole evangeliche ora ascoltate: "Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli" (Lc 12,37). E' beatitudime, questa, che ci pare si applichi perfettamente alla vita ed alla morte dell'Arcivescovo di Firenze.

E' nota l'intensa attività che egli ha svolto fino a pochi giorni fa, superando con la forza della volontà le resistenze di una salute che da qualche mese s'era fatta meno robusta. A considerare oggi, in visione retrospettiva, il ritmo di lavoro al quale per anni egli sottopose se stesso, si sarebbe indotti a pensare che presentisse in qualche modo la fine precoce e volesse ad ogni costo guadagnare tempo prezioso.


2. Entrato molto giovane al servizio della Santa Sede con funzioni di Segretario dell'allora Sostituto della Segreteria di Stato, Monsignor Giovanni Battista Montini, egli, dando fin dall'inizio quasi una prefigurazione di se stesso, non si limito al lavoro d'ufficio, ma volle affiancare agli impegni di Segreteria quelli di Assistente ecclesiastico della Gioventù Aclista Romana e del Movimento "Rinascita Cristiana". Fu inviato successivamente in varie Rappresentanze Pontificie per svolgervi il delicato lavoro che è proprio di tale settore della vita della Chiesa.

Ovunque Monsignor Benelli porto l'entusiasmo del suo temperamento generoso e intraprendente, impegnandosi con ogni mezzo a sua disposizione per il riconoscimento non solo dei diritti di Dio, ma anche di quelli dell'uomo. La sua azione intelligente ed incisiva gli valse il particolare apprezzamento del mio predecessore, Papa Paolo VI, il quale, nel giugno 1967, lo volle accanto a sé nell'importante incarico di Sostituto della Segreteria di Stato. Erano gli anni difficili dell'immediato post-Concilio. La Santa Sede, sotto la guida lungimirante e saggia di Papa Paolo VI, stava operando un grande sforzo per dare attuazione alle direttive maturate nell'Assise ecumenica. Monsignor Benelli mise tutto il dinamismo della sua tempra di realizzatore a disposizione di quel Papa, al quale si senti sempre - come ha voluto ricordare anche nel Testamento - "in modo speciale obbligato e legato", riconoscendo in lui il suo vero "Padre e Maestro".

Fu un decennio di attività intensissima, durante il quale il giovane Sostituto si spese fino all'estremo delle sue energie, per far fronte in ogni circostamza e senza ritardi alle molteplici incombenze dell'Ufficio. I frutti di quel periodo di lavoro al centro della Chiesa sono sotto il giudizio di Dio e della storia.

Ed ecco, infine, la nomina ad Arcivescovo di Firenze: un capitolo nuovo di impegno pastorale diretto, che veniva opportunamente a completare con l'esperienza del governo di una diocesi la poliedrica personalità di questo non comune uomo di Chiesa. Ed è stato nel pieno fervore di quest'ultima forma di servizio che lo ha colto la morte. Lo ha colto "con la cintura ai fianchi e la lucerna accesa".


3. Ora la sua anima è "nelle mani di Dio", là dove sono "le anime dei giusti", come ci ha ricordato il libro della Sapienza. Anch'egli, infatti, pur con le debolezze inerenti alla fragilità umana, è stato un uomo giusto. Un uomo che ha avuto vivo il senso del dovere, per il cui adempimento non si è mai risparmiato.

Un uomo che ha sempre ispirato la sua azione ad un criterio lineare e fermo di rettitudine, fino a rischiare di passare per intransigente presso chi non riusciva ad afferrare questo suo assillo di personale rigore. E' stato un uomo leale, che non ha fatto mai mistero delle sue scelte di fondo, dichiarate con franchezza ed attuate con coraggio, senza cedimenti nei confronti degli umori e delle mode del momento: chiarezza e coraggio sono state sue note caratteristiche nel quotidiano prodigarsi a servizio di Cristo e dei fratelli. Egli è stato, altresi, un uomo fedele, che ha posto sempre in cima alle sue preoccupazioni quella di non deludere la fiducia in lui riposta. E'stato un uomo di vita semplice ed austera, aliena da indulgenze ad ogni forma di sfarzo e capace, anzi, di distacchi esemplari, come quando, per sostenere l'impegno dell'arcidiocesi in favore dei drogati e dei profughi della Cambogia, si privo dei suoi beni personali, offrendoli in una vendita di beneficenza.

E' stato un uomo - per dirla con una parola in cui ogni altra si riassume - che ha servito la Chiesa, senza mai servirsi di essa.

Per questo noi confidiamo che la sua anima sia ora, con quelle dei giusti, "nelle mani di Dio". Ed è pensiero, questo, che addolcisce l'amarezza del distacco. Avremmo desiderato che egli restasse ancora con noi, per continuare a mettere a servizio della Chiesa le sue doti di mente e di cuore: conservava tanto entusiasmo nell'animo ed aveva numerose iniziative in progetto, accanto a quelle in via di attuazione, tra cui, preminente, la "visita pastorale" dell'arcidiocesi.

I giudizi di Dio sono stati diversi e noi non intendiamo contestarli: rischieremmo di trovarci fra quegli "stolti" per i quali - come rilevava il libro della Sapienza - la morte dei giusti è "una sciagura e la loro dipartita da noi una rovina" (3,2-3). Sappiamo, invece, nella luce della fede che, molti o pochi che siano gli anni di vita quaggiù, al confronto con l'eternità essi appaiono sempre come "una breve pena", dopo la quale Dio riserva "grandi benefici" per quelli che "ha trovati degni di sé" (v. 5).

Chiniamo perciò il capo davanti agli imperscrutabili disegni di Dio, come lo ha chinato lui, il Cardinale Benelli, quando, avvertito dai Sanitari, fu conscio dell'imminenza della fine.


4. In quel momento affiorarono certamente nel suo animo sentimenti simili a quelli espressi nel Salmo che abbiamo recitato poco fa: "Il Signore è mia luce e mia salvezza, / di chi avro paura? / Il Signore è difesa della mia vita, / di chi avro timore? (...) / Una cosa ho chiesto al Signore, / questa sola io cerco: / abitare nella casa del Signore / tutti i giorni della mia vita, / per gustare la dolcezza del Signore (...) / Sono certo di contemplare la bontà del Signore / nella terra dei viventi" (Ps 26 [27],1.


4.13).

In quella "terra" noi confidiamo che egli sia giunto. E se qualche residuo di umana debolezza ancora impedisse quella piena "contemplazione della bontà del Signore" che è stata l'aspirazione di tutta la sua vita, noi oggi eleviamo la nostra preghiera di suffraggio perché il momento del definitivo e beatificante incontro con Dio gli sia affrettato.

Possa egli assidersi a quella mensa presso la quale, secondo la suggestiva immagine della pagina evangelica, lo stesso "Padrone di casa", "cintesi le vesti... passerà a servire" gli invitati (cfr. Lc 12,37): la mensa cioè in cui cibo dell'anima sarà la visione di Dio stesso, che con la ricchezza del suo amore sarà la fonte inesauribile di una gioia senza ombre ed eterna. Così sia!




1982-10-30 Data estesa: Sabato 30 Ottobre 1982




Al consiglio della segreteria generale del sinodo dei Vescovi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'uomo, mediante la conversione, riprende coscienza della propria dignità

Testo:

Venerati fratelli.


1. Saluto di cuore tutti voi, Membri del Consiglio della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, qui radunati per rendere un importante servizio alla prossima Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi, e cioè per preparare il relativo documento di lavoro ("Instrumentum laboris"). Con voi saluto pure gli Esperti, che vi hanno prestato il loro aiuto, nonché gli Officiali e il Personale della Segreteria del Sinodo.

Nel telegramma, firmato a nome vostro dal Cardinale Zoungrana, moderatore della riunione, e da Monsignor Tomko, Segretario Generale, voi avete voluto ringraziare me perché cerco di tenere viva l'attenzione della Chiesa all'istituzione del Sinodo dei Vescovi ed altresi al tema della sua prossima Assemblea Generale, che è "la riconciliazione e la penitenza nella missione della Chiesa".

A mia volta, desidero esprimere gratitudine a voi tutti per l'impegno e lo spirito di sacrificio, con cui avete affrontato questi delicati lavori.


2. Il tema della riconciliazione e della penitenza nella missione della Chiesa ci invita ad avanzare su un cammino impegnativo, insieme con Cristo. E' il cammino del Vangelo, poiché la predicazione di Gesù ha inizio proprio con l'appello: "Convertitevi e credete al Vangelo!" (Mc 1,15), e culmina sulla Croce nella parola del perdono: "Padre, perdonali..." (Lc 23,34). Ecco dunque il cammino evangelico, sul quale incontriamo la beatitudine dei misericordiosi, l'appello all'amore per i nemici, l'urgenza della riconciliazione ("va' prima a riconciliarti con il tuo fratello": Mt 5,23), la preghiera della riconciliazione ("Padre nostro, ...rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo...": Mt 6,12) e quei segni di potenza attraverso i quali, guarendo e rimettendo i peccati, Cristo opera la guarigione di tutto l'uomo.

Voi lo sapete: questo cammino di Vangelo, cammino di riconciliazione, non si ferma al fatto storico della morte, risurrezione e ascensione del Signore.

E' Dio che ci riconcilia "con sé mediante Cristo" (2Co 5,18). Ed è sempre Dio, "ricco di misericordia", che ci offre il suo dono della riconciliazione quando, per mezzo del Figlio suo, affida alla Chiesa il ministero della riconciliazione: "Ricevete lo Spirito Santo, a chi rimetterete i peccati saranno rimessi, a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi" (Jn 20,22s). Dio "ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. E' stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo, rimettendo agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione" (2Co 5,18s).

perciò "il ministero della riconciliazione dell'uomo con Dio costituisce la missione fondamentale della Chiesa...! Una volta compiuta dalla iniziativa divina, la riconciliazione col mondo in Gesù Cristo richiede un'incessante attuazione.

L'umanità riconciliata con Dio ha sempre di nuovo bisogno del ministero della riconciliazione" ("Discorso", 3; 4 aprile 1982: "Insegnamenti", V,1 [1982] 1109).


3. Se viene ben compreso in tutte le sue dimensioni e in tutti i suoi elementi, il mistero della riconciliazione include quella risposta dell'uomo, che il Vangelo chiama "conversione" e "penitenza".

Alla Chiesa infatti è stato affidato il dono della misericordia a beneficio di ogni uomo e di tutto l'uomo. Il vostro lavoro per preparare il Sinodo del prossimo anno mi suggerisce di mettere qui l'accento sopra un elemento essenziale, perché esso risponde ad un bisogno molto sentito dai nostri contemporanei: il mistero della riconciliazione raggiunge l'uomo nel più profondo della sua intimità perché è qui, anzitutto, che può essere apportato il rimedio al dramma che tormenta l'epoca nostra lacerata da tante tensioni, divisioni, ingiustizie e violenze.

Qui infatti, in fondo al cuore di ciascun uomo, si radicano le diffidenze e le inimicizie, che oppongono fra loro gli interessi collettivi e le stesse nazioni. "L'opera della pace comincia quando aspettiamo l'urgente chiamata di Cristo: "Convertitevi e credete al Vangelo" (Mc 1,15)" ("Discorso a Coventry", 2; 30 maggio 1982: "Insegnamenti", V,2 [1982] 1976-1977).

Da quanto tempo - ci dice san Beda il venerabile - "si ripete questa esortazione, e voglia il cielo che una buona volta venga ascoltata! Poiché il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo; cioè rinunziate alle opere morte e credete nel Dio vivente. A che giova credere senza le opere buone? Non è il merito delle opere buone che ci ha condotto alla fede; ma la fede comincia affinché le opere buone la seguano" ("In Evang. Marci", 1, 1,14-15).

4. Soltanto Cristo può dare a ciascuno un cuore nuovo ed uno spirito nuovo. In questo modo egli comincia a sradicare da noi il peccato; così egli tocca la nostra coscienza proprio alla radice di quello squilibrio fondamentale, nel profondo di noi stessi, dove noi siamo lacerati tra la luce e le tenebre; divisi tra il bene e il male, quasi come se fossimo incapaci di realizzare il bene, che decidiamo di fare, e di evitare il male, che riproviamo. Cristo ci guarisce proprio là dove siamo malati di quel male contagioso, che crea lo squilibrio del mondo intero: l'egoismo, l'invidia, la volontà di dominio.

Bisogna dunque insistere su questo, perché proprio qui è la chiave di molti difficili problemi: la possibilità di accogliere il dono di Dio, mediante una sincera conversione, è segno della dignità dell'uomo. In realtà, assumendo la responsabilità delle proprie colpe, l'uomo attesta il valore della propria libertà, ferita si, ma rigenerata da Cristo.

Poiché, se il peccato e la colpa non fossero più riconosciuti per quel che sono agli occhi di Dio, allora sarebbe messo in pericolo ciò che c'è di più umano nell'uomo stesso. "Hai peccato? - ci domanda san Giovanni Crisostomo - Confessa allora a Dio: Ho peccato!... Denuncia il tuo peccato, se vuoi che ti sia perdonato. Non c'è da faticare nel far questo, non occorrono giri di parole né si deve spendere denaro: nulla di tutto ciò. Bisogna riconoscere in buona fede i propri peccati e dire: Ho peccato" ("Homilia de Paenitentia, 2,1).

La chiamata di Cristo alla conversione è un appello a riprendere coscienza della propria dignità; è un'opportunità per la riconciliazione nel senso più vasto in seno alla società e tra i popoli. E attraverso i difficili cammini della storia umana la guarigione del cuore lascia anche intravvedere alla nostra speranza qualcosa della riconciliazione escatologica: la pace messianica pienamente realizzata nei nuovi cieli e nella terra nuova.

Nell'inviolabile santuario del cuore umano è in gioco il ruolo che ciascuno deve svolgere nella storia dell'uomo: dalla parte dell'amore e della pace, oppure dalla parte dell'odio e della guerra. Seguendo Cristo si cammina verso la luce e si avanza sulle strade della pace. Su questo cammino tutta la Chiesa sarà invitata ad avanzare con il passo più coraggioso e più rapido in occasione del prossimo Sinodo, a condizione che noi tutti siamo sempre attenti alle parole dell'Apostolo: "Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio" (2Co 5,20).

Auspico pertanto che il vostro incontro sia fecondo di idee, di proposte, di suggerimenti, perché il Popolo di Dio sappia vivere sempre più profondamente la propria vita cristiana nella prospettiva della conversione continua e della perenne riconciliazione con Dio in Cristo, mediante il quale possiamo presentarci al Padre in un solo Spirito (cfr. Ep 2,18).

Con questi voti, invoco sui vostri lavori larga effusione di lumi e di favori celesti, in pegno dei quali vi imparto di cuore la propiziatrice benedizione apostolica, segno della mia stima e benevolenza.




1982-10-30 Data estesa: Sabato 30 Ottobre 1982




Ai pellegrini della "Legione di Maria" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Servizio ad ogni uomo con lo spirito di Maria

Testo:


1. Vi saluto di cuore fratelli e sorelle della Legione di Maria, convenuti a Roma, insieme col vostro Presidente e con l'Assistente Nazionale, per incontrarvi col successore di Pietro e ricevere da lui una parola d'incoraggiamento e di benedizione.

Il mio benvenuto va a tutti e a ciascuno di voi.

E' per me motivo di gioia vedervi in quest'aula così numerosi, provenienti da varie regioni d'Italia, tanto più che voi siete solo una piccola parte di quel movimento apostolico, che nell'arco di sessant'anni si è diffuso rapidamente nel mondo, ed oggi, a distanza di due anni dalla morte del Fondatore Frank Duff, è presente in moltissime diocesi della Chiesa universale.

I miei predecessori, a partire da Pio XI, hanno indirizzato alla Legione di Maria parole di apprezzamento, ed io stesso, il 10 maggio 1979, ricevendo una vostra prima delegazione, ricordavo con vivo compiacimento le occasioni precedentemente avute di venire in contatto con la Legione, a Parigi, in Belgio, in Polonia, e, in seguito come Vescovo di Roma, nel corso delle mie visite pastorali alle parrocchie della città.

Sicché oggi, accogliendo in udienza il pellegrinaggio italiano del vostro movimento, mi è caro sottolineare quegli aspetti che costituiscono la sostanza della vostra spiritualità e il vostro modo di essere all'interno della Chiesa.


2. Voi siete un movimento di laici, che si propongono di fare della fede l'aspirazione della propria vita sino al raggiungimento della santificazione personale. E' un ideale indubbiamente alto e arduo. Ma ad esso oggi la Chiesa chiama, attraverso il Concilio, i cristiani tutti del laicato cattolico, invitandoli a partecipare al sacerdozio regale di Cristo con la testimoniamza di una vita santa, con l'abnegazione e l'operosa carità; a essere nel mondo, col fulgore della fede, della speranza e della carità, ciò che l'anima è nel corpo (cfr. LG 10 LG 38).

La vostra vocazione propria dei laici, quella cioè di essere lievito nel Popolo di Dio, animazione cristiana nel mondo contemporaneo, e di portare il sacerdote al popolo, è eminentemente ecclesiale. Lo stesso Concilio Vaticano II esorta tutti i laici ad accogliere con alacre magnanimità l'invito ad unirsi sempre più intimamente al Signore e, sentendo come proprio tutto ciò che è di lui, partecipare alla stessa missione salvifica della Chiesa, esserne strumenti vivi, soprattutto là dove, a motivo delle particolari condizioni della società moderna - aumento costante della popolazione, riduzione del numero di sacerdoti, nascita di nuovi problemi, autonomia di molti settori della vita umana - la Chiesa più difficilmente potrebbe essere presente e operante (cfr. LG 33).

Lo spazio dell'apostolato dei laici oggi si è straordinariamente allargato. E così l'impegno della vostra tipica vocazione diviene più impellente, stimolante, vivo, attuale. La vitalità dei laici cristiani è il segno della vitalità della Chiesa. E l'impegno di voi legionari diviene più urgente, viste da una parte le necessità della società italiana e delle nazioni di antica tradizione cristiana, dall'altra parte gli esempi luminosi che nel vostro stesso movimento vi hanno preceduto. Tanto per fare qualche nome: Eden Quinn, con la sua attività in Africa nera; Alfonso Lambe nelle fasce più emarginate dell'America Latina; e poi le migliaia di legionari uccisi in Asia o finiti in campi di lavoro.


3. La vostra è una spiritualità eminentemente mariana, non solo perché la Legione si gloria di portare come vessillo spiegato il nome di Maria, ma soprattutto perché fonda il suo metodo di spiritualità e di apostolato sul principio dinamico dell'unione con Maria, sulla verità dell'intima partecipazione della Vergine Madre al piano della salvezza.

In altre parole, voi intendete rendere il vostro servizio a ogni uomo, che è immagine di Cristo, con lo spirito e la sollecitudine di Maria.

Se il nostro Mediatore è uno solo, l'uomo Cristo Gesù, come afferma il Concilio, "la funzione materna di Maria verso gli uomini in nessun modo oscura o diminuisce questa unica mediazione di Cristo: ne mostra, al contrario, l'efficacia" (LG 60). così, la beata Vergine è invocata nella Chiesa con i titoli di Avvocata, Ausiliatrice, Soccorritrice, Mediatrice, Madre della Chiesa.

Per nascere e crescere, l'opera apostolica guarda a Colei che genero Cristo, concepito dallo Spirito Santo. Dove c'è la Madre, là c'è anche il Figlio.

Quando si allontana la Madre, si finisce prima o poi col tener lontano anche il Figlio. Non per nulla oggi, in diversi settori della società secolarizzata, si registra una crisi diffusa di fede in Dio, preceduta da una caduta di devozione verso la Vergine Madre.

La vostra Legione fa parte di quei movimenti che si sentono impegnati in prima persona alla dilatazione o alla nascita della fede attraverso la diffusione o la ripresa della devozione a Maria; essa perciò saprà adoperarsi sempre affinché, con l'amore verso la Madre, sia più conosciuto e amato il Figlio, che è Via, Verità e Vita di ogni uomo.

In questa prospettiva di fede e di amore, vi imparto di cuore la benedizione apostolica.




1982-10-30 Data estesa: Sabato 30 Ottobre 1982




Alla canonizzazione di Margherita Bourgeoys e Giovanna Delanoue - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Due risposte autentiche alla chiamata dell'amore

Testo:

Cari fratelli e sorelle!


1. "Venite, vedete tutte le opere che Dio ha fatto" ("Canto d'ingresso").

Celebriamo oggi ciò che lo Spirito di Dio ha realizzato in Margherita Bourgeoys e in Giovanna Delanoue, vissute circa tre secoli fa. Già il mio predecessore Pio XII le aveva dichiarate "Beate " in base alla eroicità delle loro virtù. Iscrivendole oggi nel numero dei "Santi ", con la certezza e l'autorità che caratterizzano il rito della canonizzazione, noi le proponiamo come esempio non più soltanto alle loro diocesi di Troyes, di Angers, alla città di Saumur o alle due Congregazioni da esse fondate, ma all'insieme della Chiesa, invitando tutti i cristiani ad onorarle come Sante e a ricorrere alla loro intercessione.

Questo dunque è un giorno di gioia e di fierezza per i loro connazionali francesi e canadesi, qui rappresentati da delegazioni importanti. Li saluto tutti cordialmente. Ma questo è soprattutto un giorno di ringraziamento a Dio da parte della Chiesa universale. In questo giorno, che coincide felicemente con la vigilia della solennità di Tutti i Santi, è rafforzata la nostra speranza nella vita eterna, alla quale partecipano in cielo santa Margherita Bourgeoys e santa Giovanna Delanoue, ripiene della presenza di Dio che è Amore. E la nostra vita quotidiana su questa terra è stimolata dal modo con cui esse hanno risposto alla chiamata di questo Amore. Esse lo hanno fatto in forma autentica, cioè del tutto incarnata nel contesto della loro epoca. Ciò che importa, più che imitarle alla lettera, e di imitare con esse Gesù Cristo. Ma le loro intuizioni, ispirate dallo stesso Spirito Santo, restano per noi e per il mondo d'oggi delle preziose indicazioni.


2. Per comprendere la vocazione delle due sante, una prima chiave ci è fornita dal Vangelo di questa Messa. "Maria si mise rapidamente in cammino... saluto Elisabetta. Allora Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamo: "il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. Beata colei che ha creduto""! E' lo Spirito Santo che ha operato un cambiamento subitaneo e decisivo in ciascuna delle due sante, quando raggiunsero l'età adulta, venti e ventisette anni, e questo nel contesto di una preghiera alla Vergine Maria. Per Margherita Bourgeoys, era la festa di nostra Signora del Rosario, e da quel momento, per tutta la sua vita, ha sostenuto interiormente le sue iniziative: "Va', io non ti abbandonero mai". Se Margherita si lancia allora in una vita missionaria, che sarà una "vita in viaggio" che gravita precisamente attorno alla " Ville-Marie " del nuovo mondo canadese, ella non fa che imitare la Vergine della Visitazione che portava ad Elisabetta e a Giovanni Battista, alla madre e al figlio, con i servizi umani della sua carità, il dono divino che recava in sé, per santificarli. La prima Cappella che fa costruire è dedicata a Nostra Signora del Buon Soccorso, e la sua Congregazione sarà dedicata a Nostra Signora. Allo stesso modo, la "conversione" di Giovanna Delanoue, sopravvenuta nei giorni della Pentecoste, è inseparabile dal Santuario Notre-Dame des Ardilliers, a Saumur, di cui una fervente e povera pellegrina, Francesca Souchet, le trasmise delle esortazioni nelle quali Giovanna riconobbe la chiamata dello Spirito di carità. Giovanna Delanoue manterrà una mistica familiarità con la Vergine Maria. E l'esempio del giovane padre Grignion de Montfort non poteva che incoraggiarla in questa via.

Certo, la grazia trovava un buon terreno; si trattava di giovani ragazze allevate da famiglie serie, bisognose, molto cristiane; ma lo Spirito Santo, mediante la Vergine Maria, trasmise in loro, senza mai togliere una visione realistica delle cose, come una follia dell'amore, che sarà l'espressione della loro grazia di battezzate al massimo grado. "Felici, coloro che hanno creduto"! Soffermiamoci ora su di un tratto specifico del loro apostolato.


3. Per "santa Margherita Bourgeoys", si ricorderà soprattutto il suo contributo originale alla promozione delle famiglie, bambini, futuri sposi, genitori. Lei che a Montreal è stata chiamata la "Madre della Colonia ", avrebbe potuto dire come san Paolo: "Con voi, noi siamo stati pieni di dolcezza, come una madre che circonda di cure i suoi figli. Avendo per voi un tale affetto, vorremmo darvi non solamente il Vangelo di Dio, ma tutto ciò che noi siamo ".

Già, da giovane ragazza a Troyes, aveva saputo raggiungere, con altre compagne, le famiglie povere dei sobborghi per istruire i bambini, e nella sua famiglia, costituita da dodici figli, aveva dovuto prendere su di sé la responsabilità della casa paterna e l'educazione dei suoi fratelli alla morte della madre. Ma essendo stata trascinata dalla sua preoccupazione missionaria verso il nuovo mondo americano sulle tracce dei santi martiri canadesi, spogliata di tutto, senza bagaglio né denaro, ella si consacro innanzitutto ai bambini come laica istitutrice. Questa opera di direttrice di scuola popolare, la compi con competenza, senza fare discriminazioni tra le indiane e le figlie dei coloni francesi, considerandole tutte preziose "come delle gocce di sangue di nostro Signore ". Vuole prepararle ad essere buone madri di famiglia, mediante un'educazione completa. Si trattava certo di formarle alla fede, alla pietà, alla vita cristiana e all'apostolato, ma anche di iniziarle alle arti domestiche e ai lavori pratici che avrebbero permesso loro di vivere con il prodotto del loro lavoro e soprattutto di ordinare ed abbellire la loro vita familiare, ricca o povera che fosse. La buona educazione e la formazione intellettuale erano ugualmente in programma, e il risultato sarà che le sue ragazze ne usciranno quasi più istruite dei ragazzi, segno precursore e raro per quest'epoca di un'autentica promozione femminile. Sapeva dare fiducia alle capacità delle indiane che non tarderanno a divenire direttrici di scuola. Bisogna anche notare questa particolarità: invece di portare le allieve in pensionato nella grande città - questa è del resto una delle ragioni per le quali rifiuterà la clausura per le sue sorelle della Congregazione secolare di Notre-Dame - ella preferi delle scuole sul campo, vicine alla popolazione, senza posa aperte alla presenza e ai suggerimenti dei genitori, perché è importante non sostituirsi ad essi.

E Margherita Bourgeoys considero non meno indispensabile fare di tutto per gettare le basi di famiglie solide e sane. Ella dovette allora contribuire alla soluzione di un problema molto particolare per questo luogo e per questa epoca. A uomini venuti come soldati o contadini su questa terra del nuovo mondo, per realizzare a Ville-Marie un centro di evangelizzazione che voleva essere diverso dalle altre colonizzazioni, mancavano mogli di valore. Margherita Bourgeoys fece cercare e accompagno con il suo "savoir faire" educativo delle giovani francesi, se possibile robuste e di vera virtù. E veglio su di esse come una madre, con affetto e fiducia, ricevendole nella sua casa, per prepararle ad essere spose e madri di valore, cristiane, colte, laboriose, raggianti. E nello stesso tempo, con la sua bontà, aiuto questi uomini rudi a diventare sposi comprensivi e buoni padri.

Ma essa non si accontento di questo. Quando i focolari furono formati, continuo ad offrire loro il sostegno materiale necessario in caso di carestia o di epidemia, e procuro loro, in particolare alle donne, l'occasione di gustare insieme il riposo, l'amicizia, rafforzandosi nei buoni propositi, alle sorgenti della spiritualità, in quelli che ella chiamo i "ritiri" e anche le "congregazioni esterne".

In breve, ciò che molti si sforzano di realizzare oggi con metodi, istituzioni, associazioni adatte al nostro tempo, per un'educazione valida, per la preparazione al matrimonio cristiano, per un'opera di sostegno e di consiglio alle famiglie, sembra trovarsi in germe, sotto altri modi, nello spirito e nelle iniziative di Margherita Bourgeoys. E' per i cristiani una grande gioia e un incoraggiamento a mettere più risolutamente all'opera ciò che il recente Sinodo ha detto sulla famiglia e che ho proposto alla Chiesa l'anno scorso nell'esortazione "Familiaris Consortio". Possa tutta la società attuale, a livello delle sue più alte istanze civili, essere anch'essa convinta che nessuna soluzione a lungo termine potrà essere trovata se non si ridà alla famiglia il suo posto centrale e le condizioni della sua stabilità e della sua promozione! Se la famiglia conosce una crisi, ci si accanisca non a criticarla o ad eliminarla - cosa che temeva la nostra santa - ma a promuoverla, darle fiducia e aiutarla nel compimento dei suoi impegni, senza sostituirsi al dinamismo che le è proprio.

E non dimentichiamo che Margherita Bourgeoys è stata sostenuta nella sua sorprendente opera dalla sua devozione verso la Sacra Famiglia e che in mezzo alle peggiori difficoltà - "pene e fatiche " - servi le famiglie con quell'amore che viene dallo Spirito Santo.


4. "Santa Giovanna Delanoue", ultima di dodici figli, è venuta anch'essa in aiuto delle famiglie, ma lo fece nel particolare contesto del suo paese, Saumur, che fin dal XVII secolo fu segnato da grandi difficoltà materiali e sociali, ancor più gravi per le donne, cattivi raccolti, inverni rigidi. Si prenderà in considerazione soprattutto il suo efficace aiuto ai più poveri. Lei che era conosciuta come una commerciante prudente ed interessata, diviene improvvisamente " molto prodiga in carità", quando lo Spirito Santo, spegnendo "il fuoco della sua avarizia", le fa comprendere che la sua fede ardente richiedeva anche "il fuoco della carità", mostrandole l'estensione della povertà. Il libro di Isaia ci ha detto: "Dividi il pane con chi ha fame, / raccogli presso di te gli infelici senza riparo, / copri chi vedi nudo, / non ti sottrarre al tuo simile".

E' ciò che Giovanna Delanoue realizza alla lettera: visita coloro che vivono come animali nelle stalle scavate nella collina, porta nutrimento e vestiti, lava i loro abiti e se necessario dà loro i suoi, si preoccupa di riscaldare questi precari rifugi, distribuisce con larghezza a quelli che passano, comincia ad accoglierli in casa propria, poi attrezza successivamente tre case che le vengono prestate e le chiama "Provvidenza", per ricevervi bambini orfani, giovani ragazze abbandonate a se stesse, donne in miseria, vecchi, indigenti di ogni tipo, colpiti dalla fame e dal freddo, insomma tutti coloro che nel giorno del giudizio potrebbero dirle: avevo fame, sete, ero nudo, malato, senza dimora.

Non vuole fare distinzione tra i poveri meritevoli e non. Li soccorre tutti, ma vuole anche farli partecipare ai lavori, insegnare un lavoro ai bambini e alle ragazze.

Molto più, Giovanna Delanoue fa l'esperienza delle umiliazioni dei poveri, andando alcune volte persino a mendicare, mangiando spesso peggio di loro, senza contare i suoi continui digiuni, le sue brevi e scomode notti. Vuole che le sue Sorelle condividano la stessa casa dei poveri, mangino come loro, come loro siano trattate in caso di malattia, e vestite di un umile abito grigio. Quanto ai suoi poveri, li sa circondare di tenerezza, talvolta procura loro pranzi di festa, esige che le sue Sorelle li salutino con rispetto, servendoli prima di esse.

I borghesi del suo paese, e perfino i sacerdoti, criticarono le sue austerità "eccessive" e le sue carità "disordinate". Ma niente la fermerà, nemmeno il crollo della prima abitazione di accoglienza: "Voglio vivere e morire con i miei cari fratelli: i Poveri".

Altre iniziative, come quelle nate dalla carità di san Vincenzo de Paoli, si erano già diffuse in Francia. Ma all'epoca, Saumur mancava ancora di ospizi e Giovanna Delanoue voleva creare un grande servizio di carità per gli indigenti e i malati abbandonati a sé stessi, organizzare le loro visite, ed eventualmente aprire piccole scuole per i loro bambini. Ai suoi tempi, con i mezzi a sua disposizione, intendeva rimediare alla povertà e al vagabondaggio. Il suo esempio non mancherà di interpellare anche il nostro mondo moderno. Tanti paesi vivono in grande miseria! E anche le nazioni industrializzate non sfuggono alle preoccupazioni materiali, anch'esse hanno i loro poveri, di ogni tipo. Ci si impegnerà forse sempre più oggi a rivelare le cause di queste miserie, a creare condizioni più giuste per tutti, a stabilire misure di previdenza, ad aiutare i poveri ad impegnarsi personalmente, senza lasciarsi solamente assistere. Ma l'attenzione ai poveri, l'aiuto immediato ed efficace rimangono anch'essi fondamentali per rimediare alla durezza del nostro mondo. E' a questo prezzo, dice Isaia, che la "luce si leverà nelle tenebre".

Infine, mentre proclamiamo la santità di Giovanna Delanoue, è importante cercare di comprendere il segreto spirituale della sua devozione senza pari. Non sembra che il suo temperamento la spingesse verso i poveri per sentimentalismo o per pietà. Ma, lo Spirito Santo le fa vedere Cristo in questi poveri, Cristo Bambino nei loro bambini - aveva verso di lui una devozione particolare -, Cristo Amico dei poveri, Cristo stesso umiliato e crocifisso. E con Cristo, voleva mostrare ai poveri la tenerezza del Padre. A questo Dio ella ricorreva con audacia di bambino, attendendosi tutto da lui, dalla sua Provvidenza, nome che designerà le sue case e la sua fondazione all'origine: la Congregazione di sant'Anna della Provvidenza. La sua costante devozione a Maria era inseparabile dalla santa Trinità. Il mistero eucaristico era anche al centro della sua vita. Tutto questo era molto lontano dal giansenismo imperante. Il suo attaccamento alla Chiesa le impediva di incamminarsi su strade nuove senza consultare i suoi confessori e il Vescovo della diocesi. Ma sarebbe qui insufficiente parlare di una sana teologia, di una ricca spiritualità, ereditata dal meglio della Scuola francese. Giovanna Delanoue molto in fretta ha imparato non solamente l'eroicità delle virtù evangeliche, quelle del Discorso della montagna, ma anche una profonda contemplazione delle persone divine, con segni mistici della più alta unione con Dio, per la via unitiva, bruciante d'amore per Gesù "suo Sposo". E' proprio li che prendono la loro ispirazione e il compimento la "follia" della sua carità, l'audacia delle sue iniziative. La Chiesa si guardi bene dal dimenticarlo: come in questa fine del XVII secolo e inizio del XVIII, non ci sarà oggi una vera riforma né movimenti fecondi senza un'autentica corrente mistica.


5. Cari fratelli e sorelle, vi lascio ora il compito di guardare più da vicino l'ammirevole vita di queste due sante. Leggevamo nel Salmo: "Il Re è sedotto dalla sua bellezza". Si, Dio le ha accolte nella gioia eterna. Intercedano per noi! Per le Sorelle della Congregazione di Notre-Dame, che proseguono l'opera educativa e missionaria di santa Margherita Bourgeoys presso le giovani e le famiglie, in tanti paesi! Per le Serve dei poveri, Sorelle di Giovanna Delanoue, che continuano ad andare ai poveri, ad accoglierli e ad aiutarli condividendo le loro condizioni di vita, per rivelare loro la tenerezza di Dio! Per tutti coloro che operano per la promozione delle famiglie e al servizio dei poveri! Per le comunità diocesane delle due sante, e per la Chiesa intera, affinché, stimolata da una tale santità di vita, tracci nuove vie di carità e di misericordia! Amen! Alleluia!




1982-10-31 Data estesa: Domenica 31 Ottobre 1982





GPII 1982 Insegnamenti - L'omelia nella Messa di suffragio per il Cardinale Benelli - Città del Vaticano (Roma)